Un possibile modello di gestione collettiva del Parco integrato “Terme Lucane” di Latronico (PZ) Emanuela Coppola Università Federico II di Napoli DIARC – Dipartimento di Architettura Email: ecoppola@unina.it
Giuseppe Bruno Osservatorio del Paesaggio Regione Basilicata Email: arch.giuseppebruno@gmail.com
Egidio De Stefano ALSIA – Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura Email: egidio.destefano@alsia.it
Abstract La stazione termale in contrada Calda di Latronico (PZ) rappresenta un elemento di sviluppo centrale nell’ambito del significativo contesto orografico ed ecologico ambientale non solo del comune di Latronico ma dell'intero territorio di quest’area interna qual è quella dell'area a Sud della Basilicata. Questa viene identificata quale comprensorio ecologico-termale: Pollino, Sirino, Maratea, Terme La Calda di Latronico. Se il redigendo Regolamento Urbanistico Comunale di Latronico, attraverso la messa a punto di percorsi ciclo-pedonali, disegna un parco integrato mettendo in rete tutte le risorse naturali, seminaturali, agricole e antropiche presenti sul territorio (dall’istallazione artistica permanente di Anish Kapoor al fiume Sinni, dalle sorgenti termominerali all’area archeologica delle grotte preistoriche, dalle vie dell’acqua “acquari” alle archeologie industriali dell’ex centrale idroelettrica, dalla promozione e valorizzazione degli orti al mantenimento ecosistemico del patrimonio naturale -siepi, filari, boschetti e zone umide), questa proposta mira a promuovere un modello di gestione comunitario (richiamandoci in parte a quello dei Domini Collettivi) per promuovere, con il coinvolgimento essenziale della popolazione che vi risiede, una corretta e concreta politica di valorizzazione dell’intera area. Questo modello prevede la realizzazione del programma di qualificazione e gestione dell’ area in cui la collettività (popolazione che vi risiede), attraverso un suo ente rappresentativo, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale attivo nelle implementazioni delle finalità del Parco. Parole chiave: landscape, participation, governace
1 | Le proprietà collettive in Italia L’ultimo rapporto del FAO rileva una crescita delle foreste italiane di 270.000 ettari in 5 anni coprendo quasi il 40% del Paese. L’Italia non ha forse mai avuto tante foreste: gli alberi, che avanzano sui terreni abbandonati per un progressivo abbandono dell’agricoltura, degradando il paesaggio con matrici sempre più omogenee e compatte. Un paese sempre più verde ma incapace di valorizzarlo e gestirlo adeguatamente. Si pensi solo al dato che l’Italia è uno dei maggiori importatori europei di legname pur godendo di un tesoro verde. Eppure solo il 9% di boschi risulta certificato nel nostro paese (FAO, 2020). Se a questo ragionamento aggiungiamo che le foreste si concentrano soprattutto nelle aree interne anche la gestione di questo patrimonio può rappresentare una occasione di sviluppo ulteriore. Il patrimonio forestale è per due terzi di proprietà privata e per un terzo pubblico ma essendo un patrimonio creciuto in seguito all’abbandono non è soggetto ad una gestione regolare ed è spesso soggetto ad incendi, fenomeno che le ondate di calore, frutto anche dei cambiamenti climatici, hanno acuito e questo rende ancora più centrale il tema di una gestione sostenibile. Tra i modi di gestione, la proprietà collettiva delle terre rappresenta una pratica affascinante e concreta ma poco utilizzata che rimanda ad una forma di “democrazia diretta” intesa però più nel senso di “cura” in quanto l'attività umana ha da sempre generato paesaggi identitari che rappresentano «relazioni co-evolutive a lungo termine tra insediamento umano e ambiente, natura e cultura» (Magnaghi, 2010).
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Le politiche regionali, la coesione, le aree interne e marginali. A cura di Corrado F., Marchigiani E., Marson A., Servillo L. Planum Publisher e Società Italiana degli Urbanisti, Roma-Milano 2021 | ISBN: 978-88-99237-30-1 | DOI: 10.53143/PLM.C.321