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Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIII n. 119 - febbraio 2024

Marigo per il dopo Orsi

“A noi i cittadini piacciono”

La vicesindaca uscente ha dato il via alla campagna elettorale con una “miniconvention” che ha richiamato 600 persone. “In questi anni – dice - ci siamo concentrati su un’idea di città inclusiva, per i giovani, le famiglie, gli anziani. Una città accogliente e che attrae. Continueremo a farlo, ascoltando la gente. Perché a noi i cittadini piacciono, Io quando arrivo in municipio trovo spesso persone che mi aspettano per dirmi qualcosa che gli sta a cuore. Non mi sono mai sottratta a questo dialogo e confronto”.

Jazz e Grande Mela, le passioni di Toni Moretti - p.8 ◆ “Indomitri” lancia una palestra inclusiva - p.10

Di mese in mese

Una campagna elettorale partita già con un paio di novità

ristina e Cristiano, dunque, sono partiti per la corsa al “dopo Orsi”. Ognuno dei due lo ha fatto con un evento di lancio ufficiale: Cristina Marigo con una vera e propria “mini convention” all’interno dell’azienda Gps di Daniele Grotto in zona industriale, Cristiano Eberle con un incontro pubblico all’Oasi Rossi. Sotto il profilo organizzativo, la serata di presentazione della vicesindaco ha sicuramente fatto più impressione: circa 600 persone presenti, personale incaricato per indirizzare le auto al parcheggio, viale d’ingresso aziendale illuminato e scenografico, palco con videowall, un conduttore a tirare le fila, video “motivazionale” di partenza per caricare gli animi, intervento introduttivo del sindaco a preparare il clou della serata e infine più di un’ora (troppo, onestamente) di dialogo tra moderatore e candidata, per chiudere con il buffet in piedi. L’incontro di Eberle è stato più semplice: il salone dell’Oasi Rossi, circa 300 persone, un complessino a suonare musica prima dell’inizio con preferenze per Battiato e Fossati, discorso di apertura di Betta Moro, ex portabandiera del Famila basket ora

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Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

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candidata in lista, e intervento del candidato sindaco, anche qui con buffet finale. Ma al di là della maggiore o minore complessità organizzativa, quella che merita di essere segnalata è la novità del format: l’evento ufficiale di presentazione del candidato sindaco è una modalità originale per Schio, e richiama un po’ le convention dei partiti americani in occasione delle elezioni del presidente. Un’idea interessante e apprezzabile, figlia dei tempi che chiedono nuovi modi di fare comunicazione politica, e utile non soltanto per chiamare a raccolta la propria base, ma anche per provare a riavvicinare un po’ la gente alla cosa pubblica e l’elettore alla cabina di voto. Un’altra novità – o più che altro una curiosità - di queste Comunali è il fatto che entrambi i candidati abbiano di fatto ricevuto la “benedizione” di due degli imprenditori scledensi più in vista di questi anni. Uno per ciascuno, s’intende. Se infatti a Cristiano Eberle si può avvicinare - per trascorsi professionali, sportivi e amicali – la figura di Marcello Cestaro, numero uno del gruppo Unicomm ma per gli scledensi soprattutto patròn del Famila basket, a Cristina Marigo dopo la convention in Gps è lecito avvicinare la figura di Daniele Grotto, che con i suoi vari stabilimenti (l’ultimo notevole investimento si è da poco concluso nell’area ex Smit) è oggi per la zona industriale quello che rappresentava la Lanerossi negli anni Settanta.

Va detto, però, che finora, per quanto si sia ormai a fine febbraio, non è ancora uscito allo scoperto il centrodestra. O meglio, il punto di domanda riguarda Fratelli d’Italia e Lega, perché Forza Italia la sua scelta l’ha fatta proprio in questi giorni: quella di appoggiare Marigo. “L’amministrazione civi-

ca guidata da Orsi in questi cinque anni ha ben operato – ha dichiarato Marco Tolettini, tornato a essere coordinatore cittadino del partito - ed è importante la proposta di continuità con la novità di una donna, attuale vice, a candidata sindaco”.

Dopo le numerose stilettate tirate negli ultimi tempi da Alex Cioni a Orsi e Marigo, logica vorrebbe che la mossa conseguente per FdI non possa che essere la presentazione di un proprio candidato, con o senza appoggio della Lega. Certo è che se già con un candidato unitario il centrodestra avrebbe fatto fatica a scalzare Marigo per un posto al ballottaggio (considerando l’altro appannaggio del centrosinistra), senza Forza Italia l’impresa diventa ancora più difficile.

Comunque, nell’attesa di un probabile terzo candidato, in campo ci sono appunto Cristina e Cristiano, intenti a mettere a punto liste e programmi. L’aria che si respira, da entrambe le parti, sembra particolarmente frizzante, e anche questa è una nota positiva, vuol dire che c’è fermento e voglia di mettersi in gioco. Nel centrosinistra sembra di cogliere qua e là perfino un eccesso di fiducia nel risultato, ma anche la maggioranza uscente farà bene a non pensare di avere la conferma in tasca. Un sano realismo reciproco, del resto, dovrebbe rendere tutti consapevoli che oggi in una città come Schio si può vincere o perdere per cento o duecento voti (a Vicenza l’anno scorso, Possamai ha vinto per mezzo punto percentuale, pari a 500 voti). A cento giorni dal primo turno, l’impressione è che sia Marigo che Eberle, con i loro rispettivi schieramenti, farebbero bene a prepararsi, anche psicologicamente, per una vittoria o una sconfitta sul filo di lana. ◆

l video dura una trentina di secondi. C’è Valter Orsi piegato sui blocchi di partenza della pista dello stadio di via Riboli, eccolo che scatta come un novello Marcell Jacobs, corre un po’ con in mano un “testimone” giallorosso e poi si allunga per passarlo a lei. Alla sua vice. Cristina Marigo. Che riceve il bastoncino e alza le braccia imitando un arrivo vincente. È la scena realizzata per la clip di lancio con cui è iniziata la “miniconvention” di presentazione di Marigo come candidata sindaco, che si è svolta ai primi di febbraio nel nuovo stabilimento della Gps, in zona industriale, davanti a un pubblico mica da poco, circa 600 persone.

La corsa ufficiale di Marigo alla fascia tricolore è cominciata così, con uno sprint e un simbolico “passaggio di testimone” tra il leader uscente e quello entrante della lista “Noi Cittadini”, che in questi dieci anni ha dominato la scena amministrativa scledense.

Marigo non è la prima donna candidata alla fascia tricolore, ma è la prima davvero in grado di essere eletta. Non era stato così, oggettivamente, nei due casi precedenti, quelli di Pia Clementi, che nel 2009 si era candidata come indipendente, e della compianta Margherita Ceribella, scomparsa proprio poche settimane fa, candidata a fine anni Novanta con una civica di matrice ambientalista. Stavolta Cristina Marigo ce la può fare e anzi dovrebbe essere teoricamente la favorita. Del resto, arriva da dieci anni da assessore al sociale e dagli ultimi cinque anche da vicesindaco, con visibilità cresciuta da quando s’è capito che sarebbe stata lei a raccogliere l’eredità di Orsi e ha preso a essere più presente agli eventi, nei comunicati stampa e nelle varie occasioni pubbliche.

50 anni da poco compiuti, professione avvocato, espressione – come detto - della lista “Noi Cittadini”, appoggiata da altre due civiche: SchioAttiva, e una nuova lista con a capo l’assessore all’ambiente uscente Alessandro Maculan. Ma si parla di una quarta civica in cantiere.

Cominciamo proprio dalla lista, assessore: “Noi Cittadini” è nata con l’aggiunta “per Valter Orsi”, ma adesso diventa “per Cristina Marigo”. Modifica ovvia, visto che cambia il candidato. Ma fa un certo effetto, no?

“La lista continua come ha fatto in tutti questi anni, il passaggio da Orsi a me è stato ovviamente condiviso all’interno del

Cristina Marigo:

“Ho in

mente

una città aperta e attrattiva”

La vicesindaca uscente ha dato il via alla campagna elettorale con una “miniconvention” che ha richiamato 600 persone. “In questi anni – dice - ci siamo concentrati su un’idea di città inclusiva, per i giovani, le famiglie, gli anziani. Una città accogliente e che attrae. Continueremo a farlo, ascoltando la gente. Perché a noi i cittadini piacciono, Io quando arrivo in municipio trovo spesso persone che mi aspettano per dirmi qualcosa che gli sta a cuore. Non mi sono mai sottratta a questo dialogo e confronto”.

gruppo. Valter è sempre stato l’uomo forte e trainante del gruppo, anche perché dal punto di vista politico aveva più esperienza di tutti. Ciò non toglie che in questi anni abbiamo lavorato insieme tantissimo, e abbiamo condiviso tanto”. Orsi, già si sa, sarà in lista come candidato al consiglio comunale. Ma che ruolo assumerà, in futuro, se lei diventerà sindaca?

“Io e Valter abbiamo sempre viaggiato insieme in questi anni, tanto più in questo mandato in cui ho avuto l’incarico di vicesindaco. E sinceramente per me averlo a fianco è un valore aggiunto. Di certo non farà parte della giunta, questo ce lo siamo detti subito. Non sarebbe una cosa funzionale per nessuno. Continuerà a fare il consigliere comunale, poi ci sono ragiona-

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menti che andranno fatti. Il suo ruolo in Provincia, ad esempio, è di grande valore: ha saputo sviscerare temi molto complicati, mettendo d’accordo amministratori e tecnici”.

Certo è che Orsi le lascia un’eredità impegnativa: in questi dieci anni è stato il leader indiscusso della compagine di maggioranza, diciamo pure la personalità dominante…

“Bisogna leggere le cose nel contesto storico-politico in cui si determinano. A suo tempo, il gruppo è stato costruito dal niente e il forte apporto di Valter dal punto di vista politico è stato essenziale, ha saputo raccogliere sul territorio persone con cui nel tempo si era confrontato, che gli hanno portato temi; da lì è partita l’idea di provare a scardinare quello che era il potere politico a Schio. È ovvio che in quel momento lui aveva più esperienza di qualsiasi altro ed era il fulcro di tutto. È stato il leader, ed è ancora il traino, anche perché come sindaco ha saputo realizzare una rete di rapporti con tutti gli enti sovracomunali”. Ma con lei alla guida di “Noi Cittadini” cosa cambia?

“Io, grazie anche al fatto che in questi anni il gruppo è cresciuto, ho intenzione di delegare parecchio, sempre condividendo i temi e le soluzioni. Ho un carattere diverso da Valter, questo è innegabile. Sono abituata a lavorare su più campi diversi e a farmi aiutare per poter riuscire a lavorare bene su tutto”. Sarebbe una sindaca civica al 100%. Anche Orsi è da mettere in quota civica, d’accordo, ma lui comunque arriva da un passato politico definito, lei invece è arrivata a questo punto senza alle spalle alcun trascorso politico. Quand’è che sulla sua strada ha incontrato Valter Orsi? “È cominciato tutto in modo del tutto imprevisto. Avevo chiesto un incontro a Valter per una questione di lavoro: non lo conoscevo, ci siamo incontrati, abbiamo parlato di tutt’altro, dei motivi professionali per

cui avevo chiesto di potergli parlare. A un certo punto mi ha detto: ho visto il suo entusiasmo, la sua capacità di approfondire gli argomenti, se vuole venire a conoscere il nostro gruppo, ci troviamo il tal giorno alla tal ora... Mi ha incuriosito, sono andata a quell’incontro e non sono più andata via”. Cos’è che l’aveva colpita?

“Mi è piaciuto il modo di lavorare del gruppo, il saper essere totalmente liberi nell’approccio alle questioni, mai ideologico o preconcetto, sempre con il desiderio di ascoltare i cittadini, di cogliere il problema a tutto tondo. Questa libertà a me ha dato il via, ed è quello che mi entusiasma. Non mi piace vedermi vincolata a ordini di scuderia”.

A proposito del suo essere pienamente civica, tra i suoi critici c’è chi sostiene che un sindaco di Schio svincolato dai partiti avrebbe meno peso e autorevolezza nei rapporti sovracomunali o in quelli con enti prettamente politici come la Regione. Lei che dice? Non avere partiti alle spalle può diventare un limite?

“È vero che noi non abbiamo santi in paradiso, ma in questi anni ci siamo resi conto che quando si ragiona sui temi e si lavora sodo sulle progettualità, ti viene riconosciuto. Costruire e lavorare insieme con realtà comunali che hanno estrazioni politiche diverse è qualcosa che facciamo normalmente, perché si lavora avendo in mente il bene della comunità. Ridurre tutto al fatto di avere o non avere appoggi politici a qualche altro livello vuol dire limitare il proprio lavoro. Si parla con tutti, l’apertura non è un modo di presentarsi, è una cosa reale: il dialogo lo abbiamo sempre avuto con tutti e per quanto mi riguarda voglio continuare ad averlo. Non abbiamo mai lavorato per noi stessi”.

Qual è l’idea di città che ha in mente e su cui intende impegnarsi dal giorno dopo dell’eventuale elezione?

“In questi anni ci siamo concentrati molto su un’idea di città aperta, inclusiva, per i giovani, a sostegno delle famiglie, dell’anziano. Una città accogliente e che attrae, anche grazie ai suoi servizi. La cosa più importante è far capire anzitutto ai nostri giovani che la città è loro, per questo dobbiamo dare delle soluzioni. Dobbiamo far sì, ad esempio, che le scuole superiori siano sempre più a contatto con le aziende e con il mondo del lavoro: abbiamo un impianto manifatturiero importantissimo, dalla meccanica a tutto il resto, abbiamo eccellenze dove i ragazzi possono trovare crescita professionale e personale.

Con la ‘Città europea dello sport’ si è mostrato come lo sport sia un volano di crescita della comunità, anche sotto il profilo ricettivo, e come ci siano tante associazioni che danno opportunità ai ragazzi di formarsi anche da questo punto di vista. Ora dobbiamo continuare a lavorare per un potenziamento complessivo della città, dalle politiche giovanili ai servizi alla persona, alla cultura, al tessuto economico.

E poi considero importante la partecipazione, il coinvolgimento delle persone. È questa l’ottica che intendo continuare a portare avanti. Dopodiché non penso di avere la verità infusa, tutto richiede studio, preparazione e l’ausilio di tecnici”. Comunque vada, si appresta a lasciare l’assessorato al sociale dopo dieci anni. Qual è il progetto o il risultato di cui è più soddisfatta?

“Sono tanti gli aspetti su cui abbiamo lavorato. Quello che mi rende particolarmente orgogliosa è il coinvolgimento ottenuto da parte delle nuove generazioni. Abbiamo avuto quattro mandati del Consiglio comunale dei ragazzi, il progetto avviato per gli studenti delle scuole medie, e una delle maggiori soddisfazioni per me è vedere uno di loro che oggi sta contribuendo ad avviare il Consiglio comunale dei giovani,

SchioMese ◆ [5]
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L’evento organizzato in Gps per il “passaggio di testimone” tra Orsi e Cristina Marigo

rivolto ai ragazzi più grandi, quelli delle scuole superiori, un passaggio ancora più elaborato. Un progetto lanciato dal liceo ‘Martini’ che stiamo condividendo. È una ‘palestra’ che mi piacerebbe riuscire ad attivare proprio perché i giovani si mettano in gioco, siano stimolati a partecipare, a interessarsi alla propria città”.

È possibile che la vittoria in queste elezioni sarà, per chiunque, questione di qualche decimo percentuale, qualche centinaio di voti, perché la tendenza, nei centri medi e grandi, è quella di avere piccoli scarti tra vittoria e sconfitta. Pronta a tutto, nel bene e nel male? “Sono perfettamente consapevole che non è certo una sfida facile. Un ‘cambio della guardia’ è sicuramente un aspetto delicato per il cittadino. Però mi sembra che il lavoro che abbiamo fatto in questi anni in termini di programmazione ci venga riconosciuto. Il fatto che le cose vengano realizzate in maniera concreta, pezzo per pezzo, mettendo insieme anche interventi da condividere con enti sovracomunali, denota che c’è stata e c’è una grande programmazione a monte, e una condivisione dei grandi temi con le altre realtà del territorio”.

Lo slogan con cui avete lanciato la campagna elettorale è “Io ci metto la faccia”. L’impressione è che non risulti troppo originale dopo l’uso frequente che ne sta facendo la presidente del consiglio, ma in ogni caso se dovesse sceglierne un altro, quale potrebbe essere?

“A noi i cittadini piacciono”.

E questo in effetti suona meglio…

VISTO DAL CASTELLO /10

Ho fatto un sogno…

ualche tempo fa a Schio c’è stato un artista di strada che, sul vetro o sulla serranda abbassata delle botteghe abbandonate, ha scritto con il pennarello “Sfitto n.”. Il numero dovrebbe essere un progressivo e mi pare che sia arrivato a superare cento. Affianca il numero una pittura che rappresenta canne di bambù. Il bambù è una pianta infestante che si propaga ad una velocità fulminea e che potrebbe essere una metafora della rapidità con cui i negozi scompaiono. Temo però che anche questo anonimo artista a breve andrà in sofferenza o perderà il conto. E infatti come fai a inseguire tutte le chiusure di botteghe, non solo in centro, ma anche in periferia?

Il bottegaio sotto qualsiasi cielo, quando vede che a tener aperto ci rimette, cosa fa? Chiude lestamente. Si vorrebbe un centro storico attrattivo e però, non avendo noi monumenti degni di gran nota, a parte l’inossidabile “Omo”, risorto a nuova vita, dopo la micidiale sventola, potremmo in alternativa offrire negozi di gran classe, che destino l’ammirazione non solo degli

abitanti dell’intera Valleogra, ma anche di quelli di Bassano e Vicenza e, a denti stretti anche di quelli di Thiene.

Ho fatto un sogno: ho visto arrivare a Schio schiere di turisti per ammirare le nostre lussuose botteghe. Ci sono molti pullman, e gli entusiasti visitatori sono organizzati in manipoli secondo una moda oggi prevalente, ciascuno con a capo una guida. C’è un po’ di intasamento da traffico (ma i nostri vigili onnipresenti sanno incolonnarli in file ordinate). Ma questo come ho detto è un sogno: la realtà è che molte botteghe sono chiuse da tempo, con la carta di giornale attaccata all’interno del vetro dal nastro adesivo, che ormai comincia qua e là a staccarsi; con lo spazio tra serranda e vetrina qualche volta ridotto a pattumiera. Una tristezza.

Analisi sui motivi che hanno determinato questo stato di cose ne sono state fatte a sufficienza e noi non staremo qui a ripeterle, anche perché è velleitario proporre in due righe soluzioni ad un problema complesso, che investe anche altri centri. Un minimo sindacale però andrebbe fatto: bisognerebbe almeno obbligare i proprietari dei locali sfitti, che si affacciano sul cen-

“Il senso è che serve ascoltare i cittadini, questo è quello che ci ha sempre animato. Quindi sì, a noi i cittadini piacciono, è questo che vorrei far capire. Le manovre politiche mi fanno giusto venire il nervoso, perché mi chiedo quanto del bisogno del cittadino ci sia là dentro. È questa la mia civicità. Io quando arrivo in municipio trovo spesso persone che mi aspettano per dirmi qualcosa che gli sta a cuore. Se devo andare a bere un caffè, lo faccio e ascolto con interesse quello che qualcuno sicuramente mi dirà o mi chiederà. Non mi sono mai sottratta a questo dialogo e confronto con i cittadini. È complesso, perché non si risolve tutto, oppure ci vuole tempo, o bisogna far partire dei tavoli di lavoro per mediare tra interessi diversi.

La grande forza del nostro gruppo deriva dall’essere composto da persone che vivono nei vari quartieri e che conoscono le realtà della loro zona. Questa capillarità ci ha portato ad avere tante informazioni sulle quali lavorare, che alla fine si traducono in bisogni, necessità. L’importante è avere un continuo stimolo da parte del cittadino”. ◆

tro storico, a tenerli puliti (vetri compresi): non diventeranno attrattivi per il turismo, ma almeno non solleciteranno sentimenti di ripulsa.

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TAttualità

oni Moretti, presidente dell’Accademia Musicale di Schio, apprezzato jazzista, compositore e arrangiatore, è molto richiesto da un paio d’anni come accompagnatore turistico a New York, città che ama e che conosce come pochi.

Moretti ha all’attivo una carriera musicale di tutto rispetto: ha iniziato a suonare in vari concerti e con molte formazioni a partire dagli anni ‘80, ha collaborato con artisti del calibro di John Surman, Garrison Fewell, Markus Stockhausen, Xavier Girotto, Rita Marcotulli, ha fondato un quintetto con cui si è esibito in Italia e all’estero e il duo “A Bassa Voce” con Claudia Valtinoni, ha diretto il festival “La Fabbrica del Jazz”, scrive musiche per film e documentari e insegna all’Accademia Musicale di Schio. È eclettico anche in ambito musicale, ascolta ogni genere di brano senza preclusioni, cercando il bello ovunque.

All’intensa attività concertistica e didattica ha affiancato, da un paio d’anni a questa parte, quella di accompagnatore turistico a New York, ed è richiesto da persone di tutta Italia, desiderose sì di recarsi nella Grande Mela, ma fuori dai soliti itinerari.

“Come jazzista, giocoforza amo New York –ci spiega -. Ho iniziato a conoscerla da studente, quando frequentavo il Conservatorio di Castelfranco Veneto, e da allora mi è entrata nelle vene. In seguito ho organizzato viaggi con gli amici e poi ho capito che potevo farlo anche come lavoro: ho il patentino di accompagnatore e mi appoggio, per l’organizzazione, all’agenzia R51 Travel. Mediamente, sono a New York una settimana al mese”.

Che tipo di turista si rivolge a lei?

“Chi ha il sogno di una New York diversa, insolita. Ho richieste da Schio ma anche da altre parti d’Italia, soprattutto dal sud. Ero

Jazz e Grande Mela, le passioni di Toni Moretti

Il presidente dell’Accademia Musicale, raffinato jazzista, ha sviluppato da alcuni anni una seconda passione molto diversa, quella dell’accompagnatore turistico, specializzato su una méta in particolare: New York. A suon di musica.

partito fiducioso poco prima del Covid, poi è scoppiata la pandemia e la battuta d’arresto è stata inevitabile. Ho ripreso alla grande dal giugno del ‘22 e ho all’attivo una quindicina di tour in cui, che so, mostro il tramonto a Brooklyn da una particolare angolazione, cioè guardando Manhattan, porto a vedere la Statua della Libertà in una determinata ora, entro a San Patrizio dove c’è una delle copie della statua monumentale che Timothy Schmalz ha donato anche a Schio, incontro concittadini che risiedono a New York, come il titolare della pizzeria Biga, giovane scledense che là sta facendo fortuna”. Già, perché gli Usa sono ancora il grande paese delle opportunità, vero?

“Direi di sì: se ci sai fare, hai un futuro e il lavoro non manca di certo”.

Instaurare rapporti di amicizia viaggiando insieme è un gradito valore aggiunto?

“I turisti che accompagno, mediamente quindici-venti a viaggio, poi diventano tutti amici, fra loro e con me; parlo inglese al posto loro, li seguo, se c’è bisogno, nelle pratiche burocratiche, faccio conoscere una grande città che da soli non riuscirebbero a visitare, almeno la prima volta. Cerco di dare la precisa sensazione di viverla, New York, fuori dai soliti circuiti proposti

dalle guide; è un’altra cosa girarla così e c’è chi fa volentieri il bis”. Chi viaggia con lei le chiede anche di suonare? “Tanti non sanno che suono, sul serio… Però se lo sanno e vogliono andare in qualche locale che conosco, beh, io lo faccio con entusiasmo e metto una tessera in più nel mosaico della loro esperienza newyorkese. Nel locale, da cosa nasce cosa”.

Per lei New York non ha segreti…

“Macché, c’è sempre qualcosa da scoprire: di norma, sono il primo a uscire al mattino e l’ultimo a coricarsi alla sera. Cerco di non farmi scappare nulla, appunto ogni cosa per un altro viaggio”.

In Italia, c’è una città che la appassiona così e che conosce altrettanto bene?

“Sì, Venezia. Sarei un bravo accompagnatore anche lì, ma paradossalmente da noi ci sono delle difficoltà con le guide ufficiali: se sei in gamba, ti guardano come se rubassi loro i trucchi del mestiere. Questo a New York non succede, perché se sei un bravo accompagnatore diventi una risorsa, un esempio da seguire. C’è meno rivalità, è tutto più easy; se poi ti viene da improvvisare qualche fermata in più per vedere questo o quello, è un successo; come quando si improvvisa bene nel jazz”. ◆

[8] ◆ SchioMese

o scorso novembre è nata a Schio “Indomitri”, associazione sportiva che si propone di allenare all’inclusività, promuovendo l’attività fisica come strumento di benessere e rinascita per tutti coloro che soffrono di una malattia cronica. Ci siamo fatti raccontare il progetto da Stefano Ruaro, fondatore del gruppo e triatleta.

Come e perché nasce Indomitri?

Qualche anno fa ho ricevuto la diagnosi di Parkinson. Al tempo praticavo già triathlon ed è stato proprio osservando un calo del rendimento nelle mie prestazioni che, assieme ai miei allenatori, ci siamo accorti che qualcosa non stava funzionando. Scoprirsi malati di una malattia neurodegenerativa le cui uniche cure consistono in tenere a bada i sintomi può essere davvero difficile dal punto di vista psicologico e risollevarsi da soli è complesso. “Indomitri” nasce per essere un appoggio, uno stimolo a coltivare il desiderio di rinascita e rivincita attraverso l’attività sportiva. Il suo stesso nome unisce le parole “Indomiti” e “Triathlon”, anche se poi il gruppo che la anima promuove l’attività fisica anche oltre questo sport in particolare.

Chi fa parte dell’associazione?

Al momento siamo una ventina di persone, tra atleti che hanno ricevuto diagnosi – soprattutto per Parkinson, malattie neurodegenerative e oncologiche – allenatori e supporter. Ci accomuna la consapevolezza che il movimento, in qualunque grado di intensità le patologie consentano di farlo, sia un supporto molto importante nel processo di accettazione e convivenza con la malattia. Le evidenze scientifiche sono estremamente chiare a riguardo: l’attivi-

“Indomitri” lancia una palestra inclusiva

Dopo la nascita dell’associazione “Indomitri”, prende il via in città, su iniziativa di Stefano Ruaro, una palestra inclusiva, priva di barriere, dove si promuoverà il valore dello sport come terapia contro il declino motorio e strumento di benessere mentale.

tà fisica fa bene, non solo per il corpo, ma anche per la mente, tanto in soggetti sani quanto in soggetti malati (ovviamente, in quest’ultimo caso, solo quando non è controindicata per condizioni particolari del paziente, che vengono discusse con i medici curanti).

Personalmente dopo la diagnosi sono ricorso allo sport cone valvola di sfogo e possibilità di riscatto, ponendomi l’obiettivo, raggiunto, di completare una IronMan (la gara di triathlon più dura in assoluto, che prevede 3,8 km di nuoto, 180 km di bici e 42 km di corsa, ndr). La mia esperienza è stata uno stimolo per altri amici malati, che oggi si allenano per poter tagliare traguardi ambiziosi nonostante le rispettive malattie. Gli allenamenti che proponete sono studiati su misura per i partecipanti dell’associazione? Qui si tocca un tasto dolente. Appena ricevuta la diagnosi, il neurologo mi consigliò di fare molto sport, ma non sapeva da chi indirizzarmi per poter fare attività fisica in sicurezza. Assieme ad alcuni amici allenatori ci siamo messi a studiare, sviluppando un programma dettato dal buon senso sulla base di come reagiva il mio corpo alle varie sessioni. Tentativi ed errori ci hanno permesso di acquisire esperienza, ma al tempo stesso ci hanno dimostrato quanto

fosse urgente sviluppare dei piani di allenamento ben ponderati.

È per questo che abbiamo deciso di dare vita a una palestra inclusiva a Schio: uno spazio innovativo che verrà inaugurato in primavera, privo di barriere, dove promuoveremo il valore dello sport come terapia contro il declino motorio e strumento di benessere mentale.

A chi sarà aperta la palestra?

Alle persone con disabilità, alle persone con malattie croniche che cercano di rallentare il progredire della propria patologia, ai caregiver e agli sportivi – soprattutto i più giovani – che decideranno di allenarsi in uno spazio inclusivo che esalta la diversità e le peculiarità di ciascuno. In una prima fase ci occuperemo di attività sportiva agonistica per paratleti e atleti e di attività fisica adattata per le persone con malattie neurologiche, oltre ad ospitare un corso post lauream per formare professionisti ed eventi formativi e di sensibilizzazione. È un progetto ambizioso, che sviluppiamo assieme a specialisti dell’università di Padova e Verona e non vediamo l’ora che diventi realtà.Chiunque volesse, può contribuire allo sviluppo di questo spazio speciale con una donazione all’IBAN IT89A0866960753007000977406.

[10] ◆ SchioMese
Attualità
a sinistra e al centro nella foto sotto,
Qui
Stefano Ruaro, ideatore di Indomitri

Attualità

«Siamo rimasti sconcertati dalla burocrazia richiesta per ottenere il risarcimento del danno in un momento in cui abbiamo già tante cose a cui pensare -  commentano Gianni e Davide Pinton -. Se non avessimo potuto contare sull’aiuto ricevuto dal territorio, forse, non ci saremmo potuti rialzare».

a Fattoria Juvenilia riparte grazie alla solidarietà del territorio. Proprio nei giorni in cui la protesta dei “trattori” giungeva al suo apice in Italia e in Europa, l’azienda agricola scledense colpita da uno spaventoso incendio a fine gennaio ha iniziato il difficile ritorno verso la normalità con l’acquisto di nuove vacche da latte, a sostituire le decine di capi perduti nell’incendio. Un investimento reso possibile anche dalla raccolta fondi partita dal basso nell’immediatezza del disastro, con le donazioni spontanee di amici, colleghi e clienti.

«Senza questo aiuto, oltre a quello altrettanto prezioso della cooperativa di cui siamo soci, Latterie Vicentine, non avremmo potuto rimettere in moto così in fretta quello che è il vero cuore pulsante dell’azienda: il latte», spiegano Gianni e Davide Pinton, padre e figlio titolari della fattoria biologica di Giavenale che produce anche carne e frutta. Ma oltre al proprio caso specifico i due agricoltori allargano la prospettiva al malcontento che si sta levando dalle aree rurali di tutto il continente: «Forse certe forme estreme di protesta, spe-

Juvenilia riparte grazie alla solidarietà

Messa in ginocchio dal devastante incendio di gennaio, la fattoria Juvenilia, tra le più note del territorio per l’attività didattica svolta da anni per far conoscere la realtà dell’agricoltura locale, si sta già rialzando anche grazie all’aiuto ricevuto da tanti scledensi.

cialmente all’estero, sono state eccessive e controproducenti, ma le cause scatenanti sono reali e vanno comprese». Le soluzioni, in ogni caso, non possono essere unicamente calate dall’alto: «Ogni cittadino, quando spinge il carrello della spesa, ha tra le mani il futuro alimentare di tutti».

L’aiuto e la ripartenza

Le nuove vacche dell’azienda Juvenilia arrivano dal cuore delle Alpi e sono di razza pezzata rossa.

«L’abbiamo scelta perché più rustica e resistente, sebbene meno produttiva, in modo da avere animali naturalmente più sani e vigorosi» spiega Gianni Pinton. Per trovarle in tempi rapidi e soprattutto provenienti da filiera biologica, regime di cui la fattoria Juvenilia è uno degli antesignani nell’Alto Vicentino, suo figlio Davide si è recato personalmente in Austria ad appena una decina di giorni dal rogo. Nonostante l’impegno profuso dai titolari e dai vigili del fuoco per mettere in salvo gli animali, infatti, le fiamme avevano causato a 40 delle 70 mucche presenti in stalla lesioni che non hanno lasciato altra scelta se non l’abbattimento.

«Purtroppo si trattava proprio dei capi in età più produttiva. Oltre al dispiacere di perdere animali con cui viviamo quotidianamente, ci siamo trovati anche in una situazione molto difficile sul piano economico, passando di punto in bianco dal produrre 19 quintali di latte al giorno ad appena cinque».

È evidente che così l’azienda non sarebbe potuta andare avanti. Essendo assicurati, tuttavia, gli allevatori credevano di poter ottenere facilmente la liquidità necessaria a superare l’emergenza. Hanno scoperto, invece, che questo era vero solo in parte: «Siamo rimasti sconcertati dalla burocrazia richiesta per ottenere il risarcimento del danno in un momento in cui abbiamo già tante cose a cui pensare -  commentano i Pinton -. Se non avessimo potuto contare sull’aiuto ricevuto dal territorio, forse, non ci saremmo potuti rialzare». Dopo un iniziale momento di imbarazzo legato alla raccolta fondi lanciata a loro nome, in effetti, hanno capito quanto fosse utile l’aiuto che arrivava loro dal territo -

→ segue a pag. 16 [14] ◆ SchioMese

Attualità

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rio. «Dopo aver sperimentato in prima persona l’ostacolo del lasciarsi aiutare, i gesti concreti di vicinanza e partecipazione che ci sono stati rivolti ci hanno commosso». Dimostrando, si può aggiungere, che anche un’azienda privata, quando si impegna perché il proprio operato porti ricadute positive sul territorio, possa essere percepita quasi come un “bene comune”.

La protesta

Ma senza fermarsi al loro caso singolo, i Pinton puntano piuttosto ad allargare la prospettiva verso il settore agricolo in generale.

«Dobbiamo ricordare che l’agricoltura non è un’industria come un’altra: produce il cibo che consumiamo e custodisce il territorio intorno alle città: è nell’interesse di tutti che i contadini europei possano vivere e lavorare dignitosamente e anche intraprendere i cambiamenti che questo periodo storico ci richiede, ma senza essere lasciati soli a pagarne il prezzo».

Quali sono dunque le ragioni profonde della cosiddetta “protesta dei trattori”, di cui spesso si mettono in risalto gli aspetti più scomodi e contraddittori? Si tratta di uno scenario complesso che i due imprenditori riassumono punto per punto.

«Il primo aspetto sono le caratteristiche del settore primario europeo: per la sicurezza dei cittadini, le nostre coltivazioni e allevamenti sono sottoposti a regole ben più rigide rispetto al resto del mondo. Il cibo prodotto in Italia e in Europa quin-

di è più sicuro, ma ha costi di produzione maggiori. A fronte di questo la legge consente però di importare alimenti prodotti con meno controlli e sistemi qui vietati, come pesticidi, ormoni, ogm, e quindi meno costosi. Il terzo elemento in gioco sono i consumatori, i quali in generale vogliono cibo a basso costo. Non siamo abituati a chiederci quanto sia sostenibile, economicamente e per l’ambiente, ciò che mettiamo nel piatto. Per questo la grande distribuzione organizzata guarda soprattutto al prezzo, cercando di strappare il maggior ribasso possibile ai produttori, che si trovano così a lavorare con margini di guadagno bassissimi, o addirittura sottocosto, arrivando in molti casi a  indebitarsi oltre le proprie capacità. Finché non cambiano le leggi sulle importazioni e la mentalità dei consumatori, l’agricoltura europea non potrebbe sopravvivere senza sovvenzioni. Ora aggiungiamo a tutto questo gli obiettivi ambientali che l’UE ha inserito nel cosiddetto Green Deal. In sintesi si prevede, entro il 2030, di ridurre del 50% l’uso di antibiotici e pesticidi, di ricorrere alla rotazione delle colture per ripristinare la fertilità dei suoli e di aumentare del 25% la quota di agricoltura biologica. Da cittadini diciamo: benissimo! Da imprenditori però sappiamo che adeguarsi a queste nuove regole richiede investimenti. E visto che i vantaggi sono collettivi, non è forse giusto che la collettività si prenda carico anche dei costi, almeno in parte? Il settore agricolo, a volte con toni e modi sbagliati, chiede questo: a fronte di nuovi vincoli, ricevere anche adeguati incentivi».

Supportare l’agricoltura del territorio

Cosa sarebbero le montagne senza i pascoli? Qual è il valore ambientale e culturale di un’azienda che porta le vacche in alpeggio? In pianura le aziende agricole sono un baluardo contro la cementificazione del territorio. E quelle che scelgono il regime biologico contribuiscono a ridurre le emissioni di prodotti chimici in aria e nelle acque. Tutto ciò riguarda da vicino anche gli abitanti di Schio e dell’Alto Vicentino. Secondo i Pinton la risposta è un consumo più critico: «Per tutelare l’agricoltura, ciascuno di noi, può nell’ordine: cercare i prodotti che si possono acquistare direttamente dai produttori, ad esempio quelli del nostro circuito Agritour. In secondo luogo scegliere le realtà cooperative, che cercano di dare aiuto e supporto ai loro soci sul territorio. Ove possibile preferire i prodotti biologici che, a dispetto di quel che ne dicono alcuni, sono sottoposti a controlli ben più rigidi e numerosi. In generale si dovrebbe sempre provare a informarsi sulle aziende dalle quali acquistiamo il cibo. Attenzione però a non farsi raggirare dal cosiddetto “green-washing”: la pubblicità che suggerisce un generico impegno per l’ambiente senza che ci siano alle spalle azioni concrete».

Un ultimo riferimento, Gianni Pinton lo rivolge alla prossima tornata elettorale: «Se fossi il sindaco di Schio sarei orgoglioso di vivere in un territorio con un tessuto agricolo come il nostro: mi auguro che anche la futura amministrazione comunale si impegni per tutelarlo e valorizzarlo». ◆

C’era una volta la cassetta

delle lettere

Meglio non spedire più quei bei bigliettini di Natale che occorre scegliere dal tabaccaio, scrivere, affrancare, imbucare: quattro azioni che denotano affezione per la persona a cui si inviano brevi o lunghi pensieri, più articolati rispetto alla telefonata, all’sms o al messaggino su whatsapp, sia pur corredato da ogni possibile emoticon.

Avevamo un solo bigliettino da mandare a un amico prete, a Natale, e l’abbiamo imbucato a S. Ulderico, dove eravamo a passeggiare, perché non abbiamo trovato cassette in città; abbiamo poi appurato che sono solo in periferia, in centro sono sparite.

Ah, guarda caso, l’immagine riprodotta nel bigliettino era quella della Sacra Famiglia, un tempo rifiutata dagli alberghi e adesso anche dalle poste italiane. [M.D.Z.]

[16] ◆ SchioMese
Due generazioni di agricoltori alla guida della fattoria Juvenilia: Gianni Pinton con il figlio Davide

Ogni anno si inizia a lavorare al Carnevale dopo l’8 settembre, quando la sagra paesana festeggia Santa Libera. “I carristi cominciano a dare forma alle loro opere già a metà settembre”, spiega il presidente della Pro Malo, Giuseppe Turone.

l Carnevale di Malo ha compiuto cento anni. Una manifestazione sentita da tutta la comunità maladense, la cui storia si intreccia a doppio filo a quella della Pro Malo, associazione vitale e partecipata che dal 1924 organizza uno degli eventi più significativi della provincia.

A pochi giorni di distanza dalla chiusura di questa edizione, capiamo assieme a Giuseppe Turone, presidente della Pro Malo e Matteo Golo, vicesindaco e assessore, tra gli altri referati, al commercio e al turismo, cosa significa dare vita a una manifestazione così articolata e quale è il suo ritorno sul territorio.

Oltre duecento volontari per il centenario

“Lo sforzo organizzativo è molto impegnativo - esordisce Giuseppe Turone -. Le attività che vanno coordinate e implementate sono moltissime, da quelle più strettamente pratiche e operative, come il montaggio di strutture o la gestione degli stand gastronomici, a quelle legate alla programmazione, alla comunicazione e al coordinamento di persone ed eventi. Quest’anno, in occasione del centenario, gli appuntamenti in calendario sono stati numerosi: solo le sfilate erano quattro, a cui s’è aggiunta tutta una serie di incontri di contor-

Cent’anni di carri in maschera

Spegne 100 candeline il Carnevale più famoso del Vicentino e forse del Veneto (Venezia fuori quota), una festa capace di mobilitare l’intera comunità maladense e di attirare visitatori anche da fuori provincia.

no che hanno arricchito l’offerta proposta”. Una manifestazione che ha coinvolto, nei momenti clou, oltre 200 volontari. “I volontari sono risorse preziose - prosegue Turone - e senza di loro non sarebbe possibile tutto questo. Ciascuno di noi - da chi gravita attorno alla Pro Malo ai Carabinieri in congedo, dai semplici simpatizzanti alla Protezione Civile - si assume grandi e piccole responsabilità per la buona riuscita di ogni singolo evento. La sicurezza, ad esempio, è uno degli aspetti cui dedichiamo maggiori attenzioni, così da garantire ai visitatori la migliore esperienza possibile. Non a caso questa volta avevamo predisposto 9 ingressi, di cui 5 aperti al pubblico e 4 previsti per eventuali uscite d’emergenza, così da far meglio defluire il flusso di persone”.

L’80% delle persone che vengono a vedere il

Carnevale di Malo arriva da fuori Comune, principalmente da territori e province limitrofe, anche se non manca chi si spinge fino a qui dalle regioni circostanti. All’edizione 2024 è stato presente anche un gruppo lombardo tra quelli che hanno animato le sfilate organizzate.

“Abbiamo curato il più possibile la comunicazione e la pubblicità - specifica Turone - con sponsorizzazioni su radio e tv locali e regionali”.

Ogni anno si inizia a lavorare al Carnevale dopo l’8 settembre, quando la sagra paesana festeggia Santa Libera.

“I carristi cominciano a dare forma alle loro opere già a metà settembre - spiega il presidente della Pro Malo -. Quest’anno i carri in concorso erano quattro, quelli fuori concorso due e poi c’erano numerosi gruppi a piedi ad animare le sfilate. Si tratta di uno sforzo creativo non indifferente, i carri richiedono moltissime ore di studio e lavoro per essere realizzati. Sono loro, assieme a tutti i figuranti, il cuore del nostro Carnevale: un evento che amiamo organizzare ogni anno non solo perché è ormai una vera e propria tradizione, ma soprattutto perché è un’occasione per stare assieme, divertirsi, fare festa e raccontare un po’ della nostra Malo a tutti coloro che vengono da fuori”.

1974 1983 [18] ◆ SchioMese
Attualità

La maschera nazionale del Ciaci

Dal 2018 “El Ciaci” è ufficialmente una maschera nazionale. La sua nascita è relativamente recente: a metà degli anni ‘70, in occasione del cinquantenario della Pro Malo, in seguito a un concorso di idee venne eletta a emblema della manifestazione questa maschera con le fattezze di un pagliaccio impertinente.

La sua consacrazione a icona del Carnevale è il culmine di un percorso che affonda le sue radici a inizio ‘700, quando un cronista del tempo ricorda che a Malo si faceva un carnevale “che non si usa in altri luoghi (...) con maschere bellissime e (...)

Il centenario punto di partenza per il futuro

A livello economico, la manifestazione si regge grazie al contributo comunale, a sponsorizzazioni private e ai ricavati delle vendite di cibo e bevande dagli stand gastronomici gestiti dalla Pro Malo, oltre che dagli introiti dei parcheggi a pagamento situati nelle aree limitrofe agli ingressi. “Solitamente parte dei ricavi proviene anche dalla vendita dei biglietti per l’accesso alle sfilate – precisa Matteo Golo -. Per

regali di fiori”. Nel 1867 la comunità maladense nomina addiruttura un assessore alle “pubbliche costruzioni, censo e Carnevale” e i festeggiamenti sono regolati da una nota del Prefetto di Vicenza. Sarà solo con il 1924 e la nascita della Pro Malo, la cui fondazione si lega a doppio filo all’organizzazione del carnevale, che questa manifestazione inizierà ad avere i contorni che conosciamo oggi, ma alle sue spalle c’è un passato che va ben oltre il secolo di storia.

(Dati tratti da Musei Alto Vicentino)

il 2024, in occasione del centenario, l’amministrazione ha deciso di rendere libero e gratuito l’ingresso, così da permettere a quante più persone singole e famiglie di prendere parte a questa grande e vivace festa collettiva”.

“Il Carnevale è l’evento per eccellenza a Malo - prosegue Golo -. Ogni maladense ha ricordi legati al Carnevale fin dall’infanzia e non stupisce che l’intera comunità, ogni anno, si mobiliti con entusiasmo. Il 2024, poi, è stato un anno speciale: l’anniversario

Più cacche (e pipì) per tutti

i è diffusa ormai da tempo anche a Schio una forma di “inciviltà urbana” per la quale, purtroppo, non sembrano esserci rimedi. Si tratta del problema creato da quel certo numero di padroni di cani che lasciano defecare i loro quattrozampe ovunque, o li portano a urinare sui muri delle abitazioni e sulle soglie private nelle vie del centro.

Delle cacche dei cani ci siamo già occupati di tanto in tanto, con segnalazioni all’insegna di una rassegnata ironia, consapevoli che una percentuale di gente incapace di rispettare la convivenza civile c’è sempre stata e sempre ci sarà. Certo è che più passa il tempo e più la situazione peggiora, dando la sensazione che il numero degli incivili sia in preoccupante aumento.

Ormai in mezzo a qualsiasi marciapiede si può rischiare di pestare non soltanto uno stronzettino da chihuahua, ma un intero “gelato da 4 euro” da mastino. Sembra caduta anche l’ultima remora, quella che prima magari portava il buzzurro di turno a pensare: “aspetta va, che almeno sposto il cane in questo angolo e gliela faccio fa-

re qua”. No, adesso il mezzo chilo di escrementi lo si lascia tranquillamente in mezzo al marciapiede.

Per non dire dei “quadrati” erbosi alla base degli alberi che corrono sui marciapiedi, considerati a tutto tondo dei cacatoi, visto che è difficile trovarne uno senza collezioni di cacche fresche, semistagionate o rinsecchite.

Poi ci sono quelli che lasciano che il cane faccia pipì ovunque per le vie del centro. Ora, è vero che a volte diventa impossibile distogliere il povero Fido da un certo punto nel quale sente altri odori di suoi simili, se non a rischio di slogargli una zampa strattonandolo con eccessiva forza; quindi magari qualche pipì su un innocuo muro di cinta, o su un palo, un paracarro o un angolo appartato si può accettare anche se si è in centro. Ma ci sono situazioni esasperanti come quella in via Mazzini, dove da tempo alcuni residenti lamentano le condizioni indecorose di certi muri, di certe soglie di abitazione, di certi zoccoli di cancelli… Le segnalazioni più irritanti vengono segnalate come prassi della mattina, prima di uscire dal lavoro, e della sera, al rientro. Con muri e marmi danneggiati irrimedia-

ci ha permesso di lavorare ulteriormente sulla manifestazione e stringere una vera e propria convenzione con la Pro Malo, così che struttura amministrativa comunale e associazione possano d’ora in avanti operare ancora più efficacemente in tandem. Il centenario è un punto di partenza: forti di una lunga storia alle spalle siamo pronti a strutturare un’offerta sempre più articolata. Un ringraziamento speciale va anche alle attività produttive, che sono state protagoniste di questa edizione e si sono impegnate per rendere la nostra cittadina ancora più accogliente”.

Un centenario, quello del Carnevale di Malo, riconosciuto anche a livello istituzionale. “Lunedì 12 febbraio una nostra delegazione ha incontrato alcuni rappresentanti regionali a Palazzo Balbi a Venezia – conclude il vicesindaco Golo -. Nel pomeriggio la maschera storica del Carnevale maladense, il “Ciaci” (vedi box a lato, ndr), ha sfilato in Piazza San Marco assieme alle delegazioni di Carnevali italiani e del mondo che hanno portato all’ombra della Basilica le proprie tradizioni”. ◆

bilmente da chiazze che non vengono più via, e con odori sgradevoli. Soluzioni? Oggettivamente nessuna, essendo quasi impossibile che un vigile urbano riesca a cogliere in “flagranza di reato” gli incivili. L’unica sarebbe un esame di coscienza da parte degli interessati: chi sa di non essere stato educato al rispetto degli altri, eviti di prendersi un cane. ◆

SchioMese ◆ [19] Attualità
Un esterno di abitazione in via Mazzini

Cultura e spettacoli

“LMirella Dal Zotto

a parola e le sue stagioni”

è il titolo del libro di poesie recentemente presentato da Antonio Cassuti, intellettuale ben conosciuto a Schio: ex preside del liceo “Tron”, assessore alla cultura, vicesindaco, addetto culturale all’ambasciata italiana di Praga, poeta fin dall’adolescenza, profondo conoscitore e ammiratore del praghese Seifert, di Leopardi e di Ungaretti. Per giocare con il titolo del suo ultimo libro, secondo di una trilogia che si chiuderà

Cassuti, la stagione delle parole

“La parola e le sue stagioni” è il titolo del libro di poesie recentemente presentato da Antonio Cassuti, secondo di una trilogia che si chiuderà con un’altra pubblicazione imminente.

con un’altra pubblicazione a giugno, si può affermare che se la parola ha le sue stagioni, Cassuti ha trovato la sua stagione privilegiata per mettere insieme le parole: quella del periodo crepuscolare della vita. Le parole hanno un peso per tutti, ma per un poeta quel peso è particolare: chi le trasforma in versi le sceglie con estrema cura, con il bilancino del cuore e della mente.

Nel libro, pubblicato da una giovane casa editrice vicentina, Caosfera, Cassuti rende sì protagonista la parola, ma per fare un discorso personale e sincero intorno alla vita. La veste grafica, chiara e pulita, è accattivante, così come lo sono le poesie all’interno, con versi centrati che fanno dolcemente posare gli occhi proprio lì, nel mezzo, dove si racconta di sé, del mondo, dell’amore, dell’amicizia, del rapporto col trascendente… perché altri possano riflettere sugli stessi, grandi temi esistenziali. Franco Venturella, nella postfazione, tiene giustamente a precisare che “l’autore in-

Teatro popolare, un basso e un alto

La rassegna di “Teatro popolare” ha riservato, tra gennaio e febbraio, due spettacoli dal diverso esito: uno decisamente non riuscito, l’altro invece efficace e di qualità.

Male “Così fan tutte”

Si sa che con questo tipo di spettacoli l’obiettivo è divertire il pubblico, magari anche di una certa età. Ma “Opera Shot – Così fan tutte” non ha raggiunto lo scopo, anzi. Un’attrice, un attore e una cantante-musicista hanno provato a dare una loro personale versione di “Così fan tutte”, opera lirica firmata da Mozart, ma non ci sono affatto riusciti.

Gli interpreti, giovani, simpatici, discreti caratteristi, non han fatto altro che urlare, cercando di coinvolgere il pubblico come in una sagra di paese. Nell’intento degli autori-attori il lavoro doveva essere un’occasione per riflettere sul ruolo della donna e sugli stereotipi che l’accompagnano, ma questo è poveramente emerso alla fine, a chiosare un’accozzaglia di battute scon-

tate che hanno permeato la commedia fin dall’inizio. Scene e costumi? Inesistenti, limitati a un cartellone srotolato nello sfondo e a qualche ventaglio. C’è stato chi ha riso, a onor del vero, e ce ne siamo pure meravigliati. Qualsiasi gruppo amatoriale avrebbe saputo far di meglio.

Bene Agnese & Tiziano

Pieno riscatto, invece, con il duo Agnese & Tiziano, che con il loro “...Fino alle stelle!”, scalata in musica lungo lo stivale, hanno inchiodato alle poltrone del Civico un buon numero di spettatori, che si sono divertiti e hanno apprezzato due autentici talenti del palcoscenico: Tiziano Caputo e Agnese Fallongo, diretti in modo spumeggiante da Raffaele Latagliata, che ha saputo valorizzare tutto ciò che questi due attori-cantanti-musicisti sanno fare. Sono entrati nel cuore del pubblico con una storia romantica, anni ‘50-’60, piena di sogni e di speranze. Assolutamente padroni del palco, si sanno trasformare, imitano, cantano, ballano e suonano (Tiziano) con

vita a percorrere un itinerario conoscitivo nelle zone inesplorate del cuore”. Antonio Cassuti è “Queltipolì”, “proprio queltipolì/visto per caso/la testa tra nuvole/ sempre in moto”, alla ricerca della Fede. Chi la cerca, anche se pensa di non trovarla, in realtà ce l’ha vicina, proprio perché la cerca più di altri. Nel primo libro, “La canzone del tempo”, l’anelito per il trascendente è più marcato, ma in “La parola e le sue stagioni” è comunque presente, serpeggia qua e là. Particolarmente sentiti, a nostro avviso, i versi dedicati alle donne: “La femminilità/è meraviglia e dono/Dico e ridico al mondo/che le donne/non hanno età/stanno oltre/chiedono solo/ascolto e complici silenzi”. Tanta ammirazione, da parte del poeta, per chi sa dare un senso all’esistenza, essendo e donando amore.

“La poesia salva la vita”, ha scritto Donatella Bisutti: per Antonio Cassuti è sempre stato così, ma con la maturità questa consapevolezza è tanto aumentata da sentire la necessità di condividerla con gli altri. ◆

grande naturalezza. Sono insomma degli artisti a tutto tondo, così come se ne vedono pochi e di cui si sentirà molto parlare, anche perché mettono d’accordo pubblico e critica. Apprezzabili pure i movimenti coreografici, la scenografia e i costumi: sia quando indossavano i panni dei poveri attori migranti, sia quando luccicavano, in America, con gli abiti pieni di lustrini, Agnese e Tiziano suggerivano un’epoca, tutta rispettosamente da ricordare. Sanno costruire la loro narrazione, pulita pulita, partendo dal passato e proiettandola in un futuro dove dovrebbero brillare, come le stelle del finale, valori e buoni sentimenti. Magari fosse così. ◆ [M.D.Z.]

[20] ◆ SchioMese

Cultura e spettacoli

uante sono le rivisitazioni del teatro classico, in particolare delle tragedie greche? Innumerevoli, e non sempre riuscite. Ma Gabriele Vacis, puntando su Sofocle, mettendo in evidenza fatti e sentimenti contrastanti e soprattutto affidando “Antigone e i suoi fratelli” a un gruppo di giovanissimi attori, ha saputo catturare l’attenzione del pubblico al Teatro Civico. Vacis, regista-drammaturgo-docente, fondatore del Laboratorio Teatro Settimo, vincitore di premi prestigiosi, curatore di importanti cerimonie a Torino, è conosciuto a Schio per aver attivamente partecipato al percorso Lotto Zero, che ha delineato il restauro nel teatro storico scledense; ha sempre portato in città lavori impegnati, facendo una bandiera della funzione educativa del teatro civile. Così com’era, del resto, nella Grecia antica, dove il palcoscenico diventava scuola dell’essere. È piaciuta la tecnica mista proposta, con narrazioni, monologhi, recitazione corale e canti. Bravi, inoltre, gli interpreti, tutti usciti dal Laboratorio Teatro Settimo e tutti fortemente appassionati al teatro greco antico, che “usano” per parlare di temi attuali, come i femminicidi e il patriarcato. Quattordici giovani attori in scena sono già uno spettacolo in sé, per cui lo scenografo Roberto Tarasco, da sempre a fianco di Vacis, ha scelto di puntare tutto su di loro, affidando ai corpi l’intero spazio a disposizione. È stato riempito a dovere: il pubblico ha apprezzato e applaudito.

Detto tra noi

Da Sofocle a De Andrè

La stagione di “Schio Grande Teatro” si è illuminata tra fine gennaio e febbraio con due spettacoli di qualità.

Con De Andrè è difficile sbagliare

Portare De André a teatro è quasi sempre una mossa vincente, ma bisogna saperlo fare, bisogna arrivare a un livello qualitativo molto alto per non incorrere nella banalità, perché su Faber s’è scritto, detto, recitato di tutto e di più.

“La buona novella” con Neri Marcoré, messa in scena all’Astra, ha fatto registrare il quasi esaurito in sala per due sere consecutive. Marcoré e la compagnia tutta hanno anche incontrato il pubblico a Campus Té, illustrando il lavoro e rispondendo di buon grado alle domande degli spettatori. “La buona novella”, capolavoro della canzone d’autore basato sui vangeli apocrifi, nella versione del regista Giorgio Gallione ha sapientemente alternato canto e recitazione, dando vita a una versione teatrale evocativa e d’impatto: evocativa per la scenografia di Marcello Chiarenza,

dove nessun oggetto era affidato al caso e richiamava fatti e note; d’impatto perché chi era sul palco ha dato il meglio di sé, si è visto e sentito.

La voce di Marcoré ricorda fortemente quella di De Andrè e, unita a una recitazione elegante, partecipata e mai esagerata, fa pensare che pochi come lui possono rievocare il cantautore genovese. Ottima cantante e attrice, Rosanna Naddeo, la Madonna adulta. Attorno ai due, un gruppo consolidato di musiciste-coriste (toccante il “Laudate hominem” finale) e un pianista, che formano una compagine ben amalgamata. Dopo un’ora e mezza di spettacolo il pubblico, che ha applaudito anche a scena aperta, ha volentieri accompagnato con ritmici battiti di mani il saluto della compagnia, affidato a “Il pescatore”, che si assopisce sempre, ma ogni volta che viene cantato risveglia gli animi. ◆

Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza: testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.

Grazie a Daniela De Pretto per 45 anni di Bushido

Il 17 dicembre 2023 gli allievi della palestra Karate Bushido Schio e della Polisportiva di Valdagno, hanno voluto concludere l’anno solare celebrando la loro insegnante Daniela De Pretto che ha festeggiato i 45 anni di onorata carriera di insegnante alla scuola di Schio e di Valdagno. Per l’occasione, oltre agli atleti di tutte le età, iscritti ai corsi per l’anno 2023/2024, sono stati convocati alcuni ex karateka che hanno potuto cogliere l’occasione per portare i loro saluti e auguri alla maestra De Pretto e dimostrarle una volta in più la stima e la riconoscenza che lega il gruppo.

A Daniela, ignara di tutto e visibilmente commossa, è stato donato un quadro che racchiude le firme degli allievi mentre chi scrive questa nota ha espresso un sentito ringraziamento da parte di tutti: “Guardati attorno, guarda bene i tuoi allievi. Siamo tutti riuniti qui con il desiderio di fare il karate, conoscerci e divertirci col dono speciale dell’amore e la disciplina che ci trasmetti ogni giorno con quello che fai in palestra. Ci hai trasmesso il valore della responsabilità, dell’umiltà, della dedizione, della convivenza e dell’amicizia”.

L’assessore allo sport Aldo Munarini ha inviato a sua volta una lettera di sentita stima e riconoscenza per i 45 anni di attività e per aver contribuito a rendere noto l’alto livello delle arti marziali nel nostro territorio, capace di farsi riconoscere a livello nazionale.

[22] ◆ SchioMese
e i suoi fratelli Foto Andrea Macchi
Antigone

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