Pizza e Pasta Italiana

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pizza e pasta italiana

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Avanzini Bruciatori

p. 53

Barea

p. 51

Birra Peroni

p. 21

Cad

p. 57

Caseificio Sabelli

p. 45

Ceky Forni

p. 41

Centro Internazionale Della Pizza p. 10 Dr. Zanolli

p. 29

Etc Group Srl

p. 37

Eurochef

p. 17, 78

Familia

p. 43

Fiera Di Bolzano - Hotel E'

p. 98

Fiera Di Milano - Host

p. 34

Fiera Di Padova - Tecno & Food

p. 88

Fiera Di Parigi - Sial Saloni Francesi p. 46 Fiera Di Rimini - Sigep

p. 52

Fiera Di Roma - Roma Da Gustare

p. 70

Kuma Forni

p. 25

Lidia

p. 10

Lilly Codroipo

p. 75

Margot

p. 11

Matteo Basta Forni

p. 65

Millberg

p. 39

Molino Agugiaro E Figna Molino Bigolin Molino Dalla Giovanna

p. 89, 95 p. 3 p. 33, 87

Molino Pasini

p. 13

Molino Pivetti

p. 23

Molino Polselli

p. 78, 99

Novaltec

p. 63

Oem

p. 83

Pansystem Vr

p. 10

Pavesi Luciano

p. 76

Greci Specialità Alimentari

p. 100

Refrattari Pavesi Modena

p. 79

Rispo

p. 67

Sanfelici Franco

p. 27

Sitta

p. 77

Stilcasa

p. 2

Techfood

p. 7, 9

Ventidue

p. 73

SOMMARIO 6 EDITORIALE 8 BACHECA

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10 AZIENDE IN VETRINA

LE CUCINE DEGLI ALTRI

di Giampiero Rorato a cura di Patrizio Carrer

12 PIZZA NEWS

a cura di Patrizio Carrer

14 — Verso l'Expo di Milano di Giampiero Rorato

— Il Nepal a tavola - Il gusto dell'Himalaya

18 IL RISTORANTE DEL MESE

— Casa Brusada

di Caterina Vianello

35 OSSERVATORIO HOST di Patrizio Carrer

38 LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

a Crocetta del Montello

— Tre piatti rinascimentali ferraresi che esaltano il pane e la straordinaria “Suppa di pizzoni o pollastri"

di Giampiero Rorato

di Giampiero Rorato


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42 IL DOLCE — Anche i pizzaioli fanno i dolci in casa di Giovanna Allegra

62 LA BIRRA

47 qualità è d'obbligo Dott.ssa Alessia Pagotto

54 LE ACQUE

— L'acqua minerale: cominciamo a conoscerla Di Laura Nascinben

56 L'ANGOLO DEL VINO — Friuli Colli Orientali Doc Merlot 2011 — Campania Fiano IGP Oi Nì 2011 — Barolo Docg Sorano 2009 di Virgilio Pronzati

— Polselli — Eurochef

CAMPIONATO MONDIALE DELLA PIZZA 2014

80 – Pizza STG, il risultato inaspettato: UN AUSTRALIANO SUL PODIO

LE FARINE

— Da chicco a farina - La

78 NOVITÀ DALLE AZIENDE

82 – Pizza in Pala, per il terzo

— Quando la birra diventa scura Di Laura Nascinben

anno consecutivo Massimo Bruni e sulla vetta del Mondo della pizza Di Manuela Pelosin

84 GIROPIZZA D'EUROPA — Undici anni al centro d’Europa

87 NOVITÀ DALLE AZIENDE — Molino Dallagiovanna

64 IL BAR — Il Genepì - Il liquore della tradizione alpina di Gianandrea Rorato

68 QUESTIONE DI GUSTO – Vacanze in Italia di Nives Piva

72 LA SCIENZA DELL'ALIMENTAZIONE

— Impariamo a conservare Dott.ssa Marisa Cammarano biologa Nutrizionista

90 –98 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI — Tutti i corsi per neo pizzaioli in Italia e all’estero


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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

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ur tra difficoltà e ostacoli, molte cose si stanno finalmente muovendo nel nostro Paese e in Europa. Le recenti elezioni europee hanno dato una benefica scossa al Vecchio Continente che si sta rendendo conto che la strada da percorrere non è solo quella della burocrazia e della finanza – che fin qui hanno avuto la netta prevalenza - ma quella di un vero e concreto servizio ai cittadini, con grande attenzione alle nuove tecnologie operative. Sentiamo tutti che un vento nuovo sta soffiando su questa vecchia Europa, un vento partito dall’Italia, che sta mettendo in crisi le convinzioni di chi fin qui ha governato l’Europa. Ora ci auguriamo che gli eletti al Parlamento di Strasburgo – e, con essi, la nuova Commissione Europea - siano coscienti che il vecchio modo di intendere e governare l’Europa, privilegiando i freddi bilanci economici a scapito dei bisogni e delle richieste della gente va

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXV - n.9 Settembre 2014 Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Manuela Pelosin PUBBLICITÀ Manuela Pelosin, Patrizio Carrer, Caterina Orlandi, RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

messo in archivio. Il futuro è già cominciato: gli europei non vogliono più essere spettatori inascoltati e i problemi della gente occorre affrontarli con cultura e professionalità adeguate. L’Europa, se saprà pensare in grande e unire in modo sinergico le proprie forze (uniformando le proprie politiche e impossessandosi meglio delle tecnologie digitali), può diventare la più grande potenza economica del mondo e l’Italia, ancor più di Spagna e Grecia, il vero paradiso del turismo internazionale. Un potenziamento e una capillare diffusione delle reti digitali si tradurrà in più posti di lavoro e in un maggior benessere generale, con sicuro miglioramento delle strutture e delle attività turistiche, con conseguente aumento dei flussi dall’estero, anche per un necessario rilancio della ristorazione attualmente ancora in crisi. Questa rivista, che si sente europeista ed è, dalla sua fondazione, di respiro internazionale, sa da tempo che il futuro, anche nel settore turistico-alberghiero-ristorativo passa per le tecnologie digitali e nella loro piena utilizzazione, per cui sollecitiamo quanti ne hanno facoltà ad impegnarsi perché l’Italia non resti, in questo settore, un fanalino di coda.

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Progetto Grafico Manuel Rigo e Paola Dus — Mediagraf lab Digital Publishing Maura Trolese — Mediagraf lab In copertina illustrazione di Pierluigi Longo Stampa MEDIAGRAF spa Noventa (Pd) Comitato tecnico e redazionale Giovanna Allegra, Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Elsa Emanuela Cugola, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Gianluca Rorato, Federica Zanata, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli Affiliazioni internazionali Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.) Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone)

di Giampiero Rorato

Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Valeria Vairo (Buongiorno Italia). ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia – TEL 0421.83148 - FAX 0421.81007

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pizza e pasta italiana

Dalla pizza al gelato,

LA NOSTRA BACHECA

il meglio del Made in Italy a settembre

Pomodoro, l’oro rosso del Belpaese a cura di Patrizio Carrer

hotel 2014, 4 giorni dedicati al mondo dell’ospitalita’ e della ristorazione Hotel, fiera internazionale dedicata a hotellerie e ristorazione, scalda i motori e si prepara a riaprire i battenti della 38° edizione, in programma dal 20 al 23 ottobre a Fiera Bolzano. La manifestazione è divisa in sei aree tematiche (cucina e tavola, interni e decorazioni, costruire e rinnovare, wellness, management e comunicazione, gastronomia) e saranno varie anche le iniziative collaterali, tra cui giornate a tema, workshop, forum e convegni dedicati agli operatori professionali. Nella passata edizione Hotel ha raggiunto risultati record: 20.300 visitatori, il migliore risultato di sempre, e 608 aziende espositrici.

Tante sono le eccellenze alimentari italiane riconosciute a livello mondiale e tra queste il pomodoro, segna un incremento positivo nelle previsioni della raccolta 2014. Secondo il World Processing Tomato Council, super ente che monitora la produzione globale del pomodoro, le previsioni di raccolta del 2014, parlano di un incremento del 15% rispetto al 2013 per l’Italia; un giro d’affari che vale 2,5 miliardi di euro e che si spinge a 3 considerando le fasi di trasformazione di passate, polpe e sughi. Un comparto chiave quello del pomodoro come sottolinea Paolo De Castro, Presidente della Commissione Agricoltura UE: “Quella del pomodoro trasformato è certamente una delle filiere più rappresentative e strategiche del sistema agroalimentare italiano. […] La difesa e la valorizzazione di questo primato passano però inevitabilmente dalle scelte e dalle decisioni di politica agroalimentare. In tale ambito, la maggiore attenzione dedicata, rispetto al passato, ai prodotti ortofrutticoli trasformati all’interno della riforma della Pac, dimostra l’impegno portato avanti in Europa negli ultimi anni”. A fare il punto della situazione, l’edizione 2014 di Cibus Tec Food Pack (28 – 31 ottobre) che proprio al pomodoro e alla sua trasformazione dedicherà un appuntamento tematico.

SIAL,

il giro del mondo del salone francese dedicato all’alimentazione Sial Paris, vetrina mondiale dedicata al food e all’alimentazione, quest’anno festeggia la 50esima edizione, con un giro del mondo delle tendenze di domani. Il World Tour by Sial sarà un focus su 28 paesi e sul loro commercio alimentare, dalla grande distribuzione, al retail, passando per la globalizzazione del commercio e il fenomeno amazon fresh. 28 giornalisti provenienti da tutto il mondo offriranno il proprio punto di vista, aprendo una finestra su paesi come USA, Australia, Canada, Brasile, Russia e molti altri ancora. – World Tour Sial, dal 19 al 23 ottobre.

Due eventi in contemporanea che rappresentano le due eccellenze alimentari italiane più conosciute nel mondo, si svolgeranno praticamente in contemporanea a settembre. La finale del Gelato World Tour a Rimini, dal 5 al 7 settembre, e il Napoli Pizza Village dal 2 al 7 dello stesso mese. La kermesse che si terrà al parco Fellini della cittadina romagnola, coinvolgerà i più importanti maestri gelatai provenienti da tutto il mondo, alla ricerca del miglior gusto. A patrocinare la manifestazione, Sigep – Rimini Fiera, che a gennaio 2015 metterà in vetrina le eccellenze del settore il consueto salone internazionale dedicato alla gelateria e alla panificazione. A Napoli invece entra nel vivo il Pizza Village, che trasformerà il lungomare partenopeo nella più grande pizzeria a cielo aperto del mondo. 45 attività di ristorazione coinvolte, 46 pizze al minuto e un’affluenza di 500mila persone: evento nell’evento l’edizione 2014 del Trofeo Caputo – Campionato Mondiale del Pizzaiuolo – che anche quest’anno arricchirà la kermesse partenopea con gare di cucina e di abilità.


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pizza e pasta italiana

a cura di Patrizio Carrer

pizza

NEWS Domenico Raimondo alla presidenza del Consorzio Mozzarella di Bufala. Il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop ha confermato all'unanimità Domenico Raimondo alla presidenza e Antonio Lucisano quale direttore della struttura consortile con sede a San Nicola La Strada (Caserta). Consiglio di Amministrazione del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop ha inoltre riconfermato come Vicepresidente, in qualità di rappresentante dei trasformatori, Vito Rubino ed elegge, sempre come Vicepresidente in qualità di rappresentante degli allevatori, Letizia Gallipoli. Infine, il Presidente e il Consiglio in toto, hanno richiesto all'unanimità ad Antonio Lucisano di rimanere in carica come Direttore, ottenendone il consenso. "Si sono venute a creare le giuste premesse - ha detto Lucisano - per continuare a operare insieme per il bene del Consorzio e di un prodotto che rimane una delle grandi eccellenze del Made in Italy". Sarà quindi questa la compagine che guiderà il più importante Consorzio del Centro-Sud per il prossimo triennio.

Teatro e molino La Compagnia di Arti & Mestieri in collaborazione con Molino Moras ha organizzato, a giugno e fine agosto, degli spettacoli teatrali per tutto il Friuli Venezia Giulia, “Una sera d’estate tra grano, macine e farina” e “Molino Moras, farine naturali da oltre cent’anni”. Attraverso la rappresentazione di avvincenti e rilevanti figure femminili hanno provato a fare un viaggio nel tempo per ripercorrere la lunga storia dei mulini, dai monasteri d’epoca longobarda ai giorni nostri. L’obiettivo dell’evento è stato quello di raccogliere fondi attraverso un’offerta libera, per il Dottorato di ricerca in Medicina che l’azienda di Trivignano Udinese sostiene in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine. Per gli eventi il Molino ha aperto le sue porte per condividere e riscoprire l’arte del mugnaio e il valore della farina e stare insieme come facevano i contadini d’un tempo in occasione della mietitura.

Emergente pizzaiolo Iniziato a novembre 2013 dal nord il premio dedicato ai giovani chef e pizza chef emergenti d’Italia, ha proseguito nel giugno scorso a Roma con emergenti del sud e del centro. In questi incontri sono stati assegnati i “Premio Pizzachef Emergente” di nord, centro e sud, che si sfideranno alla finalissima per decretare il miglior pizzaiolo d’Italia sotto i 35 anni. In questa competizione, al fianco di Witaly ed in aiuto ai giovani pizzaioli gourmet, i contributi fondamentali di Agugiaro&Figna con il brand Le 5 Stagioni e Valoriani, con i propri forni per pizza professionali riconosciuti dall’Associazione Verace Pizza Napoletana.

PizzaGiovane, Varvello rilancia una nuova linea di farine ricca di fibre. Un impasto per pizza con un cuore rivoluzionario composto da Integralbianco, un’innovativa farina bianca ricca di fibra solubile che punta al benessere delle persone. Farine Varvello ha arricchito la ricetta brevettata di PizzaGiovane con un nuovo ingrediente rivoluzionario: Integralbianco, un’innovativa farina bianca ricca di fibra solubile biodisponibile, che permette di ottenere una pizza altamente digeribile. Ideata nel 2008, PizzaGiovane è una miscela di farine per pizza realizzata con ingredienti ricchi di antiossidanti. Integralbianco è ottenuta grazie a un processo naturale brevettato che scompone la fibra solubile da quella insolubile contenuta nella crusca, attraverso un trattamento di catalisi enzimatica, e la rende maggiormente biodisponibile in una quantità superiore del 20% rispetto a quella disponibile in un alimento realizzato con farina integrale. È, inoltre, privata della parte legnosa che provoca fastidi nella masticazione e problemi intestinali ed è responsabile del suo caratteristico sapore amaro poco attraente per il cliente.


Nessuna come lei

Sai, la gente forse è troppo insoddisfatta. Si perde in congetture, in paure. Crede non esistano più farine che sappiano davvero di farine. Ma poi accade: si accorge di Lei. Sente quel profumo e sente quella materia. Sente che è Lei e che è diversa dalle altre. “Non cambierai e sempre sarai sincera”, i più grandi maestri pizzaioli ne sono certi.

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pizza e pasta italiana

VERSO L’EXPO

DI MILANO Da questo mese Pizza e Pasta Italiana accompagnerà i lettori a conoscere questo grande evento che chiamerà in Italia milioni di persone da tutto il mondo

di Giampiero Rorato


speciale expo 2015

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un tempo nel quale c’è ancora una incomprensibile e assurda differenza fra gli abitanti dell’emisfero settentrionale, che da molti anni ormai hanno sconfitto la fame e, in molti casi, gettano nelle immondizie parte del loro cibo, e un grandissimo numero di abitanti dell’emisfero meridionale, ancora vittime della fame e della malnutrizione, c’è una domanda che richiede una risposta non più rinviabile: è possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile? Per rispondere a questa domanda i popoli del mondo

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si incontreranno a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, nel corso di sei intensi mesi di grandi eventi, di importanti incontri, di meditati approfondimenti, impegnati a rispondere in modo serio a una delle domande più urgenti del nostro tempo con concrete proposte in grado di indicare dei percorsi capaci di debellare in tempi ragionevoli la fame nel mondo, offrendo a tutti gli uomini una alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile. All’evento, voluto e organizzato dall’Italia, parteciperanno, in grandi spazi appositamente realizzati, circa 150 Paesi d’ogni continente.

illustrazioni

Pierluigi Longo


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SPECIALE EXPO 2015

NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIE PER LA VITA Questo è il tema lanciato dall’Italia al mondo intero. L’Expo Milano 2015 è un’Esposizione Universale con caratteristiche assolutamente inedite e innovative, mai prima sperimentate. Non si tratta solo di una pur interessantissima rassegna espositiva, ma anche di un grande evento internazionale che chiama il mondo intero a partecipare, capace di coinvolgere in modo attivo e responsabile numerosi soggetti attorno a un tema decisivo: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Dal 1 maggio al 31 ottobre 2015, ci saranno dunque negli spazi dell’EXPO ben 184 giorni di eventi in un sito espositivo sviluppato su una superficie di un milione di metri quadri per ospitare gli oltre 20 milioni di visitatori previsti. Sarà davvero, come affermano il Governo italiano, la Regione Lombardia, il Comune di Milano e i numerosi Enti nazionale e internazionali coinvolti, un’esperienza unica per partecipanti e visitatori. Qualcosa per cui conviene mettersi in viaggio anche dai Paesi più lontani dall’Italia, perché ad Expo Milano 2015 si traccerà la storia del futuro. E a Milano in quei 184 giorni, ci sarà il mondo intero per conoscere, sperimentare, sognare, stupirsi, ma soprattutto per decidere le linee guida di una politica capace di dare forma a un futuro sviluppo mondiale, che passa obbligatoriamente attraverso la disponibilità di cibo sano e buono per tutti.

L’Alimentazione

L’alimentazione non è soltanto il primo diritto di ogni persona, la condizione indispensabile per conservare la vita. È anche il fondamento di un sano sviluppo fisico e mentale, quindi garanzia di salute e di longevità. Lo straordinario miglioramento della qualità della vita avvenuto nel corso delle ultimissime generazioni è sicuramente da attribuire a un’alimentazione migliore, più funzionale ai reali bisogni del corpo umano, piuttosto che a una medicina più efficace. Avere abbastanza da mangiare è dunque anche la premessa di ogni tipo di emancipazione individuale e di sviluppo economico. E cibo sano, buono e sufficiente dovrebbe essere disponibile soprattutto per i bambini, che in troppe parti del mondo continuano a morire in tenerissima età a causa della fame e di cibo malsano che causa numerose malattie. Mangiare, lo sabbiamo bene, è anche uno dei grandi piaceri della vita, accessibile a tutti e di cui tutti hanno diritto; un piacere che dovrebbe essere goduto da tutti gli uomini e le donne che abitano nel pianeta ed è risaputo che la tradizione alimentare è uno specchio della nostra vita che si evolve con i tempi e ci dice chi siamo e a quale comunità apparteniamo. Per tutte queste ragioni, il cibo è davvero “energia per la vita”. Ma “assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile”, come chiede la domanda di Expo 2015, è una sfida gigantesca. Non solo per i numeri in gioco, ma perché le sue tante dimensioni – scientifiche, tecnologiche, ambientali, economiche, politiche, sociali, culturali – sono tutte fra loro collegate. Questi temi affascinanti e complessi saranno l’oggetto di Expo Milano 2015 e questa Rivista si avvicinerà al grande evento presentando nei prossimi mesi alcuni degli argomenti che vi saranno affrontati, aiutando i nostri lettori a comprendere l’importanza di Expo che porterà in Italia, e non solo a Milano, una ventina di milioni di persone da tutto il mondo, ad accogliere le quali dobbiamo essere preparati in ogni angolo della penisola.


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pizza e pasta italiana

“ CASA BRUSADA� a Crocetta del Montello

di Giampiero Rorato


il ristorante del mese

1918 il Montello, la lunga ruga boscosa alle spalle di Treviso occupata dall’esercito italiano, fu bersagliata dalle granate nemiche venendo quasi completamente devastato. Come se non bastasse, nel secondo conflitto mondiale – 1940-45 – ancora il Montello fu oggetto di devastazioni nemiche e una solida abitazione di Crocetta del Montello, che sorgeva all’incrocio della strada per Feltre con la dorsale del Montello, che era l’antico Bosco della Serenissima, fu bruciata dai soldati nemici. Il 25 aprile del 1945 la guerra si concluse con la liberazione dell’Italia dalle truppe hitleriane e dalla dittatura fascista e da allora, quasi 70 anni fa, l’Italia ha conosciuto il più lungo periodo di pace della sua storia plurimillenaria, grazie anche alla lungimiranza di alcuni statisti del tempo – Alcide De Gasperi, Conrad Adenauer, Robert Schumann - che diedero sapientemente avvio all’unificazione dell’Europa.

MARCO PINCIN,

uno chef-patron di grande talento

L’

Italia non ha dimenticato che un secolo fa è iniziata in Europa una grande guerra che ha sconvolto anche il nostro Paese. Era il 28 luglio 1914 quando l’Impero Austro-Ungarico dichiarò guerra al piccolo Regno di Serbia in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto esattamente un mese prima a Sarajevo. Passarono alcuni mesi e il 24 maggio 1915 anche l’Italia, spinta da bellicosi guerrafondai, entrò inopinatamente in guerra, pur sapendo il re, Vittorio Emanuele III e il Governo del tempo, presieduto da Antonio Salandra, che quella guerra avrebbe richiesto un numero incalcolabile di vittime

(9 milioni i caduti in guerra e 7 milioni le vittime civili), pur essendo del tutto inutile, poiché il regno d’Italia poteva ottenere Trento e Trieste, cioè il Trentino, l’Alto Adige e la Venezia Giulia, che l’Austria, pur di evitare la guerra con l’Italia, avrebbe gratuitamente ceduto tramite il Papato. Nell’ultimo anno del conflitto, il 24 ottobre 1917, l’esercito italiano subì una bruciante sconfitta a Caporetto e fu costretto a ritirarsi sulla linea del Montello e del Piave dove sferrò alla fine dell’ottobre successivo l’ultimo attacco (più che ai nemici, al Piave in piena), trovando l’esercito nemico in fuga e la strada completamente libera verso Vittorio Veneto. Tra il novembre del 1917 e l’ottobre del

qui accanto

Marco Pincin chef patron del ristorante Casa Brusada nella pagina di sinistra

Scorcio della sala ristorante sotto

Nezha Bassiti

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pizza e pasta italiana

IL RISTORANTE DEL MESE

la CASA

BRUSADA Terminata la guerra e iniziata l’opera di ricostruzione, i proprietari di quel rudere bruciato ai piedi del Montello si rimboccarono le maniche e riedificarono l’abitazione, ricavandone al piano terra un’osteria, cui aggiunsero per i passanti la possibilità di mangiare. E, da allora, è stato un continuo crescendo grazie alla serietà e professionalità dei titolari - in particolare la signora Nives Comazzetto, imprenditrice e cuoca eccellente e molto stimata - che in quella loro attività hanno profuso tutte le loro energie. Intanto cresceva il giovane figlio dei titolari, Marco, il quale, sostenuto dalla competenza e dall’entusiasmo della madre e dal lavoro indispensabile del padre, ha ristrutturato e ammodernato il ristorante di famiglia portandolo ad alti livelli qualitativi. Marco Pincin ha impostato la sua cucina sulla stagionalità, radicandola nelle tradizioni del territorio, frequentando nel contempo dei corsi e grandi cuochi per essere sempre aggiornato sui prodotti, sulle tecniche operative, sulle corrette elaborazioni e presentazioni dei piatti, tanto che oggi il Ristorante Casa Brusada a Crocetta del Montello è uno

dei più rinomati e frequentati della Marca Trevigiana. Marco ama soprattutto la carne, ma ha sempre a disposizione alcune serie e interessanti proposte marinare, molto gradite dai suoi numerosi clienti. Fra i piatti che ho assaggiato in diverse visite, cito con piacere la “Terrina di coniglio con erbette spontanee e tartufo nero, mostarda di fichi e creme brulé”, la “Tartare e carpaccio di Sorana, burro alla senape e mostarda di agrumi”, i “Cannelloni croccanti con erbette primaverili e formaggio di malga”, i “Tagliolini con seppioline al nero e crema di piselli”, le “Pappardelle al ragù della casa e funghi Barboni”, il “Carrè d’agnello in crosta di erbette con carciofi e tortino di patate”, la “Guancia di vitello Casa Brusada”, il “Trancio di salmone in crosta di mais con giardiniera di verdure”, il “Tortino di cioccolato con gelato alla crema”, la “Panna cotta al thè verde con sformatino al cioccolato e pan di spezie”, “Il nostro Tiramisù”. Non mancano le carni alla griglia, scelte con cura fra gli allevamenti montelliani e italiani. La Carta dei Vini, poi, è ricchissima, con un panorama che spazia su tutta Italia con intelligenti proposte estere.

lo CHEF-

PATRON Marco è un abile e talentuoso cuoco-manager, provvede personalmente agli acquisti, esige una materia prima di assoluta qualità, degli oli extravergini di ottimi frantoi italiani e collauda con pignoleria tutti i suoi piatti prima di metterli in Carta. Con lui collabora una bella e capace brigata di cucina, giovani preparati e volenterosi e diverse Scuole Alberghiere si affidano a lui per gli stages, sapendo la sua serietà e la solida e collaudata professionalità. Pur entrando spesso in sala per salutare i suoi clienti o per illustrare qualche piatto-novità, si affida da tempo per il servizio a due bravissimi giovani provenienti dalla sponda meridionale del Mediterraneo, Nesha Bassiti, bella, gentile e inappuntabile e Mohamed Ali Kaabi, ottimo conoscitore di vini, sempre attento, preciso e professionale. Entrambi lavorano alla Casa Brusada da diversi anni e Marco ne tesse gli elogi, poiché “hanno compreso che stanno lavorando non solo per il Ristorante ma anche per loro e, infatti, me li tengo cari”.

Il ristorante Casa Brusada, che ha accanto una fornitissima enoteca, la “Brusada Wines”, frequentata da giovani che provengono anche da lontano, è attualmente uno dei punti di riferimento più interessanti e stimati della ristorazione trevigiana, con un rapporto qualità/ prezzo molto buono. A volte non serve avere altissime qualifiche dalle guide, serve invece un serio, costante e coerente impegno ristorativo, privilegiando sempre la qualità e la soddisfazione dei clienti, la cui stima è la naturale conseguenza. Come ho visto più volte, la “Casa Brusada”, che, oltre alla sala interna ha anche una bella terrazza estiva, di clienti ne ha molti, sia veneti che di altre regioni, sapendo che lì possono godere in un ambiente sereno e accogliente una bella, gustosa e seria cucina, serviti con premura e gentilezza, secondo l’antica felice tradizione della “Marca gioiosa et amorosa”.

Ristorante CASA BRUSADA VIA ERIZZO 117 CROCETTA DEL MONTELLO TREVISO www.casabrusada.com



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RISTORANTE DEL MESE Ricetta per 6 persone

Ingredienti 1 kg di asparagi verdi, 3 uova, 200 g di mascarpone, 50 g di parmigianoreggiano, 50 g di panna fresca, 50 g di ricotta, 1 cipolla, olio extravergine di oliva, sale e pepe.

Mostarda di asparagi 200 g di asparagi bianchi, 200 g di zucchero di canna, 50 g di glucosio, 50 g di zucchero bruno, 2-3 gocce di essenza di senape. Per la crema di asparagi 200 g di asparagi verdi, olio extravergine di oliva trevigiano, brodo vegetale, sale e pepe. Per il cappuccino di Montasio: 500 cc di panna fresca, 400 g di formaggio montasio, sale e pepe. Per il sorbetto di acciughe 900 cl di latte, 20 g di destrosio, 20 g di glucosio, 230 g di saccarosio, 200 cl di olio extravergine d’oliva, 20 g di latte magro in polvere, 18 g di acciughe, 5 g di neutro latte.

TORTINO DI ASPARAGI CON CAPPUCCINO DI MONTASIO e sorbetto di acciughe Prepara i tortini di asparagi facendo soffriggere in poco olio la cipolla tritata, quindi unisci gli asparagi tagliati a pezzi, insaporendoli di sale e pepe. A cottura ultimata versa il tutto nel mixer e regolane la densità con un po’ di brodo. Versa il composto ottenuto negli stampini imburrati e infornali a 160°C per 30 minuti. Prepara la mostarda di asparagi mettendo gli ingredienti sopra indicati in un pentolino, facendoli cuocere a fuoco lento per un’ora. A fine cottura aggiungi la senape e lascia riposare. Prepara la crema di asparagi cuocendo gli asparagi a vapore a 80°C per 15 minuti, quindi tagliali a pezzi e passali al mixer con gli altri ingredienti sopra indicati. Prepara il cappuccino di formaggio Montasio facendo scaldare la panna e facendo poi incorporare il Montasio grattugiato. Insaporisci di sale e pepe, passa al mixer e lascia riposare.

Prepara il sorbetto di acciughe realizzando una crema con il latte e tutti gli ingredienti tranne olio e acciughe. Porta a 85°C e poi fa raffreddare a 4 gradi. Lascia riposare un paio di ore, poi aggiungi l’olio e le acciughe, manteca bene e abbatti a -30°C. Presentazione del piatto In un piatto lungo poni al centro il tortino di asparagi verdi con sopra un po’ di mostarda di asparagi. A fianco, in una tazza da caffè di vetro, versa un po’ di crema di asparagi con la fonduta di Montasio e polvere di asparagi sopra. Dall’altra parte del piatto in un cucchiaino poggia una pallina di sorbetto di acciughe.



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RISTORANTE DEL MESE Ricetta

TORTELLI DI PATATE CON TALEGGIO, funghi barboni e pesto di carletti

Ingredienti 1 kg di patate, 120 g di fior di farina, 160 g di semola, 20 g di amido di mais, 2 tuorli. Per la farcia

200 g di taleggio, parmigiano-reggiano, 10 g di crema di tartufo. Per il pesto di carletti

(silene vulgaris o inflata) 400 g di carletti mondati, 20 g di pinoli, 20 g di gherigli di noce, 100 g di pecorino, 200 cl di olio extravergine d’oliva, aglio, sale e pepe. Da aggiungere alla fine

100 g di funghi barboni (Polyporus o Albatrellus pescaprae).

Prepara la pasta per i tortelli facendo cuocere per 50 minuti in forno a 180°C le patate con sale grosso, poi levale dal forno, sbucciale, passale allo schiacciapatate e impastale con tutti gli ingredienti sopra indicati. Lascia riposare un attimo l’impasto a base di patate e prepara il ripieno amalgamando il taleggio, il parmigiano e la crema di tartufo. Prepara il pesto di carletti facendo sbiancare le erbette in acqua salata per pochi minuti, quindi falle raffreddare in acqua e ghiaccio, ponile nel mixer con gli altri ingredienti sopra indicati e fa montare con l’olio. Prepara i tortelli stendendo la pasta di patate abbastanza sottile, ricavane dei dischi, poni al centro di ciascuno un po’ di farcia a base di taleggio, richiudi a mezzaluna e fa cuocere i tortelli ottenuti in acqua salata. Come emergono spadellali con i funghi barboni già mondati e cotti a parte, cospargendo di parmigiano grattugiato. Manda in tavola i tortelli su piatti caldi, nappandoli con il pesto di carletti.



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RISTORANTE DEL MESE Ricetta

GUANCETTA DI VITELLO AL CABERNET con porcini e finferli

Ingredienti 1 kg di guancia di vitello, sedano , carote, cipolle, porro, rosmarino, salvia, timo, sale, pepe, 1 lt circa di ottimo vino rosso Cabernet (o analogo), funghi freschi porcini e finferli, fior di farina, olio extravergine di oliva, polentina calda.

Metti per un giorno la guancia a marinare nel vino rosso con un po’ delle verdure ed erbe aromatiche sopra indicate, quindi levala dalla marinatura e asciugala. Metti in una padella un po’ d’olio con salvia e rosmarino, infarina la guancia e mettila a rosolare. Prepara un fondo con sedano, carota, cipolla e porro, sistema la guancia, irrorala col vino rosso e aspetta che evapori un po’ tenendola alcuni minuti sulla fiamma,

poi mettila in forno a 100°C per 4 ore. Conclusa la cottura, tieni la guancia da parte al caldo, filtra il fondo e fallo ridurre finché risulta bello cremoso. Fa cuocere i finferli e i porcini con olio, sale, pepe e rosmarino, conservandoli al dente. In un piatto caldo versa un po’ di polentina calda, una parte della guancia che nappi con la salsa al cabernet e aggiungi, un po’ discosti, i porcini e i finferli e manda in tavola.



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RISTORANTE DEL MESE Ricetta

BAVARESE ALLA VANIGLIA CON CUORE ALLA FRAGOLA, Ingredienti

bicchierino alla panna e caramello salato con porcini e finferli

125 cl di latte, 30 g di zucchero, 2 tuorli, 150 cl di panna, mezza stecca di ottima vaniglia, 4 g di colla di pesce Per il cuore di fragola

100 g di fragole, 120 g di zucchero a velo Per il bicchierino di Panna e caramello

340 cl di panna, 25 g di glucosio, 150 g di cioccolato bianco, 1 foglio di colla di pesce, 100 g di zucchero, 10 g di glucosio, 200 g di panna, 3 g di burro salato, vaniglia

Per la bavarese fa una crema inglese con latte e vaniglia, a parte sbatti i tuorli con lo zucchero, versa il composto ottenuto nel latte e fa bollire. Ammorbidisci la colla di pesce e incorporala nel composto a base di latte e uova. Monta la panna e aggiungila al composto prima ottenuto e versa quanto ottenuto negli stampini riempiendoli a metĂ .


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LA CUCINA DEGLI ALTRI

Il gusto dell’Himalaya

Il Nepal a tavola di Caterina Vianello


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S

ulla scalinata dello stupa, le bandierine di preghiera – gialle, rosse, bianche e blu – sventolano senza sosta. Più in basso, alla base, 147 nicchie contenenti le ruote di preghiera, vengono fatte ruotare, in senso orario, dai fedeli. In alto, sulla sommità del tempio, gli occhi giganti del Buddha, dipinti sulle quattro facciate di un cubo coperto di lamine dorate scintillanti, osservano senza giudicare. In pochi luoghi al mondo l’anima può davvero essere in una condizione di assoluta quiete come accade a Bodhnath, città dall’alto valore religioso e culturale del Nepal. Un viaggio nel paese che accoglie le vette più spettacolari dell’Himalaya e la cui bellezza fatta di neve e roccia non ammette replica, infatti, non può prescindere dalla capacità di accostarsi con rispetto a

una terra che accoglie due delle più grandi religioni del mondo, buddhismo e induismo. Stretto tra India e Cina (anche se si dovrebbe più correttamente parlare di Tibet), il Nepal è un paese in cui semplicità e discrezione si fanno tratti distintivi della popolazione così come a tavola. E non confondete la semplicità con la monotonia: la molteplicità di gruppi etnici, le influenze indiane e cinesi e le alte quote sanno regalare sorprese e accostamenti inattesi. Riso, spezie, verdure, legumi e carne rappresentano gli ingredienti principali della cucina nepalese. Il piatto che non conosce confini né religiosi né culturali è il dal-bhat-tarkari: si tratta di una zuppa a base di lenticchie e riso accompagnata da verdure cotte con spezie. Trasversali ai gusti e alle influenze indiane e cinesi e fiera espressione del carattere nepalese sono i chatamari (una sorta di crepes di farina di riso arricchite con piccoli pezzi di carne – maiale o pollo – verdure e uova), il choyla (bocconi di carne arrostita o grigliata, marinata con cumino, peperoncino, aglio, zenzero e limone), il gundruk (verdure secche e fermentate, consuma-

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te come zuppa e alla base del gundruk dheedo, un piatto unico con l’aggiunta di grano cotto) e il kwati (una minestra i cui protagonisti sono i fagioli: bianchi, rossi, verdi di soia; viene consumata soprattutto in occasione delle festività). Le ricette più gustose e varie sono di origine Newari, etnia cui si deve la costruzione dei templi e dei palazzi di Kathmandu, Patan e Bhaktapur, autentici capolavori di eleganza e raffinatezza artistica e architettonica. Ecco allora il samay baji, riso “battuto” accompagnato da carne arrostita o pesce affumicato, uova, fagioli di soia e zenzero; il sekuwa, carne di montone, anatra o pollo, arrostita dopo essere stata arricchita con spezie e erbe, il sukuti, carne arrostita ed essiccata, decisamente saporita e base di molti piatti a base di riso, l’aloo tama, un piatto introvabile nel resto dell’Asia che mescola sapientemente patate, germogli di bambù, spezie (pepe, peperoncino e cumino), pomodori, cipolle e jogurt; la takhala, una zuppa di carne da consumare fredda; l’achar, una preparazione in cui le verdure (generalmente pomodori, cipolle, ravanelli e patate) sono lasciate a macerare in salamoia e spezie e servite per accompagnare carne e riso; il wo, una torta di farina di lenticchie con carne e uova in superficie; il masu, una combinazione gustosa di carne (pollo o montone) speziata, con sugo e servita accompagnata dal bhat, il riso al vapore.

in queste pagine

Gli occhi di Buddah sullo stupa di Swayambunath


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LA CUCINA DEGLI ALTRI Se siete amanti della carne e gastronomicamente curiosi, non perdetevi lo yak: consumato dai nepalesi soprattutto nelle zone che si avvicinano agli ottomila, ha un sapore più marcato del bufalo. E allora, perché non assaggiare anche il formaggio preparato con il latte di yak? Noi lo abbiamo provato e ne vale certamente la pena: aromatico e dall’aroma leggermente erbaceo è un’ottima alternativa alla carne. Debitori alla cucina indiana sono tutti i piatti in cui il riso, accompagnato da una masala (miscela di spezie) piuttosto forte, viene accostato a verdure e carne di pollo, e quelli che prevedono la cottura della carne (ancora pollame) nel forno tandoori. Di gusto cinese (e tibetano) sono invece sia i momo, ravioli di farina di riso ripieni di carne di montone, bufalo o verdure e cotti al vapore e i noodles, tagliolini serviti in accompagnamento alla carne o in brodo. Trovare dei dolci memorabili in Nepal non è facile: noi abbiamo assaggiato il chaamal ko kheer, una sorta di budino di riso piuttosto dolce e il baalushahi, un dessert di pasta sfoglia glassato. Se volete

Terrazzamenti per la coltivazione del riso

in ogni caso concludere il pranzo in modo memorabile vi consigliamo di assaggiare il juju dhau, letteralmente “il re dello jogurt” nella lingua newari: cremoso, denso, dolce ed estremamente saporito viene preparato con il latte di bufala fresco. Birra, rakshi (vino di riso, molto popolare) e aila (una sorta di grappa) si trovano facilmente; ancor più comune è il tè (chiya) servito nero, bollente e molto zuccherato. Provatelo con il latte di yak: potrete finalmente dire di avere assaggiato una specialità himalayana, ai piedi degli ottomila.

qui accanto

sopra

Samay Baji: riso battuto con carne arrostita, pesce affumicato, uova, fagioli di soia e zenzero

Sukuti, carne arrostita ed essiccata; Dal Bhat Tarkari, zuppa a base di lenticchie e riso


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osservatorio host

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Da questo mese, fino ad ottobre 2015, in collaborazione con Host Fiera Milano, la redazione di Pizza e Pasta Italiana pubblicherà una rubrica dedicata alla più importante kermesse internazionale dedicata al mondo dell’accoglienza. L’obiettivo è quello di presentare un focus sul mondo della pizza e della ristorazione e sulle attrezzature: dalle diverse tipologie di forno alla minuteria passando per le tecnologie del freddo fino ad arrivare alle ultime tecnologie digitali applicate alla ristorazione. Osservatorio Host sarà un percorso mensile che accompagnerà i lettori verso l’edizione 2015 della manifestazione, che quest’anno sarà in contemporanea con la chiusura di Expo, l’Esposizione Universale che vedrà l’Italia protagonista.

O S S E R VAT O R I O Il Forno elettrico — parte prima

È il caso per esempio del nuovo 5 senses di Rational dotato di un sistema di cottura intelligente ICooking Control che a seconda delle specifiche richieste dallo chef, dalla dimensione del prodotto e dalla quantità da cuocere, decide autonomamente il tempo di cottura, la temperatura, la ventilazione all’interno della camera di cottura.

Il forno elettrico è per eccellenza il più diffuso strumento di cottura degli alimenti nel mondo. In commercio ne esistono molteplici varianti, sia per uso domestico che per uso professionale e in quest’ultimo caso, la scelta si fa decisamente ampia: infatti grazie alle tecnologie digitali la stragrande maggioranza dei forni elettrici è dotata di schede intelligenti, programmabili in modo semplice ed intuitivo, in grado di far risparmiare tempo e lavoro a cuochi e pizzaioli.


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pizza e pasta italiana

LA

voce consumi rimane fondamentale per i costruttori di forni elettrici – e ovviamente per cuochi e pizzaioli - gli aumenti del petrolio e quindi dell’energia, incidono notevolmente nelle bollette delle pizzerie e questa tendenza sarà destinata ad aumentare anziché diminuire. Diventa fondamentale capire quali sono i consumi mensili in pizzeria e se necessario, rinnovare le attrezzature: in primis, qualora se ne abbia uno, il forno elettrico. Gli indizi da osservare per capire quando è ora di cambiare forno sono diversi. Il primo è osservare proprio la bolletta. Al giorno d’oggi il costo di un forno non corrisponde a quello d’acquisto, bensì a quanto il forno consumerà nell’arco intero della sua vita. Il costo energetico può raggiungere da due a quattro volte il prezzo d’acquisto, quindi alcuni consigli per tenere i consumi bassi: — mantenere il forno in perfetta efficienza; — ottimizzare la temperatura in funzione del prodotto da cuocere; — limitare l’apertura della porta;

Chi si muove in questo senso è OEM, marchio del gruppo ALI che ricerca tecnologie e soluzioni per abbattere i consumi. L’azienda mantovana negli ultimi anni ha prodotto forni elettrici all’avanguardia, in grado di ottimizzare il consumo elettrico, evitando la dispersione di calore e recuperando il più possibile l’energia. I risultati sono stati più che apprezzabili – Optymo, l’ultimo nato in casa OEM è la sintesi di questa ricerca – anche se gli obiettivi del gruppo mantovano sono di abbattere ancora di più i costi in bolletta.

— sfruttare le opzioni, quando presenti, relative ai controlli del forno, ad esempio il timer accensione o il comando economizzatore. È bene ricordare che una buona coibentazione del forno è fondamentale per determinare sia un’ottima resa in cottura che un effettivo risparmio energetico. Un forno vecchio può non avere una coibentazione adeguata o può averla compromessa con l’usura, perché oltre ad un costo eccessivo in bolletta, la temperatura della camera non rimane costante, influendo negativamente sul ciclo di cottura.

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LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

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TRE PIATTI RINASCIMENTALI FERRARESI CHE ESALTANO IL PANE e la straordinaria “suppa di pizzoni o pollastri”

illustrazioni

Tommaso Vidus Rosin


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DIMENTICA la tua vecchia

a m m a Fi

di Giampiero Rorato

U

n celebre piatto della corte dei Duchi d’Este a Ferrara, che Cristoforo di Messisbugo, gran maestro delle cerimonie della famiglia ducale, gastronomo e scrittore ha immortalato in un suo trattato di cucina dato alle stampe nel 1549, un anno dopo la sua morte, ha superato l’usura dei secoli arrivando fino ai nostri giorni e trovando ospitalità nella Marca Trevigiana. Si tratta d’un piatto dove il pane è ingrediente indispensabile, intitolata A far suppa di pizzoni o pollastri (Per fare una zuppa con piccioni o con polli). Nel Medioevo le zuppe erano molto diffuse e Cristoforo era arrivato a realizzare la sua zuppa migliorando quelle precedenti che aveva letto in altri importanti trattati di cucina. Già nell’Anonimo Veneziano, nell’Anonimo Toscano e nel “Libro de arte coquinaria” del Maestro Martino da Como aveva trovato delle zuppe, come nell’umanista Bartolomeo Sacchi detto il Platina, l’autore del De honesta voluptate et valetudine, che è stato il primo libro di cucina divulgato a stampa. D’altronde il Platina era un autorevole uomo di cultura, ben inserito negli ambienti romani e il suo saggio, oltre a basarsi sul ricettario del Maestro Martino, dava tutta una serie di informazioni che aiutano a capire la cultura e la mentalità del suo tempo. Ma in nessuno di costoro c’era una zuppa invernale che

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LA STRAORDINARIA STORIA DEL PANE

Cristoforo considerasse degna dei suoi Signori. Cristoforo di Messisbugo, nella prima metà del Cinquecento operava a Ferrara, alla corte degli Estensi col titolo di scalco ducale. Ma non era soltanto un ascoltato direttore di mensa, un raffinato gourmet e il gran regista dei pranzi e cerimonie di corte, se l’imperatore Carlo V nel 1533, in occasione di un pranzo offerto dai Signori d’Este a Bologna, lo innalzò alla dignità di conte palatino. Il Messisbugo morì nel 1548, ma prima aveva scritto un importante trattato d’arte gastronomica, ch’egli aveva definito “Opera assai bella, e molto bisognevole a’ Maestri di casa, a’ Scalchi, a’ Credenzieri, e a’ Cuochi” cui aveva dato il titolo di “Libro Novo nel qual s’insegna a’ far d’ogni sorte di vivande secondo la diversità de i tempi, così di Carne come di Pesce”, dedicandola al cardinale Ippolito d’Este. Quell’opera tanto preziosa e più volte ristampata fu pubblicata per la prima volta un anno dopo la sua morte, nel 1549, ad opera di Giovanni di Bughalt e Antonio Hucher, stampatori in Ferrara e, successivamente, a Venezia. Cristoforo, ispirandosi ai trattati precedenti, aveva ideato un piatto che aveva denominato: Prima per fare una Suppa grassa. Il testo così recitava: Piglia fette di pane, e biscottale in una tiella nel forno, e poi che seran biscottate, piglia del formaggio duro grattato, e zuccaro, e cannella tanto che basti, e un poco di pevere, poi habbi buon brodo di cappone, o di carne, e metti il detto formaggio nel fondo del piattello, e così vanne mettendo sopra le fettelle di pane, a suolo, e del brodo medesimamente, e così di sopra, e essendo finito, la ponerai sopra le ceneri calde, con un piatto, fino a tanto che la vorrai mandare in tavola. In questa ricetta c’è il pane (delle fette di pane biscottate in forno), il formaggio grattugiato e un buon brodo di carne di cappone o di manzo e poi pepe, zucchero e cannella, che erano spezie (anche lo zucchero era allora considerato una spezia) a quel tempo costosissime. Questo poteva essere considerato, pur con varianti, un piatto realizzabile solo nelle mense dei ricchi del tempo, perché avere disponibilità

di zucchero, pepe, cannella e brodo di cappone o di manzo non era certo a portata del popolino, così come avere in casa tanto pane da avanzarne e riutilizzarlo per una simile zuppa. Piatto ottimo, s’intende, ma abbastanza comune che non soddisfaceva appieno il nostro cuoco. Cristoforo conosceva benissimo le diverse cucine presenti nelle corti e nei castelli d’Europa e, ispirandosi alla cucina francese, aveva preparato anche un piatto dal titolo: A far suppa di capirotta francese. Il testo della ricetta è il seguente: Piglia polpa di fagiano, o cappone, o pollastra, ovvero cima arrosto di longia di vitello coi pilotti (cioè lombata di vitello lardellata); e tutte queste cose pesta bene minutamente coi coltelli quanto è possibile. Poi piglia un poco di cannella pesta, e un poco meno pevere, e buon formaggio duro grattato; e mescola bene ogni cosa insieme. Poi habbi fette di pane bianco sottili, fritte nel dileguito (grasso fuso), e ponile nei piani a suolo, a suolo cioè della composizione sopradetta. Poi habbi buon brodo di vitello o di cappone, caldo, e gettalo sopra a queste cose e di poi stuffala con [sopra] un altro piatto sino a tanto che la vorrai mandare in tavola. Questo piatto è da cucina aristocratica occorrendo del pane bianco, a quel tempo del tutto ignoto al popolo; delle carni di fagiano, cappone e vitello; del brodo di vitello o cappone; e ancora pepe e cannella e formaggio da grattugia. Un piatto simile lo potevano fare solo le cucine dei ricconi, come erano appunto gli Estensi, dove c’era disponibilità economica, abbondanza di carni, soprattutto di caccia, appannaggio esclusivo della nobiltà, e ancora pane bianco e non bigio e duro come quello del popolo. E poi la preparazione di questo piatto esige un cuoco capace, un professionista e personaggi simili, capaci di lavorazioni complesse e di elaborazioni lunghe e attente si trovavano a quel tempo solo nelle case dell’alta aristocrazia. Le esperienze maturate dal Messisbugo erano tali che, utilizzando pane, carne, brodo e spezie poteva finalmente preparare un grande piatto per l’inverno ed ecco, dopo diverse prove, realizzare la sua splendida zuppa, intitola nel suo trattato: A fare una suppa di pizzoni o pollastri. Ed ecco la ricetta: Piglia fette di pane brustellate, poi piglia pollastrelli in quarti cotti arrosto e habbi una tiella [teglia] di pietra e mettili un solaro di fette di pane nel forno, con formaggio e zuccaro e cannella, e poi fa

un altro suolo con detti quarti di pollastri sopra, con zuccaro e formaggio grattato e cannella, e poi piglia buon brodo grasso e ponilo sopra tanto che stia sotto e poi dalli un’altra mano di sopra di zuccaro e cannella e formaggio grattato dalli una caldetta nel testo e serà fatta. Ricetta semplice solo in apparenza, molto raffinata e godibilissima e c’è una domanda che il lettore a questo punto può porsi: perché due carni? Si tratta forse di due zuppe? E qui emergere la bravura di Cristoforo di Messisbugo. Quando la famiglia ducale era nel Castello di Ferrara egli usava la carne dei piccioni che vivevano numerosi tra i merli del castello; quando invece era in campagna, nel castello di Arquà Polesine (ora il castello è sede municipale) aveva a disposizione i polli dei contadini ed essendo questi di carne bianca il piatto poteva essere preparato e goduto anche nelle mezze stagioni. Non sembri strano, ma entrambi le versioni sono ancor oggi realizzate ma solo nella Marca Trevigiana, con i piccioni a Treviso e con i pollastri a Motta di Livenza. Quello che comunque interessa la nostra storia è l’impiego del pane presente in tante zuppe sia medioevali che rinascimentali, segno che le classi più agiate avevano abbondanza di questo alimento, confezionato e cotto nei capaci forni dei castelli e delle ville padronali.

sopra

La Sopa coàda di pollastri del Ristorante Disarò di Motta di Livenza



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pizza e pasta italiana

Anche i pizzaioli fanno i dolci in casa di Giovanna Allegra

N

ei locali pubblici – ristoranti, trattorie, enoteche, pizzerie, bar e simili – i dolci offerti ai clienti sono di due tipi: quelli al cucchiaio – soprattutto nei ristoranti di qualità – e le torte a fette, oltre, naturalmente, a prodotti di minuta pasticceria che si possono trovare negli ambienti più diversi. E le torte sono anch’esse di due tipi: quelle acquistate dalle industrie dolciarie e quelle fatte in casa dai pizzaioli stessi o dai loro collaboratori. Il fenomeno cui si assiste da un po’ di tempo – naturalmente positivo – è che anche nelle pizzerie si sta facendo attenzione assai più che in passato ai dolci e questo perché sono sempre più numerose le pizzerie che, senza rinunciare a una buona gamma di pizze, offrono ai propri clienti anche piatti di cucina e, in diversi casi, anche di alta ristorazione. Diventando, quindi, ristoranti o accentuando questo aspetto, è d’obbligo avere disponibili anche dei dolci.


il dolce

Tuttavia, senza l’impegno di allargare le proposte e restando legate alla sola pizza – potendo comunque offrire anche alimenti diversi, disponibili in ogni pizzeria, come prosciutto crudo, formaggi, una pasta, una carne – molte pizzerie hanno deciso di mettere a disposizione dei clienti anche dei dolci. E chi è attento al mondo delle pizzerie, sa che inizialmente si trattava solo di dolci acquistati da industrie dolciarie che qualificavano solo relativamente la pizzeria, dal momento che il medesimo dolce poteva trovarsi in mille altre pizzerie.

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canti, come l’ambiente, il servizio, le bevande e piatti diversi dalla pizza, fra cui, per l’appunto, i dolci. Da numerosi anni in questa rubrica andiamo presentando sia dolci importanti – come “Rosse percezioni” del grande pasticcere Alessandro Bertuzzi, presentato nel numero precedente – che dolci realizzati con pasta da pizza – come la ricca serie proposta in un recente passato da Simona Lauri – ma anche dolci diversi, legati a tradizioni locali o comunque di facilissima esecuzione.

Ed ecco il fatto nuovo. Lentamente, ma progressivamente, molti pizzaioli hanno iniziato a confezionare in casa propria dei dolci che mettono poi in Carta, qualificando meglio il proprio locale e dimostrando di avere una cultura gastronomica che non si ferma alla sola pizza. Ben venga questo arricchimento professionale, che tipicizza e qualifica ancor di più le pizzerie e possono essere dolci della tradizione locale, dolci creativi, dolci anche di altre tradizioni ma divenuti universali, come, ad esempio, il Tiramisù trevigiano o la Sachertorte viennese, oggi reperibili quasi ovunque. Resta sempre vero che in una pizzeria si cercano buone pizze, frutto di una seria preparazione professionale dei pizzaioli e di ottima materia prima impiegata, ma altri elementi sono importanti e qualifi-

Sono costantemente in crescita le pizzerie che preparano in casa i dolci da offrire ai propri clienti

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pizza e pasta italiana

IL DOLCE

Ingredienti

la torta senese Quello che proponiamo in questo mese è proprio un dolce di facile esecuzione, la cui ricetta ci è stata data da uno chef di seria professionalità e grande bravura, ancor giovane ma già ricco di esperienza – il trevigiano Flavio Brisotto, attivo al PER (Percorsi Enogastronomici di Ricerca, a Bagnolo di San Pietro di Feletto), vincitore di più concorsi gastronomici – un dolce che si caratterizza, come quelli medioevali, per l’impiego di latticini; in questo caso ci sono la ricotta e il mascarpone, addolciti da un po’ di zucchero e legati da un uovo. Questa è la semplicissima farcia, mentre l’involucro è dell’altrettanta

semplicissima pasta frolla. Il tocco nuovo, se così si può dire, è la glassa al cioccolato fondente, posta sopra la torta dopo la cottura. Basta, dopo aver servito la pizza, una fetta di questa torta e un bicchierino di vino dolce – tipo vinsanto, come il “Torchiato di Fregona” presentato nel numero precedente di questa rivista, o altri simili, prodotti in tutta Italia - e i commensali se ne tornano a casa sicuramente soddisfatti. Il nostro invito è comunque quello di mettere a disposizione dei clienti, anche in pizzeria, dolci pur semplici ma fatti in casa, graditi e goduti più che dolci industriali.

Per frolla 500 g di Farina 00, 250 g di burro, 75 g di latte, 5 g di bicarbonato, sale. Amalgama il burro con lo zucchero poi impasta bene con tutto il resto. Stendi e fodera una tortiera imburrata. Per il ripieno 75 g di ricotta vaccina, 50 g di mascarpone, 25 g di zucchero, 1 uovo. Monta la ricotta con lo zucchero poi aggiungi l’uovo e alla fine il mascarpone. Farcisci con la ricotta la frolla e inforna per 45 minuti a 160 gradi Per glassa 375 g di cioccolato fondente, 25 g di glucosio, 300 ml di panna, 1 colla di pesce ammollata. Sciogli il cioccolato con la panna e il glucosio, aggiungi la colla di pesce e versa sopra la torta già cotta e raffreddata e lascia riposare per alcune ore.



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le farine

Da chicco a farina La qualità è d’obbligo

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pizza e pasta italiana

LE FARINE

“La Qualità è d’obbligo perché è ciò che fa la differenza, tra un prodotto controllato e uno no”

I

cereali sono da sempre riconosciuti elementi essenziali per l’alimentazione umana e nel Paese della dieta mediterranea dove regna la cultura della pasta e del pane, chi la fa da padrone è senz’altro il frumento.

Dott.ssa Alessia Pagotto Tecnologa alimentare

Questo cereale appartiene alla famiglia delle Graminacee e al genere Triticum, di cui esistono diverse specie, due delle quali rivestono particolare importanza dal punto di vista commerciale, ovvero il grano tenero (Triticum æstivum) caratterizzato da cariossidi friabili e farinose ed il grano duro (Triticum durum) contraddistinto da cariossidi più dure e vitree. Dalla macinazione del frumento di grano tenero, coltivato in Italia nell’area del Centro-Nord, si ottengono farine bianche ed impalpabili utilizzate per la produzione di pane, pizze e dolci, mentre dalla macinazione del frumento di grano duro, coltivato in Italia nella zona del Centro-Sud, si ottengono sfarinati granulosi di colore giallo utilizzati principalmente per la preparazione della pasta. Per la produzione di queste farine i molini italiani non macinano esclusivamente il grano nazionale (fatto salvo il caso in cui questo sia certificato italiano al 100%), ma si approvvigionano anche di altri grani coltivati sia in UE che nei paesi extra UE. L’acquisto di questi grani è necessario laddove non si riescano a reperire grani italiani con determinate caratteristiche tecnologiche, è il caso ad esempio del grano Manitoba (coltivato in Canada) o del North Spring (coltivato in USA) particolarmente indicati per la produzione di farine forti con elevato contenuto in glutine ed elevato W (indice alveografico che rappresenta la forza di uno sfarinato).


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“Le farine buone si ottengono da grani buoni”, è per questo che i molini sanno che l’approvvigionamento di questa materia prima è uno step cruciale, che condiziona tutte le successive lavorazioni. E’ fondamentale scegliere i migliori grani, siano essi nazionali od esteri, in modo che i requisiti di legge e le esigenze del mercato siano sempre soddisfatti. Tecnicamente, quando un grano arriva in molino, devono essere innanzitutto verificate le condizioni di trasporto (che può avvenire tramite nave o automezzo). Il responsabile addetto allo scarico deve sincerarsi dell’adeguata pulizia dei mezzi di trasporto e della notifica dell’uso di eventuali fumiganti e pesticidi e successivamente prelevare un quantitativo

1

omogeneo di campione che dovrà essere ispezionato e testato dal Laboratorio interno di Controllo Qualità sia sotto il profilo igienico-sanitario sia sotto il profilo commerciale (per un approfondimento tecnico si consultino le tabelle 1 e 2). Superati questi controlli preliminari il grano è idoneo ad essere scaricato e finalmente può iniziare il processo di trasformazione. Le fasi successive all’entrata della materia prima sono altrettanto delicate ed è per questo che il Controllo Qualità deve coordinarsi con il Responsabile di produzione per verificare che il sistema implementato assicuri in maniera continuativa uno standard elevato. Le farine che escono dai Molini subiscono

quotidianamente questo iter complesso, ma indispensabile per assicurare al consumatore finale la qualità alimentare che contraddistingue prodotti sani e sicuri e la qualità tecnologica che definisce la loro destinazione d’uso; una farina adatta alla preparazione di biscotti infatti non può essere impiegata per produrre panettoni, così come una farina rigida responsabile di rendere gli impasti “poco elastici” risulta inutilizzabile per i pizzaioli. E’ solamente con la dedizione, la ricerca, la serietà e la collaborazione tra le diverse figure professionali che si riesce a raggiungere la qualità intesa come il giusto equilibrio tra sicurezza alimentare e valore tecnologico, due facce della stessa medaglia.

Valutazione della qualita’ Commerciale del grano

parametri esaminati

apparecchiatura / metodo impiegato

PESO ELETTROLITICO

Bilancia pesagrano.

CONTENUTO PROTEICO

Analizzatore NIR e metodo Kjeldhal.

QUALITA’ PROTEICA

Indice di sedimentazione: Test di Zeleny per il grano tenero e test di sedimentazione in sds per il grano duro.

CONTENUTO IN GLUTINE

Glutomatic

INDICE DI GLUTINE (qualità del glutine)

Gluten index: valuta la massa glutinica che passa attraverso un piccolo staccio dopo centrifugazione e Glutograph, valuta il tempo di resistenza alla torsione del glutine.

QUANTITA’ DI AMILASI

Indice di caduta di Hagberd (falling number) e Amilografo­

PROPRIETA’ REOLOGICHE Analisi da effettuarsi dopo condizionamento e macinazione del grano.

Alveografo di Chopin : W ( forza), P (tenacità), L (estensibilità) Farinografo Brabender : assorbimento idrico, tempo di sviluppo, stabilità, grado di caduta o di rammollimento.


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pizza e pasta italiana

LE FARINE

2

Verifica della conformita’ igienico-sanitaria del grano

requisiti richiesti Idonea di pulizia del mezzo di trasporto. Presenza del passaporto cereali. Verifica delle analisi del fornitore. Assenza di ammuffimenti visibili. Assenza di odori estranei/anomali. Assenza di tracce biologiche da infestanti. Assenza di corpi estranei.

metodi / strumenti di analisi

VISIVO e OLFATTIVO.

Controllo dell’ umidità.

ANALIZZATORE NIR (spettrofotometro del vicino infrarosso) e TERMOBILANCIA (perdita di peso ( in %) subita del prodotto essiccato a 130°C).

Analisi delle micotossine. (DON, Aflatossine, Zearalenone, Ochratossina e Fumonisine).

KIT RAPIDI (reazione tossina-anticorpo con viraggio di colore della banda di riferimento) e HPLC (tecnica cromatografica che rileva dei picchi in corrispondenza della sostanza ricercata se presente).

Analisi microbiologiche. (Carica batterica totale, Coliformi, Enterobatteri, Muffe, Lieviti, Salmonella, Listeria, Tossine stafilococciche)

TERRENI DI COLTURA e PETRIFILM selettivi per il microrganismo da ricercare (dopo inoculo della matrice alimentare e incubazione alla temperatura/tempo ottimali, vengono contate il numero di colonie formatesi). (*) Per matrice alimentare è da intendersi il campione di grano macinato e preparato secondo le metodiche ufficiali.

Residui di prodotti fitosanitari (antiparassitari, pesticidi)

GASCROMATOGRAFO e HPLC (tecniche cromatografiche che rilevano dei picchi in corrispondenza della sostanza ricercata se presente).

Residui Di Metalli Pesanti (Cadmio e Piombo).

ICP-MS (tecnica per la ricerca di contaminati inorganici a livello di tracce. Il principio si basa sull'utilizzo di una torcia al plasma (ICP) per produrre la ionizzazione e di uno spettrometro di massa per la separazione e rivelazione degli ioni prodotti).



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pizza e pasta italiana

L'acqua minerale: cominciamo a conoscerla L’Italia è il paese leader per il consumo di acqua minerale

Da molti anni, ormai, l’acqua minerale è una presenza immancabile nel mondo della ristorazione sia italiana che internazionale, ma è una bevanda non ancora sufficientemente conosciuta neppure da molti ristoratori, chef, operatori sala e di bar. E neppure nelle Scuole Alberghiere si dedica tempo sufficiente a illustrarne la natura, le caratteristiche e gli effetti. Partiamo dunque dall’inizio, ricordando che l'acqua minerale è un tipo di acqua sorgiva, solitamente commercializzata in bottiglia, nel rispetto di quanto dispone la legge.

di Laura Nascinben

In Italia l’acqua sorgiva può essere venduta con la dicitura acqua minerale solo se risponde ai criteri fissati dal Decreto Legislativo 8 ottobre 2011 n. 176 (che recepisce per l’Italia la direttiva 2009/54 della Commissione Europea), il quale così recita "Sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e proprietà favorevoli alla salute". L’Italia ha il primato del consumo pro-capite di acqua minerale, anche se, negli ultimi tempi, c’è stato un martellante invito a preferire l’acqua di rubinetto, chiaramente meno costosa, ma considerata da molti non totalmente sicura, dato lo stato degli acquedotti in diverse parti d’Italia.


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i vari tipi di acque minerali

La legge italiana (Decreto Legislativo 25 gennaio 1992, n. 105) divide le acque minerali commerciabili in diverse categorie, e precisamente: a - acque minimamente mineralizzate: nelle quali il residuo fisso a 180° di sostanze minerali è inferiore a 50 mg/litro; b - acque oligominerali (o leggermente mineralizzate): nelle quali il residuo fisso è compreso tra 50 e 500 mg/ litro; c - acque ricche di sali minerali: nelle quali il residuo fisso è superiore a 1500 mg/litro.

Afferma ancora il Decreto Legislativo del 1992, emanato in attuazione della direttiva 80/777/CEE, che “Le acque minerali naturali si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la purezza originaria e sua conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi e/o altri costituenti e per i loro effetti. Esse vanno tenute al riparo da ogni rischio di inquinamento”, per cui le acque minerali in commercio devono offrire – e, infatti, offrono – ogni garanzia di purezza e quindi di assoluta potabilità, con in più un ben preciso e documentato tenore minerale. Sempre questo Decreto, nei suoi 21 articoli, non solo definisce le caratteristiche di un’acqua sorgiva per essere definita “minerale”, ma precisa in modo molto dettagliato come possono essere utilizzate le acque minerali, le operazioni che sono consentite e quelle non consentite, ciò che deve essere scritto in etichetta per informare correttamente il fruitore, e molte altre cose ancora, a garanzia dei consumatori


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pizza e pasta italiana

Un po’ di storia

Fin dai tempi antichi le acque minerali sono state utilizzate soprattutto per le loro virtù curative, come attestano le terme tanto amate dai Romani e anche dai Turchi (questi ultimi ne hanno costruite fino a Budapest, la capitale dell’Ungheria da loro conquistata nel 1526 e conservata fino al 1683). Pur utilizzate da sempre, molto valorizzate nel corso del ‘700 in tutta Europa, come ben racconta Giacomo Casanova nelle sue memorie, dalla seconda metà del secolo scorso, col miglioramento della condizione economica delle famiglie e con il diffondersi di timori legati all'inquinamento idrico, fatti conoscere anche dai media, le acque minerali si sono conquistate un posto sempre più importante nell'alimentazione quotidiana, oltre che nel mondo della ristorazione. Attualmente l'Italia è tra i maggiori consumatori di acqua minerale al mondo, con un giro di affari annuo sui due miliardi e mezzo di euro. Un primato condiviso anche sotto l'aspetto produttivo, dal momento che ogni anno vengono "prodotti" oltre 12 miliardi di litri di acqua minerale.

I motivi del successo incontrato dall'acqua minerale vanno ricercati non solo nelle campagne pubblicitarie dei produttori, ma anche nelle caratteristiche anche salutari e di assoluta purezza di quest’acqua, come sono dovuti in parte a un diffuso timore per la salute dei nostri fiumi, sempre più esposti ad agenti inquinanti agricoli e industriali. Sta di fatto che l’acqua minerale è ormai entrata come presenza abitudinaria non solo in tutto il mondo della ristorazione – dai ristoranti stellati, alle trattorie, pizzerie, bar, caffetterie, ecc. – ma anche nelle case, Nella ristorazione, poi, sta diffondendosi la presenza della “Carta delle acque minerali”, con precise indicazioni per ogni tipologia. Tutti questi argomenti saranno oggetto di nostri prossimi articoli.


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pizza e pasta italiana

L’ Angolo del Vino

Friuli Colli Orientali Doc Merlot 2011 Snidero Giovanni Azienda Agricola Semplice Via Centa 8 - 33040 Corno di Rosazzo (UD) Tel 0432/674104 - 335/06605009 www.snidero.it - info@snidero.t

CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Merlot.

ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 4 Persistenza 4 Finezza 4 Armonia 4 SAPORE Persistenza 5 Pienezza 4 Sapidità 5 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI

di Virgilio Pronzati

51

/60

Bottiglia: 75 cl. Alcol: 13,5%. Lotto: 01/13. Bottiglie prodotte: 2.000. Prezzo medio in enoteca: € 8,20. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini rossi di moderato o medio invecchiamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 1-2 anni. Evoluzione: abbastanza giovane. Servizio: mescere a 16-17°C in ampi calici con stelo medio. Abbinamento: primi piatti (pasta, riso e polenta) con ragù di carni bianche, pollo con peperoni, filetto di vitello al pepe verde, formaggi vaccini con due-tre mesi di stagionatura.

ESAME ORGANOLETTICO Aspetto: limpido. Colore: rubino carico con orlo porpora. Profumo: intenso, persistente, fine, con netti sentori varietali e di lampone, mora e ciliegia maturi e un po’ macerati, erbe montane balsamiche e lieve di ginepro e boisé. Sapore: secco, fresco, sapido, caldo, con netta ma piacevole astringenza, pieno e persistente, con fondo amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttate, vegetali e speziate (liquirizia).

CONSIDERAZIONI Buono. Ottenut o da scelte uve omonime pigiadiraspate e fatte fermentare in botti d’acciaio inox a temperatura controllata. In seguito il vino matura in parte in botti d’acciaio e in parte in botti di rovere per almeno 18 mesi.


l’angolo del vino

Campania Fiano IGP Oi Nì 2011

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ASPETTO Limpidezza 5 Colore 4 PROFUMO Intensità 5 Persistenza 4 Finezza 4 Armonia 4

CATEGORIA Bianco secco. Vitigno: Fiano. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 650013. Prezzo medio in enoteca: € 18,30. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini bianchi di moderato invecchiamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 2 anni. Evoluzione: quasi pronto. Servizio: mescere a 11-12°C in calici con stelo alto. Abbinamento: linguine con frutti di mare, orata al sale, dentice alla griglia.

ESAME ORGANOLETTICO

ASPETTO Limpidezza 5 Colore 5 PROFUMO Intensità 5 Persistenza 5 Finezza 4 Armonia 4

SAPORE Persistenza 5 Pienezza 5 Sapidità 5 Acidità /morbidezza 4 Armonia 5

Aspetto: limpido. Colore: paglierino deciso. Profumo: intenso, persistente, fine, con netti sentori floreali, vegetale-balsamici e fruttati di fiori d’acacia e pesco un po’ essiccati, erbe montane balsamiche, banana e ananas, e lieve minerale. Sapore: quasi secco, sufficientemente fresco, sapido, molto caldo, pieno ma snello, quasi vellutato, molto persistente, con gradevole fondo sapido-amarognolo. Retrogusto: vena sapida e note floreali, fruttate e vegetale-balsamiche.

SAPORE Persistenza 5 Pienezza 5 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4

GRADIMENTO Ottimo 4

CONSIDERAZIONI Molto buono.

GRADIMENTO Ottimo 4

PUNTI TOTALI

54

/60

Ottenuto da selezionate uve Fiano raccolte molto mature da vigneti situati nel comune di Lapio. Vinificazione: il mosto ricavato dalla pressatura soffice delle uve, dopo la decantazione statica a freddo, ha fermentato a lungo in botti ovali di rovere da 25 ettolitri alla temperatura controllata di 7°C. Seguono dodici mesi di maturazione del vino sulle fecce fini. Prima dell’immissione in commercio, il vino affina sei mesi in bottiglia.

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PUNTI TOTALI

54

/60

CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Nebbiolo. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 14,5%. Lotto: 080812. Bottiglie prodotte: 4.500. Prezzo medio in enoteca: € 40,20. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini rossi di lungo invecchiamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Tempo di consumo: ancora 6-8 anni. Evoluzione: giovane. Servizio: mescere a 18°C in grandi calici con stelo medio. Abbinamento: brasato al Barolo, terrina di beccaccia, lepre in çivet, Raschera di 4-5 mesi.

ESAME ORGANOLETTICO Aspetto: limpido. Colore: granato intenso e vivo. Profumo: intenso e persistente, fine con netti sentori di piccoli frutti rossi selvatici (mora, ciliegia e lampone) maturi e un po’ macerati, erbe montane e balsamiche, umori boschivi e lieve di pepe nero, mandorla secca, goudron e boisè. Sapore: secco, sufficientemente fresco, sapido, molto caldo, con netta ma piacevole astringenza, di gran struttura e persistenza, con fondo astringente-amarognolo. Retrogusto: vena tannica e note fruttate, vegetale-balsamiche e speziate.

CONSIDERAZIONI Molto buono. Ottenuto da scelte uve Nebbiolo di un vigneto di un ettaro dell’età tredici anni, sito in località Sorano di Serralunga d’Alba, fatte fermentare e macerare per poco più di una settimana a temperatura controllata. Dopo la svinatura, il vino matura prima per 24 mesi in barriques (dove svolge la fermentazione malolattica), altri 12 mesi in botte grande di rovere dopo e, infine, affina un anno in bottiglia.


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pizza e pasta italiana

Quando la birra diventa scura

illustrazioni

Tommaso Vidus Rosin


la birra

Per capire l’evoluzione della birra in Inghilterra occorrecollegarla alla prima grande rivoluzione industriale

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entre le birre luppolate vanno affinandosi e affermandosi nell’Europa centrale – Germania, Belgio, ecc. - e dintorni, un vento nuovo comincia a soffiare in Inghilterra, soprattutto a Londra, dapprima timidamente e poi sempre più prepotentemente. Siamo attorno alla metà del 1600 e nella capitale inglese, come in altre grandi città del Regno – Liverpool, Glasgow - sta avendo inizio quella che sarà poi chiamata la “rivoluzione industriale”. Si tratta, in sostanza, del passaggio, lento ma progressivo, dalle piccole attività artigianali tradizionali – dedite all’edilizia, alla lavorazione della lana, del legno, del vetro, dei metalli, ecc. - ad attività analoghe ma con produzioni maggiori, realizzate con un gran numero di persone e con l’utilizzo di apposite macchine di nuova invenzione. In Inghilterra, patria della prima rivoluzione industriale, si aprono in quegli anni nuovi canali per favorire i trasporti delle merci su grandi chiatte, si allargano i porti per ospitare navi sempre più grandi per i proficui commerci con l’Oriente – soprattutto per le spezie, ma non solo – e con le colonie del Nord America e si costruiscono grandi edifici per ospitare le nuove attività industriali. A compiere questi lavori sono delle nuove grandi imprese e, da allora, nello stesso posto di lavoro si vedono operare centinaia di lavoratori e ciò ha notevole influenza anche nel mondo della birra. Nella seconda metà del ‘600 e nella prima metà del ‘700 Londra allarga i propri interessi commerciali e si collega con nuovi mercati, arrivano nuovi prodotti e c’è più disponibilità, rispetto al passato, di materie prime e ciò comporta la costruzione di nuovi mastodontici edifici per le lavorazioni dei prodotti. Lo sviluppo dell’attività industriale è però a danno dell’agricoltura che deve cedere all’industria molti appezzamenti di terra, con la cacciata dei contadini, molti dei quali si trasferiscono poi in città diventando operai, per le cui famiglie vengono costruite nuove abitazioni definite, per l’appunto, “operaie”.

di Laura Nascinben


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pizza e pasta italiana

LA BIRRA A Londra, nel frattempo, succedono alcuni eventi abbastanza nefasti. Nel 1642 c’è la guerra civile; dal 1653 al 1658 il turbolento regime di Oliver Cromwell, nel 1665 scoppia la peste e nel 1666 un grandioso incendio distrugge quasi tutta la città. Il terribile incendio è tuttavia la causa di un totale rinnovamento di Londra e della nascita della City, con l’arrivo dalle campagne di una massa di contadini e persone affamate in cerca di lavoro, di cibo e… di birra. Nella capitale inglese arriva proprio in quel periodo – negli anni successivi all’incendio della città - anche il brown malt, un tipo di malto piuttosto scuro e poco costoso proveniente dall’Hertfordshire, poco a nord di Londra e in breve tempo questo malto scuro diventa il più utilizzato per produrre la birra, tanto richiesta dalle nuove classi lavoratrici.

In quegli anni a Londra si producevano con questo malto vari tipi di birra, differenti per gradazione e le birre più forti venivano invecchiate fino a quando raggiungevano una nota acidula. Queste birre venivano chiamate “stale”, che significa “stantie”, cioè vecchie, ma erano le più ricercate e costavano più delle più giovani, chiamate “running”. E proprio l’offerta di una ricca varietà di birre – forti, leggere, stantie, giovani, ecc. – spinge un numero crescente di clienti dei pub a chiedere delle birre “miste”, cioè dei blend di più tipologie. La storia tramanda che i lavoratori londinesi fossero soliti ordinare una “tre terzi”: un blend tra una ale più fresca, una “più vecchia” e una twopenny, una strong/old ale più nobile ed alcolica delle precedenti.

La leggenda

dell’inventore della porter A tal proposito c’è in Inghilterra una leggenda che attribuisce a un certo Ralph Harwood la creazione nel 1722 nel suo birrificio di Shoreditch di un blend già pronto, liberando i titolari dei pub dal dover loro stessi realizzare per i clienti il blend richiesto. Sull’invenzione di questo blend resta comunque il mistero, perché a raccontare di Ralph Harwood è una pubblicazione uscita solo nel 1810, novant’anni dopo, intitolata Picture of London, scritta da John Feltham, per cui sembra che si tratti più di una leggenda che di una storia vera. La verità è che il blend ottenuto dal mescolare assieme birre diverse, ottenute comunque dal brown malt, ebbe successo e diversi uomini d’affari, pregustando sicuri guadagni, si misero ad acquistare grandi partite di birre giovani per farle maturare (invecchiare) in proprie strutture per almeno un anno, dando avvio in tal modo alla nuova industria produttiva delle birre porter. In quel periodo arrivarono a Londra dalla campagna alcuni vecchi produttori di birre tradizionali, chiare, luppolate, più o meno alcoliche e nacque una forte concorrenza con i nuovi birrifici londinesi di birre porter. L’arrivo a Londra dei birrifici tradizionali

diede comunque avvio a nuovi stili, poiché ben presto i londinesi apprezzarono le birre di campagna, meno pesanti delle porter, che erano considerate più adatte ai facchini e agli scaricatori del porto. Fu così che per far fronte alla concorrenza delle ale chiare (di queste birre scriveremo prossimamente) i produttori di birra londinesi si sforzarono di “migliorare” la loro birra scura, ricorrendo al luppolo, servendola poi spillata dalle botti. La intire butt beer piacque alla working class e, naturalmente, anche ai facchini e ai portuali. La birra, così rinnovata, ebbe grande successo anche perché, nel frattempo, furono introdotte nei birrifici più grandi delle nuove tecnologie produttive, che affinarono ulteriormente questa bevanda tanto cara ai londinesi di ogni classe sociale. Riporta la storia che la sola Whitbread produceva nel 1796 ben 202 mila barili da 36 galloni all’anno (circa 27,5 milioni di litri), mentre nel 1810 i produttori londinesi di porter produssero 1 milione e 200 mila barili di birra (oltre 163 milioni di litri). L’industria della birra in Inghilterra era così definitivamente lanciata e il suo successo non si fermerà più.



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pizza e pasta italiana

IL BAR

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il liquore genepì della tradizione alpina La storia

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di Gianandrea Rorato

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Forte_ Fenestrelle

ipico delle montagne del Piemonte e della Valle d’Aosta, il Genepì è considerato l’espressione più interessante della liquoristica delle Alpi occidentali. Il suo passato è stato glorioso, presente da epoche immemorabili in tutte le case delle valli alpine, con una bottiglia sempre a disposizione degli ospiti e di quanti passavano. Il cambio di stile di vita avvenuto negli ultimi decenni del secolo scorso ha però influito negativamente su questo delizioso liquore che è diventato più un prodotto per turisti che per famiglie. Ed è un vero peccato anche se da poco più di una decina d’anni è sorta a Dronero (CN), per volontà dei coltivatori di genepy e dei produttori dell’omonimo liquore, l’Associazione Genepi Occitan, con l’impegno di difendere, valorizzare e promuovere uno dei prodotti più caratteristici e interessanti della cultura e della tradizione delle Alpi piemontesi.

ome informa l’Associazione Genepì Occitan, gli abitanti delle valli alpine del cuneese, come del resto gli abitanti di tutta l’area alpina del Piemonte e della Valle d’Aosta, producevano da secoli il Genepì, un liquore corroborante e, nel contempo, gradevolmente digestivo, mettendo in infusione una pianta officinale, il genepy (Artemisia Spicata e Mutellina), che cresce spontanea ad alta quota tra le rocce e fin sopra i ghiacciai. Dall’Ottocento, numerosi piccoli laboratori artigiani e le prime distillerie, conoscendo il successo che aveva questo liquore fatto in casa, iniziarono a produrlo nei loro laboratori, utilizzando l’Artemisia fornita loro dai valligiani raccoglitori. La prima distilleria, sorta per produrre il Genepì, fu inaugurata nel 1823 a Fenestrelle, (dove c’è il celebre forte omonimo: una stupenda fortezza, formata da tre forti collegati da un tunnel con la scala coperta più lunga d’Europa, ben 4000 gradini), dal regio notaio Stefano Pin, che lasciò scritto diligentemente la ricetta usata in quella distilleria per la produzione del liquore, tenendo conto delle indicazioni avute dalle famiglie della zona che se ne tramandavano la ricetta. Dopo la distilleria di Fenestrelle (TO), ne sorsero altre che continuarono a usare i metodi di infusione tramandati da secoli. Attorno alla metà del secolo scorso la richiesta di questo liquore crebbe così tanto che furono avviate le prime coltivazioni di Artemisia su terreni d’alta quota, aumentate negli ultimi tempi.


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Il liquore

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Dalla pianta al liquore

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radizionalmente veniva e viene usato dai valligiani come ottimo e piacevole digestivo, ma anche corroborante all’inizio o durante la giornata (i valligiani piemontesi lo consideravano un prezioso immancabile toccasana). Recenti studi considerano poi il Genepì un interessante integratore alimentare. La presenza di composti ad azione digestiva e gastro-protettiva lo fanno ritenere utile per la farmacopea e quindi di possibile utilizzo anche come medicina. Attualmente trova ulteriori interessanti impieghi, oltre che per ottimi cocktail (ne presentiamo tre creati da tre Istituti Alberghieri del Piemonte), come aromatizzatore per dolci (caramelle, gelati, confetture, cioccolato) che, in tal modo, risultano anch’essi legati al sapore caratteristico del mondo alpino. Il Genepì è un liquore tipicamente piemontese e valdostano, prodotto attualmente da diverse distillerie, uno dei tanti gioielli che la tradizione italiana è riuscita a conservare ed è grazie a prodotti come questo, realizzati con tanta perizia ed amore, che il ricchissimo settore della liquoristica italiana gode di molto prestigio anche a livello internazionale.

n tempo le infiorescenze venivano raccolte dalle erbe che crescevano spontanee ma da circa mezzo secolo sono raccolte dalle piante di Artemisia appositamente coltivate. Una volta raccolte, esse vengono fatte essiccare in locali arieggiati (solai o fienili) o in appositi essiccatoi. Quanto ottenuto (un 30% circa del peso iniziale) viene posto in contenitori di acciaio inox con una soluzione idroalcolica e lasciato in infusione per una trentina di giorni. Poi l’infuso viene torchiato e addizionato con una miscela di acqua e zucchero per completare il liquore che tuttavia non è ancora pronto. In sospensione restano delle parti insolubili che devono sedimentarsi spontaneamente, quindi vengono separate definitivamente con idonee filtrazioni. Alla fine di queste operazioni il Genepì è pronto per essere imbottigliato, ma ha bisogno di ulteriori 4-5 mesi di affinamento: il colore del Genepì pronto è pulitissimo e brillante, con sfumature che variano dal verde pallido al giallo ambrato e con una gradazione alcolica fra i 30 e i 40°C.

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Pianta di Genepì

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IL BAR

Tre Cocktail col Genepì creati da insegnanti e studenti di Istituti Alberghieri del Piemonte

Cocktail Barge Cocktail Pra’

(Istituto Alberghiero di Barge)

(Istituto Alberghiero di Dronero)

Cocktail Stefy (Istituto Alberghiero di Mondovì)

Ingredienti: Ingredienti: ½ mandarino (clementina), ¼ di lime, 10 g di zucchero di canna, 50 ml di Genepì, 20 ml di acqua frizzante, ghiaccio.

Preparazione: In un tumbler basso pestare il mandarino (meglio se clementina), con il lime e lo zucchero di canna. Aggiungere ghiaccio spezzettato. Completare col genepì. Chiudere con l’acqua frizzante.

14 cl di vino Quagliano, 1 cl di Genepì, fragole.

Ingredienti:

Preparazione:

2 cl di Southern Confort, 3 cl di Genepì, 2 cl di succo d’arancia.

Versare in un calice il vino delle colline di Saluzzo, quindi il Genepì prima utilizzato per marinare una brunoise di fragole, da aggiungere al cocktail. Per decorazione una fragola tagliata a ventaglio con mentuccia fresca.

Preparazione: Shacherato e servito con guarnizione di scorza d’arancia caramellata e fiore di genepy.



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QUESTIONE DI GUSTO

VACANZE in

di Nives Piva

Italia

L’Italia è il Paese del Bello che va fatto godere il più possibile ai turisti che arrivano da ogni parte del mondo in tutte le stagioni.

“È pur vero quanto ci ricordano le statistiche che le vacanze in Italia costano un po’ di più che negli altri Paesi affacciati sul Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia, dalla Grecia al Marocco. E questo, in verità, da sempre, anche se ci sono località dove i prezzi sono molto contenuti e altre dove sono piuttosto alti. In questi ultimi casi c’è sempre una scusa pronta: “siamo in un’area bellissima”, “qui oltre al mare ci sono tesori archeologici e artistici” e così via. È la scusa di Venezia e di altre città e località analoghe, dove c’è chi afferma che le bellezze offerte al turista non hanno confronti, per cui anche le camere d’albergo e l’ombrellone sulla spiaggia costano di più.

Il turismo è una cosa seria, serissima e va organizzato e gestito con grande intelligenza e con ancor più grande rispetto per i turisti. In Italia il costo alberghiero e dei servizi correlati potrebbe anche essere leggermente superiore a quello di altri Paesi mediterranei, ma allora l’albergo e i servizi correlati devono dare di più. Gli addetti ai lavori - assessori al turismo, presidenti di associazione, albergatori, ristoratori, ecc. - comincino a valutare con attenzione la situazione attuale, area per area, magari alla fine della stagione estiva e la confrontino con quanto avviene all’estero, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, per esempio, per trarre delle conclusioni che aiutino ad affrontare meglio il futuro.


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a sinistra

sopra

Il Colosseo

- Faraglioni - Capri

Dato per scontato che l’Italia è il “Paese del Bello”, per quanto riguarda il territorio, l’archeologia, l’arte e la cultura, è indubbio che questo straordinario patrimonio va valorizzato meglio da quanti si occupano di turismo, a cominciare dagli Enti locali: Comuni, Aziende turistiche, Associazioni Alberghiere, ecc. Curare con amore e competenza il territorio, i parchi pubblici, i monumenti, ma anche le strutture alberghiere, le camere, le sale comuni, la cucina e la ristorazione e soprattutto il personale, sono aspetti dove c’è ancora bisogno di intervenire. Si potrebbe dire che ciascun operatore legato al mondo del turismo dovrebbe sì fare business se imprenditore, ma anche tenere sempre al meglio le proprie strutture e i servizi collegati. Poi ci sono gli Enti pubblici: Comuni, Regioni, Stato cui compete la cura del territorio, le infrastrutture – autostrade, strade, ferrovie – ed anche qui c’è molto da fare, basti pensare alla Salerno-Reggio Calabria. E c’è un altro aspetto su cui non si riflette mai abbastanza. Il turismo è una importante fonte economica, dà lavoro e da vivere a molte decine di migliaia di persone ed ha ancora ampi spazi di sviluppo – basterebbe valorizzare meglio le piccole città d’arte presenti ovunque e i tanti piccoli musei spesso gioielli trascurati – ma serve in tutti una maggiore consapevolezza dell’oro che abbiamo a portata di mano.

Ecco: l’Italia è davvero il Paese del Bello, dobbiamo essere orgogliosi del nostro Paese, perché le cose positive sono di gran lunga più numerose di quelle negative. Anche a Pompei, la più vasta e importante area archeologica del mondo, le cose straordinarie sono tantissime di fronte a piccoli inconvenienti solitamente amplificati dai media, che trascurano spesso le continue migliorie apportate, come la riapertura a fine giugno del Teatro Grande che ha ospitato l’Agamennone di Eschilo, con grandissima partecipazione di pubblico. Ci piacerebbe che ci fosse una più vasta e approfondita conoscenza del patrimonio che ci è stato dato, ricco di tanti stupendi tesori e che questi fossero valorizzati meglio; che quindi i turisti potessero immergersi non solo nel nostro mare, ammirare i nostri paesaggi, godere l’ospitalità di alberghi inappuntabili, gustare i celebri piatti della grande cucina mediterranea e poter usufruire meglio e più facilmente delle tantissime cose

sopra

sotto

Canazei in Val di Fassa

- Taormina e più in basso la basilica riportata alla luce sotto Carolina Bonaparte a Pompei

belle che esistono ovunque in Italia sia all’interno che a poca distanza da ogni località turistica. Allora il costo del 10 per cento in più rispetto alla Grecia o al Marocco sarebbe più che giustificato.



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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

C Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista

hissà quante volte avendo tra le mani un barattolo di un qualsiasi tipo di conserve abbiamo pensato al suo contenuto, alla sua preparazione, alla qualità delle materie prime usate, a quanti conservanti o misture abbiano introdotto all'interno per farle conservare; ma ci saremmo chiesti anche, tante volte, saremmo noi in grado di farle nelle nostre cucine, magari usando prodotti di provenienza certa, e con tutta la nostra accortezza igienica? Sicuramente si! Iniziamo, quindi, questo interessante percorso nel mondo delle conserve.

La preparazione domestica di conserve alimentari è un’abitudine diffusa nel nostro paese che affonda le radici nella tradizione rurale e rivive, attingendo al bagaglio delle conoscenze tramandate di generazione in generazione, un momento di felice riscoperta. Dietro a questa tendenza vi sono il desiderio di accorciare la filiera produttiva, la convinzione di ottenere un prodotto più salubre e anche il tentativo di ottenere un risparmio economico. La preparazione domestica delle conserve è una tradizione affermata in tutte le regioni italiane. Accanto alle ricette tramandate dai genitori ai figli, molti amano

IMPARIAMO A

CONSERVARE sperimentare nuove proposte, anche elaborate, spesso mirate a trasformare un piatto deperibile in un prodotto a lunga conservazione. La necessità di conservare gli alimenti il più a lungo possibile si è manifestata fin dall’antichità, quando la disponibilità degli alimenti era condizionata dalle stagioni e dalla possibilità di catturare le prede. Fu la natura stessa ad indicare le prime modalità di conservazione: la frutta che restava sugli alberi seccava e non perdeva commestibilità, gli animali che restavano sepolti sotto la neve e il ghiaccio e i pesci che restavano inclusi nelle saline naturali sono stati sicuramente i primi esempi di conserve. Il commercio del pesce salato e affumicato era praticato già nell’antico Egitto e presso i Fenici ed era noto ai Greci ed ai Romani. Bisognerà aspettare gli inizi dell'800 per vedere l’applicazione del primo trattamento termico alla conservazione degli alimenti.


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LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE Nella sua pubblicazione Appert (l'inventore del metodo per la conservazione ermetica dei cibi) descriveva in maniera chiara il suo processo di conservazione:

• preparazione ed introduzione degli alimenti all’interno di bottiglie; • chiusura delle bottiglie con tappi di sughero; • trattamento delle bottiglie in acqua bollente per tempi variabili in funzione dell’alimento; • raffreddamento delle bottiglie. Questo procedimento subirà, nel corso del tempo, diverse trasformazioni ed innovazioni sia negli impianti che nel processo di lavorazione. Vennero inventati dei barattoli in banda stagnata, e si brevettò il metodo di conservazione degli alimenti mediante riscaldamento in recipienti di latta. Fu però solo dopo la metà del secolo XIX, che il processo di conservazione degli alimenti in contenitori chiusi ermeticamente acquisì connotazioni scientifiche. Il merito fu del francese Louis Pasteur, che dimostrò come lo sviluppo microbico fosse responsabile delle alterazioni dei prodotti alimentari. Furono gli studi di Pasteur che di fatto dettero origine alla microbiologica degli alimenti.

IN SINTESI

Gli studi seguenti raggiunsero importanti obiettivi: • dimostrarono che i batteri rimasti vivi dopo il processo di “appertizzazione” erano responsabili dell’alterazione degli alimenti inscatolati e che aumentando le temperature del processo al di sopra della temperatura di ebollizione dell’acqua, questi batteri potevano essere inattivati; • misero in evidenza l’importanza della penetrazione del calore durante il trattamento termico degli alimenti. Con l’uso di termometri furono in grado di misurare le temperature raggiunte al centro dei barattoli e la velocità di penetrazione del calore; • furono i primi a raccomandare i test di incubazione per accertare la stabilizzazione dei prodotti trattati termicamente; • dimostrarono la necessità di raffreddare i prodotti trattati termicamente. • si svilupparono e perfezionarono le termocoppie e la loro applicazione agli studi di penetrazione del calore; • si definirono i punti di morte termica a diverse temperature per definite popolazioni sporali; • si definì la resistenza termica di microrganismi sporigeni; • la relazione tra il tempo di morte termica delle spore e il pH e il tempo di morte termica e la concentrazione iniziale di spore;

COSA SONO LE CONSERVE ALIMENTARI? Le conserve sono tutte quelle preparazioni alimentari confezionate in contenitori a chiusura ermetica che subiscono trattamenti termici che ne permettono la stabilizzazione e la conservazione per lunghi periodi a temperatura ambiente. Generalmente si distinguono in conserve acide e non acide. Le semi-conserve sono preparazioni alimentari che per loro natura non possono essere trattate a temperature di sterilizzazione, quindi subiscono trattamenti termici a temperature minori (pastorizzazione) che comunque sono in grado di distruggere alcune forme microbiche (fra cui le patogene) e gli enzimi. Questi prodotti non sono sterili e contengono un

numero variabile di microrganismi la cui crescita è tenuta sotto controllo mediante opportune modalità di conservazione. Solitamente si conservano in frigorifero per un periodo più breve delle conserve. Un esempio di conserva è rappresentato da vegetali sott’aceto, carne in scatola, tonno in scatola, legumi in banda stagnata. Un esempio di semi-conserva è rappresentato da zuppe e minestroni pronti, prodotti essiccati e liofilizzati, gelati, surgelati e prodotti congelati. La stabilizzazione delle conserve è un processo o una serie di processi che permettono di bloccare l’attività degli enzimi e dei microrganismi, natural-



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pizza e pasta italiana

lug —PIZZA ago E PASTA p.LA 38 SCIENZA 2012 ITALIANA

DELL’ALIMENTAZIONE

pizza e pasta italiana STORIA

DEL PANE

VIAGGIO mente presenti negli alimenti, che ne causerebbero il deterioramento e la perdita della commestibilitĂ . Il processo di stabilizzazione degli alimenti piĂš importante è la sterilizzazione che consiste nel trattare un alimento confezionato a tempe- i suoi piatti degli ottimi formaggi e salumi locali e carre alermeticamente visitatore di assaporare rature maggiori di quella di ebollizione dell’acqua e e prodotti tipici, come il ciaffagnone ed il ni alla brace. A Pitigliano c’è l’eccellente pertanto richiede apparecchiature dedicate che non di e quando mancava si suppliva con chicchi frumento cucina Michea (5,1) e come confermano di Alessandro e Chiara nel loro ri-i Vangeli di Matteo pecorino toscano di Manciano, il buglione sono disponibili ine ambito domestico. d’agnello e lo sfratto di Pitigliano, Fagioabbrustoliti intinti nell’aceto e l’ebreo, seppuril di umili storante (2,6) eIldiCeccottino Giovanni(www.ceccottino. (7,42), GesĂš, il figlio di Maria e ultimi 50 anni è cambiata l’itinerario profondamente la Con la sterilizzazione lo vengono disattivati tutti gli en-piattiNegli com), e terminare cannellino dieSorano, tutti da accondizioni, se aveva un servo possedeva del pane, aveGiuseppe, discendente di reall’Ottava Davide, nacque in una citsocietĂ e con(www.cantinaottavarima. essa le abitudini alimenzimi e distrutte tutte lecompagnare forme microbiche (patogene Rima a Sorano con i vini tipici locali. struttura della va diritto al massimo rispetto. chedonne si trova circaselezione dieci chilometri a sud di Getari.stoCon l’ingresso del lavoro, e non), anche quelle piĂš resistenti, che solitamente si tesori it)tadina dove delle Nicola connel laamondo sua di L’alta Maremma, con i suoi tanti le disponibilitĂ di tempo per la preparazione dei pasti ritrovano sotto forma di spora. Ăˆ interessante e rici, curioso allo stesso tempo notare che fra rusalemme e che si chiama Betlemme. Il fatto sorprenurbanistici, architettonici e gastrono- prodotti tipici accoglie gli ospiti nella suo si sono notevolmente ridotte ed è aumentata forteUn altro processo di stabilizzazione è la pastorizzacaratteristico ambiente ricavato nel tufo, mici è da visitare senza fretta, godendo gli Ebrei era abitudine molto diffusa chiedere pane in dente è che il nome Betlemme, in lingua ebraica Beth mente la domanda delle conserve alimentari. zione. Si tratta di trattamento termico che si effettua magari servendo un bicchiere assenzio. appienosposata anche panorami mozzafi Per prestito, che la donna aveva adiritto al ato. pane coLehem, significa casa deldipane, legando questo fondaSe negli ’80 i prodotti maggiormente generalmente a temperatura ugualeottimi quella Insomma buonaconservati esplorazione a tutti! L’Alla sostaminore ci sonoomolti agriturismi e anni niugale e solo in tempo di estrema miseria essa si impementale alimento umano a un evento straordinario e acquistati erano vegetali èsott’olio e sott’aceto, legumi di ebollizione dell’acqua è in gradouno di distruggere la interesta Maremma uno scrigno di tesori che ne ed segnaliamo che sappiamo gnavaparte a vivere il pane proprio, sapeva era suostagnata, misterioso, nascita del figlio di Dio. Vi è dunque nel inFattobanda carne ela tonno in scatola e sughi maggior degli con enzimi eper molti microrganismi, ma che merita scoprire e godere! sante piĂš motivi:ma l’Agriturismo pronti, oggi lenome attenzioni maggiori sono rivolte verso nondovere le spore.sorvegliare Gli alimenti pastorizzati, infatti, potendo casa e “non mangiare il pane della del luogo natale di GesĂš quasi un preannuncio ria la dell’Orsa Maggiore (www.ursamaior. quei prodotti, debolmente processati e poco additicontenere microrganismi vitali, devono it) a Manciano, dove nel loro Ristoro “Il Fipigriziaâ€? e che il castigo divino si manifestava con l’ob- del suo messaggio: ÂŤIo sono il pane della vita; chi viene vati, che possono essere conservati a temperature di essere sottoposti ad ulteriori trattamenti che bloccaschiottoâ€? sono disponibili i vini aziendali Fabio Iacozzilli bligo, permicrobico. le donne, di vendere iltali pane cotto da refrigerazione, loro. daper metempi non abbastanza avrĂ piĂšdifame... lunghi.e il pane che io darò è la mia no lo sviluppo Generalmente trattada accompagnare con un’ampia selezione Non si può concludere questo sguardo fugace alla storia carne per la vita del mondoÂť. menti prevedono l’acidificazione dell’alimento oppure Nonostante la crisi economica che negli ultimi anni il mondo industrializzato, la conservazione tempi limitati in frigorifero. quello sta del pane in per Palestina senza menzionare checoinvolgendo può Ma tutto vedremo meglio, nel prossimo mese, il valore, reale e anche l’Italia, le stime sui consumi Oggiessere la tecnologia alimentare ha compiuto innumeconsiderato il fatto centrale della storia umana, la e simbolico, del panealimentari per il popolo ebraico, un valore dimostrano che tali prodotti subiscono un costante revoli passi avanti, soprattutto in risposta alle mutate nascita GesĂš Cristo. Ebbene, come aveva profetizzato incremento. che appartiene tutt’oggi a questo popolo. esigenze deldi consumatore.

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pizza e pasta italiana

Campionato Mondiale e pizza STG, il risultato inaspettato:

UN’AUSTRALIANO SUL PODIO “Il mio vero nome è Giovanni Di Francesco, sono nato e cresciuto in Australia e da qui l’adattamento del nome a Johnny. I miei genitori, papà Pasquale, casertano, e mamma Santina delle isole Eolie sono arrivati in Australia con il grande flusso migratorio degli anni 50/60 per cercare nuove opportunità e un futuro migliore” ci racconta.

A LATO La pizza vincitrice

Al

Campionato Mondiale della Pizza di Parma quest’anno il risultato più inaspettato è stato senza dubbio quello di Johnny Di Francesco, australiano, che ha conquistato la medaglia d’oro nella tanto ambita categoria della Pizza napoletana STG (Specialità Tradizionale Garantita). Ho parlato con lui per carpirne i segreti. La sua storia con la pizza è nata per caso: voleva acquistare un paio di scarpe da tennis a 12 anni e per non gravare sulla famiglia ha pensato di trovarsi un lavoretto in una pizzeria per guadagnare i soldi di cui aveva bisogno ed è così che è nata la sua passione per la pizza. Johnny è cresciuto e s’è impossessato appieno del suo mestiere in anni di duro lavoro fino al raggiungimento del grado di Capitano del Team Australia con cui si reca da due anni al Campionato Mondiale, meta ambita per la crescita professionale e per rap-

presentare la sua terra. Gli chiedo perché proprio una categoria così rigida come la Pizza napoletana STG (il disciplinare va seguito alla lettera) e mi ha risposto: “La STG è una passione personale e un amore a prima vista, una disciplina particolare e molto rigida che per me è un incentivo per spingere il mio team nella ricerca di prodotti di altissima qualità. Mi occupo personalmente della ricerca di prodotti di nicchia, lavoro con le aziende importatrici in maniera ravvicinata per poter ricevere tutto il meglio che l’Italia può offrire. Al Campionato ho portato una Margherita ripetendo all’infinito il mio motto – less is more – la mia filosofia lavorativa. Ho reperito i prodotti direttamente a Parma in uno dei negozi dove ogni anno mi fermo per gustare le delizie italiane. Freschezza, qualità e passione nella produzione sono i miei parametri d’acquisto”.


campionato mondiale della pizza 2014

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Johnny Di Francesco conquista la medaglia d’oro.

Chiedo cosa ha provato a sentir pronunciare proprio il suo nome sul palco.

“È stato un brivido, un’emozione unica e un’enorme soddisfazione. Essere proclamato vincitore davanti a colleghi professionisti provenienti da tutto il mondo è stato il culmine, il risultato più ambito, una conferma del buon operato, della professionalità e dell’umiltà che hanno trionfato. I pensieri e le emozioni sono stati tanti, il primo di sicuro è andato alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei bambini, ai miei genitori e a tutto il mio staff che giornalmente mi rappresenta con professionalità e passione”.

A Johnny Di Francesco va l’augurio più fervido di questa Rivista, perché con la sua alta e matura professionalità continui nella lontana Australia a far onore alla terra dei suoi genitori, promuovendo anche laggiù il nome e gli ottimi prodotti agroalimentari dell’Italia.


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pizza e pasta italiana

A ORTONA IL PLURIPREMIA TO PIZZAIOLO COL SOGNO AMERICANO SALE SUL POD IO DELLA PIZZA IN PALA. “Dopo tre anni consecutivi sul podio – ci dice Massimo Bruni - c’è poco da aggiungere, la felicità è tanta, si rafforza l’autostima e la voglia di prendere di petto il momento negativo che la nostra nazione sta attraversando. L’organizzazione del Campionato è stata ancora una volta impeccabile; a Parma si vince o si perde, come un attore che vince l’oscar al posto di un altro, o un gol della squadra avversaria al 90° minuto.

Per il terzo anno consecutivo Massimo Bruni è sulla vetta del Mondo della pizza.

A

d Ortona, cittadina balneare in provincia di Chieti, per quattro anni consecutivi è stata conferita la bandiera blu d’Europa, un riconoscimento alle località costiere europee che soddisfano criteri di qualità relativi a parametri delle acque di balneazione e al servizio offerto. Una bandiera particolare però la dovrebbero conferire anche a Massimo Bruni, pizzaiolo di Pizza Shock che per tre anni consecutivi è salito sui gradini più alti del Campionato Mondiale della Pizza. Facendo un passo indietro troviamo un giovane diplomato all’istituto nautico che insegue il sogno americano trasferendosi negli States per migliorare il suo inglese. Nel nuovo continente nasce in Massimo l’amore per l’arte bianca, affascinato dalla miriade di franchising che si susseguono sulla stessa strada dove allora risiedeva riempiendola di colori, novità, menù sempre diversi, lontanissimi dalla bottega sotto casa in Italia con lo stesso panino farcito ogni giorno con lo stesso salume. Al rientro in Italia Massimo apre Pizza

Dopo tre giorni la battaglia, cioè la gara, finisce, e si pensa alla battaglia successiva…anche se si deve aspettare un anno. Ogni partecipazione è una vittoria, il bagaglio di emozioni, di crescita è talmente alto che si deve gioire di ogni qualificazione, fosse anche l’ultimo classificato. Ci vedremo nel 2015” conclude sempre più impegnato nella sua pizzeria di Ortona. Shock, piccola realtà locale con qualche innovazione made in USA ma con una pizza a suo dire inguardabile, e forse, anche cattiva per il palato dei clienti fiduciosi dell’esperienza oltreoceano del pizzaiolo. Le probabilità di chiudere la pizzeria sono alte, da qui la decisione di formarsi tecnicamente e l’iscrizione a tutti i corsi di arte bianca che il mercato offre, approccio questo, che a 25 anni di distanza è ancora saldamente presente in Massimo. Lavoro, lavoro, lavoro, dedizione, sacrifici… tanto da diventare una situazione monotona per Massimo che decide di mettersi in gioco misurandosi nei primi concorsi locali. I risultati sono buoni, è giunto il tempo di confrontarsi coi big della pizza, quei professionisti di cui leggi sui giornali con pizze che pensavi non esistessero neppure, e partecipa al Campionato Mondiale della Pizza. È l’anno 2012 quando Massimo Bruni sale sul gradino più alto del podio del Campionato Mondiale della Pizza a Salsomaggiore, nella categoria di Pizza in Teglia, con una pizza che è una

combinazione degli ingredienti della sua terra. Anno 2013, il gradino della Pizza in Teglia diventa quello del terzo posto, una sconfitta? No, l’ennesima vittoria, tra 500 professionisti salire sul podio due anni consecutivi è una grande soddisfazione e un riconoscimento professionale. Anno 2014, primo posto nella gara mondiale di Pizza in Pala! Sulla pizza di Massimo trovano spazio la mortadella IGP di Bologna, le scaglie di pecorino di Farindola, i germogli di rapa rossa su letto di fior di latte e il caciocavallo ragusano. Non ci sono dubbi, è la pizza regina della categoria.


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Giropizza d’Europa 2014-2015:

undici anni al centro d’Europa

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NOVEMBRE

L’

undicesima edizione della competizione più ambita, il Giropizza d’Europa, sta per cominciare. Come già anticipato nello scorso numero le prime tappe sono già state stabilite e ci si potrà iscrivere da subito, la formula è invariata, basta compilare il modulo che trovate nella pagina a fianco o su internet (www.pizzaepastaitaliana. it), spedirlo via fax o mail e telefonare per confermare la partecipazione. La gara si svolge presentando il cavallo di battaglia della vostra pizzeria e portando tutti gli ingredienti da casa, un’attenta giuria valuterà gusto e cottura del vostro piatto e vi assegnerà un punteggio che andrà a compilare la classifica.

Se sarete tra i primi dieci classificati andrete di diritto alla finalissima ad Amburgo dove dovrete riproporre la stessa pizza per la sfida finale. Tutte le foto dei concorrenti di ogni tappa verranno pubblicate sull’applicazione digitale di Pizza e Pasta Italiana disponibile per tablet e smartphone, per avere sempre in tasca le emozioni della gara. Potrete mostrare ai vostri amici e clienti la vostra esibizione in ogni momento, la presentazione della vostra pizza e forse … la vittoria finale! Vi aspettiamo come sempre numerosi per vivere intense sfide all’ultimo impasto, per vivere emozioni sempre nuove e fare tesoro di un’esperienza unica.

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15

MARZO 2015


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Regolamento L’iscrizione al Giropizza d’Europa 2014/2015 sarà a pagamento. Si dovranno versare in loco € 40,00. L’iscrizione al Giropizza d’Europa 2014/2015 sarà accettata solo se effettuata in modo corretto tramite: compilazione tagliando virtuale in internet (www.pizzaepastaitaliana.it) e successiva telefonata in redazione; compilazione del tagliando che trovate su Pizza e Pasta Italiana, invio via fax e successiva telefonata in redazione; telefonata in redazione con richiesta d’iscrizione.

Il tagliando d’iscrizione dovrà essere compilato in ogni sua parte, se cartaceo in stampatello maiuscolo, comprensiva di dati del pizzaiolo, tappa in cui si vuole gareggiare, nome e ingredienti della pizza in gara, in caso contrario la domanda non verrà presa in considerazione. Sarà la redazione di Pizza e Pasta Italiana a stabilire l’ordine di partecipazione dei concorrenti, non verranno ammessi cambi numero o scambi di posto per nessuna ragione. Ci si dovrà presentare allo stand di Pizza e Pasta Italiana all’orario di

apertura al pubblico della fiera in corso per ritirare il proprio numero di gara ed espletare le ultime formalità dell’iscrizione, pena l’eliminazione dalla competizione a chi si presenterà a gara già cominciata in stand. I primi dieci classificati di ogni tappa accederanno di diritto alla finalissima dove dovranno presentare obbligatoriamente la stessa pizza realizzata alla prima gara, pena l’esclusione dalla finale. Solo nel caso non si riuscisse ad accedere alla finalissima dopo aver partecipato alla tappa prescelta ci si potrà iscrivere ad una delle tappe successive.

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE 2014-2015 COMPETITION FORM /FICHE DE PARTECIPATION

Da inviare almeno 20 giorni prima della data della tappa scelta e telefonare al numero 0421.83.148 per avere conferma dell'iscrizione avvenuta.

Nome /Name /Nom .................................................................. Cognome /Surname /Prénom........................................................................... Tel. - Cell. /Phone number /Numero de telephone........................................................ E-mail.......................................................................... — Pizzeria /Name of the Pizzeria /Nom de Pizzeria............................................................................................................................................... Indirizzo /Address /Adresse................................................................................................................................................................................... Località /Town /Lieu............................................................................................................................................................................................... Cap /Post-code /Code Postal.......................................................................................... Provincia /District /Province.................................... Tel. /Phone number /Numero de telephone................................................................. E-mail...........................................................................

desidero partecipare alla tappa di /competition in / competition de ...................................................................................................................................................................................................................................

ricetta della pizza della casa /pizza recipe / pizza du chef Nome della pizza /Pizza name /Nom de Pizza .................................................................................................................................................... Ingredienti /Ingredients /Ingrédients ................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................

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PARMA

salvatore salviani CORSI BASE

alessandro marigliani

POTENZA

maria carmela tarantino

CORSI BASE

VICENZA

claudio perrone CORSI BASE

IN PARTENZA

IN PARTENZA

IN PARTENZA

dal 8 al 19 sett. dal 6 al 17 ott. dal 10 al 21 nov.

dal 1 al 6 sett. dal 6 al 11 ott. dal 3 al 8 nov. dal 1 al 6 dic.

dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov. dal 15 al 19 dic.

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PErChè SIAmO l’unico molino che macina 10000 q.li al giorno in 5 sezioni differenti con una macinazione lenta e lunga, mantenendo così intatta l’integrità degli amidi senza stressare il chicco. Abbiamo anche specializzato le sezioni per i grani più duri e le sezioni per i grani più teneri che maciniamo singolarmente per rispettare l’unicità di ogni prodotto.

PErChè SIAmO l’unico molino che dispone di 3 tecnici - dimostratori che fanno parte del nostro team. Sono risorse interne della famiglia “le 5 Stagioni” che, affiancati a collaboratori esterni, hanno contribuito negli anni ad arricchire il nostro patrimonio di conoscenze così da poterlo trasmettere al cliente.

PErChè SIAmO stati il primo molino italiano ad aver ideato una linea di farine dedicata al mondo della pizza, l’unico che produce nei propri stabilimenti un lievito madre essiccato in polvere specifico per pizza.

PErChè SIAmO l’unico molino che da sempre investe in Ricerca e Sviluppo creando nuovi prodotti che hanno segnato il mondo della pizza.

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Le 5 Stagioni- Via Monte Nero, 111 35010 Curtarolo (PD) Tel. +39 049.9624611 Fax +39 049.9624627 mail:farine@molinoagugiaro.it

www.le5stagioni.it


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COLLABORAZIONI info 0421.83.148

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CORSI di SPECIALIZZAZIONE Dedicati ai professionisti che intendono approfondire le proprie conoscenze su specifiche tipologie di impasto e che si svolgono nel corso di una giornata. prenotazioni 0421.83.148

CORSI BASE IN PARTENZA

dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov.

PALA

_ La Pizza in Pala

SEDE NAZIONALE - Caorle - 16 sett. / 18 nov. FIRENZE

Regello (Fi)

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CORSI BASE IN PARTENZA

al 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov.

Anche conosciuta come Spianata o Pizza alla Romana, in quanto tipica dei panifici a Roma. Si tratta di un impasto molto idratato, semplice in termini di ricettazione ma con una serie di possibili varianti nella fase realizzativa che ne condizionano la qualità, l’estetica e personalità del prodotto finale.

TEGLIA MANTOVA

_ La Pizza in Teglia

SEDE NAZIONALE - Caorle - 17 sett. / 19 nov.

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CORSI BASE IN PARTENZA

dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov.

Il segreto di una buona pizza in teglia sta nell’ottenere uno sviluppo in altezza mantenendo, però, la leggerezza della pizza. La perfetta combinazione di questi aspetti differenzia la qualità del prodotto finale.

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_ La Pizza Napoletana e Napoletana STG

NAPOLETANA

SEDE NAZIONALE - Caorle - 18 sett. / 20 nov. FIRENZE - Regello - 1 e 2 sett. / 13 e 14 ott. / 3 e 4 nov. MODENA c/o

CORSI BASE IN PARTENZA

dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov.

Nel rispetto della tradizione, il corso guida l’allievo alla scelta delle farine idonee, al metodo di impastamento, di stesura, di infornamento e di cottura ottimali per ottenere la classica pizza napoletana conosciuta per il bel”cornicione” che la contraddistingue.

ACROBATICA VERONA

SEDE NAZIONALE - Caorle - 13 ott. / 9 dic.

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dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov.

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CORSI BASE IN PARTENZA

Giacaranda — struttura alberghiera

dal 8 al 12 sett. dal 6 al 10 ott. dal 10 al 14 nov. dal 15 al 19 nov.

Destrezza nella manipolazione, velocizzazione del lavoro in pizzeria utilizzando le tecniche acrobatiche. Senza dimenticare che lo show in pizzeria affascina sempre i nostri clienti.

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SEDE NAZIONALE - Caorle - 16 sett. / 18 nov. Come ottenere un pane leggero e gustoso utilizzando gli impasti per pizza? Nel corso della giornata verrano spiegate delle tecniche da adottare per migliorare il prodotto proposto ai clienti.


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CORSI all’ESTERO Scuola Italiana Pizzaioli svolge la propria attività all’estero attraverso la collaborazione con affermati ed esperti professionisti che operano nei più importanti mercati della pizza. Anche in caso di nuove sedi, l’affiancamento iniziale dei nostri Master Istruttori garantisce che il metodo di insegnamento e l’attenzione alla qualità complessiva dei corsi sia la stessa che si può riscontrare sul mercato italiano.

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