Pizza e Pasta Italiana

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n° 8 SETTEMBRE '16




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sett. 2016

pizza e pasta italiana

AZIENDE Ambrogi Forni Avanzini Bruciatori Birra Peroni Brunnen Industrie Cad – David Forni Ceky Forni Cirio Gi Metal Gluten Free Expo Greci Familia Farmifrites Ferrara Food Fiera di Dubai, Manufacturing Fiera di Milano, Host Fiera di Napoli, Tuttopizza Fiera di Rimini, Beer Attraction Formalactis Forni Pavesi Rimini Francia Latticini La Torrente Lidia Lilly Codroipo Liner Marana Ovens Molino Agugiaro Molino Caputo Molino Dalla Giovanna Molino Denti Molino Magri Molino Pasini Molino Piantoni Molino Pivetti Molino Polselli Moretti Forni Novaltec Pizzaway Pizzamaster Refrattari Pavesi Modena Refrattari Regello Rio Mare Risolì Rispo Saloni Francesi, Sial Parigi Sanfelici Conserve Sitta Smoky Elettromeccanica Stefano Ferrara Forni Vecogel Velma Ventidue

pag. 89 pag. 17 pag. 63 pag. 40 pag. 19 pag. 95 pag. 13, 75 pag. 51 pag. 49 pag. 37 pag. 102 pag. 85 pag. 103 pag. 113 pag. 107 pag. 43 pag. 114 pag. 87 pag. 59 pag. 116 pag. 27 pag. 98 pag. 41 pag. 23 pag. 71 pag. 31, 59 pag. 2, 3 pag. 83 pag. 39 pag. 69 pag. 9 pag. 105 pag. 47 pag. 115 pag. 61 pag. 99 pag. 52 pag. 57 pag. 45 pag. 33 pag. 7 pag. 111 pag. 77 pag. 109 pag. 81 pag. 91 pag. 93 pag. 11 pag. 55 pag. 53 pag. 65

SOM 6 EDITORIALE

di Giampiero Rorato

8 PRIMA PAGINA

24 INTERVISTA

10 PIZZA NEWS

AD ANTONIO PACE, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE VERACE PIZZA NAPOLETANA

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di Giampiero Rorato

32 — La storia della pizza di Giampiero Rorato

16 INTERVISTA AD ALFONSO PECORARO SCANIO, PROMOTORE DELLA RICHIESTA ALL'UNESCO

— L'arte dei pizzaiuoli: patrimonio immateriale dell'umanità

— La pizza napoletana in Italia e nel mondo di Giampiero Rorato

34 — Starita, quando la pizza racconta la storia di una famiglia di Caterina Vianello

di Giampiero Rorato

20 — Colloquio con Sergio Miccù, presidente Dell'Associazione Pizzaiuoli Napoletani di Giampiero Rorato

38 — La pizza napoletana in Francia di Caterina Orlandi


MARIO 42 — La figlia del presidente

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di Caterina Vianello

46 — Bottega Fratelli Salvo: la migliore pizzeria napoletana

in Cina di Caterina Orlandi

50 — Giuliano Bucci, Campione Mondiale 2016 della pizza Napoletana STG di Patrizio Carrer

54 — Spaccanapoli di Chicago. Cibo e cultura italiana in America di Caterina Orlandi

58 — Michele Croccia: una storia di passione di David Mandolin

62— La pizzeria “Il Guappo” : quando la pizza napoletana è gluten free di Patrizio Carrer

66 — Il tempio della pizza: Pizzeria da Michele a Napoli di Caterina Orlandi

— Gli straordinari prodotti agroalimentari della Campania di Giampiero Rorato

72 — Il pomodoro,

dall’America centrale alla Campania

90 — Il Forno a legna per la vera pizza Napoletana di Patrizio Carrer

96 — Pizza e idrocarburi: una visione scientifica dott. Francesco Esposito

100

di Giampiero Rorato

78 — La mozzarel-

la, due gioielli DOP dell’agroalimentare Campano di Giampiero Rorato

— Caratteristiche nutrizionali della pizza napoletana dott.ssa Marisa Cammarano Biologa Nutrizionista

84 L'ANGOLO DEL VINO

— Pizza & Vini di Virgilio Pronzati

108 IL TURISMO — Alla ricerca del bello in Campania di Laura Nascimben

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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura

COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli

edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXVI - n.8 Settembre 2016

AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada), Valeria Vairo (Buongiorno Italia).

Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ Patrizio Carrer, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin

Q

uesto numero della nostra rivista è stato programmato per affrontare alcuni importanti aspetti della pizza napoletana, ma il gravissimo sisma che nel cuore della notte del 24 agosto ha colpito una vasta area dell’Italia centrale, tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo ci obbliga in questa pagina a una riflessione supplementare. Innanzi tutto il nostro commosso pensiero va a quanti hanno tragicamente perso la vita e alle loro famiglie, ai feriti, a chi ha la casa distrutta, alle comunità i cui paesi, ricchi di storia e di tradizioni sono scomparsi. Amatrice, Illica, Accumoli, Pescara del Tronto, Arquata del Tronto e altri minuscoli borghi sparsi tra le montagne sono diventati in pochi istanti cumuli di macerie, imprigionando nel buio della morte tante vite umane, bambini e anziani ed anche turisti che in questa ridente parte d’Italia trascorrevano alcuni giorni di ferie. Altri paesi, un po’ più lontani dall’epicentro del sisma, hanno le loro case lesionate, molte strade, ponti, viadotti impraticabili. Ancora una volta la fragilità del nostro Paese, ha distrutto gioiosi scampoli di vita, progetti, speranze, desideri non più realizzabili. Il dolore è nei nostri cuori e in quello di tutti gli italiani per l’immane tragedia. Ma il dolore deve promuovere non solo quella commovente solidarietà che abbiamo fortunatamente visto esprimersi con generosità fin dall’alba di quel 24 agosto, non solo un’altra più diffusa generosità per contribuire a far rinascere gli spazi più preziosi delle comunità colpite, a cominciare dagli asili, dalle scuole, dalle biblioteche, dalle chiese e dagli impianti sportivi, perché questa volta lo Stato deve mostrare appieno il suo dovere che è quello di essere non solo in queste settimane accanto a tutte le persone e alle comunità tragicamente colpite, dovendo assumere veloci impegni per finanziare in tempi certi la rinascita di questi paesi, senza attendere anni, come è successo in passato. I nostri lettori sapranno intervenire nelle forme che riterranno migliori per esprimere la loro solidarietà e a quanti piangono famigliari defunti o ricoverati negli ospedali, a chi è rimasto senza casa e senza lavoro va la nostra vicinanza e la nostra convinta solidarietà.

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REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

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PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo e Paola Dus

di Diego Cusano

ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia

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di Giampiero Rorato

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pizza e pasta italiana

Prima Pagina di Patrizio Carrer

Molino Pasini e Olimpiadi di Cucina 2016

l’Associazione

Pizzaioli uniti per la

Chef di tutto il mondo

VERACE PIZZA

Lega del Filo d’Oro

pronti alla sfida

NAPOLETANA :

A

00

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anti pizzaioli, e non solo, stanno raccogliendo l’appello di Antonino Esposito, per sostenere un progetto di solidarietà a favore della Lega del Filo d’Oro, associazione impegnata nell’assistenza a persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali. L’iniziativa “Pizzaioli Uniti” è partita agli inizi di agosto, e proseguirà per tutto il mese di settembre, con una speciale pizza della solidarietà proposta al pubblico, il cui ricavato sarà interamente devoluto alla onlus. L’elenco dei ristoranti e delle pizzerie che aderiscono è costantemente aggiornato sulla pagina Facebook dell’Acqu’e Sale di Sorrento. La pizza della solidarietà, nata da un’idea di Antonino Esposito, rappresenta due mani che si incrociano. «Si tratta di una specialità a tre gusti - spiega lo chef pizzaiolo - un ripieno di ricotta e salame, lì dove le due “mani” si incrociano, poi una margherita e una bianca con fior di latte e pomodori datterini gialli, a farcire le due “braccia”. Ci auguriamo che molti pizzaioli aderiscano al nostro progetto e soprattutto che in tanti la ordinino ai tavoli, così da potere raccogliere una cifra consistente a favore della Lega del Filo d’Oro. Abbiamo previsto un grande evento finale che si terrà il 10 ottobre prossimo, presso la Marina Piccola di Sorrento, alla presenza dei vertici della onlus e di quanti avranno offerto il proprio contributo alla realizzazione di questa importante occasione di beneficenza». E mail per l’iniziativa: eventi@acquesale.it

ll’insegna del motto “Cucina Senza Confini”, dal 22 al 25 ottobre prossimi in Germania presso il centro espositivo di Erfurt, piccola e deliziosa cittadina della Turingia, avrà inizio, dopo la spettacolare e suggestiva cerimonia di apertura con la parata di cuochi in divisa, una delle più prestigiose gare culinarie di tutto il mondo: le Olimpiadi di Cucina 2016. Evento di risonanza internazionale organizzato dalla Verband der Köche Deutschlands (Federazione dei cuochi tedeschi), è in concomitanza alla annessa mostra fieristica “Inoga”, una tra le più grandi ed importanti esposizioni al mondo per i servizi ricettivi, turistici, alberghieri, per l’ospitalità e la culinaria. L’ultima edizione del 2012 ha sancito la vittoria della Nazionale della Svezia. Oltre 30.000 visitatori e 350 media internazionali seguono l’imponente manifestazione di Erfurt, sempre massiccia la presenza di concorrenti italiani e sempre elevato il medagliere conseguito in questa celebrazione del mondo agonistico culinario: nella classifica generale olimpica 2012, per numero di medaglie acquisite, il nostro tricolore si piazza all’8° posto nella categoria “Squadre”, mentre per la categoria “Singoli” raggiunge il 3° posto. Questi i dati sintetici dell’edizione 2016 delle Olimpiadi di Cucina, dopo la chiusura ufficiale dei termini di iscrizioni da parte dell’organizzazione. Si tratta sicuramente della più grande affluenza mai avuta nella storia di questa competizione. 59 delegazioni di Nazioni del mondo presentI, 802 concorrenti individuali che competono nelle varie categorie previste.

Verde Pizzeria Farina del Mio sacco Molino Pasini è stata approvata dall’Associazione Verace Pizza Napoletana grazie alle sue caratteristiche qualitative e tecniche. Il perfetto rapporto di W e P/L rende la Farina 00 Verde di Molino Pasini estremamente elastica, una caratteristica eccellente per ottenere la Vera Pizza Napoletana! Si tratta infatti di una farina indicata per medio tempo di maturazione. Metodo di impasto diretto, mattino per sera e anche giorno successivo. Conservazione in cella a 0/4 °C per 1-2 giorni.


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LINEA PIZZERIA


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pizza e pasta italiana

pizza La Torrente, il vero Pomodoro campano per la cucina e la pizza.

NEWS

Senza titolo-1 1

Francia, tutte le novità della mozzarella Francia Latticini è uno dei marchi di eccellenza del settore lattiero – caseario in Italia e commercializza formaggi e latticini di bufala e vaccini. L’azienda nel 2014 ha raggiunto un fatturato di 75 milioni di euro, più della metà del gruppo Francia ( 120 milioni di euro). Legata al territorio dell’Agro Pontino, da cui proviene quasi tutta la materia prima, Francia Latticini è riconosciuta tra i principali produttori della Mozzarella di Bufala Campana, fiore all’occhiello del territorio, tutelata dall’omonimo consorzio di cui l’azienda è fondatrice. La linea di prodotti vaccini, è realizzata in modo tradizionale e anche in questo caso Francia Latticini ha proposto il riconoscimento a livello Europeo della D.O.P al Fiordilatte dell’Agro Pontino. Non solo, le nuove tendenze del mercato hanno spinto Francia a realizzare una

linea di mozzarella bio ( 100% italiana), e la new entry, la mozzarella delattosata, disponibile in bocconcini in confezioni da 125 grammi e già macinata, ideale per pizza, nei formati da 250 grammi o da 1 kg. La continua ricerca, il rispetto per le tradizioni e l’utilizzo solo di prodotti di alta qualità italiani, sono stati ampiamente riconosciuti all’azienda Francia, tanto da ottenere le certificazioni IFS e BRC ( destinate al settore alimentare) per la mozzarella di Bufala, e per il sito di Sonnino (LT) dove viene prodotta la mozzarella di mucca.

21/01/16 18:14

Dal 1965 La Torrente è un nome diventato familiare ai pizzaioli di tutta Italia, l’azienda di S. Antonio Abate (NA) nel corso degli anni ha saputo guadagnarsi la fiducia dei propri clienti, grazie all’alto livello dei propri prodotti, derivati dal tradizionale pomodoro campano. Oggi La Torrente, nota per i suoi prodotti classici di qualità - pelati, pomodorini, polpa a dadini e passate - da sempre apprezzati dalle famiglie italiane, arricchisce la sua gamma con la linea “Speciali”, completamente dedicata a tutte le eccellenti varietà campane di pomodoro: Pomodoro Pelato S. Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino DOP, i Filetti di Pomodoro, i Pomodorini Datterini, i Pomodorini Gialli, i Pomodorini Principe Borghese, la Schiacciatella di Datterini, Passata di Datterini, il Pomodoro Rosa di Sorrento, il Piennolo del Vesuvio DOP e il Pomodorino nero, ingredienti immancabili non solo per i pizzaioli che vogliono proporre la pizza secondo la ricetta tradizionale napoletana, ma anche per gli chef professionisti e gli appassionati gourmet.

napoli pizza village: intrattenimento e ospiti d'eccezione per sei giorni all'insegna del divertimento e del gusto Dal 6 all’11 settembre nella città partenopea ritorna il Pizza Village, per la sesta edizione dell’evento internazionale in cui musica, cabaret, animazione e laboratori, focalizzano l’attenzione sulla vera ed unica protagonista: la pizza. Un villaggio, nella suggestiva cornice del Golfo di Napoli, lungo 1.300 metri, con 20.000 posti a sedere, dove ogni anno i maestri pizzaioli delle 50 pizzerie più antiche di Napoli, sfornano oltre 100.000 pizze. Il lungomare Caracciolo si trasformerà in un grande palco ad accesso gratuito, dove artisti di calibro nazionale e internazionale si susseguiranno in un ricco calendario di appuntamenti, concerti, spettacoli comici e grande intrattenimento. Grande novità dell’edizione 2016 sono le NPV Experience: appuntamenti di gusto e intrattenimento pensati per grandi e piccini amanti della pizza napoletana. Come sempre vista la grande

affluenza prevista, l’organizzazione del Napoli Pizza Village suggerisce l’acquisto on line di coupon menù dell’evento, assicurandosi la cena ed evitando i tempi d’attesa alle biglietterie. Ritorna di consuetudine il Trofeo Caputo, per la 15esima edizione, con tanti bravi pizzaiuoli provenienti da tutto il mondo. Le gare si svolgeranno presso lo stadio della Pizza, l’innovativa struttura a cielo aperto pensata per accogliere i concorrenti dei due giorni di gare ( 5 – 6 settembre) che comprenderanno: Pizza Napoletana s.t.g. Trofeo Caputo, Pizza classica, Pizza in teglia, Pizza al metro/pala, Pizza di “Stagione”, Pizza senza glutine, Pizza juniores e le immancabili Gare acrobatiche. Nel corso della manifestazione, i partecipanti potranno firmare a sostegno della candidatura dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano come Patrimonio dell’UNESCO. Un’iniziativa voluta dal Pizza

Village che ha preso il via in occasione dell’edizione 2014 in partnership con la Fondazione Univerde di Alfonso Pecoraro Scanio, l’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e Coldiretti. Obiettivo dei promotori è valorizzare l’arte dei pizzaioli napoletani sostenendo sia la filiera agroalimentare campana sia la cultura e le tradizioni partenopee. Tante le firme “eccellenti” del mondo della cultura e dello spettacolo: Lidia Bastianich, Bruno Vespa, Claudio Bisio, Renato Pozzetto, Salvatore Cuomo e numerosi atleti olimpionici azzurri.





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pizza e pasta italiana

“

LA STORIA

RIPERCORRIAMO I PRIMI MILLENNI DI QUESTO STRAORDINARIO PIATTO

di Giampiero Rorato


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DELLA PIZZA ITALIANO, CHE NAPOLI HA SAPUTO ESALTARE E DIFFONDERE NEL MONDO

L

a pizza è il più antico degli alimenti umani arrivato, pur modificato e migliorato nel corso del tempo, fino ai nostri giorni. È una preparazione che risale ai primordi dell’umanità, nella lontana preistoria, quando l’uomo era un intrepido e provetto cacciatore e alla donna era riservato il compito di raccogliere i prodotti vegetali e i semi dei cereali selvatici che la natura metteva a disposizione. E fu proprio raccogliendo, pestando e impastando i semi dei cereali selvatici che le donne di quei millenni lontani giunsero alla preparazione della primitiva schiacciata di pasta, cotta su pietre roventi e usata per accompagnare, quando c’erano, altre vivande, in particolare le prede della caccia e della pesca. Il procedimento per preparare quella primordiale schiacciata, era molto semplice: le donne, sia durante le migrazioni – gran parte dell’umanità primitiva era infatti nomade – che – se vivevano nelle palafitte o nelle caverne - con apposite escursioni per i prati, nelle colline, lungo i fiumi, raccoglievano tutti i semi dei cereali maturi che trovavano, li portavano dove dimorava la loro tribù li versavano sopra una grande pietra liscia o nell’incavo di un masso e li pestavano servendosi di una idonea pietra fino a ottenere una farina grezza, che bagnavano con acqua, impastavano a forma di disco e mettevano a cuocere sopra una pietra precedentemente arroventata. Questa tecnica operativa molto semplice e rudimentale è presente ancor oggi presso le popolazioni rimaste ancorate agli antichi modelli di vita, come certe tribù di beduini che vivono nella fascia desertica subsaariana e nel vicino Oriente o ancora in solitarie radure nel cuore dell’Africa e della lontana Amazzonia.


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pizza e pasta italiana

La storia della Pizza

I dischi di pasta, una volta cotti, più o meno sottili e croccanti, vennero in seguito chiamati focacce ed erano confezionati con una farina che comprendeva tutte le componenti del chicco, tra cui la buccia (pericarpo) e perciò erano, come si direbbe oggi, di farine “integrale”. Siamo appena agli inizi della lunga storia dell’umanità, ma già ricercando i reperti più antichi lasciati da quei gruppi umani gli archeologi hanno incontrato questo alimento particolare, questo disco di pasta cotto su pietre roventi, non ancora arricchito di aromi, d’erbe o formaggio, come invece succederà ai tempi dell’antica Roma. Conosciamo anche i cereali allora più usati: innanzitutto il miglio, poi l’orzo, l’avena e il farro, ma già qualche millennio prima di Cristo, quando numerosi gruppi umani, soprattutto nella “Mezzaluna fertile” (dal Mar Rosso al Golfo Persico, passando per la Palestina, il Libano, la Giordania, la Siria, la Turchia orientale, l’Armenia, e l’Iraq), e lungo il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, pensarono di fermarsi per evitare le incognite del nomadismo e per meglio difendersi dai tanti possibili pericoli, iniziarono a coltivare la terra, cominciando con la coltivazione dei cereali di cui conoscevano i semi e le caratteristiche nutritive. L’importanza del farro e la sua enorme diffusione presso le antiche popolazioni mediterranee e del Vicino Oriente – Egizi, Assiri, Babilonesi, Greci, Romani, ecc. - è dimostrata anche dalla diffusione della parola “farina”, che altro non è che il farro schiacciato e trasformato in polvere (poi, per estensione, per farina si intese ogni cereale finemente pestato). E quando si incontra il farro si è già alle porte della civiltà romana, momento fondamentale per la storia della pizza.

NELL’ANTICA ROMA Roma, sulla scia della cultura alimentare greca, aveva affinato le antiche schiacciate di pasta di farina, sempre a forma di disco, aromatizzandole di erbe e arricchendole di formaggio. In una ricetta, attribuito a un autore anonimo, denominata “Moretum”, si afferma che il contadino Simylo macina dei chicchi di grano – a Roma c’era oltre al farro anche il frumento - setaccia la farina ottenuta, la impasta con acqua, erbe aromatiche e sale, lavora a lungo l’impasto e lo trasforma in una focaccia rotonda, la schiaccia perché diventi sottile e la mette a cuocere sul focolare. In un’altra occasione quel contadino pesta nel mortaio foglie di menta, ruta, gambi di sedano, foglie di coriandolo, semi di finocchio e formaggio salato stagionato e stende il tutto su un sottile disco di pane che mette a cuocere nel forno. Bastano queste due ricette – ma ce ne sono altre – per farci capire che nell’antica Roma le schiacciate – che da qualche secolo noi chiamiamo “pizze” – erano molto diffuse e così saranno anche nei secoli successivi, che andranno progressivamente confondendosi con il pane vero e proprio che, fin dai tempi degli antichi Egizi, poi in Grecia e a Roma, andrà assumendo progressivamente il ruolo principale nell’alimentazione.


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pizza e pasta italiana

La storia della Pizza

LA PIZZA ALLA MASTUNICOLA

Anche se il pane ebbe un ruolo importante nei lunghi secoli del Medioevo, le schiacciate che già cominciarono ad essere chiamate in vario modo ma con parole simili a “pizza”, si conservarono soprattutto nell’Italia meridionale, venendo arricchite ed elaborate con l’impiego dei prodotti locali ritenuti più adatti a valorizzarle. La schiacciata allora più diffusa era arricchita con aglio, strutto e sale grosso e perdurò molto a lungo, poi, pian piano, il grasso di maiale fu sostituito dall’olio d’oliva e si aggiunsero, proprio come a Roma con il “Moretum”, formaggi ed erbe aromatiche e si ritiene che queste pizze, di derivazione romana antica, perdurassero sino a tutto il Cinquecento e anche oltre. Tra il Cinque e il Seicento fece la sua timida comparsa a Napoli una pizza che risulterà in futuro molto interessante e che diventerà abbastanza celebre, la pizza alla mastunicola, cioè al basilico. Al solito disco di pasta, condito con strutto, pepe, sale, formaggio fresco vennero aggiunte delle foglie di basilico ottenendo un alimento più profumato delle vecchie schiacciate, più ricco di colore e più gustoso. Questa pizza rappresenta un

importante passo in avanti nell’evoluzione del piatto, perché da allora il basilico ne è sempre rimasto un ingrediente importante. Allo stesso periodo, o poco dopo, risale un altro tipo di pizza, detta alla cecinelli, che prevedeva l’impiego di novellame (avanotti) di pesce, risultando così una particolarissima ed antica pizza marinara “ante litteram”. In tali pizze non compaiono né la mozzarella né il pomodoro e la diffusione di queste pizze elaborate resta limitata, come se si trattasse di specialità per signori. La maggioranza della popolazione meridionale è ancora decisamente legata alla schiacciata tradizionale, vale a dire confezionata con grasso di maiale, sale grosso e aglio. Ormai si avvicinano i tempi nuovi e nel corso dei Settecento farà il suo ingresso il pomodoro, che sarà compagno immancabile della pizza solo a partire dall’inizio dell’Ottocento, quando la sua salsa, bollita in grandi pentole con sale e basilico, sarà aggiunta alle pizze della tradizione. E da quel momento si entra nella storia moderna della pizza napoletana.

Pizza dates back to the origins ABSTRACT

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of the human civilization, starting with the simple dough cake, cooked between hot stones and used to fill out a range of other foods. Pizza, as a thin flat cake, was therefore the early unleavened bread of mankind. In prehistoric times the flat cakes called also focaccia incorporated all the components of the grain. Farming became possible at the end of the last glacial period and flourished in the so-called “Fertile-Crescent”. Later on, in the Roman times, pizza was also called Moretum, which was a flatbread made of emmer flour and aromatic herbs. The real pizza was born in the south out of the necessity to render flatbreads more attractive. The pizza with basil is called pizza Mastunicola. The including of whitebait dates form the same period, and thus the name of a particular type of flatbread: cecinelli – or small fry. The decisive year for pizza was 1889, when a series of pizza were officially launched.


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pizza e pasta italiana

Intervista ad Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della richiesta all’Unesco

L’arte dei pizzaiuoli: patrimonio immateriale dell’umanità

Alfonso Pecoraro Scanio è Avvocato e giornalista pubblicista ed è stato Ministro delle Politiche Agricole del Governo Amato nel 2000/2001 e Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel Governo Prodi II dal 2006 al 2008. Dal 2008 è Presidente della Fondazione UniVerde che ha promosso insieme al Magistrato ambientalista Gianfranco Amendola per diffondere la cultura ecologista e la green economy in Italia e in Europa in collaborazione con istituzioni universitarie e culturali e con Jeremy Rifkin e altri stu-

diosi e attivisti. Dal 2009 insegna Politiche dell’Ambiente ed Ecoturismo presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Ed è anche un innamorato del made in Italy, del quale la pizza è l’elemento in assoluto più conosciuto (e gustato) nel mondo. Ci siamo dunque rivolti a lui, per l’impegno che sta profondendo perché la pizza artigianale italiana possa ottenere un riconoscimento ufficiale dall’Unesco, in modo da poterla distinguere senza difficoltà dalle tante anonime pizze industriali prodotte all’estero da multinazionali.


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Q

On. Alfonso Pecoraro Scanio, lei ha dato inizio ad una mobilitazione per far ottenere alla pizza un riconoscimento dell’Unesco. Ma prima le chiedo: qual è il suo rapporto con la pizza?

Ricordo che quando mia mamma preparava per cena la pizza era sempre una gioia unica. Lo stesso clima di allegria che si manifesta quando a casa di parenti e amici si assapora il

piacere di stare insieme davanti a una pizza. È quella passione che unisce tutti, l’alimento preferito che accompagna le occasioni conviviali in famiglia e tra amici.

Q

Q

Dal 2003 fu istituita dall’Unesco la nuova Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale immateriale dell’Umanità. Quindi nel 2006, da Ministro dell’Ambiente, affidai al mio rappresentante nella Commissione Nazionale italiana per l’Unesco il compito di iniziare

Lei si era già interessato delle tematiche agroalimentari anche nella sua qualità di Ministro dell’Agricoltura quando ha dovuto occuparti delle diverse produzioni italiane e delle problematiche connesse. Dopo quell’importante esperienza ministeriale cosa rappresenta la pizza per lei?

Nel 2000, da Ministro delle Politiche Agricole, venne a trovarmi in ufficio l’allora direttore dell’I.C.E., l’Istituto nazionale per il Commercio Estero e mi riferì stupefatto che a un meeting negli USA, al quale aveva preso parte, i colleghi americani gli avevano domandato: “How do you say pizza in Italian?”. Avviai così, d’intesa con le realtà organizzate del

La pizza, da piatto napoletano che trova una sua codificazione nella prima metà dell’Ottocento è diventata oggi piatto universale, preparato in tutto il mondo. Perché avrebbe bisogno di un riconoscimento dell’Unesco? E a cosa servirebbe il riconoscimento richiesto?

ogni attività utile per candidare l’arte dei pizzaiuoli napoletani a Patrimonio immateriale. Questo serve a tutelare una verità storica, la pizza che conosciamo nasce da quella tradizionale, e preservare nella globalizzazione un’identità culturale.

mondo della pizza, l’azione che dopo anni ci ha finalmente portato ad ottenere nel 2010 il riconoscimento della “Pizza Napoletana STG”. La pizza è orgoglio napoletano, campano, italiano. Rappresenta il più forte e chiaro simbolo gastronomico dell’Italia e degli italiani nel mondo. Un cibo semplice ma eccezionale allo stesso tempo.

Q

Non c’è dubbio che la pizza, se confezionata secondo la tradizione, ha bisogno di ingredienti italianissimi. È possibile vedere nella pizza preparata nel mondo un importante traino dei prodotti agroalimentari italiani?

Il riconoscimento da parte dell’Unesco aiuterebbe nel contrasto al fenomeno dell’italian sounding. Proteggere la pizza è un’occasione per salvaguardare il Made in Italy. Il fatturato del falso Made in Italy, nel

solo settore agroalimentare, ha superato i 60 miliardi di euro e, secondo le ultime stime della Coldiretti, costerebbe all’Italia 300mila posti di lavoro. Un danno economico davvero non trascurabile.


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pizza e pasta italiana

Intervista ad Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della richiesta all’Unesco

Q

Dando alla pizza il riconoscimento Unesco da lei richiesto si pone in luce anche la figura del pizzaiolo, l’artigiano che la produce. Non ritiene che anche questa figura avrebbe bisogno di un riconoscimento, magari a seguito di un accertamento della sua competenza professionale?

Ricordo che la richiesta è di inserire non la pizza ma l’Arte dei pizzaiuoli napoletani nella Lista dei Patrimoni immateriali dell’Umanità dell’Unesco. È l’arte dei pizzaiuoli napoletani, infatti, l’ingrediente fondamentale per assicurare la qualità e la continuità della storia della pizza alle future generazioni. Nessuno meglio di noi italiani sa infatti che la pizza non è solo un disco di pasta condito, ma presuppone esperienza, manualità, dedizione, estro, amore, fantasia in una sintesi d’eccellenza che si identifica nel saper fare tipico dell’antica arte popolare dalla quale deriva.

Grazie on. Pecoraro Scanio, l’impegno profuso da Ministro so che continua e che molti pizzaioli e associazioni di pizzaioli si sono uniti nella non facile battaglia burocratica per ottenere il riconoscimento Unesco per i pizzaioli italiani, con tutti i vantaggi che conseguirebbero non solo per il made in Italy, ma per l’occupazione giovanile, problema sempre vivo nel nostro Paese.

di Giampiero Rorato

Questa è l’anima da preservare. Solo riscoprendo i saperi autentici e le vere tradizioni alimentari e culturali si può vincere la sfida della globalizzazione e della standardizzazione dei metodi e dei gusti delle multinazionali del cibo. Inoltre, è evidente che serve a riconoscere la figura del pizzaiouolo per esempio introducendola negli istituti alberghieri.

Q

In un mondo in continua evoluzione, con le forti pressioni delle multinazionali e delle grandi industrie che producono quotidianamente enormi quantità di pizza con prodotti non sempre qualificati, come vede il futuro di questo straordinario piatto italiano?

Un tale patrimonio di conoscenze, come quelle legate ai metodi di lavorazione della pizza napoletana, rischia di cadere nell’oblio non perché scompaiono gli ultimi pizzaiuoli napoletani quanto per l’eccesso di globalizzazione. Nessuno potrà impedire la diffusione della pizze industriali ma la STG, Specialità tradizionale garantita, prima e spero presto il riconoscimento

dell’Unesco aiuteranno a diffondere sempre più le pizzerie artigianali e a permettere ai consumatori di conoscere e gustare una pizza fatta a regola d’arte. Magari chi nel mondo vorrà imparare a fare la vera pizza napoletana, o aggiornarsi, dovrà venire a Napoli, o almeno in Italia, così come noi andiamo a Londra per studiare e migliorare il nostro inglese.



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pizza e pasta italiana

Colloquio col Presidente Sergio Miccù

L’Associazione Pizzaiuoli H  Napoletani

di Giampiero Rorato

a sede a Napoli, dove è stata fondata nel 1998, ma ha associati in tutto il mondo. L’Associazione Pizzaiuoli Napoletani è nata con la finalità di rivalutare e preservare una delle professioni simbolo del folklore e della cultura partenopea: il Pizzaiuolo. Non solo, poiché è pure impegnata a far conoscere e quindi trasmettere alle nuove generazioni l’arte della manipolazione della pizza secondo la storica tradizione napoletana e a tal motivo è impegnata a promuovere e valorizzare l’utilizzo di prodotti tipici campani in modo da perpetuare la

tradizione e offrire, al contempo, una concreta opportunità di inserimento nel mondo del lavoro ai numerosi giovani che si avvicinano a questa “arte”. In collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, questa Associazione è riuscita a ottenere per la pizza napoletana il prestigioso riconoscimento di S.T.G. Specialità Tradizionale Garantita dall’Unione Europea e,vorrebbe raggiungere un altro risultato, cioè far rientrare l’arte della pizza napoletana tra i beni riconosciuti dell’Unesco quali patrimonio dell’umanità. Dedicando questo numero della nostra Rivista alla Pizza Napoletana abbiamo ritenuto doveroso sentire anche il Presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Sergio Miccù.


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Q

Signor Presidente Miccù, la Pizza Napoletana è sugli scudi e viene prodotta con successo in tutto il mondo. In che cosa si differenzia realmente dalle altre pizze artigianali realizzate da tanti pizzaioli in Italia e all’estero e come valuta queste altre pizze sotto il profilo alimentare e gustativo?

“La pizza Napoletana non è prodotta come da disciplinare in tutto il mondo, alcuni dicono che producono pizza napoletana ma non lo è. Si differenzia dalla lievitazione (dalle 8 alle

Q

12 ore) e non come le lunghe lievitazioni, dalla manipolazione, cottura. La si può riconoscere anche dalla sua morbidezza nel piegarsi a 4 (a portafoglio) senza rischiare che si rompa.”

Per quanto riguarda i prodotti necessari per la confezione della Pizza Napoletana c’è la possibilità di impiegare farine anche di grani esteri; pomodori di varia provenienza; olio anche non extravergine d’oliva e non di origine italiana, come dire che per chiamarsi Pizza Napoletana è sufficiente che sia realizzata nella forma tradizionale esistente a Napoli?

“Se la pizza è disciplinata STG bisogna utilizzare prodotto Campani (pomodoro San Marzano/San Marzano tipo Roma, fior di latte dell’Appennino

a destra

meridionale campano o mozzarella di Bufala campana, olio extravergine d’oliva) e naturalmente tutto il processo di lavorazione.”

Q

Sergio Miccù, Presidente Associazione Pizzaiuoli Napoletani

Per quanto riguarda la Vera Pizza Napoletana STG, chi garantisce che le disposizioni, giustamente severissime, indicate dal disciplinare sono diligentemente e correttamente applicate dai pizzaioli che inalberano le insegne della Verace Pizza Napoletana STG e quali controlli vengono eseguiti , in che modo e da chi?

“Partiamo dal presupposto che non esiste la Vera pizza napoletana STG, ma esiste la pizza napoletana STG (specialità tradizionale garantita). qui accanto

Un’immagine del record della pizza più lunga segnato a Napoli

Per garantire la veridicità della pizza napoletana STG c’è un consorzio che tutela la denominazione e i controlli sono disciplinati dai Nas e da tutte le forze dell’ordine che agiscono per tutelare il consumatore.”


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pizza e pasta italiana

Colloquio col Presidente Sergio Miccù

Q

La Pizza Napoletana è un bene del nostro Paese, frutto di una storia di secoli e di una sapiente evoluzione che l’ha portata a raggiungere, nella sua forma e nella sua sostanza gli alti livelli qualitativi attuali. Oltre che in Campania è possibile trovare in altre regioni d’Italia e all’estero la Pizza Napoletana realizzata secondo le indicazioni del disciplinare STG?

“Si è possibile trovare una pizza STG.”

Q

Q

“La pizza napoletana non avrà rivali in quanto è un prodotto artigianale ed un prodotto industriale non potrà mai eguagliarlo. Aggiungo che per ottenere una pizza napoletana STG si deve ricorrere a questi ingredienti: acqua,

Cosa pensa signor Presidente delle cosiddette “pizza gourmet” e come possono essere considerate nel mondo della pizza?

“Dipende per gourmet cosa si vuole intendere: - se per novità; i pizzaiuoli con la propria creatività hanno sempre creato nuove pizze - se invece si intende come

Un’ultima domanda: signor Presidente Sergio Miccù. Come vede il futuro della Pizza Napoletana, visto l’imperversare a livello internazionale delle pizze industriali?

sale, lievito e farina. il criterio che contraddistingue l’impasto della pizza napoletano è il cosiddetto punto di impasto. Ogni pizzaiuolo ha il suo punto di impasto ed è dato dalla consistenza dell’impasto dato dall’umidità.”

qualità; oggi naturalmente si è più attenti all’acquisto e di utilizzare prodotti di qualità, in quanto il consumatore finale è diventato più esigente.”

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.pizzaiuolinapoletani.it

Approfondire un argomento come la Pizza napoletana, frutto di una storia secolare, dell’inventiva e del buon gusto dei napoletani è davvero importante, anche per garantire a questo straordinario alimento, equilibrato e poco costoso, il futuro che merita. E noi glielo auguriamo di cuore, amando la pizza napoletana e la bellissima città di Napoli, che ha tutti i titoli per essere una delle più amate, visitate e godute città d’Europa.


Anche a casa uso il buon pomodoro italiano.

TERESA IORIO, CAMPIONESSA MONDIALE PIZZAIUOLI 2015/2016


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pizza e pasta italiana

Intervista ad Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza napoletana

La Pizza Napoletana di Giampiero Rorato

a fianco

Antonio Pace, Presidente Associazione Verace Pizza Napoletana

S

ono convinto che la difesa della tradizione sia uno dei modi più seri e più nobili per marcare l’identità non solo di un prodotto straordinario come la pizza napoletana, ma per esaltare e valorizzare l’identità di una cultura e di un territorio. Napoli, la bellissima capitale dell’Italia meridionale, già capitale di diversi regni, amata dal mondo intero, ha il dovere di conservare con amore e

gelosia il suo patrimonio storico, che è cultura, arte, musica, architettura, gastronomia, folclore e molto altro ancora. E la pizza napoletana è uno dei gioielli di questo invidiabile patrimonio. Per conoscere meglio la verace pizza napoletana ci siamo rivolti ad Antonio Pace, il Presidente dell’Associazione che ne custodisce la memoria e le caratteristiche, avendo promosso un apposito disciplinare da tutti accettato.


Q

p. 29 Signor Presidente Antonio Pace, la Pizza Napoletana è sugli scudi e viene prodotta con successo in tutto il mondo. In che cosa si differenzia realmente dalle altre pizze artigianali realizzate da tanti pizzaioli in Italia e all’estero e come valuta queste altre pizze sotto il profilo alimentare e gustativo?

Anche se sono visto come un paladino della Pizza Napoletana, ho da sempre un grande rispetto per tutti i tipi di pizza e i prodotti da forno che sono realizzati in Italia perché sono una fantastica rappresentazione della varietà della cultura gastronomica che il nostro Paese riesce ad esprimere in ogni Regione. Conosco bene l’impegno e lo sforzo che tutti i pizzaioli profondono nel loro lavoro e penso che spetti, non a me, ma solo al consumatore finale la scelta del prodotto più gradito.

Q

Q

Per quanto riguarda la Vera Pizza Napoletana, chi garantisce che le disposizioni, giustamente severissime, indicate dal disciplinare sono diligentemente e correttamente applicate dai pizzaioli che inalberano le insegne della Verace Pizza Napoletana e quali controlli vengono eseguiti , in che modo e da chi?

La parola “controllo” non mi è mai piaciuta, preferisco parlare di verifiche. Non abbiamo mai obbligato o spinto alcuna pizzeria ad aderire alla nostra Associazione, vogliamo che si tratti di una scelta volontaria perché così credo sia ancora più sentita. Rispettare il Disciplinare non significa rispettare l’Associazione ma avere a cuore tutti quei consumatori che entrano in un locale aspettandosi di vedersi servire al tavolo uno specifico prodotto.

Ogni anno realizziamo oltre 200 verifiche a campione in Italia e nel mondo e la cosa che ci rende più felici è vedere che la percentuale di chi non rispetta più il Disciplinare è inferiore all’1%. Ci siamo inoltre imposti una regola che dà 30 giorni di tempo a ogni pizzeria per rientrare nei canoni perché non ci interessa espellere degli associati ma soltanto fare in modo che in sempre più punti nel mondo si possa mangiare una Vera Pizza Napoletana.

La pizza napoletana è un disco di pasta che si caratterizza perché è un prodotto altamente digeribile, grazie ad una lunga lievitazione e soprattutto maturazione. Si differenzia dalle altre pizze già dall’aspetto perché oltre ad essere rotonda, deve essere morbida, ripiegabile in quattro, o come si dice a Napoli a portafoglio, e deve avere un cornicione da 1 a 2 cm. ma è sottile al centro.

Per quanto riguarda i prodotti necessari per la confezione della Pizza Napoletana c’è la possibilità di impiegare farine anche di grani esteri; pomodori di varia provenienza; olio anche non extravergine d’oliva e non di origine italiana, come dire che per chiamarsi Pizza Napoletana è sufficiente che sia realizzata nella forma tradizionale esistente a Napoli?

E’ dal 1984, quando scrivemmo il primo Disciplinare, che insieme alla Pizza Napoletana portiamo avanti le eccellenze del nostro territorio quali il Pomodoro San Marzano, la Mozzarella di Bufala Campana e il Fiordilatte dell’Appennino Meridionale e l’olio extravergine Italiano.

Oggi, rispetto a 30 anni fa, le verifiche sono molto più sempre perché grazie al Web e agli Amici della Vera Pizza Napoletana, una community mondiale di oltre 2.000 persone, riceviamo costantemente report, segnalazioni e suggerimenti sui nostri affiliati. Ovviamente tutto è poi controllato da esperti maestri pizzaioli ma così riusciamo a tenere sotto controllo anche le pizzerie dei territori più lontani.

Un discorso diverso meritano invece le farine perché, anche se negli ultimi anni, c’è una grande riscoperta del grano nazionale, non si può pensare che tutte le farine di cui i pizzaioli hanno bisogno provengano dall’Italia. Quello che caratterizza il nostro Paese è invece la grande tecnica molitoria che i mulini italiani hanno sviluppato in questi anni.


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pizza e pasta italiana

Intervista ad Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza napoletana La Pizza Napoletana è un bene del nostro Paese, frutto di una storia di secoli e di una sapiente evoluzione che l’ha portata a raggiungere, nella sua forma e nella sua sostanza gli alti livelli qualitativi attuali. Oltre che in Campania è possibile trovare in altre regioni d’Italia e all’estero la Pizza Napoletana realizzata secondo le indicazioni del disciplinare?

Chi vuole, oggi può mangiare una Vera Pizza Napoletana dal Brasile al Giappone, dal Canada alla Nuova Zelanda. Le pizzerie affiliate alla nostra Associazione sono ben 620 distribuite in 34 paesi del Mondo. Nel costo degli ultimi anni alle nazioni che da prime hanno

Q

Q

voluto promuovere la Pizza Napoletana quali gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa si sono aggiunti Singapore, le Filippine, il Brasile, l’Argentina, il Messico, il Kuwait. Il nuovo confine che ora ci attende è l’Africa dove iniziano ad arrivare già segnali importanti.

Un’ultima domanda: come vede il futuro della Pizza Napoletana, visto l’imperversare a livello internazionale delle pizze industriali?

Il boom della pizza napoletana si affianca, secondo me, ad una riscoperta mondiale di tutti i lavori e i prodotti artigianali, e non solo nel campo food. Se da un lato, infatti, ci sono le grandi multinazionali e la loro standardizzazione del prodotto, dall’altro lato vedo una riscoperta, soprattutto da parte dei giovani, dell’agricoltura, dall’artigianato e di tutti quei lavori che richiedono non solo manualità ma una grande specializzazione.

Io sono ottimista di natura perché penso che l’ottimista sia colui che crede negli altri, mentre il pessimista crede solo in se stesso. Per questo ho voluto creare un’Associazione. Da solo non avrei potuto fare tutto quello che si è fatto e come ripeto sempre fino alla noia: “La Pizza Napoletana non ha inventori, non ha padri, non ha padroni ma è il frutto della genialità del popolo Napoletano”.

Cosa pensa signor Presidente delle cosiddette “pizza gourmet” e come possono essere considerate nel mondo della pizza?

Continuo a ripetere, ogni volta che mi capita, che il termine “Pizza gourmet” ormai entrato nell’uso comune è sbagliato, si dovrebbe parlare invece di pizza per i gourmet, ossia di una pizza per i buongustai.

Come dicevo all’inizio dell’intervista la pizza napoletana è un disco di pasta che lascia alla bravura e all’esperienza del pizzaiolo tutte le possibili combinazioni d’ingredienti, purché però rispettose delle regole della buona gastronomia. Mi vanno bene le pizze per i gourmet, ma dico no alla pizza all’ananas o a quella con i wurstel e le patatine.

La ringrazio, Presidente, e questa Rivista è, non solo in questa occasione, al suo fianco nella difesa, valorizzazione promozione nel mondo di un piatto storico che Napoli e i napoletano hanno saputo creare e che sta diffondendosi a macchio d’olio in tutto il pianeta, regalando gioiose soddisfazioni a quanti hanno il piacere e la fortuna di poterlo gustare.

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pizza e pasta italiana

LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

R

accontare la pizza a Napoli ci obbliga non solo a sentire alcune personalità che alla valorizzazione della pizza napoletana hanno profuso e continuano a profondere intelligenza ed energie, essendo ancora più importante entrare nelle pizzerie stesse, guardarle con attenzione, osservare i clienti intenti a gustare le pizze dal bordo alto, spesso piegate in quattro e portate alla bocca con le mani, godere il profumo che riempie le stanze, seguire il lavoro del personale, ascoltare poi i titolari e i pizzaioli. È così che si coglie appieno l’atmosfera di questi luoghi magici, dove il fuoco è sempre acceso, quasi a mostrare che qui il cibo è vera espressione di cultura, di saperi che sono antichi e moderni, di tecniche raffinate, di arte spesso inimitabile.

Pensiamo che solo in questo modo si comprende il valore ideale, simbolico e reale della pizza napoletana. Evidentemente la nostra non è una rassegna né una guida delle pizzerie attive nella città di Napoli, ma uno sguardo su alcune di esse, rappresentative di una storia e di una cultura, storie di famiglie, storie di successo, storie vere di vita napoletana all’interno della quale la pizza gioca un ruolo molto importante. E, come raccontano i dirigenti delle Associazioni che riuniscono i pizzaioli che realizzano nelle loro pizzerie la storica pizza napoletana, questo piatto è ormai diffuso nel mondo per cui siamo andati a mettere il naso anche all’estero, dagli USA alla Cina, mostrando in concreto come la pizza napoletana sia confezionata e cotta secondo le regole in ogni parte del mondo, a soddisfazione dei buongustai che amano questo dono della tradizione napoletana. Oltre a quelle che qui presentiamo, ci sono molte altre pizzerie importanti, anche molto importanti, ma crediamo che il lettore già in questa contenuta rassegna capisca l’importanza di questa storica attività: aprire una pizzeria, lavorare ai forni, offrire le pizze calde e fumanti ai clienti è un impegno che coinvolge moltissime famiglie e moltissimi giovani ed a tutti va il nostro augurio perché le soddisfazioni non vengano mai meno assieme al successo nel mondo della vera pizza napoletana.


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pizza e pasta italiana

LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

STARITA

QUANDO LA PIZZA RACCONTA LA STORIA DI UNA FAMIGLIA di Caterina Vianello

N

in foto

Filomena, la figlia di Antonio Starita

apoli, rione Materdei, quartiere Stella. Una pizzeria e una lunga fila di clienti in attesa, all’esterno. All’interno, una fucina gastronomica: due forni rigorosamente a legna, condimenti, cotture e fritture. Si sfiorano i 190 posti, ogni tavolo va conquistato con i denti (letteralmente!): non si accettano prenotazioni e non appena finito si è cortesemente invitati a lasciare il posto ad altri. Siamo all’interno di una delle istituzioni gastronomiche e culturali (lo diciamo consapevolmente e a ragione) della città: la pizzeria Starita. Una storia ultracentenaria iniziata nel 1901, con Antonio, il capostipite di quella che nel corso del tempo è diventata una vera dinastia. Nata come cantina con cucina, viene affidata nel 1933 a Giuseppe, uno degli 11 figli di Antonio; nel 1948 la svolta: Giuseppe trasforma la cantina in pizzeria-friggitoria dando così origine alla storia più recente, quella in cui è la pizza la protagonista assoluta. A succedergli, nel 1961, è il figlio Antonio, che ancora oggi ricorda con nitidezza quando a 12 anni assistette alle riprese del film “L’oro di Napoli” di De Sica, con una Sofia Loren, adultera e bellissima, che contribuì a consegnare definitivamente alla storia il locale, facendo di Starita un simbolo della città e un vero e proprio mito. La sensazione di parlare con un pezzo di storia è innegabile, a colloquio con Antonio: a capo di una realtà imprenditoriale che conta 38 dipendenti e due “filiali” (una a Milano e una a New York, un’oasi di napoletanità nella “grande mela”), il cavaliere Starita è inarrestabile, continuando a condurre una battaglia quotidiana in difesa di


LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

un prodotto, la pizza napoletana, che sempre più spesso è vittima di imitazioni quando non addirittura di falsificazioni. L’idea che quello del pizzaiolo sia un mestiere semplice, in grado di garantire rapidi guadagni con fatica relativa, ha creato e continua a creare improvvisazione, a discapito sia del cliente che del prodotto in sé che si vede squalificato e ridotto a cibo replicabile in ogni parte del mondo. La specificità è invece legata a un territorio, a una precisa tecnica di lavorazione, all’utilizzo di forni a legna e all’impiego di prodotti ben definiti, elementi che contribuiscono a tratteggiare un disciplinare che è d’obbligo seguire: “per questo continuo a battermi” – afferma Antonio – “per far sì che la tradizione sia mantenuta e difesa, per evitare che la pizza napoletana possa essere confusa con qualsiasi altro prodotto dalla forma simile e perché i clienti non siano raggirati, assaggiando un prodotto gastronomicamente scorretto”. “Quello di pizzaiolo è un mestiere che non può perdere l’artigianalità” – continua ancora Antonio – “Per questo motivo e in difesa della storia stessa di alcuni locali ultracentenari della città è stata creata un’associazione che riunisce una decina di pizzerie napoletane ‘secolari’, della quale sono stato eletto presidente”. La tutela della tradizione di uno dei piatti simbolo della cucina italiana e dei locali che ne sono stati ambasciatori del gusto è quindi fondamentale affinché un patrimonio culturale, oltre che imprenditoriale, non vada perduto. Se mentre chiacchierate con Antonio vi capita di essere distratti dal profumo di una Montanara fumante, appena uscita dal forno, sappiate che è normalissimo: la battaglia per la difesa della pizza

si combatte anche a colpi di impasto fritto in olio bollente e guarnito con salsa di pomodoro, provola o fiordilatte e basilico. E’ questa infatti la ricetta della pizza più richiesta in assoluto, nel locale. Il menu tuttavia, comprende anche i grandi classici (margherita, marinara, siciliana, 4 stagioni, 4 formaggi, ma si potrebbe continuare), le ricette partenopee (pizza con salsiccia e friarielli o con ripieno di scarola al vapore) e alcune specialità: tra queste, la pizza che riscontra un successo notevole è quella con provola, mortadella e crema di pistacchio. Uno sguardo alla lista tuttavia, rende piuttosto difficile riuscire a limitarsi alle pizze: basta scorrere infatti l’elenco degli “antipasti” per ritrovare il volto antico di Starita, quello che celebra il fritto: montanarine, genovesi, soffrittelle, fraticelli, i notissimi angioletti (bastoncini di pasta fritta conditi - nella versione salata - con pomodorini e rucola o - nella versione dolce - con crema di cioccolato), crocché di patate e arancini di riso, aiutano ridurre l’impazienza per l’attesa della pizza prescelta. Quando chiediamo ad Antonio Starita cosa si augura per il futuro, con estrema semplicità ci risponde che vorrebbe vedere all’opera i nipoti, per continuare a fare di Starita un punto di riferimento nella storia gastronomica della città, ma anche in quella nazionale, aggiungiamo noi. L’aiuto dei due figli, Giuseppe (in cucina) e Filomena (in sala), è già un dato di fatto: l’auspicio è quello che una generazione di artigiani possa continuare a lavorare, rifiutando le sirene della rapidità e del consumo senza cognizione e mantenendo sempre fede, invece, alla tradizione e alla storia.

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pizza e pasta italiana

PIZZERIA ‘STARITA’ RICETTA

NOCI E FIORILLI

PER LA FARCITURA SALSA ALLE NOCI (si prepara come il pesto alla genovese ma invece del basilico le noci sgusciate) fiori di zucca piccoli con zucchine si saltano in padella con aglio e olio un pizzico di sale. Provola, pecorino e olio extravergine di oliva.

PER L’IMPASTO 1 l di acqua 50g di sale 1,7 kg di farina 2g di lievito per una lievitazione dalle 8 alle 10 ore ( 5g di lievito per una lievitazione di 4 ore) NON IN FRIGO



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pizza e pasta italiana

LA PIZZERIE PIZZA NAPOLETANA IN A NAPOLI ITALIA E NEL MONDO

LA PIZZA NAPOLETANA IN FRANCIA CON LUDOVIC BICHIERAI A SAUSSET-LE-PINS (BOCCHE DEL RODANO) di Caterina Orlandi

L

a pizza è ormai uno dei cibi preferiti in Francia. La conquista definitiva dei gusti dei cugini d’Oltralpe è stata ufficializzata in una recente ricerca sul gusto dei francesi in fatto di gastronomia. Da quella ricerca risulta che nel 2015 il consumo di pizza in Francia è aumentato dell’1,20% rispetto al 2013, con 809 milioni di pizze sfornate e le pizze maggiormente richieste sono la classica Margherita e la Quattro formaggi, né poteva essere diversamente, conoscendo la predilezione dei nostri cugini d’Oltralpe per i formaggi. Quegli 809 milioni di pizze corrispondono ad oltre 323 tonnellate di prodotto, in media 5 chili per abitante, più di quelle mangiate in Italia, ma un po’ meno del consumo degli americani. Questi dati emergono da uno studio dell’istituto Gira Conseil pubblicato dal quotidiano Le “Parisien”: “In Francia la pizza è senza dubbio un prodotto di massa che corrisponde alle nostre abitudini alimentari - ha scritto Lorene Avedikian, che ha condotto lo studio -. I pasti sono momenti di condivisione e la pizza si condivide e corrisponde alla nostra cultura.



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pizza e pasta italiana

PIZZERIA ‘LE GUSTO PIZZA’

La Francia è tra i maggiori consumatori al mondo di pizza”. Resta comunque vero che i francesi rimangono legati alle loro tradizioni: la classica baguette con prosciutto e burro resta la star degli alimenti più consumati davanti a pizza e hamburger, anche per il suo costo, a 2,74 euro in media (con un aumento dell’1,05% rispetto al 2013) contro i 10,54 euro della pizza (+2,90%). In Francia son si fanno solo pizze pur buone ma nelle nuove forme, perché la Pizza Napoletana, realizzata e cotta secondo tradizione, viene preparata e gustata anche nei tanti dipartimenti d’Oltralpe. E qui ricordo la Pizzeria “Le Gusto pizza”- a Sausset-Le-Pins, località del sud della Francia, in Provenza dove opera il pizzaiolo francese Ludovic Bichierai che nello scorso mese di aprile a Parma ha vinto, nel mese di aprile, il titolo di Campione Mondiale di Pizza classica. L’oramai celebre pizzaiolo francese ha svolto molti corsi in Italia ed anche a Napoli dove ha seguito un approfondito corso sulla pizza napoletana con il maestro Roberto Barone. In Francia, ci ha detto Bichierai, la Pizza Napoletana è in crescita, tuttavia rappresenta ancora una nicchia, perché mancano scuole di pizza che insegnino a fare la vera pizza napoletana. Ed ecco la ricetta proposta da Ludovic Bichierai per preparare nella sua pizzeria la Pizza napoletana classica.

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pizza e pasta italiana

LA PIZZERIE PIZZA NAPOLETANA IN A NAPOLI ITALIA E NEL MONDO

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LA FIGLIA DEL PRESIDENTE UNA PASSIONE EREDITATA E GESTITA CON SPIRITO IMPRENDITORIALE di Caterina Vianello

a scelta del nome da dare al proprio locale non è cosa semplice. Alcuni si affidano al caso, altri scelgono una denominazione che richiama un legame affettivo con il territorio d’origine o un vincolo forte con la propria famiglia, talmente sentito da pensarlo come eterno e indissolubile. Ecco perché passeggiando per le vie di Napoli in una traversa di via San Biagio dei Librai, via Grande Archivio, vicino all’archivio storico della città, non si può rimanere impassibili davanti al civico 23, sul quale campeggia l’insegna “La figlia del Presidente”. La “figlia” in questione è Maria Cacialli, mentre il “Presidente” è un omaggio a suo padre, Ernesto, ambasciatore della pizza napoletana nel mondo prematuramente scomparso nel 2009. Il motivo del soprannome “presidente”, per chi pratica Napoli è noto: per tutti gli altri basti dire che Ernesto, oltre ad essere stato il presidente dell’Associazione Margherita Regina, nel 1994 si rese protagonista di un evento ormai entrato nella storia della pizza napoletana: in occasione del G7 a Napoli, ricevette la visita del Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton e del suo staff: venne ovviamente preparata una classica pizza napoletana per tutti. Da allora diventò il “Pizzaiolo del Presidente”. Dato il profondo legame che aveva con il padre, era quasi naturale che Maria scegliesse di rendergli omaggio intitolandogli il locale. E l’omaggio acquista un valore particolare perché Maria non solo ha scelto di portare avanti il lavoro del padre con determinazione e caparbietà, ma anche perché è riuscita a fare de “La figlia del Presidente”, la sua pizzeria appunto, un punto di riferimento per la ristorazione cittadina (e non solo) e un luogo nel quale la tradizione viene costantemente rispettata e perpetuata.

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Maria Cacialli con il marito Felice Messina


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pizza e pasta italiana

PIZZERIA ‘LA FIGLIA DEL PRESIDENTE’

Il carattere partenopeo del locale, si fa sentire a gran voce sin da subito: all’ingresso si trova il bancone della friggitoria con i capisaldi del fritto. Se siete venuti pensando solo alla pizza, prendetevi un momento per pensare se non sia il caso di assaggiare anche un vasto campionario di delizie estratte dall’olio bollente: panzerotti, crocchè, arancini, frittatine di pasta, zeppoline. Una volta superate le sirene tentatrici del fritto, ecco che si deve per forza passare alla pizza. Scendete al piano inferiore dove troverete una sala capace di contenere 150 persone: archi in pietra di tufo, tavoli in marmo apparecchiati in maniera spartana, quasi a voler ricordare che nulla debba distrarre dalla vera protagonista, la pizza appunto. Aprite il menu e scorrete la lista: i classici sono ovviamente presenti e preparati a regola d’arte. Se altrove capita di essere alle prese con menu chilometrici e un’offerta troppo ampia (anche nella selezione degli ingredienti per la farcia) tanto da mettere in difficoltà il cliente, qui la scelta va in senso contrario. Un numero limitato di piatti, ma fedeli alla tradizione: margherita con filetto fresco di pomodoro, romana (con le acciughe), margherita con melanzane, con peperoni, pizza alla “cocca” (con uovo e formaggio), caprese (pomodorini, basilico e mozzarella di bufala, tutto a crudo), alla “tarantina” (con l’aggiunta di olive, capperi e acciughe), pizza “lasagna” (con fior di latte, ricotta, prosciutto cotto, formaggio e basilico), ortolana (con funghi e verdure), “carrettiera” con salsiccia e friarielli.

Il pezzo forte, tuttavia, è la pizza fritta. E qui entra in gioco Felice Messina, marito e braccio destro di Maria. Appresa l’arte della pizza da Ernesto, oggi ha trasformato una ricetta in uno spettacolo, con le sue regole e i suoi tempi: 1) la pasta va stesa su un panno e non sul banco delle pizze al forno, altrimenti si riempie di farina, che nell’olio brucerebbe; 2) l’olio non deve essere troppo caldo: il rischio infatti è quello di avere un prodotto freddo all’interno e cotto all’esterno; 3) gli ingredienti del ripieno sono semplicemente ciccioli, ricotta, provola, salame. Se non riuscite ad abbandonare l’idea del pomodoro, sappiate che è possibile aggiungerlo con il rischio però di avere un interno leggermente bagnato. Preparatevi a dimensioni considerevoli, compensate però da una pasta sottilissima e leggera. Vedere all’opera Ernesto fa sembrare la preparazione della pizza fritta un’operazione elementare: provateci e, dopo diversi tentativi andati a vuoto, capirete perché solo con anni di esperienza si riesca a gestire con competenza un impasto vivo e delicato. Che a “La Figlia del Presidente” il mestiere sia di famiglia si è capito: ne abbiamo la conferma definitiva citando Armando e Ernesto, figli di Maria, entrambi al lavoro nel locale. A loro spetterà in futuro il compito di mostrare il volto migliore della tradizione gastronomica napoletana e di scrivere magari un nuovo capitolo nella storia della pizza.



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LA PIZZERIE PIZZA NAPOLETANA IN A NAPOLI ITALIA E NEL MONDO

BOTTEGA FRATELLI SALVO LA MIGLIORE PIZZERIA NAPOLETANA IN CINA di Caterina Orlandi

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a pizza napoletana in Cina? Sissignori! e la troviamo ogni giorno nel cuore di Pechino nella “Bottega Fratelli Salvo” che si caratterizza per il rispetto della tradizione napoletana, per una grande passione per la pizza e per un’intelligente capacità innovativa. È stato per questi motivi che i Fratelli Salvo sono stati chiamati per realizzare una realtà ristorativa unica e tutta nuova: un’istituzione per la pizza in Cina, capace di rappresentare il meglio che la tradizione napoletana possa offrire. E oggi Bottega Fratelli Salvo apre le sue porte in zona Sanlitun, nel cuore di Pechino, in un ambiente rustico e nel contempo moderno nel contesto della grande capitale della Cina. La zona Sanlitun (三里屯), si trova vicina alla zona delle ambasciate ed è un luogo dove ci sono molti ristoranti chic e raffinati locali notturni. Nel cuore del quartiere c’è il Sanlitun Village, un grande centro commerciale all’aperto caratterizzato da negozi di lusso. Desideriamo presentare in questo numero speciale la Bottega Fratelli Salvo perché anche quest’anno i fratelli Paolo e Daniele Salvo hanno conquistato la vetta della classifica in un concorso dedicato alla migliore pizza realizzata in Cina. Parlando con Paolo Salvo, si scopre che il suo amore per l’arte della pizza è emerso prestissimo, tanto che a un certo punto ha abbandonato gli studi universitari per intraprendere orgogliosamente l’arte di papà Ciro e quest’arte tutta italiana e napoletana Paolo e il fratello Daniele l’hanno poi voluta portare oltre i confini della Campania fino ad arrivare nella capitale cinese. A Pechino vivono all’incirca 12 milioni di persone, inoltre molte decine di migliaia arrivano ogni giorno da altre

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PIZZERIA ‘BOTTEGA FRATELLI SALVO’

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qui accanto

Papà Ciro con i figli Daniele e Paolo

città della Cina e dall’estero per turismo o per lavoro e un buon numero di costoro prima o poi si incontrano al famoso angolo italiano “La Pizza” per conoscere il due fratelli Salvo ma sopratutto per gustare uno dei più famosi piatti della gastronomia italiani che da secoli in tanti provano a copiare ma a tutt’oggi nessuno è ancora riuscito a produrne di uguali per qualità e bontà. Ci sono, infatti, anche in Cina, anche a Pechino potenti catene commerciali che fanno della pizza il loro cavallo di battaglia speculando su di un nome che non gli appartiene (poiché il prodotto è solo apparentemente uguale all’originale pizza napoletana, ma qualitativamente non confrontabile), e in Italia nessuno se ne preoccupa sapendo che a Pechino, dopo aver gustato la pizza dei fratelli Salvo all’angolo italiano nel cuore della città, tutti capiranno che non esiste pizza al mondo come quelle fatte dalle mani di un partenopeo come Paolo. Oggi la Cina si apre sempre più al mondo occidentale (è addirittura proprietaria delle due grande società calcistiche milanesi) e ha voluto premiare l’autenticità’ dell’arte gastronomica italiana dando così’ elegantemente uno schiaffo ai falsari della pizza napoletana, a quella pseudopizza che offende non solo la millenaria cultura culinaria italiana, ma addirittura il buon gusto e la decenza gastronomica. La pizza è un “piatto’ che in passato era venduto per strada, il piatto dei poveri e fu proprio un partenopeo, il cuoco Raffaele Esposito a nobilitarla per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia in visita a Napoli, realizzando una pizza straordinaria, quella “Pizza Margherita” condita con pomodori , mozzarella e basilico, quindi con i colori della bandiera italiana, una pizza che è oggi fra i piatti più richiesti dai buongustai cinesi che entrano sempre più numerosi nella Bottega Fratelli Salvo, a Pechino.

qui sopra

La stupenda pizza di Bottega con prodotti esclusivamnete italiani



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pizza e pasta italiana

Giuliano

CAMPIONE MONDIALE

Bucci

NAPOLETANA

di Patrizio Carrer

2016 DELLA PIZZA NAPOLETANA STG: CUORE E PASSIONE PER LA PIZZA

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iuliano Bucci, abruzzese Doc è il pizzaiolo che all’ultimo Campionato Mondiale della Pizza, tenutosi lo scorso aprile al Palacassa di Parma, si è aggiudicato il titolo di Campione Mondiale 2016 di Pizza Napoletana STG. La sua esperienza parte da lontano, una passione ereditata dal padre Enzo e dalla madre Nicoletta, che nel 1978 hanno avvivato il ristorante “la Fattoria” a Roccaraso (L’Aquila). Nata inizialmente come attività di ristorazione, nel 1998 “la Fattoria” diventa anche pizzeria, un importante cambiamento che sarà poi alla base delle successive esperienze di Giuliano.“Da quel momento in prima persona mi sono occupato totalmente di quel settore iniziando un percorso di crescita professionale” ci racconta Giuliano “Il mio primo maestro è stato un pizzaiolo napoletano (Don Raffaele) che mi ha indirizzato verso la pizza e in particolare di quella napoletana. Ho iniziato a fare così anche le mie prime esperienze in gare nazionali, partecipando al mio primo Mondiale a Salsomaggiore Terme nel 1999”. Sempre desideroso di mettersi in gioco, dopo la prima esperienza di Salsomaggiore, Giuliano ha cominciato a partecipare ai più importanti eventi dedicati alla pizza, dal 2002 al 2008 al Napoli Pizza Fest organizzato dall’Associazione Verace Pizza Napoletana. Alla prima edizione Giuliano fu il primo pizzaiolo non partenopeo a partecipare ed è stato un evento che ha offerto all’abruzzese l’opportunità di instaurare legami forti con l’A.V.P.N. “Dal 2011 sono Fiduciario per la regione Abruzzo dell’Associazione Verace Pizza Napoletana e ho partecipato anche a manifestazioni Internazionali quale il pizzafest a Kawasaky in Giappone nel 2008, ad Atene nel 2007, a Melbourne nel 2016” “Parallelamente non ho trascurato la mia formazione così grazie alla Scuola Italiana Pizzaioli ho frequentato e conseguito il Corso Master per pizzaioli e il Percorso Formativo Certificato diventando istruttore Master per la Scuola Italiana Pizzaioli”.


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pizza e pasta italiana

Giuliano Bucci

qui a fianco

Il podio con il vincitore Giuliano Bucci

La formazione ma non solo, Giuliano infatti non manca mai alle più importanti competizioni mondiali di Pizza, occasioni per confrontarsi e crescere professionalmente: “Dal 1999 al 2016 ho sempre partecipato a tutte le edizioni del Campionato Mondiale della Pizza. Queste gare mi hanno portato a ottenere diversi risultati importanti come la vittoria nell’edizione 2008 del Campionato Europeo della Pizza a Barcellona (l’anno prima il secondo piazzamento a Madrid). Al Campionato Mondiale della Pizza, invece per due volte mi sono classificato al secondo posto nella categoria Pizza Napoletana STG” – dice con orgoglio Giuliano “Una vera e propria sfida personale quest’ultima, ma non mi sono mai perso d’animo e in questa edizione finalmente mi sono aggiudicato il gradino più alto del Podio”. Una grande soddisfazione che emerge dalle parole del pizzaiolo di Roccaraso, che racconta un piccolo rito scaramantico “Ogni volta che partecipavo al Campionato Mondiale della Pizza, la prima cosa che facevo era andare davanti al podio: mi ripetevo che quest’anno sarei riuscito a salire sul gradino più alto, e finalmente in questa edizione ho coronato il mio sogno”. “Una vittoria che non posso che dedicare a tutta la mia famiglia, alla mia compagna Luciana, a mio figlio Enzo, a Ricky, Giada e a mio padre che non c’è più”. qui sotto

La pizza napoletana STG vincitrice del campionato 2016



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pizza e pasta italiana

LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

SPACCANAPOLI DI CHICAGO CIBO E CULTURA ITALIANA IN AMERICA di Caterina Orlandi

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a pizzeria del pizzaiuolo Jonathan Goldsmith, dal suggestivo nome “Spaccanapoli”, si trova in Sunnyside Ave, a Chicago nello stato dell’Illinois, che fa parte di quelli stati che in America sono chiamati Corn Bell, ovvero il distretto del mais e di altre coltivazioni cerealicole. Jonathan è nato a New York, è di origine ebrea e lui e la moglie Ginny hanno da sempre condiviso un grande amore per l’Italia, le sue tradizioni e la sua cultura. Dapprima hanno visitato la Puglia e soprattutto la zona del Gargano per poi visitare le bellissime coste del Mar Adriatico. Ha vissuto in Italia per 3 anni e mezzo, facendo vari lavori e persino la loro prole è nata in Italia. Tornato negli States Jonathan diventa operatore sociosanitario, quindi lavora nel settore edile, tuttavia, abbandonando la professione di operatore socio-sanitario decise che sarebbe rimasto nel settore come volontario e così è stato ed ha iniziato a mettere a disposizione le sue capacità in cucina per l’Inspiration Cafè, un’associa-



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dic. 2013 sett. 2016

pizza e pasta italiana

PIZZERIA ‘SPACCANAPOLI’

zione benefica con base a Chicago e questa scelta lo ha portato casualmente ad essere uno dei guru della pizza in America. L’associazione benefica di Chicago aveva infatti pubblicato una foto per raccogliere altri volontari come Jonathan e la moglie, mostrando i due coniugi con una bel piatto fumante tra le mani. Nel frattempo compie un altro viaggio in Italia e, nel ritorno, Jonathan conosce un italiano che ha due pizzerie a New York e che gli suggerisce di diventare anche lui pizzaiolo, lavoro che negli USA rende bene, e che il posto per imparare a far la pizza è Napoli. Jonathan parte allora alla volta di Napoli per studiare il mondo della pizza, impara dal maestro di pizza napoletana Enzo Coccia e visita le pizzerie storiche di Napoli, tra cui Starita Materdei, Il Presidente e altre. Acquisite le necessarie conoscenze e capacità operative torna a Chicago e apre Spaccanapoli e questo avviene una decina di anni fa. Diversamente da tanti suoi colleghi americani, Jonathan non propone la famosa pizza Chicago Deep, che è una torta ripiena vagamente somigliante alla pizza, ma sceglie di far conoscere la sua Italia attraverso la pizza napoletana, che confeziona con ingredienti rigorosamente italiani di importazione, anche la mozzarella di bufala che acquista dall’Italia e che gli arrivano in aereo fresca più volte la settimana. Jonathan e il suo braccio destro sfornano quasi 700 pizze al giorno anche se la pizzeria si trova non al centro di Chicago. In futuro Jonathan vorrebbe magari introdurre nel suo locale più tipi di pizza, perché aveva conosciuto che in Italia ci sono diverse lavorazioni della pasta per pizza e diversi tipi di farcia, ma il suo primo amore rimane la pizza Napoletana.

«Nel mezzo della città si apre via Spaccanapoli, un rettilineo di più di un chilometro, stretto e vociante, che divide in due l’enorme agglomerato. È il cuore di questa babele della storia. Qui visse e morì Benedetto Croce» (Stanislao Nievo)

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pizza e pasta italiana

una storia di passione di David Mandolin

C R O C C I A Michele Q

Michele, raccontaci dei tuoi primi passi lavorativi.

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ichele Croccia nasce a Caselle in Pittari, provincia di Salerno, nel 1974. Comincia fin da giovanissimo la sua esperienza in pizzeria, denotando una passione enorme per questo lavoro faticoso ma che sa dare tante soddisfazioni. Michele ha una carriera professionale lineare e sempre in crescendo, culminata da un lato con l’apertura di un locale di successo (La Pietra Azzurra) e dall’altro con il podio (2° classificato) al Campionato Mondiale della Pizza categoria Pizza Napoletana STG. E’ anche docente con Percorso Formativo Certificato di Scuola Italiana Pizzaioli, oltre ad avere la certificazione Ismecert per la realizzazione della pizza napoletana secondo il disciplinare Stg (Specialità Tradizionale Garantita) nel suo locale. Ed è la Pizza Napoletana che fa da filo conduttore alla sua passione, divenuta lavoro: “acqua, lievito, sale e farina, senza olio nell’impasto – come ci spiega Michele – e lievitazione in giornata”.

“Apro il primo locale, la Pietra Azzurra in Caselle in Pittari, dopo aver pensato durante tutto il servizio militare che cosa fare e aver deciso che io volevo fare la pizza.

Il locale si amplia, le cose cominciano a funzionare, e però sento che qualcosa ancora non va, qualcosa che frena il mio lavoro, che non mi permette di crescere professionalmente come avrei voluto. Mi sentivo un pizzaiolo come tanti: perché se ci pensi quando uno va da qualcuno e gli insegnano il mestiere alla fine impara quello che gli trasmettono (nel mio caso tanto, perché ho avuto un maestro che era una bravissima persona, lo ricordo sempre con tanta stima e affetto), però alla fine io ero una sua “fotocopia”, e questo non mi bastava più.


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pizza e pasta italiana

Michele Croccia

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Puoi spiegarci meglio?

Sentivo il bisogno di capire che cosa stavo facendo. Da qui comincia la mia vera carriera di pizzaiolo: comincio a fare ricerca, comincio a seguire corsi di perfezionamento e di approfondimento: dai corsi della Scuola Italiana Pizzaioli ad altri corsi con i maestri dell’arte bianca.

Non mi stanco mai di imparare e di approfondire, e così grazie alle conoscenze che ho acquisito sulle farine, sulla lievitazione, sulla maturazione della pasta posso dire in tutta coscienza che oggi sono io a gestire gli impasti, perché la farina è una cosa viva, perché quando manipoli l’impasto questo in cambio della tua lavorazione ti restituisce gioia, saperi, emozioni uniche.

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Che consiglio vuoi dare a tutti quelli che si affacciano a questa faticoso ma prezioso mestiere oggi?

Non mi stanco mai di ripeterlo: è l’amore che metti in quello che fai che fa la differenza. La pizza è una questione di amore, il tuo lavoro lo devi amare, non ti devi

mai stancare di migliorare e di imparare, solo così puoi fare la differenza”. E ci sembra non ci sia nient’altro da aggiungere.

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pizza e pasta italiana

di Patrizio Carrer

Marco Amoriello

La Pizzeria “Il Guappo”

a Moiano

quando la pizza napoletana è gluten free

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el nostro pur sintetico panorama sulle pizzerie che presentano la vera Pizza Napoletana STG non potevamo dimenticare Marco Amoriello, soprannominato Il Guappo, titolare dell’omonima Pizzeria a Moiano in provincia di Benevento, fidabile punto di riferimento per chi desidera mangiare un’ottima pizza con, ma soprattutto senza glutine. Amoriello è un pizzaiolo professionista che ha maturato nel corso degli anni una grande esperienza e competenza. “Tutto è nato per il mio amore profondo per la pizza- ci dice Marco Amoriello - già da giovanissimo ho iniziato a lavorare come aiuto pizzaiolo e ho capito che questa sarebbe stata la mia

strada perché la pizza è per me uno stile di vita”. Marco ci spiega con la sua consueta passione che cosa significa per lui questo lavoro “Fare il pizzaiolo è una missione: essere sempre alla ricerca dell’impasto migliore, più croccante, più gustoso, per abbinarlo a un condimento semplice ma di alta qualità come il pomodoro e la mozzarella oppure a ingredienti considerati più nobili (inFrancesco verità: più Esposito costosi) come il dott. pescePh.D o la carne per serviredipizze chiama– Dipartimento Agraria te gourmet,degli attualmente di moda”. Marco Università Studi di Napoli Federico II Amoriello si avvicina al mondo gluten free per curiosità e necessità. Nel 1983 un suo familiare scopre di essere intollerante al glutine e da quel momento comincia a preparare i primi impasti gluten free.

La svolta arriva nel 2003, quando scopre di essere lui stesso celiaco. Da quel momento i suoi sforzi si concentrano sul proporre ai clienti pizze gluten free, una ricerca continua che viene riconosciuta e premiata in diverse occasioni, dalla vittoria in 3 edizioni al Campionato Mondiale della Pizza, per la categoria senza glutine, fino al recente riconoscimento del Gambero Rosso, che ha dato al Guappo, il titolo di miglior pizzeria gluten free 2016 d’Italia. Un riconoscimento che premia sì il locale, ma soprattutto il grande impegno del pizzaiolo beneventano. È la pizza verace napoletana però la grande sfida che Marco decide di raccogliere, preparando una pizza tradizionale napoletana senza glutine. “Molti mi chiedono qual è il modo che uso per fare la vera pizza napoletana senza glutine e rispondo che per realizzare una pizza così serve prima di tutto una conoscenza approfondita degli ingredienti e bisogna saperli utilizzare al meglio, quindi fare molta pratica e molta attenzione a tutte le fasi di lavorazione, valutando i tempi di lievitazione e di cottura. Quest’ultima è una delle cose più importanti per poter poi servire una pizza gustosa. Riguardo al gusto, ci dice ancora Amoriello, non ci sono differenze, la mia pizza napoletana senza glutine non ha niente da invidiare a quella realizzata con farina tradizionale, anzi posso affermare che è addirittura più digeribile. Io lavoro seguendo il disciplinare della pizza napoletana”. Un altro valore aggiunto è la farcitura. “Io, dice Marco, metto pomodoro e mozzarella fiordilatte prima di infornare, ma anche qui la scelta dipende dagli ingredienti perché ci sono mozzarelle che sono perfette per la pizza e possono essere utilizzate subito e altre che pur essendo ottime, hanno caratteristiche diverse e possono rilasciare troppa acqua e sciupare la cottura della pizza. Bisogna inoltre non confondere l’utilizzo della mozzarella di bufala con il fiordilatte”.


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pizza e pasta italiana

Pizza gluten free

e c a r Ve Pizza Margherita —

Ingredienti per 5 pizze: ½ litro d’acqua naturale 25 grammi sale fino 3 grammi di lievito fresco 750 grammi di semilavorato senza glutine

Condimento: 80 grammi di pomodorini (piennolo del Vesuvio) tagliati alla Julienne oppure 60/80 gr di pomodori pelato San Marzano (schiacciati a mano) 100 grammi di mozzarella di Bufala Dop tagliata alla Julienne Basilico fresco 4/5 gr di Olio extra vergine d’oliva Sale un pizzico

Procedimento Versare in una boule ½ litro d’acqua naturale e il sale mescolando fino a farlo sciogliere. Aggiungere 375 gr di semilavorato e con mani, iniziare a lavorare l’impasto per 5 minuti poi aggiungere il lievito e continuare a lavorare aggiungendo piano piano il resto del semilavorato fino ad ottenere un impasto omogeneo. Dividere l’impasto in 5 panetti da 250 grammi Disporre i panetti in un contenitore di plastica per alimenti e chiuso ermeticamente . Attendere la lievitazione: 6/8 ore a temperatura ambiente.

Stesura, condimento e cottura Appoggiare il panetto sul piano di lavoro sul quale abbiamo steso un velo di semilavorato. Schiacciare delicatamente il panetto e usando i polpastrelli, iniziare ad allargarlo partendo dal centro facendo una delicata pressione dall’alto verso il basso. Questo movimento permette di mantenere all’interno dell’impasto i preziosi enzimi per l alveolatura . Continuare a stendere l’impasto fino a raggiungere uno spessore uniforme e piuttosto sottile, ad eccezione dei bordi, lì dobbiamo fare in modo di ottenere qualche millimetro in più rispetto al resto dell’impasto.

Condimento Aggiungete i pomodorini tagliati a listarelle (piennolo del Vesuvio) oppure i pomodori San Marzano, poi la mozzarella di Bufala DOP tagliati alla julienne e le foglie di basilico fresco spezzettate con le mani. Infornare a 300 gradi per 3/4 minuti. Prima di servire o meglio gustare, aggiungere olio extra vergine d’oliva. delicatamente il panetto e usando i polpastrelli, iniziare ad allargarlo partendo dal centro facendo una delicata pressione dall’alto verso il basso. Questo movimento permette di mantenere all’interno dell’impasto i preziosi enzimi per l alveolatura. Continuare a stendere l’impasto fino a raggiungere uno spessore uniforme e piuttosto sottile, ad eccezione dei bordi, lì dobbiamo fare in modo di ottenere qualche millimetro in più rispetto al resto dell’impasto.


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pizza e pasta italiana

LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

IL TEMPIO DELLA PIZZA

PIZZERIA DA MICHELE UNICA SEDE A NAPOLI di Caterina Orlandi

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a pizzeria da Michele a Napoli con sede in via Cesare Sersale è l’unica nel suo genere nella città di Napoli e non va confusa con altre pizzerie che riprendono e copiano solo il nome. Questa pizzeria è stata definita dal New York Times “il tempio della pizza” e sempre in questa pizzeria sono state girate alcune scene del film con Julia Roberts: “Mangia, prega, ama”. Sempre per questa porta sono passati presidenti e celebrità, non per ultimo il nostro premier Renzi. Un tempo, quando la pizzeria si trovava nei pressi dell’ospedale e c’era il nonno di Michele Condurro, il signor Michele dal quale la pizzeria prende nome, era un semplice laboratorio, perché la pizza non era un cibo che si mangiava nei locali. Il signor Michele produceva la pizza e poi arrivavano i corrieri che con l’antico porta pizza di rame, che serviva per tenere ben calda la pietanza, la distribuivano nei diversi quartieri della città.


LA PIZZA NAPOLETANA IN ITALIA E NEL MONDO

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In 1870, the Condurro family started what was to become a long tradition

ABSTRACT

of master pizza makers in the center of Naples. Michele Condurro son of Salvatore, improved the family’s art of preparing the pizza, whose secrets he had learned from the famous masters in Torre Annunziata (district outside city), who were experts in preparing and kneading the dough, as well as baking the pizza. Michele opened his first pizzeria in 1906, Adesso, la pizzeria nella nuova sede ha 90 posti a sedere e all’arrivo, i clienti devono munirsi tutti di un bigliettino e attendere il proprio turno, l’attesa a volte può essere anche di un’ora, ma ne vale la pena! Nel 1870 la famiglia Condurro diede origine a una lunga tradizione di maestri pizzaioli nel cuore del centro di Napoli. Michele Condurro, figlio di Salvatore, perfezionò l’arte familiare imparando i segreti dai famosi maestri di Torre Annunziata, esperti nella lavorazione della pasta e della cottura della pizza. Michele aprì la prima pizzeria nel 1906, laddove sorge la nuova palazzina dell’ospedale Ascalesi, la cui costruzione costrinse Michele a cambiare sede. Nel 1930 infatti, la pizzeria fu spostata nell’attuale locale di Via Cesare Sersale, definito da molti esperti e giornalisti “il Tempio Sacro della Pizza”. Da allora, cinque generazioni di maestri pizzaioli continuano l’attività del fondatore nel rispetto della tradizione e tenendo fede alle indicazioni di Michele, che volle la pizza napoletana solo nelle varietà “Marinara” e “Margherita” senza aggiunta di “papocchie”, che ne alterano il gusto e la genuinità. Vengono usati solo ingredienti del territorio, dalla farina di grano tenero 00’ che si adatta bene per i prodotti lievitati, al pomodoro San Marzano, alla mozzarella fior di latte di Agerola, perché secondo Michele si fonde meglio sulla pizza, pur restando la mozzarella di Bufala un ottimo prodotto, ma che preferisce da freddo.

where the current Ascalesi Hospital is and whose construction forced the pizzeria to move. In 1930 the store was transferred to its present location, in Via Cesare Sersale. The historic pizzeria has often been described by experts and journalists as “the Sacred Temple of Pizza”. Since then, five generations of master pizza makers have kept on working as the founder, following the tradition and being faithful to Grandfather Michele’s instructions: “There are only two types of Neapolitan Pizza, the “Marinara” and the “Margherita” and no “junk” should be used in preparing the pizza, because it could only alter its world famous genuineness and taste”. The secret of da Michele’s never-ending success is: using natural ingredients and an old, traditional, time-tested method of leavening the pizza dough.


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pizza e pasta italiana

PIZZERIA ‘DA MICHELE’

qui sopra

Michele Condurro

La Margherita è stata creata per onorare la Regina Margherita e il Tricolore, mentre la Marinara perché un tempo i pescatori di Santa Lucia non buttavano via i pesciolini troppo piccoli che non potevano vendere ma li mettevano sopra alla pizza ed ecco da dove arriva la pizza con le acciughe ad esempio. Il forno è un forno a legna tradizionale che cuoce ad alte temperature, circa 400°C. Il segreto di questo intramontabile successo, sta nell’utilizzo di ingredienti naturali e l’impiego dell’antico e collaudato metodo di lievitazione della pasta La pizza napoletana, secondo Michele, deve presentare un bordo non troppo basso e non troppo alto, espressione del raggiungimento del corretto “punto pasta” ovvero del corretto sviluppo e maturazione dell’impasto, che nella pizzeria di proprietà viene fatto almeno la sera precedente per essere utilizzato il giorno seguente e viene lasciato maturare non in frigo ma in una camera a temperatura controllata. Essendo un’arte quella del pizzaiolo e come tutti gli antichi mestieri va tramandata e Michele Condurro ha pensato bene di tramandarla al figlio Antonio, che anche se opera in altri settori, sa fare la pizza alla napoletana e presta servizio la sera presso il ristorante.



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pizza e pasta italiana

GLI STRAORDINARI PRODOTTI AGROALIMENTARI DELLA CAMPANIA

H

anno avuto ragione coloro che hanno chiamato questa regione italiana Campania felix, perché è davvero una regione benedetta da Dio e chi visita questa regione capisce subito che il buon Dio la sua parte l’ha certo fatta, donandole una natura generosa di frutti, oltre alle tante bellezze paesistiche e a un mare d’incanto. Poi è intervenuto l’uomo, fin dalle epoche più lontane e, scoprendo la feracità del suolo, vi ha seminato e piantato una gran quantità d’ortaggi e piante dai prodotti favolosi, la vite, l’ulivo, l’albicocco, il ciliegio, il castagno, il noce, il melo, il pero, il fico, gli agrumi. L’elenco delle varietà degli alberi da frutto sarebbe molto lungo, così come l’elenco degli ortaggi di pregio coltivati attorno a Napoli e in tutta la Campania. Pensiamo, ad esempio, alle tante straordinarie varietà di pomodori: Campano, Corbarino, di Rofrano, Seccagno di Gesualdo, Cannellino flegreo, di Sorrento, Fiaschello di Battipaglia, Guardiolo, Pelato di Napoli. Basta gettare lo sguardo se queste ottime e ricercate varietà di pomodori per capire la ricchezza dell’agroalimentare prodotto in Campania. Tantissimi anche i formaggi, caprini, pecorini e vaccini, oltre a ricotte, mozzarelle e al Fiordilatte Appennino Meridionale.

Verrà il momento nel quale questa Rivista compirà un attento viaggio nelle regioni italiane, per mostrare la grande ricchezza, varietà e bontà dei prodotti agroalimentari, cui aggiungere anche il pesce dei nostri mari, delle lagune, dei laghi e dei fiumi e scopriremo che attingendo consapevolmente a questo straordinario patrimonio è possibile valorizzare ancor di più la cucina italiana, nel rispetto delle diverse identità, culture e tradizioni, migliorando ancor più la capacità di attirare turisti, visto il grande potere d’attrazione della cucina d’alta qualità che in Campania non manca proprio. Lo ribadiamo con forza: la Campania nell’agroalimentare non è seconda a nessun’altra regione italiana e se le sue mozzarelle di bufala sono rinomate e apprezzate anche all’estero non sono il solo prodotto caseario campano ad essere richiesto sempre di più, perché anche il Fiordilatte Appennino Meridionale, la cui storia produttiva inizia poco dopo l’arrivo dei coloni greci (attorno al 750 a.C.), è un gioiello caseario di assoluto primordine. Godiamoci dunque questi prodotti e mi piacerebbe che la curiosità dei nostri lettori li spingesse ad esplorare anche da soli nel patrimonio agroalimentare della Campania, sicuro che troverebbero delle specialità capaci di rendere ancora migliore la propria cucina e la propria pizzeria.


L’ idea: Nel 1992 Ferdinando Marana inventa il primo forno rotante

La ricerca: Marana realizza e brevetta sistemi per una tecnologia innovativa e in continua evoluzione

La crescita: In oltre 70 paesi nel Mondo, i forni Marana sono un instancabile aiuto pizzaiolo

L’ affermazione: I forni Marana sono i protagonisti delle più importanti manifestazioni dedicate alla pizza

marana

Nino Pannella

Campione Pizza Napoletana 2016 International Pizza Expo (Las Vegas)

Marana Napulè Il forno a legna e a gas certificato dall’ Associazione Verace Pizza Napoletana per cuocere la vera pizza napoletana

Ferdinando Marana Tel: +39.045.6704503 info@maranaforni.it www.maranaforni.it

2016

Attilio Albachiara

Campione mondiale Pizza Napoletana STG Campionato Mondiale della Pizza

HOTEL BOLZANO

STAND D22/34


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pizza e pasta italiana

DALL’AMERICA CENTRALE ALLA CAMPANIA

LE AFFASCINANTI STORIE DEI POMODORI FIASCONE, RE UMBERTO, SAN MARZANO E PIENNOLO DEL VESUVIO


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ABSTRACT

The tomato plant arrived in Italy from Central America in the latter years of the 1500s. There are many varieties of tomato in Italy with sub types within each. Italy cultivates most of them so lets put things in order. Naples and Campania are rightly associated with Italian tomatoes. They first were brought here by the Spanish and this is also the territory where the industrial preservation and transformation of the tomato began. One of the most popular varieties is ‘San Marzano’ (Pomodoro S.Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP), a long shaped tomato mostly grown in the zone of Salerno. They are considered best for creating a sauce. Our small guide to the tomato from the promotional authoridi Giampiero Rorato

ties of the Valle del Sarno suggests a visit to local restaurants and trattoria in the towns of Angri, Castel San Giorgio, Corbara, Nocera (inferiore & Superiore), Pagani, San Marzano sul Sarno, San Valentino Torio, Sant’Egidio del Monte Albino, Sarno, Scafati and Siano. You should be asking for ragù ‘pippei’ with tagliolini or a salad with pomodorino from Corbara. Consorzio di tutela del Pomodoro S. Mar-

M

adre Natura ha regalato alla Campania molti tesori che la bravura delle popolazioni locali ha saputo conservare con impegno e amore, perché ne godessero anche le presenti e future generazioni. La Costiera Amalfitana, poi, possiede un notevole patrimonio di biodiversità, come testimonia l’Associazione “Acarbio” che le sta recuperando, salvando e valorizzando. Fra queste biodiversità c’è il pomodoro Re Umberto, così denominato quando nel 1870 re Umberto di Savoia fece visita a Napoli per la prima volta. Si trattava del pomodoro più bello allora prodotto in Campania, conosciuto localmente con il nome di Fiascone e la sua importanza risiede anche nel fatto che è il padre del molto più celebre San Marzano, figlio di un incrocio fa il Fiascone e un altro pomodoro.

zano dell’Agro Sarnese-Nocerino Around Vesuvius you’ll find ‘Pomodorino Vesuviani’. Like San Marzano it is certified DOP so guaranteeing its location of cultivation and the rich lava soils of the volcano. It is quite small, sweet, very red and can be recognised by a tear drop shape at each end. They are picked during the summer in little bunches called ‘Piennolo’. View the above video to get a feel for the territory and cultivation.


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Il pomodoro

Il San Marzano Il pomodoro Sam Marzano DOP è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per le sue caratteristiche, che vengono esaltate dalla trasformazione in “pelato”. La presenza di una serie di fattori concomitanti quali: il clima mediterraneo e il suolo estremamente fertile e di ottima struttura, l’abilità e l’esperienza acquisita dagli agricoltori dell’area di produzione nel corso dei decenni, ha contribuito al suo successo nel mondo, coronato, nel 1996, dal riconoscimento della DOP da parte dell’Unione Europea. Le caratteristiche intrinseche che hanno esaltato il prodotto, favorendone così la sua conoscenza e il suo consumo son il: sapore tipicamente agrodolce, la forma allungata della bacca con depressioni longitudinali parallele, il colore rosso vivo, la scarsa presenza di semi e di fibre placentari, la buccia di facile pelabilità. Queste, insieme alle caratteristiche chimico-fisiche, lo rendono inconfondibile, sia allo stato fresco che trasformato. Il “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino” DOP si coltiva nell’Agro Sarnese-nocerino, in provincia di Salerno, nell’Acerrano-nolano e nell’area Pompeiana-stabiese, in provincia di Napoli e nel Montorese, in provincia di Avellino, per un totale di 41 comuni (alcuni solo parzialmente). E, come è ben noto, il San Marzano è compagno inscindibile della pizza napoletana e il suo sugo dà agli spaghetti un sapore straordinariamente buone tanto che la pasta ca’ pummarola in copp è irrinunciabile a quanti, italiani e stranieri, visitano Napoli e la Campania.



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Il pomodoro

Il Piennolo del Vesuvio Fra i più nobili e caratteristici prodotti dell’agroalimentare italiano, oltre che campano, c’è anche il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP”, uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura campana. La Campania è una terra vocata alla coltivazione del pomodoro e in diversi territori di questa regione esistono raggruppamenti di ecotipi con bacche di piccola pezzatura, i cosiddetti “pomodorini”, che si distinguono tra loro per tipicità, rusticità e qualità organolettica. I più famosi da sempre sono però quelli tuttora diffusi sulle pendici del Vesuvio e il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” raggruppa vecchie cultivar e biotipi locali accomunati da caratteristiche morfologiche e qualitative più o meno simili, la cui selezione è stata curata nei decenni dagli stessi agricoltori. Le denominazioni di tali ecotipi sono quelle popolari attribuite dagli stessi produttori locali, come “Fiaschella”, “Lampadina”, “Patanara”, “Principe Borghese”, tradizionalmente coltivati da secoli nello stesso territorio di origine.

Le caratteristiche distintive, a livello tecnico-mercantile, del prodotto ammesso a tutela sono: allo stato fresco: frutti di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare, buccia spessa di colore rosso vermiglio, pezzatura non superiore a 25 g, polpa di consistenza elevata e di colore rosso, sapore vivace intenso e dolce-acidulo; conservato al piennolo: colore della buccia rosso scuro, polpa di buona consistenza di colore rosso, sapore intenso e vivace. I “piennoli” o “schiocche” presentano un peso, a fine conservazione, variabile tra 1 e 5 chilogrammi. Come ci ha poi confermato il Presidente del Consorzio di Tutela giovanni Marino questo pomodoro è campano al cento per cento: “Il seme – ha affermato - è la nostra forza. Il seme è locale, selezionato nel corso degli ultimi due secoli dai contadini e oggetto di continua evoluzione e adattamento alle caratteristiche peculiari del territorio vesuviano (la coltivazione è in asciutto e i terreni sono prevalentemente sabbiosi). Le piantine o sono auto prodotte dagli agricoltori oppure da vivai specializzati di fiducia.” Ed ha aggiunto: “Oggi almeno il 50 % della produzione DOP è utilizzato per la produzione di conserve che consentono di commercializzare il prodotto senza limiti di frontiere, ma anche il prodotto “al piennolo” è oggi commercializzato (nel suo piccolo) in tutta Europa. E non solo ed è presente anche in Giappone USA Brasile Inghilterra Svezia Hong Kong per citare solo alcune destinazioni.”. Sia il San Marzano che il Piennolo del Vesuvio, pur diversamente conosciuti nel Nord Italia, godono entrambi di alto prestigio all’estero, mostrando come l’agroalimentare campano abbia tutti i titoli per imporsi nel mondo con prodotti di altissimo pregio, impensabili altrove.



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Due gioielli DOP dell’agroalimentare campano Entrambi prodotti di altissimo pregio, addirittura imitati (molto malamente) anche all’estero e proposti con analogo nome, il Fiordilatte Appennino Meridionale è prodotto in Campania fin dal V sec. prima di Cristo dai coloni Greci mentre la Mozzarella di Bufala Campana comincia ad essere prodotta circa 1500 anni dopo. E a sottolineare la loro alta qualità si sono meritati la qualifica della Denominazione di Origine Protetta. (DOP).

Mozzarella di Bufala Campana DOP

Molto più conosciuta del precedente, anche ben oltre i confini nazionali è la Mozzarella di Bufala Campana. I primi riferimenti sul termine mozzarella risalgono al XII secolo (monaci del monastero di San Lorenzo in Capua, vicino Caserta), mentre la presenza del bufalo in Italia risale all’anno mille se non a molto prima, quando sono arrivati i Longobardi in Campania, popolo che amava questi animali. I primi documenti storici fin qui reperiti testimoniano come i monaci del Monastero di San Lorenzo in Capua, erano soliti offrire un formaggio denominato mozza o provatura, accompagnato da un pezzo di pane, ai pellegrini che ogni anno, per antica tradizione, si recavano in processione sino alla loro chiesa.

&


Fiordilatte is a fresh pulled-

it particularly tasty. Today it

Mozzarella di Bufala Campa-

curd cheese, obtained from

is available in several shapes

na Protected Geographical

raw cow’s full milk of several

and weights, in order to satisfy

Status and PDO indicator. The

milkings over the course of a

the different distribution and

Consorzio per la Tutela del

maximum of 16 hours, since it

customer needs.

Formaggio di Bufala Campana

has to be delivered extremely

Buffalo mozzarella from Cam-

(“Consortium for the Protec-

fresh to undergo processing.

pania bears the “Mozzarella di

tion of the Buffalo Cheese of

It originates in the Southern

Bufala Campana” trademark.

Campania”) is an organization

Apennines. In the region

In 1993, it was granted Deno-

of approximately 200 produ-

Campania, the Agerola one is

minazione di origine control-

cers, that, under Italian law, is

particularly well-known, since

lata (DOC) status, in 1996 the

responsible for the “protection,

it is produced with a part of

trademark received registry

surveillance, promotion and

milk from the esteemed Age-

number 1107/96 and in 2008

marketing” of Mozzarella di

rola cow breed which makes

the European Union granted

Bufala Campana.

&

ABSTRACT

Fiordilatte Appennino Meridionale

Bisogna riandare indietro nel tempo, a circa 2500 anni fa. Le razze bovine allevate dai coloni greci, le caratteristiche dell’erba e le particolari condizioni ambientali hanno fin da allora favorito la produzione di un ottimo latte che il medico greco Galeno (II sec. d.C.) non esitò a definire “molto salutare”. Quest’antica e ininterrotta tradizione e una particolarissima attenzione al latte hanno spinto poi, a metà dell’Ottocento, il generale Paolo Avitabile a selezionare la razza bovina “Averolese”, per avere un latte ancora migliore col quale produrre il “Fior di latte”, che era ed è il tipico formaggio locale. Gli ottimi risultati allora raggiunti hanno spinto altri allevatori a guardare con interesse a quanto succedeva ad Agerola, dove questo formaggio è da tempo parte integrante del patrimonio lattiero-caseario della Campania.

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pizza e pasta italiana

Mozzarella di Bufala Campana DOP

Fiordilatte Appennino Meridionale

Due gioielli DOP dell’agroalimentare Campano Il termine mozzarella deriva dal verbo ‘mozzare’ che consiste nel taglio manuale della pasta filata operato con indice e pollice. - È l’unica mozzarella in commercio ad aver ottenuto il riconoscimento europeo della DOP. Il disciplinare di produzione – pubblicato sia in Gazzetta Ufficiale della Rep. Italiana, sia nella G.U. della Comunità Europea - prevede esclusivamente latte di bufala intero fresco, oltre al caglio e al sale. L’acidificazione del latte è ottenuta per aggiunta di siero-innesto naturale, derivante da precedenti lavorazioni. Occorrono circa 4 litri di latte di bufala per ottenere 1 kg di Mozzarella di Bufala Campana.

Pian piano la tradizione agerolana si è diffusa e attualmente la produzione del Fior di Latte Appennino Meridionale interessa oltre alla Campania (intero territorio), il Molise (Campobasso), la Basilicata (Potenza), la Calabria (Cosenza), la Puglia (Bari, Foggia e Taranto) e il Lazio (Frosinone e Latina). Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 26 Giugno 2001 è stato pubblicata “la modifica della richiesta di registrazione, ai sensi del Regolamento CEE n°2081/92 del Consiglio del 14 Luglio 1992, della denominazione di origine “Fior di latte” in “Fior di latte Appennino Meridionale” ed adeguamento della relativa proposta di disciplinare.


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Mozzarella di Bufala Campana DOP

Fiordilatte Appennino Meridionale

Due gioielli DOP dell’agroalimentare Campano Abbiamo sentito il Presidente del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana che ci ha ribadito che la Mozzarella prodotta dai caseifici consorziati, secondo quanto prescrive il disciplinare di produzione, è prodotta con il 100% di latte di bufala, intero fresco, proveniente dall’area DOP. Nella fase di acidificazione viene aggiunto il siero-innesto naturale, proveniente da precedenti lavorazioni, ricco di fermenti lattici autoctoni, corrispondente al lievito madre della panificazione. Il tutto, unito dall’esperienza del maestro casaro, conferisce al prodotto DOP delle caratteristiche organolettiche uniche e ben specifiche: Colore bianco porcellana, tipico del latte di bufala, rispetto al latte vaccino, tendente più al giallo paglierino Crosta sottile con superficie liscia, lucente Struttura interna elastica all’inizio, per poi diventare più morbida Al taglio fuoriuscita di sierosità biancastra dal profumo di fermenti lattici Sapore caratteristico e delicato La Mozzarella di Bufala Campana è il più importante marchio Dop del centro-sud Italia. Nel 2015 sono stati prodotti poco più di 41 milioni kg di Mozzarella di Bufala Campana (+8,5% sul 2014)., di cui il 31% esportato, principalmente in Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Svizzera, Spagna. La strada indicata da questi due grandi prodotti, se percorsa anche dagli altri prodotti agroalimentari campani – olio evo, agrumi, ortaggi, cereali storici, ecc. - è quella che può assicurare alla Campania un grande sviluppo economico con un deciso aumento dell’occupazione e un più diffuso benessere degli abitanti.

Il Fior di latte Appennino Meridionale, a volte erroneamente confuso con la mozzarella, è formaggio fresco a pasta filata, molle, a fermentazione lattica, ottenuto con latte intero vaccino (crudo) proveniente da una o più mungiture consecutive effettuate nell’arco di sedici ore. La forma del “Fior di Latte Appennino Meridionale” è variabile, tondeggiante anche con testina, nodino, treccia e parallelepipedo, a seconda dell’area di provenienza. Si presenta privo di crosta, di color bianco-latte con sfumature paglierine, con pelle di consistenza tenera e una superficie liscia, lucente e omogenea. La pasta è di color bianco latte a struttura fibrosa, a foglie sottili, di consistenza morbida e con leggera elasticità più accentuata all’origine, che rilascia al taglio e per leggera compressione, un liquido lattiginoso, omogeneo, esente da chiazze o striature. Il sapore è caratteristico, fresco, di latte delicatamente acidulo. In Campania la forma più diffusa è quella parallelepipeda, leggermente tondeggiante, di colore bianco meno gessoso rispetto alla mozzarella di bufala, nei confronti della quale presenta anche un sapore meno forte (meno acidulo) e una maggiore compattezza della pasta. Il peso è variabile, con un massimo di circa 500 grammi. La lavorazione è quella comunemente utilizzata per la mozzarella vaccina, dalla quale si discosta per forma e consistenza della pasta. Resta comunque vero che il Fiordilatte Appennino Meridionale è uno dei veri gioielli dell’agroalimentare campano e meridionale.


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pizza e pasta italiana

pizza e vini di Virgilio Pronzati

S

enza esagerazioni si può affermare che la pizza è sinonimo di Napoli. La città in cui è nata. Se i piatti sono l’espressione di un Paese, la pizza lo è dell’Italia. Un po’ come la paella per la Spagna, il baccalà per il Portogallo e così via. Dopo un periodo di confusione, da qualche lustro la pizza ha un suo disciplinare di produzione, e non solo per quella STG (Specialità Tipica Garantita). Professionali pizzaioli ne hanno redatto la ricetta e le sue caratteristiche di base. Partendo dalle “storiche” marinara e margherita, se ne sono via via, aggiunte molte altre. In certo casi c’è stata una vera e propria proliferazione.

Come per i piatti di semplice o raffinata matrice, anche la pizza va abbinata ai giusti vini. O meglio, secondo gli ingredienti che la caratterizza, c’è la necessità e il piacere di abbinarvi i vini che, non sempre sono bianchi, ma spesso rosati e per alcune addirittura rossi. Importante è abbinare alla pizza i vini prodotti se possibile, nello stesso territorio comunale, o tuttalpiù della stessa provincia o della Campania. Un’ulteriore motivo per valorizzare altri prodotti tipici e l’intero territorio. E parlando di Campania Felix, certamente i buoni vini non mancano.


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pizza e pasta italiana

Pizza e vini

L’abbinamento della pizza con i vini, segue lo stesso criterio adottato per tutti i piatti cosiddetti salati, cioè per contrapposizione, riequilibrando cosi lievi o decise percezioni e disarmonie del piatto, esaltandone pregi e qualità. Dalle pizze cosiddette “madri”, ne sono nate moltissime altre, di cui una parte discutibile, secondo l’estro e la capacità dei pizzaioli che, come i cuochi, sperimentano intelligentemente nuove versioni, tenendo sempre conto della qualità degli ingredienti di base, la compatibilità tra essi, la loro resistenza alle alte temperature o aggiungerli prima di servirla, e non ultimo, mantenere la salute a tavola del cliente.

Quelle caratterizzate dalla polpa di pomodoro che conferisce percezioni dolce o acido, a seconda del grado di maturazione, vogliono vini rosati secchi, serviti a 12-13°C in calici col bordo svasato e con stelo alto.

Eccone una breve panoramica e un suggerimento sui vini da abbinarci. napoletana (Passata di pomodoro, origano, olio extravergine d’oliva italiano e sale). Se la passata di pomodoro non è condizionante, si abbina a vini bianchi, freschi e sapidi e fruttati come il Vesuvio Doc Bianco servito a 10-12°C in calici con stelo alto. Se decisa, vini rosati giovani e freschi, come il Vesuvio Doc Rosato servito a 11-13°C in calici leggermente svasati e con stelo alto. La temperatura può variare di due gradi secondo la temperatura della pizza servita. Regola da applicare anche ai vini che seguono. marinara (Passata di pomodoro, filetti di alici sotto sale, olio extravergine di oliva possibilmente DOP Cilento, origano essiccato, sale marino, capperi sotto sale). Un classico che si sposa al meglio con vini bianchi giovani e freschi, sapidi e di carattere come l’Ischia Doc Bianco, servito a 10-12°C in calici con stelo alto. margherita (Passata di pomodoro, mozzarella Dop o campana, basilico, olio extravergine d’oliva, possibilmente DOP Cilento e sale). Per questa pizza vale il discorso fatte per la Napoletana, ma con vini più immediati come il Penisola Sorrentina Doc Bianco, servito a 10-12°C in calici con stelo alto, o un rosato leggero e sapido come il Sant’Agata dei Goti, servito a 11-13°C in calici leggermente svasati e con stelo alto.


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pizza e pasta italiana

Pizza e vini

quattro stagioni: (Passata di pomodoro, cozze, funghi freschi, prosciutto cotto, mozzarella, olio extravergine d’oliva italiano, sale e pepe). Vini bianchi e rosati giovani ma di buona ed equilibrata struttura come i Solopaca Doc, serviti alle rispettive modalità. capricciosa: (Passata di pomodoro, mozzarella Dop o campana, carciofini e funghetti sott’olio, prosciutto cotto, olive nere, olio extravergine d’oliva italiano, sale e pepe bianco). Lo stesso come sopra, ma cambiando i vini: Cilento Doc Bianco e Rosato, serviti come i precedenti.

delivery or dining at a fancy pizzeria, there are a multitude of wines that will match your meal. How do you make pizza—a nearperfect food—even better? By drinking the right wine with it. If you think of wine as a sauce for your food, you’ll want to make sure it’s a sauce that works with the dish: complementing the earthy flavors of mushrooms and sausage, or contrasting the richness of the cheese, standing up to the bright acidity of tomato sauce and countering the spice of pepperoni. It is important to match the pizza wines produced if possible, in the same municipality, or at most the same province. A further reason to promote more local products and the entire territory. And speaking of Campania Felix, there must be good wines for sure! The combination of pizza with wines, follows the same criteria for all so-called savory dishes, that is, by contrast, balancing so mild or decided perceptions and inharmonies of the dish, highlighting strengths and qualities.

ABSTRACT

Whether you’re eating midweek

ai frutti di mare: (Filetti di pomodoro, frutti di mare, aglio, olio extravergine d’oliva italiano e sale). Gli umori salsi dei frutti di mare e delle acciughe sono esaltati da vini bianchi giovani e freschi, delicatamente fruttati e appena morbidi, come il Falerno del Massico Doc servito a 10-12°C in calici medi con stelo alto. all’acciuga: (mozzarella, filetti d’acciuga sott’olio, basilico, olio extravergine d’oliva italiano, sale e pepe). Appetitosa e decisa, vuole un giovane bianco pieno ma già buon equilibrio come il Taburno Greco Doc, servito a 10-12°C in calici con stelo alto. ai funghi: (porcini freschi, aglio, prezzemolo, olio d’oliva italiano, sale e pepe). Per meglio esprimere gli aromi di sottobosco dei funghi, sono ideali vini bianchi secchi ma varietali e profumati e di buona freschezza come il Guardia Sanframondi Doc Bianco serviti a 10-12°C in calici con stelo alto. con salsicce e salumi: (salsicce di maiale, coppa, soppressata, polpa di pomodoro, sale e pepe). L’effervescenza, sapidità e lieve vena tannica dei vini rossi leggeri, togliendo la paciosa nota grassa e la lieve percezione dolce, ripristinano gli aromi e sapori dei salumi. Non solo. Essendo leggermente tannici si possono servire abbastanza freschi. Vino consigliato: Castel San Lorenzo Doc Rosso servito a 14-15°C in calice con stelo medio. ai formaggi: (fontina, caciocavallo, asiago, caciotta d’Urbino, aglio, olio d’oliva, sale e pepe). Com’è noto, i grassi sono vettori di saporosità: per questo i formaggi piacciono. Diffidate dei formaggi light. Per abbinare al meglio questa ricca pizza, ci vogliono vini rossi leggermente affinati, di medio corpo e armonici come il Sannio Doc Rosso servito a 15-16°C in calici con stelo medio.


MADE IN ITALY p. 89

Dal°1939°costruttori°di°forni°a°legna

Modello Amalfi

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Completamente coibentato e rivestito in acciaio inox e rame. Costruito in 5 misure diverse.

Forno o grezzo da inserire in stru struttura personalizzare muraria e da personalizzare. diverse Costruito in 6 misure diverse.

Modello Italia

Forno dalla linea innovativa. La cupola personalizzabile presenta elementi e cappa in rame lavorati a mano.

Modello Universal

Già coibentato e rivestito in acciaio inox, con possibilità di frontale in rame. Adatto anche per fiere, feste, etc. Costruito in 5 misure diverse.

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pizza e pasta italiana

di

Patrizio Carrer

il forno a legna The fire-wood oven is the most traditional and most used method for cooking pizzas. The oven may be made by craftsmen in the exact place required or bought from a specialist. The difference between the two being, that a craftsman must be very good at his trade, unfortunately this is not always the case. The business that produces only wood ovens is specialised in that field, and have highly qualified staff that carry out heat tests all of the oven parts and also laboratory tests on cement mixtures and other materials that make for a perfect oven. The ideal oven is one which maintains the temperature, is well isolated, consumes little wood and has a good chimney expiatory

ABSTRACT

PER LA VERA PIZZA NAPOLETANA

L

o strumento indispensabile per cuocere la pizza napoletana è il forno a legna, da sempre sinonimo di una cottura tradizionale e che evoca antichi modi di preparare le pietanze, in auge fino al secolo scorso. Dall’invenzione dell’agricoltura nel neolitico e con la coltivazione e la macinazione dei cereali, le prime rudimentali camere di cottura furono a tutti gli effetti i primissimi forni di cui si ha traccia, ottenuti anche scavando buche nella terra. Nel corso dei millenni le tecniche di lavorazione si sono evolute e i forni sono diventati sempre più elaborati, tuttavia il principio alla base del funzionamento del forno è lo stesso, cioè cuocere il cibo attraverso il calore emesso da una combustione. Quando si utilizza un forno a legna è importante tener conto di diversi fattori: La coibentazione del forno La gestione della temperatura della camera del forno L’emissione della fonte di calore Il combustibile da utilizzare La maggior parte dei forni a legna in Italia sono costruiti con miscele di cemento refrattario, mentre quelli costruiti in mattoni sono in netta minoranza, per ragioni di carattere commerciale e logistico.


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pizza e pasta italiana

Il forno a legna

Le caratteristiche fondamentali di un buon forno a legna sono la capacità di mantenere a lungo la temperatura, essere ben coibentato, consumare poca legna e avere un’ottima funzionalità della canna fumaria. Partendo dall’installazione, i forni prefabbricati vengono installati in una sola giornata di lavoro, dopodiché si passa all’accensione del forno che deve essere effettuato in modo graduale, le temperature troppo alte rischierebbero di danneggiare il materiale refrattario, causando crepe e rigonfiamenti, dovuti all’eccessiva evaporazione dell’umidità presente all’interno della camera. Questa fase è molto importante e deve essere condotta con cura e ripetuta più volte per qualche giorno. Una volta temprato il forno sarà pronto per l’utilizzo e prima di ogni servizio sarà sufficiente accenderlo un’ora prima di cominciare a infornare le pizze. La temperatura ottimale di un forno si aggira intorno ai 350 – 400 gradi centigradi, e qualora non ci fossero strumenti di misurazione della temperatura, comunque oggi molto diffusi, è sufficiente osservare l’interno della cupola. Se il cemento refrattario all’interno diventa chiaro, vuol dire che la temperatura è ideale per la cottura.

Il principale combustibile del forno a legna è l’aria,

per cui il tiraggio della canna fumaria deve essere sempre perfetto, sia per garantire un corretto funzionamento del forno, sia per evitare emanazioni di fumi all’interno del locale. Inoltre la diffusione del calore all’interno del forno a legna arriva principalmente dalla volta interna del forno, attraverso l’irraggiamento – cioè la propagazione del calore dall’alto, cosa questa conosciuta alcune migliaia di anni fa anche dagli antichi Egizi, che sono stati i veri inventori del forno moderno.


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pizza e pasta italiana

Il forno a legna

Legna o tronchetti?

La legna è da sempre utilizzata nella cottura in forno, dalla vite all’olivo, dal faggio ai nuovi tronchetti termo pressati, il principio è sempre lo stesso: garantire una temperatura stabile in grado di poter permettere una cottura ottimale della pizza. La capacità di garantire un calore costante non è però prerogativa di tutti i tipi di legna, per esempio la legna ricavata dal pino non si presta per questo tipo di cottura, brucia infatti troppo velocemente e i residui di resina a lungo andare possono danneggiare la canna fumaria. Pollice verso anche per le rimanenze industriali o peggio ancora dei componenti d’arredo, questi sono trattati con vernici che in fase di combustione possono risultare tossici. Attenzione inoltre anche alla provenienza della legna e alla sua lavorazione, in fase di essicazione infatti è opportuno che questa venga lasciata ad asciugare naturalmente (di solito per un periodo di 12–18 mesi), spesso però le esigenze di mercato implicano tempi più veloci, per cui molto spesso si ricorre all’utilizzo di prodotti chimici per velocizzarne il processo di asciugatura. La tranquillità e la stabilità, fondamentali quando si parla di pizza, sono alla portata di tutti i pizzaioli grazie ai tronchetti. Il mercato offre un’ampia scelta di prezzi e prodotti, in grado di rispondere alle esigenze di ogni cliente. Il valore aggiunto dato dai tronchetti termo pressati sono prima di tutto la resa calorica, la facilità di utilizzo e l’assenza di sostanze chimiche che a lungo andare possono danneggiare il forno. La valutazione quindi va effettuata sul medio/lungo periodo, tenendo conto del fatto che un’adeguata manutenzione e una scelta accurata del materiale da combustione, possono migliorare la qualità del lavoro in pizzeria, garantire una resa costante e mantenere in ottimo stato il proprio forno a legna.



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pizza e pasta italiana

Pizza e —

dott. Francesco Esposito Ph.D – Dipartimento di Agraria Università degli Studi di Napoli Federico II


p. 97 Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs, also polyaromatic hydrocarbons) are hydrocarbons—organic compounds containing only carbon and hydrogen—that are composed of multiple aromatic rings (organic

idrocarburi: —

rings in which the electrons are delocalized). Formally, the class is further defined as lacking further branching substituents on these ring structures. Polynuclear aromatic hydrocarbons (PNAs) are a subset of PAHs that

una visione scientifica

have fused aromatic rings, that is, rings that share one or more sides. The simplest such chemicals are naphthalene, having two

L

a sicurezza alimentare costituisce un aspetto fondamentale per la salvaguardia della salute del consumatore. Negli ultimi tempi si è spesso parlato di Idrocarburi Policiclici Aromatici, soprattutto a proposito di pizza cotta nel forno a legna. Gli idrocarburi policiclici aromatici (di seguito indicati con l’acronimo “IPA”), rappresentano una grande classe di composti organici costituiti da due o più anelli aromatici fusi insieme, che in genere si trovano in miscele complesse, che possono consistere di centinaia di composti (Figura 1). Tali molecole si formano principalmente in seguito a combustione incompleta di materia organica e durante vari processi industriali; la loro presenza nell’ambiente può essere dovuta a gas di scarico dei veicoli a motore, attività vulcanica e combustioni di diversa natura. Negli alimenti non sottoposti a trasformazione, la presenza degli IPA è essenzialmente dovuta a contaminazione ambientale, mentre per quanto riguarda gli alimenti trasformati, sorgenti comuni di tali composti sono i trattamenti termici, in particolare la cottura alla griglia, al forno, la frittura, l’affumicatura e in genere tutti i tipi di cottura

aromatic rings, and the three-

che prevedono combustioni con sviluppo di fumo. Gli IPA sono composti che possono avere effetti dannosi per la salute umana e alcuni di essi, sono addirittura considerati cancerogeni per l’uomo e sulla base di questo motivo, in passato, alcune trasmissioni televisive hanno sollevato dubbi sulla salubrità di alcune tecniche di cottura, tra cui quella che fa uso del forno a legna come nel caso della pizza. Diciamo subito che cuocere troppo un alimento o esporlo a lungo a fumi prodotti da combustioni effettuate in maniera inadeguata, favorisce la formazione di IPA all’interno dell’alimento stesso. C’è da dire però che, affinché un contaminante chimico rappresenti un rischio per la salute del consumatore, l’esposizione deve avvenire continuativamente ed oltre certi livelli. Stime di esposizione devono essere effettuate su base giornaliera o settimanale, valutando tutti gli alimenti consumati da un individuo e non soltanto quelli cotti. Solo sulla base di tali dati si è in grado di effettuare una adeguata stima del rischio e allo stato attuale non esiste alcuno studio in grado di dimostrare che la cottura nel forno a legna della pizza comporti un’esposizione pericolosa dei consumatori agli IPA.

ring compounds anthracene and phenanthrene. Human exposure varies across the globe and depends on factors such as smoking rates, fuel types in cooking, and pollution controls on power plants, industrial processes, and vehicles. Developed countries with stricter air and water pollution controls, cleaner sources of cooking (i.e., gas and electricity vs. coal or biofuels), and prohibitions of public smoking tend to have lower levels of PAH exposure, while developing and undeveloped countries tend to have higher levels. wood-burning open-air cook stove. Smoke from solid fuels like wood is a large source of PAHs globally, but it’s always the dose that makes the poison. Burning solid fuels such as coal and biofuels in the home for cooking and heating is a dominant global source of PAH emissions

Struttura del Benzo[a]pirene, uno tra i più comuni idrocarburi policiclici aromatici.

ABSTRACT

sotto

that in developing countries leads to high levels of exposure to indoor particulate air pollution containing PAHs, particularly for women and children who spend more time in the home or cooking.


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La pizza è il risultato del

pizza e pasta italiana

lavoro di tanti “artigiani”

Pizza e idrocarburi

che ogni giorno mettono in gioco la loro esperienza per portare sulle nostre tavole un prodotto unico e la messa in atto delle norme di corretta prassi

La cottura a legna quindi, se effettuata in maniera corretta, oltre a non rappresentare un rischio per il consumatore, è in grado di conferire alla pizza le tipiche e apprezzate caratteristiche sensoriali. Molto spesso gli stessi addetti ai lavori si interrogano su quali siano gli aspetti da tenere in considerazione affinché la cottura a legna sia effettuata in maniera corretta. Il primo fattore, che appare certamente scontato, riguarda il rispetto dei tempi di cottura. Di norma una pizza cuoce entro 60-90 secondi e il superamento di tale limite, oltre che portare ad un prodotto non gradito per il consumatore, aumenta la possibilità di formazione di IPA. Naturalmente un forno a legna deve essere progettato in maniera corretta in modo da consentire un corretto tiraggio per l’allontanamento dei fumi e un adeguato isolamento termico, affinché la temperatura di cottura rimanga costante per tutto il processo. Un altro fattore fondamentale, purtroppo molto spesso trascurato da alcuni addetti ai lavori poco attenti, riguarda la pulizia della platea del forno, dove durante un ciclo operativo spesso si accumulano residui di ceneri, farine ed altri ingredienti che finiscono per carbonizzarsi, stazionando nel forno più del consentito, con conseguente aumento del contenuto di IPA. Tali residui possono aderire alla parte inferiore della pizza in cottura e finire inevitabilmente nel piatto del cliente. Per ovviare a questo inconveniente è opportuno evitare lo spargimento di farina sulla pala prima di infornarla e assicurare una rimozione frequente dei residui anche a forno acceso.

Infine, un aspetto da non trascurare assolutamente riguarda senza dubbio la scelta della legna. Bisogna prediligere legna priva di resine, al fine di non alterare il profilo sensoriale della pizza stessa. Una valida soluzione potrebbe essere rappresentata dalla legna di faggio, quercia o frassino. La legna, inoltre, deve avere il giusto grado di stagionatura con una bassa percentuale di umidità per consentire un potere calorifico costante ed adeguato. Deve, inoltre, essere totalmente priva di sostanze non naturali (solventi, vernici o adesivi). Oggi è possibile acquistare legna già confezionata con relativo numero di lotto, consentendo così una corretta tracciabilità, provvista di certificazione che ne attesti la conformità e la totale assenza di sostanze pericolose.

NOTE Dr. Francesco Esposito, Ph.D.: Dottore di ricerca in Scienze delle Produzioni Agro-alimentari, attualmente “postdoc” presso il Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II. Tra i suoi ambiti di ricerca figurano l’igiene ambientale e igiene degli alimenti, in particolar modo la ricerca e il dosaggio in matrici alimentari di contaminanti chimici tra cui distruttori endocrini, idrocarburi policiclici aromatici e micotossine e relativo studio dell’esposizione della popolazione a tali composti.

igienica la rendono un’inimitabile opera d’arte tipicamente italiana e che tutto il mondo ci invidia.


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p. 100 sett. 2016 pizza e pasta italiana

CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI DELLA PIZZA NAPOLETANA


p.101 In an attempt to encourage a correct nutrition, the “MediABSTRACT

terranean diet” was introdu-

dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista

ced, which is an example of a well balanced diet in all its components. Pizza is a classic example of the Mediterranean diet. The main ingredients are flour, cheese, tomatoes, oil, as well as

L

a sua storia è lunga, complessa ed incerta. Il termine “pizza” sembra comparire per la prima volta nel XVI secolo a Napoli per descrivere un particolare tipo di pane con aspetto tipicamente schiacciato. Trattandosi di un alimento molto semplice e venduto in strada, per lungo tempo non fu considerato come una vera e propria ricetta di cucina. Nonostante il pomodoro fosse stato importato in Europa nello stesso secolo, bisogna aspettare il tardo 1700 per vederlo utilizzare come condimento di questo particolare tipo di pane schiacciato, trasformandolo nella nota pizza rossa. Col passare degli anni, la pizza divenne una specialità locale rappresentando una vera e propria attrazione turistica. Proprio per la sua popolarità, nel 1889, un cuoco, scelse questo alimento per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia, apportando un’ulteriore modifica alla ricetta. Egli infatti creò la “Pizza Margherita”, condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana, aggiungendo per primo il formaggio a pasta filata. La “Margherita” divenne presto il piatto preferito della Regina trasformando quello che era nato come piatto dei poveri in un piatto regale e in quello che noi tutti conosciamo oggi come Pizza Napoletana. Se la pizza napoletana, dalla pasta morbida e sottile con i bordi alti (detti “cornicione”), è considerata e conosciuta, su scala mondiale, come la pizza italiana per eccellenza, nel nostro Paese diventa motivo di confronto, di gusto, di scelta commerciale e di diatribe regionali. Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente, riconosciuta come STG (Specialità tradizionale garantita) dall’ Unione Europea e, nel 2011, la pizza napoletana è stata presentata dall’Italia come candidata al riconoscimento UNESCO come Patrimonio immateriale dell’umanità. Queste sue caratteristiche, ingessate in un ferreo Disciplinare, ne fanno, come detto, motivi di discussioni e scontri tra addetti ai lavori.

a variety of other minor ingredients depending upon taste and fancy. Flour contains 74.1% carbohydrates, 1.11% protein and 0.7% lipids. It is important to note that carbohydrates consist mainly of starch.

Tutto si potrebbe risolvere con una costante evoluzione del prodotto in corrispondenza dei tempi e delle esigenze odierne. La tipicità dell’impasto “napoletano”, fa si che la pizza, come da Disciplinare si debba chiudere a “portafoglio”. Nei primi anni del ‘900, la pizza veniva consumata per strada, quindi piegata a portafoglio o “libretto”, e consumata in pochi minuti. Ora questa tipicità viene prodotta da pochissimi e considerato, come si dice adesso, uno street food. La pizza Napoletana, ora, viene consumata al piatto, in locali sempre più accoglienti, dove passano molti minuti prima che la stessa venga consumata. Il rischio, quindi, è di ritrovarsi a degustare un prodotto che diventa, con il passare dei minuti, sempre più “gommoso”. Tutto questo si potrebbe evitate aggiornando le tecniche di impasto; oltre al classico impasto diretto, infatti, vi è quello indiretto, il poolish, la biga etc., bisogna studiare le caratteristiche delle farine, valutare attentamente le temperature, e tante altre tecniche di produzione del prodotto “Pizza”, che solo con studio e continuo aggiornamento dei vari attori in campo può portare, come dicevo, ad avere un prodotto classico, come la Pizza Napoletana, proiettato nel presente e quindi nel futuro, soddisfacendo le esigenze della clientela, sempre più preparata ed attenta sia alla digeribilità dell’impasto che alla qualità dei prodotti usati come condimenti.

Dal punto di vista nutrizionale, la pizza napoletana, come le altre pizze prodotte nelle varie regioni italiane, è da considerarsi un piatto unico, poiché, come definizione vuole, contiene tutti i macronutrienti che dovrebbero essere assunti ad ogni pasto secondo una dieta equilibrata: carboidrati, proteine, grassi, oltre alle fibre. La pasta, a base di farina di frumento (oggi anche di altri cereali come per esempio Farro ecc.), fornisce i carboidrati complessi fonte di energia a lento rilascio per il nostro organismo. La mozzarella è un formaggio fresco, fonte di proteine e di calcio, minerale importante per il metabolismo osseo. L’olio extravergine di oliva contiene i grassi monoinsaturi e polinsaturi essenziali e la vitamina E, consigliati nella dieta mediterranea. Il pomodoro fornisce fibre, vitamine (soprattutto vitamina C) ed antiossidanti (licopene) in grado di ridurre i danni causati dai radicali liberi. Il basilico è ricco in vitamina A ed altri antiossidanti importanti, per la salute del nostro organismo come la vitamina C. Inoltre, anche la pizza napoletana conosce innumerevoli varianti, vi si possono aggiungere affettati (fonte di ferro) o pesci come il tonno o le acciughe (ricchi in omega 3) ed è indubbiamente un’ottima occasione per consumare più verdure (ricche di fibra, vitamine e sali minerali).


p. 102 sett. 2016 pizza e pasta italiana

Caratteristiche nutrizionali della Pizza Napoletana

Naturalmente, la pizza, come tutti gli altri alimenti, non andrebbe assunta tutti i giorni o addirittura a tutti i pasti. Una pizza di grandezza normale apporta mediamente 700 calorie (Kcal) dovute alla tanta farina necessaria, all’olio d’oliva e alla mozzarella, che per quanto sembri un formaggio leggero, nelle quantità solitamente usate per condire una pizza (attorno ai 100 g) apporta in realtà circa 300 Kcal. Se si vuole insaporire e dare carattere a una pizza è sempre bene ricordare che è una preparazione già molto ricca di sale e che quindi andrebbe decorata alternando pochi e ben selezionati ingredienti. Meglio insomma evitare farciture decisamente ricche come salame piccante, würstel, patatine fritte, uova, maionese ed altre salse. È consigliabile, quindi, consumare la pizza una volta alla settimana, come piatto unico, preferendo condimenti molto semplici (ad esempio, condite con capperi, funghi non sott’olio, verdure grigliate o rucola).Queste indicazioni andrebbero rispettate soprattutto per chi desidera tenere sotto controllo il proprio peso. Occorre fare attenzione che la pizza non presenti parti bruciate ai bordi o sul fondo, le parti bruciate è bene evitarle perché possono nuocere alla salute. È possibile anche scegliere pizze con farine integrali, varianti che ultimamente sono sempre più presenti in pizzeria, ricche di fibra (che abbassa l’indice glicemico), vitamine e sali minerali come il ferro, sostanze che vanno in parte perse con la raffinazione. La pizza napoletana entra di diritto tra i piatti facenti parte della Dieta Mediterranea. C

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Caratteristiche nutrizionali della Pizza Napoletana

Il modello della dieta mediterranea è un modello che ormai da oltre mezzo secolo scienziati di tutto il mondo hanno “dimostrato”, dati alla mano, costituire il “gold standard” da seguire per una corretta alimentazione e per una migliore qualità della vita. Ma perché la dieta mediterranea fa bene? Perché è basata su alimenti semplici, prevalentemente di origine vegetale, con una distribuzione ottimale di macronutrienti (carboidrati, grassi, proteine) e di micronutrienti (vitamine e sali minerali). Perché è sostanzialmente “povera”, sotto il profilo dell’apporto calorico. Perché grazie alla preziosa fibra alimentare (ne bastano appena 30 grammi al giorno per prevenire il cancro dell’intestino) e alle sostanze antiossidanti (che aiutano a combattere i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento e di numerose malattie tipiche dei paesi occidentali) aiuta a mantenerci in forma ed a prevenire numerose patologie tipiche del nostro tempo quali arteriosclerosi, infarto ed ipertensione. La pizza può considerarsi una presenza coerente e per certi versi esemplificativa fra i piatti della dieta mediterranea, oltre ad essere forse il più universalmente conosciuto. La “bontà” di una pizza dipende, come accennato in precedenza, da numerosi fattori: la qualità delle materie prime, le modalità di lievitazione dell’impasto, il tipo di guarnizione e le modalità di cottura. Tutti questi elementi, nel loro

complesso, concorrono a determinare la palatabilità, ovvero la gradevolezza al gusto, la digeribilità e le proprietà nutrizionali della pizza stessa. Le materie prime, delle quali va garantita al consumatore la tracciabilità, cioè il percorso da esse seguito dal sito di produzione fino al banco del pizzaiolo, costituiscono indubbiamente gli elementi maggiormente in grado di condizionare la qualità nutrizionale della pizza napoletana. Inoltre, il tipo di grano dal quale la farina è ricavata, le tecniche di lavorazione e le modalità di conservazione e stoccaggio prima dell’uso sono fattori in grado di condizionare pesantemente la qualità di una pizza. Solo una buona farina potrà fornirà buoni carboidrati e buone proteine. Il lievito deve essere naturale ed in perfetto stato di conservazione; esso, infatti, è costituito da microrganismi “vivi” che devono essere nelle migliori condizioni prima di poter operare sull’impasto. L’acqua non deve essere troppo dura e né possedere un pH molto lontano dalla neutralità. Il sale dovrebbe essere quello marino, naturalmente ricco in ioduri, sostanze che hanno la proprietà di regolare il buon funzionamento della tiroide, una ghiandola indispensabile per il nostro metabolismo. A parità di materie prime, una pizza sarà tanto più buona quanto più l’impasto sarà fatto “a regola”. Così, farina, acqua, lievito e sale, per garantire un impasto di pregevoli qualità nutrizionali, dovranno

essere mescolati tra loro in adeguate proporzioni, lavorati con tecnica opportuna e lasciati in condizioni tali da favorire una lievitazione ottimale. Da una corretta lievitazione dipenderanno l’equilibrato apporto dei nutrienti e la digeribilità, elementi fondamentali della qualità nutrizionale della pizza. La lievitazione, infatti, è un processo biochimico nel corso del quale i carboidrati complessi della farina del grano sono demoliti, ad opera dei microrganismi del lievito, in zuccheri progressivamente più semplici, con sviluppo di gas e di piccole quantità di acidi. Una buona lievitazione deve garantire, dunque, lo sviluppo di una quantità di zuccheri semplici tale da consentire una soddisfacente digeribilità e, contemporaneamente, una quantità di zuccheri complessi tale da garantire un sufficiente senso di sazietà, che non “affatichi” il pancreas nella produzione dell’insulina. Le materie prime della guarnizione servono ad arricchire la qualità nutrizionale della pizza, aggiungendo alla base, costituita prevalentemente da carboidrati, quantità adeguate di grassi, proteine e micronutrienti. La cottura con forno a legna (a temperatura molto elevata) completerà una serie di processi biochimici iniziati con la lievitazione trasforma, cioè, le sostanze chimiche complesse (amido) in sostanze più semplici (destrine). La formazione delle destrine rende l’alimento più digeribile.



p. 106 sett. dic. 2013 2016 pizza e pasta italiana

Caratteristiche nutrizionali della Pizza Napoletana

le proprietà nutrizionali ed organolettiche della pizza. A titolo esemplificativo esaminiamo uno per uno gli ingredienti che entrano nella composizione della pizza margherita. Cereali: carboidrati complessi dati dalla farina, di più lento assorbimento di carboidrati semplici come gli zuccheri, saziano e forniscono energia costante senza incidere sull’aumento del tasso di glucosio. Pertanto neutralizzano la fame, limitano la richiesta di altro cibo e permettono, anche, un eventuale dimagrimento. Olio extravergine di oliva: il grasso più nobile e sano, mediterraneo per eccellenza. Ricco di polifenoli e tocoferoli sostanze ad attività antiossidante che hanno la proprietà di contrastare i temibili radicali liberi. Previene l’invecchiamento. Ricco di vitamine A, D, E, K. Agisce sull’ HDL (frazione del colesterolo che favorisce la pulizia delle arterie). Preserva l’organismo dalle malattie cardiocircolatorie. Previene l’insorgenza dell’arterosclerosi (W3 e W6). Mozzarella o il fiordilatte, ed eventualmente il parmigiano e/o il pecorino, aggiungono modiche quantità di proteine animali (di “alto valore biologico”). E’ ricca di lisina (amminoacido limitante nella farina). E’ ricca di calcio, di fosforo, vit. A e vit. B2. Dona maggiore palatabilità grazie alla presenza dei grassi. Il pomodoro arricchisce il patrimonio nutrizionale completando la quota di fibre, e, soprattutto, apportando il licopene (un altro prezioso antiossidante) che aumenta la sua efficacia se associato ai grassi (della mozzarella e dell’olio) ed i sali minerali (potassio, magnesio, zinco e selenio). Il sale marino, integrale, non raffinato, ha un alto contenuto di iodio naturale e ioduri, che hanno la proprietà di regolare il buon funzionamento della tiroide, importante per il nostro metabolismo e di tantissime microparticelle vitali con un alto valore biologico: magnesio, zolfo, calcio, potassio, bromo, carbonio, zinco, fosforo.

Esaminiamo, anche, alcune proprietà degli odori che sono gli irrinunciabili compagni della pizza: il basilico dal caratteristico odore e sapore ben noto a chi ama la pizza, ha proprietà antidispeptiche e antisettiche. È inoltre un antinfiammatorio e favorisce la digestione. Le proprietà benefiche dell’aglio sono note e scientificamente riconosciute: è un antisettico intestinale, un cardiotonico e ha proprietà diuretiche e antisclerotiche. E infine l’origano: è un espettorante combatte, quindi, tossi, bronchiti e tracheiti, stimola l’appetito e agisce da antidolorifico per torcicolli e reumatismi. A titolo puramente indicativo si può dire che 100 grammi edibili di una generica Pizza Napoletana Margherita sviluppano circa 200 kcal e apportano circa 30 grammi di carboidrati, circa 6 grammi di grassi e circa 8 grammi di proteine. Sulla base di questi dati una pizza del genere potrebbe sostituire, dal punto di vista delle calorie totali, un pasto completo e, pur essendo sbilanciata in difetto per la quota proteica, sarebbe in grado di apportare una quota di amidi più che adeguata ai fabbisogni nutrizionali e, addirittura, una quantità di grassi (9 %) di gran lunga inferiore rispetto alla soglia (30%), da non superare, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per prevenire l’obesità. Il valore energetico di una Pizza Margherita Classica Napoletana, quindi, è di circa 850 kcal.

La pizza, in ogni modo, preparata con gli opportuni accorgimenti ed associata ad un regime dietetico equilibrato, in grado di rispondere ai fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e minerali, può costituire un’ottima alternativa ad un pasto completo. Inoltre, modificandone adeguatamente il tipo e/o la quantità delle materie prime, essa può costituire un ottimo “carburante” per chi pratica attività sportiva e può contribuire persino a ridurre la massa grassa e, quindi, a dimagrire in maniera “intelligente”. Una pizza, quindi, può tranquillamente far parte di una dieta dimagrante, ma è utile imparare a gestire le varie occasioni sociali. Ovviamente non si dovrà mangiare pizza tutti i giorni (ma in generale qualsiasi altro tipo di dieta monotona è da evitare). Se una volta a settimana, quindi, capita una pizza, magari in compagnia con gli amici, scegliere preferibilmente una pizza semplice da accompagnare con insalata mista o altra verdura cruda o bollita da condire con un cucchiaino di olio; bere acqua o una piccola quantità di vino o birra o una bevanda light. Se si desidera si potrà sostituire la verdura con una porzione di frutta fresca o una macedonia. Una pizza semplice, dunque, è accettabile, assai più dei pasti a base di soli hamburger, panini ecc.

Pizza Napoletana Margherita

distribuzione dei macronutrienti

25%

fabbisogno 2000 kcal

carboidrati

9%

lipidi

7%

proteine

kcal 850 porzione da 100 gr Circa 200 kcal



p. 108 sett. 2016 pizza e pasta italiana

Il Turismo

Alla ricerca del bello in Campania

di Laura Nascimben

I

n questo mese compiamo un breve viaggio in una delle più belle e interessanti regioni italiane, la Campania, dove è nata la pizza moderna che è l’argomento speciale di questo numero della rivista e iniziamo naturalmente da Napoli, città antica, vivace e affascinante, tutta da vedere e da godere, pur con i suoi problemi che ci augu-

riamo possano essere quanto prima risolti. Non ci soffermiamo sulla sua cucina, di terra e soprattutto di mare, e sulle sue tante pizzerie (delle quali scriviamo a parte), perché, a dir il vero, più che scriverne bisognerebbe goderle entrandovi e gustando i piatti e le pizze lì preparate, sorbendo alla fine un caffè, uno dei migliori del mondo.

Questa è una regione che regala straordinarie bellezze e che merita visitare iniziando da Napoli, l’antica Partenope fondata dai coloni greci



p. 110 sett. 2016 pizza e pasta italiana

Il Turismo

a fianco

Il Golfo di Napoli

Le cittadine della costa

Napoli è città conosciutissima, già capitale d’un regno che ha lasciato segni indelebili, ricca di palazzi maestosi, stupenda eredità di un’antica nobiltà che con i re Borboni ha accumulato enormi ricchezze, trasformando le abitazioni in autentici musei ricchi d’arte e di cose preziose. Chi arriva a Napoli ha tutto per sognare, un mare incantevole, il grande Vesuvio, i Quartieri Spagnoli, la Cattedrale di S. Maria Assunta che si erge maestosa nel cuore della città grecoroana, con le sue tante cappelle gentilizie, le opere d’arte fra cui quelle di Luca Giordano e la Cripta e la Cappella del tesoro di San Gennaro Fra le molte altre bellezze di Napoli non si possono dimenticare nella Cappella Sansevera, in via De Sanctis, la bellissima statua del Cristo Velato, opera di Giuseppe Sanmartino, uno dei monumenti marmorei più ammirati dagli amanti dell’arte e dal turismo internazionale. A Napoli ci si deve fermare più giorni, perché ogni luogo, da Spaccanapoli a San Gregorio Armeno, dal Lungomare alla Certosa di San Martino, dal Museo di Capodimonte alla Napoli sotterranea, ogni luogo e ogni cosa affascinano il visitatore attento, desideroso di conoscere davvero l’anima di questa antica capitale.

Fra i tanti luoghi significativi della Campania, tutti interessanti e ricchi di cose belle, merita compiere una visita ad alcune cittadine poste sul mare (le elenco in ordine alfabetico): Agropoli col suo medioevale centro storico cinto da mura; Amalfi, l’antica repubblica marinara, al centro dell’omonima bellissima “costiera”; Capaccio, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, con la frazione di Pestum, uno dei maggiori parchi archeologici del mondo; Centola, con la ben nota frazione di Palinuro, rinomata località balneare nel parco del Cilento e del Vallo di Diano; Pollica, dove è nata la “cucina mediterranea” codificata e lanciata dal fisiologo statunitense Ancel Keys (1904-2004); la fascinosa Positano, amata dal ricchissimo jet set internazionale che la invade nei mesi caldi; la romantica Sorrento, posta a sud del Golfo di Napoli, luogo di partenza per salire a Sant’Agata sui Due Golfi dove apre le porte uno dei più interessanti e validi ristoranti italiani, amato dai buongustai di tutto il mondo, il Don Alfonso 1890 ed ancora Vietri sul Mare, prima perla della Costa Amalfitana, che è una delle riviere più belle del mondo. E quanti altri luoghi affascinanti ci sono in Campania, meritevoli di una visita? Difficile poterli enumerare tutti, ma alcune indicazioni ci sentiamo di doverle dare. Innanzi tutto la Reggia di Caserta, enorme costruzione in stile barocco, la residenza reale più grande al mondo, voluta dai Borbone di Napoli e abitata anche da Gioacchino Murat quando Napoleone lo nominò re di Napoli. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è circondata da uno splendido parco pubblico e l’insieme è molto visitato e ammirato, uno dei preziosi gioielli architettonici non solo della Campania, ma dell’intera umanità. Di grande interesse è una visita, che per molti risulterà una scoperta, alla città di Capua, con alle spalle quasi tremila anni di storia. Fondata dagli Etruschi, divenne importante centro di potere sul territorio d’attorno con i Longobardi e poi con i Normanni. Fra i monumenti più interessanti ci sono il Castello delle Pietre, il Duomo, Porta Napoli, Palazzo Fieramosca. Molto rinomato poi è a Capua il Carnevale con la sfilata dei carri allegorici che richiama gente anche da molto lontano.


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p. 112 sett. 2016 Campania is one of the regions

pizza e pasta italiana

of Southern Italy and stretches

Il Turismo

along the Tyrrhenian Sea, from the mouth of the Garigliano River to the Gulf of Policastro. The waters here boast the islands in the Gulf of Naples, Capri and Ischia - true natural masterpieces. This region is made even more charming by the flourishing Mediterranean vegetation that alternates with its small, charming towns that narrate the history and traditions of Campania and make any stay here unforgettable. And how can we forget the natural endowments that dominate this region: Vesuvius, gloomy and mysterious, loved

Pompei

for its beauty and feared for its power. Then, Naples, famous around the world for the intensity storia, percorrere le stesse strade dove camminavano gli abitanti duemila anni or sono, entrare nelle loro case, ammirare gli antichi affreschi, vedere dove confezionavano e cuocevano il pane, dove sostavano gli uomini per un calice di buon vino, dove trascorrevano le ore di libertà, dove assistevano agli spettacoli. A Pompei dovrebbero essere portati tutti gli studenti delle scuole italiane e in poche ore entrerebbero direttamente, senza bisogno di discorsi e mediazioni, nella storia e sarebbe per tutti un’esperienza che resterà impressa nella vita. Uscendo dal parco archeologico si entra nella città moderna, il cui punto di riferimento più noto è il Santuario della Madonna del Rosario, conosciuto anche questo in tutto il mondo, luogo di fede e di preghiera, ma anche di speranza in un mondo migliore, che, specie in questi tempi, è nei desideri e nel cuore di gran parte dell’umanità.

and passion of its music, but not only, mingles high-brow culture with the popular, the sacred with the profane, and the joyful with the melancholic. Sorrento, a town that spreads over a terrace of tufo, seems to tumble into the sea. Music and entertainment, sun and sea, history and culture. Visiting places like Paestum; Pompeii, Herculaneum, and Torre Annunziata; the Chartreuse of Padula; and the Royal Palace ABSTRACT

Ci vuole tempo per conoscere davvero la Campania, le sue città, i suoi borghi antichi, le sue tradizioni, gustarne la straordinaria cucina e gli ottimi vini di antichissima origine greca. Ci vuole tempo che non abbiamo e non ci resta che concludere questo veloce viaggio fermandoci a Pompei, la città romana distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che la sommerse sotto una coltre di cenere e lapilli, sterminando quanti in quei giorni si trovavano in città. Pompei è l’area archeologica più ampia, più ricca e più famosa del mondo, felicemente rilanciata in questi ultimissimi tempi grazie anche a sapienti restauri che hanno riaperto aree fino a poco fa chiuse al pubblico o in passato malamente r4estaurate. Quest’area archeologica mostra al visitatore com’era una città romana, con le sue strade, le botteghe, le case signorili, le terme, i luoghi di piacere. Visitare Pompei significa tuffarsi nella

of Caserta will all take you back in time and far away from the quotidian! The provinces of Campania are: Naples (the regional capital), Caserta, Benevento, Avellino and Salerno.


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