SchioMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIII n. 124 - luglio 2024
Un allenatore scledense alle Olimpiadi - p.10 ◆ Se un giorno d’estate arriva un turista - p.14
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIII n. 124 - luglio 2024
Un allenatore scledense alle Olimpiadi - p.10 ◆ Se un giorno d’estate arriva un turista - p.14
Cristina Marigo ha scelto in questi giorni la giunta che la affiancherà per i prossimi cinque anni. “Il nostro metodo è quello di fare un passo dopo l’altro. Quello che ci ha caratterizzato in questi anni, e che vorrei continuasse a farlo, è il ragionare sui temi. Non abbiamo mai chiuso le porte a un ragionamento fatto insieme.
SStefano Tomasoni
chio ha il primo sindaco donna della sua storia. Diciamolo, è un po’ sconsolante dover ancora sottolineare aspetti come questi, però dopo quasi 150 anni di colleghi maschi, l’elezione di una donna alla carica che dà accesso all’ufficio centrale di palazzo Garbin è oggettivamente una notizia. Il fatto positivo è che dalla prossima volta non lo sarà più. Anzi, se è inevitabile che Cristina Marigo passi alla storia fin d’ora per questa annotazione di genere, toccherà un giorno alla futura seconda sindaca donna, quando accadrà, rendere definitivamente “normale” e non più eccezionale questo passaggio politico. Intanto, c’è da vedere all’opera questa nuova squadra. A proposito di genere, la giunta Marigo nasce nel segno della parità assoluta: quattro uomini e quattro donne, sindaca compresa. Con una sfumatura che vira più al rosa, a dirla tutta, considerato che la vicesindaca adesso è Barbara Corzato, che lascia la cultura per prendere sviluppo economico, turismo e comunicazione. Confermati anche Aldo Munarini (e qui va detto che non abbiamo memoria di asses-
Supplemento mensile di Lira&Lira
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sori che, dopo dieci anni, vengono confermati allo stesso incarico da un altro sindaco) e Alessandro Maculan all’ambiente e ai temi collegati. Le novità sono quattro: Marco Gianesini alla cultura (negli ultimi cinque anni ha avuto il ruolo di portavoce di Orsi), Milva Scortegagna a istruzione e giovani, Giorgio Marchioro a urbanistica e lavori pubblici, Chiara Parise a bilancio, tributi e società controllate. Una giunta con una prevalenza professionale di avvocati (Marigo e Gianesini) e insegnanti (Maculan, Marchioro e Scortegagna). Ora dunque che la giunta è formata e operativa e che le bocce sono ferme, possiamo definitivamente mandare in archivio questi ultimi sei lunghi mesi di campagna elettorale, con alcune osservazioni finali. L’esito del ballottaggio, innanzitutto. Al secondo turno Marigo ha prevalso con il 57% dei consensi contro il 43% del contendente, Cristiano Eberle. In termini assoluti, più di 2 mila voti di scarto. Per quanto ci riguarda – visto che nel numero scorso avevamo segnalato che l’esito del primo turno era stato quasi uguale alle nostre previsioni – corre l’obbligo di dire che dalle urne del ballottaggio avevamo previsto sì la vittoria di Cristina Marigo, ma con un divario non così netto: ci eravamo tenuti più bassi, ossia su un 53 a 47. Evidentemente, l’elettorato che al primo turno si era espresso per Alex Cioni, al secondo non si è tirato indietro se non in piccola parte ed è tornato alle urne per scegliere, come prevedibile, il candidato meno lontano dal proprio sentire. Non sappiamo se, prima di questo doppio turno di voto, nel centrosinistra c’era davvero la convinzione di riuscire a battere Marigo o se c’era piena coscienza della difficoltà dell’impresa. Probabilmente l’una e l’altra cosa: sia un sano realismo che una legittima speranza. Nel complesso ci sembra che lo schieramento che ha sostenuto Eberle possa anche ritenersi soddisfatto così. Consapevole che il candidato sindaco non aveva le caratteristiche empatiche di un comunicatore nato, ha sopperito “scaldando” il proprio elettorato con originali iniziative di mobilitazione e ha portato a casa un risultato che può costituire
un buon lascito per la prossima volta (per quanto sia da mettere in conto che fra cinque anni Marigo andrà in cerca del secondo mandato, e di solito dalle nostre parti un sindaco in carica, a meno che non abbia fatto disastri, viene rieletto).
Dal canto suo, lo schieramento Marigo è andato avanti per la sua strada con la fiducia dei favoriti. Nemmeno la neosindaca, per carattere e indole, è una campionessa di comunicazione, ma lo slogan scelto per condurre la campagna elettorale – “La scelta concreta” – è riuscito a mettere in ombra questo aspetto e ha puntato tutto sul valore aggiunto della candidata, appunto la concretezza e l’esperienza. Una scelta che, a guardare i numeri, è risultata efficace. L’esito finale, dunque, è stato chiaro. Purtroppo, quello che è altrettanto chiaro, ancora una volta, è il preoccupante tasso di astensionismo registrato anche, anzi soprattutto, in occasione della scelta finale tra i due candidati. Se al primo turno aveva votato il 55% degli aventi diritto, al ballottaggio si è scesi poco sopra il 46%. Che al secondo turno vada a votare un numero minore di elettori del primo è ormai fisiologico, succede sempre, soprattutto quando due settimane prima s’era votato anche per un’altra causa, nello specifico per le Europee. E tuttavia il fatto che meno di uno scledense su due abbia sentito il bisogno di andare ai seggi per scegliere tra le due persone che si sono messe in gioco per governare la città è qualcosa che si fatica a digerire. È il segno di uno scollamento tra la gente e le istituzioni ancora più problematico di quanto fin qui pensato. Perché ci si può sentire distanti, delusi o non rappresentati dalla politica nazionale o da quella europea, ma disinteressarsi del processo di scelta di chi va ad amministrare la propria città è qualcosa di più, è un campanello di allarme che suona più forte e a fronte del quale non è ancora chiaro quali possano essere le contromisure.
Detto questo, due parole è giusto dirle anche su quello che s’è visto nel corso di questa campagna elettorale.
Era cominciata bene – con l’interessante novità dei due eventi pubblici di presen-
tazione dei candidati, le due “mini-convention” organizzate all’Oasi Rossi per la campagna di Eberle e alla Gps per quella di Marigo – ma non è proseguita sempre nel migliore dei modi, lasciando spazio in più di qualche occasione a scelte di comunicazione discutibili. In particolare, il terreno dei social è stato, come del resto era inevitabile, quello nel quale si è prodotta la quasi totalità degli eccessi polemici e qualche caduta di stile. Per restare equidistanti, citiamo soltanto un esempio per parte. Per quanto riguarda lo schieramento Eberle non ci è piaciuto per niente il video nel quale si vedeva una ragazza che arrivava a Schio in treno e “andava in cerca” di tutta una serie di negatività, di delusioni, di edifici chiusi o strutture malfunzionanti: se l’obiettivo era quello di criticare l’amministrazione uscente, il risultato ci è parso quello di aver denigrato inutilmente, all’esterno, la città tutta.
Nello schieramento Marigo, invece, ci sono parsi quantomeno esagerati i toni usati nell’ultima uscita pubblicitaria, sotto ballottaggio, proprio su questo nostro mensile, con il confronto tra il candidato che avrebbe portato Schio “verso il futuro”, rappre-
sentato da uno scattante giaguaro, e quello che avrebbe riportato la città “alla preistoria”, dipinto come un dinosauro.
L’abbiamo già scritto, ma lo ripetiamo: se da una parte si va avanti con slogan della serie “dieci anni buttati” e dall’altra si entra nel mood del “dopo di noi il diluvio” si fa in entrambi i casi un torto all’intelligenza dei cittadini. E si finisce anche per alimentare quel clima di divisione e di contrapposizione ideologica che sta diventando purtroppo un ingrediente di base della vita politica e sociale italica, ma che sarebbe stato meglio se non avesse contagiato anche Schio, perché lascia in eredità un clima di diffidenza reciproca che non è detto riesca poi a stemperarsi rapidamente.
Confidiamo che il buon senso consenta a tutti di capire che una volta finita la competizione elettorale, sia chi ha vinto che chi ha perso ha il dovere di fare tabula rasa delle scorie lasciate dai mesi di campagna elettorale e di impegnarsi pensando a quel che è bene per la città.
Una specie di “scurdammuce ‘o passato, simm ’e Napule paisà”. Se si preferisce: desmenteghèmose del passà, semo a Schio tusi. ◆
CStefano Tomasoni
hiamiamo in Comune per prendere appuntamento per questa intervista e chiediamo la disponibilità della nuova sindaca. La voce della storica segretaria dei primi cittadini scledensi, Nerina Canale, corregge prontamente: “Il sindaco”. Lei preferisce così, precisa. Buono a sapersi. Il giorno dopo, arrivando per l’intervista, sentiamo la segretaria che sta parlando al telefono con qualcuno: “Buongiorno, le passo il sindaco, l’avvocato Cristina Marigo”. E allora, a questo punto, l’intervista con la prima donna con la fascia tricolore a Schio, inizia da qui. Abbiamo capito che preferisce essere chiamata “il sindaco”, piuttosto che “la sindaca”. Qualcuno potrebbe accostarla a Giorgia Meloni, che appena arrivata a palazzo Chigi ci tenne a chiarire di preferire la formula “il presidente del consiglio”. (sorride) “No, ho chiarito fin da subito che non sono io che mi chiamo, sono gli altri. Se qualcuno preferisce chiamarmi sindaca, non mi dà certo fastidio, non ho preclusioni di nessun tipo. Il valore delle persone e il tema della parità di genere possono trovare un aiuto anche nelle parole, però credo che quello che conta è la sostanza. E la sostanza per me sta nel fatto che la parità di genere si gioca sul lavoro: quello sì che è un tema importante su cui impegnarsi”.
Nel numero scorso, in tempo di ballottaggio, avevamo chiesto ai due candidati le priorità dei primi 100 giorni. Intanto ne sono passati una ventina: qual è stato l’impatto?
Cristina Marigo ha scelto in questi giorni la giunta che la affiancherà per i prossimi cinque anni. “Il nostro metodo è quello di fare un passo dopo l’altro. Quello che ci ha caratterizzato in questi anni, e che vorrei continuasse a farlo, è il ragionare sui temi. Non abbiamo mai chiuso le porte a un ragionamento fatto insieme.
“In questa prima fase si è trattato di occuparsi di aspetti pratici come la nomina di alcuni Cda che erano scaduti, o come attività legate al maltempo di questi mesi, ma anche ad esempio le pratiche per i collaudi relativi alla Commissione luna park”. Il sindaco si occupa anche del collaudo del luna park?
“Adesso sì, perché non essendo stata ancora assegnate le deleghe ai consiglieri o ad altri, c’è tutta una serie di attività, ordinarie ma necessarie, che ricadono su di me. Inizialmente, comunque, gli aspetti più importanti sono quelli che riguardano i rapporti con gli enti, le società partecipate, il consorzio di polizia locale. È stato anche importante approfondire la conoscenza con i nuovi sindaci del territorio. Tutte cose che richiedono tempo, impegno, relazioni”. Cosa le è passato per la testa la prima volta che è entrata nell’ufficio del sindaco rendendosi conto che adesso la sedia dietro alla scrivania era per lei?
“Mi ha fatto un po’ specie. Fino a quel momento ero sempre andata lì per incontrare il sindaco. Entrare e sedermi dall’altra parte della scrivania è stata una cosa indubbiamente particolare, mi sono un po’ forza-
ta per riuscire a farlo... Comunque, mi sono trovata subito a mio agio”.
Ma la figura di Valter Orsi, adesso consigliere comunale e dunque ancora dentro la “macchina”, non sarà ingombrante, quantomeno per i primi tempi? Che ruolo potrà assumere in questa nuova fase politica?
“Ho sempre detto che per me Orsi non è ingombrante. Credo sia dovuto anche al mio carattere: non soffro di personalismi, penso sempre che ciò che una persona riesce a mettere in gioco lo dimostra sul campo, non ho bisogno di far fuori nessuno. Anzi, il passaggio di consegne con Valter per me è un valore aggiunto. Poi ho la fortuna di conoscere la struttura comunale, le persone che ci lavorano, e questo semplifica le cose, nella conoscenza della struttura, del modo di operare e dei meccanismi della pubblica amministrazione.
Senta, “voliamo alti”: di cosa ha bisogno Schio per i prossimi anni? Non nel senso di una singola opera o intervento, ma in senso più generale, di metodo…
“Ha bisogno di continuare a tenersi in contatto con tutte le realtà sovracomunali, con gli altri enti locali, con il resto del mondo, per poter crescere. Tutti i sindaci hanno bi-
sogno di continuare a lavorare insieme in ottica di area vasta, è l’unico modo per realizzare politiche incisive per un territorio che non può essere solamente quello del proprio comune. Insomma, Schio ha bisogno di continuare ad aprirsi e a crescere. Da questo punto di vista anche il rapporto con le associazioni di categoria è importantissimo. Dobbiamo anche continuare a lavorare su temi cruciali come la formazione e il problema abitativo, che è sentito tantissimo”.
A cosa si riferisce?
“Al fatto che c’è un blocco degli affitti che colpisce tutti trasversalmente. Ci sono famiglie che si trovano a subire uno sfratto, che magari hanno due stipendi e contratti a tempo indeterminato ma ugualmente non riescono a trovare una nuova soluzione abitativa, perché i proprietari di immobili spesso, per una serie di motivi, non sono interessati a mettere sul mercato l’abitazione”.
D’altra parte non li si può costringere a farlo per legge.
“No, certo, ma sta di fatto che c’è un grosso problema abitativo. E questo è un tema che ci hanno posto anche le associazioni di categoria, sottolineando che le imprese del territorio, che in molti casi già fanno fatica a trovare addetti, quando poi hanno persone disponibili a venire a lavorare qui da fuori, si scontrano con la loro difficoltà nel trovare un’abitazione in affitto. Serve capire quali possono essere le soluzioni”. Il futuro dell’area Lanerossi storica sarà un tema portante dei prossimi anni. Il fatto che il proprietario del comparto, Marcello Cestaro, abbia appoggiato il suo avversario Eberle può cambiare qualcosa rispetto ai discorsi fatti fin qui tra la proprietà e l’amministrazione? Può incidere sui rapporti?
“No, è tutto già lineare e definito. Con la proprietà, che comunque è una società, c’è sempre stata grandissima sintonia nel pensare a come sbloccare il comparto. Bisogna riconoscere anche il grande impegno delle persone che stanno dietro a questa società, perché rigenerare quella zona è tanta roba per la nostra città. In campagna elettorale c’è stata un po’ di confusione, si sono mescolate un po’ le questioni pubbliche con quelle private, ma penso che continueremo ad avere un ottimo rapporto con Cestaro, perché è sempre stato così. Ha sempre avuto una visione alta, per quel contesto, con la volontà di realizzare un progetto che vada a impreziosire la città. Rispondendo certamente anche ai propri interessi economici, ma sempre con un occhio di riguardo”.
Sulla Fabbrica Alta, invece, lei e Eberle avete presentato due idee e due metodi diversi. La coalizione di centrosinistra aveva puntato
molto su un progetto in sinergia con ComoNext che, nella loro idea, avrebbe consentito di avviare in tempi brevi una rinascita operativa e anche occupazionale della struttura. A bocce ferme, non lo ritiene un progetto interessante?
“È una questione di approccio. Quello che mi piace del nostro modo di lavorare è il fatto di mettere sempre un piede davanti all’altro, un mattoncino dopo l’altro. È bello avere un grande sogno, per carità, però quello della Fabbrica Alta è un percorso che va condiviso con la cittadinanza, e con i portatori di interessi, con le categorie economiche. Le risorse non si trovano con grande facilità, bisogna lavorare in maniera veramente corale e sinergica. E bisogna che sui progetti ci sia un interesse da parte della città”.
Ma quindi che si fa con questa benedetta Fabbrica Alta?
“Il tema da cui partire è quello della sua sistemazione, non si può prescindere da questo. Riuscire a rendere la Fabbrica Alta uno spazio per accogliere cultura, aziende, giovani e quant’altro è una cosa che verrà dopo. Adesso la prima cosa da fare è capire di che ordine di spesa stiamo parlando per il suo recupero. Abbiamo dato incarico allo Iuav di Venezia di fare una valutazione dei costi dell’adeguamento antisismico dell’edificio, perché appunto dobbiamo capire che cifre sono in ballo. Alle scuole Marconi, ad esempio, l’intervento per la sistemazione antisismica e per gli impianti interni ha comportato una spesa totale di quasi 6 milioni. In quel caso abbiamo avuto accesso al Pnrr, ma per la Fabbrica Alta è facile capire che la spesa sia ben diversa, stiamo parlando di un edificio di metà Ottocento”. Significa che un progetto concreto per l’utilizzo futuro della Fabbrica alta può essere un tema da secondo mandato?
“No no, potrebbe essere anche un tema da avviare prima. Ovvio che lo sviluppo po -
“Schio ha bisogno di tenersi in contatto con tutte le realtà sovracomunali, con gli altri enti locali. Lavorare in ottica di area vasta è l’unico modo per realizzare politiche incisive per un territorio che non può essere solamente quello del proprio comune”.
trebbe poi trovare definizione in un eventuale mio secondo mandato, però passaggi come la raccolta di idee e la definizione dei finanziamenti possono anche arrivare entro questo mandato”.
Senta, questa è stata una campagna elettorale esacerbata da polemiche e attacchi soprattutto via social, com’era facile prevedere. Rispetto al passato, quando non c’era questa radicalizzazione del contrasto, s’è prodotta una città più divisa, cosa che non fa bene perché lascia sempre degli strascichi. Che messaggio si sente di dare a chi non l’ha votata, per andare oltre?
“Quello che ci ha caratterizzato in questi dieci anni, e che mi piacerebbe continuasse a farlo anche nei prossimi cinque, è il fatto di ragionare sui temi. Non abbiamo mai chiuso le porte a un ragionamento fatto insieme. Mai. Io non riesco a ragionare per colori politici o ad avere delle preclusioni, è una questione di libertà mentale. Sarebbe molto limitante e triste lavorare solo con una certa area. A volte capita che vengano portate delle idee che non sono calate sul nostro territorio, solamente per bandiera politica, e allora lì capita di incepparsi. Ha molto più senso portare e condividere idee che abbiano valore reale per la città”.
Lei, dal canto suo, pensa di riuscire a non dipendere da bandiere politiche, anche se all’interno della sua coalizione ci sono persone che una loro bandiera politica l’hanno indubbiamente avuta?
“Assolutamente sì. Quello che ho sempre chiesto a tutti è stato di spogliarsi della giacchetta politica e di non rimetterla il giorno dopo che si è in consiglio. Si tratta di lavorare per Schio. Dopodiché ci sono sensibilità e storie diverse, certo, però dev’essere tutto profondamente calato sulla nostra città, libero da colori di parte”. ◆
LElia Cucovaz
a sua corsa, Cristiano Eberle l’ha fatta. E con lui la coalizione di centrosinistra che l’ha scelto come candidato sindaco e l’ha sostenuto fino alla fine. Non ha vinto, ma dice di essere più che soddisfatto dell’esperienza, e pronto a lavorare per i prossimi cinque anni – alla testa del principale gruppo di opposizione – per far crescere il progetto politico messo in campo con queste elezioni. È passato ormai quasi un mese dalle elezioni in cui Schio ha votato per la continuità. A mente fredda come commenta il risultato?
“E’ la più coerente rappresentazione della volontà popolare e come tale lo si accetta e lo si rispetta. Dal punto di vista umano il bilancio di questa esperienza è molto positivo: nonostante il grande impegno richiesto in qualità di candidato, sento di aver ricevuto dal gruppo di persone che mi hanno sostenuto più di quanto io possa aver dato”.
Ora il ruolo che le spetta non è meno impegnativo: da una parte tenere viva e unita la coalizione, dall’altra stare col fiato sul collo all’amministrazione comunale. Si sente pronto a sostenerlo per cinque anni?
“Stare col fiato sul collo è un’espressione che non mi appartiene. Saremo molto attenti, questo sì, mettendo al centro il principio guida del bene comune. Detto questo, sapevamo fin dall’inizio che l’orizzonte di un progetto di ampio respiro come il nostro non sarebbero stati i pochi mesi di campagna elettorale e che, a prescindere dal risultato, lo avremmo portato avanti con coerenza”.
C’è un rimpianto legato a questi mesi di campagna elettorale? Qualche scelta che non rifarebbe o farebbe in modo diverso?
“Abbiamo fatto - io per primo - degli errori, ma giudicare le singole azioni dopo la fine della partita è un’attività sterile. Nel complesso la squadra ha giocato bene, ma la cosa ancor più importante è che abbiamo un progetto di valore assoluto da portare avanti. Solo per questo mi sentirei di ricominciare tutto da capo anche domani”.
Qual è invece la più grande soddisfazione che porta con sé?
“Ricevere oltre 7.400 voti - il 25% in più rispetto al risultato della coalizione di centrosinistra di cinque anni fa - è già di per sé una bella soddisfazione. Tuttavia la più grande per me resta l’aver visto un nume-
Il candidato sindaco del centrosinistra tira le somme di questi sei mesi di impegno e rilancia: “Sapevamo fin dall’inizio che l’orizzonte di un progetto di ampio respiro come il nostro non sarebbero stati i pochi mesi di campagna elettorale e che, a prescindere dal risultato, lo avremmo portato avanti con coerenza”.
ro incredibile di persone, ben 350, impegnarsi in tanti modi diversi per un obiettivo comune. A ciascuno di loro va il mio sincero grazie”.
Si dice che si impara più dalle sconfitte che dalle vittorie. Vuole condividere con noi una lezione che sente di aver appreso da questa esperienza?
“Ho ricevuto due importanti conferme. La prima è che, quando si parla di relazioni, il tutto vale più delle singole parti: nel senso che quando tante persone si mettono insieme generano un plusvalore di energia e di idee. La seconda è che il desiderio di mettersi al servizio della comunità è l’impulso più grande per generare motivazione e tenacia e questo vale anche per i prossimi anni”.
Nel concreto, quali contenuti del suo programma si impegna particolarmente a portare avanti anche dai banchi dell’opposizione?
“In consiglio comunale i numeri parlano chiaro: il nostro sistema elettorale assegna una netta maggioranza a chi vince le elezioni. Spetta ora a Cristina Marigo e alla sua giunta stabilire priorità e percorsi progettuali. Noi possiamo auspicare che
non siano rivolti soltanto all’ordinarietà, ma che siano inseriti in una ‘ruota della qualità’”.
Cosa significa?
“È un concetto socioeconomico: parte dall’esigenza dei cittadini di ottenere servizi migliori, a cui l’amministrazione risponde con investimenti che portano alla crescita del benessere e dell’attrattività della comunità e quindi a un aumento della base di cittadini, le cui nuove richieste innescano da capo il circolo virtuoso della qualità. Laddove vedremo questo, non ci metteremo di traverso”.
Per concludere: una domanda che politicamente sarà anche prematura, ma che molti dei suoi elettori si stanno ponendo: se fra cinque anni le chiedessero di nuovo la disponibilità a mettersi in gioco come candidato sindaco accetterebbe?
“Ho detto che mi sento di aver ricevuto più di quanto ho dato e questo, per la mia formazione economica, risponde già alla domanda. In economia se un’attività costa 100 e porta a un ritorno di 120 va intrapresa. Ma sarà il gruppo a decidere quando arriverà il momento”. ◆
Elia Cucovaz
lex Cioni torna a palazzo Garbin da consigliere comunale, lo stesso ruolo svolto negli ultimi cinque anni. Ma se prima era da solo a rappresentare Fratelli d’Italia, adesso è affiancato da Gianmario Munari, visto che il buon risultato delle urne ha portato da uno a due i posti in consiglio per il suo partito. Fratelli d’Italia è stata la sorpresa di queste amministrative. Si aspettava questo exploit?
“Tenuto conto che la Destra italiana a Schio non è mai andata oltre il 4-5% alle amministrative, sfiorando il 14% abbiamo ottenuto un risultato oltre ogni più rosea aspettativa”.
E si aspettava anche che sareste stati tagliati fuori al ballottaggio?
“La nostra disponibilità al dialogo con Cristina Marigo e i suoi non è mai venuta meno, ma eravamo consapevoli che sarebbe prevalsa la narrazione demagogica del civismo in salsa grillina”.
Pensa di essere stato penalizzato dal fatto di essere sceso in campo più tardi degli altri candidati?
“Sono convinto che se avessimo avuto un po’ più di tempo avremmo potuto fare anche meglio, garantendoci un terzo consigliere”.
Concorda con quelli che dicono che fare opposizione è un ruolo più facile e politicamente vantaggioso?
“Non ho mai visto nessuno dispiacersi di vincere le elezioni. Comunque l’impegno fa la differenza: se negli ultimi cinque an-
“Valuteremo le proposte che arriveranno in consiglio senza cercare il muro contro muro, ma interpretando il ruolo di controllo e pungolo critico”, assicura Alex Cioni.
ni mi fossi limitato a scaldare il banco, non avremmo ottenuto questo risultato in un confronto così polarizzato e viziato dalla logica del voto utile”.
E sul piano politico si sente di avere più in comune con le forze di maggioranza o con l’opposizione di centrosinistra?
“Mi sento equidistante considerando che con Cristina Marigo è prevalsa la linea politica più vicina ai 5 Stelle e più contigua al centrosinistra di quanto vogliano far credere”.
Per il secondo anno consecutivo l’Istituto comprensivo “Il Tessitore” ha organizzato due esperienze all’estero grazie al Progetto Erasmus +. In maggio dieci alunni delle classi terze, con le prof.sse Monica Marzarotto e Rosj Gabriele, sono stati accolti nell’Istituto Machado di Siviglia. L’ospitalità in famiglia è stata ricambiata con la visita a Schio di altrettanti ragazzi spagnoli. Nello stesso periodo altri dieci studenti, accompagnati dalle prof. sse Giulia Andrian e Alexa Bressan, sono volati in Danimarca per una settimana presso la Tingkærskolen a Odense, già partner Erasmus lo scorso anno. Tutte le attività svolte sono state presentate alle famiglie e ai compagni di scuola dagli alunni stessi e saranno ripresentate, in occasione dell’Erasmus Day in ottobre, alla cittadinanza e alle scuole del ter-
ritorio che hanno intenzione di avviare il progetto Erasmus. “Il progetto Erasmus dell’Istituto continuerà per altri tre anni – spiega la dirigente del “Tessitore”, Emilia Pozza -. Già ai primi di settembre saranno pubblicati i bandi per studenti e personale per partecipare alle mobilità del prossimo anno scolastico”.
C’è un obiettivo per la quale si sente fin d’ora di tendere la mano al suo collega in minoranza, Cristiano Eberle?
“Se il buonsenso prevarrà sui diktat e i pregiudizi ideologici, tra minoranze si potranno trovare dei temi sui quali discutere. Penso per esempio al ciclo dei rifiuti, al trasporto pubblico urbano, o alla ferrovia”. E ci sono, invece, uno o più punti del programma elettorale del sindaco Marigo rispetto ai quali può già assicurare il suo appoggio?
“Essendo stato il promotore della sicurezza partecipata in città attraverso il controllo di vicinato, sono disponibile a dare una mano su questo fronte. Per il resto, valuteremo le proposte che arriveranno in consiglio senza cercare il muro contro muro, ma interpretando il ruolo di controllo e pungolo critico”.
Pensate che Fratelli d’Italia, o comunque uno schieramento in linea coi principi politici del vostro partito, possa arrivare ad amministrare Schio?
“La ricostruzione del centrodestra politico è uno degli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere in questo mandato. Già oggi l’elettorato in città è in maggioranza di centrodestra. Anche se ha scelto il minestrone civico quale alternativa al centrosinistra, chi ha votato Cristina Marigo lo ha fatto pensandola come un punto di riferimento idealmente più vicino a noi di quanto lei creda. Siamo fiduciosi che impegno, serietà e coerenza ci permetteranno tra cinque anni di essere più competitivi”. ◆
Camilla Mantella
aolo Dal Soglio è uno degli sportivi scledensi più noti. In attività da oltre 40 anni, ha fatto del getto del peso la sua vita: prima come atleta, con ben 26 titoli italiani, numerosi riconoscimenti europei e significative partecipazioni olimpiche, poi come allenatore. È in questa veste che ha appena contribuito al grande successo dell’atletica italiana ai Campionati europei di atletica leggera a Roma, grazie alla medaglia d’oro conquistata da Leonardo Fabbri, atleta fiorentino che Dal Soglio segue dal 2017.
Abbiamo raggiunto l’allenatore scledense poco prima della partenza per le Olimpiadi di Parigi e ci siamo fatti raccontare non solo le sue esperienze più recenti, ma anche come si è evoluta l’atletica leggera nell’ultimo periodo e quali sono gli ingredienti per risultati così importanti.
Il getto del peso viene da un triennio d’oro, come pure il resto dell’atletica italiana: come si spiegano questi risultati?
“Per quanto riguarda la mia disciplina – ma credo che il ragionamento si possa applicare anche alle altre specialità – è frutto di un percorso di crescita che parte da lontano. Personalmente seguo due campioni, Leonardo Fabbri e Zane Weir (pesista sudafricano naturalizzato italiano, ndr), e con loro lavoro insieme da parecchio tempo. Seguo Leonardo dal 2017 e Zane dal 2020. Quando abbiamo cominciato ad allenarci insieme vedevo in loro del grande potenziale, ma sono stati entrambi un investimento: non erano già dei campioni affermati, ma la loro costanza e il loro impegno, uniti al talento personale, mi facevano pensare che
Fotografie FIDAL
Paolo Dal Soglio, che da 40 d’anni ha fatto del lancio del peso la sua vita, ha contribuito in veste di allenatore al successo dell’atletica italiana ai recenti Europei di Roma, grazie alla medaglia d’oro conquistata da Leonardo Fabbri, atleta che Dal Soglio segue da anni. E ora è alle Olimpiadi di Parigi in cerca di altre soddisfazioni.
avremmo potuto raggiungere traguardi importanti. In questi anni ci siamo concentrati su un obiettivo principale: arrivare a Parigi 2024, l’Olimpiade che ora è alle porte, pronti per potercela giocare a livello internazionale, allenandoci come e meglio dei nostri avversari”.
I risultati ottenuti agli Europei sono davvero incoraggianti in questo senso..
“Spesso negli sport i momenti di forte crescita ed espansione si alternano a periodi meno positivi. È indubbio che in questo periodo l’atletica leggera italiana, e con lei il getto del peso, stiano raccogliendo i frutti di sforzi e investimenti pluriennali. Allenarsi nelle migliori condizioni possibili, con professionalità competenti e strutture all’altezza, è un fattore determinante per poter raggiungere risultati considerevoli. Un tempo, quando io ero atleta, anche il ruolo stesso dell’allenatore era diverso: spesso venivamo seguiti da grandi appassionati, che tuttavia non potevano vivere dell’essere allenatori e che quindi erano necessariamente meno presenti nell’organizzazione della programmazione sportiva. La professionalizzazione degli ultimi anni ha invece fatto sì, con lungimiranza,
che tutta la ‘catena sportiva’ lavori per investire sulla crescita degli atleti, dando loro la possibilità di essere seguiti da allenatori professionisti e di essere supportati da squadre e federazioni strutturate e pronte a sostenerli, impostando una suddivisione dei ruoli che rende più semplice il funzionamento di tutta la macchina”. Pensa che i successi raggiunti e la buona copertura mediatica che interessa l’atletica leggera porteranno bambini e ragazzi ad avvicinarsi di più a questo mondo?
“È indubbio che i momenti così positivi spingano poi i più giovani a considerare sport e discipline diversi da quelli più diffusi a livello nazionale. Se da un lato questo è un fenomeno davvero incoraggiante, dall’altro è necessario che tanto gli atleti quanto gli allenatori si sentano investiti della responsabilità che una visibilità del genere comporta. Lo ripeto sempre a Leonardo e a Zane: per i bambini e i ragazzi che seguono l’atletica il campione diventa un esempio e in quanto tale è chiamato a comportarsi di conseguenza. Mi auguro che l’atletica, nelle sue varie discipline, possa essere uno stimolo per i più giovani a impegnarsi in attività che non solo posso -
no portare a grandi soddisfazioni personali e sportive, ma anche a crescere e maturare in un contesto positivo, impegnato e sano”. Uno degli ingredienti per ottenere successi di questo tipo, abbiamo detto, è poter disporre di strutture adeguate: al di là degli impianti nazionali, qual è la situazione sul territorio? Pensa che le amministrazioni verranno spinte a investire di più sulle strutture per l’atletica leggera?
“Il fatto che i vari comuni siano dotati o meno di impianti adeguati dipende dalla volontà delle singole amministrazioni. Sento più fermento in questa direzione rispetto a un tempo, ma la cosa a volte mi rattrista un po’: sono infatti convinto che l’investimento nell’impiantistica andrebbe fatto a prescindere dai risultati, dai successi o dalla copertura mediatica che può avere una disciplina rispetto a un’altra.
Ora ci troviamo in una condizione fortunata, per cui spesso i desiderata dei nostri atleti, anche in termini di risorse strutturali, vengono presto esauditi, ma non è sempre stato così. Per come intendo io lo sport e la vita, penso sia molto più coraggioso e sfidante investire in tempi non sospetti, sfruttare al massimo le possibilità che si hanno a disposizione e raggiungere così i risultati sperati partendo dal basso. Sono capaci tutti di vincere con il grande campione e l’impianto perfetto, ma la soddisfazione di arrivarci dopo anni di lavoro e investimento è ineguagliabile”. Chiudiamo con una domanda più personale: è più soddisfacente fare l’atleta o l’allenatore? “Ogni fase della vita ha il suo perché. Dell’essere uno sportivo in attività mi mancano soprattutto i trent’anni. Se do -
A Schio l’atletica leggera si pratica allo stadio “G.Poli” di via Riboli, dal 2016 in gestione alla società Novatletica, che ne amministra gli spazi anche in favore di altre associazioni sportive. La struttura è stata inaugurata nel 1938 su iniziativa della Lanerossi, che desiderava dotare i propri gruppi sportivi di un impianto adeguato agli allenamenti. Con la fine degli anni ’60 la gestione è passata al CONI, mentre negli anni ’80 la proprietà degli spazi è transitata dall’industria laniera al Comune di Schio. Il CONI ha abbandonato la gestione dello stadio nel 2015 e da lì a pochi mesi il Comune, non avendo le risorse per occuparsi direttamente della sua amministrazione, ha passato l’incarico alla Novatletica. Da anni si discute del necessario adeguamento dell’impianto, che ha bisogno di rifacimenti e manutenzioni. Dal 2019 in avanti, a più riprese, sono stati annunciati fondi in arrivo per il finanziamento di lavori strutturali: l’ultimo, nel 2023, vedrebbe un milione e mezzo di euro messi a disposizione dall’Istituto di Credito Spor-
vessi fermarmi al computo oggettivo dei risultati raggiunti, direi che me la cavo meglio come allenatore. Mi piace molto seguire i miei ragazzi, è davvero stimolante. Certo, comporta dei sacrifici non indifferenti. Nel 2021, anno delle Olimpiadi di Tokyo, sono stato fuori casa 248 giorni in un anno e senza il supporto della mia famiglia, sempre molto disponibile, sarebbe stato impossibile. Da quando alleno Zane, poi, passo una media di 4 mesi all’anno in Sud Africa, quindi sono frequentemente lontano da Schio. Allenare, però, è ciò che mi ha permesso di mettere a frutto vent’anni di esperienze sportive, di migliorarmi ulteriormente e di accompagnare giovani talenti verso traguardi considerevoli”. ◆
Il basket Schio Concordia è una di quelle realtà sportive che, se uno si mette a pensarci, sembra siano sempre esistite. Ci sono passati generazioni di scledensi, cresciuti a suon di minibasket e oratorio. Piccola premessa nostalgica per dire che sono aperte anche quest’anno le iscrizioni appunto per i corsi di minibasket al palazzetto don Bosco, rivolti a bambini e ragazzi dai 6 agli 11 anni. E se si arriva portando un amico si avrà diritto entrambi a uno sconto sulla quota annuale e a una maglietta omaggio. Informazioni e iscrizioni a segreteria@concordiabasket.it, o da Silvia Bagattin (3495640751) e Francesca Reolon (3470353157).
tivo che dovrebbero essere usati per rifare la pista esterna e le pedane per i salti e i lanci/getti, oltre all’illuminazione complessiva dell’impianto. [C.M.]
Mirella Dal Zotto
i sarà capitato che un amico arrivi da voi e non conosca nulla di Schio. Di solito, chi viene qui con una qualche curiosità s’informa su cosa c’è di interessante da vedere e sicuramente, soprattutto d’estate, non ci si può limitare a pranzi e cene: va servito un contorno naturalistico-culturale.
Foto Bruno Xotta
Ecco dunque che quando Andrea, modenese, s’è fatto vivo per venirci a trovare per qualche giorno, ci siamo subito accorti che non occorre scervellarsi tanto per far contento il “foresto”. Partendo dalla preistoria per arrivare ai nostri giorni, non dico che abbiamo avuto l’imbarazzo della scelta, ma tante volte gli abbiamo ripetuto “vedi, a Schio c’è…” oppure “vedi, qui vicino c’è…”. Lo abbiamo portato a Bocca Lorenza e al piccolo ma interessante Museo di Santorso per una carrellata preistorica; a San Martino ha ammirato il campanile romanico medievale e sbirciato gli affreschi della chiesetta (che, essendo privata, purtroppo è quasi sempre chiusa); ci siamo spostati di poco per andare al Convento dei Cappuc- cini, questo visitabile se si prenota; anche la Chiesa di San Francesco con la sua Pala del Verla può esser vista e alla vicina biblioteca, telefonando per tempo, si possono osservare i codici miniati trovati nella sacrestia. Dal Duomo la vista è impareggiabile sull’arco montuoso che ci circonda e il Castello si staglia di netto: lì abbiamo dovuto spiegare che ciò che ne rimane, cioè la torre, non è originale; “Caspita, ‘sti sclediani!” ha mormorato l’Andrea incredulo, storpiando il nostro nome, quando gli abbiamo rivelato che a suo tempo il Castello lo abbiamo distrutto riutilizzando o rivendendo i pezzi perché di signori prepotenti non ne potevamo più. È stata molto utile, a tal proposito, la visita alla mostra “Il Castello che non c’è”.
Che fare se un amico arriva da fuori per qualche giorno a Schio e ci vogliamo fargli conoscere la città e i suoi dintorni? Ecco il racconto di un’esperienza diretta, un mini-itinerario per “foresti” ignari di tutto.
Avete mai osservato un cane, un gatto, altri animali domestici quando sentono i fuochi artificiali? Nel 90% e oltre dei casi stanno malissimo e corrono il rischio addirittura di morire per lo spavento. Il nostro cane, e con lui molti altri nel vicinato, ogni anno si sorbisce i fuochi di San Pietro: bisogna farlo uscire, gira in tondo come una trottola, abbaia fino allo sfinimento, respira come se avesse scalato l’Everest. I fuochi sono un bello spettacolo, ma ne esistono di silenziosi e coreografici tanto quanto quelli che fan sembrare la Tajara una rampa di lancio per missili. Costano di più? Neanche tanto, ma se ne possono scoppiare di meno e salvare l’udito e il cuore di tanti animali da compagnia: è inutile dire di essere dalla loro parte se si opta per ciò che li può far morire. Il mondo è già scoppiato di suo, contribuiamo a renderlo più silenzioso: gli animali non ce lo possono chiedere espressamente, ma con un minimo sforzo ci possiamo arrivare, visto che dovremmo essere più intelligenti di loro. Ma su questo, nutriamo da un bel po’ seri dubbi. [M.D.Z.]
E poi, il pezzo forte: l’archeologia industriale. Hai voglia di star lì a spiegare cos’ha fatto per Schio Alessandro Rossi: dopo la Fabbrica Alta, il Giardino Jacquard ben curato, il Quartiere Operaio con le (quasi tutte) rispettose operazioni di recupero edilizio dei privati, il Teatro Civico ora completamente agibile, la Chiesa di S. Antonio, il monumento allo stesso Rossi e quello all’Omo, il nostro amico ci è parso proprio contento di avere scoperto una città ordinata e per niente “minore”.
“Andrea, ma lo sai che Hemingway parlava di Schio come di ‘uno dei più bei posti della terra?’”. “Non stento a crederci, e secondo me non aveva bevuto più di tanto quando
l’ha detto!”. “Allora vieni che ti portiamo dove di sicuro s’è fatto qualche bicchiere, e anche di più”. E via allo storico “Due Spade”. Tra un goccio e l’altro, gli abbiamo promesso pure un giro per le nostre montagne: al Tretto e sul Novegno in primis, dato che è il nostro monte, ma anche in Pasubio, arrivando solo all’imbocco della Strada delle 52 Gallerie, perché al nostro amico che vive in pianura manca l’allenamento per giungere al Rifugio Papa e poi scendere per gli Scarubbi. Comunque, ha ammirato panorami stupendi e si è goduto il fresco.
“Da Schio al Garda quanto ci si mette, più o meno?”. “Un’ora e mezza circa, ma ci sono dei bei laghetti alpini più vicini, come quello di Lavarone”. “E al mare si arriva più o meno nello stesso tempo?” “Sì, ma non è un gran mare, è grossomodo come quello vicino a te, però ci son posti come il Delta del Po e Caorle che sono da vedere”. “Siete proprio a un tiro di schioppo da altra bella roba, se uno si vuole muovere, insomma... Schio è in posizione strategica, mi piace, va conosciuta e valorizzata”.
Gli abbiamo spiegato che da qualche anno, in giro, si parla maggiormente di noi, ma non siamo ancora nel giro delle méte turistiche ambite. “Scusa, ma com’è che sul web, dove ti leggo fate pelo e contropelo su ciò che non va, nei vostri schiocchi?” “Perché ci si può sempre migliorare e le nostre sono critiche costruttive”. “Della serie: chi disprezza compra?”. “Appunto, di quella serie lì”. ◆
Entrata in servizio nell’ufficio accanto a quello del primo cittadino nel 1989, ha seguito
Berlato Sella, Dalla Via e Orsi, facendo in tempo a vedere ora anche la prima donna sindaco.
PStefano Tomasoni
assano i sindaci, ma non passa la segreteria del sindaco. O meglio, non passa lei, Nerina Canale, “la” segretaria del sindaco per eccellenza. Entrata in servizio nell’ufficio accanto a quello del primo cittadino nel 1989, fino a oggi, in trentacinque anni di lavoro, ha avuto a che fare con appena tre sindaci, considerata la loro longevità. Nel 1989 aveva cominciato con Berlato Sella, in quel momento in carica già da due anni, poi nel 2004 era arrivato Dalla Via, infine nel 2014 Orsi. Lei sempre lì, attenta e puntuale a ogni cambio del “capo”, pronta a prendere le misure del nuovo arrivato e a instaurare quel rapporto di fiducia necessario per gestire al meglio impegni e agenda, filtrare telefonate e incontri, fare da “punto di raccolta” di richieste e anche lamentele. Insomma, ne ha viste tante, in 35 anni. Ora ha fatto in tempo a vedere anche la prima donna sindaco. I requisiti per andare in pensione li avrebbe ormai raggiunti – i fatidici 42 anni della “Fornero”, considerato che ha iniziato
La storica segretaria dei sindaci di Schio, Nerina Canale, è da 35 anni accanto ai primi cittadini scledensi. La pensione è a un passo, ma può aspettare: adesso: c’è un nuovo sindaco da accogliere…
a lavorare appena maggiorenne – ma per lei ancora non sembra il momento di… appendere il sindaco al chiodo. Con un nuovo inquilino appena arrivato nella stanza accanto, è opportuno (prima di tutto per l’inquilino, s’intende) prevedere un periodo di transizione per un passaggio di consegne programmato, senza fretta, avendo il tempo di “insegnare il mestiere” a chi prenderà il suo posto. Quindi è probabile che per almeno un altro anno “la Nerina” rimanga alla sua scrivania al piano nobile di palazzo Garbin. Dove continuerà a met-
Davanti alla stazione dei treni è sempre più frequente vedere automobilisti in arrivo dal Fagiolone che si fermano all’altezza delle prime strisce pedonali, mettono la freccia a sinistra per entrare nel piazzaletto e aspettano pacifici che si esaurisca il flusso di auto in arrivo in direzione opposta per poi appunto girare verso la stazione. Un’abitudine che, ovvia-
mente, finisce per bloccare il traffico dietro di loro, formando anche discrete code. Ci sembra venuto il momento di annunciare a tutti – ai furbi, ai menefreghisti e anche agli inconsapevoli, che pure ci sono – che la manovra in questione è vietata e passibile di multa. In quel punto, infatti, benché le strisce pedonali possano ingenerare qualche confusione, vige la linea continua che precede e segue, appunto, le zebre. Tra l’altro, prima delle strisce c’è tanto di cartello verticale blu che indica la possibilità di procedere solo dritto o a destra. Stante l’impossibilità di distaccare un vigile per presidiare h24 il punto, ci sembra che l’unica soluzione per eliminare questa continua infrazione e questo abuso della pazienza altrui sia quella di installare sulla doppia striscia continua in mezzo alla strada, poco prima e po-
tere in pratica una caratteristica in particolare che ritiene fondamentale per svolgere al meglio il compito: “avere buona memoria”. Non soltanto per ricordare tutte le attività quotidiane (“questo è un lavoro che si inventa ogni giorno”, dice), ma anche per ricordarsi nomi e volti di tutti quelli che chiamano o si presentano con una propria istanza da avanzare al sindaco, per farli sentire tutti importanti e considerati. Insomma, si può dire che gli scledensi, grazie alla Nerina, abbiano con il sindaco un… Canale privilegiato. ◆
co dopo le strisce pedonali – tre o quattro metri di quel cordolo giallo e nero che serve proprio a impedire di passare da una corsia all’altra, come è stato fatto ad esempio in via Vicenza all’altezza del bazar Lissa e in via XXIX aprile nei pressi del semaforo delle scuole. Caldeggiamo questa soluzione, perché aspettare ogni tre per due in coda i comodi del furbo o dell’ignaro di turno è piuttosto fastidioso.
Nell’attesa, proviamo anche a scriverlo in maiuscolo: PROVENENDO DAL “FAGIOLONE” È VIETATO (RIPETIAMO: È VIETATO) SVOLTARE A SINISTRA PER ENTRARE NEL PIAZZALETTO DELLA STAZIONE.
Sia mai che qualcuno della categoria degli ignari se ne renda conto leggendo qui. Per i furbi nessuna speranza, in quel caso possono funzionare solo le multe. [S.T.]
Nei pressi del rifugio di Campogrosso è stato inaugurato un monumento particolare, realizzato dallo scledense Attilio Colpo, alpino e appassionato documentarista storico, che commemora i soldati italiani che nella Prima guerra mondiale subirono la drammatica sorte della decimazione o furono uccisi dopo processi sommari.
La base dell’opera consiste in un blocco di marmo con una piastra che regge una radice di castagno trattata per resistere al tempo, attorno alla quale corre un filo spinato che simboleggia le sofferenze della guerra. Il monumento è alto 2 metri e 70 e alla base riporta incisa la frase riportata nella lapide posta all’altare della Patria.
L’iniziativa meritoria di Colpo ha trovato l’appoggio dei sindaci di 21 comuni del territorio che hanno approvato la delibera a sostegno della proposta di legge sulla riabilitazione dei soldati fucilati “da fuoco amico”. Due ditte, la CSC di Schio e la Marmi Faedo di Cornedo, hanno contribuito alla realizzazione dell’opera.
Durante la Grande guerra furono comminate 4500 condanne a morte delle quali solo 750 eseguite e che vedevano coinvol-
Un’iniziativa voluta e portata a termine dallo scledense Attilio Colpo, alpino e appassionato di documentazione storica.
ti disertori, spie, ladri, stupratori, ma 350 di essi erano per decimazioni o dopo processi sommari. Il desiderio di Colpo di realizzare questo monumento deriva, in particolare, dalla scoperta di un episodio che nel 1916 coinvolse quattro alpini del reggimento “Monte Arvenis”, fucilati il 1° luglio di quell’anno a Cercivento e gettati in una fossa comune. Si trattava del caporal maggiore Silvio Gaetano Ortis, del caporale Matiz Basilio da Timau, del caporal zappatore Giambattista Corradazzi e del soldato Angelo Massaro, ritenuti colpevoli di rivolta, per aver protestato per il metodo suicida ordinato dai superiori per andare all’attacco di postazioni austriache e aver proposto un metodo più sicuro, poi in effetti adottato.
“Lo scopo di erigere questo monumento è quello di rendere un doveroso omaggio a tutti quei soldati che vennero fucilati dopo aver subito la decimazione o estratti a
MMariano Castello
ia nipote (16 anni) mi ha spiegato: “Mandare faccine con messaggi è da boomer. Noi qualche volta ce le mandiamo, ma in senso ironico, come dire: “Faccio finta di essere un boomer per rìdere”. Non so se questo discorso sia chiaro a tutti. Penso di no. Chi è il boomer? Il boomer è il vecchio, nato tra il 46 e il 64 del novecento. L’adolescente di oggi potrebbe dire: “Sei stra-boomer” rivolto anche a un suo coetaneo, perché il boomer prima ancora di un’identità anagrafica è un modo di essere.
Ho capito comunque o mi è sembrato di capire, che per un adolescente il peggio del peggio è quello di comportarsi da boomer, cioè da vecchio o di essere percepito come tale o esserlo e a questo non c’è rimedio. Dipende dalla data di nascita e questo è un fatto ineludibile. Questa elaborazione è tipica della generazione Z, nella quale si ri -
conoscono i nati dal 1997 al 2009. Costoro con i coetanei parlano uno slang che deriva in larga parte dall’inglese ma non solo e al quale non si può non riconoscere una certa creatività. Non con l’obiettivo di non farsi capire dagli estranei alla generazione Z, quanto piuttosto di differenziarsi. Qui di seguito fornisco alcuni esempi non esaustivi di questo linguaggio. Troppo io – Si può dire alla vista di una cosa male in arnese, come ad esempio un’auto che abbia subìto un incidente. Vorrebbe dire: “Io mi sento distrutto come quell’auto”. Strà che forzi – stai esagerando al di là di ogni limite.
Stai chill (pr. cill)- Stai tranquillo, non agitarti. Uno che è solito fare la spia è snich (pr. snic) ed è persona da evitare.
Pakko – Equivale al nostro “no”. Es. “Andiamo al bar?” “Pakko”. Skippare – Significa passare ad altro. Es. “Ti piace questa canzone?” “No, skippa” cioè passa ad un’altra.
sorte o dopo processi sommari intentati dai rispettivi Generali “per dare l’esempio” – spiega Attilio Colpo -. Quale poteva essere, simbolicamente il legame tra noi e loro se non quello delle nostre radici storiche, della nostra terra, delle nostre origini, e che può essere rappresentato da una radice singolare, con inglobati dei sassi tra le sue radici a rappresentare la terra che li accoglie tra le sue braccia?”. ◆
Gosthare – vuol dire rifiutarsi di rispondere ai messaggi (telefonici).
Brò deriva dall’inglese brother = fratello. Si dice per chiamare persona di sesso maschile, oppure “raga” per richiamare l’attenzione di più persone.
Questo linguaggio, del quale ho fornito solo qualche esempio, mi pare che sia lo strumento mediante il quale i ragazzi si riconoscono, anche se non è strettamente legato all’età anagrafica. Certo però che un boomer che parlasse come uno della generazione Z farebbe pena.
Mi è sembrato anche di capire che questo linguaggio è necessariamente effimero, perché quando viene percepito come appartenente ad un’altra generazione (in sostanza precedente alla Z), viene immediatamente rifiutato e si estingue.
Mi è stato detto che io appartengo alla generazione “silenziosa”. Non so perché sia detta così, ma penso per l’età avanzata: gli inventori di queste tabelle probabilmente danno per morti e quindi incapaci di parlare i nati anche se di poco prima del 1946. ◆
Ametà giugno, in un raro weekend dal clima ideale, un Giardino Jacquard ben curato ha ospitato la quinta edizione del festival Convers-azioni, che quest’anno ha proposto il tema “Ingiardino”. Oltre trecento sono state le presenze in due giorni: un pubblico eterogeneo e di tutte le età, adeguato alle proposte e pronto a vivere il luogo. Questi sono stati gli appuntamenti: la mostra “Natura riflessa” di Davide Muraro (in arte Dàvid), ospitata nella serra; l’incontro con l’autore Paolo Malaguti, realizzato in collaborazione con la libreria UBIK; le proposte eno-gastronomiche di Fermento e l’accompagna-
mento musicale del dj Simone Colosimo; il laboratorio floreale di Flora&Lab.ora in un tripudio di mani, forbici e colori, che ha avuto luogo mentre il giardino accoglieva gli spettatori per la suggestiva performance di danza contemporanea “Eterna” della
Daniele Nuovo è tornato per il sedicesimo anno in città con il suo particolare format di lirica narrata. E il pubblico continua a gradire.
In occasione della festa del patrono, l’amministrazione comunale ha voluto, fra gli altri appuntamenti, una serata con la lirica, utilizzando il format esplicativo coniato circa vent’anni fa da Daniele Nuovo, grande appassionato e cultore del melodramma, presente a Schio da ben sedici anni. Qui ha fondato l’Associazione Liricamente e qui propone a un buon numero di appassionati le sue versioni operistiche, che puntano
“Fuoribosco”, serie di incontri pensati dall’amministrazione comunale per valorizzare il Tretto e l’area collinare di Monte Magré, è già partito con proposte culturali inedite in luoghi incantevoli. Questi sono gli altri incontri previsti per questa seconda parte dell’estate. Domenica 21 luglio, alle 5.15, concerto all’alba in Raga Alta con il Gruppo Caronte, che suonerà brani dagli anni ‘60 agli ’80. Domenica 28 luglio, alle 17.30, “La storia stramba de Ruggero Ruaro”, spettacolo teatrale, al Camping Cerbaro. Sabato 3 agosto, alle 15, passeggiata filosofica immersi nella natura con Rick DuFer, a Santa Caterina. Domenica 4 agosto, alle 15, performance di pianoforte e parole in libertà a Malga Davanti, in Novegno, con Omar Conti. Mercoledì 7 agosto, alle 21, narrazione scientifico-musicale di Fabio Peri sui pianeti abitabili, la vita extraterrestre e la comu-
sulla lettura originale di ogni melodramma, inserendolo nel contesto storico di appartenenza e legandolo alla letteratura che a suo tempo ha ispirato i librettisti.
A Palazzo Toaldi Capra è stata proposta “Tosca” di Giacomo Puccini: molto particolareggiata la spiegazione delle vicende, con interessanti spunti originali; il ruolo del protagonista maschile, Mario Cavaradossi, è stato affidato a un consumato professio -
nicazione con gli alieni, nel campo sportivo di Monte Magré. Sabato 10 agosto, alle 19, passeggiata naturalistica con brindisi finale in occasione della notte di S.Lorenzo, a Bosco di Tretto. Domenica 18 agosto, alle 15, jazz in quota a Busa Novegno. La partecipazione a tutti gli eventi è gra-
compagnia di Lucy Briaschi; lo stand-up poetry di Lorenzo Maragoni, che ha permesso di scoprire un nuovo modo di fare poesia con ironia e leggerezza.
Soddisfazione del pubblico e degli organizzatori che, sicuramente, replicheranno. ◆
nista, il tenore Giorgio Casciarri, che il pubblico scledense ha più volte avuto modo di apprezzare e che nel suo “E lucevan le stelle” ha strappato numerosi applausi; accanto a lui, l’elegante soprano Beatrice Greggio ha spiccato in “Vissi d’arte”: con Casciarri e Maurizio Leoni nel ruolo di Scarpia ha saputo ben tenere la scena. A Schio ha debuttato inoltre il giovane e bravo baritono cinese Yang Zhengj: Daniele Nuovo, nella sua mission, si occupa anche di far emergere talenti, che garantiscono la necessaria linfa vitale al melodramma italiano. Alessandro Marini, al pianoforte, ha saputo ben seguire i cantanti.
I presenti hanno assistito a una bella serata di intramontabile musica. ◆ [M.D.Z.]
tuita, fino a esaurimento posti, pertanto si consiglia la prenotazione. Per cause di forza maggiore, principalmente legate al maltempo, l’organizzazione si riserva annullamenti o modifiche, che verranno tempestivamente comunicati nel sito www.visitschio.it. ◆ [M.D.Z.]
Anche quest’anno è arrivato il momento dei bilanci per la Fondazione Teatro Civico, e i bilanci si fanno con i numeri. Ecco i più significativi.
• Importante incremento degli spettatori under 19 e under 3
• Potenziamento di laboratori e percorsi per i cittadini dai 3 ai 92 anni.
• 200 giornate di apertura conteggiate nelle tre sale: Civico, Calendoli e Astra.
• 10.000 presenze, 25% in più rispetto alla stagione precedente.
• 650 abbonati, con un aumento del 10% e un picco di +45% sulla formula a libera scelta per 5 spettacoli.
• 1700 spettatori per “Vieni a teatro con mamma e papà”.
• 7000 studenti, dai 3 ai 19 anni, nei 38 appuntamenti di “Teatro Scuola”.
• 1500 spettatori per Schio Civico Aperto, che ha portato a teatro i migliori talenti del territorio.
• 200 artisti in scena.
• 11 mesi di attività.
• 24 spettacoli serali.
• 10 serate da tutto esaurito.
• 80% di occupazione media nelle sale.
• + 50% di biglietti acquistati dal pubblico under 35. Alla prossima, per superarsi ancora.[M.D.Z.]
Mirella Dal Zotto
l musical nel Vicentino ha sempre più il volto della Compagnia del Villaggio, fondata nel 2006 da Luca Lovato e Chiara Santagiuliana, una realtà nota nel panorama artistico veneto, dove da anni porta in scena i musical più famosi di sempre. A Schio la Compagnia si è esibita più volte all’Astra con “Peter Pan” e “Bohemian Rapsody” (quest’ultima portata anche in Fabbrica Alta) e al teatro Pasubio con “Pinocchio”.
Accanto alla produzione vera e propria di spettacoli, sono molto frequentati i corsi per performer del settore: ben 105 iscritti, un certo numero dei quali anche da Schio, Santorso, Malo e Monte di Malo. Lovato, come è nata la Compagnia del Villaggio? “È nata a fronte di una mia esagerata passione per il musical, che porto con me da quando ero bambino e che mi è stata trasmessa dalla nonna: mi faceva vedere regolarmente film come ‘Sette spose per sette fratelli’, ‘A qualcuno piace caldo’, ‘Aggiungi un posto a tavola’… Il regalo per il mio diciottesimo compleanno è stato un biglietto proprio per ‘Sette spose per sette fratelli’, a Milano, con la Compagnia della Rancia. Da allora ho coltivato la mia passione: mi sono laureato in scienze motorie, sono diventato animatore in villaggi turistici, ho collaborato con varie compagnie come attore, regista, autore”.
Per arrivare appunto alla Compagnia... “Dove lavoriamo in tanti: siamo un gruppo di amici che credono in un genere teatrale completo, che unisce la storia alla musica,
La Compagnia del Villaggio è una realtà artistica che porta da anni il genere del musical nel Veneto e che è stata già più volte anche a Schio, ottenendo ottimi riscontri di pubblico.
il canto al ballo e alla recitazione. Fondendo varie arti, il risultato è entusiasmante. Anno dopo anno, siamo lusingati sia dal notevole numero di allievi che abbiamo raggiunto che dalle richieste di esibizioni”. Da dove vengono gli allievi dei vostri corsi? “ Attualmente copriamo con i corsi i comuni di Malo, Monte di Malo, Isola Vicentina, Sovizzo e da settembre torneremo anche a Villaverla; queste sono le sedi,
Qualche precisazione, dopo spiacevoli scritti sui social e telefonate condite da parolacce, in merito al mio articolo sul GAS (Gruppo Artisti Scledensi) dello scorso numero.
Lungi da me l’idea di raccontare tutta la storia del gruppo: intervistando il direttivo ho chiesto poche informazioni sul passato, puntando sulle attività attuali e sulla Sarèo. Qualcuno si è offeso per non essere stato ricordato, altri hanno scritto che non mi ero informata a dovere e dovevo citare chi per la Sarèo si era sempre dato tanto da fare: omissione non voluta, dettata anche dal fatto che la stessa persona aveva rifiutato di essere presente alla riunione con il direttivo. .
Inoltre, per non far torto a coloro che hanno un’atelier o un’esposizione permanente in centro, mi sono volutamente mantenuta sulle generali: purtroppo non abbiamo lo spazio per occuparci di ognuno, ma se c’è chi ottiene riconoscimenti a livello regionale o nazionale, siamo sempre stati pronti a dare la rilevanza meritata. Mio intento precipuo era dunque sostenere l’attività del GAS in un momento non facile, sollecitando qualche sponsor a farsi avanti. Niente di più. Purtroppo, c’è chi non ha capito, ma la maleducazione non è in alcun modo giustificabile e gli attacchi sul web possono essere perseguibili. [M.D.Z.]
ma i ragazzi vengono da vari comuni della provincia. I nostri insegnanti sono qualificati e arrivano da un percorso di palcoscenico (come performers) e accademico (conservatorio, corsi di recitazione etc).
La direzione artistica da quest’anno è affidata a Matteo Perin, mentre io mi occupo maggiormente di regia. Le lezioni sono indirizzate ai ragazzini dai sei anni in su, fino agli adulti, senza limite di età: ci sono corsi di avviamento e propedeutica, di primo e secondo livello, di perfezionamento. Il musical concorre a sviluppare la sensibilità estetica, educa allo spirito di gruppo e alla condivisione, aumenta la fiducia in se stessi: sono obiettivi importanti, soprattutto per i giovani”.
Prossimi appuntamenti in provincia?
“Abbiamo spesso calcato i palcoscenici vicentini, ma siamo stati ospitati in più teatri anche a livello nazionale, lo scorso anno a Sanremo, Genova, Modena. In autunno saremo al Comunale di Vicenza con “Aladino e la lampada meravigliosa” (19 ottobre), a Caldogno con “L’avventura fantastica” (16-17 novembre), a Lonigo con “Notre Dame e il mistero della cattedrale” (14-15 dicembre). Ci lusinga l’accoglienza che il pubblico ci riserva sempre, ci spinge a migliorarci e a diffondere un genere che amiamo molto, e che è molto amato”.◆