SchioMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIII n. 123 - giugno 2024
Andrea che fa rivivere De André - p.10 ◆ I conti in tasca agli scledensi (e non solo) - p.14
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIII n. 123 - giugno 2024
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Chiuso il primo turno come previsto, Cristina Marigo e Cristiano Eberle stanno arrivando all’appuntamento con il ballottaggio puntando a tenere motivato il proprio elettorato e ad attirare quella metà di elettori che non ha votato al primo turno.
La brutta notizia bipartisan di questa tornata elettorale è la bassa affluenza al voto. Molto bassa, troppo bassa per un’elezione Comunale che riguarda il governo della propria città. Dei 34.349 aventi diritto sono andati alle urne in 18.923, ovvero il 55%. Venti punti persi in vent’anni.
CStefano Tomasoniristina, Cristiano e il ballottaggio per diventare sindaco. Non è il titolo per una storia a fumetti su Topolino, ma è il tema di queste due settimane di fuoco che a Schio separano il primo turno delle elezioni amministrative del “dopo Orsi” dal round finale del 23 e 24 giugno, il “redde rationem” tra i due candidati rimasti in gara.
Nel primo turno è andato tutto come previsto. Lo diciamo senza timore di smentita, perché possiamo chiamare a testimoniare persone come lo stesso sindaco Orsi o il segretario del Pd locale Gigi Copiello per confermare quella che era stata la nostra previsione sul risultato del voto dell’8
Chiuso il primo turno come previsto, Cristina Marigo e Cristiano Eberle stanno arrivando all’appuntamento con il ballottaggio puntando a tenere motivato il proprio elettorato e ad attirare quella metà di elettori che non ha votato al primo turno.
e 9 giugno. Avevamo dato Cristina Marigo al 45%, Cristiano Eberle al 42% e Alex Cioni al 13%. La realtà non è stata molto diversa: Marigo al 46% con 8.423 voti, Eberle al 40,7% con 7.456 voti e Cioni al 13,2% con 2.423 voti.
Supplemento mensile di Lira&Lira
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Quella che è andata ben peggio del previsto, invece, è stata l’affluenza al voto. Bassa, molto bassa, troppo bassa per un’elezione Comunale. Dei 34.349 aventi diritto sono andati alle urne in 18.923, ovvero il 55%. Cinque anni fa, a fronte di 1.500 elettori in meno (32.864) i votanti erano stati 21.375, pari al 65%. Dieci punti percentuali persi da una volta all’altra, equivalenti a 2.500 elettori rimasti a casa. non sono semplicemente un trend in discesa, sono una vera e propria emergenza, se si considera che si sta parlando di scegliere il governo della propria città. Non più tardi di vent’anni fa, alle Amministrative del 2004, aveva votato il 75,5% degli aventi diritto (23.900 su 31.650). D’accordo, la disaffezione al voto è una tendenza che perdura da almeno dieci-quindici anni, ma in ambito di elezioni Comunali il 55% di votanti è davvero una percentuale da allarme rosso. Se quasi uno scledense su due non trova interesse nemmeno per la scelta della persona e della compagine che governerà la città in cui vive, siamo davvero messi male.
Adesso, però, attenti al
S’è detto, Marigo ha ottenuto quasi 5 punti percentuali più di Eberle, pari a circa mille voti. Vien da pensare che, almeno sulla carta, parta dunque da favorita per il ballottaggio. Sia perché mille voti di scarto non sono pochi, soprattutto se vanno a votare in meno di 20 mila su 34 mila. Sia perché è ragionevole pensare che coloro che al primo turno hanno votato Cioni, al ballottaggio (sempre che ci vadano) daranno più facilmente il voto a Marigo che a Eberle. E però, attenzione alle sorprese. Il ballottaggio spesso diventa una partita a sé, nella quale entrano in gioco nuovi fattori, e dunque diventa importante per tutti tenere alta l’attenzione dei cittadini, rimobilitare il proprio elettorato e cercare di intercettare chi la prima volta si è astenuto. Proprio quest’ultimo può diventare il fattore decisivo: se si confermerà la tendenza che di solito al secondo turno vede andare alle urne un numero di elettori ancora più basso di quello del primo turno, ovviamente per Eberle sarà più difficile rimontare lo svantaggio; se invece il numero di elettori aumenterà in modo abbastanza significativo, lo scenario potrebbe cambiare. È da presupporre che questo la maggioranza uscente lo sappia bene, visto che dieci anni
SchioMese Periodico di informazione dell’Alto Vicentinofa fu proprio Valter Orsi a fare lo sgambetto a Dario Tomasi, candidato del centrosinistra che al primo turno aveva chiuso al 46% lasciando appunto Orsi al 25%. Insomma, vincerà chi mobiliterà di più il proprio elettorato e quello degli indecisi.
I risultati delle coalizioni e delle liste
Andiamo comunque a rivedere le principali evidenze emerse dal primo turno.
Nella coalizione Marigo la parte del leone l’ha fatta anche questa volta la lista della candidata, “Noi Cittadini”, che ha ottenuto quasi il 30% di consensi (si intende si tutti gli scledensi che sono andati alle urne), pari a 5.144 voti. Bene ha fatto poi Civitas, la lista con a capo l’assessore Maculan, con il 7,7% dei consensi (1244): era la novità principale dell’area di maggioranza e ha confermato il suo potenziale. Al terzo posto SchioAttiva, la lista con all’interno l’assessore Munarini, che ha portato a casa il 3,9% (676 voti). A seguire Uniti per Schio e Coraggio Schio.
Nella coalizione Eberle la parte del leone l’ha fatta, come era scontato, il Partito democratico, che si è attestato al 17,9% dei consensi (3092), non un risultato stratosferico, ma comunque abbastanza solido. Chi è andato sopra le aspettative è stata Coalizione Civica, che ha toccato il 9,2% (1600 voti di lista) e ha visto Carlo Cunegato arrivare a 633 preferenze personali, superando anche le 571 del sindaco uscente. Terzo posto per la lista del candidato sindaco, “Una nuova trama”, con l’8,6% (1495 voti). Risultati minori per le altre liste, Schio città europea, Schio per tutti e Azione.
Discorso a parte va fatto per Alex Cioni, che, come detto, ha portato a casa 2.423 voti, ossia il 13,2% del totale. Alla fin fine è stato lui la vera sorpresa della campagna elettorale. Senza strafare e senza mai “buttare la palla in tribuna” spingendo sulla polemica, non è mai andato sopra le righe, ha battuto su tre o quattro temi senza perdersi in troppi “sottocapitoli” di programma e nei dibattiti pubblici tra candidati è risultato nel complesso il più sciolto, forse perché libero da assilli di risultato. Non sorprende, dunque, il buon risultato delle urne.
Marigo: “Priorità alla sicurezza idrogeologica del territorio, alla formazione dei giovani e al sociale”
I protagonisti del ballottaggio, dunque, sono in campo già da una buona settimana per l’ultima volata, che porta al voto di domenica 23 e lunedì 24. La vicesindaca uscente Cristina Marigo parte da un’ideale “pole position”.
“Sono molta soddisfatta del risultato –commenta l’interessata -. È vero che governiamo da dieci anni la città, ma si tratta pur sempre di un cambio di leader e la cosa poteva anche rendere perplesso qualcuno. Però ero molto ottimista, abbiamo sempre condotto un lavoro di squadra e quella uscita dalle urne è stata, in questo senso, una bella conferma. Il ballottaggio è una partita che ci vede nuovamente e totalmente coinvolti”.
Nei primi 100 giorni da sindaca, Marigo darebbe precedenza ai temi che hanno a che fare con la messa in sicurezza del territorio, la formazione e il sociale,
“Il tema della sicurezza idrogeologica del territorio è certamente una priorità e come tale sarebbe in cima ai miei pensieri fin da subito – dice -. In questi anni è già stato così, e infatti finora abbiamo investito 4 milioni e mezzo di euro sul tema; però il nostro territorio è vasto, è fragile, in parte collinare, e spesso gli interventi che si riescono a fare sono legati a situazioni che evolvono nel tempo e dipendono dall’imprevedibilità degli eventi atmosferici. Di sicuro non vogliamo che le situazioni di emergenza si ripetano, dunque una priorità sarà questa”.
“Un altro tema che mi sta particolarmente a cuore – prosegue Marigo - è quello della formazione dei giovani. Il nostro progetto dell’Innovation Farm, che è già partito e sul quale stiamo lavorando da tempo, sta andando avanti: abbiamo fatto tavoli con le associazioni di categoria, con gli istituti professionali e tecnici, gli Its, il Distretto della scienza. E un’altra cosa che mi sta a cuore è l’ambito del sociale: finalmente c’è una legge regionale che va a disciplinarlo e dobbiamo ragionare in maniera concreta su come andare a costituirlo e pensare ai servizi sociali, ragionando in termini più di area vasta”.
Ma in caso di vittoria, che tipo di amministrazione sarebbe quella della sindaca Marigo?
“Io credo nel lavoro di squadra, è una cosa che ho imparato in questi anni all’interno dell’amministrazione. Il nostro metodo è essere vicini ai cittadini, perché è questo che ti dà la misura dei bisogni e a volte anche la misura delle soluzioni, che ti dà la motivazione e la carica. È sempre al cittadino che dobbiamo rispondere, e in questo senso dobbiamo lavorare. Questo significa, quindi, essere vicini anche alle associazioni e alle realtà presenti sul territorio, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione. Abbiamo sempre lavorato nella logica della delega, ovviamente mantenendo una visione d’insieme. È quello che ritengo vada fatto anche in futuro”.
Eberle: “Subito i grandi temi della sanità, della Fabbrica Alta e della rete sovracomunale”
Da parte sua, anche Cristiano Eberle si dice del tutto soddisfatto dell’esito del primo turno, convinto di giocarsi in queste settimane una nuova partita.
“Considerato che il nostro contendente è l’amministrazione uscente, che dunque può puntare sul racconto degli ultimi dieci anni, essere arrivati al 41% per me è un risultato eccellente. Adesso il ballottaggio fa ripartire sostanzialmente alla pari. Con la convinzione, da parte nostra, che questo 41% di votanti rappresenta una volontà di discontinuità rispetto all’attuale amministrazione, un desidero di pensare più in grande, di ragionare non soltanto sull’ordinarietà ma anche sul futuro di Schio, su un nuovo slancio che la città può avere”.
Per Eberle le priorità dei primi 100 giorni di un’eventuale sua amministrazione sarebbero legate alla sanità, al fare rete come Alto Vicentino e alla Fabbrica Alta.
“Il primo grande tema su cui siamo convinti di dover procedere tempestivamente è la sanità pubblica. Non voglio più sentir dire che i sindaci non hanno la possibilità di incidere sulle scelte, va cambiato lo stereotipo del sindaco che, sulla base delle leggine, verifica cosa può o non può fare sul tema: il sindaco deve pensare all’evoluzione dei bisogni che ha la comunità e ai conseguenti servizi necessari. Per questo la creazione di un Osservatorio, un assessorato dedicato e un dialogo costante con l’Ulss e con la Regione diventano elementi cardine”.
“Il secondo grande tema è quello che riguarda la rigenerazione delle economie di scala e delle sinergie che derivano dalla rete dell’Alto Vicentino. La collaborazione con tutte le realtà del territorio, compresa Valdagno, è compito di Schio, che deve agire da coordinatore, creando massa critica per dialogare con le istituzioni. Le grandi progettualità non possono essere recintate all’interno di Schio. La terza priorità è la Fabbrica Alta, per la quale abbiamo un progetto che si è già realizzato nel Comasco in condizioni analoghe a quelle che stiamo proponendo noi, con investitori e soci isti-
tuzionali, enti locali, banche del territorio, e con un sistema imprenditoriale che rappresenta nel nostro caso un grande plus. Si riuscirebbe a creare lavoro e benessere per tutta la comunità. Ricostruire il futuro ripartendo dal passato della Fabbrica Alta, è un percorso che deve essere fatto”. Anche un’eventuale amministrazione Eberle punterebbe sul lavoro di squadra. “Dal punto di vista professionale ho sem-
pre lavorato con una squadra – spiega il candidato -. Si tratta di mettersi pancia a terra con spirito di servizio, per essere all’altezza delle responsabilità. Oggi non si può pensare che valga ancora la figura del sindaco tuttologo, è necessario che ci siano dieci sindaci. Se avrò l’onore di essere il sindaco vorrò una squadra di persone che lavorano a beneficio della comunità, con competenza e qualità”. ◆
Una volta, quando eravamo poveri, viaggiavamo con il treno a vapore; il fuochista sembrava un uomo di colore per la polvere di carbone che gli restava attaccata addosso; i sedili erano di legno per durare il più a lungo possibile e il guidatore incominciava la frenata ai “Cementi” per non passar via di slancio la prima stazione che era quella di Marano. Ma nella stazione di Schio esisteva una pensilina sotto la quale potersi riparare in caso di maltempo, una biglietteria, un’edicola di giornali, un bar, una sala d’aspetto, un gabinetto e tutto aveva una dignità sia pure “fin de siècle”. Su tutto comandava il capo stazione e anche questa era una garanzia.
Il quindici maggio scorso verso sera stavo ritornando da un breve viaggio in treno, quando Schio, come altri centri, è stata investita da una bomba d’acqua, che ha causato anche danni rilevanti. Il treno
si è fermato per far scendere i passeggeri nel binario più lontano dalla stazione, nel quale la banchina è a sinistra (la stazione è a destra), sicché, per raggiungere l’uscita, abbiamo dovuto fare il giro del treno, sotto un’acqua che diventava sempre più violenta. Non ho capito perché abbiano ricavato un inutile piazzale proprio davanti alla pensilina, dove c’erano i binari, per cui ora i treni si devono fermare qualche metro prima. Sono arrivato nella parte anteriore della stazione (quella che guarda la città) bagnato fradicio. Dopo che i fratelli Vianello e i loro epigoni hanno chiuso l’attività, credo che il servizio di taxi sia cessato per sempre. Ormai della stazione non è rimasto più nulla e anche la pensilina, che pur è rimasta nel posto in cui avevano deciso i saggi padri fondatori, non serve più a nulla, perché il treno si ferma prima, per l’impossibilità di proseguire nella parte improvvidamente asfaltata. È stata installata una emettitrice di biglietti automatica, a di -
sposizione di chi è in grado di usarla, che qualche volta non funziona. A me è capitato una volta di trovarla fuori uso: mi sono rivolto al capotreno prima della partenza, il quale mi ha detto gentilmente di accomodarmi, che sarebbe venuto lui a farmi il biglietto. Io non l’ho più visto e ho viaggiato gratis fino a Vicenza. La mia frequentazione della stazione è saltuaria e quindi non potrei giurare che sia questo lo standard quotidiano del servizio. Certo però che una stazione ferroviaria totalmente abbandonata a se stessa, in questi tempi difficili, può diventare luogo di aggregazione di personaggi a loro volta difficili. Si veda l’articolo sul G.di V. del 18.5.24, cronaca di Schio: “Spaccio in stazione. Viene arrestata a 18 anni”. Certo che quanto più la stazione diventa sede di sbandati, tanto più cresce il senso di insicurezza da parte dei passeggeri e tanto meno gli operatori commerciali sono invogliati ad aprire un’attività. E quindi persiste e se possibile aumenta lo stato di abbandono.
Mariano CastelloDopo circa un secolo dall’ultimo restauro sostanziale, il Duomo presenta acciacchi da più parti, tra cui le scalinate, gli intonaci e i sistemi di deflusso delle acque meteoriche. Nel complesso il valore degli interventi di cui si è ravvisata la necessità ammonta a circa 2 milioni di euro.
IElia Cucovazl duomo di Schio va sotto i ferri. Sarà un vero e proprio intervento di chirurgia estetica - ma non solo - quello che partirà nei prossimi giorni e durerà fino a Natale. Assieme alla pulizia dei muraglioni e delle balaustre, infatti, sarà verificata anche la loro tenuta strutturale e consolidate eventuali fratture per scongiurare crolli. Un’operazione chirurgica a partire dagli strumenti impiegati: secondo quanto stabilito dalla Soprintendenza si procederà con metodi manuali e, dove occorre, si dovrà adoperare anche il bisturi per eliminare le concrezioni più ostinate e portare alla luce eventuali crepe nascoste. Metodi che fanno pensare che si tratti davvero di “Pietre Vive”, come recita il titolo della campagna di raccolta fondi per il restauro lanciata dalla parrocchia nel 2022, che finora ha consentito di raccogliere i 174 mila euro destinati a completare questo primo stralcio. Importante, certo, ma non risolutivo. Il “paziente”, infatti, dopo circa un secolo dall’ultimo restauro sostanziale, presenta acciacchi da più parti - tra cui le scalinate, gli intonaci e i sistemi di deflusso delle acque meteoriche - e nel complesso il valore degli interventi di cui si è ravvisata la necessità ammonta a circa 2 milioni di euro.
Per questo l’arciprete don Carlo Guidolin lancia un appello a non far venir meno il sostegno fin qui offerto dai cittadini di Schio: due terzi della somma impiegata per i lavori, infatti, derivano proprio dalle donazioni di privati cittadini inviate sul conto corrente intestato a: “Siamo pietre vive”, con Iban IT90C0866960752006000972766. Cifre
Parte a breve un intervento di “chirurgia estetica” sulla chiesa più importante della città, da tempo bisognosa di cura. I lavori andranno avanti fino a Natale. Assieme alla pulizia dei muraglioni e delle balaustre, infatti, sarà verificata anche la loro tenuta strutturale.
modeste, nella maggior parte dei casi, ma che sono riuscite a far partire questo primo stralcio di lavori testimoniando una volta di più l’affezione degli scledensi per quello che è uno dei principali punti di riferimento religiosi, culturali e paesaggistici della città.
Non meno importanti il contributo comunale di 13 mila euro (che sarà versato a rendiconto delle spese sostenute) e l’intero ricavato dello spettacolo di beneficienza “Quattro salti in corsia” della compagnia di cabaret dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, che si è svolto lo scorso aprile al teatro Astra.
«Non c’è stata invece finora quella adesione diffusa che si pensava potesse giungere dal tessuto produttivo e commerciale che a Schio è molto presente e vivo - fa presente Don Carlo -. Alcune realtà lo hanno fatto e a loro va il nostro grazie per aver aiutato a preservare il duomo per le future generazioni». Il costo complessivo dei lavori di consolidamento e pulizia dei muraglioni e delle balaustre in pietra, in realtà, era stato preventivato in circa 340 mila euro: i fondi raccolti fino ad ora, quindi, rappresentano circa la metà della somma necessaria. Tuttavia l’Unità Pastorale “Bakhita” ha voluto cominciare ugualmente con un primo stralcio, «per dare un segno tangibile di buona volontà ai tanti che finora hanno dato il loro contributo - spiega l’arciprete -, certi che l’avvio del cantiere sarà di sprone anche per altri e che gli scledensi non vorranno vedere l’intervento abbandonato a metà».
I ponteggi in occasione della festa del patrono
In occasione delle celebrazioni per la festa patronale del 29 giugno, quindi, si dovreb -
bero iniziare a vedere i ponteggi installati. Resteranno lì, in previsione, almeno fino quasi a Natale. Salvo imprevisti, comunque, l’intervento permetterà di rimuovere le reti metalliche e le transenne che ormai dal lontano 2019 - ossia dal momento in cui si è resa evidente la necessità di lavori di messa in sicurezza - sono state installate a scopo precauzionale lungo tutte le balaustre in pietra e alla base del muraglione per scongiurare incidenti connessi a un eventuale distacco di materiali.
«In ogni caso non è semplice prevedere oggi con precisione quando questo potrà avvenire - spiega l’architetto Massimo Zampieri, che ha curato il progetto di restauro e che ha assunto anche la direzione dei lavori - in quanto lo stato delle strutture si renderà evidente mano a mano che procederemo con la pulizia».
A eseguire materialmente i lavori sarà l’impresa Athena Restauri di Thiene, specializzata in recupero conservativo di edifici con una lunga esperienza e che ha già operato tra l’altro nelle chiese dei Cappuccini a Bassano e di San Domenico a Vicenza e nella Villa Cerchiari di Isola Vicentina. La patina nera che nel tempo ha contaminato le facciate non è smog, come qualcuno potrebbe pensare, ma è dovuta principalmente alla proliferazione di muffe e alghe sulla pietra. Per rimuoverla la Soprintendenza dei beni culturali ha imposto l’uso di sistemi il più possibile conservativi. Quindi non si potrà semplicemente pulire le superfici con metodi ordinari in edilizia, ad esempio mediante sabbiatura, per quanto leggera, ma bisognerà procedere con spazzole di saggina e raschietti manuali fino ad arrivare per l’appunto al bisturi per gli anfratti più minuti.
Verifica e intervento ad ampio raggio
«Una volta installati i ponteggi, inoltrecontinua Zampieri - sarà possibile un’ispezione più accurata della parte sottostante la pavimentazione, ossia delle strutture che dal colle del Gorzone (la collinetta naturale su cui già dalle origini di Schio trovò collocazione la chiesa principale della città) si innalzano per sostenere i muraglioni e il pronao. Ad oggi in effetti non esiste documentazione riguardo quella parte nascosta eppure fondamentale del duomo e, anche se non ci sono sintomi preoccupanti, sarà importante verificarne lo stato di conservazione».
Ciò anche in vista di verificare il corretto funzionamento dei sistemi di deflusso delle acque meteoriche, cosa particolarmente significativa in presenza di “bombe d’acqua” come quelle delle scorse settimane, sempre più frequenti in questi anni e che in futuro potrebbero esserlo ancora di più.
«Per lo stesso motivo sarà importante proseguire con i lavori sulle facciate in modo da poter condurre un’ispezione puntuale fino ai tetti - precisa il professionista -. A una prima ispezione condotta con il dro-
ne non sono apparse situazioni allarmanti, ma sarebbe bene poter verificare coi propri occhi in condizioni di sicurezza». Nel caso in cui, invece, si riuscisse a ottenere già in questo primo stralcio dei risparmi rispetto al preventivato, si potrebbe investirli nella tinteggiatura del colonnato: inestetismo che non pregiudica in alcun modo la statica del pronao, ma che certo è
molto impattante dal punto di vista estetico. Forse però è bene che quelle macchie restino lì fino al completamento di tutti gli interventi più utili, ancorché meno visibili, in modo che quella stonatura nel salotto buono della città sia di sprone ai cittadini per fare quanto è necessario affinché San Pietro possa ritornare a presentarsi nella sua forma più smagliante. ◆
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Una mostra fotografica degli studenti della “Maraschin” per pensare ai diritti dei bambini e dei ragazzi
Martedì 21 maggio i ragazzi delle classi prima bianco, terza bianco e terza rosso della scuola secondaria di primo grado “Pietro Maraschin” di Schio, con la direzione e i consigli di alcuni insegnanti e con la partecipazione di volontari dell’associazione no profit “Still I Rise”, hanno inaugurato la mostra “INSIEME”. In realtà una mostra simile era stata già allestita lo scorso anno, ma con grandissimo piacere è stata riproposta.
“Still I Rise” è una ONG nata nel 2018 per merito di Nicolo’ Govoni, un giovane italiano che sta cercando di aprire scuole in varie zone del nostro pianeta che attualmente non garantiscono un’istruzione a bambini e ragazzi a causa di guerre in corso, o di difficili condizioni economiche e sociali.
“Through our eyes” è una mostra fotografica itinerante: i bambini e i ragazzi hanno avuto la possibilità di fotografare la realtà in cui vivono. La maggior par-
te di queste immagini risulta cruda ed evidenzia un’estrema povertà, ma alcune foto riescono anche a strappare un sorriso e a risvegliare la parte più sensibile e tenera di ognuno.
L’anno scorso è iniziato il percorso alla scoperta di “Still I Rise” e dei suoi obiettivi e come prima cosa sono state scelte alcune delle immagini realizzate dai ragazzi delle scuole allestite in Kenya, in Siria e a Samos. In ogni foto era inserito un breve commento da parte dell’autore e in seguito i ragazzi della “Maraschin” (istituto comprensivo “Il Tessitore”) hanno aggiunto una didascalia, una riflessione sul significato e sul messaggio che ogni foto trasmetteva. Successivamente sono state realizzate delle foto di Schio, cercando tra le nostre strade i punti di forza e di debolezza. In questo modo, gli studenti si sono messi in gioco, verificando il rispetto o meno dei loro diritti. Ma non sono state presentate
solo foto: sono stati appesi dei caviardage realizzati dopo la lettura del libro “Attraverso i nostri occhi”, che ha stimolato delle riflessioni sul senso di altre guerre che contrastano con quanto l’agenda 2030 suggerisce (obiettivo 16, “pace e giustizia”). I genitori sono stati sfidati al gioco dei diritti inventato lo scorso anno e i ragazzi hanno anche aiutato le volontarie al banchetto dei libri e gadget di “Still I Rise” (vestiti, penne, libri).
Un ringraziamento speciale va ai professori che hanno guidato e sostenuto in questo viaggio di scoperta dall’inizio alla fine. Si vuole inoltre ringraziare tutti i volontari che in questi due anni sono venuti a presentare l’organizzazione e tutti quelli che hanno collaborato, cercando di contribuire al meglio per rendere la mostra degna di essere riproposta: vista la grande richiesta si spera di poter aprire a breve al pubblico le porte della scuola per poter vedere ancora quanto realizzato.
Beatrice Bortoli, Giulia Zorzi Classe 3 bianco
andato in onda sulla Rai, lo scorso 30 maggio, il film “Com’è umano lui”, un biopic su Paolo Villaggio diretto da Luca Manfredi. Nel cast anche Andrea Filippi, musicista scledense ventiquattrenne, che interpreta un giovane Fabrizio De André, grande amico del comico genovese. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare la sua storia, dai primi passi mossi all’indirizzo musicale della scuola media “Fusinato” di Schio fino ai set romani e agli spettacoli teatrali in tutta Italia.
Come è arrivato a interpretare uno dei più grandi cantautori italiani in una produzione cinematografica nazionale?
“Mi ci ha portato la musica, da sempre mia grande passione e ora anche lavoro. Alle scuole medie “Fusinato” ho iniziato a studiare clarinetto, strumento che ho approfondito negli anni delle superiori e in quelli successivi al conservatorio di Vicenza, dove mi sono diplomato. Nonostante un ulteriore diploma da perito informatico all’Itis di Thiene, ho sempre sperato di poter fare il musicista classico. Poi, a 18 anni, l’incontro con il cantautorato italiano: è stata una rivelazione, avevo trovato un genere che mi permetteva di unire il grande amore per la musica a quello, altrettanto profondo, per la letteratura e la poesia”. L’avvicinamento alle opere di Fabrizio De André com’è arrivato?
“È stato naturale: umanamente, artisticamente e intellettualmente penso sia stato uno dei personaggi più illuminati e profondi del nostro Novecento. Ho iniziato a pensare che avrei dovuto farlo conoscere di più alla mia generazione e ho abbozzato la scaletta di un concerto-tributo da portare nei teatri della nostra zona. Ci ho messo tutto me stesso, dedicandomi molto allo sviluppo di questo progetto e alla sua pubblicità. Alla fine, nel 2019, sono riuscito a tenere un primo concerto nel teatro del Centro Giovanile di Santorso che ha riscosso un buon successo e da lì anche i comuni limitrofi hanno iniziato a contattarmi”.
Andrea Filippi è un giovane musicista scledense che di recente ha ottenuto un’importante e lusinghiera visibilità interpretando Fabrizio De Andrè in un film sulla vita di Paolo Villaggio. “Diventare io stesso un cantautore –dice è uno dei sogni più grandi”.
Poi però è arrivato il Covid…
“Si, ma non mi ha fermato. Ho usato i lunghi mesi senza concerti dal vivo per migliorare lo spettacolo, curare al massimo l’interpretazione e iniziare a farmi conoscere sui social con dei video che sono diventati virali. Dal 2021/2022 hanno cominciato a invitarmi a tenere concerti in tutta Italia. Grazie a questa maggiore visibilità sono stato notato anche dalla produzione del film “Com’è umano lui” e, dopo qualche tentennamento iniziale, ho accettato la sfida. Il mio timore era quello di essere preso per un mero imitatore di Faber, ma alla fine mi sono convinto che valeva la pena provarci. È stata un’esperienza entusiasmante, ho imparato moltissimo”. Il suo mestiere, però, rimane quello di musicista?
“Certo. Al momento sono in tournée con una serie di spettacoli dedicati a preservare l’eredità di Fabrizio. Mi esibisco assieme alla band “I Notturni”, a Valeria Zanella con cui formiamo il Duo De André, e all’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta.
Cosa apprezza di più della musica di Faber?
“La sua capacità di affrontare temi sociali con un valore universale, che risuonano attualissimi anche oggi: poterne interpretare l’opera è un privilegio.
Nel futuro cosa vede?
“Diventare io stesso un cantautore è uno dei sogni più grandi, per quanto so che possa essere una strada in salita. Già arrivare fin qui mi ha portato a dover affrontare alcune difficoltà, legate principalmente al pregiudizio per cui, essendo giovane, è complicato ottenere la fiducia altrui e al fraintendimento per cui alcuni pensano che interpretando De André ne sarei un semplice imitatore, senza conoscere il lavoro di studio e adattamento che c’è a monte. Il lavoro di gruppo con gli altri musicisti e il contatto con tante diverse persone ripagano di tutti gli sforzi”.
Vive ancora a Schio?
“Certo, torno appena posso, anche se sono spesso in giro per il Paese. Schio mi piace molto, qui ho la mia famiglia e sento, soprattutto nell’ultimo periodo, un certo fermento culturale che porta molti giovani ad auto-prodursi festival e appuntamenti. Cosa ne pensa dello spazio dedicato alla musica in città?
“Mi piacerebbe che la musica fosse più supportata e valorizzata, dedicandole spazi adeguati e creando più occasioni per esibizioni e condivisioni. Da Schio stanno iniziando a emergere parecchi artisti e mi auguro ci possa essere un cambiamento positivo nel modo di supportarli”. ◆
Al centro Andrea Filippi nei panni di Fabrizio De Andrè nella fiction “Com’è umano lui” andata in onda sulla Raitempo di dichiarazioni dei redditi. Molti si saranno già preoccupati di inoltrare la documentazione, probabilmente prediligendo l’invio on line: negli ultimi anni è diventato sempre più elevato il numero di coloro che usufruiscono del modello precompilato digitale e, armati di SPID o CIE, si occupano in autonomia di verificare i propri redditi e comunicarli all’Agenzia delle Entrate. Gli altri, invece, si rivolgono ai CAF o ai commercialisti, chiamati a un superlavoro a partire dal mese di maggio. Ma quanto guadagnano gli scledensi? Qual è il loro reddito medio? Come si posizionano rispetto ai residenti dei comuni vicini nella classifica della ricchezza nazionale?
Redditi in linea con la media
Nelle scorse settimane il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato i risultati delle dichiarazioni dei redditi 2023 relativi alla ricchezza generata dagli italiani nel 2022. I numeri riservano anche qualche sorpresa. In cima alla classifica dei “paperoni” nazionali ci sono i residenti di Portofino: non una grande novità, visto che il centro sulla costa ligure ospita le residenze di alcune tra le persone più abbienti del paese. Qui il reddito medio supera i 90.000 euro annuali ed è un dato fuori classifica: i secondi più ricchi sono i residenti di Lajatico, borgo in provincia di Pisa, ben distanziati a quota 52.000 euro circa. Gli scledensi hanno un reddito che vale meno della metà dei lajatichesi: 23.800 euro annui circa, in linea con la media nazionale che si attesta attorno ai 23.650 euro. È un dato, tuttavia, che lascia un po’ sorpresi, vista la vocazione industriale della città e le sue dimensioni: in Veneto, ad esempio, Belluno, che ha un numero di abitanti simile al nostro, veleggia sopra i 25.000 euro. Attorno a Schio hanno redditi più alti i thienesi, che si attestano sui 24.400 euro annui, i vicinissimi orsiani, che dichiara-
È tempo di dichiarazioni dei redditi e vien da chiedersi: quanto si guadagna a Schio e dintorni? I dati più recenti dell’Agenzia delle Entrate dicono che gli scledensi hanno un reddito medio di 23.800 euro, in linea con la media nazionale (23.650). Redditi più contenuti per turritani (circa 22.000 euro), maladensi (22.700) e maranesi (23.000).
no 24.500 euro, e i bassanesi, che sfiorano quasi i 26.000 euro. Schio risulta inoltre più “povera” della maggior parte dei capoluoghi di provincia regionali: solo Rovigo, con 23.600 euro, fa peggio di noi, mentre Padova entra tra le top 5 città italiane più ricche con un reddito medio di quasi 28.000 euro. Redditi più contenuti, invece, per turritani (circa 22.000 euro), valdagnesi (22.500 euro), maladensi (attorno ai 22.700) e maranesi (poco sopra i 23.000 euro).
Un territorio in difficoltà?
Sebbene rispetto a molti altri contesti nazionali il nostro sia un territorio mediamente benestante, viene in ogni caso da domandarsi se Schio e l’Altovicentino siano in una fase di involuzione economica rispetto al passato. In Veneto i distretti padovani e trevigiani corrono più veloce di quello vicentino, con redditi medi più significativi. Se diamo per scontata la bontà delle dichiarazioni inoltrate all’Agenzia delle Entrate, la geografia veneta della ricchezza è tutta verso est, come se le aree orientali della nostra regione fossero state più al passo con l’evoluzione tecnologica e organizzativa che ha investito il mondo
economico nell’ultimo ventennio. Probabilmente una digitalizzazione più spinta, una diversa gestione di investimenti e capitali, dimensioni considerevoli delle aziende – più grandi rispetto alle PMI nostrane – uno sviluppo più marcato del settore dei servizi sono stati in grado di creare e distribuire più valore.
Oltre alle spiegazioni economiche, potremmo ricercare le cause di questa differenza economica in una maggiore disomogeneità sociale rispetto ad altri comuni: in pratica a Schio potrebbe abitare un maggior numero di persone meno abbienti che in altri territori limitrofi, andando così ad abbassare la media reddituale. Eppure, territori con comunità che presentano gruppi sociali più in difficoltà (pensiamo al numero considerevole di primi immigrati impiegati nella zona conciaria della bassa Valle dell’Agno), hanno redditi medi più alti. Insomma, parrebbe proprio che a Schio la ricchezza prodotta non sia all’altezza della storica fama industriale della città. Oppure, semplicemente, le dichiarazioni dei redditi degli scledensi potrebbero essere… ritoccate al ribasso, ma siamo troppo in buona fede per pensare che questa sia la spiegazione più plausibile. ◆
iugno, festa patronale, Sarèo: tradizionale trinomio a cui gli scledensi sono ancora molto affezionati. A curare l’attesa mostra di pittura in via Pasubio ci pensa, da sempre, il Gas, ovvero il Gruppo Artisti Scledensi.
Il Gas è nato oltre cinquant’anni fa come attività collaterale del Dopolavoro Lanerossi; allora come soci figuravano, fra gli altri, Ada Zanolo, Guido Bassetto, Mario Noaro, Silvio Cavedon, Giuseppe Pupin, Livio Comparin: tutti artisti noti e apprezzati, non solo in ambito scledense. Risale al novembre del 1976, invece, la prima collettiva del Gas così denominato, che all’inizio non poteva nemmeno contare su una sede idonea; il Comune ha assegnato solo in seguito alcuni locali in via Strasseggiare, dove i componenti del gruppo organizzavano i primi corsi serali di pittura. La sede storica dell’ex Asilo Rossi è arrivata in un terzo momento, e da allora il gruppo si è espanso fino a raggiungere i centotrenta iscritti. Ora gli attuali trenta componenti del gruppo si ritrovano all’ultimo piano di Palazzo Toaldi Capra.
Zona piazza Falcone Borsellino, più precisamente sotto il porticato rotondo della palazzina di mattoni, dove c’è la banca. E dove fino a qualche mese fa c’era un bar, poi chiuso per cessata attività. Quella che non sembra cessata è l’attività di chi frequenta l’area in orari meno “battuti” e ben rifornito di liquidi. In effetti qui l’impressione è che, chiuso il vecchio bar, uno nuovo abbia aperto nel vicino cestino dei rifiuti. [S.T.]
registri in questi anni la mancanza di ricambio generazionale tra i soci, rimane attivo e presente con iniziative e progetti.
“A suo tempo abbiamo lavorato molto per rendere fruibili le stanze dell’ex Asilo Rossi che ci erano state assegnate - dice il presidente Moreno Dalla Vecchia –. Ricordo che con noi in quella sede c’erano anche Schio Teatro Ottanta e il Complesso Strumentale. Anni pionieristici, di grande lavoro e grande soddisfazione. Ci eravamo addirittura divisi in due gruppi: uno seguiva un filone pittorico classico e l’altro si occupava di sperimentazione. Quando l’Asilo Rossi è diventato inagibile siamo passati per un periodo alle barchesse di Palazzo Fogazzaro e anche lì ci siamo rimboccati le maniche per migliorare al massimo i locali. La sede attuale è piuttosto ristretta, ma per il momento la facciamo bastare, non ci potremmo permettere affitti più onerosi”.
Con il Covid avevate bloccato la Sareo, poi però siete riusciti a ripartire.
“Fortunatamente sì e quest’anno ci sarà anche il concorso biennale a tema libero che attirerà di certo pittori esterni: al vincitore verrà offerta la possibilità di allestire una personale al Toaldi Capra”. Ci sono giovani fra i vostri soci?
“Purtroppo no - interviene Giuseppe Fochesato – e siamo rammaricati dal mancato ricambio generazionale. Abbiamo anche organizzato corsi specifici per intercettare ragazzi e ragazze, ma probabilmente ci sono altri interessi e altre associazioni, magari più innovative, che attirano maggiormente. C’è da precisare che servono tempo, studio e pazienza per diventare pittori, scultori o incisori: è difficilissimo che in campo artistico i riconoscimenti arrivino subito, bisogna lavorare sodo e umilmente e non tutti i giovani sono disposti a farlo. Magari da
parte nostra sarebbero necessarie strategie diverse, come l’organizzazione di concorsi a livello provinciale, regionale, nazionale… ma ci vorrebbero energie e fondi che per il momento non sono in nostro possesso”. Alcuni vostri iscritti sono stati premiati in più occasioni, altri hanno aperto atelier in centro città…
“Questo ci riempie di soddisfazione. Si sa che l’artista, di suo, è un individualista, ma siamo convinti che far parte di un gruppo che offre stimoli diversi sia un valore aggiunto; se poi qualcuno ha più successo di altri, ben venga”.
Oltre alla Sareo, organizzate altro in corso d’anno?
“Certo - proseguono Dalla Vecchia e Fochesato – non ci limitiamo alla mostra di fine giugno. Partecipiamo a manifestazioni e organizziamo collettive, come quelle autunnali e natalizie, che ogni anno fanno registrare numerosi visitatori. Per stimolare gli iscritti a suo tempo abbiamo anche proposto mostre a tema legate a materiali, supporti, misure diversificate, registrando una buona partecipazione. Organizziamo poi corsi aperti a tutti gli appassionati: quest’anno ne abbiamo tenuti due sull’acquerello e uno di arteterapia; pensiamo di ripeterli in autunno e ci piacerebbe introdurne altri sull’affresco, sull’uso delle lacche, sul graffito… Ovvio però che sarebbero necessarie sponsorizzazioni”.
Facciamo arrivare il messaggio?
“Certo che sì: le idee ci sono e siamo disposti a lavorare per realizzarle. Lo abbiamo sempre fatto, con la convinzione che offrire arte e bellezza alla città sia un valore da coltivare”. ◆
Il Gas, Gruppo Artisti Scledensi, ha superato il mezzo secolo di vita e, sebbenea quando Senna non corre più, da quando Baggio non gioca più, non è più domenica”, canta Cesare Cremonini in una delle sue migliori canzoni. Tra un paio di settimane, per quanto ci riguarda, saremo costretti ad aggiungere a questo refrain canoro un nuovo triste elemento: da quando Micheletto non sforna più, non è più domenica. Eh sì, perché purtroppo con l’imminente fine di giugno finisce anche la storia sessantennale dell’omonima pasticceria di via Rovereto. Maurizio Micheletto e Sabrina Carlotto hanno preso la dura e difficile decisione: l’età della pensione è arrivata, complice anche la salute non perfetta del titolare che consiglia un meritato rallentamento dopo più di mezzo secolo ininterrotto di lavoro. E come fai a dargli torto? Quel che rattrista è che con loro si debba fermare anche un’attività così rinomata e avviata, a causa dell’impossibilità di trovare nuovi giovani leve disponibili a rilevarla e a continuare la tradizione. Anche quello del pasticcere, in sostanza, sta diventando un mestiere raro, complice la tendenza delle nuove generazioni a rifuggire i lavori che non lasciano libero il fine settimana.
La storia che ora si conclude era iniziata nel 1963 per iniziativa di Enrico Micheletto e della moglie Teresa, che avevano avviato il primo laboratorio in via monte Novegno, all’altezza dell’attuale gelateria. Intorno a fine anni Settanta era arrivato il trasferimento pochi metri più in là, su via Rovereto, dove adesso c’è una rosticceria. Infine, nel 2010, l’ultimo spostamento, anche questo di poche decine di metri, per arrivare nella sede attuale di fronte al parcheggio delle scuole Rosmini. Nel corso del tempo
I titolari della pasticceria, Maurizio Micheletto e Sabrina Carlotto. Sotto, il gateau, un dolce la cui ricetta è stata tramandata a Micheletto dalla mamma, e che adesso va a scomparire con la chiusura dell’attività.
Dopo sessant’anni di storia, a fine giugno cessa l’attività della pasticceria di via Rovereto. I titolari vanno in meritata pensione, ma resta la tristezza per la perdita di un dolce che dovrebbe entrare nella “hall of fame” delle migliori cose prodotte dal made in Schio.
ad Enrico è subentrato il figlio Maurizio, con la moglie Sabrina, che da vent’anni gestiscono insieme l’attività di famiglia. Generazioni di scledensi, insomma, si sono leccati i baffi con le paste di Micheletto, e poi con le torte: le meringate, i profiterol, i tronchi di cioccolata, le torte di mele e quant’altro. Ma soprattutto, se permettete, con il gateau. Un dolce sopraffino che – se si amano le torte morbide e cremose – non si può che votare come “Torta Più Buona Del Mondo”, con tutte le lettere maiuscole. Un capolavoro da inserire nella “Hall of fame” delle migliori cose prodotte dal Made in Schio. Per chi scrive risulta difficile assorbire la prospettiva della perdita della morbidezza e della delicatezza di un gateau Micheletto che si scioglie in bocca sprigionando un intero arcobaleno di sapori, “ove – direbbe il poeta – per poco il cor non si spaura”. Una ricetta racchiusa nelle mani e nella testa di Maurizio, tramandata dai genitori.
Dunque, ognuno si regoli come crede, noi ve l’abbiamo detto: resta poco tempo – appena una decina di giorni - prima che le saracinesche di Micheletto si abbassino definitivamente.
Dopo, per quanto ci riguarda, senza più quel gateau non sarà più domenica. ◆
Il prossimo 16 luglio, alle 21, il Teatro Civico ospiterà un concerto d’eccezione con Janas Saxophone Ensemble e il celebre sassofonista Xavier Girotto. Il gruppo, di passaggio in città e diretto al Congresso Europeo del Sassofono, è stato “intercettato” grazie all’Accademia Musicale di Schio, al Conservatorio di Cagliari e al Comune. Le prevendite si effettuano presso l’Accademia e la Farmacia Sella. [M.D.Z.]
Tra Branduardi, la coppia Cazzullo-Ovadia e Saviano, gli organizzatori del festival che si svolge al Sacro Cuore hanno realizzato un’edizione che ha attratto anche quest’anno un folto pubblico anche da ben oltre la città.
SMirella Dal Zottotupiscono anno dopo anno, gli organizzatori del Sacrofest: capitanati da Alberto Vitella, sono numerosissimi, volontari e si sanno occupare di tutto, dagli eventi agli stand gastronomici a tema. Sono la tangibile prova che l’Italia si poggia sulla generosità di molti che mettono a disposizione tempi e talenti per la comunità. Al Sacrofest sono in grado di portare in città grandi nomi del panorama artistico-culturale di qualità e dimostrano di eguagliare, arrivando anche a superare, organizzatori professionisti. Quest’anno, oltre a una serie di incontri sulle più svariate e pressanti tematiche, sono arrivati al Sacrofest Branduardi, Cazzullo e Ovadia, Saviano. Gli scledensi hanno potuto godere, nella prima settimana di giugno, di un’offerta culturale di elevato valore. Il bilancio dell’edizione è ancora una volta di tutto rilievo: nei dieci eventi in teatro e nei due eventi proiettati in chiesa è stata stimata una presenza totale di oltre 4.500 persone. Gli stand e il chiosco bar sono stati frequentati da non meno di 300 persone a sera.
Le confessioni di Branduardi
Angelo Branduardi, menestrello della canzone d’autore, è stato sul palco dell’Astra con il suo “Confessioni di un malandrino”, in coppia con il polistrumentista Fabio Valdemarin. Teatro gremito in ogni ordine di posti, come accade di rado, pubblico attento e partecipe che ha tributato una standing ovation finale meritatissima. Si
è trattato di un concerto essenziale, puro, intimo, emozionante, spirituale. Branduardi, accompagnato splendidamente da Valdemarin, si è raccontato dal punto di vista professionale e umano, portando un significativo assaggio del suo mondo musicale unico e ineguagliabile, alternando brani famosi a pezzi che propone di rado e recitando anche poesie dell’amato Yeats. Linguaggio raffinato, il suo; del resto “essendo la musica l’arte più astratta, è anche la più vicina all’Assoluto”, ha tenuto a precisare citando il suo amico e collega Ennio Morricone. Il pubblico ha ascoltato in religioso silenzio i brani meno conosciuti, ma poi ha cantato con l’autore all’arrivo del celebre “Geordie” e dei due pezzi conosciutissimi del bis: “Alla fiera dell’Est” e “La pulce d’acqua”. Memorabile serata.
La Bibbia di Cazzullo e Ovadia
“Il romanzo della Bibbia”, di e con Aldo Cazzullo e Moni Ovadia, ha debuttato in prima nazionale al Teatro Pasubio. I due hanno tentato un’impresa epica: raccontare, come ha detto Cazzullo alla platea e alla galleria gremite, l’autobiografia di Dio. Per farlo, gli autori si sono avvalsi delle musiche curate da Giovanna Famulari, ma eseguite nella serata scledense dalla pianista Elisabetta Serio. Il racconto ha toccato gli episodi e i personaggi più noti dell’Antico Testamento, dalla Creazione a Sodoma e Gomorra, dall’Eden all’Arca, da Abramo a Isaia alle grandi donne della Bibbia. Due ore ininterrotte in cui Cazzullo ha narrato con il suo stile da “Gior-
nata particolare” e Ovadia si è inserito con canti e riflessioni. Lo spettacolo, però, a nostro avviso necessita di un supporto iconico e di un intervallo; anche qualche scelta musicale non ci è parsa del tutto inserita nel contesto, sacro e profano non sempre si possono fondere. Senza nulla togliere alle grandi capacità dei protagonisti, diciamo che gli ingredienti vanno mescolati meglio per accontentare tutti i palati: infatti, molti hanno applaudito, ma qualcuno è uscito dalla sala anzitempo. A teatro, è un’indicazione che suggerisce sempre qualcosa.
Roberto Saviano, che ha chiuso la terna degli incontri top, dopo aver incontrato un gruppo di scout, ha indagato al “Pasubio” il rapporto molto stretto tra la mafia e la religione; è stato accompagnato dal giornalista Lauro Paoletto, che gli ha rivolto domande ad hoc davanti a un pubblico attento, che ha gremito il teatro per ascoltare il suo “Vangelo del crimine”.
Dopo aver asserito che tutti i capimafia sono assolutamente convinti di agire in nome di princìpi cristiani, Saviano ha voluto ricordare la figura di don Peppe Diana, ucciso dalla camorra ed esempio emblematico di resistenza contro l’organizzazione criminale. Lo scrittore ha anche parlato del suo rapporto con il Vangelo, raccontando quelli che per lui sono i momenti più toccanti, come la paura di Cristo nel Getsemani e la sua morte in croce, con i ladroni. Nel finale ha brevemente presentato il suo ultimo libro, “Noi due ci apparteniamo”, che indaga il rapporto tra la mafia e la sfera dei sentimenti, affermando che l’amore non è controllabile da parte di nessuno: è una forza che nemmeno le mafie possono fermare. ◆
Doppio anniversario, all’Astra, lo scorso 31 maggio: i ruspanti “Risi e bisi” hanno festeggiato i loro goliardici quarant’anni e Bobby Solo, intervenuto subito dopo la loro esibizione, ha ricordato i sessant’anni di “Una lacrima sul viso”, canzone che gli ha fatto ottenere grande successo in varie parti del globo. I cinque dei “Risi e bisi”, fedeli alla loro satira alla veneta, hanno toccato temi politici locali, dedicando anche al sindaco uscente Orsi, presente in sala, la canzone di Bobby Solo “Non c’è più niente da fare”, ovviamente rivista alla loro maniera. Oltre alla politica, hanno preso affettuosamente di mira il corpo degli alpini e la recente adunata, servendosi stavolta di “Una terra promessa” di Ramazzotti per la loro parodia. Grasse, liberatorie risate e applausi dal pubblico di affezionati che segue il gruppo nelle sue serate.
A seguire, è arrivato un Bobby Solo sempreverde con cui i “Risi e bisi” hanno stabilito un sodalizio: bravo, simpatico, umile, pronto alla battuta, all’aneddoto e rispettoso del
I
pubblico. Una giovane, vecchia gloria che ha stupito cantando e suonando per più di un’ora e mezza pezzi suoi e del suo idolo Elvis Presley, ma anche dei Beatles e di Belafonte. Supportato da un’ottima band che lo segue nelle partecipazioni televisive e nei concerti, si è scatenato in assolo alla chitarra elettrica, con canzoni che hanno fat-
Da anni la Fondazione Teatro Civico affianca alla classica rassegna teatrale progetti per cittadini di tutte le età: Campus Lab-officina delle arti, Dance Well-ricerca e movimento per il Parkinson, e un cartellone di Teatro Scuola. Le iniziative di quest’anno hanno coinvolto in particolare le giovani generazioni e accanto ai laboratori consolidati ne sono partiti di nuovi, come quelli di accompagnamento critico alla visione, di comunicazione, di teatro in lingua inglese, di stage tecnici e di danza intergenerazionale. L’edizione 2023/2024 ha così compreso Teens primi amori teatrali (under 14), Campus Critico, Campus Well e un percorso per i docenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado denominato “Benessere e cura del corpo docente”. La Fondazione ha inoltre collaborato con l’IIS Martini e con l’ITET Pasini per “Primavera d’amore. Piccolo festival della cultura e dell’arte”, nel quale Campus Company è stata inserita. Una sessantina sono stati, poi, i cittadini coinvolti nella pratica artistica Dance Well, punto di partenza per tre nuovi laboratori che hanno coinvolto docenti e
studenti dai 14 ai 19 anni. Campus Well ha previsto quattro incontri e ha coinvolto sei classi dell’IPSIA Garbin e due dell’Istituto Martini. “Benessere e cura del corpo docente”, al quale hanno partecipato venticinque insegnanti di tre istituti scolastici, si è svolto anch’esso in quattro incontri che, attraverso il movimento, hanno promosso l’emersione di soft skills. Rispondendo poi a una richiesta diretta del mondo della scuola per il contrasto al fenomeno dell’abbandono, le docenti di Dance Well hanno attivato un laboratorio specifico di pratiche artistiche e di movimento con una decina di studenti del Garbin.
Il mondo del teatro si è messo in relazione anche con realtà sociali attive nel territorio, come l’associazione Contro l’Esclusione, la cooperativa Il Ponte e i Salesiani di Schio. Il consolidamento e la sostenibilità dei progetti di comunità sono stati resi possibili grazie al sostegno del Comune di Schio, dei soci della Fondazione e di numerosi sponsor che credono nella funzione sociale, oltre che culturale, del teatro.
◆ [M.D.Z.]
to la storia della musica rock, ma è piaciuto pure nei pezzi country e blues. Un serio, grande professionista che ama il suo pubblico come pochi e che prova ancora gioia, a quasi ottant’anni, a stare sul palco e suonare. Non c’era il pienone in platea, ma i presenti hanno passato una piacevole serata. ◆ [M.D.Z.]
Il Circolo Fotografico Scledense compie cinquant’anni e li sta festeggiando con una mostra allo Shed di via Pasubio, che rimarrà aperta fino al 14 luglio. Si potranno ammirare scatti effettuati in particolari occasioni per la città: “Facce da Schio” (mostra di successo del 2001), “El Balòn del Conte” (sulla rievocazione del 2005); ci sono estratti di archivi fotografici legati all’archeologia industriale e all’architetto Antonio Caregaro Negrin, una sezione di Gaetano De Faveri sulla crisi della società contemporanea e una selezione delle migliori opere dei soci. La rassegna comprende inoltre scatti di alcuni fotografi molto famosi, fra cui Fontana, Berengo Gardin, Roiter, Scianna, Galimberti, Giacomelli.
Sono stati programmati anche incontri con l’autore, con Francesco Lopergolo, Cesare Gerolimetto, Gianni Maitan e (il 28 giugno) Roberto Salbitani.
La mostra, a ingresso libero, è aperta al sabato e alla domenica, dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30. [M.D.Z.]