Progetto Repubblica Ceca (Marzo, Aprile / March, April) 2016

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Marzo – Aprile / March – April 2016

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Čezeta 506, design retrò e anima green Čezeta 506, retro design and green soul

La Repubblica Ceca diventa Czechia The Czech Republic becomes Czechia

Musil d’Arabia Musil of Arabia



Services

Industrial goods

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Healthcare

Engineering

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sommario

pag. 6

pag. 25

politica politics

cultura / culture

pag. 8

pag. 26

Editoriale Editorial

La Repubblica Ceca diventa Cechia The Czech Republic becomes Czechia

pag. 14

Calendario Fiscale Tax Deadlines

Pavel Tigrid, storia di un uomo giusto e libero Pavel Tigrid, story of a fair and free man

Fatevi un po‘ come vi pare Do more or less as you please

pag. 30

pag. 20

pag. 32

Coordinamento redazionale Editorial Coordination Giovanni Usai

Hanno collaborato Contributors Daniela Mogavero, Giuseppe Picheca, Lawrence Formisano, Sabrina Salomoni, Mauro Ruggiero, Edoardo Malvenuti, Jan Kolb, Alessandro De Felice, Ernesto Massimetti. Sergio Tazzer, Filippo Falcinelli

Giorgio Radicati:„Klaus merita rispetto“ Giorgio Radicati: „Klaus deserves respect”

Il mese de La Pagina

Appuntamenti Events

Gruppo

@ProgettoRC

Progetto Repubblica Ceca

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Editore/Publishing House: EBS consulting s.r.o. Čelakovského sady 4 110 00 Praha 1 Tel. +420 246 030 909 www.gruppoibc.eu redakce@progetto.cz

Comitato di Redazione Editorial Staff Diego Bardini, Vojtěch Holan, Giovanni Piazzini Albani, Giovanni Usai


Marzo – Aprile / March – April 2016

Čezeta 506, design retrò e anima green Čezeta 506, retro design and green soul

pag. 42

Náplavka, l’ultima frontiera della movida praghese Náplavka, the final frontier of Prague entertainment

pag. 47

Zdeněk Svěrák: 80 anni di genialità Zdeněk Svěrák: 80 years of genius

pag. 52

pag. 58 Anniversari Anniversaires

pag. 60 Novità editoriali New Publications sport / sport

summary

pag. 34

pag. 63

Quando la Cecoslovacchia salì sul tetto d’Europa When Czechoslovakia climbed on the roof of Europe

Musil d’Arabia Musil of Arabia

Inserzioni pubblicitarie Advertisements Progetto RC s.r.o. redakce@progetto.cz

Progetto grafico Graphic design Angelo Colella Associati DTP / DTP Osaro

Stampa / Print Vandruck s.r.o. Periodico bimestrale / Bimonthly review ©2016 EBS consulting s.r.o. Tutti i‑diritti sono riservati. MK CR 6515, ISSN: 1213-8487

Chiuso in tipografia Printing End-Line 15.4.2016 Foto di copertina / Cover Photograph Czechia

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editoriale

Credit: Giuseppe Picheca

Cari lettori,

“una situazione di equilibrio che po‑ trebbe costituire un esempio per l’Eu‑ ropa”. D’altra parte, fenomeni come il “turismo della droga” e la enorme dif‑ fusione della pervitina, indurrebbero a pareri diametralmente opposti. Il Čezeta, icona delle strade cecoslo‑ vacche negli anni Sessanta, è in pro‑ cinto di essere rilanciato, grazie a una coraggiosa iniziativa imprenditoriale della quale ha ultimamente parla‑ to anche la stampa internazionale. La notizia ci dà lo spunto per alcune pagine di revival e per raccontarvi la storia del mitico scooter. In tempi di crisi della Ue, pubblichiamo una intervista a Giorgio Radicati, ex ambasciatore d’Italia a Praga, autore di recente di un libro sulle origini ceche dell’euroscetticismo e su quando, dieci

anni fa, Václav Klaus era l’unico leader europeo a dire di no a Bruxelles. Ad arricchire questo numero anche il ritratto di tre personaggi della storia ceca: Pavel Tigrid, il grande giornali‑ sta, libera voce contro i totalitarismi del XX secolo; Alois Musil, il sacerdo‑ te e diplomatico, con la sua vita alla Lawrence d’Arabia, e Zdeněk Svěrák, il monumento del cinema che quest’an‑ no ha compiuto 80 anni. La bella stagione è ormai alle porte e spazio allora a Náplavka, ultima fron‑ tiera della movida praghese, luogo ideale per una serata sulla Moldava. Infine, con gli Europei di calcio alle por‑ te, un ricordo della mitica Cecoslovac‑ chia di Antonín Panenka che nel 1976 si aggiudicò il prestigioso trofeo. Buona lettura

Dear readers,

situation that could constitute an example for Europe”. However, issues of “drug tourism” and widespread use of pervitin, would certainly lead to diametrically opposite points of view. Čezeta, the icon of Czechoslovak roads in the Sixties, is about to be reintroduced, thanks to a courageous entrepreneurial initiative, that was also reported quite recently in the international press. The news provides us with a starting point from which to recount the revival story of the legendary scooter. In times of European crisis, we have included an interview with Giorgio Radicati, the former Italian Ambassador in Prague, who has recently published a book on the origins of Czech Euroscepticism and on when, ten years ago, Václav Klaus used to be the only European leader to say no to Brussels.

A further contribution to this issue of the magazine is the portrait of three personalities that belong to Czech history: Pavel Tigrid, the great journalist and a free voice against twentieth century totalitarianisms; Alois Musil, the priest and diplomat, with his Lawrence of Arabia lifestyle; and Zdeněk Svěrák, the outstanding cinema personality, who turned 80 this year. The warm season is almost upon us, so we pay a visit to Náplavka, the final frontier of Prague’s nightlife, an ideal place for an evening out on the Moldava. Finally, with the European football championship just around the corner, a reminder of the legendary Czechoslovakia team of Antonín Panenka, that in 1976 won the prestigious trophy. Happy reading

apriamo questo numero parlando del‑ la decisione del governo ceco di sdoga‑ nare il termine Czechia e di chiederne il riconoscimento all’Onu come nome abbreviato del Paese. Un passo com‑ piuto in maniera repentina e inattesa, fra polemiche, dubbi sulla sua oppor‑ tunità e persino la richiesta, destinata probabilmente a rimanere inascoltata, che i cittadini possano esprimere il loro parere attraverso un referendum. Cambiando argomento, la Repubblica Ceca – o Cechia, che dir si voglia – è un paese noto per il grande permis‑ sivismo rispetto al consumo degli stupefacenti. Pur evitando la concreta legalizzazione, le autorità si astengo‑ no da atteggiamenti repressivi, dan‑ do luogo – secondo alcuni esperti – a

We open this issue by reporting on the Czech government’s decision to legitimize the name Czechia and the request made to the UN to recognize it as the abbreviated name of the Country. A hasty and unexpected move, however, that has caused bitter controversy and a lot of doubts over its timeliness – and even a request, probably destined to remain unheeded, to allow its citizens to express their opinion through a referendum. Moving on to another topic, the Czech Republic – or Czechia, if you prefer – is a country that is well known for its widespread permissiveness in relation to drug consumption. While avoiding an effective legalization, the authorities tend to refrain from taking repressive measures, thus creating – according to some experts – “a sort of balanced

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La Repubblica Ceca diventa Czechia. Tutto più semplice? Sì, anzi no Che ci sia bisogno di un nome più bre‑ ve per denominare la Repubblica Ceca lo pensano in molti. Che esistano già delle alternative valide lo affermano storici e linguisti. Che la scelta di una denominazione più orecchiabile e corta possa facilitare anche questio‑ ni economiche con il “Made in…”, è pensiero di parecchi. Ma che Czechia non possa essere il termine che mette

d’accordo tutti è apparso da subito evidente. C’è chi lamenta i possibili costi di modificare in sede interna‑ zionale il nome del Paese, chi critica il fatto che il termine non sia onnicom‑ prensivo e lasci fuori parte dei terri‑ tori e chi vorrebbe un referendum su un tema così delicato. Intanto, però, presidenza e governo sembrano esse‑ re sullo stesso binario e, rispondendo

La decisione del governo di aggiungere la denominazione inglese ha fatto scatenare la polemica di Daniela Mogavero by Daniela Mogavero

The government’s decision to add the English name has triggered controversy

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alle polemiche, vanno avanti a testa bassa con la decisione. Una scelta, quella di Czechia, ver‑ sione inglesizzata di Česko, già cor‑ rentemente usato nel paese, presa in una riunione ai massimi livelli. Al Hradčany, infatti, si sono riunite per decidere le più alte cariche dello sta‑ to: il padrone di casa, il capo di stato Miloš Zeman, il premier Bohuslav So‑


attualità current affairs

The Czech Republic becomes Czechia. Everything is simpler? Yes, well no botka, il ministro degli Esteri Lubomír Zaorálek, quello della Difesa Martin Stropnický e i presidenti di Camera e Senato, rispettivamente Jan Hamáček e Milan Štěch. Tutto fa presupporre che un grande impatto possa avere avuto il sostegno, già manifestato in passato, del presidente ceco che nel 2013 nel corso di una visita di stato in Israele, cominciò improvvisamen‑ te a usare la parola Czechia nei suoi discorsi pubblici in inglese, “perché – disse – è più corta e anche più pia‑ cevole di Czech Republic”. Ma a cosa servirebbe cambiare nome da Repubblica Ceca a Czechia, in in‑ glese, o Cechia in italiano? Il termine, dovrebbe sostituire l’attuale “Czech Republic” nella lista ufficiale dei paesi membri delle Nazioni Unite. “Meglio utilizzare una sola parola, più sempli‑ ce da ricordare e più veloce da indicare – ha spiegato il ministero degli Esteri The opinion that there is a need for a shorter name to call the Czech Republic is shared by many. Historians and linguists state that valid alternatives already exist. Many believe that choosing a shorter name, a bit easier on the ear, could also facilitate economic issues regarding the issue of the “Made in …”. However, the fact that Czechia cannot be the term everyone agrees on appeared to be evident immediately. There are those who complain about the possible costs of changing the name of the country internationally, others who criticize the fact that the term is not all encompassing, and leaves out certain territories, and some who would like a referendum to decide © vlada.cz such a sensitive issue. Meanwhile,

a Praga. – Si tratta solo di tradurre questa parola ceca in inglese” ha ag‑ giunto facendo riferimento al termine Česko, utilizzato in ceco per definire il Paese. La notizia ha fatto scalpore sia in patria che all’estero. Quotidiani bri‑ tannici, francesi e di altre nazionalità si sono affannati a cercare le ragioni di questa decisione e a valutare le effet‑ tive ricadute e c’è stato anche chi ha

detto che “nel Paese di Kafka niente è semplice”. E infatti le polemiche non sono mancate. Il ministro per lo Sviluppo Regionale, Karla Šlechtová, ha chie‑ sto che il tema sia oggetto di un re‑ ferendum popolare, perché non sono decisioni da prendere in riunioni ri‑ strette e a porte chiuse. La Šlechtová ha persino prospettato la possibilità

che la parola Czechia possa finire con l’essere confusa con la Cecenia, repubblica della Federazione Russa, che in inglese si chiama Chechnya. “Tale denominazione viene utilizzata da tempo sia in tedesco ‘Tschechien’ che in francese ‘Tchéquie’ e per que‑ sto Praga chiederà all’Onu d’intro‑ durre tale denominazione in tutti i documenti ufficiali – ha commenta‑

however, the presidency and the government seem to be on the same page, and in response to the controversy, they have gone ahead with the decision. The choice of Czechia, an anglicized version of Česko, which is currently used in the country, was taken at a meeting at the highest level. At Hradčany, in fact, the highest offices of the state met together: the host, the Head of State Miloš Zeman, Prime Minister Bohuslav Sobotka,

Foreign Minister Lubomír Zaorálek, the Minister of the Defence Martin Stropnický and the chairmen of the House and Senate, respectively, Jan Hamáček and Milan Štěch. The facts led one to presume that a great impact may have gained the support, already expressed in the past, of the Czech President, who in 2013, during a state visit to Israel, unexpectedly began using the word Czechia in his public speeches in English, “because, he said, it

is shorter and also more pleasant than the Czech Republic”. But what use would it be to change its name from the Czech Republic to Czechia in English or Cechia in Italian? The term, would replace the existing “Czech Republic” in the official list of the United Nations member countries. “It is better to use a single word, easier to remember and quicker to indicate”, said the Foreign Minister in Prague, “it

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to Josef Kašpar, giornalista ceco, da anni corrispondente in Italia – ma il problema nasce nel 1992, quando si decise la separazione pacifica con gli slovacchi. Non si poteva utilizzare la denominazione ‘Boemia’ perché ciò avrebbe escluso la Moravia e la Slesia che fanno parte del Paese. Quindi si optò per la denominazio‑ ne ‘Repubblica Ceca’ con la speranza che l’espressione ‘Česko’ che suonava cacofonica per le orecchie dei cechi

sarebbe stata col tempo accettata da tutti. Pare sia giunto il momento”. A essere contraria, però, anche la maggior parte dell’opinione pubblica. Secondo un sondaggio dell’agenzia Phoenix il 42% dei cechi ritiene che debba essere trovata una abbrevia‑ zione, ma all’81% non piace Czechia. Secondo il sondaggio sarebbe meglio il termine Czech, sostenuto dal 43%, o CZ (17%). Inoltre la stragrande maggioranza ritiene che sul tema si

debba organizzare un referendum. Fieri oppositori della modifica sono i Moravané, il piccolo partito moravo, che ha messo in evidenza come il ter‑ mine Czechia nasconda una leggera discriminazione etnica. Czechia in‑ fatti si ricollega al termine Cechy, cioè Boemia, estensione territoriale che esclude la regione Moravia e Slesia. Viva protesta è stata avanzata anche dall’ex ministro degli Esteri, il principe Karel Schwarzenberg, discendente di

is just a case of translating this Czech word into English”, he added, referring to the term Česko, used in Czech to define the country. The news caused a stir both at home and abroad. British, French, and other national newspapers have struggled to seek the reasons for the decision and to evaluate the real repercussions it may have, and there were also those who stated that “in the country of Kafka nothing is simple”.

In fact, there was no lack of controversy. The Minister for Regional Development, Karla Šlechtová, asked for the issue to be the subject of a referendum, because they are not decisions to be made in restricted meetings, behind closed doors. Šlechtová has even raised the possibility that the word Czechia may end up being confused with the Chechen Republic of the Russian Federation, which in English is called Chech-

nya. “This name has been used for some time in both German ‘Tschechien’ and in French ‘Tchéquie’, and therefore Prague will ask the UN to introduce the name in all official documents”, said Josef Kašpar, a Czech journalist, and Italian correspondent for many years, “but the problem was born in 1992, when the pacific separation from the Slovaks was decided. You could not use the term ‘Bohemia’ since it would

I cechi vorrebbero un referendum e non amano il termine scelto da Praga The Czechs would like to have a referendum and dislike the term chosen in Prague

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attualità current affairs

una delle famiglie aristocratiche di più prestigioso lignaggio in Europa e oggi esponente del partito conservatore del Top 09. Secondo Schwarzenberg il paese dovrebbe chiamarsi Bohemia, memore evidentemente di quando queste terre componevano il Regno di Boemia. Ma la Repubblica Ceca ha ra‑ dici lontane e comprende la Boemia, la Moravia e parte della Slesia. Nel XVII secolo questi territori venivano chiamati in modo comprensivo con

exclude Moravia and Silesia, which are part of the country. So they opted for the name ‘Czech Republic’ with the hope that the ‘Česko’ expression that sounded cacophonous to Czech ears would eventually be accepted by all. It seems that the moment has come”. On the other hand, also the majority of public opinion appear to oppose the decision. According to a survey from the agency Phoenix, 42% of Czechs

l’espressione Česko, termine che com‑ pare in antichi registri in latino di quel periodo. Il nome era stato coniato da Pavel Skála di Zhoře, storico boemo (1583 – 1640), e viene ritrovato nel diciannovesimo e ventesimo secolo nella sua versione inglese, Czechia. Inoltre lo storico e diplomatico Jiří Šitler ha accertato che l’espressione Czechia è stata utilizzata per la prima volta nell’Atlas Marianus pubblicato nel 1704. Secondo Wikipedia la prima

believe that a shorter name should be found, but 81% dislike Czechia. According to the survey, the simple term Czech would be better, supported by 43%, or CZ (17%). Moreover, the vast majority believe that a referendum should be organized on the topic. The fiercest opponents of the change are the Moravané, the small Moravian Party, who highlighted how the term Czechia conceals a slight ethnic dis-

utilizzazione di questa definizione in un documento scritto risale al 1777. “Sono d’accordo con la decisione del governo ceco di aggiungere la deno‑ minazione Czechia a quella ufficiale di Repubblica Ceca – ha dichiarato dal canto suo la professoressa Anna Perissutti, boemista docente presso l’Università di Udine – non credo che siano legittime le polemiche e le critiche mosse dai moravi, perché il toponimo Czechia, traduzione inglese del toponimo ceco Česko, è stato co‑ dificato nel 1993 da una commissione del Catasto ceco (Názvoslovná komi‑ se Českého úřadu zeměměřického a katastrálního), commissione a cui collaborano storici, linguisti, geogra‑ fi. Questo toponimo si trova anche in alcuni dizionari Josef Fronek. Inoltre il toponimo Czechia indica le tre regio‑ ni, Boemia, Moravia e Slesia”. Nelle ultime settimane, poi, alla pole‑ mica sul nome si è aggiunta anche la polemica sui costi diretti e indiretti di questa decisione. Secondo la ministra

Šlechtová, per pubblicizzare il termi‑ ne Czechia serviranno un miliardo di corone ceche (37 milioni di euro), la stessa cifra che il suo dicastero ha spe‑ so per la promozione del logo “Czech Republic – Land of Stories”. Ma il mi‑ nistero degli Esteri ha subito messo i puntini sulle “i”: il termine Czechia non costituisce una ridenominazione di Repubblica Ceca come Stato, ma si tratta piuttosto di un termine com‑

crimination. Czechia in fact is related to the term Cechy, i.e. Bohemia, a territorial extension which excludes the regions of Moravia and Silesia. A lively protest was also made by former Foreign Minister, Prince Karel Schwarzenberg, a descendant of the aristocratic families of the most prestigious lineage in Europe and now leader of the Conservative Top 09 Party. According to Schwarzenberg the country should be called Bohemia, obviously remembering when these lands made up the Kingdom of Bohemia. However, the Czech Republic has deep roots and includes Bohemia, Moravia and part of Silesia. In the seventeenth century these territories were understandably called Česko, a term that appears in the ancient records in Latin of that period. The name was coined by Pavel Skála of Zhoře, a Bohemian historian (1583 – 1640), and was found in the nineteenth and twentieth centuries in its English version, Czechia. Also the historian and

diplomat Jiří Šitler verified that the expression Czechia was used for the first time in the Atlas Marianus published in 1704. According to Wikipedia the first use of this definition in a written document dates back to 1777. “I agree with the Czech government’s decision to add the name Czechia to the official one of the Czech Republic”, stated Professor Anna Perissutti, a professor of Bohemian Studies at the University of Udine. “I do not think that the controversy and the criticism leveled at it by the Moravians is justified, because the name Czechia, English translation of the Czech word Česko, was codified in 1993 by the Czech Cadastre of Real estate (Názvoslovná komise Českého úřadu zeměměřického to katastrálního), a commission in which historians, linguists, and geographers collaborate. This name is also found in some Josef Fronek dictionaries. In addition, the Czechia name indicates the three regions, Bohemia, Moravia and Silesia”.

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attualità current affairs

plementare: sarà possibile continuare a utilizzare il nome formale Czech Republic in tutti i contesti. Secondo il governo l’operazione non comporta “costi finanziari aggiuntivi”, né la mo‑ difica del logo. E di conseguenza, ha fatto notare il ministero, la decisione non influenzerà neanche la campa‑ gna promozionale turistica “Czech Republic – Land of stories”. A sembrare convinti che Czechia non colpirà in alcun modo il turismo diret‑ to nel Paese anche l’agenzia turistica nazionale, CzechTourism. Secondo quanto dichiarato dalla direttrice Mo‑ nika Palatková l’agenzia proseguirà le sue campagne all’estero per la promo‑ zione del paese puntando soprattutto

In recent weeks, then, the controversy over the name has also been followed by the controversy over the direct and indirect costs of this decision. According to the Minister Šlechtová, to promote the word Czechia around a billion Czech crowns (37 million euro) will be required, which is the same amount that her department spent on the promotion of the logo of “Czech Republic – Land of Stories”. However, the Foreign Ministry has immediately put the dots

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Credit: Czechia initiative

su Praga. È questo il “marchio nazio‑ nale” che attira soprattutto i turisti stranieri. “Nel mondo tutti conoscono Praga ed è questa la nostra forza”, ha affermato la direttrice. E se ci sono molti detrattori c’è anche qualche sostenitore, secondo Le Fi‑ garò: sul sito “Go Czechia”, creato da un’associazione “Iniziativa civica per la Czechia”, sono elencati gli argo‑ menti contro la nuova denominazio‑ ne e la loro relativa confutazione. Per esempio: “Mito 1, Czechia è un nome sconosciuto e grammaticalmente scorretto per designare la Repubbli‑

ca Ceca. È poco usato in inglese”. La risposta: “Czechia è poco noto e poco usato perché lo Stato ceco e le sue istituzioni non lo usano malgrado le raccomandazioni del ministero degli Esteri e dell’Istruzione dopo gli anni Novanta”. E ancora: “Mito 4, il nome Czechia è un neologismo”. Risposta: “Il primo utilizzo risale al 1634 in latino e al 1841 in inglese”. Nella querelle l’ul‑ tima nota curiosa riguarda, nell’era di Internet, il dominio Czechia.cz e Cze‑ chia.com, che da anni appartengono alla società Zoner Software di Brno e non al governo di Praga.

on “i”: using the term Czechia is not a renaming of the Czech Republic as a state, but it is rather a complementary term, meaning you can continue to use the formal name Czech Republic in all contexts. According to the government, the action does not involve “additional financial costs”, or modifying the logo. As a result, the Ministry noted that the decision does not even affect the promotional tourist campaign of “Czech Republic – Land of stories”. Yet, also the national tourism agency CzechTourism seem convinced that Czechia will not affect the direct tourism in the country in any way. According to what was declared by the director Monika Palatková, the agency will continue its campaigns abroad to promote the country’s primary reliance on Prague. This is the “national brand” that attracts mainly foreign tourists. “In the world everyone knows Prague and this is our strength”, the director said.

And if there are many detractors there are also some supporters, according to Le Figaro. On the site “Go Czechia”, created by the association “Civic Initiative for Czechia”, the arguments against the new name are listed, and their relative rebuttal. For example: “Myth 1, Czechia is an unknown name and grammatically incorrect to refer to the Czech Republic. It is rarely used in English”. The answer: “Czechia is little known and little used because the Czech State and its institutions do not use it despite the recommendations of the Foreign Ministry and Education following the nineties”. And again: “Myth 4, the name Czechia is a neologism”. Answer: “The first use dates back to 1634 in Latin, and to 1841 in English”. The last curious note of the dispute concerned, in the Internet age, the Czechia.cz and Czechia.com domains, which have belonged to the company Zoner Software of Brno, and not to the Prague government, for years.

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Breve excursus sul rapporto tra Repubblica Ceca e stupefacenti: cause e conseguenze di una politica liberale sul consumo di droghe, leggere e pesanti di Giuseppe Picheca by Giuseppe Picheca

A brief overview of the relationship between the Czech Republic and drugs: the causes and consequences of a liberal policy on both light and hard drug use

Pervitina in uso nelle file della Wehrmacht nella Seconda Guerra Mondiale / Pervitin used in Wehrmacht ranks in World War II

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Fatevi un po‘ come vi pare Do more or less as you please Lo scorso febbraio una blogger viag‑ giatrice ungherese – affascinata dai paesaggi boemi – ha coniato il se‑ guente slogan per la Repubblica Ceca: “where no one gives a f**k”. Ovvero, imbellettando l’espressione, qualcosa come "il luogo dove non gliene frega nulla a nessuno". La blogger punta diritto a una que‑ stione abbastanza di rilievo per la società moderna: il consumo di droghe, di qualsiasi tipo. La Cechia è un paese decisamente liberale in materia, con una legislazione a ma‑

Last February, a Hungarian travel blogger, fascinated by the Bohemian landscapes, coined the following slogan for the Czech Republic, “where no one gives a f **k”. Or in other words, to soften the expression, roughly “the place where nobody cares at all about anything”. The blogger pointed directly at a fairly important issue of modern society: the consumption of drugs, of any kind. The Czech Republic is a very liberal country in the field, very open in its legislations, and with an even greater tolerance. De jure and de facto, Prague does not seem interested in the repressive campaign against drugs, which characterizes several European countries. If it is seen as “progressive” by many, the nonchalance with which hard drugs are tolerated could raise a few eyebrows. It certainly is a rather sui generis attitude: possessing 15 grams of marijuana (or cultivating five plants) or thirty hallucinogenic mushrooms, five

peyote plants (a succulent plant rich in mescaline) or having four tablets of ecstasy in your pocket, to the “heavier” (and worrying) 1.5 grams of heroin; all fall into the “small quantity” classification of the Criminal Code, which could

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result at most in a fine. In short, a real treat for the reckless of all ages and all budgets. How is it possible, that this small and young republic, managed to create a punk myth worthy of “Fear and


focus

glie larghe ed una tolleranza ancora maggiore. De jure e de facto, Praga non sembra interessata alla campagna repressiva contro gli stupefacenti, che carat‑ terizza diversi paesi europei. Se da molti è vista come “progressista”, la noncuranza con cui vengono tollera‑ te droghe pesanti potrebbe far alzare più di un sopracciglio. Di certo è un atteggiamento piuttosto sui generis: possedere 15 grammi di marijuana (o

Loathing in Las Vegas”? The legend has it that during the socialist period drugs never circulated in the country. A story reconfirmed by multiple sources, even from traditional press, despite not really being plausible; it

coltivarne cinque piante) o una tren‑ tina di funghetti allucinogeni, cinque piante di peyote (una pianta grassa ricca di mescalina) o avere in tasca quattro pasticche di ecstasy, fino ai più “pesanti” (e preoccupanti) 1,5 grammi di eroina; rientra tutto nelle “quantità minime” del codice penale, suscettibili tutt’al più di una multa. Insomma, una vera e propria pacchia per gli scapestrati di tutte le età e di tutte le tasche.

would be more sensible to say that, the adamant spokesmen for the rigid communist label, the established order, did not want to admit their existence. According to UNODC research, the ad hoc United Nations agency on

Come ci è arrivata, la piccola e gio‑ vane repubblica, a creare questo mito punk da “Paura e delirio a Las Vegas”? Luogo comune vuole che durante il periodo socialista non circolassero droghe nel paese. Storia ripresa da più fonti – anche dalla stampa tradizionale – sebbene non proprio verosimile; più sensato dire che, inamovibile portavoce della rigida etichetta comunista, l’ordine costituito non voleva ammetter‑ ne l’esistenza. Secondo le ricerche dell’Unodc, l’agenzia ad hoc delle Nazioni Unite su stupefacenti e cri‑ mini annessi, una delle più famose droghe sintetiche nel paese, la per‑ vitina, si diffonde proprio ad inizio anni ‘80. Si tratta di una metanfe‑ tammina sintetizzata in laboratori clandestini, partendo da diversi me‑ dicinali comuni contenenti pseudo‑ efedrine. La Guerra Fredda rendeva molto difficile estendere il mercato europeo delle droghe sintetiche, così i cecoslovacchi dovettero prodursele

in casa. Diventata col tempo una “co‑ caina dei poveri”, ad oggi è al centro delle preoccupazioni delle autorità ceche: basso costo, alta pericolosità e dipendenza, ingredienti tossici in tutti i sensi. Negli ultimi vent’anni il paese è dun‑ que partito da zero nella legislazione del settore. La più importante norma‑ tiva fa capo al 2009, quando fu scelta una strategia volta a punire produtto‑ ri e distributori più che utenti finali. L’attuale ministro della salute Svato‑ pluk Němeček, promuove questa po‑ litica anti-droga, presentandola come un equilibrio che evita la repressione ma senza legalizzare gli stupefacenti. Sottolineando il risultato positivo di meno di dieci morti per milione d’abi‑ tanti, ogni anno, per cause connesse al consumo di droghe: la media euro‑ pea è di 17 per milione. Per il ministro, “un esempio che l’Europa dovrebbe seguire”. Lo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addictions riporta che

drugs and associated crimes, one of the most popular synthetic drugs in the country, pervitin, started spreading right at the beginning of the ‘80s. It is a methamphetamine synthesized in clandestine laboratories, starting from several common medicines containing pseudoephedrine. The Cold War made it difficult to get it to reach the European market of synthetic drugs, so the Czechoslovaks had to produce it at home. Having become the “poor man’s cocaine”, over time, today it is among the main concerns of the Czech authorities: low-cost, highly dangerous and addictive, toxic ingredients in every sense. Over the past two decades, the country has therefore started from scratch in the legislation of the sector. The most important legislation dates back to 2009, when a strategy was chosen to punish producers and distributors rather than end users. The current Minister of Health Svatopluk Němeček, promoted this anti-drug policy, presenting

it as a balance that avoids repression without legalizing drugs. Emphasizing the positive result of fewer than ten deaths per million inhabitants each year from drug-related causes, when the European average is 17 per million. For the minister, it is “an example that Europe should follow”. The European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addictions reports that among member countries the Czech Republic has the second highest rate of cannabis users within the 15-34 yearold age group, after France (about 40% of Czechs have used it occasionally, and 21.5% more continuous use), and ranks first among the very young, aged between 15 and 24, where about half the population declares they have at least tried. But just a stroll in Prague in the spring is enough, when the warmth of summer releases the scents through the streets, to find the sugary signal: in Bohemia they are major smokers. So far the definition of the country “where no one cares about anything”,

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Una politica in equilibrio, che evita la repressione ma senza legalizzare gli stupefacenti. Per il ministro della salute, “un esempio che l’Europa dovrebbe seguire”

tra i paesi membri la Repubblica Ceca ha il secondo più alto tasso di consu‑ matori di cannabis nella fascia 15-34 anni dopo la Francia (circa il 40% dei cechi ne ha fatto uso saltuariamente, ed il 21,5% un uso più continuo), ed è al primo posto tra i giovanissimi, tra 15 e 24 anni, dove circa metà della popolazione dichiara di averla alme‑ no provata. Ma basta una passeggiata a Praga a primavera, quando il tepore della bella stagione sblocca i profumi per le vie cittadine, per incontrare il dolciastro segnale: in Boemia si fuma alla grande. Fin qui la definizione del paese “dove a nessuno frega nulla” può ancora cal‑

zar bene, perché spulciando tra radio e stampa, senso comune e osservazioni dirette, il consumo di erba non è con‑ siderato un problema sociale: non vi sono concreti fattori a testimoniare né aumenti di criminalità né di incidenti. E tantomeno problemi di salute: dal 2013 in Repubblica Ceca la cannabis è usata a scopi terapeutici in diversi isti‑ tuti, e dal 2015 è attivo nella capitale un centro internazionale di ricerca su prodotti terapeutici derivati dalla can‑ nabis – Icci, acronimo di International Cannabis and Cannabinoids Institute. Non è superfluo notare che, con 500 milioni di corone provenienti da Stati Uniti e Canada, il ministro Němeček lo

ha segnalato come “il più importante investimento di capitali esteri per il settore medico ceco”. Altri dati invece sono più complessi, e pericolosi. Sebbene il Národní monito‑ rovací středisko pro drogy a závislosti, il centro di controllo su stupefacenti e dipendenze, non abbia riscontrato alcun significativo aumento delle tos‑ sicodipendenze a sei anni dall’entrata in vigore della legge, due problemi sembrano irrisolti: il pericolo della pervitina ed il turismo della droga. Sul primo sembrano concentrarsi gli sforzi della polizia locale, da diversi anni. Anche perché, come le ricerche mostrano, l’incidenza di altre sostan‑

A balanced policy that avoids repression, but without legalizing drugs. For the Minister of Health, it is “an example that Europe should follow”

foto: Geren Tarasqeuse

can still fit rather well, because sifting between the radio and papers, common sense and direct observations, the weed consumption is not considered to be a social problem: there are no concrete factors to testify for crime or an increase in accident. Even less so in terms of health problems. From 2013, cannabis has been used for therapeutic purposes in different institutions in the Czech Republic, and from 2015 there

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has been an international centre for research on therapeutic products derived from cannabis, active in the capital, the ICCI, acronym of International Cannabis and Cannabinoids Institute. It is not superfluous to note that, with 500 million crowns from the United States and Canada, the Minister Němeček reported it to be “the most important investment of foreign capital in the Czech medical industry”.

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On the other hand, there is other data which is more complex, and dangerous. Although the Národní monitorovací středisko pro drogy a závislosti, the monitoring centre on drugs and dependencies, has not found any significant increase in drug addiction six years after the law entered into force. Now two issues seem unresolved: the danger of pervitin and drug tourism.


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ze come ecstasy, cocaina o eroina è ben al di sotto della media europea. Ma la pervitina continua ad esten‑ dere il suo mercato, secondo l’ultimo report del Ministero degli Interni del dicembre 2015. La facilità con cui il mercato venga allo scoperto ha del sorprendente: scandalo bizzarro, qualche anno fa (era il 2011) nelle zone di confine con la Polonia si po‑ tevano comprare metanfetammine sotto forma di souvenir. A Ostrava come a Český Těšín si vendevano sca‑ tole dai nomi ammiccanti come Good Shit, Funky, Magic Apple, Vanilla Sky. Da poche decine a qualche centinaio di corone con l’ipocrita dicitura di fare

attenzione a non consumarle. Ci ricol‑ leghiamo dunque al secondo proble‑ ma, quell’aurea di impunità che dona al paese l’immagine del villaggiovacanze degli eccessi, da un confine all’altro. Secondo le autorità bavaresi, ad esempio, migliaia di persone ogni anno entrano ed escono dal confine ceco-tedesco per fare “shopping” da‑ gli spacciatori vietnamiti. A volte aiuta anche la stagione, come succede per i grandi campi di papave‑ ro ad agosto, al colmo della matura‑ zione. Il papavero in Boemia è usato principalmente a scopi alimentari ed il paese ne è di gran lunga il primo produttore in Europa: involontaria Campo di papaveri in Boemia settentrionale. In alto, un frame dal doc di Vice, "Heroin Holiday in Czech Republic" / Poppy field in Northern Bohemia. Above, a frame from the Vice's doc "Heroin Holiday in Czech Republic"

Regarding the former, they seem to have been relying on the efforts of the local police for several years. Also because, as research shows, the use of other substances such as ecstasy, cocaine or heroin is well below the European average. But pervitin continues to expand its market, according to the latest report of the Ministry of Interior in December 2015. What is quite surprising is the ease with

which the market has come to the fore, through a bizarre scandal a few years ago (it was 2011), in the areas surrounding the Polish borders, where you could buy methamphetamine in the form of souvenirs. In Ostrava just as in Český Těšín boxes were sold by winking names like Good Shit, Funky, Magic Apple, and Vanilla Sky. From a few dozen to a few hundred crowns with the hypocritical endorsement

for you to be careful not to consume them. So we reconnect to the second problem, that golden impunity that gives the country the image of the holiday resort of excesses, from one border to another. According to the Bavarian authorities, for example, thousands of people each year enter and leave the Czech-German borders to do “shopping” from Vietnamese drug dealers.

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Sometimes, also the season helps, as is the case for large poppy fields in August, when they are at the peak of ripeness. The poppy in Bohemia is mainly used for food purposes, and the country is by far the leading producer in Europe, the unintended consequence of which are the junkie campsites which are located in the countryside. Packed lunches, a supply of syringes and basic production of opiates by the fire. The American magazine of pop and independent culture, Vice, produced a documentary a quarter of an hour long, “Heroin Holiday in the Czech Republic”, which now has more than two and a half million views on Youtube. Having concluded the research, before ending this article, we decide that it is the time to go out and take a walk in the capital at night. It is past 11 in the evening, and we go up the stairs of a small hostel in Melantrichova, a street that runs through the middle of the city. Our contact is Marek, a big Moravian boy and night receptionist. The shift starts at 19.30, and finishes at 8 am, twelve and a half hours in which “it is better not to

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conseguenza, campeggi di junkies sorgono nelle campagne. Pranzo al sacco, scorta di siringhe e spartane produzioni di oppiacei al focolare. Il magazine statunitense di cultura pop e indipendente, Vice, ne ha prodotto un documentario di un quarto d’ora, “Heroin Holiday in the Czech Repu‑ blic”, che ad oggi conta più di due milioni e mezzo di visualizzazioni su Youtube. Finita la ricerca, prima di chiudere l’articolo decidiamo che è il caso di uscire e fare due passi nella notte della capitale. Sono passate le 23 e saliamo le scale di un piccolo ostello in Melantrichova, una via che si snoda

nel pieno centro cittadino. Il nostro contatto è Marek, ragazzone moravo e receptionist notturno. Inizia il turno alle 19.30 e stacca alle 8 del mattino, dodici ore e mezza in cui “è meglio non dormire”. Poche regole e poco la‑ voro, ma occhio fisso sulle telecamere a circuito chiuso e divieto di vendere panini agli ubriachi, “per evitare spia‑ cevoli conseguenze”. I clienti sono in maggioranza tra i 20 e i 30 anni, spes‑ so arrivano scolaresche di 18enni. È vera questa storia delle orde di gio‑ vani che vengono a farsi in città? – buttiamo lì senza mezze misure. Mark – che usa il nome “americano” sul suo inglese senza accenti – ci spiega che Credito foto: Giuseppe Picheca

sleep”. Few rules and little work, but an eye fixed on the CCTV, and the ban on selling sandwiches to drunks, “to avoid unpleasant consequences”. Customers are mostly between 20 and 30 years, though often eighteen-year-old school groups appear. “Is this story of the hordes of young people coming to town to get high really true?” We launch the question without using half measures.

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Mark, who uses the “American” version of his name in his accentless English, explains that part of his job is to direct the customers to the right parts of the city. “Prague is famous for fun and it has its districts for prostitution, the good old Wenceslas, pubs and restaurants for beer. I usually send the foreigners to Dlouhá street, which is full of terrible places that only the drunken foreigners

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parte del suo lavoro è indirizzare i clienti verso le parti giuste della città. “Praga è famosa per divertirsi e ha i suoi quartieri: per la prostituzione, la buona vecchia Venceslao, per la birra pub e ristoranti, gli stranieri di solito li mando sulla Dlouhá – che è piena di posti tremendi che piacciono solo agli stranieri ubriachi” sorride il ragazzo. “Pervitina, cocaina e altra roba si tro‑ va in due modi: o nei bagni dei club, o sotto la torre dell’orologio della Città Vecchia”. La cosa ci lascia di stucco: le discoteche sono il più prevedibile degli smerci, ma il punto nevralgico del turismo nazionale? “Di notte è più buia di quel che pensiate”, se la ride. Lui non se ne preoccupa più di tanto, le uniche noie arrivano quando degli spacciatori inseguono i clienti nell’ostello, o quando quest’ultimi sono troppo agitati per lasciarlo al silenzio della sua reception, cosa che lo innervosisce molto. In fondo, il suo atteggiamento è un mix di tolleranza e severità: ci illudiamo che il nostro casuale ambasciatore notturno possa davvero rappresentare il suo paese. “Che facciano un po’ come gli pare”, alza le spalle, “ma non quando sono di turno io”. like”, the boy says with a smile. “Pervitin, cocaine and other stuff is found in two ways: either in club bathrooms, or under the clock tower of Old Town”. It leaves us stunned: the clubs are the most predictable source of sales, but the focal point of the national tourism? “At night it’s darker than you think”, he laughs. He does not care about it much, the only trouble being when drug dealers chase customers back to the hostel, or when the latter are too excited to allow him to remain in the silence of his reception, which irritates him a lot. After all, his attitude is a mix of tolerance and severity. We deceive ourselves into thinking that our random nighttime Ambassador can really represent his country. “Let them do more or less as they please”, he shrugs, “but just not when I’m on my shift”.



Intervista a Giorgio Radicati, ex ambasciatore d’Italia a Praga, sul leader ceco dell’euroscetticismo di Giovanni Usai by Giovanni Usai

Interview with Giorgio Radicati, former Embassador of Italy in Prague, on the Czech leader of Euroscepticism

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Io europeista pentito? No, ma Klaus merita rispetto Do I regret being pro-European? No, but Klaus deserves respect “Io sin da ragazzo mi sono abbeverato alla fontana dell’europeismo. Sono nato durante la guerra e appartengo quindi a una generazione che ha vis‑ suto sulla propria pelle le motivazioni ideologiche più profonde che portaro‑ no alla nascita della Unione. Per la mia “As a boy, I drank from the fountain of Europeanism. I was born during the war and thus belong to a generation that had first-hand experience of the deepest ideological motivations that led to the birth of the Union. Essential figures in my formation were names such as Alcide De Gasperi and Gualtiero Spinelli. Throughout my diplomatic career and having travelled across the world I firmly believed in a united Europe. But of course, after what has happened in the last ten years I think, and there are many like me, that the European integration mechanisms are to be reviewed and corrected.” This is the introduction by Giorgio Radicati, the former Italian ambassador in the Czech Republic, from 2003 to the end of 2006, whom we met in March following the publication of his latest book, “Europe yes, no Europe. Euroscepticism was born in Prague.” The book tells the birth, “in unsuspicious times, because back then the economic crisis was yet to arrive,” of

Giorgio Radicati con Václav Klaus / Giorgio Radicati and Václav Klaus

the Czech eurosceptic movement, and particularly of the role played ever since by Václav Klaus, who took office at the Castle in 2003, a fierce opponent of the integration process . “This book of mine is intended as an act of honesty, and respect due towards a man like Klaus, who at the time, was isolated from the point of view of in-

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ternational politics, and that, despite all the criticism, keeps saying the same things he was saying back then. He never changed one iota, indeed if anything he has reinforced these views. The difference is that today many people actually agree with him “ What do you remember of the Klaus of that period?


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formazione sono state imprescindibili figure come Alcide De Gasperi e Gual‑ tiero Spinelli. Durante tutta la carriera diplomatica e girando per il mondo ho creduto fermamente nell’Europa unita. Certamente però, dopo quanto accaduto negli ultimi dieci anni cre‑ do – e come me sono in tanti – che i meccanismi di integrazione europea siano da rivedere e correggere”. È questa la premessa con la quale esordisce Giorgio Radicati – già am‑ basciatore d’Italia in Repubblica Ceca,

dal 2003 alla fine del 2006 – che abbiamo incontrato a marzo, all’in‑ domani della pubblicazione del suo ultimo libro, “Europa sì, Europa no. L’Euroscetticismo è nato a Praga”. Il volume racconta la nascita – “in tempi non sospetti, perché allora la crisi economica doveva ancora arriva‑ re” – del movimento euroscettico ceco e soprattutto del ruolo assunto sin da allora da Václav Klaus, insediatosi al Castello nel 2003, fiero oppositore del processo di integrazione.

“Questo mio libro intende essere un atto di onestà, di rispetto dovuto nei confronti di un uomo come Klaus, all’epoca isolato dal punto di vista della politica internazionale e che, nono‑ stante tutte le critiche, continua a dire oggi le stesse cose che diceva allora. Non ha mai cambiato di una virgola, anzi semmai ha rafforzato queste opi‑ nioni. La differenza è che oggi sono in tanti ad essere d’accordo con lui”. Che ricordo ha del Klaus di quel periodo?

Il personaggio lo conosciamo. È un uomo che crede molto in se stesso, con una certa tendenza alla autore‑ ferenzialità, al sarcasmo. Posso dire di aver vissuto in prima persona, in quegli anni, il clima di contrapposi‑ zione che si era creato fra il Castello e la comunità diplomatica dei paesi europei. Nelle riunioni che noi amba‑ sciatori Ue avevamo periodicamente con lui e nelle quali noi riflettevamo le posizioni filo europee delle nostre cancellerie, i momenti di tensione

L'euroscettico Klaus in un'opera di Giorgio Radicati / Klaus the Eurosceptic, in a work by Giorgio Radicati

The character we know. He is a man who believes in himself, with a tendency of self-reference, of sarcasm. I can say I experienced at first hand, in those years, the climate of conflict that had been created between the Castle and the diplomatic communities of European countries. In the meetings that we EU ambassadors had with him periodically, and in which

we were reflecting on the pro-European positions of our European chancelleries, there was no lack of tense moments, and I have to say that Klaus, alone against all, did not use half-measures when expressing his opinions to us. Other than that, he is also a person with whom you will have an intelligent conversation, interesting and very

bright. On the jazz evenings he organized at the Castle which he never failed to invite me to, it was always a pleasure to meet and talk to him. Do you not think that Klaus, overshadowed internationally by Václav Havel, took that Eurosceptic path also to distinguish himself from his historical rival?

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While admitting the strong Klaus ego, I do not think that we can reduce his anti-European campaign to the simple desire to carve out a role and stand out from his predecessor. If we stay with the facts, what Klaus has repeatedly said and written, his Eurosceptic position comes from purely economic considerations, after all he is an econo-

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non mancavano e devo dire che Klaus, solo contro tutti, le cose non ce le mandava a dire. Per il resto è anche una persona con una conversazione intelligente, interessante e molto brillante. Nelle serate di jazz che organizzava al Castello e nelle quali non mancava di invitarmi, era sempre un piacere incontrarlo e parlare con lui. Non pensa che Klaus, messo in ombra in campo internazionale

da Václav Havel, compì quella scelta euroscettica anche per distinguersi dal suo storico rivale? Pur ammettendo il forte ego di Klaus, non credo che si possa ridurre la sua campagna anti-europeista al sempli‑ ce desiderio di ritagliarsi un ruolo e distinguersi rispetto al suo predeces‑ sore. Se rimaniamo ai fatti, a quello che Klaus ha più volte detto e scritto, la sua posizione euroscettica parte

invece da considerazioni puramente economiche, trattandosi di un eco‑ nomista di formazione. E furono forse queste considerazioni a spingerlo a ritenere che non fosse nell’interesse della Repubblica Ceca far parte di una comunità europea integrata, ca‑ pace di redigere regole nei campi del commercio, delle politiche di bilancio, fiscali e monetarie. Ma Klaus ha sem‑ pre detto anche di più, vale a dire che

È innegabile che ci sia sfiducia dei cechi verso la Ue, ma da qui a parlare di “Czexit” ce ne passa... The lack of trust from the Czechs towards the EU is undeniable, but it is far-fetched to talk of a “Czexit”...

Giorgio Radicati nel 2005 a Ostrava, durante una manifestazione con le Frecce Tricolori / Giorgio Radicati in 2005, during a demonstration with the Frecce Tricolori in Ostrava

mist in background. And perhaps these considerations were what pushed him to believe that it was not in the best interests of the Czech Republic to be part of an integrated European community, capable of drawing up rules in the fields

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of trade, fiscal and monetary policies. But Klaus has always also said more, namely that it was not in the interest of the other countries of Europe either. Havel, the intellectual and man of culture, against the economist

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Klaus. Is it possible that this difference also explains their contrast towards the EU? In all likelihood, yes. Havel was a man who conceived the end of the communist regime and the advent


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non fosse nell’interesse neanche degli altri paesi d’Europa. Havel, intellettuale e uomo di cultura, contro l’economista Klaus. È possibile che questa differenza spieghi anche la loro contrapposizione rispetto alla Ue? Con ogni probabilità sì. Havel è stato un uomo che ha concepito la fine del regime comunista e l’av‑ vento della democrazia quasi come

of democracy almost like a new cultural construction. The country in his eyes, with the expulsion of the Communists, welcomed back the European cultural vocation dating back to centuries before, that had peaked in development in the fabulous decades of the First Czechoslovak Republic.

una costruzione culturale nuova. Il Paese ai suoi occhi, con la cacciata dei comunisti, riabbracciava quel‑ la vocazione culturale europea che risaliva a secoli prima e che ebbe come massimo sviluppo quel favolo‑ so ventennio della Prima repubblica cecoslovacca. Un periodo nel quale la neonata Cecoslovacchia dimostrò al mondo l’evoluzione che era in gra‑ do di raggiungere, nei campi della

A period in which the newly formed Czechoslovakia showed the world the evolution that was it able to achieve, in the fields of literature, painting, art, photography, film and more. Havel, a man of culture, was fascinated by the idea of Europe and its union. Klaus on the other hand, with

letteratura, della pittura, dell’arte, della fotografia, del cinema e non solo. Havel, uomo di cultura, era af‑ fascinato dall’idea di Europa e della sua unione. Klaus invece, con la sua formazione economica, era piuttosto impaurito da questa nuova entità sovranazionale e dalle conseguenze pratiche che ne sarebbero derivate. Rimanendo comunque all’aspetto economico, pare azzardato

his economic formation, was rather frightened by this new supranational entity and the practical consequences that would ensue. Remaining with the economic aspect however, it seems rash to claim that the Czech Republic has not benefited from these 13

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sostenere che la Repubblica Ceca non si sia avvantaggiata di questi 13 anni in Ue. Solo per quanto riguarda il 2015, il saldo fra quanto Praga ha versato alla Ue e quanto ha riscosso, è stato di quasi sei miliardi di euro. La risposta può essere affermativa se si elencano pedissequamente i valori numerici di quanto si è dato e di quanto si è ricevuto, ma non credo che operare in questo modo possa co‑ stituire la risposta migliore. Lo stesso Klaus dice che non è determinabile questo vantaggio. Personalmente penso che esistano delle partite in‑ visibili non rappresentabili con dei semplici numeri, ma che influiscono sensibilmente sui numeri stessi. E sempre a proposito di questioni eco‑ nomiche, mi sembra semplicistico so‑ stenere che l’esistenza della Ue abbia salvato molti paesi membri dalla crisi scoppiata negli Usa nel 2008. La crisi nei paesi europei in realtà preesisteva a quella americana, come lo stesso Klaus ha sottolineato in un colloquio years in the EU. Only with regard to 2015, the balance between what Prague has paid to the EU and how much it has earned, was almost six billion euros. The answer could be yes if you slavishly list the numerical values of what has been given and what has been received, but I do not think that working in this way can provide the best answer. Klaus says that the this advantage cannot be defined. I personally think that there are invisible items which cannot be represented by simple numbers, but that have a significant impact on the numbers themselves. And speaking of economic issues, it seems simplistic to argue that the existence of the EU has saved many member countries from the crisis that erupted in the US in 2008. The crisis in the European countries actually already existed in the US, as Klaus himself underlined in a conversation we had on the eve of the publication of my book, and I quote

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che abbiamo avuto alla vigilia della pubblicazione del mio libro e che cito in prefazione. È vero piuttosto che la crisi americana può avere messo a nudo la crisi europea. Il premier Bohuslav Sobotka, di recente in visita in Baviera, ha visitato il palazzo dove venne firmato il Patto di Monaco e ha detto: “La Ue è criticabile per molti motivi, ma è la garanzia che non si ripeterà mai più in Europa quanto accadde in questo luogo nel 1938”.

in the preface. It is quite true that the American crisis may have exposed the European crisis. The Prime Minister Bohuslav Sobotka, recently on a visit to Bavaria, visited the palace where the Munich Agreement was signed and said: “The EU can be criticized for many reasons, but it is a guarantee that what happened in this place in 1938 will never be repeated again in Europe.” This is a reference to the state of peace that Europe has enjoyed for 60 years and that clearly is opposed to the

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Questo è un riferimento allo stato di pace di cui l’Europa ha potuto go‑ dere per 60 anni e che chiaramente si contrappone ai conflitti nei quali, nel secolo scorso, i popoli del Vecchio continente si sono impegnati fra di loro. Chiaramente è una osservazio‑ ne condivisibile. Ma possiamo an‑ che fare una osservazione a latere: oggi assistiamo a conflitti regionali rispetto ai quali la Ue, proprio per mancanza di una politica comune, non riesce a influire. E all’interno dell’Unione ci sono paesi – come

conflicts which, over the past century, the peoples of the Old Continent have been committed in. Clearly it is a shared observation. But we can also look at it from a different angle: today we see regional conflicts, which the EU, perhaps due to a lack of a common policy, is unable to influence. And within the EU there are countries, such as Britain and France, that assume the leadership of non-shared and sometimes even opposed initiatives. What happened with Gaddafi’s Libya makes up an example. Today Britain is on the verge of a referendum on staying in the EU.

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Gran Bretagna e Francia – che as‑ sumono la leadership di iniziative non condivise e talvolta persino avversate. Quanto accaduto con la Libia di Gheddafi ne costituisce una dimostrazione. Oggi la Gran Bretagna è alla vigilia del referendum sulla permanenza in Ue. Un eventuale Brexit potrebbe innescare un effetto domino in Europa e alcuni osservatori parlano persino di rischio Czexit, visto il tasso record di sfiducia verso la Ue che si registra a Praga. Non vedo alcun collegamento, su questo piano, fra Gran Bretagna e Re‑ pubblica Ceca e, comunque, ritengo difficile una uscita dalla Ue della Gran Bretagna. Londra continuerà ad avere il suo tradizionale status di “membro speciale della Ue” e chiaramente si terrà ben stretta la sua sterlina. Quanto al grado di sfiducia dei cechi verso la Ue, è innegabile che ci sia, ma da qui a parlare di Czexit ce ne passa. Mi sia consentita una battuta: anche molte mogli non hanno fiducia nel proprio marito, ma questo non significa che siano pronte a chiedere il divorzio. A potential Brexit could trigger a domino effect in Europe and some observers even speak of the risk of a Czexit, given the record level of mistrust towards the EU, which is recorded in Prague. I do not see any connection, in this case, between Britain and the Czech Republic, and in any case, I consider a British exit from the EU as unlikely. London will continue to maintain its traditional status as a “special member of the EU,” and of course it will tightly hold on to its pound. As to the lack of trust from the Czechs towards the EU, it is undeniable that it exists, but it is far-fetched to talk of a Czexit. Allow me to make a joke: many wives do not trust in their husbands, but that does not mean they are ready to file for a divorce.


Čelakovského sady 4/1580 - 110 00 Praga 1- Repubblica Ceca - tel. +420 224 921 014 - diego@bianchi.cz


Ritratto del più celebre giornalistadissidente cecoslovacco, libera voce contro i totalitarismi. Due volte costretto all’esilio, due volte tornato in patria di Edoardo Malvenuti by Edoardo Malvenuti

A portrait of the most famous Czechoslovak dissident journalist, a free voice against totalitarianism. Twice forced into exile before returning home

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Pavel Tigrid, storia di un uomo giusto e libero Pavel Tigrid, story of a fair and free man “Il mio Paese mi sta molto a cuore. Questo probabilmente perché non ci ho vissuto. Quello che mi interessa non è in primo luogo la sua politica, ma delle cose più generali: come stanno i cechi? In che modo il Paese evolve nella storia? Penso che abbia‑ mo in mano tutte le carte per riuscire al meglio, ma è essenziale non essere più obbligati a “fare le valige”. Io l’ho vissuto due volte, e questo non deve succedere ancora”. Nella lucida commozione di questa breve riflessione c’è tutto Pavel Tigrid, giornalista e scrittore ceco, esiliato “My country is close to my heart. This is probably because I have not lived there. What interests me is not primarily its politics, but the more general things: how are the Czechs? How does the country evolve in history? I think we have all the cards in hand to succeed as well as possible, but it is essential to no longer be forced to “pack our bags”. I’ve experienced it twice, and this must not happen again”. In the lucid emotions of this brief reflection, lies everything to do with Pavel Tigrid, the Czech journalist and writer, twice exiled, and for more than forty years, from his Czechoslovakia. The one still remembered as one of the stand-out Czech journalists of the twentieth century, the nightmare of the regime press, has a personal destiny that was firmly intertwined with that of the contemporary history of his country.

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cultura culture

due volte, e per più di quarant’anni, dalla sua Cecoslovacchia. Quello che ancora oggi è ricordato come uno dei giornalisti cechi più marcanti del XX secolo, l’incubo dalla stampa di regime, ha un destino personale che si lega a filo doppio con quello della storia contemporanea del suo Paese. Pavel Schönfeld nasce nel 1917 a Pra‑ ga in una famiglia di origini ebraiche, un anno prima della fondazione della nazione cecoslovacca. Verso la fine degli anni ‘30 è impegnato in studi di diritto all’università Carolina di Praga; è allora che si appassiona al teatro e alla letteratura nazionali. Presto però, poco più che ventenne, è costretto ad esiliarsi per la prima volta dalla sua terra natale all’indomani dell’inva‑ sione nazista della Cecoslovacchia. Ripara a Londra dove collabora con l’edizione ceca della Bbc. Il suo impe‑ gno come penna e voce libera e an‑ titotalitaria è cominciato: durante gli anni inglesi scrive per diverse riviste, in particolare Kulturní zápisník, pub‑ blicata in ceco, slovacco e inglese, e Review 42, pubblicata in inglese.

Rientrato a Praga dopo la fine della guerra, Pavel Tigrid – “nom de plume” preso durante l’esilio inglese – lavora per un breve periodo per il ministero degli Affari Esteri e dirige il settima‑ nale Vývoj. Ma la sua permanenza nella capitale ceca è breve: dopo che il Partito comunista cecoslovacco pren‑ de il potere con il coup del febbraio del 1948, Tigrid è costretto a “fare le valige” per la seconda volta, stavolta diretto a Monaco, nella Germania dell’Ovest. Qui è l’iniziatore delle tra‑ smissioni in ceco di Radio Free Europe che dirigerà tra il 1951 e il 1952. Lasciata la Germania nel ‘52 si tra‑ sferisce prima negli Stati Uniti dove fonda, nel 1956, la rivista trime‑ strale Svědectví – Testimonianza – una risposta intellettuale alla brutale repressione della rivoluzio‑ ne ungherese da parte dell’Unione Sovietica. L’esperienza americana termina nel 1960, anno in cui si trasferisce in Francia, che diventerà la sua Patria d’adozione. A Parigi continua il lavoro su Svědectví: Il primo numero della rivista trimestrale Svědectví, nell’inverno 1956 / un impegno politico e intellettua‑ The first issue of Svědectví, the quarterly magazine, in Winter 1956

Pavel Schönfeld was born in 1917 in Prague, in a family of Jewish origin, one year before the founding of the Czechoslovak nation. In the late ‘30s he was engaged in studying law at Charles University in Prague. It was there where he became passionate

BBC. His commitment as an anti-totalitarian free pen and voice had started. During the British years, he wrote for several magazines, especially Kulturní zápisník, published in Czech, Slovak and English, and Review 42, published in English. Having returned to Prague after the end of the war, Pavel Tigrid, his “nom de plume” taken during his exile in England, worked for a brief period for the Ministry of Foreign Affairs and headed the weekly magazine Vývoj. However, his stay in the Czech capital was short: after the Czechoslovak Communist Party took power with the coup of February 1948, Tigrid was forced to “pack his bags” for the second time, this time heading towards Munich, in West Germany. Here he became the initiator of the broadcasts of Radio Free Europe in Czech language, which he was in charge of between 1951 and 1952.

about the theatre and in national literature. Soon, however, in his early twenties, he was forced into exile from his homeland for the first time, following the Nazi invasion of Czechoslovakia. He took refuge in London where he worked with the Czech edition of the

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After leaving Germany in ‘52 he moved to the US, where in 1956, he founded the quarterly magazine Svědectví – Testimony, an intellectual response to the brutal suppression of the Hungarian uprising by the Soviet Union. The American experience ended in 1960, the year when he moved to France, which would become his country of adoption. In Paris he continued the work of Svědectví: an intense political and intellectual engagement. This “resistant” publication was open to the collaboration of Czech intellectuals and journalists banned in the country, Václav Havel and Jan Patočka among others, and gave way to the thoughts of other big names of the European anti-totalitarian thought, such as Arthur Koestler and Raymond Aron. The magazine, despite having been banned in Czechoslovakia, circulated under the counter until it reached a maximum

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Fermo sui suoi principi democratici e pragmatico nella sua azione politica d’opposizione

La targa dedicata a Pavel Tigrid al suo indirizzo di Héricy, nei pressi di Parigi / The plate dedicated to Pavel Tigrid at his address in Héricy, near Paris

le intenso. Questa pubblicazione “resistente” era aperta alle colla‑ borazioni di intellettuali e giorna‑ listi cechi messi al bando in Patria, Václav Havel e Jan Patočka tra gli altri, e lasciava spazio al pensiero di altri grandi nomi del pensiero antitotalitario europeo come Ar‑ thur Koestler e Raymond Aron. La rivista, nonostante fosse vietata in Cecoslovacchia, circolava sottoban‑ co fino a raggiungere una tiratura massima di 20mila esemplari al momento della caduta del regime. Ma l’azione e il lavoro di Tigrid nel‑ la ville lumière non si limitano a Svědectví. Tra il 1968 e il 1969 altre due pubblicazioni decisive marcano il suo percorso di riflessione politi‑ ca: “La Primavera di Praga” e “Così finì Alexander Dubček”, due lucide analisi dell’impossibile riforma del

“socialismo reale” in un momento in cui la sinistra francese era galva‑ nizzata dal gauchismo dei discorsi e degli atti del Maggio parigino del ‘68. Ma c’è di più. Dalla Francia Pa‑ vel Tigrid riesce ad alimentare anche una rete clandestina anti-regime: grazie a lui, e grazie alla copertura dell’associazione Francia-Cecoslo‑ vacchia che si vuole obbediente al regime di Praga, diversi giovani ce‑ chi possono uscire dal Paese dopo il 1968 e venire in Francia fingendo di partecipare a viaggi turistici: il vero scopo di questi soggiorni era rien‑ trare con libri e scritti vietati in Pa‑ tria e soldi destinati all’opposizione politica interna. Intanto la rivista Svědectví continua a essere una tribuna privilegiata del dibattito politico della dissidenza in esilio. In particolare dopo il 1968

Firm with his democratic principles, and pragmatic in his action of political opposition

© Paris Czech Centre

Václav Havel all’inaugurazione di una targa per Tigrid a Parigi, dov’era situata la redazione di Svědectví / Václav Havel at the presentation of a plate dedicated to Tigrid in Paris,where Svědectví editorial office was located

print run of 20 thousand copies at the time of the fall of the regime. Yet, the action and work of Tigrid in the City of light is not limited to Svědectví. Between 1968 and 1969, two other decisive publications defined his path of political reflection: “The Prague Spring” and “Why Dubček fell”, two

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lucid analyses of the impossible reform of “real socialism” at a time when the French left was galvanized by the leftism of the speeches and acts of the Parisian May ‘68. But there’s more. From France Pavel Tigrid managed also to feed an anti-regime clandestine network. Thanks to him, and thanks to the

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coverage of the France-Czechoslovakia association obedient to the Prague regime, several young Czechs could leave the country after 1968 and come to France pretending to participate in tourist trips: the real purpose of these trips was returning with books and writings banned in their homeland


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e la fine forzata della Primavera di Praga, segue le attività di Charta 77. Fermo sui suoi principi democratici e pragmatico nella sua azione politica d’opposizione, Tigrid alimenta fino agli anni ‘70 una discussione sulle possibilità (o impossibilità) di cam‑ biamento interne ai sistemi comuni‑ sti, in particolare nell’Europa dell’Est: nel 1977 pubblicherà “L’amara rivolu‑ zione: tentativi falliti di umanizzare il marxismo-leninismo”, una serie di ritratti critici di comunisti riformatori dell’Est. Ormai simbolo della dissidenza ce‑ coslovacca in Francia Pavel Tigrid fu anche promotore della fondazione a Parigi del Comitato internazionale di sostegno di Charta 77, presieduto in Francia dal suo amico poeta Pier‑ re Emmanuel. E in terra francese il giornalista praghese resterà ancora per più di dieci anni, fino alla Rivo‑ luzione di Velluto dell’89 e la caduta del regime comunista nel Paese. Solo allora farà ritorno in Patria. Lui che era stato “direttore” di Havel quando que‑

sti pubblicava sulla rivista Svědectví, diventa allora il consigliere del neoe‑ letto presidente ceco. Qualche anno dopo, il giornalista militante prenderà un posto ancora più prestigioso: dal 1994 al 1996 sarà Ministro della Cultura della Repub‑ blica Ceca. E ancora, lui che dopo la guerra si interrogava nei suoi scritti dell’espulsione dei tedeschi dai Sude‑ ti, ricopre nel 1997 il ruolo di co-pre‑ sidente del Forum ceco-tedesco che apre alla riconciliazione come condi‑ zione all’integrazione europea. Tutta‑ via, dopo anni di impegno politico in quella che è ormai la “sua” Repubblica Ceca, decide di ritornare nella sua se‑ conda Patria: la “sua” Francia. Morirà qui, nel 2003. Oggi, davanti a quella che è stata la sua casa, nella rue de l’Abreuvoir di Héricy, non lontano da Parigi, il comu‑ ne ha messo una targa per ricordarlo: è l’ultima firma “di un uomo giusto e libero”. Così lo aveva ricordato Václav Havel, commosso, il giorno del suo funerale.

and money destined for domestic political opposition. Meanwhile Svědectví magazine continued to be a privileged forum of the political debate of dissidents in exile. Especially after 1968, and the forced end of the Prague Spring, he followed the activities of Charter 77. Sticking firmly to his democratic principles and

remaining pragmatic in his actions of political opposition, Tigrid continued to feed a discussion on the possibilities (or impossibility) of internal changes to communist systems until the ‘70s, in particular in Eastern Europe. In 1977 he would publish “The Bitter revolution: failed attempts to humanise MarxismLeninism”, a series of critical portraits of

Dal Corriere della Sera, poco prima della divisione della Cecoslovacchia / From the Corriere della Sera, right before the dissolution of Czechoslovakia

Pavel Tigrid nei primi anni Novanta / Pavel Tigrid in early 1990s

reformer communist Eastern Europe. By now a symbol of Czechoslovak dissidents in France, Pavel Tigrid was also a promoter of the foundation in Paris of the International Committee in support of the Charter 77, headed in France by his friend the poet Pierre Emmanuel. The Prague journalist would remain on French soil for more than ten years, until the Velvet Revolution of ‘89 and the fall of the communist regime in the country. Only then would he return to his country. Curiously, having once been Havel’s “director” back when they were publishing for Svědectví magazine, he became the counselor of the newly elected Czech president. A few years later, the militant journalist would take an even more prestigious position. From 1994 to 1996 he

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was the Minister of Culture of the Czech Republic. In addition, Tigrid, who after the war was questioning the expulsion of the Germans from the Sudetenland in his writings, would also fulfill the role of co-chairman of the CzechGerman Forum in 1997, which opened to reconciliation as a condition for the European integration. However, after years of political commitment in what is now “his” Czech Republic, he decided to return to his second homeland: “his” France. He would die here, in 2003. Today, in front of what was his home, in the rue de l’Abreuvoir of Héricy, not far from Paris, the municipality placed a plaque in memory of him: it was the last signature “of a fair and free man”. This is how he was remembered by a moved Václav Havel, on the day of his funeral.

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il mese de La Pagina

Febbraio – Marzo 2015

Le principali notizie pubblicate sulla rassegna stampa quotidiana La Pagina

Politica

(15 febbraio) Vertice a Praga del V4. I Paesi del Gruppo di Visegrad – Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria – si riuniscono nella capitale ceca per celebrare il 25° anniversario del sodalizio. A proposito di crisi migranti, il V4 esprime poca fiducia su progetto di accordo Ue-Turchia e chiede di preparare blocco frontiera settentrionale della Grecia. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (29 marzo) Inizia la visita a Praga di Xi Jinping. Il presidente cinese è accolto con tutti gli onori al Castello dove è in programma la firma di un memorandum strategico tra i due paesi e accordi di collaborazione economica per decine di miliardi di corone. “La Repubblica Ceca diventa porta d’ingresso in Ue della Cina” dichiara il Miloš Zeman. Non mancano le polemiche di quanti sottolineano mancato rispetto di diritti umani in Cina e protestano a favore del Tibet.

Cronaca

(6 febbraio) Tragedia in montagna. Cinque scialpinisti cechi muoiono vicino a Innsbruck durante una escursione a causa di una valanga. Secondo la stampa avrebbero trascurato le segnalazioni di pericolo ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (14 febbraio) Cresce interesse per il russo. Nelle scuole elementari e nei ginnasi lo scorso anno erano 52 mila gli studenti che studiavano questa lingua, circa il doppio rispetto al 2011/2012. Attualmente il russo è al terzo posto, dopo inglese e tedesco, fra le lingue straniere più studiate nelle scuole ceche. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (10 marzo) Medici primi per rispetto sociale. È questa la professione che in Repubblica Ceca gode della maggiore considerazione da parte della gente. Seguono gli scienziati, le infermiere degli ospedali, gli insegnanti. Fra gli ultimi della classifica troviamo i deputati, i commessi, i preti e i giornalisti. È quanto emerge da sondaggio Cvvm, che ha preso in esame 26 tipi di lavoro.

Economia, affari e finanza

(1 febbraio) I passi avanti della sanità ceca. Secondo Euro Health Consumer Index 2015 – che ha messo a confronto le performance dei sistemi sanitari europei, partendo dal punto di vista del paziente/consumatore – la Rep. Ceca, 13° su 35 paesi esaminati, ha ormai superato non solo tutti i paesi ex comunisti, ma anche Gran Bretagna, Spagna e Italia. Su un totale di mille punti disponibili, la Sanità ceca risulta averne 760, 14 in meno dell’Austria. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (10 febbraio) Come cambia l’università ceca. I laureati nel 2015 sono stati 82 mila, quasi il triplo del 2001. I diplomati che si iscrivono all’università sono oggi sette su dieci (tre su dieci nel 2001). Nel paese sono in funzione 68 università (44 nel 2001) di cui 42 private (più del doppio rispetto all’inizio del millennio). ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (10 febbraio) Camera approva registro elettronico incassi. I primi ad essere tenuti all’obbligo del registro, probabilmente sin dal prossimo novembre, saranno ristoratori e albergatori. Dopo qualche settimana la legge riceve il sì definitivo del Senato e la firma presidenziale di promulgazione. Il governo si ripromette con questa novità di fronteggiare meglio il fenomeno dell’evasione.

––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (10 febbraio) Mutui ipotecari da record. In Repubblica Ceca nel 2015 ne sono stati concessi 102 mila, per un valore complessivo di 184,3 miliardi di corone. L’anno appena iniziato si prevede nuovamente da record. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (11 febbraio) Rep. Ceca prima in Ue per sicurezza Internet. A rilevarlo è uno studio di Eurostat, secondo il quale solo il 10% degli utenti cechi nel 2015 ha avuto problemi di questo tipo. A seguire Paesi bassi (11%) e Slovacchia (13%). Sul fronte opposto troviamo Croazia (42%), Ungheria (39%) e Portogallo (36%). Media Ue: 21%. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (22 febbraio) Siccità: Rep. Ceca progetta nuove dighe. Il ministero dell’Agricoltura indica quattro località dove potrebbero in futuro essere realizzati dei laghi artificiali, nel quadro del piano diretto a fronteggiare il problema siccità. Si tratta di Pěčín (Rychnov nad Kněžnou), Vlachovice (Zlín), Senomaty e Šanova (entrambe nel distretto di Rakovnik). A dichiararlo è il ministro Marian Jurečka. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (24 febbraio) Invia.cz cambia proprietario. La principale compagnia ceca nella vendita online di pacchetti turistici, con un fatturato lo scorso anno di cinque miliardi di corone, viene ceduta dal fondo polacco Mci al gruppo ceco Rockaway, grazie a una operazione sostenuta finanziariamente dai miliardari Daniel Křetínský, Patrik Tkac e dal Ppf di Petr Kellner. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (25 febbraio) L’uscita di Zdeněk Bakala da Nwr. Il miliardario ceco decide di cedere la partecipazione nella compagnia estrattiva New World Resources, alla quale fa capo Okd, il colosso carbonifero sull’orlo del fallimento. Ad assumerne il controllo è l’Ahg, che riunisce tre società di investimento britanniche. I nuovi proprietari sollecitano negoziato con il governo per la ristrutturazione di Okd. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (28 febbraio) A Nymburk prima zona industriale ceco-cinese. Viene inaugurata alla presenza dei rappresentati della provincia di provincia cinese di Sichuan e del governatore della Boemia centrale, Miloš Petera. Nella zona opera già la società Changhong, che produce elettrodomestici. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (3 marzo) Agrofert nel mirino Ue. Olaf, l’organismo che si occupa dei casi di frode ai danni del bilancio Ue, apre una indagine nei confronti della holding agrochimica di cui è proprietario il ministro delle Finanze, Andrej Babiš. Il caso riguarda i 50 milioni di corone giunti dai fondi Ue per la realizzazione del Čapi hnizdo, agriturismo di lusso, nel distretto di Benešov. Babiš si difende dicendo che, al tempo in cui furono concessi i finanziamenti, il Nido della Cicogna non era di proprietà Agrofert ma di alcuni suoi familiari. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (3 marzo) Zdeněk Pelc “Imprenditore dell’anno”. Il fondatore e proprietario della GZ Media - considerato il re dei dischi in vinile, con un mercato di portata internazionale - si aggiudica il premio organizzato da Ernst & Young. GZ Media di Loděnice prevede quest’anno un fatturato in crescita del 7% dopo i 2,3 miliardi di corone totalizzati nel 2015 (+6%). ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (17 marzo) Il rincaro del mattone. I prezzi delle abitazioni nel 2015 in Repubblica Ceca sarebbero aumentati mediamente del 9%. E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato dal portale specializzato

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di GIOVANNI USAI Sreality.cz che ha in offerta più di 100 mila immobili, in vendita e in affitto. Le differenze da zona a zona del paese sono piuttosto grandi, visto che nelle regioni di Karlovy Vary, della Moravia meridionale e di Liberec i prezzi sarebbero aumentati del 15%, mentre a Praga del 5%. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (17 marzo) Anno record il 2015 per Škoda Auto. Il produttore ceco, con una quota dell’1,4% del mercato mondiale, ha segnato lo scorso anno un utile di 19,1 miliardi di corone, in aumento del 6,5%. Da primato anche il fatturato, salito a 338 miliardi di corone, +6,2% così come il numero di auto vendute, 1.055.500 (+1,8%). ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (21 marzo) Dipendenza ceca 100% da gas russo. È infatti scaduto il contratto stipulato nel 1997 con la Norvegia, in base al quale per anni il paese scandinavo ha assicurato il 25% delle forniture. Nel frattempo in Repubblica Ceca sono stati realizzati più impianti di stoccaggio, che aumentano sicurezza energetica e riducono il rischio di blocchi da parte di Gazprom. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (21 marzo) Grandi aziende ceche pro euro. È quanto emerge da sondaggio realizzato dalla Camera di commercio della Repubblica Ceca, la Hospodářská komora Čr, fra circa 600 operatori. Secondo tale rilevamento il 60% delle aziende è oggi a favore dell’adozione della moneta unica europea. I contrari sono soprattutto nell’ambito delle piccole aziende, con meno di dieci dipendenti. In quest’ultima categoria il fronte dei contrari supera il 50%. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (29 marzo) Attesi quest’anno 350 turisti cinesi. Questa la cifra che si prevede in Repubblica Ceca, dopo i 285 mila dello scorso anno, secondo le anticipazioni di CzechTourism. I visitatori cinesi contribuiscono almeno parzialmente a compensare la flessione degli arrivi dalla Russia. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (30 marzo) Boom di investimenti cinesi in Rep. Ceca. È quanto si attende dalla visita a Praga di Xi Jinping. In occasione del Forum economico cecocinese, alla presenza dei capi di stato dei due paesi e dei big dell’economia ceca, vengono sottoscritti decine di accordi. Il presidente Miloš Zeman afferma che gli investimenti cinesi in Repubblica Ceca raggiungeranno quest’anno il valore di 95 miliardi di corone. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (fonte: E15) Investimenti Home Credit in Cina. La compagnia ceca del credito al consumo, di proprietà del gruppo Ppf, annuncia 921 milioni di dollari in Cina entro fine 2017, con l’obiettivo di raddoppiare il proprio business nel paese di Dragone. Ad aiutare il business cinese di Home Credit sarà anche l’accordo di collaborazione sottoscritto fra la Banca nazionale ceca e la China Banking Regulatory Commission.

Varie

(13 febbraio) La morte di Bořek Šípek. L’architetto e design del vetro si spegne dopo una lunga malattia all’età di 66 anni. Era molto noto anche per i lavori compiuti al Castello di Praga durante la presidenza di Václav Havel. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– (22 marzo) Petr Čech calciatore dell’anno. Il portiere dell’Arsenal e della Nazionale ceca si aggiudica per l’ottava volta, il titolo Fotbalista roku organizzato dalla Associazione calcio della Repubblica Ceca. Al secondo posto David Lafata, al terzo Vladimír Darida.


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Appuntamenti futuri Dal 13 maggio al 17 giugno

Dal 13 maggio al 5 febbraio 2017

Il 19 maggio

La Galleria del Centro Ceco di Milano ospita “Praga è bella”, una mostra degli studenti della Facoltà d’arte cinematografica e televisiva dell’Accademia di belle arti (Famu) di Praga. L’esposizione, allestita in oc‑ casione dei 40 anni del dipartimento di fotografia e inaugurata il 12 maggio, presenta le bellezze di Praga attraverso le fotografie di studenti cechi e internazionali. Istantanee che interpretano la real‑ tà cogliendo il fascino e l’atmosfera di vie e angoli insoliti ma raccontano anche i legami tra Repub‑ blica Ceca e Italia. Alcuni scatti mettono infatti in luce l’influenza sull’architettura praghese di quella italiana, soprattutto dello stile barocco di Francesco Borromini e Guarino Guarini. L’esposizione è curata da Robert Silverio, professore di fotografia al Famu. milano.czechcentres.cz

Il Museo Nazionale della Tecnica di Praga contribuisce ai festeggiamenti nazionali per i 700 anni dalla nasci‑ ta di re Carlo IV con la mostra Civitas Carolina. Presen‑ ta l’arte della costruzione e lo sviluppo architettonico durante il regno carolino con modelli in scala 1:1 e materiali originali. La sala espositiva diventa un can‑ tiere edile, in cui seguire il processo di edificazione delle mura della Città Nuova dal modello alla costru‑ zione finita, con tecniche e problematiche connesse. Ci saranno le repliche di una gru medievale in legno ricreata in base a un disegno della Bibbia di Venceslao IV e di un ariete gotico. L’evento è patrocinato dal pre‑ sidente del Senato Milan Štěch, dal cardinale Domi‑ nik Duka, dal ministro della Cultura Daniel Herman e dall’ambasciatrice inglese J. E. Jan Thompson. www.ntm.cz

Il festival Italia Arte Fest, in collaborazione con Umbria Music Fest, prepara un nuovo appuntamento per gli amanti della musica classica con la Messa di Requiem KV 626 in Re minore di Wolfgang Amadeus Mozart. Il Maestro Walter Attanasi è accompagnato dall’orchestra Czech Virtuosi, dal Coro da camera di Brno e da artisti internazionali quali la soprano britannica Christina Jo‑ hnston, la mezzosoprano americana Marianna Kuliko‑ va, il tenore italiano Flaviano Bianchi e il basso georgia‑ no George Andguladze. La Sala Dvořák del Rudolfinum di Praga sarà pervasa dalle note toccanti del Requiem e del suo brano più struggente, il Lacrimosa. Questa mes‑ sa funebre è l’ultima composizione di Mozart, rimasta incompiuta per la morte dell’autore e completata dal suo allievo Franz Süssmayr. www.umbriamusicfest.it

From 13 May to 17 June

From 13 May to 5 February 2017

On May 19

Praga è bella

Civitas carolina

Mozart Requiem

The Gallery of Czech Centre in Milan is hosting “Praga è bella”, an exhibition by students from the Film and TV School of the Academy of Performing Arts in Prague (FAMU). The exhibition, which was set up to celebrate the 40th anniversary of the department of photography and inaugurated on 12 May, displays beautiful scenes of Prague through a series of photographs taken by Czech and international students – snapshots that represent the reality of the place and depict the charm and atmosphere of the peculiar streets and corners of the town, but that also highlight the strong ties that have existed between the Czech Republic and Italy. A few photographs, in fact, highlight the strong influence that Italian architecture had on that of Prague, especially the baroque style of Francesco Borromini and Guarino Guarini. The exhibition is curated by Robert Silverio, a professor of photography at FAMU. milano.czechcentres.cz

The National Technical Museum in Prague is participating in the celebrations for the 700th anniversary of the birth of King Charles IV with the exhibition Civitas Carolina. It will present the art of construction and architectural development during Charles’s reign with 1:1 scale models and original materials. The exhibition will thus become a construction site, where visitors can see and follow the building process of the New Town walls, from its model to the finished construction, with all the relative technical and construction difficulties. There will also be a replica of a medieval hand hoist, rebuilt on the basis of a drawing contained in the Bible of Wenceslas IV, including a Gothic battering ram. The event is sponsored by the President of the Senate Milan Štěch, Cardinal Dominik Duka, the Minister of Culture Daniel Herman and British Ambassador J. E. Jan Thompson. www.ntm.cz

The Italia Arte Fest, in collaboration with Umbria Music Fest, is hosting a new event for classical music enthusiasts with the presentation of the Requiem Mass in D minor (KV 626) by Wolfgang Amadeus Mozart. Maestro Walter Attanasi will conduct the Czech Virtuosi orchestra, the Brno Chamber Choir and international artists, such as British soprano Christina Johnston, the American mezzo-soprano Marianna Kulikova, the Italian tenor Flaviano Bianchi and the Georgian bass singer George Andguladze. The Dvořák Hall of the Prague Rudolfinum will be pervaded with the musical notes of the Requiem and its most emotionally moving part, the Lacrimosa. The funeral mass was Mozart’s last composition and remained unfinished due to the author’s death, but was later completed by his former student, Franz Süssmayr. www.umbriamusicfest.it

Praga è bella

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Sabrina Salomoni

Civitas carolina

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Mozart Requiem


appuntamenti events

Future events

Sabrina Salomoni

Dal 21 maggio al 17 settembre

Dall’1 giugno al 23 settembre

Il 16 giugno

Dopo la maratona di Praga di maggio, il calendario podistico di RunCzech prosegue con quattro mezze maratone in altrettante città ceche. Tutte le gare sono targate Mattoni e premiate con lo IAAF Gold Road Race Label. Tre sono serali, il 21 maggio si corre a Kar‑ lovy Vary su un percorso panoramico che fiancheggia il fiume Tepla e il Colonnato della nota città termale. Il 4 giugno è la volta di České Budějovice, la gara più veloce grazie al tracciato pianeggiante. Il 25 giugno c’è Olomouc, la più popolare e la prima a essere orga‑ nizzata fuori Praga. Si conclude il 17 settembre a Ústí nad Labem, una corsa diversa dalle altre per il tragitto che attraversa la fabbrica chimica Spolchemie. Tutte le mezze maratone RunCzech offrono la possibilità di correre in staffetta a due o quattro. www.runczech.cz

La fondazione Eleutheria dedica una mostra alla leg‑ genda dell’automobilismo Tazio Nuvolari. Curata da Francesco Augusto Razetto, Ottaviano Maria Razetto e Graziano Mangoni, si terrà presso il Museo Naziona‑ le della Tecnica. Trecento fotografie presentano la vita privata e l’attività agonistica del campione, dalle prime corse in moto negli anni ‘20 all’entrata nel mito. Com‑ pletano la rassegna una serie straordinaria di cimeli, esposti per la prima volta in Repubblica Ceca: una Bu‑ gatti T35 e una motocicletta Norton come quelle gui‑ date da Nuvolari, la sua tuta, la Coppa Donington vinta nel 1938 e filmati originali sulle sue gesta sportive. La mostra gode del patrocinio dei Ministeri cechi della Cul‑ tura e dell’Industria e del Commercio, dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto Italiano di Cultura. www.eleutheria.cz

A dodici anni dal suo primo concerto a Praga, Paul McCartney il prossimo 16 giugno si esibirà alla O2 Arena, nell’ambito del tour One On One, partito il 13 aprile da Fresno, California. Paul si ripresenta al pubblico con una scaletta del tutto nuova rispetto al precedente Out there tour. Tre ore e decine di canzoni dalle più amate raccolte che riassumono cinquant’an‑ ni di carriera – come solista, membro dei Wings e dei Beatles – di un artista, la cui musica è arrivata persino nello spazio. Ad accompagnarlo ci saranno Paul ‘Wix’ Wickens alle tastiere, Brian Ray alla chitarra e basso, Rusty Anderson alla chitarra e Abe Laboriel Jr alla batteria. La performance è arricchita da un appara‑ to audio-video ad alta definizione con proiezioni su grandi schermi, effetti laser e pirotecnici. www.o2arena.cz

From 21 May to 17 September

From 1 June to 23 September

On 16th June

The RunCzech half marathons

Nuvolari

Paul McCartney in concert

After the Prague Marathon in May, the RunCzech race calendar continues with the four half-marathons in as many other Czech cities. All the competitions are known as Mattoni and awarded with the IAAF Gold Road Race Label. Three of the races will take place in the evening. On 21 May, it will be held in Karlovy Vary, on the scenic route along the banks of the Tepla river and Colonnade of the famous spa town. On 4 June, it will be held in České Budějovice, the fastest race, owing to its flat course. On 25 June, the race will take place in Olomouc, the most popular race and the first to be organized outside Prague. The last competition will be held on 17 Sept. in Ústí nad Labem, a different race, compared to the others, because of its course which runs through the Spolchemie chemical factory. All RunCzech half marathons allow a two-person or four-person relay. www.runczech.cz

The Eleutheria Foundation will host an exhibition dedicated to the motoring legend Tazio Nuvolari. Curated by Francesco Augusto Razetto, Ottaviano Maria Razetto and Graziano Mangoni, that will be held at the National Technical Museum. Three hundred photographs to recount the private life and agonistic activity of the champion, from his first motorcycle races in the 1920s to when he became a legend. The exhibition includes an extraordinary series of relics, that will be exhibited for the first time in the Czech Republic: a Bugatti T35 and a Norton motorcycle, like the one used by Nuvolari, including his motorbike riding suit, the Donington Cup won in 1938 – and original film scenes on his sporting achievements. The exhibition is sponsored by the Czech Ministries of Culture and of Industry and Trade, the Italian Embassy and the Italian Cultural Institute. www.eleutheria.cz

Twelve years after his first concert in Prague, on 16 June, Paul McCartney will be performing again at the O2 Arena within the One On One concert tour, set off on 13 April from Fresno, in California. Paul returns to his public with an entirely new set list of songs, compared to the previous Out there tour. A three-hour show and dozens of songs derived from his most popular collections, that sum up fifty years of a career as a soloist and member of the Wings and Beatles – and an artist whose music has even reached into space. Accompanying him will be keyboards player Paul ‘Wix’ Wickens, bass and guitar player Brian Ray, guitarist Rusty Anderson and Abe Laboriel Jr. on drums. The performance will be enhanced by a high-definition audio-video system, with projections onto a large screen, with laser and pyrotechnics displays. www.o2arena.cz

Le mezze maratone RunCzech

Nuvolari

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Paul McCartney in concerto

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Čezeta 506, design retrò e anima green Čezeta 506, retro design and green soul Design d’epoca e motore elettrico, rinascono gli scooter Čezeta, icone delle strade cecoslovacche negli anni sessanta di Sabrina Salomoni by Sabrina Salomoni

Vintage design and an electric motor, the Čezeta scooters, icons of Czechoslovak roads in the sixties, are born again

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marchio brand

© Čezeta Motors

Un corpo massiccio e tondeggiante e il “muso” allungato che termina con un grande faro cromato: per le fat‑ tezze originali lo scooter Čezeta prese il soprannome di “Prase” (maiale) fin dalla nascita. Čezeta (abbreviato ČZ) è un nome che forse evoca poco o nulla ai più ma a cavallo tra anni cinquan‑ ta e sessanta, quando in Italia erano Lambretta e Vespa a far sognare i gio‑ vani, i ČZ 501 e 502 erano l’icona delle strade cecoslovacche. Prodotto fino al 1964, dopo mezzo secolo il Čezeta rinasce con il nuovo Type 506 grazie alla passione di Neil Eamonn Smith, imprenditore ingle‑ se residente in Cechia. Le linee retrò riprendono integralmente quella forma così personale che arriva dal passato ma il motore è elettrico, scel‑ ta che non entusiasma i cechi. Qualche anno fa, passeggiando nel quartiere praghese di Vinohrady, Smith rimase affascinato da una di quelle strane motociclette e, in‑ formatosi sul modello, recuperò tre pezzi d’epoca da restaurare. All’ini‑

zio era solo un hobby ma presto capì che il ČZ era la base ideale per realizzare il suo sogno, creare uno scooter elettrico. Nel 2012 iniziò a lavorarci e nel giro di un anno il pas‑ satempo si trasformò in un progetto serio. Registrò il marchio Čezeta e costituì la società Čezeta motors, che non ha nulla a che vedere con la Česká Zbrojovka Strakonice, azienda costruttrice di motociclette e armi da fuoco che produsse il vecchio modello. “Passati cinquant’anni, nessuno in Repubblica Ceca voleva ricominciare dal Čezeta. Un vero peccato – ha dichiarato Smith. – È parte della storia locale e ha un design fantastico”. Dopo due anni di prove, e un investimento intorno al milione di corone, nel novem‑ bre 2014 espose il primo prototipo alla fiera “For Energo” di Praga e si rivolse a Lutz Buennagel e Alex Mo‑ nestier, esperti del settore automo‑ tive, per lanciare il 506 sul mercato della mobilità sostenibile. Si è svol‑ ta al Motosalone di Brno di marzo la

A massive, rounded body, and an extended “front” that ends with a big chrome headlight: because of its original features, the Čezeta scooter was given the nickname “Prase” (pig) ever since it was produced. The Čezeta (ČZ), perhaps, evokes very little or nothing to most of us, but at the turn of the fifties and sixties, when young people in Italy were dreaming of owning a Lambretta or Vespa, the ČZ 501 and 502 were the icons of Czechoslovakian roads. Produced until 1964, after half a century, the Čezeta is back again with the new Type 506, thanks to the passion and work of Neil Eamonn Smith, the English entrepreneur who resides in the Czech Republic. Its retro line is exactly the same as that of its original model, but the engine is now electric, a choice that has not caused great excitement among the Czechs. A few years ago, while walking in Prague’s Vinohrady district, Smith became fascinated by one of those strange

motorcycles and, after enquiring about the model, he was able to find three vintage motorbikes to be restored. It all started as a hobby, but he soon realized that the ČZ was the perfect base from which to realize his dream and create an electric scooter. In 2012 he began to work on it and within a year his pastime became a serious project. He registered the Čezeta trademark and established the Čezeta motors company – which has no connection with Česká Zbrojovka Strakonice, the manufacturer of motorcycles and firearms that produced the old model. “After over fifty years, there was practically nobody in the Czech Republic that had any intention of starting again from the Čezeta. A great pity – Smith declares. – It is part of local history and it has a fantastic design”. In November 2014, after two years of tests and an investment of around one million crowns, he exhibited the first prototype at the Prague “For Energo” fair and turned to Lutz Buennagel and

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prima mondiale di un modello con ottimi parametri tecnici, materiali di qualità e accessori high-tech. Prima di approfondire le caratteristi‑ che del 506, raccontiamo la storia del suo antenato. Già prima della seconda guerra mondiale si voleva creare uno scooter comodo ma moderno. Dietro alle più brillanti idee c’era sempre lo stesso nome, Jaroslav František Koch, costruttore di motocicli che collabo‑ rava con la Česká Zbrojovka Strako‑ nice. Nel 1940 brevettò la carrozzeria portante, nel 1947 catturò l’interesse generale con un prototipo dalla forma

non convenzionale all’autosalone di Praga. Dieci anni più tardi l’azienda di Strakonice avviò la produzione in serie di trecento ČZ 501 con motore 175 cc. Il campionario proponeva sei combinazioni bicolori. Nel 1960 arrivò l’ammodernato 502 con un unico tubo di scappamento e la possibilità di ag‑ ganciare il rimorchio portabagagli Pav 40. Poi fu la volta del 505, motocarro a tre ruote con cassone posteriore, e del sidecar 502 Druzeta. Può sembrare strano accostare un prodotto alla moda con l’Europa dell’Est ma il Čezeta, con il suo de‑

sign contemporaneo, era un veicolo per l’epoca rivoluzionario. “Ammiravo tutte quelle leve e non sapevo nulla della loro funzione. Mi attraevano e affascinavano” scrive Marcel Malypetr, autore del libro Skútr Čezeta. I ČZ por‑ tarono alla ribalta l’industria motoci‑ clistica cecoslovacca che nel periodo post-bellico era tra le più sviluppate mentre fu la società Motokov a espor‑ tarli in tutto il mondo. Raggiunsero il picco della popolarità nei Paesi Bassi dove si cambiò il soprannome in “La Boheme” e negli USA, soprattutto in Winsconsin, mentre la Nuova Zelanda

© Čezeta Motors

Alex Monestier, who were experts in the automotive industry, to launch the 506 on the sustainable mobility market. The first world presentation of a model with excellent technical parameters, good quality materials and high-tech accessories, took place in March at the Motosalon in Brno. Before examining the features of the 506, we would like to tell you the story of its predecessor. Even before the second World War the desire was to create a comfortable yet modern scooter and behind a few of the most brilliant

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ideas that came out, there was always the name of Jaroslav František Koch, a motorcycle manufacturer, who had collaborated with Česká Zbrojovka Strakonice. In 1940, he patented the chassis and then, at the Prague showroom in 1947, he was able to catch the public interest with a prototype that had a rather unconventional shape. Ten years later, Strakonice’s company started the mass production of three hundred ČZ 501 with 175 cc. engines and a combination of six colours. In 1960, the modernized version of the 502 was produced, which

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had a single exhaust pipe and the possibility for it to be hooked onto the Pav 40 luggage trailer. It was then the turn of the ČZ 505 three wheeler, and the Druzeta 502 sidecar. It might seem strange to connect a trendy product with Eastern Europe, but the Čezeta, with its contemporary design, was actually a vehicle for the revolutionary era. “I admired all those levers, but I didn’t know anything about their function. I was attracted to them and found them fascinating”, writes Marcel Malypetr, author of the


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comprava i pezzi originali e riassem‑ blava gli scooter, detti N-Zeta. Degli oltre 115mila ČZ realizzati, pochi fu‑ rono venduti in Europa occidentale dove nessuno li conosceva; in Inghil‑ terra non se ne acquistarono più di un centinaio. Erano invece oggetti di culto nei Paesi del blocco sovietico. Eppure furono proprio le imposizioni del partito comunista, e non le richie‑ ste del mercato, a frenare un ulteriore sviluppo del ramo motociclistico. La letteratura straniera che mappa lo sviluppo degli scooter spesso nem‑ meno cita quelli cecoslovacchi, la cui

produzione fu via via limitata e infine arrestata. Ai Čezeta toccò nel 1964. La loro fama oggi è viva tra appas‑ sionati e collezionisti che li sfoggiano nei raduni di moto e veicoli d’epoca. Il prossimo giugno lo Skútr klub Čezeta organizza ad esempio il XIX raduno in‑ ternazionale di scooter cecoslovacchi Čezeta, Tatran e Manet a Hrabušice, in Slovacchia. Tuttavia sono questi appassionati i primi a snobbare il nuovo 506 che non convince proprio per quell’animo ecologico che è la principale innovazione. “L’elettrico? Va bene, ma non per il Čezeta. Non

sarebbe la stessa cosa” dice scettico Tomáš, praghese di mezz’età. “La benzina è benzina – rincara la dose Marek. – I fan di ČZ amano la tradi‑ zione. Perché non fare due linee? Gli auguro il successo ma prevedo un buco nell’acqua”. Neil Smith però non demorde. A muovere i 168 kg del 506 non sarà il vecchio due tempi da 175 cc ma un motore elettrico da 5 kW, capace di garantire 90 km/h di velocità massi‑ ma e alimentato da batterie al litio con autonomia di 100 km. Il motore è montato nella ruota posteriore, la

L’imprenditore Neil Smith in sella a un Čezeta sul lungofiume praghese / The entrepreneur Neil Smith riding a Čezeta on Prague’s riverside

book Skútr Čezeta. The ČZ brought the Czechoslovak motorcycle industry to the fore and in the post-war period it was one of the most developed, though it was the Motokov company that actually exported them around the world. They reached their peak of popularity in the Netherlands, where they changed the nickname to “La Boheme”, as in the US, and especially in Wisconsin, whereas in New Zealand they bought the original pieces and reassembled them and were known as N-Zeta. Of the more than 115 thousand ČZ produced, only few of them

were actually sold in Western Europe where nobody was familiar with the model; in England they bought only around a hundred of them. However, they were cult objects in the Soviet bloc countries. Yet, it was precisely the imposition of the communist party, and not market demand, that was responsible for curbing the further development of the motorcycle sector. Foreign literature, that follow the development of the scooter market often does not even mention the Czechoslovakian ones, whose production over time gradually

faded away and eventually came to a halt. This happened to the Čezeta model in 1964. Their fame is still alive today among enthusiasts and collectors, who show them off at motorcycle and vintage vehicle rallies. For example, next June, the Skútr klub Čezeta is organizing the XIX International Rally of Czechoslovakian Čezeta, Tatran and Manet scooters at Hrabušice, in Slovakia. Yet, it is these same enthusiasts that have turned away from the 506, which they find not at all convincing, due to its eco-

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batteria è nascosta nella carrozzeria, nello spazio che in parte occupava il motore. “Al momento ci vogliono circa 4,5 ore per ricaricare lo scooter, ma stiamo lavorando a un sistema più veloce grazie al quale la batteria sarà carica in 25 minuti” dice Neil Smith. Accumulatore ed elettromotore ven‑ gono dalla Cina, per il resto l’impren‑ ditore cerca di sostenere le aziende locali. A rimarcare l’evoluzione tecnologica c’è un’app per smartphone e tablet progettata per interagire con il veico‑ lo: programmare velocità massima e accelerazione, controllare il livello di batteria residua, cercare le stazioni di ricarica più vicine o ascoltare musica via bluetooth dagli altoparlanti inte‑ grati. Lo stesso smartphone può esse‑ re collegato a una presa USB da 12V collocata nel retroscudo. Il connubio con la telefonia non è nuovo per il Čezeta, in Olanda già nel 1961 era in‑ stallato sui motocicli della polizia un dispositivo radiotelefonico. logical aspect – which is its main innovation. “Electric propulsion is doing well, but not for the Čezeta. It doesn’t seem the same”, says Tomáš, a sceptical middle-aged man from Prague. “After all, petrol is petrol – adds Marek. – ČZ fans love tradition, so why not create two different lines? I wish them every success, but I believe it is going to fail”. However, Neil Smith has no intention of giving up. To power the 168 kg, 506 model they will not install the old two-stroke 175 cc., but a 5 kW electric motor, that is able to guarantee a top speed of 90 km/h using lithium batteries and has an autonomy of 100 km. The motor is mounted in the rear wheel and the battery is hidden inside the body, that used to be partly taken up by the engine. “At the moment it takes about 4.5 hours to charge it, but we are working on a faster system that will allow the battery to be recharged in 25 minutes”, says Neil Smith. The accumulator and electric motor are made in China, but for the other parts, the

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La presentazione del nuovo Čezeta al Motosalone di Brno / The new Čezeta at the Brno Motosalon

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Se tutto andrà secondo i piani, Čezeta Motors farà partire in agosto la tiratura dei primi cento pezzi, ri‑ gorosamente fatti a mano nello sta‑ bilimento di Mirošovice, non lontano da Praga. Gli acquirenti avranno la loro due ruote all’inizio del prossi‑ mo anno. L’obiettivo è immettere sul mercato 500 scooter nel 2017 e arrivare a mille entro cinque anni. Nonostante le difficoltà finanziarie

per passare dal prototipo alla produ‑ zione, la pianificazione a lungo ter‑ mine dimostra l’intento della società che la versione elettrica non resti un evento unico. Le richieste arrivano da Parigi, Barcellona e Vienna, dai Paesi dell’Europa occidentale dove esisto‑ no sussidi per l’elettromobilità come Spagna, Olanda e Italia o dall’Ameri‑ ca del Nord, dove si assiste a un boom di auto elettriche. È un po’ triste che

sul mercato nazionale l’interesse per questa rinata leggenda sia limitato ma i veicoli ecologici non sono ab‑ bastanza in voga e l’insufficienza di stazioni di ricarica e sussidi statali non contribuisce a renderli popo‑ lari. Un ulteriore fattore è il prezzo. Il listino parte da 9.900 euro, quasi 270.000 corone, per il modello base, optional e personalizzazioni esclusi. “Per quei soldi mi compro una Harley

entrepreneur prefers to use and support local businesses. To highlight its technological aspect is the introduction of a smartphone app. also for tablets, that is designed to interact with the vehicle in order to determine maximum speed and acceleration, control the remaining charge of the battery, look for the nearest charging station or listen to music via Bluetooth from its integrated speakers. The same handset may be connected to a 12V USB socket charger. The telephony combination is not new for

the Čezeta, because back in 1961 in Holland, a radiotelephone was already being installed on police motorcycles. If all goes according to plan, in August, Čezeta Motors will start the production of the first one-hundred scooters, all hand made in its factory in Mirošovice, not far from Prague and customers will have the possibility to purchase the scooters by the beginning of next year. The goal is to place 500 scooters on the market in 2017 and reach a thousand within five years. Despite financial difficulties in passing from the prototype phase to

mass production, the long-term plan is a demonstration of the company’s intention to develop and go on investing in the electric version. There are requests from Paris, Barcelona and Vienna and from Western European countries, that receive state subsidies if they buy electric-powered vehicles, and these include Spain, Holland, Italy, and North America where there has been a boom of electric cars. It is rather sad, however, to witness that on the home market the amount of interest shown for this renewed legend is rather low, but clean vehicles are not

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Davidson o un’auto semplice, che ne so, una Škoda Fabia” dice Pavel. Che il prezzo non sia alla portata di tutti, lo riconosce lo stesso costruttore che inizialmente intende conquistare con il suo scooter artigianale e di ot‑ tima qualità amatori stranieri e con un occhio di riguardo allo stile. Per ora la società cerca di farsi cono‑ scere con una forte campagna stampa e partecipando alle vetrine interna‑

zionali di settore, a partire dall’Inter‑ mot di Colonia e dal salone Eicma di Milano. Inoltre s’incrementa il nume‑ ro di test driving, giri di prova preno‑ tabili nel nuovo showroom di Praga, sulla centrale via Na Příkopě, dove si possono anche toccare con mano il 506 con la confortevole sella in pelle e gli accessori, dal caricabatterie solare a zero emissioni alle borse in pelle, dall’antifurto satellitare ai led di sicu‑

rezza. Si può scegliere tra otto varianti di colore, incluse le originali combina‑ zioni bianco-azzurra o bianco-rossa. “Conservo con gelosia un 501 biancoazzurro perfettamente funzionante e non avrei mai pensato che sarebbe stato prodotto di nuovo – confida il settantenne Zdeněk. – Sono della generazione che ricorda l’ingresso sul mercato di questo scooter, anche se il nome “maiale” tanto propagato

negli articoli non l’ho mai sentito. Ho una motocicletta dai 18 anni, la usavo per andare al lavoro o per le gite fuori porta del weekend. Senza casco, siga‑ retta in bocca, una bella ragazza die‑ tro. Gli anni sessanta, che nostalgia...”. E chissà che imbattersi nei nuovi ČZ, non induca i cechi a mettere da parte la diffidenza per l’anima green di uno scooter che ha fatto e vuole continua‑ re a fare la storia.

© Čezeta Motors

Tre nuovi modelli del ČZ davanti alla cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Brno / Three new ČZ models in front of St. Peter and Paul Cathedral in Brno

sufficiently in vogue and the lack of enough charging stations and state subsidies is not helping the sector to become more popular. An additional factor is its price, which starts at 9,900 euro, almost 270,000 crowns for the base model, accessories and customizations excluded. “For that amount of money I can buy a Harley Davidson or a car, such as a Škoda Fabia”, says Pavel. Even the manufacturer is quite aware that its price is rather high for most people and, at least for the time being, his aim is to conquer foreign enthusiasts with his handicraft

and high-quality scooters – keeping an eye on style. For the moment, the company is seeking to make itself known by means of a strong advertising campaign and by taking part in international sector showcases, starting with Intermot in Cologne and the Eicma showroom in Milan. Furthermore, they have been increasing the number of test drives and trial runs that may also be booked at the new Prague showroom on the main Na Příkopě street, where you may also take a close look at the 506 model with its

comfortable leather saddle, accessories and zero emissions solar battery-charger, as well as the leather handbags, satellite anti-theft device and led safety indicators. You may choose from eight colours, including the original whiteblue or white-red combinations. “I take great care of my white-blue 501 model, of which I am rather jealous, that still works perfectly well, but I would never have thought it would ever be produced again – says the seventy year-old Zdeněk. – I belong to a generation that still remembers when the scooter first

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came out, although I had never heard of the name “pig”, that was widely propagated in various articles. I have owned a motorcycle since I was 18 and used it to go to work and to go out on week-end trips, without wearing a helmet, with a cigarette in your mouth and a beautiful girl sitting on the back. The sixties, how great it was then...”. I wonder if actually seeing these new ČZ models on the road will eventually induce Czech people to put aside their distrust for this ecofriendly scooter that has made history and intends to continue doing so.

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Náplavka, l’ultima frontiera della movida praghese

Una passeggiata lungo la Vltava, la bellezza di una città in evoluzione di Mauro Ruggiero by Mauro Ruggiero

A walk along the Vltava, the beauty of a city in evolution

Náplavka, the final frontier of Prague entertainment There are cities that change in appearance more than others, from season to season. There are those, for example, where the climate difference between one time of year, and another is such that suggests to their inhabitants to change their habits, the places they frequent, and often even the very areas they live in. So affluent areas of life and activity during a certain period, are rarely visited and inactive in another, with a cyclic alternation of citizen movements in the year, as if to

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mark a kind of real alternating rhythm of the breath of city. Prague is surely among them, and if the image of the Czech capital in the winter and autumn is related to the intense life in its breweries and local cafés, in the spring and summer, things change, and the protagonists of the free time of Prague become the many wonderful city parks, and other open spaces that Prague offers, including one in particular, which especially in recent years, has become a favorite place in the hot season for

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many citizens and tourists: the banks of the Vltava. In its route through the city, which bisects the Czech capital, the symbol of the country river, whose waters have been celebrated by poets and national artists, offers evocative and varying views, which together with the monuments and other attractions, make Prague one of the most beautiful and visited cities in the world. Náplavka, the part of the riverside that from Výstavní síň Mánes lightly touch-


Praga Prague

Ci sono città che più di altre mutano il loro aspetto con il succedersi delle sta‑ gioni. Sono quelle, ad esempio, in cui la differenza climatica tra un periodo dell’anno e un altro è tale da suggerire ai loro abitanti di cambiare le proprie abitudini, i luoghi che frequentano, e spesso le zone stesse in cui vivono. Così quartieri ricchi di vita e di attività durante un certo periodo, sono invece poco frequentati e inattivi in un altro, con un alternarsi ciclico dei movimenti cittadini nel corso dell’anno, quasi a segnare una specie di vero e proprio

ritmo alterno del respiro della città. Praga è sicuramente tra queste, e se l’immagine della capitale ceca in inverno e autunno è legata alla vita intensa nelle sue birrerie e nei café cit‑ tadini, in primavera e in estate le cose cambiano, e i protagonisti assoluti del tempo libero dei praghesi diventano i tanti e meravigliosi parchi urbani, e gli altri spazi all’aperto che Praga offre, di cui uno in particolare, soprattutto negli ultimi anni, è diventato il luogo preferito nella stagione calda di molti cittadini e turisti: le rive della Vltava.

foto: Filippo Falcinelli

foto: Filippo Falcinelli

es the waters of the Vltava and extends first to Masarykovo nábřeží and then to Rašínovo nábřeží almost under the old Vyšehrad fortress, is perhaps the clearest example of the growth and improvement of the city in recent years, but also of how the tastes and habits of its people are changing. This stretch of the bank, a little less than a kilometer and a half long, until seven or eight years ago, despite being in the centre of Prague, still bore the effects of urban decay that the times

of real socialism had bequeathed on the city. The abandoned deposits by large rusty shutters under the roadside, some rejection here and there and a few empty barges docked to the berths, were certainly not a pleasant background for citizens desiring the sun’s rays in the Sunday walks on the riverfront, and too close to the stream, with the danger of floods, for years didn’t attract the Czech investors to improve the place, as occurred in other areas and districts of Prague.

foto: Filippo Falcinelli

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Nelle sere estive spesso anche solo passeggiare diventa difficile a causa dell’alta densità di persone ferme a sorseggiare una birra e chiacchierare a pochi centimetri dal fiume In the summer evenings, often even just walking may become difficult due to the high density of people standing still, sipping a beer and chatting a few centimeters from the river

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Nel suo percorso cittadino che divide in due la capitale ceca, il fiume sim‑ bolo del Paese, le cui acque sono state celebrate da poeti e artisti nazionali, offre scorci suggestivi e vari che insie‑ me ai monumenti e alle altre attratti‑ ve, fanno di Praga una delle città più belle e visitate del mondo. Náplavka, la parte del lungofiume che da Výstavní síň Mánes lambisce le acque della Vltava e si estende pa‑

rallela prima a Masarykovo nábřeží e poi a Rašínovo nábřeží fin quasi sotto all’antica rocca di Vyšehrad, è forse l’esempio più chiaro della crescita e del miglioramento della città negli ultimi anni, ma anche di come i gusti e le abitudini della sua gente stiano cambiando. Questo tratto di riva cittadina lungo poco meno di un chilometro e mezzo, fino a sette o otto anni fa, nonostante

si trovi nel centro di Praga, risentiva ancora molto del degrado urbano che i tempi del socialismo reale avevano lasciato in eredità alla città. I depositi abbandonati dalle grandi serrande arrugginite sotto il ciglio della stra‑ da, qualche rifiuto qua e là e i pochi barconi vuoti attraccati agli ormeggi, non facevano certo da bella cornice ai cittadini desiderosi dei raggi del sole nelle passeggiate domenicali sul

Things however, really changed and in a big way, paradoxically, after the great flood that hit Prague in 2002, and wreaked major damage to the city. Already a few years after the dramatic event, following a hunch subsequently proved to be right, someone began to take a serious interest in Náplavka. The restaurant “Vltava”, a unique and historic inn on the spot, was rebuilt and renovated, and shortly afterwards other more or less improvised small bars started to arise, which offered beer and other drinks to the riverfront

goers, leading it to slowly emerge from the condition of degradation. Over the years, the bars have multiplied and old docked barges have become floating restaurants and bars where you can drink and eat the typical Czech dishes to accompany the beer. Families with children on sunny weekends have returned, and the city regained a vital area of great importance for its development. What made a strong contribution to the rebirth of the area and to the economic development of it were, as of 2010, the Farmářské trhy, the now

famous agri-food markets of the city, born from the examples of cities like London and New York, where you can find Czech quality products, that from the month of March, every Saturday morning, attract thousands of people on the banks of the river and have even been reviewed and recommended by TripAdvisor. Year after year the stalls of vendors have increased and today the market has soared. In addition to classic typical products of Czech farmers you can find cakes, all kinds of drinks and high quality street food, including

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Praga Prague

lungofiume, e la troppa vicinanza al corso d’acqua, con relativo pericolo di alluvioni, per anni non ha attirato gli investitori cechi nel migliorare il luo‑ go, come invece è accaduto per altre zone e quartieri di Praga. Le cose però piano piano sono cam‑ biate e proprio, paradossalmente, in seguito alla grande alluvione che col‑ pì Praga nel 2002 e che arrecò grandi danni alla città. Già pochi anni dopo il

drammatico evento, seguendo un’in‑ tuizione poi rivelatasi giusta, qualcuno cominciò ad interessarsi seriamente a Náplavka. Il Ristorante “Vltava”, unica e storica trattoria presente sul posto, venne ricostruito e rimodernato e di lì a poco cominciarono a sorgere baretti più o meno improvvisati che offrivano birra e altre bibite ai frequentatori del lungofiume, che poco alla volta usciva dalla propria condizione di degrado.

Nel corso degli anni i bar si sono mol‑ tiplicati e i vecchi barconi ormeggiati sono diventati ristoranti e bar galleg‑ gianti dove è possibile bere e mangia‑ re i tipici piatti cechi per accompagna‑ re la birra. Le famiglie con i bambini nei weekend soleggiati sono tornate e la città ha riconquistato uno spazio vitale di grande importanza per il suo sviluppo. A dare un forte contributo alla rinascita della zona e allo svilup‑

po economico di questa sono stati, a partire dal 2010, i Farmářské trhy, gli ormai famosi mercati agroalimentari cittadini, nati sull’esempio di città quali Londra e New York, dove è pos‑ sibile trovare prodotti cechi di qualità che, a partire dal mese di marzo, ogni sabato mattina, attirano migliaia di cittadini sulle rive del fiume e che sono addirittura recensiti e raccoman‑ dati da TripAdvisor. Anno dopo anno i

live music and smells reminiscent of the typical village festivals and typical markets in many other European capitals. But that’s not all. In the last 3-4 years, Náplavka has made an important leap, and from a regained city leisure area, it has transformed into a real trendy place that attracts in the beautiful summer season, at all hours of the day and late into the night, with hundreds of young people, on foot or by bicycle, crowding the banks of the river and attending the new “trendy” bars which often im-

provised, display some characteristics attributable to the typical style of the underground “hipster” subculture, but not only to them, and gave new impetus to the area. From a barbecue boat with friends on the river, to a drink on one of the many boats docked there,

the choice is really wide. On summer evenings, there is often live music and even walking becomes difficult due to the high density of people still sipping a beer and chatting a few centimeters from the river, in an atmosphere reminiscent of similar realities of other

river towns like the area of Trastevere in Rome, Berlin along the Spree, or the typical Amsterdam canals. An entire series of varying events: cultural, sporting, economic, if you prefer, are now organized in Náplavka, from the “Prague Boat Show” to small

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Praga Prague

banchetti dei venditori sono aumen‑ tati e oggi il mercato è cresciuto a di‑ smisura. Oltre ai classici prodotti tipici dei contadini cechi è possibile trovarvi dolci artigianali, bevande di ogni tipo e street food di alta qualità, tra mu‑ sica dal vivo e odori che ricordano le tipiche feste di paese e i mercati tipici di molte altre capitali europee. Ma non è tutto. Negli ultimi 3-4 anni, Náplavka ha fatto un ulteriore balzo e da luogo cittadino riconqui‑ stato per il tempo libero, si è trasfor‑ mato in un vero e proprio posto alla moda che attira nella bella stagione, a tutte le ore del giorno e fino a tarda notte, centinaia di giovani che, a pie‑ di o in bicicletta, affollano le rive del

fiume e frequentano i nuovi locali “di tendenza” spesso improvvisati, al‑ cuni dei quali riconducibili allo stile tipico della subcultura metropolita‑ na “hipster”, ma non solo, che hanno dato nuovo impulso alla zona. Tra una grigliata in barca con gli amici sul fiume a un drink su uno dei molti natanti ormeggiati, la scelta è vera‑ mente ampia. Nelle sere estive spes‑ so c’è musica dal vivo e anche solo passeggiare diventa difficile a causa dell’alta densità di persone ferme a sorseggiare una birra e chiacchie‑ rare a pochi centimetri dal fiume, in un’atmosfera che ricorda realtà simili di altre città fluviali come la zona di Trastevere a Roma, il lungo

foto: Giuseppe Picheca

fairs, from concerts to art exhibitions, the choice varies. Yet, what was of benefit to the situation was also the other side of the river, until a couple of years ago, still in a state of advanced decay, namely Náplavka Smíchov, in the district of Prague 5. Close to the Smíchovská pláž, there are often organized markets selling clothes and jewelry crafts, a small festival of street food, second-hand items and markets,

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and every summer there are open-air movie nights. The banks have already been partly cleared, and what was not done to improve the area, will certainly be done shortly, given the interesting opportunities for economic development at stake. Even the parallel streets overlying the riverfront, especially Rašínovo nábřeží and those immediately adjacent, were affected positively by the Náplavka

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Spree di Berlino, o i tipici canali di Amsterdam. Tutta una serie di eventi: culturali, sportivi, economici e dir si voglia, vengono oggi realizzati a Náplavka, dal “salone nautico” di Praga a pic‑ cole fiere, da concerti a esposizioni d’arte l’offerta è varia. Ma a giova‑ re della situazione è stata anche l’altra sponda del fiume, fino a un paio d’anni fa ancora in uno stato di avanzato degrado, e cioè Nápla‑ vka Smíchov, nel distretto di Praga 5. Nei pressi della Smíchovská pláž, vengono spesso organizzati merca‑ tini di vestiti e gioielli artigianali, piccoli festival di street food, mer‑ cati di oggetti di seconda mano e, sempre durante l’estate, serate di cinema all’aperto. Le rive sono state già in parte ripulite, e quello che non è stato ancora fatto per migliorare la zona,lo si farà certamente a breve, viste le interessanti possibilità di svi‑ luppo economico in gioco. Anche le strade sovrastanti parallele al lungofiume, soprattutto Rašínovo nábřeží e quelle immediatamente nei pressi, hanno risentito in positivo del mutamento di Náplavka. Ristoranti, gelaterie, atelier e café hanno aperto battenti attirando sempre più visita‑ tori e persone interessate a prendere in affitto o ad acquistare case nella zona che ha visto, non a caso, un sen‑ sibile aumento dei prezzi proprio ne‑ gli ultimi anni a tutto vantaggio dei proprietari degli immobili ma, certa‑ mente, anche della città in generale, che offre uno spazio urbano in più, a ulteriore miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini. transformation. Restaurants, ice cream shops, ateliers and cafes have opened doors attracting more and more visitors and people interested in renting or buying homes in the area that has unsurprisingly witnessed a significant increase in their prices in recent years to the benefit of the owners of property, of course, but also the city in general, offering an urban space, to further improve the quality of life of its citizens.


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Zdeněk Svěrák: 80 anni di genialità Zdeněk Svěrák: 80 years of genius Lo scorso 28 marzo, giorno del com‑ pleanno di Zdeněk Svěrák, è stata una giornata importante per la Re‑ pubblica Ceca. Svěrák è una delle

personalità più rivelanti e più amate della cultura di questo paese. Non sorprende quindi che l’evento sia stato festeggiato e celebrato con

I festeggiamenti per il compleanno di un’icona culturale ceca, una delle personalità più amate di questo Paese di Lawrence Formisano by Lawrence Formisano

The celebrations for the birthday of a Czech cultural icon, one of the most popular personalities of this country

© Biograf Jan Svěrák

March the 28th proved to be an important day for the Czech Republic. It was the birthday of Zdeněk Svěrák, one of the most relevant and popular personalities of the culture of his

country. It came as no surprise that the event was celebrated with a high degree of attention paid to it, but the celebrations even went beyond the national borders.

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grande enfasi, persino al di là dei confini nazionali. Sceneggiatore cinematografico, au‑ tore di teatro e di canzoni, scrittore, attore. È veramente arduo provare a riassumere la carriera di Svěrák in un articolo di mille parole. Si potrebbe definirlo un Woody Allen boemo, ma il termine sarebbe quasi riduttivo. La sua biografia potrebbe somigliare alla vita di un personaggio fittizio, non troppo lontano da una delle sue cre‑ azioni più famose, Jára Cimrman, un eroe e genio cecoslovacco ingiusta‑ mente ignorato dal resto del mondo. L’artista nasce a Praga il 28 mar‑ zo 1936 nella famiglia di František Screenwriter, playwright, songwriter, and actor. It would be hard to try to sum up the career of Svěrák in a one thousand-word article. One could call him a bohemian Woody Allen, and yet the term would almost be an understatement. His biography, in some way could resemble the life of a fictional character, not too far from one of his most famous creations, Jára Cimrman, a Czechoslovak hero and genius unjustly ignored by the rest of the world. The artist was born in Prague on March 28, 1936 in the family of František Svěrák, an employee of a Bohdalec electric power plant, on the hill that covers the city districts of Vršovice and Michle. He grew up in a family where education and culture were two fundamental aspects, with a father proud of earning enough, being both locksmith and electrician, for his wife Růžena to

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I festeggiamenti si sono estesi anche ad altre parti del mondo, in cinema d’autore di diversi paesi: dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda, dalla Norvegia all’Argentina o all’isola di Bali in Indonesia The events also spread to other parts of the world, in arthouse cinema in various countries: from England to New Zealand, from Norway to Argentina to the island of Bali in Indonesia

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Svěrák, dipendente di un impianto di energia elettrica di Bohdalec, la colli‑ netta che copre i distretti cittadini di Vršovice e Michle. Cresce in una famiglia in cui l’educa‑ zione e la cultura sono due aspetti fon‑ damentali, con un padre orgoglioso di guadagnare abbastanza – essendo sia fabbro che elettricista – perché la moglie Růžena possa restare a casa a occuparsi della educazione dei figli. Il giovane Zdeněk dimostra di avere una passione innata per le arti, imparando

a suonare vari strumenti musicali, dal violino all’armonica e al pianoforte. Scopre presto il suo vero amore: la let‑ teratura, con un interesse particolare per le opere di Karel Čapek e Jan Ne‑ ruda. A quanto pare tende a leggere le storie a voce alta alla sua famiglia, forse primo desiderio di recitare da‑ vanti a un pubblico. Senza dubbio uno dei luoghi d’ispira‑ zione per la formazione del carattere di Svěrák è stata l’aula scolastica, dove per un breve periodo il suo per‑

corso incrocia quello di Jiří Menzel – un regista con cui lavorerà in diverse occasioni – e dove comincia a scrivere storie che intrattengono i suoi com‑ pagni, scoprendo di avere un certo talento come scrittore. Le sue espe‑ rienze scolastiche diventeranno suc‑ cessivamente la base di una delle sue opere più riuscite come sceneggiato‑ re, la commedia “Marečku, podejte mi pero!” del 1975. Tuttavia, la scuola non gli riserva il solo ruolo di studen‑ te. Dopo essersi laureato alla Facoltà

© Biograf Jan Svěrák

Zdeněk Svěrák & Ladislav Smoljak in “Marečku, podejte mi pero!”

be able to stay at home to take care of their children’s education. The young Zdeněk proved to have an innate passion for the arts, learning to play various musical instruments, the harmonica, violin and the piano. Soon however, he discovered his true love: literature, with a special interest in the works of Karel Čapek and Jan Neruda. It is said that he liked to read stories aloud to his

family, perhaps an early sign of desire to perform in front of an audience. Undoubtedly, one of the sources of inspiration for the development of Svěrák’s personality and his unique brand of humour, was the schoolroom, where for a short time his path crossed that of Jiří Menzel, a director with whom he would work on several occasions, and where he began

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to write stories that entertained his classmates and discovered his talent as a writer. His school experiences later become the basis for one of his most successful works as a screenwriter, the 1975 comedy “Marečku, podejte mi pero!” However, his experience in the classroom was not limited solely to the role of a student. After graduating from the Faculty of Education, major-


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dell’Istruzione, specializzandosi in Lingua e letteratura ceca, inizia ad insegnare con sua moglie Božena nel‑ la città di Žatec, nella regione di Ústí nad Labem. Qui diventa anche padre: viene alla luce il suo primo figlio, il futuro regista Jan. Ma nonostante il suo impegno d’insegnante, il boemo non vuole abbandonare la passione per la scrittura; quando ha tempo scrive articoli per riviste, racconti, fa‑ vole e copioni per la televisione. Dal 1962 fa parte della Radio dell’Esercito

cecoslovacco, dove insieme al collega Jiří Šebánek e al jazzista Karel Velebný crea una serie di finti “collegamenti in diretta” dall’immaginaria Taverna del Ragno (Vinárna U Pavouka). È pro‑ prio in questa trasmissione che nasce il personaggio di Jára Cimrman, al quale Svěrák ed i suoi colleghi dedi‑ cheranno un teatro e numerose rap‑ presentazioni negli anni successivi. La fine degli anni Sessanta rappre‑ senta una svolta nella sua carriera artistica, con il debutto nel mondo

del cinema in qualità di attore nel ruolo di un avvocato nella pellicola Zločin v šantánu (1968) dell’amico Jiří Menzel; lo stesso Menzel gli affida un’altra parte nel suo film successivo, poi censurato, Skřivánci na niti (Allo‑ dole sul filo: 1969). Quest’ultimo, un inno all’anticonformismo, fu girato durante la primavera di Praga, termi‑ nato dopo la restaurazione sovietica, e proibito fino al 1989. Nello stesso periodo, successivamente all’invasio‑ ne della Cecoslovacchia da parte delle

truppe del Patto di Varsavia, Svěrák lascia il Partito Comunista dopo es‑ serne stato un membro per circa otto anni. Nonostante questo, la sua carriera non si arresta, comincia anzi a prosperare e l’eccezionale talento comico dell’ex-insegnante si esprime in ruoli da comprimario in tantissime commedie cecoslovacche, alle quali di solito collabora anche come sce‑ neggiatore. A questo punto vanno menzionate le collaborazioni con il suo amico Ladi‑ slav Smoljak, l’ex-redattore della casa

© Biograf Jan Svěrák

Zdeněk Svěrák in Obecná škola

ing in Czech language and literature, he began teaching alongside his wife Božena in the town of Žatec, in the region of Ústí nad Labem. It was also here where he became a father, giving birth to his first child, the future filmmaker Jan. However, despite his teaching commitment, the Bohemian didn’t want to abandon his passion for writing; when he had time he wrote

articles for magazines, short stories, fables and scripts for television. From 1962 he was part of the Czechoslovak Army Radio, where together with his colleague Jiří Šebánek and jazzman Karel Velebný he created a series of fake “live links” with the imaginary Spider’s Tavern (Vinárna U Pavouka). It was precisely in this transmission where the character of Jára Cimrman

was born, to which Svěrák and his colleagues would dedicate a theatre and countless performances in the following years. The late sixties proved to be a turning point in his career, with his acting debut in the film world as a lawyer in the film Zločin v šantánu (1968) directed by his friend Jiří Menzel, who would also give him a part in his next film, the

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subsequently censored, Skřivánci na niti (Larks on a String: 1969). The latter, almost an ode of anti-conformism, was shot during the Prague Spring, which ended after the Soviet invasion, and banned until 1989. In the same period, following the invasion of Czechoslovakia by Warsaw Pact troops, Svěrák left the Communist Party after having been a member for about eight years. Despite this, his career was not affected in any way, as a matter of fact he began to thrive and the outstanding comic talent of the former teacher was expressed in a variety of supporting roles in numerous Czechoslovak comedies, many of which he also collaborated on as a screenwriter. At this point we should mention the collaborations with his friend Ladislav Smoljak, the former editor of the publishing house Mladá

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editrice Mladá fronta, con il quale (e insieme a Jiří Šebánek) ha fondato il teatro “Divadlo Járy Cimrmana”. Il cinema cecoslovacco degli anni ‘70 si distingue proprio grazie alla serie di commedie di grande successo scritte a quattro mani dalla coppia SvěrákSmoljak: Jáchyme, hoď ho do stroje! (1974) e Marečku, podejte mi pero! (1975), dirette da Oldřich Lipský; Na samotě u lesa (1975) diretta da Jiří Menzel; Kulový blesk (1978) diretta da Zdeněk Podskalský e dallo stesso Smoljak. Il successo continua anche nel decennio successivo con tre film ispirati al Teatro Cimrmann: Jára Cimr‑

man ležící, spící (1983), Rozpuštěný a vypuštěný (1984), e Nejistá sezóna (1987), tutti con la regia di Smoljak. Svěrák tuttavia, riesce ad ottenere lo stesso livello di popolarità anche sen‑ za il suo fedele collaboratore, scriven‑ do classici della commedia ceca come Ať žijí duchové! (1977) e Tři veteráni (1983), entrambi diretti da Oldřich Lipský; e Vrchní, prchni (1980), girato da Smoljak. Lo sceneggiatore, piano piano, co‑ mincia a guadagnarsi fama interna‑ zionale a metà degli anni ‘80 con “Il mio piccolo dolce villaggio” (1985), diretto ancora da Menzel e nominato

agli Oscar tra i migliori film in lin‑ gua straniera; lo stesso avviene per la commedia “Scuola elementare” (Obecná škola), diretta da suo figlio Jan nel 1991. Proprio questo ultimo film è stato scelto per festeggiare l’ottantesimo compleanno dell’icona culturale, con proiezioni di una nuo‑ va versione restaurata in 80 cinema in tutto il mondo. A dir il vero, il più grande successo internazionale di Svěrák padre e figlio rimane Kolya (1996), diretto da Jan e scritto da Zdeněk (che interpreta anche l’atto‑ re principale), questa volta vincitore dell’Oscar per miglior film straniero.

© Biograf Jan Svěrák

Svěrák in Vratné lahve

fronta, with whom (and together with Jiří Šebánek) he founded the theatre “Divadlo Jary Cimrmana”. The Czechoslovak cinema of the 70s stood out thanks to the series of hit comedies written four-handed by the Svěrák-Smoljak duo: Jáchyme, hoď ho do stroje! (1974), and Marečku, podejte mi pero! (1975), directed by Oldřich Lipský; Samotě u lesa (1975) directed by Jiří Menzel; Kulový blesk (1978) directed by Zdeněk Podskalský

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and by Smoljak himself. The success continued into the next decade with three films inspired by the Theatre of Cimrmann: Jára Cimrman ležící, spící (1983), Rozpuštěný a vypuštěný (1984), and Nejistá sezóna (1987), all directed by Smoljak. Svěrák however, managed to obtain the same level of popularity even without his faithful collaborator, writing classics of Czech comedy like Ať žijí duchové! (1977), and Tři veteráni (1983), both directed

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by Oldřich Lipský; and Vrchní, prchni (1980), filmed by Smoljak. The screenwriter, slowly began to gain international fame in the mid-80s with “My Sweet Little Village” (1985), also directed by Menzel and nominated for an Oscar in the best foreign language film category, as was the case for the comedy “Elementary School” (Obecná škola), directed by his son Jan in 1991. It was precisely the latter film which was chosen to represent


cinema

Obecná škola tuttavia rappresenta la prima collaborazione creativa del team di famiglia Svěrák, e forse per questo è stato scelto come film simbolo dell’arti‑ sta. Ancora una volta la vicenda si svol‑ ge in un ambiente scolastico; notevole il modo in cui viene ritratta l’atmosfera della scuola di un piccolo villaggio ce‑ coslovacco nel secondo dopoguerra,

con Zdeněk anche qui tra i protagoni‑ sti. Ma se la decisione di festeggiare l’evento è stata quasi ovvia in patria, fa piacere vedere che i festeggiamenti si siano estesi anche ad altre parti del mondo, in cinema selezionati in diversi paesi: dall’Inghilterra alla Nuova Ze‑ landa, dalla Norvegia all’Argentina o all’isola di Bali in Indonesia. Fra quelle

più importanti, sottolineiamo le due proiezioni a Londra al Gate Picturehou‑ se di Notting Hill e l’evento organizzato dalla Czechoslovak Society of Arts & Sciences a Los Angeles, dove prima della proiezione si cantava Zdeněk má narozeniny, scritta da un amico di Zdeněk, il musicista Jaroslav Uhlíř – il quale aveva firmato le famose canzoni

per i film Vrchní, prchni, Vratné lahve (2006) e Tři bratři (2014). Un omaggio appropriato per un patrimonio nazio‑ nale, autore di una forma di commedia dai tratti originali e distintivi, ricono‑ scibile come un’opera di Woody Allen o Billy Wilder, capace infine di modellare la cultura e l’immagine stessa della sua nazione.

© Biograf Jan Svěrák

Zdeněk e Jan Svěrák con la statuetta dell’Oscar per il film “Kolya” / Zdeněk and Jan Svěrák holding the Oscar award for their film “Kolya”

and celebrate the eightieth birthday of the cultural icon, with screenings of a new restored version in 80 cinemas worldwide. To tell the truth, the biggest international success of the Svěrák father and son duo remains Kolya (1996), directed by Jan and written by Zdeněk (who also plays the lead actor), which this time won the Oscar for the best foreign film. Obecná škola however, was the first creative collaboration of Svěrák fam-

ily team, and perhaps it was chosen as a symbolic film of the artist. Once again, the story takes place in a school environment. What stands out is the remarkable way in which the atmosphere of the school in a small Czechoslovakian village is portrayed in the post-World War II period, with Zdeněk again among the protagonists. But if the decision to celebrate the event was quite obvious and expected in his homeland, it is a pleas-

ure to see that the celebrations also extended to other parts of the globe, in selected cinemas in different countries ranging from England to New Zealand, from Norway to Argentina or the island of Bali in Indonesia. Among the most important ones, we emphasize the two screenings at London’s Notting Hill Gate Picturehouse and the event organized by the Czechoslovak Society of Arts & Sciences in Los Angeles, where before the screening

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Zdeněk má narozeniny was sang, written by Zdeněk’s friend, the musician Jaroslav Uhlíř, who had written the famous songs for movies Vrchní, prchni, Vratné lahve (2006) and Tři Bratři (2014). An appropriate tribute for a national treasure, the author of an original and distinctive form of comedy, as recognizable as the work of Woody Allen or Billy Wilder, capable even of shaping the culture and the very image of his nation.

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Musil d’Arabia Musil of Arabia

L’esploratore e scrittore, ma anche sacerdote e diplomatico, nato in Moravia, la cui vita ricorda quella del leggendario Thomas Edward Lawrence di Sergio Tazzer by Sergio Tazzer

The explorer and writer, but also a priest and diplomat, born in Moravia, whose life is reminiscent of that of the legendary Thomas Edward Lawrence

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L’accusa che lo dannò all’oblio fu quella di cosmopolitismo borghese, aggravato dagli stretti legami con la corte asburgica. Così il regime comu‑ nista cecoslovacco seppellì la memo‑ ria di un personaggio che ancor oggi è poco noto, Alois Musil. Cugino del più celebre Robert, autore dell’Uomo senza qualità, nacque nel 1868 in una povera famiglia contadina a Rychtářov, in Moravia, ultimo di cin‑ que figli. Dopo gli studi in seminario fu ordinato sacerdote nel 1895 ad Olomouc. Nella locale facoltà di Teologia, sopravvissuta alla chiusura dell’università avvenuta nel 1860, oltre che al Vecchio Testa‑ mento si appassionò allo studio delle lingue semitiche, circostanza che gli facilitò l’approdo all’École biblique et archéologique française di Gerusalem‑ me. Il Medio Oriente divenne bel presto la sua seconda patria, e nella terra dei monoteismi indirizzò i suoi interessi sull’allora meno conosciuto dei tre, l’islamico. Ne approfondì le tematiche culturali e religiose, senza però mai The accusation that condemned him to oblivion, was that of bourgeois cosmopolitanism, aggravated by close ties with the Habsburg family. This is how the communist Czechoslovakian regime buried the memory of a not so well known personality, Alois Musil. A cousin of the more notorious Robert, the author of Man Without Qualities, Alois was born in 1868 into a poor peasant family from Rychtářov, in Moravia, the youngest of five children. After his studies at the seminary, he was ordained priest in Olomouc in 1895. In the local faculty of theology, that survived after the closure of the University in 1860, besides his interest for the Old Testament, he became an enthusiast of

Alois Musil in abiti orientali, nel 1901 / Alois Musil in oriental dress, in 1901

Semitic languages, a circumstance that facilitated his admission to the École biblique et archéologique française of Jerusalem. The Middle East soon became his second homeland, and in the land of monotheistic religions, he directed his interests towards the then lesser-known of the three, the Islamic one. He delved deeply into its cultural and religious aspects, but without ever forgetting his Christian Catholic roots and celebrated Mass every morning, even during his travels around the Ara-

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bian Peninsula, 21,000 kilometres on a camel and identifying himself with the traditions and costumes of the various Bedouin tribes. It may rightly be said that Alois Musil was the forerunner of an inter-religious dialogue between Christianity and Islam, based on common monotheistic roots and open dialogue. Between one expedition and another, during which he collected a large amount of records and scientific material, he was appointed professor of


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dimenticare le sue radici di presbitero cristiano cattolico, celebrando sempre, tutte le mattine la messa, anche duran‑ te i suoi viaggi nella Penisola Arabica, 21 mila chilometri a dorso di cammello, immedesimandosi negli usi e nei costu‑ mi delle diverse tribù beduine. Si può dire che Alois Musil sia stato precursore del dialogo inter-religioso

tra Cristianità e Islam, basato sulla comune radice monoteista e sulla di‑ sponibilità al dialogo pacifico. Tra una spedizione e l’altra, durante le quali raccolse una enorme quantità di annotazioni e di materiali scientifici, venne nominato professore di Teolo‑ gia a Olomouc (1902) e poi all’univer‑ sità di Vienna (1909).

Oltre ad essere arabista di chiara fama e come tale universalmente ricono‑ sciuto, Alois Musil fu anche esplora‑ tore, etnologo, cartografo ed arche‑ ologo. In questa ultima veste portò alla luce, fra l’altro, il sito di Qusayr Amra, risalente all’VIII Secolo, costi‑ tuito da un complesso di costruzioni i cui interni mostrano pregevolissime

Il sito archeologico di Qusayr Amra, oggi in Giordania / The archeologic site of Qusayr Amra, in today's Jordan

Theology in Olomouc in 1902 and then at the University of Vienna in 1909. As well as being a famous Arabist and widely recognized for his works, Alois Musil was also an explorer, ethnologist, cartographer and archaeologist. In this capacity, among other things, he brought to light the site of Qusayr Amra, dating back to the eighth century, consisting of a complex of buildings, whose interiors contain outstanding decorations, representing hunting scenes and depictions of animals and

plants, dating back to the Umayyad period. The site, which is in today’s Jordan, is protected by UNESCO. Musil was able to learn and express himself in thirty-five Arabic dialects. His prestige was so high that Prince Nuri ibn Hazza bin Sha’lan – with whom he became a close friend, including his son, emir Nawwaf – granted him the title of “Sheikh Mussa al-Ruwaylli”. The great friendship and admiration allowed him to build up a dense network of tribal relations.

From the Dead Sea to Petra, from the Moab plateau to the Sinai, from Gaza to Palmira, from Baghdad to Madaba, to the rocks and sands of Hejaz, there wasn’t a single place of cultural importance that Alois Musil had not visited. He used to be called “Musa” by the Bedouins, thanks to the transliteration of the European name of Musil to the more familiar one of Moses. He excelled at the Kaiserliche Akademie für Wissenschaften, in Vienna, where he was greatly admired and

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decorazioni aventi per oggetto scene di caccia e raffigurazioni di animali e piante dell’epoca omayyade. Il sito, nell’attuale Giordania, è protetto dall’Unesco. Musil riuscì ad imparare e ad espri‑ mersi in trentacinque dialetti arabi. Godette di grande prestigio, tanto che il principe Nuri ibn Hazza ibn Sha’lan, del quale divenne amico, così come divenne amico del figlio, l’emiro Nawwaf, gli conferì il titolo di “sceicco Mussa al-Ruwaylli”. Tali amicizie ed il rispetto che lo circondava gli consen‑ tirono di intrecciare una fitta rete di rapporti tribali. Dal Mar Morto a Petra, dall’altopiano di Moab al Sinai, da Gaza a Palmira, da Bagdad a Madaba alle pietraie ed alle sabbie dello Hegiaz, non vi fu luogo di importanza culturale che non fosse stato toccato da Alois Musil, che dai be‑ duini era chiamato “Musa”, grazie alla traslitterazione del nome europeo di Musil nel più famigliare Mosè. A Vienna primeggiò alla Kaiserliche Akademie für Wissenschaften, ammi‑ rato e invidiato dopo la pubblicazione della sua fondamentale opera Arabia Petraea, in quattro volumi. Nel 1912 accompagnò il principe Sisto di Borbone-Parma in una spedizione in Mesopotamia, la cui missione non era tanto turistica, quanto econo‑ envied following the publication in four volumes of his fundamental work, Arabia Petraea. In 1912, he accompanied Prince Sixtus of Bourbon-Parma on an expedition to Mesopotamia, but the mission, rather than being touristic, was mainly carried out for economic and strategic reasons and to discover the extent and amount of useful mineral deposits and resources available in the area, in view of the planned Berlin-Basra railway. After the expedition, Musil met Zita, the sister of Prince Sixtus and wife of Archduke Charles, the future emperor of Austria-Hungary. On gaining access to the court, Musil then became the confessor of empress Zita of Bourbon-

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Il professor Alois Musil, all'Università di Vienna nel 1914 / Professor Alois Musil, at Vienna University in 1914

Mappe della Mesopotamia e della parte settentrionale della penisola arabica, disegnate da Alois Musil / Maps of Mesopotamia and Northern section of the Arabic peninsula, drawn by Alois Musil

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Parma and gained great prestige, which allowed him to eventually become a precious political affairs advisor to the House of Habsburg in their relations with Muslim world. On the outbreak of the Great War, the Central Powers joined forces with the Ottoman Empire, and Vienna sent in its own troops to the Dardanelles and Palestine.

mico-strategica, per capire quanti e quali giacimenti di minerali e di altre risorse potevano rivelarsi utili in vi‑ sta della progettata linea ferroviaria Berlino-Bassora. Dopo la spedizione, Musil conobbe la sorella del principe Sisto, Zita, sposa dell’arciduca Carlo, futuro imperatore d’Austria-Ungheria. Di Zita di Bor‑ bone-Parma, dell’imperatrice, Musil divenne confessore, facendo il suo ingresso a corte ed acquisendo quella considerazione che in seguito lo portò a divenire prezioso consigliere per gli affari politici che la Casa d’Asburgo in‑ tratteneva con il mondo islamico. Scoppiata la Grande Guerra, gli Impe‑ ri Centrali si legarono all’Impero Otto‑

mano, e Vienna inviò proprie truppe sia ai Dardanelli che in Palestina. In Medio Oriente e nella Penisola Ara‑ bica gli uomini del britannico Arab Bureau operavano nell’ombra per far sollevare le tribù beduine, sfruttan‑ done il radicato malcontento nei con‑ fronti del dominio ottomano. Fra gli agenti del Cairo Intelligence Depart‑ ment, diretto al Cairo da sir Gilbert Falkingham Clayton, c’era un brillante ufficiale: Thomas Edward Lawrence, passato alla storia ed alla leggenda come “Lawrence d’Arabia”. Contro il tenente colonnello Lawren‑ ce, Vienna mise in campo il generale (onorario, ma pur sempre generale) Alois Musil. Nel periodo compreso tra settembre e novembre 1917, Musil accompagnò l’arciduca Uberto Salvatore d’Asbur‑ go-Lorena in Asia Minore, Siria e

In the Middle East and on the Arabian Peninsula, agents from the British Arab Bureau began operating secretly to stir up the Bedouin tribes, by taking advantage of the deeply rooted discontent towards the Ottoman rule. Among the agents of the Cairo Intelligence Department, directed from Cairo by Sir Gilbert Falkingham Clayton, there

was a brilliant officer: Thomas Edward Lawrence, who became a historic legend as “Lawrence of Arabia”. In opposition to Lt. Col. Lawrence, Vienna decided to put into the field the general (honorary, but still a general), Alois Musil. Between September and November 1917, Musil accompanied the Archduke

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Palestina. L’arciduca, generale dei dragoni, era formalmente a capo del‑ la missione, che in pratica era diretta da Musil. Missione le cui motivazioni rivestivano apparentemente i carat‑ teri di ordinaria amministrazione: ispezioni alle truppe imperial-regie, colloqui con la generalità ottomana, incontri con i cittadini della duplice monarchia nella regione, oltre a sco‑ pi economici, scientifico-culturali e propagandistici. Sotto la superficie dell’ufficialità, la missione celava un aspetto non dichiarato, legato al desiderio di Carlo I di estendere una specie di protettorato religioso degli Asburgo sulla Terrasanta, sostituendo in questa funzione spirituale e poli‑ tica l’influenza francese sui cristiani d’Oriente. Musil poi doveva far leva sul suo prestigio e sulle sue amicizie per dissuadere le tribù beduine dal

combattere contro gli ottomani, mo‑ bilitandole possibilmente contro la Gran Bretagna. Tanti tè, non solo sot‑ to le tende nel deserto, ma anche nel corso di incontri con capi di dinastie beduine, in quel vasto territorio che alla fine della guerra sarebbe stato frazionato da confini bizzarri e forieri di futuri disastri geopolitici. Un incarico difficile, che alla fine fallì, anche perché l’Arab Bureau prose‑ guiva nella generosa elargizione di sacchetti di sterline oro ai capitribù, cominciando dallo sceriffo della Mec‑ ca, al-Husayn ibn ‘Alī, figura centrale essendo discendente del profeta Ma‑ ometto, che poi incaricò il figlio Faysal di guidare la guerra santa contro i correligionari ottomani. Di Musil si parlò anche come partecipe non di secondo piano nel Sixtus-Affä‑ re, il tentativo dell’imperatore Carlo

di giungere ad una pace separata con l’Intesa, attraverso la mediazione del cognato Sisto di Borbone-Parma, ufficiale dell’esercito belga. Musil, il sacerdote, lo studioso, il diplomatico, rifiutava il militarismo prussiano e – da uomo di pace – voleva aiutare la monarchia asburgica ad uscire dall’al‑ leanza disastrosa con l’imperialismo pantedesco del Kaiser Guglielmo II. Fu proprio Alois Musil a redigere in ottimo francese diplomatico, che pa‑ droneggiava, le lettere segrete indi‑ rizzate da Carlo al presidente francese Poincaré, con l’offerta di trattative di pace. Il tentativo andò a monte, dopo che l’Abwehr, il servizio segreto di Berlino, rese pubblica la vicenda. La guerra continuò e finì come sap‑ piamo, con la scomparsa dell’AustriaUngheria e degli Asburgo dal potere imperiale.

Alois Musil lasciò Vienna, divenuta or‑ mai soltanto la capitale di una piccola repubblica di lingua tedesca, ed optò per la cittadinanza della neonata Ce‑ coslovacchia, nella cui Moravia egli era nato. Non fu un passaggio indolore. Frange oltranziste ceche, in primis il depu‑ tato degli agrari Otakar Srdínko, lo attaccarono con inusitata violenza, rinfacciandogli i suoi passati legami con la corte asburgica. Malgrado queste villanie e grazie soprattutto alla stima che verso di lui nutriva il presidente Tomáš G. Masa‑ ryk, il biblista ottenne la cattedra di Studi orientali ed arabi alla facoltà di Filosofia dell’Università Carlo, a Praga. Un passo indietro, per raccontare la vi‑ cenda poco nota di Musil che, usando tutta la sua influenza sull’imperatore

L'imperatore Carlo I a Istanbul passa in rassegna le truppe austro-ungariche / The emperor Charles I reviewing austro-hungarian troops in Istanbul

Hubert Salvator of Habsburg-Lorraine to Asia Minor, Syria and Palestine. The Archduke, as general of the dragoons, was formally in charge of the mission, which was actually directed by Musil. A mission, whose real motivations were apparently administrative: the inspection of imperial-royal troops, arranging talks with the Ottoman leaders and

organizing meetings in the region with citizens of the dual monarchy, as well as for economic, scientific and cultural reasons, as well as for propaganda. However, beneath the surface of officialdom, the mission concealed an undeclared purpose, linked to the desire of Charles I to create a kind of religious Habsburg protectorate over the Holy Land, to

replace the spiritual and political influence of the French over the Christians of the East. Musil thus had to use a lot of his prestige and various friendships in order to dissuade the Bedouin tribes from fighting against the Ottomans and possibly mobilizing them against the British. Lots of tea, not only inside the tents in the desert, but also during the

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course of meetings with Bedouin chiefs from the various dynasties, in a vast territory that was split up at the end of the war into bizarre frontiers – a presage to future geopolitical disasters. It was a difficult task which ultimately failed, also because the Arab Bureau continued with its generous donations of bags of gold coins to the tribal

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Carlo e la consorte Zita, dopo la sua ascesa al trono a fine 1916, intervenne a favore dei politici cechi che, sotto il governo del conte Karl von Stürgkh, erano stati incarcerati e condannati a morte. I più importanti di essi erano gli indipendentisti Karel Kramář, futuro primo ministro cecoslovacco, e Alois Rašín, futuro ministro delle Finanze di Praga. Su consiglio di Musil, Carlo I concesse la grazia e il decreto – para‑ dosso della storia – fu firmato il 2 lu‑ glio 1917, lo stesso giorno della vittoria dei legionari cecoslovacchi sul fronte orientale, nella battaglia di Zborov. Altrettanto poco noto è che il sacer‑ dote moravo, oltre ad aver aiutato giovani della Boemia e della Moravia ad evitare il servizio militare, interce‑ desse a favore di alcuni marinai cechi che avevano preso parte all’ammuti‑

namento della flotta imperial-regia a Cattaro, febbraio 1918. Torniamo nella Praga repubblicana. Superate le insidie, a stendere su di Musil un “ombrello protettivo” non fu‑ rono in pochi: alla lezione inaugurale all’università volle significativamente presenziare il ministro degli esteri, Ed‑ vard Beneš. Una presenza che sanciva la piena ed autorevole cittadinanza di Musil nella giovane Cecoslovacchia. Nel 1927 l’arabista moravo realizzò l’Orientálni Ústav Akademie Věd, l’istituto di studi orientali dell’Acca‑ demia delle scienze, inaugurato dal presidente Masaryk, che aveva con‑ vinto – e fatto anche da tramite con amici statunitensi – a pubblicare in lingua inglese gran parte delle opere di Musil. Copiosa fu la sua produzione scientifi‑ ca e letteraria: una cinquantina di libri (inclusi sei volumi illustrati pubblicati dall’American Geographical Society), 1.500 articoli e saggi, oltre 500 tra‑ scrizioni e traduzioni di poemi e di

ers, through the mediation of his brother in law Sixtus of Bourbon-Parma, an officer of the Belgian army. Musil, the priest, scholar and diplomat, rejected Prussian militarism and, as a man of peace, he wanted to help the Habsburg monarchy get out of the disastrous alliance with the pan-German imperialism of Kaiser William II. It was in fact, Alois Musil with his excellent diplomatic French and mastery

of the language who wrote the secret letters sent by Charles to French President Poincaré, with the offer of peace talks. The attempt, however, failed because the Abwehr, the Berlin secret service, made the story public. The war continued and ended as we all know, with the disappearance of Austria-Hungary and the Habsburgs from imperial power. Alois Musil left Vienna, which had by then become the capital of a small German-speaking republic, and he opted for the citizenship of the newly formed Czechoslovakia, having been born in Moravia. However, the transition was far from painless. A number of Czech extremist groups, in first place the agrarian deputy Otakar Srdínko, attacked him with unusual violence, rebuking him for his past ties with the Hapsburg family. Despite the insults and, particularly, thanks to the high esteem shown towards him by President Tomáš G. Masaryk, the biblical scholar obtained the chair of Oriental and Arabic Stud-

Alois Musil in divisa da generale dell'Impero / Alois Musil in the uniform of general of the Empire

leaders, starting with the Sheriff of the Mecca, al-Husayn ibn ‘Alī, a central figure, a descendant of the prophet Muhammad, who then ordered his son Faysal to conduct the holy war against the Ottoman coreligionists. Musil is also reputed to have had a significant role in the Sixtus-Affair, the attempt by Emperor Charles to reach a separate peace agreement with the Entente Pow-

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Tomáš G. Masaryk (a sinistra) ed Alois Musil (a destra) ai tempi della Prima Repubblica Cecoslovacca / Tomáš G. Masaryk (on the left) and Alois Musil (on the right) at the time of the Czechoslovak First Republic

canti tribali. A questa impressionante mole documentale, parte della quale è conservata nel Muzeum Vyškovska, il museo provinciale di Viškov, in Moravia, vanno aggiunte migliaia di fotografie di siti archeologici, paesag‑ gi, persone e accampamenti beduini, nonché mappe e rilievi topografici realizzati con il suo assistente Rudolf Thomasberger, del K.u.K. Militärge‑ ographisches Institut di Vienna. Da segnalare il suo libro Itálie v Africe, l’Italia in Africa, sulle colonie italia‑ ne, come non si può dimenticare che fu l’unico studioso cecoslovacco ad essere insignito della medaglia d’oro Charles P. Daly della American Geo‑ graphical Society. Nel 1938, anno dell’accordo di Mona‑ co ed alla vigilia dell’invasione tede‑ sca, lasciò l’università. “Musil d’Arabia” si ritirò in una casetta a Otryby u Českého Šternberka, nella Boemia Centrale, dove visse studian‑ do, scrivendo e pregando, altri sei anni, fino alla morte nel 1944.

ies at the Faculty of Philosophy at the Charles University in Prague. Let’s take a step back to recount a rather unknown story regarding Musil. By using his great prestige and influence on the emperor Charles and his wife Zita – after the accession to the throne at the end of 1916 – he interceded to save a number of Czech politicians that had been imprisoned and condemned to death under the government of Count Karl von Stürgkh. The most important of them were the separatists Karel Kramář, the future prime minister of Czechoslovakia, and Alois Rašín, the future Prague Finance Minister. Following the advice of Musil, Charles I granted them a pardon and the decree – which became a historical paradox – was signed on 2 July, 1917, on the same day as the Czechoslovak legionaries’ victory on the Eastern front, in the battle of Zborov. Also not so well known is the fact that, in addition to helping young Bohemian and Moravian men from being conscripted, the Moravian priest also

the Italian colonies and, it is worthy of notice, that he was the only Czechoslovakian scholar to be decorated with the Charles P. Daly gold medal of the American geographical Society. In 1938, the year of the Monaco agreement, on the eve of the German invasion, he left the university. “Musil of Arabia” retired to a small house in Otryby u Českého Šternberka, in Central Bohemia, where he lived for six more years, studying, writing and praying, until his death in 1944.

interceded in favour of a number of Czech sailors that had taken part in the mutiny of the imperial-royal fleet at Cattaro, in February 1918. Back to Republican Prague. Once he had overcome his vicissitudes, many were those who afforded him a sort of “protective umbrella”: highly significant, during his inaugural lecture at the university, was the presence of foreign minister, Edvard Beneš. A presence that sanctioned Musil’s full citizenship in the newly formed Czechoslovakia. In 1927, the Moravian Arabist established the Orientálni Ústav Akademie Věd, the Institute for Oriental Studies of the Academy of Sciences, inaugurated by President Masaryk, who had convinced – and also acted as an intermediary with US friends – to publish in English most of Musil’s works. His scientific and literary work was abundant: around fifty books (including six illustrated volumes published by the American Geographical Society), 1,500 articles and essays and over 500 transcriptions and translations of

poems and tribal chants. To this copious amount of documentation, part of which is preserved in the Muzeum Vyškovska, the Provincial Museum of Viškov in Moravia, we also have to add thousands of photographs of archaeological sites, landscapes, people and Bedouin camps, as well as maps and topographic surveys taken with his assistant Rudolf Thomas Berger, from the K.u.K Militärgeographisches Institute of Vienna. Notable is also his book Itálie v Africe, Italy in Africa, on

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Anniversari cechi Czech Anniversaries

di Mauro Ruggiero

Nasceva il poeta ceco Svatopluk Čech The Czech poet Svatopluk Čech was born 170 anni fa 170 years ago

Nato in un villaggio nelle vicinanze di Benešov il 21 febbraio del 1846, Svatopluk Čech è stato un poeta, prosatore, giornalista e viaggiatore ceco. Il suo primo poema “Husita na Baltu” venne pubbli‑ cato nel 1868 sull’almanacco “Ruch” ed è ispirato alla storia delle guerre hussite. La sua opera più nota è la trilogia di novelle satiriche dal titolo “Výlety pana Broučka”, scritte tra il 1888 e il 1892. Čech condusse gli studi liceali e studiò legge a Pra‑ ga dove lavorò anche presso giornali e riviste come “Lumír“ e “Světozor“. Le sue opere poetiche pren‑ dono spunto dalla situazione politica e sociale del suo tempo. Si interessa ai movimenti rivoluzionari dell’epoca ed è sostenitore della causa dell’indi‑ pendenza e dell’unità degli slavi. Soprattutto le liriche delle raccolte “Jitřní písně” (1887) e “Nové písně” (1888) trattano della rinascita del popolo ceco e della sua sete di indipendenza. A Praga a lui è dedicato un ponte e molte strade di altre città ceche portano il suo nome.

Born in a village near Benešov on February the 21st, 1846, Svatopluk Čech was a Czech poet, prose writer, journalist and traveler. His first poem “Husita na Baltu” was published in the 1868 almanac “Ruch” and was inspired by the history of the Hussite wars. His best known work is the trilogy of satirical novels entitled “Výlety pana Broučka”, written between 1888 and 1892. Čech completed high school and studied Law in Prague, where he also worked at newspapers and magazines such as “Lumír” and “Světozor”. His poetic works are inspired by the political and social situations of his time. He was interested in the revolutionary movements of the time and was a supporter of the cause of independence and the unity of the Slavs. The lyrics of the collections “Jitřní písně” (1887) and “Nové písně” (1888), in particular, deal with the rebirth of the Czech people and their thirst for independence. In Prague he has a bridge dedicated to him, and many streets in other Czech cities bear his name.

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Veniva giocato il primo derby AC Sparta – SK Slavia The first AC Sparta – SK Slavia derby was played 120 anni fa 120 years ago

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Era il 29 marzo del 1896 quando venne giocato per la prima volta il “Derby di Praga”, anche conosciuto come “Derby S”, tra due grandi storiche rivali da sempre protagoniste del campionato di calcio ceco e veterane del calcio europeo. Si tratta dell’AC Sparta Praha e dello SK Slavia Praha. Le due squadre vennero fondate entrambe nella capitale ceca, la prima il 16 novembre del 1893 con il nome di AC Královské Vinohrady, mentre la seconda un anno prima, nel 1892, con il nome di SK ACOS Praha. Quella che sarebbe stata la prima di una lunga serie di partite tra questi due team che si contendono la grossa fetta della tifoseria praghese, finì con il risultato di 0-0 e fu giocata nel quartiere di Smíchov. Sino a marzo 2016 le due squadre hanno giocato contro ben 285 volte. Lo Slavia ha vinto 87 volte contro le 133 dello Sparta. In pareggio sono invece finiti 65 incontri.

It was March 29, 1896 when for the first time, the “Prague Derby”, also known as “Derby of the Prague S”, was played, between the two great historical rivals who have always been protagonists of the Czech football league, and veterans of European football. We are talking about AC Sparta Praha and SK Slavia Praha. The two teams were both founded in the Czech capital, the former on 16 November 1893 under the name AC Královské Vinohrady, and the latter a year before, in 1892, under the name of SK ACOS Praha. What would be the first in a long series of games between these two teams fighting for the lion’s share of the fans in Prague, ended 0-0 and was played in the Smíchov district. By March 2016 the two teams had played against each other 282 times. Slavia has won 87 times against the 133 wins from Sparta. 65 of the encounters ended in a draw.

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Nasceva il fotografo Josef Sudek The photographer Josef Sudek was born 120 anni fa 120 years ago

Il fotografo ceco Josef Sudek nacque a Kolín il 17 marzo del 1896 e con il suo stile fotografico che si colloca tra il Pittorialismo e la Nuova Oggetti‑ vità è forse il più conosciuto fotografo ceco del XX secolo. La sua passione per la fotografia sorse nel 1913 poco prima della prima guerra mondia‑ le, alla quale Sudek partecipò sul fronte italiano subendo una ferita che lo privò di un braccio. Tra il 1922 e il 1923 studiò fotografia a Praga e per vari anni documentò con i suoi scatti i veterani rimasti invalidi nella Grande Guerra. Nel 1924 fu membro fondatore della Società Ceca di Fo‑ tografia insieme a Jaromír Funke e Adolf Schne‑ eberger e nel 1927, in seguito ad un viaggio in Italia e Jugoslavia, aprì un suo atelier fotografico in via Újezd, a Praga, che è possibile visitare an‑ cora oggi. Nel 1961 fu il primo fotografo a es‑ sere insignito del titolo di Artista emerito dallo stato cecoslovacco. Ad oggi di lui ci restano oltre 60.000 negativi.

The Czech photographer Josef Sudek was born in Kolín on the 17th of March 1896, and with his photographic style that is somewhere between pictorialism and New Objectivity, he is maybe the bestknown Czech photographer of the twentieth century. His passion for photography developed in 1913 just before the First World War in which Sudek took part on the Italian front suffering an injury that deprived him of an arm. Between 1922 and 1923 he studied photography in Prague and for several years he documented the disabled veterans of the Great War with his snapshots. In 1924 he was a founding member of the Czech Photographic Society along with Jaromír Funke and Adolf Schneeberger and in 1927, following a trip to Italy and Yugoslavia, he opened his own photographic studio in Újezd street, in Prague, which you can still visit today. In 1961 he was the first photographer to be awarded the title of Emeritus Artist of the state of Czechoslovakia. To date there are more than 60,000 negatives from him.

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La visita a Praga della regina Elisabetta II Queen Elizabeth II visited Prague

20 anni fa 20 years ago

Tra il 27 e il 29 marzo del 1996, Elisabetta II, re‑ gina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, visitò la Repubblica Ceca. Si trattò della prima storica visita di un monarca britannico nelle terre ceche. La sovrana giunse a Praga con il con‑ sorte, principe Filippo. Nella capitale ceca i reali visitarono il Ponte Carlo e la Piazza dell’Orologio, furono ospiti di Václav Havel al Castello e parte‑ ciparono a un concerto al Rudolfinum nel corso del quale insignirono il direttore d’orchestra Libor Pešek dell’Ordine dell’Impero Britannico, tra le onorificenze più importanti del Regno Unito. Nel corso del suo breve soggiorno ceco, Elisabetta vi‑ sitò anche la città di Brno dove ricevette in regalo un maestoso gioiello d’oro e granato ceco. La cop‑ pia reale a Praga soggiornò nel Lichtenštejnský palác a Kampa, disponendo di due Rolls-Royce per gli spostamenti nella città.

Between 27 and 29 March 1996, Elizabeth II, Queen of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, visited the Czech Republic. It was the first historic visit of a British monarch to the Czech lands. The Queen came to Prague with her husband, Prince Philip. In the Czech capital, the royal couple visited Charles Bridge and the Astronomical Clock Square, were guests of Václav Havel at the Castle and attended a concert at the Rudolfinum during which she made the conductor Libor Pešek a Knight of the British Empire, among the most important honours in the UK. During her short Czech stay, Elizabeth also visited the city of Brno where she received a majestic gold jewel and Czech garnet as a gift. The royal couple stayed in Prague in Lichtenštejnský palác in Kampa, with two Rolls-Royces at their disposal for travelling in the city.

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di Mauro Ruggiero

Vi sono testi che si raccontano storie, si parlano in un susseguirsi di racconti, esperienze, domande e risposte silenti. È questo il caso del libro “Praga”, formato da tre opere. Il saggio poetico di Michel Butor “L’occhio di Pra‑ ga” nasce dai collages poetanti di Jiří Kolář su “La Praga di Kafka”, e continua a dialogare con le opere e riflessioni del maestro Kolář, che in “Risposte” si interroga sul pro‑ prio fare artistico. Kolář del resto è stato artista, poeta, scrittore e traduttore e ha lasciato tracce importanti nel mondo dell’arte visiva e della letteratura ceca. La poe‑ sia di Baudelaire, con le sue ombre e le sue opacità, lo “spleen” e il “mal de vivre” ritorna nella “materia Kolář”, anch’essa sporca, dimenticata, usurata dalla vita. Il tutto viene dunque rappresentato da Butor, poeta e scrittore francese del “Nouveau roman”, in un collage letterario che rende omaggio a questi grandi artisti e ad una Praga particolare e rivisitata.

There are texts that tell each other stories, and relate to each other, in a succession of tales, experiences and silent questions and answers. It is the case of the book “Praga”, which is made up of three pieces of work. The poetic essay by Michel Butor “The Eye of Prague” originates from the poetized collages of Jiří Kolář on “Kafka’s Prague”, and continues to dialogue with the works and reflections of master Kolář , who in “Answers“, reflects on his own art making. Kolář, after all, had been an artist, poet, writer and translator and has left us important traces in the world of visual art and Czech literature. Baudelaire’s poetry, with its shades and opacity, the “spleen” and “Le mal de vivre” recurs in “Kolář’s artwork”, which is also filthy, forgotten and consumed by life. Everything is thus represented by Butor, the French poet and writer of the “Nouveau roman”, in a literary collage that pays tribute to these great artists as well as to a particular and revisited Prague.

Michel Butor – Jiří Kolář, Praga, Medusa Edizioni, Collana Le porpore, 2016, pp. 135

Michel Butor – Jiří Kolář, Praga, Medusa Edizioni, Collana Le porpore, 2016, 135 pages

Ci sono ragazzi che hanno tutto ed altri che non hanno nulla. Poi ci sono quelli che avevano qualcosa e hanno fatto di tutto per tenerselo stretto, fosse anche solo sot‑ to forma di ricordo, di sogno. I ragazzi di Terezín, campo di raccolta degli ebrei destinati allo sterminio in Boemia settentrionale, crearono “Vedem”, un giornale “all’avan‑ guardia”, come dice lo stesso titolo, che racchiudeva le notizie del momento, storie di partenti e di deportati, disegni e poesie, per ricordarsi di essere vivi, di esser stati. Matteo Corradini, scrittore italiano esperto di di‑ dattica della memoria, è partito da quelle pagine per raccontare e ricordare quei ragazzi, fragili, belli e puri come le farfalle e dare forma alle loro idee, alla loro “giusta” politica che in barba agli orrori e alle tirannie di quel tempo, li portava a raccogliersi la sera, di nascosto attorno ad un lumicino e a decidere insieme sul da farsi, come in una vera repubblica.

There are youngsters who have it all and others who have nothing. Then, there are those who actually had something and did everything to hang on to it, even if only as a memory or dream. The children of Terezín, a transit camp in Northern Bohemia intended for the Jews that were destined to be exterminated, created “Vedem”, a “vanguard” newspaper, as its title states, whose purpose was to report on the latest stories, and news of departing and deported people, with drawings and poems, as a way to remind themselves that they were alive, or to have been so. Matteo Corradini, the Italian writer and expert of memory didactics, started from those pages to recount the stories and keep alive the memory of those youngsters: beautiful, fragile and pure as butterflies, so as to give form to their ideas and to their “legitimate” politics, which in spite of the horrors and tyrannies of the time, led them to get together in the evenings around a small light, in hiding, to decide what do, as is the case in a true republic.

Matteo Corradini, La repubblica delle farfalle. Il romanzo dei ragazzi di Terezín, Rizzoli: Milano 2013, pp. 280

Matteo Corradini, La repubblica delle farfalle. Il romanzo dei ragazzi di Terezín, Rizzoli: Milan 2013, 280 pages

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È uscito in Repubblica Ceca il famoso libro dello scritto‑ re italiano Sebastiano Vassalli “La notte della cometa” (in ceco “Noc Komety”), pubblicato dalla casa editrice boema Pistorius & Olšanská. L’autore, da sempre at‑ tratto da eresie culturali e storiche, ricostruisce la figu‑ ra di quel “poeta pazzo” che fu Dino Campana, reietto allucinato, meraviglioso e mostruoso al contempo, che grazie alle scoperte biografiche e alle ricerche portate avanti con passione e spirito di verità per quattordici anni da Vassalli, ha oggi la possibilità di essere letto sotto un’altra lente. Il poeta dei Canti Orfici, che fu in perenne contrasto con la cultura e i suoi contempora‑ nei, viene ridato al lettore con lo spessore e il fascino di quegli artisti puri, a volte maledetti, altre incompre‑ si, che spesso hanno bisogno di più tempo per essere assimilati ed apprezzati da quella società che prima li emargina e poi li decanta.

Just released in the Czech Republic, the famous book by the Italian writer Sebastiano Vassalli “La notte della cometa” (The Night of the Comet, or “Noc komety” in Czech), printed by the Bohemian publishing house Pistorius & Olšanská. The author, who has always been interested in cultural and historical heresies, reconstructs the figure of the “mad poet”, Dino Campana, a hallucinated outcast, who was extraordinary but monstrous at the same time, and that thanks to the biographical discoveries and research work carried out by Vassalli – with great passion and spirit of truth – can be read today from a different perspective. The poet of the Orphic Songs, who was in constant conflict with the culture and his contemporaries, is made once more available to the reader with the depth and charm of these pure artists, that at times are cursed or just misunderstood and that often just need a bit more time in order to be assimilated and appreciated by society that at first marginalizes them and then praises them.

Sebastiano Vassalli, Noc komety (La notte della cometa), Pistorius & Olšanská: Příbram 2014, pp. 282

Sebastiano Vassalli, Noc komety (La notte della cometa), Pistorius & Olšanská: Příbram 2014, 282 pages

Quando si cammina per i vicoli di Praga è facile doman‑ darsi quanti sussurri, schiamazzi, bisbigli, spari, baci etc. abbiano visto, ascoltato e custodito quei ciottoli negli ultimi duecento anni. L’autrice, scrittrice ed illustratrice ceca, nel libro “Prague in the heart. 189 Stories from the City and its People” raccoglie una serie di storie, fatti veri e leggende metropolitane che presentano la vita di personaggi noti, come Franz Kafka, Václav Havel, Jaro‑ slav Seifert, Bohumil Hrabal, Jan Patočka… e di quelli passati inosservati o conosciuti solo da pochi e che forse, proprio per questo, hanno qualcosa di ancora più auten‑ tico da tramandare. Il libro non vuole essere un esausti‑ vo studio di storia, bensì una finestra proiettata su una città, amata intensamente dalla scrittrice e granitica testimone di epoche importanti, che dal Medioevo alla Rivoluzione di Velluto, fino ad oggi non smette di inse‑ gnare e porre domande.

While walking along the streets of Prague, it is easy to wonder how many murmurs, shouts, whispers, gunshots, kisses, etc. that those street pebbles have witnessed, heard and preserved in the last two hundred years. The Czech author, writer and illustrator, in her book “Prague in the heart. 189 Stories from the City and its People”, has collected a number of stories, facts and urban legends that present the life of famous personalities, such as Franz Kafka, Václav Havel, Jaroslav Seifert, Bohumil Hrabal and Jan Patočka... as well as those who have passed unnoticed or who are known only to a few. But, perhaps, it is for this reason that they probably have something even more authentic to convey. The book is not intended as an exhaustive study of history, but is a sort of window over a city that is greatly loved by the writer, a strong testimony of important historical periods, that from the Middle Ages to the Velvet Revolution, continues to teach and ask questions.

Renáta Fučíková, Prague in the Heart. 189 Stories from the City and its Pe‑ ople, Práh Nakladatelství: Praga 2015, pp. 192

Renáta Fučíková, Prague in the Heart. 189 Stories from the City and its People, Práh Nakladatelství: Prague 2015, 192 pages

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Compagnia aerea Airline company

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Italia Arte Fest

Vincanto Ristorante Pizzeria

Alitalia - Società Aerea Italiana (alitalia.com) è la principale compagnia aerea Italiana e ha avviato le operazioni il 1° gennaio 2015. Alitalia vola verso 102 destinazioni, per un totale di 164 rotte e circa 4.500 voli settimanali. Alita‑ lia vanta una delle flotte più moderne ed efficienti al mon‑ do con un’età media di 8 anni. Alitalia è membro dell’alleanza SkyTeam e fa parte, insieme ad Air France-KLM e a Delta Air Lines, della Joint Venture Transatlantica Alitalia - Società Aerea Italiana (alitalia.com) is Italy's largest airline and commenced operations on January 1, 2015. Alitalia flies to 102 destinations, with a total of 164 routes and about 4,500 weekly flights. Alitalia boasts one of the most modern and efficient fleets in the world, with an average age of eight years. It is a member of the SkyTeam alliance and is part of the Transatlantic Joint Venture alongside Air France-KLM and Delta Air Lines.

Italia Arte Fest è un festival che dal 2011 porta in Repubblica Ceca e Slovacchia la musica italiana. L’iniziativa - ideata e diretta dal celebre maestro Walter Attanasi - ha l’obiettivo di creare un network internazio‑ nale che, a partire dalla musica, promuova l’arte italiana. Il festi‑ val si avvale della collaborazione di prestigiose realtà artistiche e si è ormai imposto come un im‑ portante strumento di scambio culturale fra i Paesi. È realizzato in collaborazione con Umbria‑ MusicFest e con IBC Group. Italian Art Fest is a festival that since 2011 brings Italian music to the Czech Republic and Slovakia. The initiative - conceived and directed by the famous director Walter Attanasi - aims to create an international network that, starting from music, will promote Italian art. The festival relies on the collaboration of prestigious artistic realities and has established itself as an important instrument of cultural exchange between various countries. It is produced in collaboration with UmbriaMusicFest and the IBC Group.

Il ristorante Vincanto nasce a Praga per far apprezzare la più genuina tradizione gastrono‑ mica italiana. Basa la propria filosofia sull’offerta di un menù che propone esclusivamente le ricette italiane preparate con i migliori prodotti, molti dei quali si possono acquistare di‑ rettamente nel locale. Oltre a un’ampia scelta di pizze cotte in forno a legna, offre pasta fresca, piatti tipici regionali accompa‑ gnati da eccellenti vini italiani e da un ottimo caffè. The restaurant Vincanto was opened in Prague to allow people to enjoy truly authentic Italian culinary traditions. It bases its philosophy on a menu that offers exclusively Italian recipes, prepared with the best products, many of which can be bought directly on the premises. In addition to a wide selection of pizzas cooked in a wood oven, it offers fresh pasta and traditional regional dishes accompanied by excellent Italian wines and coffee.

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sport

Quarant’anni fa la finale dei campionati europei in cui Panenka inventò il Panenka: un pallonetto che appartiene alla storia del calcio

1976, quando la Cecoslovacchia salì sul tetto d’Europa 1976, when Czechoslovakia climbed on the roof of Europe “C’era una volta un gruppo d’eroi”. Potrebbe sicuramente iniziare così il racconto della cavalcata della Nazio‑ nale cecoslovacca fino alla conqui‑ sta dei campionati europei, tenutisi nell’ormai ex-Jugoslavia nel lontano 1976. Proprio come in tutte le favole,

il tortuoso cammino della formazione guidata dallo stratega Václav Ježek si concluse con un lieto fine, nella stori‑ ca finale vinta ai danni della più quo‑ tata Germania Ovest dei fuoriclasse Franz Beckenbauer e Gerd Müller (quest’ultimo assente nella partita di

Belgrado). Il match in questione rap‑ presenta una pietra miliare del calcio moderno, la prima volta in cui l’atto finale di una competizione interna‑ zionale è stato deciso con la “lotteria” dei calci di rigore. Così la Cecoslovac‑ chia salì sul tetto d’Europa.

“Once upon a time there was a group of heroes”. One could certainly begin telling the story of the Czechoslovakian National team’s road to the conquest of the European Championships, held in the now ex-Yugoslavia in 1976, in this way. Just like in all fairy tales, the tortuous journey of the formation led by strategist Václav Ježek concluded with a happy ending, in the historic final won against the more highly rated West Germany side of World class names Franz Beckenbauer and Gerd Müller (though the latter was absent

in the Belgrade match). The match in question is a cornerstone of the modern game, the first time when the final act of an international competition was decided by the “lottery” of a penalty shootout. Czechoslovakia thus climbed to the roof of Europe. The trophy in ‘76 was seen as a genuine feat for the Central-European National team, able to overcome seemingly impossible obstacles such as the defending champions, West Germany. But among the competition, there was also the Netherlands of Johan Cruyff, the

team of “total football”, an innovative tactic that allowed players to superbly occupy the whole pitch with all eleven players. David beat Goliath exploiting the tactical shrewdness of the leader Ježek, as well as a fair dose of luck, which in such cases it is always necessary. The manager, a native of Zvolen, a village of modern-day Slovakia, was able to make the most of the characteristics of his players, focusing on the cohesion of a very close-knit group: a choice that proved to be spot on, demonstrating

di Alessandro De Felice by Alessandro De Felice

Forty years ago was the final of the European championships in which Panenka invented the Panenka: a chip that holds a place in football history

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La conquista del trofeo nel ‘76 rappre‑ sentò una vera e propria impresa per la nazionale mitteleuropea, capace di superare ostacoli apparentemente impossibili proprio come la formazio‑ ne campione in carica, la Germania Ovest. Ma in gara c’era anche l’Olanda di Johan Cruyff, la squadra del cosid‑ detto “calcio totale”, una tattica inno‑ vativa che permetteva di occupare in maniera eccellente l’intero campo con tutti gli undici calciatori. Davide batté Golia sfruttando l’acu‑ me tattico del suo condottiero Ježek e una buona dose di fortuna, che in

casi come questi risulta sempre ne‑ cessaria. Il selezionatore – nativo di Zvolen, cittadina dell’attuale Slovacchia – riuscì a sfruttare al massimo le carat‑ teristiche dei suoi calciatori puntan‑ do sulla coesione di un gruppo molto affiatato: una scelta che si rivelò azzeccata, dimostrando ancora una volta che nello sport l’entusiasmo e la voglia di lottare possono riuscire a sopraffare il talento. A guidare il gruppo Antonín Panenka, autore del rigore decisivo che decretò la vittoria della Cecoslovacchia. Un tiro

che non è passato inosservato: stiamo parlando del “cucchiaio”, il famoso cal‑ cio di rigore con lo scavetto diventato un marchio di fabbrica del calciatore classe 1948 e ripreso nel corso degli anni da molti colleghi: rigore chiamato da quattro decenni in mezzo mondo, per l’appunto, “il Panenka”. “Se avessi potuto brevettarlo, l’avrei fatto” ha scherzato qualche tempo dopo il cen‑ trocampista, che poi ha aggiunto, “Era da due anni che mi allenavo per quel rigore. I miei compagni mi pregarono di non farlo. Ježek mi spronò invece a fare di testa mia. E così feci”.

Le due squadre avevano deciso di comune accordo che, in caso di pareggio dopo i tempi supplementari, non si sarebbe rigiocata la finale ma si sarebbe andati ai calci di rigore. E così... The two teams had both agreed that in the event of a draw after extra time, they would not replay the final, but it would go to penalties. And so it was...

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Il capitano cecoslovacco Anton Ondruš ed il suo corrispetivo olandese Johan Cruyff, poco prima della semifinale / The Czechoslovak captain Anton Ondruš and his Dutch counterpart Johan Cruyff, just before the semi-final

once again that in sports, enthusiasm and the will to fight are able to defeat greater talent. The group’s leader was Antonín Panenka, author of the decisive penalty which determined the victory of Czechoslovakia. A shot that did not go unnoticed: we are talking of the “chip”, the famous penalty kick he chipped which would become a trademark of the player born in 1948

and imitated over the years by many colleagues, a penalty which for four decades has been known precisely as “the Panenka”, in half of the world. “If I could patent it, I would have done”, joked the midfielder some time after, who then added, “I was training for that penalty for two years beforehand. My companions begged me not to do it. Ježek instead spurred me to do my own thing. And so I did”.

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The path of Czechoslovakia in the fifth edition of the tournament between nations organized by Uefa did not begin in the best way. The debut in the qualifying round was bitter, with a 3-0 defeat in London on October 30, 1974 against England, before they then put together a series of positive results that led the team to the semi-final against the Netherlands in Zagreb, after having overcome the national team of the


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Il percorso della Cecoslovacchia nella quinta edizione del torneo tra nazio‑ ni organizzato dalla Uefa non iniziò nel migliore dei modi: l’esordio nel girone di qualificazione fu amaro con la sconfitta per 3 a 0 a Londra il 30 ottobre 1974 contro l’Inghil‑ terra, per poi inanellare una serie di risultati positivi che condussero la squadra fino alla semifinale di Zagabria contro l’Olanda, dopo aver superato la stessa nazionale dei Tre Leoni, il Portogallo e Cipro nel girone e l’Unione Sovietica nel doppio con‑ fronto dei quarti di finale.

In uno Stadio Maksimir completamen‑ te allagato, il calcio giocato fu prece‑ duto dalle polemiche degli olandesi. Gli Oranje si resero conto di non poter sfruttare la loro caratteristica principale, il possesso palla, e inizialmente si oppo‑ sero alla disputa della gara, invocando a gran voce il rinvio. Proteste che diventa‑ rono sempre più accese sino al fischio d’inizio, quando l’arbitro gallese Clive Thomas diede il via alle ostilità davanti a 18 mila spettatori. La Cecoslovacchia riuscì a portare a casa la qualificazione alla finale durante i tempi supplemen‑ tari, grazie alle reti di Zdeněk Nehoda e

František Veselý, scatenando l’ira fune‑ sta del tecnico olandese George Knobel e dei suoi ragazzi. Si arriva così al 20 giugno 1976, giorno dell’atto conclusivo della competizio‑ ne. La Germania Ovest ha rispettato i pronostici della vigilia con un percorso netto fino alla finale, mentre dall’altra parte non c’è la temutissima Olanda, bensì l’outsider Cecoslovacchia, per una partita dal risultato quasi sconta‑ to. In realtà, la grinta e l’astuzia tatti‑ ca di Václav Ježek ebbero ancora una volta la meglio: il commissario tecnico sceglie infatti di non assecondare il

gioco dei tedeschi ma, al contrario, tenere in mano il pallino del gioco e mettere in difficoltà gli avversari con accelerazioni improvvise. Una scelta dettata dalle caratteristiche dei suoi giocatori, dotati di una eccelsa tecnica di base e in grande condizione fisica. La nazionale cecoslovacca adotta una mentalità decisamente “occidentale”, dimostrando di possedere nel contem‑ po fisicità e talento, un grande gruppo e individualità spiccate. La Germania Ovest si fa cogliere impreparata e dopo 25 minuti si trova già sotto di due reti: Ján Švehlík porta infatti avanti i “rossi”

Antonín Panenka (in alto) mentre segna il suo storico rigore contro la Germania Ovest (a sinistra) / Antonín Panenka (above) while scoring his historical penalty against West Germany (on the left)

Three Lions in the return game, Portugal and Cyprus in the group and the Soviet Union in the double clash of the quarters finals. In a completely flooded Maksimir Stadium, the football played was preceded by controversy from the Dutch. The Oranje realized they could not use their main weapon, ball possession, and initially openly opposed the proceeding with the match, fiercely asking for the postponement of the match. The protests became more and more heated until kick-off, when Welsh referee Clive Thomas gave the go-ahead before the 18,000 spectators. Czechoslovakia were able to bring home the qualification for the final in extra time, thanks to goals from Zdeněk

Nehoda and František Veselý, sparking the wrath of Dutch coach George Knobel and his boys. This brings us to June the 20th, 1976, the day of the final act of the competition. West Germany lived up to the pre-tournament expectations with a clear path to the final, while facing them, wasn’t the dreaded Holland side, but the outsiders Czechoslovakia, in a game seen as one with an almost predictable outcome. In fact, the willpower and tactical astuteness of Václav Ježek, once again got the better of the opponents. The coach in fact chose not to give in to the German’s game, but, instead to hold on to the ball and put their opponents in trouble with sudden

accelerations. A choice dictated by the characteristics of his players, blessed sublime basic technique, and great physical condition. The Czechoslovak National team adopted a very “Western” mindset, while at the same time possessing physicality and talent, a great group with stand-out individual talent. West Germany appeared to be unprepared, and they found themselves two goals down after 25 minutes. Ján Švehlík, in fact put the “reds” a goal in front after eight minutes, while it was Karol Dobiaš, the rugged defender who doubled Czechoslovakia’s lead. It was indeed the second goal which stunned the Germans, who reopened the match in the 28th minute with a

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goal from Dieter Müller, the centreforward replacing the more famous Gerd. The Teutonics continued to push in their hunt for the goal to level the scoreline, and just when it looked all over, it came in sensational fashion in the final minutes of injury time. It was Bernd Hölzenbein who froze the Czechs with a goal which developed from the action following the last corner kick of the encounter. The extra time ended in a stalemate. On one hand Germany did not accelerate more in attack but tried to control themselves to regain energy after the maximum effort made to get the equalizer, on the other hand Czechoslovakia struggled to contain their disappointment

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dopo 8 minuti mentre è Karol Dobiaš, roccioso difensore, a siglare il raddop‑ pio cecoslovacco. Proprio la seconda rete subita dà la scossa ai tedeschi, che al 28’ riaprono l’incontro con Dieter Müller, centravan‑ ti che sostituisce il più famoso Gerd. I teutonici continuano a spingere a cac‑ cia del gol del pari e proprio quando sembra tutto finito, nei minuti di recu‑ pero della ripresa, arriva il clamoroso pareggio. È Bernd Hölzenbein a gelare i cecoslovacchi con un gol sugli sviluppi dell’ultimo calcio d’angolo dell’incon‑ tro. I tempi supplementari si concludo‑ no con un nulla di fatto; da una parte la Germania non accelera più in fase offensiva ma prova a controllare per recuperare energie dopo il massimo sforzo per arrivare al pari, dall’altra la

La Cecoslovacchia posa con il trofeo. La maggior parte dei calciatori indossa però la divisa tedesca / Czechoslovakia posing with the trophy. The major part of the players, anyway, is wearing the German jersey

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and no longer managed to penetrate Germany’s back line. An important premise: before the game the teams had both agreed that in the event of a draw after extra time, the fixture would not be replayed, and the final would go to penalties. And it was precisely what occurred. Uli Hoeness missed the fourth German penalty, and the Panenka “chip” gave the trophy to Czechoslovakia. Immense joy throughout the entire country, from Prague to

Cecoslovacchia fatica a contenere la delusione e non riesce più ad affondare con decisione. Premessa importante: prima dell’ini‑ zio della gara le due squadre avevano deciso di comune accordo che, in caso di pareggio dopo i tempi supplemen‑ tari, non si sarebbe rigiocata la finale ma si sarebbe andati ai calci di rigore. Ed è proprio ciò che accade: Uli Hoe‑ ness fallisce il quarto rigore tedesco e il “cucchiaio” di Panenka regala il trofeo alla Cecoslovacchia. Grande gioia in tutto il paese, da Pra‑ ga a Bratislava, per un miracolo spor‑ tivo che appariva impossibile ai nastri di partenza. Entusiasmo irrefrenabile immortalato da un’immagine surreale: ad alzare il trofeo ci sono solo maglie tedesche.

Bratislava, due to a sporting miracle that initially seemed impossible. Overwhelming enthusiasm captured by a surreal image: to lift the trophy, there were only German jerseys. TV viewers of half Europe were rubbing their eyes, and most of all the Czechoslovak communist cadres: what happened to the socialist victory against the hated West Germans? The truth is that, in good spirit of fair-play, the players changed their shirts with the opponents –

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I telespettatori di mezz’Europa si stropicciano gli occhi, e più di tutti i quadri comunisti cecoslovacchi: che ne è successo della vittoria socialista contro gli odiati tedeschi dell’ovest? La verità è che, da buoni esponenti del fair play, i calciatori avevano cambia‑ to la maglia con gli avversari – gesto encomiabile, ma, verrebbe da obiet‑ tare, non prima di alzare un trofeo! Per il giornale nazionale Rudé právo, che critica i giocatori come fosse una vittoria mutilata, solo Panenka, rima‑ sto in maglia rossa, ha salvato l’onore del Partito e della nazione. Ma, come rivelerà in seguito il calciatore, sempli‑ cemente non aveva fatto in tempo a trovare un tedesco da abbracciare… Una vittoria sui generis, fino all’ultimo. Cechi e slovacchi ancora oggi ricordano con grande ammirazione gli eroi di Belgrado: la personalità dell’estremo difensore Ivo Viktor, il gigantesco cen‑ trale difensivo Anton Ondruš, la classe e i polmoni di Jaroslav Pollák, l’astuzia di Zdeněk Nehoda, attaccante abile in tutte le situazioni di gioco. Per non di‑ menticare Panenka e il suo storico col‑ po: l’accento in un trionfo memorabile, un’impresa calcistica che ha segnato la storia sportiva della Cecoslovacchia. praiseworthy gesture, but, one might argue, not before raising a trophy! For the national newspaper Rudé Právo, who criticized the mutilated victory, only Panenka, who had remained in the red jersey, saved the honor of the Party and the nation. But, as the player revealed later, he simply did not have time to find a German to embrace ... A sui generis victory, to the last. The Czech and Slovak people still remember the Belgrade heroes with great admiration: the personality of the goalkeeper Ivo Viktor, the giant central defender Anton Ondruš, the class and lungs of Jaroslav Pollák, the craftiness of Zdeněk Nehoda, a capable, smart striker in all game situations. Not to forget Panenka and his historic shot. A highlight of a memorable triumph, a footballing feat that marked the sporting history of Czechoslovakia.




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