SchioMese n 945

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Il Cristo del Summano compie trent’anni - p.12 ◆ Inflazione: bene il commercio, ma i prezzi aumentano - p.8

Ecco il Progetto Parise: il treno sotto la strada e la stazione interrata

L’architetto Vittorino Parise mette in gioco una nuova idea per risolvere il nodo del passaggio a livello di via dell’Industria, ma anche per riorganizzare un po’ tutta la viabilità urbana tra quella parte di città e Magrè. Un progetto che prevede di scendere con i binari sotto la strada, procedere in trincea verso porta Venezia, proseguire in galleria e chiudere con una stazione interrata.

Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XII n. 113 - settembre 2023

E se la soluzione per il passaggio a livello fosse quella di non fare un bel niente?

Far passare la strada sotto i binari non si può: intorno ci sono le case e manca lo spazio per poter realizzare gli “agganci” in entrata e in uscita sulla viabilità esterna. Passare sopra i binari nemmeno: toccherebbe costruire una specie di rotatoria “in quota” sempre per la necessità di caricare e scaricare il traffico ai lati, e ne uscirebbe un disco volante di cemento che nemmeno a Los Angeles. Far passare il treno sopra la strada sarebbe tecnicamente fattibile, perfino mascherabile giocando con i terrapieni dai Cementi fino ad attraversamento compiuto, ma “a monte” lo spazio si restringe e il treno dovrebbe proseguire verso la stazione in una sorta di sopraelevata con vista sui salotti e le camere da letto delle case intorno.

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E quindi? Per risolvere il nodo del passaggio a livello su viale dell’Industria non resta davvero altra soluzione che anticipare la stazione ai Cementi, come da ultima proposta del sindaco Orsi? Bisogna rassegnarsi al fatto che, nel 2023, non si riesca a saltare un passaggio a livello se non rinunciando alla stazione in centro città? Certo, l’idea di spostare l’arrivo del treno prima delle famigerate sbarre sarebbe in tutta evidenza la più semplice, la più veloce, la meno impattante e la meno costosa. E però sarebbe anche per certi versi una resa, perché è difficile trovare esempi di città di piccole dimensioni che mandino volontariamente in pensione una stazione ferroviaria centrale e la spostino in aperta periferia, per poi istituire un servizio di navetta che ricolleghi i passeggeri all’abitato. Una stazione può anche trovarsi defilata rispetto al cuore cittadino, ma di solito se capita è perché ci sono delle esigenze logistiche originarie o dei limiti di spazio e orografici insuperabili, come a volte sulle linee litoranee.

Ma ecco che, proprio mentre si scartano progetti di ponti o sottopassi e si torna a discutere di trasferire la stazione, arriva a sorpresa una proposta tutta nuova, messa sul piatto da un professionista locale, l’architetto Vittorino Parise. Ne parliamo nelle pagine che seguono attraverso un’ampia intervista all’interessato. Parise si è messo di sua iniziativa a immaginare una soluzione diversa da tutte le altre e se n’è uscito con un progetto che chiude il cerchio delle possibilità: niente strada che passa sopra o sotto, e nemmeno treno sopra, ma treno sotto e stazione d’arrivo interrata. Nel suo progetto la linea ferroviaria dovrebbe iniziare a scendere “in trincea” verso i Cementi, passare sotto il piano stradale di via dell’Industria, continuare a degradare fino ad arrivare in via Baccarini con una stazione sotterranea. Un progetto che non si limiterebbe, secondo l’ideatore, a eliminare il passaggio a livello, ma andrebbe a impattare – attraverso alcune altre soluzioni – su tutta la viabilità interna cittadi-

na. Un progetto ambizioso a dir poco, che peraltro è stato ben accolto dalle categorie economiche, alle quali Parise lo ha presentato per valutarne l’impatto.

Idea percorribile? Chissà. In attesa di saperlo, a noi resta la domanda che, da dichiarati profani delle procedure tecniche delle Ferrovie, ci facciamo da anni: possibile che, sempre all’alba del 2023, si debbano ancora abbassare le sbarre di un passaggio a livello (di una linea locale dove transita un lento trenino, non di una linea ad alta velocità) fino a 4-5 minuti prima dell’effettivo passaggio, lasciando la gente a guardare i binari vuoti fin quando da lontano spunta la sagoma del siluretto su rotaia? Ci sembra davvero strano che, fatte salve le esigenze di sicurezza, non ci sia modo di ridurre questi tempi. Non sarebbe tutta la soluzione del problema, ma già aiuterebbe non poco.

Ma sapete che c’è? Che arrivati a questo punto, dopo anni di analisi, ipotesi e discussioni alle spalle, verificata la problematicità o la totale irrealizzabilità delle soluzioni fin qui messe in campo, forse potrebbe avere una propria dignità anche una proposta-provocazione come quella che segue: non facciamo niente. Lasciamo tutto com’è. Finisce che, a forza di ipotizzare soluzioni, questa è la vera idea rivoluzionaria… In fondo, per chi ha fretta c’è già un’alternativa, mentre per chi non ha problemi di minutaggio si presenta anche un’opportunità.

L’alternativa, per chi non vuole correre il rischio di beccare le sbarre abbassate, è quella di via Maestri del Lavoro. Se si arriva dalla zona industriale in direzione Schio sud-Magrè, o se si arriva in senso opposto verso la zona industriale, si può controllare l’orologio in partenza, rendersi subito conto se si arriverà alla rotonda dei Cementi nei minuti di passaggio del treno (da sempre si sa che gli orari critici sono nei minuti 8-12 e 50-55 di ogni ora) e, nel caso, aggirare l’ostacolo prendendo via Maestri del Lavoro; ovvio che si allunga un po’ il tragitto, però lo si rende an-

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che più lineare e scorrevole, quindi in caso di sbarre abbassate si guadagna quasi sempre almeno un paio di minuti (orari di punta a parte, d’accordo, ma in quelli la coda c’è dappertutto).

Chi non ha fretta, invece, può tranquillamente spegnere il motore e fare quello che ormai tutti fanno anche a qualsiasi normalissimo semaforo rosso: ci si attacca al cellulare, si scorre facebook o instagram, si mettono due o tre like, si guarda un video, si manda un messaggio… insomma, ci si butta sui social. Che poi con un bel maxischermo alla rotonda collegato con RaiNews24 o con Rtl102.5 uno se ne starebbe anche lì tranquillo a guardare gli aggiornamenti sui fatti del giorno o un video musicale, come in una specie di forzato “drive in”.

Ma sì, dobbiamo tutti tornare ad apprezzare il valore dell’attesa. In fondo, come ha detto Lessing, l’attesa del piacere è essa stessa un piacere. E con un’attenta azione di marketing si potrebbe perfino vendere l’attesa del treno come un’opportunità di relax. Basta indovinare il messaggio. Una cosa tipo: “Al passaggio a livello di via dell’Industria di Schio apre la prima “Palestra dell’attesa” d’Italia! Sei stressato dal

Lo Schiocco

È ora di pensare all’orologio

Come ha detto qualcuno, meglio un orologio fermo che uno in ritardo: almeno quello fermo due volte al giorno l’ora giusta la segna. Lo storico orologio in cima alla casa d’angolo tra via Pasini e via Pasubio segna l’ora giusta due volte al giorno da tempo immemore. Le 4.55, o le 16.55, dipende dai gusti. Da quell’orario le lancette non si spostano da generazioni. Non sarebbe male intervenire per sistemare il povero orologio. Va bene che sotto c’è un noto negozio di abbigliamento

traffico delle ore di punta? Sei sempre di corsa? Vieni anche tu al nostro passaggio a livello ideato per allenarti ad aspettare, iscriviti ai nostri corsi di “rail crossing mental gym”: impara a prendere del tempo per te e a rilassarti davanti a sbarre chiuse contro le quali nulla puoi fare”. Corsi a pagamento, s’intende: i servizi han-

intimo, ma ci sentiamo di escludere che aggiustarlo costi così tanto da rimanere in mutande e dover andare in negozio a fare scorta. [M.D.Z.]

no un prezzo. Un abbonamento mensile a 50 euro sarebbe un prezzo equo per avere libero accesso a tutte le attese quotidiane al passaggio a livello. Si tratta di reimparare a pazientare, a rallentare e a prendere la vita con filosofia. In pochi mesi la tartaruga è assicurata. Non agli addominali. Al volante. ◆

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a insomma, possibile che non si possa trovare una soluzione per questo benedetto passaggio a livello e che le alternative siano un accidente di cavalcavia o il trasferimento della stazione ai Cementi? Un po’ di mesi fa Vittorino Parise, architetto di lungo corso con studio in via Baratto affacciato al palazzo delle vecchie poste, si è fatto una domanda come questa, dopo l’ennesimo capitolo della storia infinita dei binari di via dell’Industria. Una storia ultradecennale di cui Parise ricorda bene gli albori, visto che c’era anche lui sulla scena politica locale, come esponente e poi consigliere comunale del Partito socialdemocratico, quando negli anni Settanta già si discettava di come risolvere la questione, e in giunta comunale all’urbanistica c’era il papà dell’attuale assessore, il compianto ingegner Franco Rossi. Parise s’è fatto la domanda, dunque, e poi ha deciso di mettercisi anche lui, a cercare una risposta. Ha preso gli attrezzi del mestiere, si è procurato planimetrie, altimetrie e misurazioni varie, ha acquisito tutte le informazioni tecniche necessarie dalle Ferrovie dello Stato e si è messo di buzzo buono a pensare a un’ipotesi alternativa. Ne è uscito un progetto a suo modo rivoluzionario, perché mai considerato prima da nessuno. La sua idea, in soldoni, è quella di scavare. Ma non per far passare sotto la strada, bensì per far passare sotto il treno. Si tratterebbe di cominciare a scendere con i binari un po’ prima dei Cementi, di passare sotto via dell’industria e proseguire in trincea e infine in tunnel, arrivando su via Baccarini dove verrebbe realizzata una nuova stazione sotterranea.

Progetto piuttosto complesso, che “a caldo” si potrebbe oggettivamente ritenere

Ecco il Progetto Parise: il treno sotto la strada e la stazione interrata

L’architetto Vittorino Parise mette in gioco una nuova idea per risolvere il nodo del passaggio a livello di via dell’Industria, ma anche per riorganizzare un po’ tutta la viabilità urbana tra quella parte di città e Magrè. Un progetto che prevede di scendere con i binari sotto la strada, procedere in trincea verso porta Venezia, proseguire in galleria e chiudere con una stazione interrata.

eccessivo per l’obiettivo di fondo, che a oggi rimane quello di saltare un passaggio a livello. Ma in realtà nei piani di Parise il progetto ha ambizioni superiori alla soluzione del solo nodo di via dell’Industria: attraverso un corollario di nuovi “allacci” stradale, punta infatti a collegarsi con una serie di interventi sulla viabilità cittadina che, secondo l’architetto, darebbero modo di fluidificare il traffico in tutta la zona. Difficile dire adesso se il “Progetto Parise” farà strada a livello politico, prima ancora che tecnico. Però merita approfondirlo con il suo autore.

Dunque architetto, alla fine anche lei non ha resistito e s’è messo a lavorare sulla “storia infinita” del passaggio a livello di via dell’Industria…

“Sì. Già a metà anni Settanta con l’ingegner Franco Rossi si parlava della ferrovia, perché era già allora una vera barriera fisica per la città. Rossi sosteneva che bisognasse portare la stazione ai Cementi, io invece dicevo che doveva restare in centro”.

Anche il sindaco Orsi di recente ha sposato la tesi dello spostamento dei Cementi.

“È un’ipotesi che emerge già nel Piano urbano del traffico del 2017, però con la chiara indicazione che questo spostamento comporterebbe la necessità di riorganizzare tutta la viabilità, perché in stazione non ci si arriva soltanto con l’auto o con la corriera o navetta, ma bisogna poterci arrivare anche a piedi o in bicicletta”.

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Restando invece alle ipotesi di intervento per eliminare il passaggio a livello, qual è la sua idea sulle varie soluzioni ipotizzate finora?

“Il sottopasso stradale è pressoché impossibile da fare per motivi di spazio: c’è il problema delle necessarie complanari e quindi della connessione con la restante viabilità e l’accessibilità dei privati, che certo non può essere inibita.

Il progetto sostenuto di un sovrappasso ferroviario è anch’esso troppo problematico. Si tratta di superare il piano stradale di 7 metri: fino a un certo punto si può intervenire con un terrapieno così come è stato ipotizzato, ma il problema rimane da dopo la strada fino a porta Venezia, dove non c’è spazio per un terrapieno, si dovrebbe fare una ferrovia pensile che passa a livello del primo piano delle case di via Ca’ Masotta e Ca’ Bottara, una cosa dirompente sotto il profilo ambientale. Mi sembra improponibile pensare a un treno che passi sopra, tanto più se si ragiona in prospettiva, con un transito ogni mezz’ora come previsto dalla ‘metropolitana di superficie’. Le sopraelevate c’erano una volta a New York, ma ormai anche lì sono state trasformate in gran parte in giardini pensili, con un lavoro di bonifica ambientale”.

Allora lei si è messo a immaginare un’altra soluzione…

“Sì. Conosco bene le pendenze presenti in quella zona, ci sono quote di territorio molto importanti da rispettare. Basandomi sulla cartografia ufficiale ho fatto uno studio di tutta l’area, tenendo conto dei punti vincolanti, come il ponte su viale dell’Artigianato, la roggia che intercetta la ferrovia dopo la curva degli ex mulini Grendene, la curva di via Paraiso e il contesto di porta Venezia. Su questa base sono partito, tenendo conto delle norme tecniche di esecuzione delle ferrovie: la pendenza massima del 40 per mille, l’altezza di una galleria artificiale che possa essere interrata ed elettrificata, l’obbligo di avere tratti orizzontali nei campi di pendenza, perché il treno non è come un camion e deve avere le sue curve di raccordo, Su questi presupposti ho fatto il profilo del mio progetto”.

Che, in sintesi, cosa prevede?

“Innanzitutto uno scalo provvisorio in zona Cementi - là dove in ipotesi si vorrebbe spostare in via definitiva la stazione – per il tempo necessario ai lavori, diciamo un paio d’anni. Da quel punto si parte con la ristrutturazione del tratto finale della linea: con la pendenza del 21 per mille si riesce a mandare in trincea la ferrovia passando sotto l’attuale piano stradale, perché mentre da un lato si scende, dall’altro la quota del terreno sale. Dunque risolvo il problema del passaggio a livello e da lì in poi si

prende a salire, ma leggermente, il 4,10 per mille, perché occorre passare sotto la roggia. In definitiva, si arriva in stazione con la ferrovia in trincea, non si vede il treno passare”.

Un po’ come la strada che porta al traforo dello Zovo, per intendersi?

“Esatto. Si arriva alla roggia e al curvone della De Pretto e qui inizia una galleria che arriva fino alla stazione. In questo modo – senza espropriare un metro di terra perché è tutta proprietà delle Ferrovie – diventa possibile anche creare una rotonda di connessione fra la strada che costeggia la De Pretto e via Paraiso, in modo tale che tutto il traffico da e per Giavenale e Marano non debba più passare per porta Venezia e fare tutto il giro, ma possa scaricarsi già in quel punto”.

quella strada a curva che gira intorno agli edifici di porta Venezia, semplificando la circolazione e riduce i passaggi sulla viabilità ordinaria”.

La nuova stazione, dunque, sarebbe a tutti gli effetti sotterranea. Una novità galattica, per Schio…

“Sì, il piano di arrivo è previsto 11 metri sotto il livello stradale. Ho previsto tutte le esigenze di una stazione interrata, naturalmente: la banchina di arrivo, un piano intermedio di distribuzione, scale mobili e scale fisse, il corpo esterno della stazione, una struttura dotata di zona bar, infopoint e atrio biglietteria, servizi igienici, l’ascensore che va ai treni.

La stazione attuale che fine fa?

“Va demolita, perché arretro l’arrivo dei binari e la nuova stazione di circa 30 metri, il che mi consente – una volta eliminata la vecchia stazione - di aprire una strada che si connette con via Venezia e arriva di là dal Leogra congiungendosi con viale Roma e via Pista dei Veneti, sempre se la prevista Destra Leogra in quel punto resterà interrata”.

Cioè, nella sua idea via Battaglion val Leogra si collegherebbe di fatto con via Roma a Magrè?

“Sì, ma non è un’idea mia: è un progetto esistente ancora nel piano regolatore del 1970. I due palazzi gemelli di via Milano, per capirsi, erano stati costruiti apposta con quella distanza tra loro e con i portici che si guardano, perché il piano regolatore prevedeva appunto che in mezzo passasse la strada”.

Tutto questo comporterebbe delle implicazioni non da poco, per la viabilità urbana…

E siamo al tratto finale: da questo punto di connessione intorno al curvone De Pretto fino alla stazione cosa succede?

“Si passa sotto la roggia e poi si comincia a salire un po’ più di prima, l’8,60 per mille. In corrispondenza del ponte ferroviario attuale di porta Venezia, si passa sotto con la ferrovia”.

E il ponte?

Va eliminato, ovviamente, ma la pendenza delle strade di fatto non cambia, dalla connessione del curvone De Pretto fino alla stazione non si influisce in alcun modo con la viabilità esistente. Questo significa, tra l’altro, che si possono recuperare 25 mila metri quadrati di superficie verde, connessa con tutto il quartiere nuovo di porta Venezia. E il parcheggio di via Milano lo si può connettere con via Istria,

“Certo, ma sicuramente in meglio. La Destra Leogra potrebbe correre sopra l’argine destro del torrente, si risparmierebbero i 690 metri di galleria previsti, che non sono di semplice esecuzione, andando a compensare i costi dei 695 metri della galleria ferroviaria prevista nel mio progetto. Gli altri costi si compensano, tra le due soluzioni, non è vero, come sento dire, che il mio progetto sarebbe eccessivamente costoso.

È da quand’ero piccolo che sento dire che siamo in un cul de sac, che siamo isolati. Abbiamo le strade che arrivano fino al margine di Schio, poi abbiamo i colli di bottiglia. L’interramento della ferrovia non andrebbe semplicemente a eliminare il passaggio a livello, ma andrebbe a modificare la viabilità di Schio in una visione complessiva delle infrastrutture e del traffico cittadino”. ◆

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L’autore del progetto, l’arch. Vittorino Parise

a questione dell’eventuale spostamento della stazione ferroviaria dalla sua sede storica in centro all’ex stabilimento Italcementi è connessa allo sviluppo della linea Schio-Vicenza - spiega l’assessore all’urbanistica, Sergio Rossi -. Per le Ferrovie quest’ultima è diventata una scelta strategica: la tratta che parte dalla nostra città, anche grazie all’interessamento da parte della Regione, non è più considerata come in passato alla stregua di un ramo secco, la si vede invece come un canale importante per “alimentare” l’alta velocità dalla stazione di Vicenza. A questo fine, l’obiettivo è aumentare la capacità della linea, avvicinandosi all’idea di metropolitana di superficie, riassunto dall’espressione “30-30-30”: trenta chilometri in trenta minuti con treni in partenza ogni mezz’ora».

Per raggiungere questo obiettivo, però, uno degli ostacoli da superare è la presenza dei passaggi a livello, che sono ancora oltre venti lungo tutta la linea Schio-Vicenza. «Eliminarli consentirebbe ai treni una più rapida percorrenza, senza necessità di continui rallentamenti in ottemperanza alle misure di sicurezza – osserva l’assessore Rossi -. Stando così le cose, Rete Ferroviaria Italiana sta portando avanti incontri con tutti i Comuni coinvolti per definire in concreto come intervenire su ogni passaggio a livello».

E Schio non fa eccezione, con il sindaco Valter Orsi che ha preso in mano personalmente la pratica anche per il suo ruolo in Provincia di consigliere delegato ai trasporti. «In occasione di questi incontri sono state riprese in considerazione tutte le idee avanzate negli anni per eliminare il passaggio a livello di viale dell’Industria, compresa l’ultima, contenuta in un interessante progetto arrivato da un nostro concittadino che prevede di portare la ferrovia sotto il piano stradale. Tuttavia il problema è di natura economica: infatti è RFI che deve finanziare l’intervento e questa ipotesi, che è la più accattivante, risulta anche la più costosa in assoluto. Resta quindi l’idea di spostamento della stazione, che le Ferrovie considerano quella per loro più vantaggiosa».

Certo, neanche questo progetto sarebbe a costo zero. Si tratterebbe di ricostruire ex novo un fabbricato viaggiatori, anche se ridotto al minimo indispensabile, oltre che riproporre la struttura a tre binari che si trova nell’attuale stazione.

Rossi: “Spostando la stazione si alleggerisce anche via Baccarini”

“La maggior parte degli utenti non arriva in stazione a piedi, ma in auto, quindi lo spostamento ai Cementi permetterebbe di reindirizzare una parte del traffico da via Baccarini e dalle altre vie del centro”, osserva l’assessore all’urbanistica Sergio Rossi.

«Facendo una stima di massima, il costo complessivo dell’intervento si aggirerebbe tra i 10-20 milioni, mentre nell’ipotesi di portare il treno sotto il piano stradale con tanto di banchina sotterranea in centro, il costo potrebbe essere dieci volte maggiore», dice Rossi.

Spostare la stazione, peraltro, comporterebbe un cambiamento non indifferente per molti scledensi.

“Per questo è già stato prospettato di mantenere il collegamento rapido tra la stazione attuale e quella nuova tramite una navetta elettrica che viaggerà sul sedime degli attuali binari – osserva l’assessore -. Inoltre RFI ha manifestato l’interesse alla riqualificazione dell’attuale fabbricato viaggiatori e dello spazio circostante, aprendo nuove opportunità di sviluppo del centro per le prossime amministrazioni. In ogni caso questa è comunque una partita a

sé, perché all’interno delle Ferrovie chi gestisce i binari e chi ha in carico le stazioni sono entità separate».

«Volendo considerare la cosa dal punto di vista urbanistico – prosegue Rossi - non si può ignorare il fatto che, in base alle indagini svolte in passato, la maggior parte degli utenti che oggi prende il treno a Schio non arriva in stazione a piedi, ma in auto, perché risiede in altri quartieri e nei paesi limitrofi. Quindi lo spostamento ai Cementi permetterebbe di reindirizzare una parte del traffico da via Baccarini, e dalle altre vie del centro. Un effetto, questo, non certo indesiderabile visto che il traffico di attraversamento è già di per se molto intenso. Certo la nuova stazione dovrà essere adeguatamente accessibile e dotata di parcheggi, oltre a richiedere anche nuovi collegamenti ad hoc alla rete dei mezzi pubblici». ◆

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«Il sindaco Valter Orsi deve prendersi la responsabilità politica delle proprie scelte riguardo la stazione e smetterla di dire o far dire quello che torna più comodo di volta in volta». Sul tema del passaggio a livello di via dell’Industria e del futuro della ferrovia Schio-Vicenza, Luigi Copiello, segretario del Partito democratico cittadino, non ha mezzi termini e anticipa le prossime mosse del gruppo politico: «Abbiamo già pronta una proposta di ordine del giorno da presentare alla prossima seduta del consiglio comunale in cui diciamo chiaro e tondo che la stazione deve stare dove si trova, punto e basta. Vedremo allora chi voterà a favore e chi contro». E aggiunge che la questione non si esaurirà nella discussione in aula: «Siamo pronti a richiedere anche la partecipazione della cittadinanza per un tema troppo importante per il futuro di Schio. Confidiamo che tutte le altre forze di minoranza saranno con noi».

Copiello non crede alla versione per cui la scelta riguardo la stazione dipenderebbe dalle Ferrovie: «Loro fanno ciò che il territorio chiede, se lo si sa chiedere nel modo giusto. D’altra parte, ho ben presente una dichiarazione di RFI secondo cui spostare la stazione significa perdere utenza. Una scelta illogica se l’obiettivo è davvero quello di rilanciare la tratta Schio- Vicenza. Se invece il tema è solo quello del minor costo... tanto vale chiudere tutto e fermare il treno a Thiene. Abbiamo chiesto insistentemente che per affrontare questo argomento fosse istituito un tavolo con i rappresentanti politici e delle categorie economiche, ma siamo sempre stati ignorati».

«Io sono da sempre un uomo di sinistra e me ne vanto – riprende Copiello -. Tuttavia non avevo mai sentito dire che la scelta di un sovrappasso o di un sottopasso sia una questione di destra o di sinistra. Il sindaco invece, applicando la sua solita logica della contrapposizione, ha trasformato anche questa questione, che dovrebbe essere meramente tecnica e basata sul vantaggio di avere o non avere determinati livelli di servizio in città, in una occasione di dibattito politico. A questo punto mi sorge il sospetto che la vera domanda sia un’altra: a chi conviene davvero la realizzazione di questa nuova stazione ferroviaria agli ex Cementi? Quali interessi sono in gioco?».

«Condivido l’obiettivo di eliminare i pas-

Copiello: “La stazione deve restare in centro”

“Quello che serve a Schio – dice Luigi Copiello, segretario del Pd scledense - non è una nuova stazione ferroviaria, ma quella metropolitana di superficie di cui si è tanto parlato, anche in Regione, e che però non ha mai preso corpo, che assicuri collegamenti veloci da e per l’Alto Vicentino”.

saggi a livello per aumentare la capacità della linea Schio-Vicenza e; da persona che ha sempre avuto a cuore il destino di questa tratta, ho le mie opinioni riguardo i vari progetti sul tavolo per superarlo. Però a questo punto non mi interessa dichiararmi a favore dell’uno o dell’altro. Dico solo: a Padova, all’interno della facoltà di ingegneria civile, abbiamo un gruppo di ricerca specializzato nelle infrastrutture ferroviarie. A Venezia abbiamo lo IUAV che è una delle migliori università di architettura in Italia. Si chieda a loro una consulenza per individuare la soluzione migliore».

Copiello non ci sta a ridurre la questione ferroviaria alla scelta di spostare la stazione e a istituire un bus navetta tra il centro e i Cementi.

“Ma pensiamo davvero che il tema sia questo? Un servizio che bisognerà vedere se e come sarà realizzato e chi dovrà pagarlo, mentre adesso abbiamo già il treno che

arriva in città? Oppure il tema di discussione dovrebbe essere piuttosto quello di realizzare un vero collegamento tra Schio e Milano, Roma, Monaco, gli aeroporti, tutto il resto del mondo? Io dico senza timore di esagerare che quello della ferrovia è il principale problema di politica industriale, perché il treno muove le persone e le idee e la nostra città, le nostre aziende, hanno quanto mai bisogno oggi di far circolare le une e le altre. Quello che serve a Schio non è una nuova stazione ferroviaria, ma quella metropolitana di superficie di cui si è tanto parlato, anche in Regione, e che però non ha mai preso corpo, che assicuri collegamenti veloci da e per l’Alto Vicentino. Diciamoci la verità: Orsi in dieci anni non è riuscito a portare a casa molto. Per questo noi non intendiamo mollare la presa su questo punto e siamo pronti a giocarci tutte le carte che abbiamo per mettere al sicuro il futuro di Schio». ◆

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Dal 1990 al 2019 a Schio è stato attivo il Laboratorio Psicopedagogico. Ideato dal Distretto Scolastico 12 e passato nel 2003 al Centro Territoriale Servizi, il Laboratorio ha svolto un importante intervento di supporto psico-educativo e didattico per insegnanti e genitori; ha attivato, presso gli istituti superiori, i Centri di informazione e consulenza, sportelli di ascolto per dare risposta ai bisogni e alle difficoltà dei giovani. A occuparsi del Laboratorio sono stati tre psicologi con diverse specializzazioni: Massimo Bogarelli, Gianni Calgaro e Denise Cerisara. Dal 2020 ogni istituto agisce in maniera autonoma. Bogarelli, psicologo psicoterapeuta, continua comunque a occuparsi di interventi negli istituti superiori, collaborando con il liceo Tron-Zanella, l’Ipsia Garbin e l’Itc Pasini. Con lui, che più di altri ha il polso delle difficoltà dei ragazzi scledensi, abbiamo parlato delle loro fragilità.

“Si rivolgono a me soprattutto per problematiche relazionali, affettive, sessuali, per informazioni sull’uso di sostanze psicotrope - spiega -. Chiedono indicazioni sull’ingresso nel mondo del lavoro, sulla scelta di un percorso universitario e cercano strategie di studio efficace, per circoscrivere e gestire l’ansia che spesso accompagna chi è più sensibile. Ovviamente non si tratta di dare semplici consigli, ma di attivare le risorse presenti in ogni individuo, mettendolo in grado di affrontare l’insicurezza o le difficoltà”.

Il Covid come ha influito sui ragazzi delle nostre zone?

“Ha amplificato il senso di solitudine; ora il modello comunicativo è puramente tecnologico, il virtuale ha preso il sopravvento e questo genera tristezza e insicurezza, perché manca la relazione con il reale, soprattutto nei rapporti interpersonali. I ragazzi sono più in contatto, ma paradossalmente sono più soli. Anche qui, come del resto ovunque, i giovani sono schiavizzati dal telefonino e né loro, né i loro genitori, capiscono fino in fondo le conseguenze di questa sorta di dipendenza”.

Però la didattica a distanza ha avuto degli aspetti positivi.

“Certo, è stata di indubbia utilità, ma ora si fatica a tornare indietro e non si percepisce chiaramente l’entità del danno psicologico legato all’isolamento, allo stare per ore davanti a un piccolo schermo che è diventato tutto il mondo. I ragazzi che si rivolgono a me hanno ampiamente superato l’utiliz-

i giovani scledensi, tra fragilità e incognite per il futuro.

zo del computer e del tablet, si affidano totalmente allo smartphone, dove l’accesso a like e follower è ancora più immediato”. Riesce a soddisfare le varie richieste, con le ore a sua disposizione?

“Assolutamente no, restano sicuramente fuori in molti, soprattutto perché lo sportello vuole offrire una consulenza ai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti. Nell’anno scolastico appena concluso, al Tron-Zanella, che conta più di millecinquecento studenti, ho avuto a disposizione settimanalmente tre ore e mezza per incontri alla mattina e due ore pomeridiane, attraverso la piattaforma Meet, per andare incontro ai limiti di orario dei genitori. Al Garbin, milleduecento alunni con la sede staccata di Thiene, avevo cinque ore, di cui due via Meet; al Pasini, per circa ottocento studenti, solo tre ore, anche se c’è da dire che questo istituto ha investito molto, durante il periodo successivo al lockdown, sulla figura dello psicologo, per supportare i ragazzi e i genitori (cinque ore settimanali). Comunque sia, la domanda è di molto superiore all’offerta”. Come si comportano le famiglie di fronte ai loro ragazzi problematici?

“Alcune si impegnano, altre scaricano sulla scuola la soluzione dei disagi. Sanno che i loro figli rimarranno adolescenti a lungo, anche fino ai trent’anni, ma spesso mancano tempo e voglia di seguirli a dovere. Se però il ragazzo o la ragazza ha a che fare con genitori che ascoltano e sanno guidare, raddrizza il timone”.

Cosa dice invece dei docenti?

“C’è molto turnover e le figure di riferimento, i professori per così dire carismatici, si riducono sempre più. I docenti giovani sono motivati, si mettono in gioco, si rivolgono anche a me, ma dovrebbero fronteggiare l’insicurezza legata al ruolo sempre più impegnativo dell’insegnante attraverso il confronto e il sostegno circolare: questo faciliterebbe la lettura dei comportamenti dei ragazzi, la conduzione della classe e, in alcuni casi, anche la presa di decisioni poco piacevoli. Invece, da noi come altrove, noto una sorta di individualizzazione educativa che crea stress nel corpo insegnante e, in alcuni casi, scarsa efficacia nella didattica”.

Lei è ottimista per il futuro dei nostri ragazzi, o no?

“Se hanno a che fare con genitori e insegnanti sensibili, sono decisamente ottimista, altrimenti vedo nubi scure all’orizzonte. Non siamo allarmati a sufficienza per la realtà virtuale che i giovani stanno abbracciando in toto: se pensa che l’università eCampus ha attivato un gettonato corso di laurea per diventare influencer… Comunque sia, mi ritengo realista nell’individuare le difficoltà, ma anche ottimista per la creatività che i giovani sanno ancora manifestare nell’affrontare la realtà. Vedremo cosa, fra reale e virtuale, prenderà il sopravvento. Cerchiamo però di stare vicino ai nostri ragazzi, è indispensabile”. ◆

Massimo Bogarelli, psicologo e psicoterapeuta, si occupa da molti anni di supporto psico-educativo per insegnanti e genitori e ha il polso delle fragilità dei giovani scledensi. Gli abbiamo chiesto di fare il punto su come stanno vivendo oggi
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“Attenti, ai giovani manca la relazione con il reale”
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Attualità

“Mi diverto ancora a salire sulla cima e a sentire i commenti della gente, il Cristo suscita sempre emozioni – dice l’artista che ha scolpito l’opera -. Io spero rimanga il simbolo di un’umanità capace di rialzarsi dopo grandi cadute, di resistere e di trovare pace dopo la tempesta”.

Proprio questo settembre compie trent’anni il Cristo del Monte Summano, la scultura in acciaio creata dall’artista maranese Giorgio Sperotto. L’opera, collocata sull’enorme croce in cemento posta sulla cima del monte, è il frutto di 400 ore complessive di lavoro, 300 dell’artista e 100 di un caro amico che lo ha aiutato con tutte le saldature. Ci siamo fatti raccontare la storia della scultura dall’artista, cercando di capire quale messaggio, dopo 30 anni, trasmette ancora l’imponente Cristo del Summano.

Giorgio Sperotto, come nasce l’opera?

“Nel 1993 Santorso si apprestava a festeggiare il centenario del santuario costruito sul Summano e i 70 anni dalla posa della croce. Io ero un abituale frequentatore della montagna e ho sempre pensato che quella grande croce in cemento fosse un po’ spoglia. In un momento di entusiasmo mi sono proposto per creare un Cristo da collocarci e l’amministrazione ha subito accolto la mia offerta. Devo ammettere che lì per lì ho pensato di aver fatto il passo più lungo della gamba, anche perché volevo creare una scultura che fosse della stessa

Il Cristo del Summano compie trent’anni

In questi giorni la scultura in acciaio in cima al monte che domina l’Alto Vicentino, creata dall’artista maranese Giorgio Sperotto, festeggia il compleanno tondo: nel 1993 fu installata in cima al monte, frutto di 400 ore di lavoro.

grandezza della croce: un Cristo che non sparisse nel cemento, ma che lo vincesse. Un Cristo della resurrezione e non della morte. Ho pensato che l’ultima cosa che un escursionista affaticato volesse vedere arrivato alla cima del monte fosse un Cristo vinto dalla morte e dalla fatica: serviva un’opera carica di speranza, forza, energia”. Perché un Cristo con il braccio alzato? E perché proprio l’acciaio?

“La mano alzata del Cristo ha un doppio singnificato. Da un lato rimanda al suono del nome della montagna, Sum-Mano, dall’altro ricorda un Cristo che si libera dalla morte e dal dolore alzando il braccio al cielo in segno di vittoria e tensione a qualcosa di superiore.

Ho usato l’acciaio per più ragioni. È un materiale che non solo mi ha consentito di assemblare un’opera relativamente più leggera di un unico immenso pezzo di legno, ma che è anche tipico delle lavorazioni della zona industriale che si estende tra Schio e Santorso e che la croce guarda di fronte. L’acciaio con cui è costruito il Cristo nasce dallo scarto delle lavorazioni industriali e riflette la luce dei tetti dei capannoni che sovrasta. È il simbolo luminoso della possibilità di ciascuno di noi di rialzarsi dalle fatiche quotidiane e di guardare in alto, a prescindere da qualsiasi fede più o meno professata”.

Chissà che emozione quando è stato collocato sulla cima.

“Più che emozione, una vera e propria tensione. All’inizio non avevamo preventivato di portarlo su in elicottero, ma era troppo pesante per qualsiasi altro mezzo. Vedevo

questo Cristo immenso calato dall’alto e pregavo che le misure prese fossero corrette: le ho aggiustate fino all’ultimo giorno, anche perché erano del tutto empiriche. Ho dovuto abbassare un braccio all’ultimo e alla fine la testa è risultata meno infossata di quello che avevo previsto, ma alla fine il risultato è stato sorprendente. Avevo sempre visto l’opera stesa su un pavimento di un capannone e vederla lì, in piedi, è stata una grande emozione. L’espressione del Cristo è più enigmatica di quello che avevo pensato all’inizio, avevo cercato di renderlo il più sorridente possibile. Ora ciascuno può leggere nel suo volto ciò che sente nel cuore, è un’opera di tutti. Per anni mi sono chiesto perché proprio io ne sono stato il creatore, ma alla fine sono cose meravigliose che accadono a chi prova a osare”. Che messaggio trasmette la sua opera dopo 30 anni dalla sua posa?

“Negli anni il Cristo del Summano ha ricevuto elogi e critiche. Ad alcuni piace molto, altri, che magari ne conoscono meno la storia e le difficoltà tecniche di realizzazione, lo apprezzano meno. Mi diverto ancora a salire sul Summano e ascoltare i commenti di chi si ferma alla sua base: in un modo o nell’altro, suscita sempre reazioni ed emozioni. Io spero rimanga il simbolo di un’umanità capace di rialzarsi dopo grandi cadute, di resistere e di trovare pace dopo la tempesta. In trent’anni la storia di quest’opera si è intrecciata a quella delle persone che l’hanno visitata ed è giusto così: l’artista la crea, ma sono poi le persone che ne fruiscono ad attribuirle il significato che sentono più vicino alla propria sensibilità”. ◆

[12] ◆ SchioMese
L’artista Giorgio Sperotto al lavoro

Il negozio è chiuso? No, è closed

anco francese e più educassiòn” si rispondeva durante il ventennio a uno che ti avesse detto “Pardon”, magari dopo averti involontariamente dato una piccola spinta.

A quel tempo c’era anche l’autarchia linguistica: non è stata questa che ci ha portato alla rovina, ma l’autarchia universale. Noi potevamo fare da soli e non avevano bisogno di nessuno. Se ci si trovava a corto di materie prime, si convincevano i sudditi del reame a donare l’oro o il rame alla patria e così, alla fine della corsa, la gente si trovava senza la fede di matrimonio al dito, ma anche senza le pentole per cucinare. Con tutto questo abbiamo perso malamente la guerra.

Al giorno d’oggi se fuori da una bottega è scritto “Closed”, come capita poco distante da casa mia, è difficile pensare che voglia dire “Aperto”. È un inglese che capiscono tutti, anche quelli che come me a scuola hanno studiato il francese, che sarebbe stato l’inglese (cioè la lingua comune) di molti decenni fa. Qualche volta però si eccede nell’uso dell’inglese (per un senso di inferiorità nei confronti della perfida Albione?),

senza considerare che il primo imperativo in una vita di relazioni sarebbe quello di capire e di farsi capire.

Mi è capitato, prima della pensione, di partecipare ad un corso, nel quale il relatore diceva più parole in inglese che in italiano, con il risultato che io (non so gli altri) non capivo quasi niente. Ho alzato la mano e ho chiesto se per piacere poteva parlare in italiano, che così avrei capito anch’io. Mi ha guardato, mi pare, con un certo disgusto e però ha cercato di moderare un po’ i termini inglesi, ma si capiva che gli veniva naturale parlare così, come se quella fosse stata la sua lingua materna: mezza in italiano e mezza in inglese.

Forse questi sono tutti segnali che stiamo andando effettivamente verso una lingua comune, che quasi sicuramente sarà l’inglese e non l’esperanto come avrebbe voluto l’ottimo maestro Trambaiolo, unico scledense che negli anni settanta/ottanta era cultore di questa strana lingua. Lui, senza pretendere niente in cambio, l’avrebbe insegnata anche ad altri, se solo qualcuno gli avesse dimostrato un minimo di interesse. E invece zero.

Però mi sono sempre chiesto quale sia la molla che spinge a dire o scrivere in ingle-

Schio torna “Manchester d’Italia”

Interessante l’iniziativa, promossa da due giovani, Tullia Mantella di Schio ed Elena Deganello di Piovene Rocchette (Progetto Ophélie), che per il pomeriggio di domenica 24 settembre hanno pensato di organizzare un evento storico-cultura-

le rivolto a tutti gli appassionati di storia locale d’inizio ‘900, per far rivivere atmosfere d’epoca con una rievocazione storica che riporterà la nostra città all’epoca d’oro dell’industria laniera.

“Schio, la Manchester d’Italia” è una manifestazione nata nell’ambito di Space Invaders ed è stata accolta molto positivamente dall’amministrazione comunale, che l’ha inserita nel weekend dedicato anche alla mostra delle orchidee. Personaggi in costume, letture, visite guidate, arie d’opera, degustazioni basate su ricette originali animeranno le vie del centro e i luoghi rossiani per eccellenza, in particolare il Giardino Jacquard, il parco della Fabbrica Alta e l’area adiacente al Teatro Civico.. ◆

se una cosa, quando sarebbe più chiara se detta o scritta nella lingua che sicuramente tutti (chi più chi meno) conoscono. È pur vero che c’è la necessità che anche in Italia la gente cominci a imparare l’inglese, come hanno già fatto quasi tutti i paesi europei, ma bisogna anche che le informazioni di base vengano fornite in una lingua comprensibile a tutti.

Alla stessa stregua non mi sembra una buona idea pretendere che i vecchi, per avere i servizi di base (sanità, banche ecc.), debbano fare complicate operazioni informatiche, secondo il principio che oggi sembra prevalere: “Chi può si faccia aiutare, chi non può si arrangi”.

Venerdì 22 a Torrebelvicino c’è “Caccia al sindaco”

Venerdì 22 settembre sarà presentato a Torrebelvicino (Villa Valle, ore 20.30) l’ultimo romanzo di Stefano Tomasoni, “Caccia al sindaco” (Piazza Editore). La storia racconta una rocambolesca campagna elettorale per l’elezione del primo cittadino in un immaginario comune del Vicentino, all’interno del quale si muove un caleidoscopio di personaggi tra cui un intraprendente impresario funebre, un professore che traduce Leopardi in dialetto, un preside indipendentista, una sindacalista di lungo corso, un avvocato napoletano che mette in moto una piccola rivoluzione politica locale.

All’incontro a Villa Valle sarà presente anche il sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai.

[14] ◆ SchioMese
VISTO

Si avvicina la fine dell’estate e iniziano i primi bilanci della stagione commerciale e turistica scledense. Quest’anno il centro è stato piuttosto animato: musica, festival ed eventi hanno vivacizzato il cuore cittadino, con una buona risposta da parte degli abitanti dell’Alto Vicentino. Dappertutto, però, si è notato l’aumento generalizzato dei prezzi legato all’inflazione, che ha fatto salire sia i listini di bar e ristoranti, sia i prezzi dei beni venduti nei negozi.

Una stagione positiva

“Quella del 2023 è stata un’estate valida, anche se è un po’ presto per tracciare un bilancio definitivo - spiega Guido Xoccato, presidente del mandamento scledense di Confcommercio -. Il centro storico cittadino si è caratterizzato per un’apprezzabile vivacità, frutto del buon coordinamento tra Confcommercio, l’associazione Cuore di Schio e l’amministrazione comunale. Si è lavorato bene e i risultati sono soddisfacenti, grazie anche a proposte culturali e festival che hanno animato alcuni dei luoghi simbolo di Schio. Bisogna riconoscere lo sforzo degli ultimi anni da parte di operatori, associazioni e professionisti: la carne al fuoco non è mancata e questo ha reso Schio una città gradevole e godibile anche nel periodo estivo. Ad agosto, poi, nonostante il fisologico calo delle presenze legato alle vacanze, la città non si è completamente svuotata: parecchi concittadini sono rimasti in zona, magari preferendo qualche weekend fuori porta alla settimana intera di vacanze, e questo ha fatto sì che si lavorasse discretamente anche in un mese solitamente abbastanza sottotono”.

“I pubblici esercizi sono stati protagonisti importanti di questa stagione - interviene Renato Cumerlato, vicepresidente Confcommercio Schio e capocategoria proprio dei pubblici esercizi -. In particolar modo il mese di luglio è andato molto bene: bar e locali si sono coordinati con una serie di iniziative che hanno tenuto vivo il centro, dagli aperitivi musicali in Piazza Almerico agli eventi che hanno pedonalizzato via Carducci fino alla musica in Piazzetta Garibaldi. Le persone hanno apprezzato queste iniziative e hanno premiato l’impegno degli esercenti con una partecipazione più che buona”.

“Anche per quanto riguarda i saldi - continua Xoccato - possiamo dire che questo

L’estate dell’inflazione: bene il commercio, ma i prezzi aumentano

Per il commercio, e in complesso per la vitalità cittadina, quella che si chiude è risultata un’estate che gli stessi negozianti definiscono positiva e vivace. I prezzi, però, spinti dall’inflazione, sono aumentati un po’ dappertutto. Lo si vede chiaramente nei listini di bar e ristoranti e nei cartellini dei beni in vendita nei negozi.

2023 non ha deluso. Siamo sui livelli del 2022, la Confcommercio nazionale stima lo stesso volume d’affari, se non un leggero calo. Quando parliamo di saldi a Schio ci riferiamo soprattutto al comparto abbigliamento e calzature: venivamo da una primavera piuttosto fredda dove gli acquisti erano stati un po’ frenati dalle condizioni metereologiche. Molti negozianti si sono trovati prima dei saldi con magazzini ancora molto ben forniti e i consumatori hanno avuto una scelta più varia del solito. Per un rendiconto accurato della stagione dovremo aspettare i dati del consueto ‘Sbaracco’, ma al momento la stagione, se anche non è stata prorprio entusiasmante, si è comunque mantenuta su buoni volumi”.

Prezzi aumentati, in linea con l’inflazione

Gli scledensi hanno quindi continuato a spendere, nonostante l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di consumo che ha fatto alzare anche il costo dello spritz, il drink sacro del veneto medio. Per dirne una, c’è chi ci ha segnalato, in centro, un “drink della casa” non particolarmente elaborato pagato 7 euro.

“Quello dell’inflazione è un discorso impegnativo - esordisce Xoccato -. Il ritocco dei prezzi da parte dei commercianti e dei titolari di pubblici esercizi è stato fisiologi-

co. I costi delle materie prime e dell’energia sono aumentati (luce, gas, benzina), cosa che ha fatto aumentare anche i costi delle forniture delle materie prime per la nostra categoria. L’aumento medio che va dal 5 al 10% è purtroppo giustificabile in questo modo. Senza contare che i colleghi che abitualmente aprono fidi bancari per acquisti anticipati – penso ad esempio ai negozianti che comprano merce stagionale, come possono essere i vestiti estivi - si sono trovati a sostenere tassi di interesse più alti. Per non parlare di chi sta pagando le rate del mutuo magari a tasso variabile dei muri dei locali dove ha la propria attività”. “Concordo in toto - fa eco Renato Cumerlato -. Gli aumenti ci sono indubbiamente stati, ma contenuti e legati all’inflazione, soprattutto nelle nostre zone dove il rapporto con il cliente è di tipo fiduciario e dura tutto l’anno. Se in alcune località balneari certi esercenti alzano i prezzi senza alcuna giustificazione, tanto da finire sui giornali, è perché lavorano sulle quantità e sul ricambio, sono colleghi per i quali i clienti sono numeri. Peccano di scarsa professionalità: il nostro mestiere è essere al servizio con cura e attenzione, per cui nella mia visione non solo mi aspetto che tu non mi faccia pagare un toast tagliato a metà, ma pure che mi servi un bicchiere d’acqua assieme al caffé per gustarlo al meglio”. → pag. 18

Foto Associazione Cuore di Schio [16] ◆ SchioMese Attualità

Attualità

← pag. 16 “Hanno fatto grande scalpore sulla stampa nazionale alcuni atteggiamenti commerciali perlomeno discutibili - aggiunge Xoccato -. Atteggiamenti che nel nostro territorio non sono diffusi e che, se accadono, vengono puniti dagli acquirenti. Le nostre sono comunità dove operano negozi generazionali, dove la clientela è conosciuta e si presenta tutto l’anno: provocazioni commerciali di questo tipo, con aumenti spropositati non giustificabili, avrebbero solo l’effetto di allontanare il cliente, senza avere quel ricambio garantito da grandi città o località turistiche dove c’è sempre qualcuno di nuovo che ti entra in negozio. A mio modesto avviso, il vero problema non è tanto l’inflazione, ma la restituzione del poter d’acquisto alle famiglie. Abbiamo avuto periodi storici, penso agli anni ’80, dove l’inflazione galoppava, ma le persone potevano continuare a permettersi di spendere perché salari e servizi pubblici consentivano da un lato di far fronte agli aumenti e dall’altro di avere molte prestazioni gratuite o a basso costo. Questo meccanismo si è inceppato, per cui

la questione non è tanto lo spritz che costa magari un euro in più, quanto i costi lievitati legati ai mutui della casa o agli asili per i bambini”.

Timidi segnali dal turismo

In questa estate 2023 si sono pure registrati nuovi ingressi turistici, anche se non possiamo ancora dire che la nostra città sia una destinazione importante da questo punto di vista.

“C’è fermento - afferma Marco Fiori, direttore dello Schio Hotel -. Anche se il nostro è un business hotel e il turista fai da te è una tipologia di cliente che trattiamo meno, abbiamo visto che le cose iniziano a muoversi. Si sta lavorando per rendere la città più attrattiva, soprattutto dopo l’esperienza di Schio Città dello Sport 2023: abbiamo impianti sportivi di ottimo livello e possiamo attirare gruppi nazionali e internazionali. Anche l’aver tolto la tassa di soggiorno è un segnale dell’impegno amministrativo in questo senso. Abbiamo però notato, trattando prevalentemente una clientela business che rimane tra la tipologia di “turisti” più presenti in città, che i soggiorni si stanno via via contraendo, non tanto perché le presenze siano inferiori, ma perché il tempo di permanenza

viene ridotto all’osso. Manager e personale operativo vengono fatti viaggiare per meno notti possibile, tagliando così i costi, concentrando il loro lavoro su un numero inferiore di giornate”.

In questo modo, persone che arrivano a Schio per motivi lavorativi hanno meno modo di apprezzare la città e i dintorni e sono meno portati a tornare per motivi di piacere o per passare un po’ di tempo sulle colline o sulle montagne attorno al centro.

Negli ultimi anni, in ogni caso, si è operato molto per posizionare Schio e il territorio come destinazione turistica alternativa, legata a una fruizione lenta. Pubblico e privato hanno iniziato a coordinarsi per promuovere siti e paesaggi di un’Italia meno conosciuta e pubblicizzata, ma che può regalare esperienze e soggiorni autentici. C’è ancora molto lavoro da fare, soprattutto in termini di accoglienza e apertura verso chi proviene da fuori, ma il sentiero è tracciato: le prossime estati potrebbero vedere la presenza in città di più persone “foreste”. L’importante è farsi trovare pronti, senza scadere in quegli atteggiamenti da spenna-turisti che si sono visti nelle località della penisola tradizionalmente più frequentate. ◆

[18] ◆ SchioMese

SchioMese

Cultura e spettacoli

avevamo brevemente annunciato nel numero di luglio: il 2023 è già stato ricco di riconoscimenti per Schio Teatro 80, la più longeva e sempre attiva associazione teatrale cittadina, che ha fatto incetta di premi sia a Pistoia che a Brescia, in prestigiosi concorsi nazionali. Da quest’anno Schio Teatro 80 è una ”associazione di promozione sociale”, conta ben centotrentotto aderenti e risulta così tra le più numerose compagini amatoriali italiane. Si impegna in cinque sezioni: la produzione di spettacoli, che oggi ha un repertorio di una decina di opere, replicate una ventina di volte all’anno in tutta Italia; una scuola permanente di recitazione, La Bottega del Teatro, rivolta a tutte le età; un centro di studi teatrali, il Teatroforum Giovanni Calendoli, per l’organizzazione di seminari e corsi di formazione; una sezione, Skené, per la divulgazione in chiave moderna del teatro classico; Schiofestival, oggi dedicato solo alla funzione pratico-organizzativa di eventi teatrali.

“Mio padre Antonio – dice il regista Paolo Balzani – con Giovanni Calendoli ha sempre avuto una grande attenzione per la for-

A Piacenza una targa per il partigiano Graziani

Domenica 30 luglio a Rocca d’Olgisio (Piacenza)

è stata posta una targa alla memoria del partigiano scledense

Giovanni Battista Graziani, che alla fine di novembre del ‘44, dopo il rastrellamento nazista della Val Tidone, riuscì a fuggire con un compagno piacentino, Vincenzo Pesatori; rimasero feriti entrambi perché furono raggiunti dal fuoco nemico: Pesatori morì subito, mentre Graziani, operato d’urgenza nell’ospedale di Borgonovo, spirò il giorno dopo. Fu sepolto prima a Borgonovo ma poi, su richiesta della famiglia, la salma fu traslata e ora riposa nel Sacrario Militare di SS.Trinità.

La sua vicenda è stata ricostruita dallo storico locale Ugo De Grandis, presente a luglio a Rocca d’Olgisio con una delegazione Anpi di Schio, nel volumetto “Sulle tracce di un caduto per la libertà”. [M.D.Z.]

Quanti giovani a Schio Teatro 80

Da quest’anno Schio Teatro 80 è una ”associazione di promozione sociale”, conta ben centotrentotto aderenti e risulta così tra le più numerose compagini amatoriali italiane, e tra quelle con il maggior numero di nuove leve.

mazione dei ragazzi e il fatto che la nostra compagnia, nonostante i suoi 43 anni, sia in Italia una di quelle con gli interpreti più giovani, fa capire quanto quell’attenzione fosse lungimirante. Dopo il trauma del Covid temevo che le ferite fossero state così profonde da allontanare i ragazzi dal teatro, invece constato in chi vuol recitare un maggiore desiderio di rompere le barriere della solitudine”.

Schio Teatro 80 ha avuto finora poche occasioni di esibirsi nel teatro storico cittadino, anche se la compagnia di sente comunque fortemente appoggiata dall’attuale assessorato alla cultura, che dimostra di apprezzare e sostenere l’operato dell’associazione.

“Fin dalla fondazione - continua Balzani –il nostro statuto aveva tra i suoi obiettivi quello di sensibilizzare alla ricostruzione del Civico, che in origine aveva un fortissimo legame con la cittadinanza. A mio avviso, oggi quel legame popolare si è perso, ma stiamo lavorando con l’assessorato per cercare di recuperarlo. Negli ultimi tempi,

grazie al Comune di Schio, i saggi di fine anno dei nostri giovani si sono fatti al Civico, che era pieno.”

Quando chiediamo a Paolo Balzani un pensiero su suo padre, si lascia andare ai ricordi, con qualche venatura polemica. “L’esperienza e la cultura teatrale che aveva erano enormi – asserisce - e le ha volute mettere a disposizione della sua città, che amava profondamente. Una generosità, la sua, non sempre bene accolta; nonostante la delusione della chiusura di Schiofestival, ebbe la gioia, poco prima di morire, di vedersi recapitare sul letto d’ospedale una targa che attestava la prima vittoria di Schio Teatro Ottanta a un concorso di teatro nazionale: la regia non era sua, ma quella vittoria ad Arezzo, come tutte le numerose altre che sono seguite, era frutto di ciò che lui aveva insegnato”.

Attualmente Schio Teatro Ottanta prosegue la sua strada e ha due opere in cantiere: “Alcesti o la recita dell’esilio”, di Giovanni Raboni e “Il malinteso” di Albert Camus. ◆

Bonato al “Piccolo” di Milano

Il Piccolo Teatro quest’estate ha ospitato un concerto con musiche di Giovanni Bonato, nell’ambito della prestigiosa stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Il compositore scledense si è liberamente ispirato a testi sui nativi americani. Valido e preparato, per il repertorio particolare che era chiamato a dirigere, il direttore Francesco Bossaglia ed eccezionali le doti vocali, tecniche ed espressive della cantante estone Iris Oja, con cui il maestro Bonato aveva già avuto modo di collaborare nel 2016, con un brano dedicato alla Gran-

de Guerra. Molti applausi per gli esecutori e per l’autore, presente in sala. ◆ [M.D.Z.

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Cultura e spettacoli

La stagione 2023/2024 di Schio Grande Teatro, realizzata dalla Fondazione Teatro Civico in collaborazione con il Comune, è pronta ad accogliere gli spettatori. A partire dal 4 ottobre, e fino al 14 maggio, saranno 29 gli appuntamenti che porteranno il teatro, la musica e la danza del panorama nazionale sui palcoscenici scledensi. Una stagione artistica che vedrà alcuni grandi ritorni tra cui Andrea Pennacchi, Natalino Balasso e Gabriele Vacis, profondamente legati al pubblico di Schio, accanto ad artisti poliedrici del calibro di Elio e Neri Marcorè.

Nel programma non mancano anche gli appuntamenti dedicati ai classici e ai nuovi linguaggi con un “Cirano de Bergerac” in versione rap del regista pluripremiato Leonardo Manzan, e la tragedia “Antigone”, portata in scena dai giovanissimi attori di PEM. Tornerà anche la rassegna Schio Musica, che ospiterà sul palco solisti, ensemble e orchestre per cinque serate, tra grande tradizione sinfonica e nuova sperimentazione.

Anche il cartellone teatrale darà ampio spazio alla musica, con il tributo a due cantautori che hanno segnato la cultura musicale italiana: Enzo Jannacci e Fabrizio De André; ci saranno pure diversi spettacoli di teatro-canzone che intrecceranno la profondità della parola con il potere della musica dal vivo. Infine, Schio Teatro Popolare proporrà tre appuntamenti da non perdere, all’insegna della leggerezza. Le domeniche pomeriggio saranno invece dedicate a bambini e famiglie, con 6 spettacoli delle migliori compagnie di teatro-ragazzi italiane.

A completare il programma anche qualche fuori abbonamento: per grandi e bambini

Fondazione, la stagione conta fino a 29

e

arriverà al Teatro Civico la compagnia canadese Machine de Cirque, poi ci sarà “Il Signor C.” di Stivalaccio Teatro, la grande musica con l’Orchestra del Teatro Olimpico e l’atteso Concerto di Capodanno.

La Fondazione e il Comune danno vita anche a una nuova rassegna, Schio Civico Aperto, in collaborazione con le realtà del territorio: per cinque giorni si avvicende-

Saviano, l’evento culturale dell’estate

Non c’è dubbio che l’evento culturale dell’estate scledense sia stato l’incontro del 29 luglio al Civico con Roberto Saviano, arrivato a Schio per presentare il suo ultimo libro, “Solo è il coraggio”, sulla figura di Giovanni Falcone. La serata, patrocinata dal Comune e organizzata da SchioLife, Scoppiospettacoli, Masiera Academy, CPC Inox e Rivit, è stata introdotta da una significativa lettera della senatrice a vita Liliana Segre alla città.

Inconfondibile lo stile di Saviano, affidato

completamente alla parola e a poche immagini di supporto, e ovvie le frecciate alla Rai che giusto in quei giorni aveva sospeso il suo programma, già precedentemenete registrato. Alquanto popolare (solo 5 euro) il prezzo del biglietto: il ricavato della serata è andato in beneficenza. A fine presentazione Saviano si è intrattenuto a lungo per autografare i suoi libri; peccato per i cittadini che non hanno potuto accedere al teatro, che conta circa cinquecento posti: con tutta probabilità ce ne sarebbero voluti altrettanti. ◆ [M.D.Z.]

ranno sul palco Domus Danza, Orizzonte Danza, Le Ore Piccole, Schio Teatro 80 e Accademia Musicale. La collaborazione con SchioLife porterà al Civico, per il British Day, domenica 8 ottobre, “Il Mercante di Venezia”, musical della compagnia Innuendo, ispirato all’omonima commedia di Shakespeare.

Campagna abbonamenti al via il 4 ottobre. ◆

Fino a maggio saranno appunto 29 gli appuntamenti che porteranno teatro, musica danza sui palcoscenici scledensi. Una stagione con ritorni importanti tra cui Andrea Pennacchi, Natalino Balasso e Gabriele Vacis.
[22] ◆ SchioMese
Foto Mattia Venturi La compagnia canadese Machine de Cirque sarà al Civico nell’ambito della stagione

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