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Valter

Schio: Fai la scuola giusta - p.12 ◆ Giorgio Dalle Molle: la mia Africa da medico del Cuamm - p.20 Thiene: Silvio Rizzato, l’uomo che fa uscire gli orsi dal legno - p.12 ◆ Maurizio Sella, campione a 60 anni - p.30 Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XI n. 106 - dicembre 2022
Orsi,
2023 L’uomo che fa uscire gli orsi dal legno
anteprima sul

Auguri di un noioso 2023

Tutto si può dire, dell’anno che finisce, tranne che sia stato un anno normale. È stato talmente assurdo che per una volta, in questo spazio dedicato a ciò che accade “di mese in mese” nel nostro piccolo mondo, non si può fare a meno di mettere da parte lo sguardo alle cose di casa per guardare a tutto quello che è capitato al di fuori.

È stato, prima di tutto, l’anno della guerra in Ucraina, una tragedia epocale, provocata da una cricca di potere in cui l’ossessione dell’accerchiamento, radicata nella storia della Russia, si è fusa con un rigurgito di espansionismo imperiale figlio dell’epoca sovietica. Il tutto all’interno di quella che lo scrittore Paul Berman ha definito come la vera ragione da cui nasce il conflitto: la paura delle idee liberali, la convinzione che i pericoli per lo Stato russo sono ancora e sempre esterni e ideologici e non invece interni e strutturali. “Putin ha invaso l’Ucraina a causa della rivoluzione di Maidan del 2014 – è la spiegazione di Berman -. La rivoluzione di Maidan è stata una classica sollevazione europea animata dalle stesse idee liberali e repubblicane del 1848, con lo stesso idealismo studentesco e con le stesse barricate nelle strade, se non fosse che questa volta erano fatte di copertoni di gomma e non di legno. Maidan non è sfociata in utopie folli o demagogiche, ha offerto all’Ucraina un futuro percorribile e, in questo modo, ha offerto nuove possibilità anche ai paesi vicini. E, diversamente dalle rivoluzioni del 1848, non è fallita. Per questo Putin era terrorizzato”. La guerra in Ucraina non può non scuotere e chiamare in causa tutti coloro che si ritengono persone libere e hanno la fortuna di vivere in una parte di mondo che, pur con le sue magagne e contraddizioni, conosce i valori fondamentali della democrazia, del diritto e dei diritti. Ma sentirsi chiamati in causa non vuol dire cercare la pace a ogni costo, non può essere la “calata di braghe” davanti al dittatore chiesta dal tizio col ciuffo ospite fisso in tv. Vuol dire il

contrario, ossia far capire che non ci si tira indietro quando si tratta di difendere quella democrazia e quei diritti. Perché la guerra all’Ucraina è una guerra anche all’Occidente libero e all’Europa.

Certo è che in questo momento si sta tutti dentro la condizione più pericolosa di sempre per la pace mondiale, ma la storia – quella del Novecento, non serve andare lontano – mostra che non se ne esce lasciando mano libera a chi aggredisce.

Quello che davvero pesa come una cappa e che lascerà un segno duraturo a livello globale è il fatto che si sia arrivati a sdoganare e a rendere plausibile per tutti la discussione sull’uso delle armi atomiche, considerato che se n’è cominciato a parlare con la stessa normalità con cui al bar si parla dei mondiali di calcio. Cosicché alle generazioni che si affacciano ora alla vita non possiamo lasciare nemmeno più quest’ultimo tabù, come eredità morale.

A livello internazionale è stato anche l’anno delle rivolte della popolazione, soprattutto delle donne e dei giovani, in Iran contro l’efferata teocrazia dei mullah. Dopo più di quarant’anni dalla rivoluzione, le nuove generazioni in quel paese, nate e cresciute dentro un contesto di oppressione, repressione e fanatismo religioso, sembrano averne avuto definitivamente abbastanza, in un paese che ogni anno perde 150 mila dei suo giovani migliori e più istruiti, che se ne vanno all’estero per non tornare più. Forse le proteste stavolta potrebbero arrivare a risultati fin qui impensabili. È stato anche l’anno in cui un po’ ovunque, quindi anche nelle tasche e nelle bollette di ogni famiglia, si sono prodotti gli effetti più pesanti della crisi energetica, della carenza delle materie prime e dell’aumento dell’inflazione. Conseguenze in buona parte portate dalla guerra, visto che è saltato il quadro delle relazioni internazionali sia a livello politico che economico, con l’Europa chiamata a rendersi autonoma dagli approvvigionamenti del gas russo e quindi a dover fare i conti con i rimbalzi e le speculazioni sui prezzi all’interno della catena di fornitura.

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E in tutto questo ci mancava lui, il nuovo uomo più ricco del mondo, Elon Musk. Quello delle Tesla, di SpaceX e dei progetti per andare a colonizzare Marte, quello che si è comperato twitter per 44 miliardi di dollari apparentemente con lo scopo di farlo fallire, visto che ha subito licenziato su due piedi metà dei dipendenti, tratta i rimanenti come schiavetti e ha ridato voce ai profili che diffondono disinformazione e fake news. Un personaggio inquietante che rischia di diventare incontrollabile, non per niente ha un nome perfetto per il ruolo di “cattivo” in un film di James Bond. È stato, quello sì, l’anno della fine dell’emergenza pandemia. Nel senso che sono finite le misure di contenimento, non certo i contagi, che anzi sono esplosi proprio per via dell’inevitabile “liberi tutti” e sono oggi dieci volte quelli di un anno fa. Senza contare che ormai i tamponi che girano sono per gran parte quelli “fai da te”, e che poi se uno si ritrova positivo in molti casi evita di segnalarlo e tanti saluti. Quantomeno, ora nove persone su dieci sono vaccinate e gli esiti della malattia non sono drammatici come prima, anche se i ricoveri in ospedale di anziani e “fragili” vanno aumentando.

Centro!

Lo Schiocco

Com’è che non si vede mai una vecchia Punto o un’utilitaria parcheggiare in questo modo villano, a metà tra due spazi? A farlo sono sempre auto di gamma alta o medio-alta, al volante delle quali è difficile immaginare “l’automobilista della domenica” distratto o poco pratico. Ergo, chi parcheggia in questo modo lo fa deliberatamente, magari per assicurarsi di non avere nessuno che gli si piazzi ai lati col rischio che gli lasci in ricordo sulla fiancata uno striscio da contatto. Sarebbe bello che gli si inserissero ai lati due smart, a filo filo, così da costringerlo a salire passando dal bagagliaio.

Dunque, un anno assurdo. Cosa augurare, con questi chiari di luna, per il 2023? Che finisca la guerra in Ucraina, ovvio. Che i giovani e le donne iraniane vincano la loro battaglia al grido di

Ma vogliamo essere ingenui, e credere che in questo caso l’automobilista sia stato semplicemente accalappiato nella rete delle offerte da “Black Friday” e avesse in testa il mantra del “prendi due e paghi uno”. [S.T.]

“donna, vita, libertà”. Che Musk parta lui intanto per Marte e decida di restarci. E che per il resto torni a essere, per tutti, un anno normale. Banale. Perfino noioso, toh. ◆

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Avoler suggerire a Valter Orsi un film da guardare a Natale, si potrebbe optare per un cult di Federico Fellini, “Otto e mezzo”. Non per la trama, ma per il titolo, visto che in queste settimane Orsi è arrivato a otto anni e mezzo di governo della città.

E dire che sembrano di ieri le immagini in cui i suoi sostenitori lo avevano festeggiato fuori dal municipio la sera della prima elezione, facendolo volare in alto come si fa con gli allenatori di calcio che vincono il Mondiale. Ma si sa, anche il tempo vola. Ed ecco dunque che già sono cominciati gli ultimi diciotto mesi del secondo mandato. Sindaco, guardando ai piani iniziali, peraltro scombussolati dalla pandemia, cosa resta da fare in quest’anno e mezzo?

“ Tantissimo. Riusciremo a raggiungere buona parte degli obiettivi che ci eravamo dati all’inizio, nel piano decennale, ma è indubbio che il Covid ha deteriorato anche le entrate del Comune e quindi ci sono stati dei rallentamenti su alcuni investimenti che erano programmati, a causa di entrate che sono mancate”.

In particolare, cosa è rimasto indietro?

“Una serie di interventi di miglioramento sulla città. Penso ai punti parcheggio nelle zone collinari: avevamo pensato di riuscire a realizzarne tre, invece sarà possibile averne uno, forse due. Penso poi alla valorizzazione della valle dell’Orco, dove era previsto un intervento da circa 1 milione di euro per rilanciare quella splendida valle: riusciremo a mettere nel bilancio 2023 solamente una prima parte di questa somma”. Bisogna dare atto a tutti gli enti locali, del resto, che i due anni del Covid hanno colpito duro sulla possibilità di tener fede agli investimenti programmati.

“Certo. Devo dire che il conto complessivo degli investimenti fatti sulla città dal 2015 a oggi arriva alla cifra di 60 milioni di euro. E più della metà non sono costati ai cittadini, perché siamo riusciti a ottenerli partecipando a bandi, portando contributi dall’esterno. È chiaro che anche quello che si chiude è stato un anno molto difficile. Al periodo della pandemia si è aggiunta l’emergenza dell’aumento dei costi energetici, che ci è costata un milione di euro, risorse che avrebbero potuto essere investite per una serie di migliorie sulla città che invece non è stato possibile realizzare”.

Orsi a tutto campo (e con tre anticipazioni)

Per il sindaco di Schio sta per iniziare l’ultimo anno intero di mandato. In questa intervista rilascia tre anticipazioni. Due delle quali hanno a che fare con il recupero dell’area ex Lanerossi acquisita da Cestaro: “Alla proprietà abbiamo chiesto di prevedere un’area per un parco, la mia idea sarebbe quella di sagomarlo sul perimetro del comune, una sorta di ‘Schio in miniatura’, con dei punti di riferimento che richiamino la città, la sua storia, la sua conformazione. Inoltre grazie all’operazione sull’area ex Lanerossi puntiamo a recuperare aree degradate del centro storico attraverso edilizia convenzionata”.

L’emergenza energetica ha portato anche a “calmierare” l’illuminazione pubblica, il che non ha mancato di sollevare critiche.

“Credo che chi non ha capito l’azione che abbiamo messo in atto sotto questo profilo, la capirà nei prossimi mesi. Molti non si erano resi conto del picco di aumenti dei costi a cui si stava andando incontro, ma ora inevitabilmente lo si sta verificando. Non bisogna dimenticare che se un Comune chiude il bilancio con un disavanzo, si crea un problema per i cittadini, perché la legge prevede che in quel caso si debba fare un piano di rientro, il che comporterebbe un aumento inevitabile dei tributi locali. Quindi per evitare che si arrivi a questo serve razionalità”.

Torniamo al filone delle cose che restano da fare. Sta per iniziare l’ultimo anno intero di mandato: quali sono i temi che lo caratterizzeranno?

“Intanto partiranno i lavori legati ai progetti di rigenerazione urbana per i quali abbiamo ottenuto contributi dal Pnrr, ovvero Piazza Statuto e le ex scuole Marconi. Poi ci sarà il secondo intervento di miglioramento sismico ed energetico delle scuole Battistella e l’arrivo di oltre un milione di

euro di interventi sul sistema idrogeologico e la messa in sicurezza dei territori comunali. Un tema, quest’ultimo, sul quale ci siamo impegnati fin da subito, visto che appena insediati nel 2014 abbiamo vissuto il problema dell’allagamento della città. Abbiamo portato a casa oltre due milioni di euro di contributi per il sistema idrogeologico e continuiamo a mettere in bilancio risorse per ulteriori interventi. Non ci siamo fermati nemmeno con la crisi del Covid o l’aumento dei costi dei lavori”.

Sembra voler rivendicare il merito di aver seguito nel tempo una programmazione che ha permesso di raggiungere obiettivi un po’ per volta.

“Bè, sì, programmazione è una parola che ho sempre avuto in mente. Perché non può esserci un obiettivo raggiunto se non lo programmi e non crei le condizioni per realizzarlo. Un amministratore può fare due cose: lavorare solo sulle entrate comunali, oppure impostare progetti ambiziosi e cercare, spaccandosi la schiena, risorse aggiuntive che non sono nella disponibilità del Comune. Noi abbiamo scelto questa seconda strada”.

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Dica la verità: pensa di aver messo a tacere, in questi otto anni e mezzo, chi all’inizio era scettico nei suoi confronti e faceva fatica a considerare realmente “civica” e fuori dai partiti la sua seconda vita politica, dopo tanti anni passati ai vertici della Lega nord?

“Credo di sì. C’era chi pensava che sarebbero arrivati i barbari a distruggere tutto, mentre abbiamo dimostrato la capacità di riallacciare rapporti di rete e di collaborazione tra le varie associazioni che rappresentano la città e tra i cittadini. Abbiamo dimostrato attenzione al mondo del sociale e del volontariato, dove qualcuno pensava che avremmo smantellato tutto. Il lavoro svolto in questi anni dall’assessore Marigo ha dimostrato il valore che riconosciamo a questo mondo. E poi penso alle attività legate alla cultura, al mondo dell’impresa, all’ambiente: quando siamo arrivati avevamo un dato di raccolta differenziata del 66%, oggi chiuderemo l’anno oltre l’80%. Si è dimostrato che le responsabilità noi ce le prendiamo mettendoci la faccia”.

Ci sono lamentele da parte di chi vede una città più sporca. Che dice?

“Non è vero che la città è più sporca. È vero che ci sono ancora tanti maleducati, questo sì, ma sono una minima parte, che purtroppo si nota: quando c’è pulito vedi di più il maleducato o l’idiota che abbandona i rifiuti. Su questo fronte abbiamo fatto molte multe”.

Questo è stato l’anno della guerra in Ucraina. Come ha impattato su Schio? Qual è il bilancio della solidarietà legata al dramma vissuto dagli ucraini?

“Quando inizialmente il prefetto ci convocò, come sindaci, annunciando l’imminente potenziale arrivo di un grande flusso di profughi, abbiamo messo in campo tutto ciò che era possibile attivare: le associazioni, le scuole… Si è costituita una rete sovracomunale con il progetto ‘La Tenda di Abramo’, per offrire sul territorio punti di accoglienza e un contesto che consentisse a chi sarebbe arrivato di inserirsi temporaneamente nelle nostre comunità. In realtà da noi gli arrivi sono stati molto limitati, una cinquantina in tutto. Molti sono stati accolti in casa di cittadini. Come Comune abbiamo accolto due nuclei familiari, presso i Chiostri S.Francesco, che poi sono rientrati in Ucraina. Più in generale, la risposta della città è stata grandissima, siamo stati subissati da disponibilità di accoglienza, c’è stata una grande sensibilità. Poi l’impatto, come detto, è stato minore del previsto”.

Per la città la notizia più importante dell’anno è stata l’acquisizione dell’area ex Lanerossi da parte di Marcello Cestaro. Sembra la miglior soluzione possibile, visto che se il comparto fosse finito in mano a investitori esterni

ci sarebbe stato il rischio di veder sviluppare progetti finalizzati a monetizzare al massimo in termini di cubature e di speculazione immobiliare. Che prospettive si aprono, ora per il futuro dell’area?

“Stiamo lavorando con la famiglia Cestaro e con i loro tecnici per predisporre gli ambiti di sviluppo. Ora sono nelle fasi degli studi previsti dalla legge: la viabilità, la parte ambientale, le bonifiche… tutti passaggi necessari per definire i comparti di intervento.

Non ho visto la volontà di Cestaro di seguire le indicazioni del vecchio piano Gregotti, che prevedeva grandi cubature oggi non più realistiche. Mi pare invece che l’idea sia quella di realizzare delle cose di pregio, fatte bene. Noi abbiamo chiesto molta attenzione all’ambiente in cui si interviene, al contesto architettonico, ma è stato facile capirsi, Cestaro ama molto la sua città”.

“Per l’area ex Lanerossi stiamo pensando a una novità assoluta: l’idea è di monetizzare la parte di edilizia convenzionata che andrebbe prevista all’interno: la proprietà anziché realizzarla la paga e il Comune usa quei soldi per realizzare edilizia convenzionata per il recupero di immobili nelle aree più degradate del centro storico, dando un contributo del 100% ai privati per ristrutturare le abitazioni con una convenzione che dovrà portare a mettere in vendita o ad affittare quell’abitazione a prezzi di edilizia convenzionata”.

Ma la domanda di fondo è: tempi brevi o tempi lunghi? Le fasi di studio e i “passaggi di legge”, per esempio, si porteranno via tutto il prossimo anno?

“In parte indubbiamente sì. Ma il cavalier Cestaro vuole arrivare a realizzare l’intervento in tempi brevi. Credo che già l’anno prossimo avremo basi più solide, si arriverà a una definizione del progetto.

Intanto, per parte nostra stiamo studiando anche una soluzione molto innovativa. In interventi come questi, la norma regiona-

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le prevede che il 20% della cubatura di cui si programma la costruzione sia di edilizia convenzionata. Facendo le prime proiezioni, questa percentuale – si parla di migliaia di metri cubi - troverebbe un’allocazione che andrebbe a scardinare i progetti della proprietà. Abbiamo pensato allora a un piano che credo rappresenti una novità assoluta: l’idea è di monetizzare l’edilizia convenzionata, cioè anziché realizzarla la proprietà la paga, secondo dei criteri esistenti che consentono di arrivare a definire la cifra. Il Comune prende questi soldi e li utilizza per realizzare edilizia convenzionata in un’altra parte della città”.

Dove?

“Ecco la novità. Nell’ottica dell’evitare di consumare suolo, avremmo pensato di usare queste risorse per sostenere il recupero di immobili all’interno del centro storico, soprattutto in quelle aree più vecchie e degradate, dando un contributo del 100% ai privati per ristrutturare le abitazioni con una convenzione che dovrà portare a mettere in vendita o ad affittare quell’abitazione a prezzi di edilizia convenzionata. E avete già identificato le aree in questione? La parte dietro al Duomo, per dirne una?

“Possiamo pensare a tutta l’area dietro al Duomo, San Giacomo, piazzetta San Gaetano… là dove ci sono edifici più vecchi e servono investimenti importanti, e dove se non si rinnova completamente non si potrà mai pensare a una rigenerazione dell’area”. Ma per quanto tempo il privato che ha ristrutturato, qualora non vendesse, sarà obbligato a mantenere l’affitto agevolato? Dev’essere un tempo piuttosto lungo per giustificare il contributo erogato…

“Certo, si parla di tempi medio lunghi, venti, trent’anni… Stiamo calcolando i parametri, ci sono valutazioni da fare. Ovviamente l’operazione deve avere un interesse collettivo”.

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Schio ◆ [5]

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Bè, se dall’ex Lanerossi partisse anche l’occasione per recuperare le zone più critiche del centro storico sarebbe effettivamente un doppio risultato. Ma tornando alla “Operazione Cestaro”, ci sarà spazio per un buon parco pubblico, così come immaginato in passato? “Sì. Poi come potrà essere questo parco dipende anche dalla cubatura che si intende realizzare, considerato che da quel volume scatta tutta una serie di parametri, come il verde pubblico, o le aree standard. La nostra idea è portare avanti il progetto di scoperchiare il tratto di roggia maestra che passa nell’area e realizzare lungo il percorso una ciclopedonale che unisca l’area camper con il cortile della Fabbrica Alta. Poi abbiamo chiesto alla proprietà di concentrare le aree verdi in un unico contesto. Perché in questi casi le soluzioni possono essere due: prevedere tante piccole zone verdi, oppure metterle insieme in un’unica area parco. Noi abbiamo chiesto un parco. La mia idea, e questa è un’altra novità, sarebbe quella di sagomarlo sul perimetro del comune di Schio, cioè realizzare un parco che diventi una sorta di ‘Schio in miniatura’. Non come l’Italia in miniatura, ma con dei punti di riferimento che richiamino la città, la sua storia, la sua conformazione”. Ah, ma questa è l’intervista delle anticipazioni, dunque… In pratica, camminando nel parco uno si renderebbe conto di attraversare la città, sia morfologicamente che attraverso stilizzazioni dei monumenti o dei punti?

“Esatto. Penso ad esempio al Novegno, all’identificazione delle parti più caratteristiche e storiche della città: la parte industriale, il Duomo, i due colli del Gorzone e del Castello…

Credo che l’idea possa essere ampiamente condivisibile. Chi dovrebbe essere contrario ad avere un parco fatto a rilievi con dei punti di riferimenti della storia della città? Come realizzarlo poi si vedrà”. Chiudiamo guardando al 2024. L’anno prossimo il suo schieramento dovrà pensare anche a “dopo Orsi”, individuando il candidato sindaco per il 2024. Andiamo al sodo: sarà Cristina Marigo o Alessandro Maculan?

“Le valutazioni all’interno dei nostri gruppi si stanno facendo, c’è una linea. Credo comunque che spetti alla persona decidere se rendersi disponibile a questo ruolo per prendere la responsabilità di guidare la città per i prossimi cinque anni. Non credo all’investitura con la mano sulla testa. Certo ci piacerebbe avere la possibilità, se la gente ci darà la fiducia, di recuperare innanzitutto il tempo perduto nei due anni dell’emergenza pandemia, anche perché si stanno sviluppando progetti importanti che ci piacerebbe portare a termine. Proprio in questi giorni abbiamo depositato un grosso progetto, un bando del Mise che aveva tempi ristrettissimi: abbiamo costruito una rete con università, centri di ricerca, aziende innovative del territorio per un progetto che sfiora gli 11 milioni di euro e si chiama la ‘Casa delle tecnologie emergenti’. Si parla di intelligenza artificiale, di realtà virtuale e aumentata, di innovazione di prodotto legata al mondo dell’impresa.

Abbiamo la struttura giusta per ospitarlo, il Faber box, dove c’è già l’Innovation Lab che dovrebbe diventare centro direzionale per questa Casa delle tecnologie, supportando le start up che troverebbero lì la loro fase embrionale. Avremo risposta entro fine anno. In Veneto gli unici ad attivarsi in tempo e a presentare un progetto sono stati Schio e Padova”.

Bè, non ha detto se il candidato sarà Marigo o Maculan, ma abbiamo chiuso con un’altra anticipazione… Possibilità di portare a casa questo investimento?

“Vediamo. In tutta Italia le candidature sono sette o otto. La cosa importante è aver creato una rete di altissima tecnologia che mostra le grandi potenzialità di questo territorio. Poi, see vincessimo il bando e ce lo vedessimo finanziato in toto, farei un capodanno veramente eccezionale”. ◆

Se n’è andato Vittorio Berno, grafico, poeta e artista

Se ne sono andati in pochi mesi, quasi alla stessa età, i due milanesi trapiantati a Schio. Prima Angela Cappellari, la signora del teatro. Ora Vittorio Berno, il signore della grafica. Ma anche poeta, scultore, pittore. Un artista, insomma.

A Milano aveva fatto di professione il grafico, a volte l’art director, per agenzie di pubblicità ed editori, poi a un certo punto si era messo in proprio, formando anche una sorta di studio familiare con il contributo dei figli Alessandro (che si occupa della grafica di questo mensile) e Maria Grazia. Era capace di trascorrere anche 12 ore filate al tavolo da lavoro. Suo, è risaputo, è il manifesto dei Laboratori Sella del cavallo e dello slogan “Prendi una Sella...e sarai a cavallo!”.

A Milano si dilettava anche nella scultura e nella pittura, con esiti di tutto rispetto. Nella sua “seconda vita”, dopo la pensione, era arrivato a Schio, dove abitava suo padre,

che fu l’ultimo capotreno della mitica “Vaca mora”, il trenino Rocchette-Asiago. E a Schio aveva scoperto, lui milanese, i piaceri della vita di provincia, accettandone di buon grado anche i limiti. La milanesità, però, la si ritrovava pur sempre nelle sfaccettature del carattere e nella ricchezza affabulatoria. Una persona eclettica, capace di fare qualsiasi cosa, anche di progettare bottiglie per profumeria, costruendo modelli in balsa con precisione assoluta, aiutato da una manualità e abilità nel disegno impressionanti. E a Schio aveva “risciacquato in Leogra” la sua innata vena poetica, che già da giovane lo aveva portato a pubblicare una raccolta di poesie in italiano: diventato scledense, aveva scelto il vernacolo locale, trovando una rinnovata efficacia espressiva. Una produzione che prossimamente è attesa a una pubblicazione postuma, curata dal figlio Alessandro. ◆ [S.T.]

[6] ◆ Schio

Attualità

“L

e amiche di Anna” non dimenticano la data del 19 novembre 2018, in cui persero per sempre la compagnia di una persona speciale. A quattro anni di distanza dall’omicidio di Anna Filomena Barretta sono proprio loro a mettersi in gioco in omaggio alla sua memoria, posando di fronte a una macchina fotografica come modelle per un giorno. E, come ogni anno, facendo “squadra” per amplificare volontà esplicita che le accomuna, come in altre occasioni nel passato recente, vale a dire sensibilizzare la popolazione “rosa” sul tema della violenza di genere. Con il valore aggiunto di un obiettivo condiviso da tutte loro: non far posare nemmeno un granello di polvere sul ricordo sempre vivo della donna e mamma vicentina d’adozione, di 42 anni, impiegata come commessa del Centro Commerciale Thiene all’interno dell’allora Carrefour. Un’amica fidata per alcune tra loro, una cordiale collega con la quale scambiare un saluto e qualche parola per altre, riunitesi insieme in una sorta di gruppo spontaneo dopo il drammatico evento. Per dire “No”, per dire basta, per non dimenticare. Un coro di voci e azioni concrete divenuto nel tempo un’associazione no-profit in piena regola.

È una dedica genuina quanto inedita in questa forma quella che tante donne di Thiene e dintorni rivolgono alla donna uccisa in quei giorni di autunno come oggi, nella sua casa di Marano, per mano del marito armato di una pistola. Un fatto di cronaca che sconvolse l’Alto Vicentino e non solo, fino alla condanna della guardia giurata. riempiendo pagine di cronaca che a

“Amiche di Anna” in posa per non dimenticare

distanza di quattro anni lasciano spazio, adesso, al racconto di un’iniziativa benefica che include anche un “gancio” per chi rischia di vivere situazioni analoghe di rischio.

Stavolta il gruppo “Le amiche di Anna”, infatti, ha pensato a un calendario intitolato “Ricordati, basta silenzi: urla!”, un forte richiamo alla sfera femminile chiamata a reagire ad abusi e prevaricazioni, trovando la forza e il coraggio di rivolgersi a chi tende la mano per prestare supporto, aiuto e, quando servisse, protezione. Il calendario è stato realizzato nelle scorse settimane dal fotografo thienese Ernesto Jobin, con la collaborazione della make-up artist Federica Dalla Vecchia. Modelle per un giorno, anzi per tutto il 2023, quelle donne che serbano di Anna Filomena Barretta un intimo ricordo nel cuore. Tante mamme tra queste, come lo era lei, fino a quel tragico giorno.

Per la presentazione delle immagini e del calendario 2023 che le custodisce è stato scelto – a fine novembre - proprio il luogo di lavoro della donna ricordata ancora una volta con affetto immutato, puntando sul significato che sottende a ciascuna delle 12 fotografie scelte. Espressioni di varie emozioni in diverse pose, tra cui la solitudine, il dolore e la paura come spiegato dalle stesse amiche/modelle presenti alla prima ven-

dita del calendario 2023. Da ricordare che il ricavato dell’iniziativa sarà destinato alle due figlie della compianta Anna, con un’ulteriore “moneta” simbolica costituita dall’intento ribadito di invitare le donne in difficoltà a non avere paura di ribellarsi, contattando direttamente anche la stessa associazione in caso di necessità.

Negli anni scorsi altre idee hanno preso forma, dalla t-shirt con lo slogan “Non ti amo da morire” a una canzone dedicata dal cantautore Bruno Conte, dal titolo “Cassa 12 chiude”. Con una panchina rossa installata nella galleria del centro per gli acquisti di Thiene, a ricordarla 365 giorni all’anno, così come si propone il calendario fresco di stampa, proprio nel suo luogo di lavoro. In occasione della “Giornata internazionale contro la Violenza maschile sulle donne” dello scorso 25 novembre, poi, a Thiene lo spettacolo teatrale “Schegge-Per favore non chiamateli uomini” (ospitato all’Auditorium Fonato) è stato anche in questo caso dedicato alla mamma maranese e con raccolta fondi a favore delle vittime di femminicidio. Per chi volesse acquistare il calendario 2023 è possibile richiederlo all’email leamichedianna@gmail.com. Il costo è di 10 euro. Disponibile invece sui canali social dell’associazione il video con il backstage delle colleghe-amiche dal cuore grande di Anna. ◆ [O.D.M.]

L’associazione dedicata alla commessa uccisa dal marito guardia giurata a distanza di 4 anni dall’omicidio la ricorda con un’iniziativa in suo nome.
[8] ◆ Thiene

Attualità

Un museo di arte contemporanea a Schio? C’è chi ne sogna uno molto particolare: un museo permanente di street art. Qualcuno quando sente parlare di disegni fatti sui muri con le bombolette potrebbe accomunarli tout court agli atti vandalici che sfregiano le superfici di spazi pubblici e privati di tutte le città. E Schio purtroppo non fa eccezione. Molti, al contrario, hanno manifestato apprezzamenti per le manifestazioni di autentica “arte di strada” presenti in città. Ad esempio le opere dell’artista Evyrein: il “Banksy veneto”, com’è stato definito dalla stampa. O l’enorme dipinto sulla parete ovest del Faber Box. E più di recente il murale realizzato in piazza Falcone Borsellino durante l’ultimo British Day con ispirazioni provenienti – naturalmente - dalla cultura pop e dalla musica d’oltremanica e firmato da quattro artisti locali, in arte noti con gli pseudonimi Wais, Sparky, Morky e Kato.

Quest’ultimo, al secolo Fabio Fabris, uno dei più longevi street artist di Schio, tiene molto a segnare la differenza tra le sue opere e una semplice scritta sul muro: “La street art è tale quando valorizza uno spazio grigio, magari abbandonato a se stesso, regalando a tutti quelli che passano di lì un motivo per guardare quelle superfici che altrimenti non vedrebbero nemmeno. Nel nostro ambiente ci sono delle regole non scritte e una di queste è proprio quella di non intervenire su edifici abitati e monumenti”.

Ed è proprio Fabris, attivo fin dagli anni’90 a Schio, ma anche in varie città italiane ed europee, a lanciare l’idea di istituire a Schio un vero e proprio museo di street art, maga-

“Il mio sogno è un museo di street art a Schio”

Fabio Fabris, in arte Kato, attivo fin dagli anni’90 a Schio e in altre città italiane ed europee, lancia l’idea di istituire a Schio un vero e proprio museo di street art, magari ricavato in un’area attualmente abbandonata e degradata: “Uno spazio che potrebbe richiamare artisti e appassionati a livello nazionale e internazionale”.

ri ricavato in un’area attualmente abbandonata e degradata: “Uno spazio che – sostiene Fabris - con la sua sola esistenza potrebbe richiamare artisti e appassionati a livello nazionale e internazionale”.

A Schio ci sono già delle aree offerte in concessione dal Comune a chi desidera riversare su un muro la propria creatività a colpi di vernice spray. Piazzale Pubblici Spettacoli è stato il primo esempio, già all’epoca del sindaco Giuseppe Berlato Sella, a cui più di recente si è aggiunto il sottopasso ciclo pedonale del complesso Porta Venezia. “Però sono spazi di dimensioni tutto sommato ridotte – spiega Fabris –. Un disegno ha una vita media di tre-quattro mesi prima di venire ricoperto da quelli successivi. Inoltre sono pur sempre spazi all’aperto, esposti agli elementi atmosferici… Il mio sogno sarebbe

Dal liceo artistico un murale per i vigili del fuoco

Gli studenti del liceo artistico “Martini”, con docenti e autorità, davanti all’enorme murale (mt 60X70) dedicato ai vigili del fuoco e realizzato da un’ottantina di allievi, che hanno lavorato sul campo per tre mesi. Un plauso ai ragazzi

delle quarte e quinte che, coordinati dal prof. Giampiero Valente, hanno realizzato un’opera che racconta per immagini il mestiere del vigile del fuoco, mettendone in evidenza l’altruismo, il coraggio, la generosità e lo spirito di servizio. [M.D.Z.]

di trovare un’area chiusa, con ampie superfici libere, da trasformare in vero e proprio museo d’arte, dove le opere potrebbero rimanere esposte a tempo indeterminato”. Fabris, grafico editoriale nella vita, appassionato di storia, con all’attivo due libri sulla prima guerra mondiale, di recente è finito anche nei guai a causa della sua passione. “Nelle scorse settimane credevo di aver trovato un luogo che sarebbe stato ideale per realizzare l’idea del museo: dei capannoni molto ampi, attualmente in stato di abbandono, nella zona industriale di Schio. Ero entrato di giorno, non nascondendomi, in quanto dal mio punto di vista non stavo facendo nulla di male e la recinzione è tutta piena di punti di accesso. Tuttavia la mia presenza è stata notata da qualcuno che ha avvertito la società immobiliare proprietaria dell’area, che ha sporto denuncia. Capisco che abbiano dovuto allertare i carabinieri per paura che io stessi facendo qualcosa di losco… che so: nascondere refurtiva o altro. Ma una volta stabilito che ero lì solo per dipingere su un muro mi sarei aspettato il ritiro della querela, tanto più che da subito mi sono detto disposto a presentare le mie scuse e anche a ripristinare il luogo, che, lo sottolineo, verte in uno stato di totale abbandono. In vita mia non ho mai ricevuto biasimi per le mie opere, che come ripeto mirano in particolare a valorizzare e non a rovinare gli spazi. Ma ancor più della denuncia, che per un nonnulla rischia di macchiare la mia fedina penale, mi dispiace di dover rinunciare all’idea del museo, almeno fino a che qualche ente privato o pubblico non sposi l’idea e decida di mettere a disposizione uno spazio analogo”. ◆

[10] ◆ Schio
Il murale di chiara ispirazione anglosassone realizzato nel corso dell’ultimo British Day in piazza Falcone Borsellino

Il personaggio

In pochi anni Rizzato ha “sfornato” decine le opere che raffigurano cani, gatti, rapaci, predatori dei boschi (lupi e cinghiali in particolare) in diverse pose, con l’orso a occupare il primo gradino in ordine alle preferenze. Non mancano varianti al tema della fauna, come anguane e fate.

Se vi capita di trovarvi per la cittadina di Lugo e vi imbattete tra le vie e la piazza in un pensionato che sprizza vitalità e con in mano una motosega, avete buone possibilità che non si tratti di un serial killer invasato come nella famosa saga di film horror. A meno che, inoltre, non sia in corso la notte di Halloween, ma un giorno invece come tanti, è probabile che vi ritroverete a chiacchierare amabilmente con Silvio Rizzato, un 66enne che un po’ tutti a Lugo conoscono, vuoi perché vive lì da sempre, vuoi soprattutto perché proprio nel municipio cittadino lui ci ha lavorato per anni, come impiegato pubblico. Un geometra passato dalle “linee dritte disegnate col righello a quelle curve”, come lui

Foto Giorgio De Negri. Qui e nelle altre foto del servizio, Silvio Rizzato all’opera nella realizzazione delle sue sculture. Tipiche sono quelle di enormi orsi, ricavati intagliando tronchi d’albero.

L’uomo che fa uscire gli orsi dal legno

Alle soglie della pensione (era geometra in Comune) Silvio Rizzato ha scoperto la passione per la scultura in legno, soprattutto di animali di grandi dimensioni. Da allora è diventato un artista di grande abilità che raccoglie sempre più consensi nei simposi di scultura.

stesso ammette con una battuta, da quando ha germogliato, alla soglia dei sessanta, una passione inaspettata prima di tutto per lui. Quella per la scultura del legno, a partire dai tronchi d’albero. Un’abilità innata che nemmeno lo stesso Silvio sapeva di avere.

“Possiamo dire che è nato tutto per caso –racconta – quando ormai mi mancavano pochi anni alla pensione, una fase della vita che un po’ temevo, in verità. Grazie a un amico mi sono avvicinato alla scultura e, a distanza di sei-sette anni, questa passione ora riempie una consistente fetta del mio tempo libero, realizzando delle opere in legno da tronchi d’albero. I miei soggetti preferiti sono senza dubbio gli animali, sia selvatici dei nostri boschi che domestici”.

Motosega, scalpello

“Al giorno d’oggi il 95% del lavoro si compie utilizzando una motosega, per poi rifinire con i vecchi attrezzi, scalpello e martelletto, che si usavano una volta. L’utensile meccanico permette di accorciare i tempi, prima servivano dei giorni soltanto per arrivare alla sagoma delle dimensioni giuste su cui lavorare. La cosa bella di queste manifestazioni è che la gente intorno ti osserva e c’è occasione di dialogo. Mi piace di meno, invece la frenesia, in linea con un mondo in cui va tutto a doppia velocità, ma bisogna adeguarsi”.

e martelletto

Rizzato da qualche tempo partecipa a eventi, che nel settore vengono chiamati simposi, a metà tra l’esibizione e il concorso, in cui artisti e artigiani provenienti da più parti d’Italia realizzano una scultura ex novo in poco tempo, nell’arco di meno di un week end. Per riuscirci servono più ingredienti da mescolare: manualità, creatività e… rapidità di esecuzione, come confida l’ex impiegato del Comune.

Nonostante la produzione da autodidatta sia tutto sommato recente, si contano già a decine le opere che raffigurano cani, gatti, rapaci, predatori dei boschi (lupi e cinghiali in particolare) in diverse pose, con l’orso a occupare il primo gradino in ordine alle preferenze. Non mancano varianti al tema della fauna, come anguane e fate. Molteplici soggetti, unica passione.

“Mi hanno sempre affascinato i grandi orsi nordamericani, come il grizzly. La mia prima scultura è stata infatti un ‘orsacchiotto’ alto tre metri, poi ho spaziato sugli animali per i quali nutro da sempre simpatia. Trovo più impegnativo, invece, avventurarmi su soggetti umani”.

[12] ◆ Thiene

Il piacere di fare qualcosa con le proprie mani

Una volta arrivato il pensionamento, dunque, è diventato un nuovo lavoro adesso per lei la scultura?

“Direi di no: per me rimane un diletto e voglio che lo rimanga. Non mi piace sentire la pressione e contrattare. Non fa parte di me, lo vivrei come un peso, mi accontento di coprire i costi del carburante o del materiale utilizzato”.

Chiarito questo aspetto, cosa la rende felice da quando ha intrapreso questa attività artistica? “È gratificante fare qualcosa con le proprie mani, e quando si ingrana poi si tende a replicare migliorando di volta in volta e da questo si ricava la soddisfazione. Forse il segreto sta proprio in questo, sperimentare per migliorarsi. Poi arrivano dei complimenti da chi ci osserva, e per me che in 42 anni di lavoro nel pubblico ero abituato più a ‘prendere parole’ dagli utenti, devo dire che fanno piacere”.

Una particolarità di Rizzato è che si presta a scolpire anche animali da compagnia volati in cielo, su richiesta dei proprietari sconsolati dopo aver perso un amico a quattro zampe. Può capitare che dietro un cagnolino o felino ligneo si celi una storia di affetto genuino, che tocca il cuore tenero di uno sculture abituato a maneggiare il legno duro. “Difficile dire di no in questi casi: intanto specifico che non c’è tornaconto economico, accetto perché provo la sensazione di far del bene. Ai proprietari porta conforto, conservare un ricordo del loro animale in casa o in giardino”. Ora che il cittadino di Lugo è “entrato nel giro” degli scultori, si moltiplicano gli inviti ai simposi, le richieste di opere e qualche “spina del mestiere”, oltre agli attrezzi. Sulla questione dell’utilizzo delle colorazioni come si pone? E sui materiali?

“Sul primo punto ci sono dei filoni di pensiero: tanti puristi preferiscono lasciare il legno come è in natura anziché adoperare

i colori acrilici, oltre che prodotti antiparassitari e antimuffa per conservare più a lungo le sculture. Come la penso io? Vivi e lascia vivere, ognuno deve essere libero di scegliere come più gli aggrada”. Tronchi grandi e piccoli, adatti per dimensioni e per la qualità del legno in rapporto all’opera da creare. “Io preferisco il castagno, perché resiste a lungo agli agenti atmosferici, poi il ciliegio si presta bene e in generale tutte le piante da frutto. Il legno di pino cembro è per antonomasia il più ricercato da chi scolpisce su tronco. Si trova ormai solo sul versante Trentino, e la tempesta Vaja ne ha favorito una circolazione maggiore negli ultimi anni. Il più pregiato rimane il pino cembro o cirmolo, profumato e morbido ma anche assai costoso”.

Thiene

Il personaggio

“È

la passione a fare la

differenza” L’abilità con il legno si è accresciuta pure con la frequentazione di un compaesano purtroppo mancato di recente, che Silvio ricorda con affetto. “In paese io e Nazzare-

no Frassoni negli ultimi tempi siamo stati gli unici scultori in attività, io più portato per opere di grandi dimensioni come gli orsi di cui abbiamo parlato, lui per riproduzioni di oggetti piccolissimi in cui nel definire i dettagli era bravissimo, quasi identici agli originali. Mi piacerebbe che alcuni ragazzi prendessero confidenza con il legno ma questa generazione manca di propensione alla manualità, ed è un peccato”. Quando il pensionato vicentino con l’hobby dell’intaglio non si trova in giro per le località montane (nelle vicinanze, ad esempio a Tonezza o al Tretto, ma anche a Castiglione delle Stiviere nel Mantovano dove si è confrontato con il “gotha del settore”) per le varie dimostrazioni dal vivo, si mette all’opera in casa sua, dove ha allestito, con il consenso più o meno esplicito della moglie Vania, un mini-laboratorio tra garage e cortile. Per la gioia proprio della compagna che “si ritrova trucioli e polvere ovunque” come confida sottovoce, incoraggiato in questa passione dai due figli.

A cosa sta lavorando ora? “Ho raccolto l’invito a riprodurre gli uccelli acquatici che popolano le sponde del fiume Brenta, le forme saranno poi apposte sui percorsi pedonali vicini alla riva a Bassano”. Attestati di stima, complimenti e richieste di prestazioni d’opera non hanno intaccato l’indole modesta dell’ex geometra comunale. Oggi si sente un artista? “In tutta sincerità non mi sento coinvolto quando vengo chiamato artista o maestro. Magari non sono più un pivellino come mi sentivo agli inizi, ma credo che servano almeno vent’anni di esperienza per definirsi un artista in questo campo. D’altra parte, però, credo che sia la passione a fare la differenza, oltre all’attitudine a migliorarsi e a imparare dagli altri”. ◆

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Attualità

Schio è uno snodo di riferimento centrale nell’offerta didattica per i ragazzi delle superiori dell’Alto Vicentino. Proprio in questi giorni i vari istituti stanno organizzando degli open day di presentazione dei corsi e il rischio è quello che giovani e famiglie si sentano un po’ disorientati.

Fai la scuola giusta

A gennaio gli studenti di terza media saranno chiamati a scegliere come proseguire il proprio percorso di studi iscrivendosi in un istituto superiore o in un centro di formazione professionale. Facciamo una ricognizione dell’offerta formativa scledense.

Specialista del crowfunding. Psicoterapeuta del digitale. Consulente in materia di privacy. Urban sheperd. Personal digital curator. Printing handyman. Digital death manager. Curiosity tutor. Sembra una sfilza di espressioni sconosciute, ma con buona probabilità all’interno di questo elenco ci sarà una delle professioni che tra una quindicina d’anni i futuri quattordicenni potrebbero trovarsi a svolgere. La maggior parte delle carriere del futuro, infatti, non esiste ancora. Proviamo quindi a metterci nei panni di un ragazzo di oggi che sta per terminare le scuole medie. Tra circa un mese, assieme alla sua famiglia, dovrà scegliere a quale percorso di studi iscriversi. Quella del-

la scuola superiore, nel nostro sistema di istruzione per indirizzi, è una scelta importante. Forse meno “irreversibile” di un tempo, grazie al fatto che percorsi flessibili danno la possibilità di sperimentarsi in più campi ed eventualmente scegliere anche sbocchi professionali o universitari non proprio in linea con quanto studiato, ma pur sempre una scelta significativa.  Gli anni delle superiori sono in molti casi gli ultimi in cui si può imparare un po’ di tutto, costruirsi un sapere interdisciplinare e, quindi, sviluppare quella capacità di accogliere la complessità di un mondo che cambia veloce e che porterà i giovani a

Un po’ di numeri sugli istituti scolastici di Schio

Attualmente nella provincia di Vicenza studiano negli istituti superiori circa 41 mila studenti (fonte: dati.istruzione.itnumeri aggiornati al 31/8/2021).

Di questi, 16 mila frequentano i licei, 17 mila gli istituti tecnici e 8 mila quelli professionali.Tra i licei a farla da padrone è lo scientifico, con 6.500 iscritti circa, seguito a distanza dai 3.300 iscritti del liceo delle scienze umane, dai 3.000 del linguistico, dai 2.000 iscritti dell’artistico. Fanalini di coda il liceo classico, con un migliaio di iscritti, e il nuovo liceo musicale/coreutico, con circa 200 frequentanti. Per quanto riguarda gli istituti tecnici, i 17 mila ragazzi si dividono tra l’indiriz-

zo economico, dove studiano in 6.500, e quello tecnologico, che registra 10.500 frequentanti. Gli istituti professionali, invece, vedono circa 1.300 studenti impegnati ad approfondire l’indirizzo industriale, 2.100 quello dei servizi e i restanti 4.600 dedicati a indirizzi ulteriori, spesso differenziati a seconda dell’offerta formativa della singola scuola. Insomma, nel Vicentino sembrano piacere di più la matematica, le lingue, le applicazioni tecniche e quelle commerciali: un ritratto che riflette le vocazioni e le opportunità lavorative del territorio, tradizionalmente a trazione industriale e artigianale.

guadagnarsi da vivere in modi ancora sconosciuti a insegnanti e genitori. Cerchiamo dunque di capire quali sono le alternative a disposizione di uno studente di terza media.

Schio è uno snodo di riferimento centrale nell’offerta didattica pensata per i ragazzi delle superiori dell’Alto Vicentino. I percorsi proposti sono numerosi: proprio in questi giorni i vari istituti stanno organizzando degli “open day” di presentazione dei corsi e il rischio è quello che giovani e famiglie si sentano un po’ disorientati. Vediamo quindi di sintetizzare le opzioni disponibili: un “bignami” dell’offerta formativa scledense, da approfondire poi in altre sedi per poter fare scelte ben informate.

Chi va al liceo

I ragazzi che scelgono un percorso liceale sono consapevoli che una volta concluse le superiori il percorso di studi dovrà verosimilmente proseguire con un’ulteriore specializzazione, spesso di tipo universitario (anche se non mancano i master e i percorsi post-diploma, pensiamo ad esempio a scuole attive sul territorio come la Diskos, scuola di grafica, comunicazione e digital design).

Nella maggior parte dei casi, quale liceo frequentare lo si decide sulla base delle materie che si sentono più affini ai propri interessi.

Gli amanti delle discipline umanistiche possono optare tra l’IIS “Tron-Zanella” e

[16] ◆ Schio

l’ISS “Martini”. Il primo ha attivi due percorsi quinquennali di liceo classico, uno a indirizzo giuridico con potenziamento del diritto e dell’inglese, l’altro con potenziamento delle materie scientifiche, e un percorso quinquennale di liceo linguistico, dove si approfondisce la conoscenza di tre lingue straniere. Il secondo, invece, propone il percorso quinquennale del liceo delle scienze umane, nel quale è attivo, oltre a un percorso tradizionale di approfondimento di antropologia, pedagogia, psicologia e sociologia, anche un indirizzo economico-sociale dove si studiano economia politica, diritto, matematica e statistica.

I futuri liceali appassionati di scienza, invece, potranno iscriversi all’IIS “Tron-Zanella” che propone 4 diversi percorsi quinquennali: il liceo scientifico moderno, dove si studiano anche materie come il diritto e l’economia e le scienze umane; il liceo scientifico con la seconda lingua comunitaria, dove accanto all’inglese si impara anche il tedesco; il liceo scientifico delle scienze applicate, dove l’approccio è più sperimentale e si approfondisce lo studio dell’informatica; infine il liceo scientifico sportivo, dove ci si concentra sull’attività motoria e lo studio della cultura dello sport.

E per chi preferisce l’arte e il disegno? L’ISS “Martini” propone il percorso quinquennale di liceo artistico: dopo un primo biennio comune, gli studenti potranno scegliere tra un triennio dedicato alle arti figurative - scultura e pittura - e uno concentrato sull’architettura e l’ambiente.

Chi si dedica alle applicazioni tecniche

I ragazzi che si iscrivono a un percorso tecnico possono trovare un impiego al termine degli studi oppure proseguire con l’università, in special modo con percorsi di

formazione attinenti alle materie approfondite alle superiori.

A Schio gli istituti di riferimento sono due: l’ITI “De Pretto” e l’ITET “Pasini”. Il primo permette di approfondire le discipline tecniche in ambito industriale; dopo un primo biennio comune, gli studenti possono scegliere tra un triennio a indirizzo elettronico/elettrotecnico, con focus speciale su robotica, domotica e automazione, un indirizzo concentrato sulla chimica dei materiali e le biotecnologie, con un’attenzione particolare alle attività laboratoriali, al mondo degli alimenti e alla sicurezza nel settore, e infine un indirizzo meccanico/ meccatronico ed energetico, dove oltre alle tecniche di progettazione e all’impiantistica si approfondisce anche il mondo dell’energia pulita.

Il secondo istituto, invece, si divide in due settori: quello economico, con i percorsi quinquennali di finanza e marketing (con biennio comune e triennio dove si può optare anche per lo studio dei sistemi informativi aziendali e le relazioni internazionali per il marketing) e di turismo, e quello tecnologico (con biennio unico e un triennio dove si può optare tra l’approfondimento delle costruzioni, dell’ambiente e del territorio oppure concentrarsi verticalmente sulle tecnologie del legno nelle costruzioni, settore in continua espansione).

Chi desidera una formazione professionale

Gli studenti più interessati alle immediate applicazioni pratiche dei loro studi possono frequentare un istituto professionale o un centro di formazione professionale.

L’IPSIA “Garbin” propone svariati percorsi quinquennali, dai servizi commerciali per la web community, con doppia lingua e focus su marketing e immagine aziendale, ai servizi per la sanità e l’assistenza sociale,

Attualità

abilitante per la formazione da Operatore Socio Sanitario, dalla manutenzione e assistenza tecnica, che prepara al ruolo di operaio manutentore, al percorso industria e artigianato, a sua volta diviso in meccanica, per chi si dedicherà al reparto produttivo delle aziende, e in moda, per gli appassionati di sartoria e tessuti.

Il CFP Salesiani, invece, in quanto centro di formazione è l’unica scuola secondaria di secondo grado che permette di ottenere una qualifica professionale dopo il triennio. Tre sono i percorsi: il primo da operatore agricolo, il secondo con formazione pratica in campo elettrico/elettronico e il terzo con focus sui servizi alla vendite. Inoltre il CFP prevede una formazione in sistema duale (alternanza scuola/azienda) per un triennio da operatore meccanico. Al termine dei tre anni, chi lo desidera può inoltre proseguire per un quarto anno aggiuntivo in formazione duale come tecnico elettrico o tecnico commerciale delle vendite. ◆

Lo Schiocco

L’albero degli indiani

Qualcuno ha storto il naso a vedere l’albero di Natale posizionato quest’anno in piazza Rossi. Effettivamente l’effetto di quel cono con anima di metallo a vista è un po’ poverello, però bisogna anche comprendere le necessità di risparmio e il messaggio di sobrietà che il periodo impone e che commercianti e amministrazione, in quanto categoria economica e istituzione, hanno il dovere di non trascurare.

Più perplessi lascia piuttosto l’idea delle “porte” rettangolari che danno accesso all’albero: giustificate con il fatto che così la gente può farsi un selfie sulla soglia, danno al manufatto l’aspetto di una tenda indiana. Più che farsi un selfie, viene da fumare il calumet della pace. [S.T.]

Schio ◆ [17]

Attualità

Un giovane commerciante di Thiene mette “in imbarazzo” l’Agenzia Governativa Accise, Dogane e Monopoli di Stato, meglio nota con l’acronimo Adm. Come? Vincendo un ricorso al Tar (del Lazio) che gli consente di mantenere la licenza per la sua attività di vendita di sigarette elettroniche e dei liquidi in vapore da inalazione. Tutto questo dopo che la circolare (una “determinazione direttoriale”, in termini corretti) del 29 marzo 2021 intimava a Tihomir Stefanovic, 34enne vicentino d’azione nato in Serbia, di chiudere la saracinesca in quanto cittadino extra Ue. Si tratta del titolare in franchising del centro “Smokie’s” di via Del Prete, a due passi dal centro storico. Una norma “d’imperio” subito apparsa discriminante quantomeno negli effetti, quella dell’Agenzia dei Monopoli, che ha messo in seria difficoltà tutti gli esercenti extracomunitari tra cui Stefanovic, che dirige il negozio da ormai 9 anni. E che si è trovato, di punto in bianco, sul punto di dover lasciare tutto - nonostante viva in Veneto dal 1990 - in quanto etichettato con la status di extracomunitario. Senza dilungarsi troppo nei tecnicismi di legge, in pratica si imponeva (anche) a Stefanovic di adeguarsi a diversi obblighi, tra questi l’installazione a proprie spese di un’insegna alla stregua della vecchia “T” dei tabacchi e valori bollati, i bollini sui flaconi di liquidi “svapo” e altro.

Tihomir ce l’ha fatta

Il Tar dà ragione a un commerciante thienese contro i Monopoli di Stato. Dopo oltre un anno e mezzo di battaglie legali, solleciti e ricorsi, il titolare dello “Smokie’s” può cantar vittoria, in attesa di ottenere lo status di cittadino italiano.

A far perdere il sonno, però, era l’imposizione del godimento della cittadinanza italiana o di altro Stato europeo al fine di poter conseguire o mantenere la licenza. Pur avendone diritto da tempo, Tihomir fino a un anno e mezzo fa non aveva ancora avviato l’iter per ottenere la cittadinanza e, per i tempi della burocrazia italiana imprevedibili, si è trovato a un bivio: cedere l’attività oppure impugnare la circolare, “sfidando” l’agenzia fiscale statale. Così ha fatto, tanto che un giornale di settore ha intitolato la vicenda “Davide contro Golia”. La battaglia legale si è conclusa in ottobre, con il Tar laziale a dar ragione al ricorrente e di fatto a imporre la riscrittura delle regole in materia, definendo come “irragionevole” il disposto che aveva… indisposto parecchi commercianti.

Pur rimanendo in attesa della “restituzione” formale della licenza, sospesa in sede di rinnovo, il vicentino d’adozione può cantar vittoria e, soprattutto, continuare con ritrovata serenità a lavorare.

“Mi sono trovato di fronte a una situazione paradossale – confida -. Una persona onesta che non ha mai commesso un reato si vede negare di esercitare un’attività già condotta solo perché nata in uno Stato fuori Ue. Mi sono rivolto agli avvocati Dario De Blasi e Alberto Gava del Foro di Roma e sono andato avanti per la mia strada, mentre altri del settore hanno preferito altre vie”.

Oggi può raccontarlo con il sorriso, ma ci sono stati momenti duri. “Quello più difficile è stato quando sono stato costretto a chiudere a luglio per una settimana e chiedere una sentenza in regime di urgenza, in attesa del pronunciamento finale. Ma anche in precedenza, dopo aver ricevuto il primo diniego da Adm al rinnovo dell’autorizzazione. Non nascondo che in molti credevano che avrei perso tempo oltre che soldi, andando a scontrarmi con un colosso che rappresenta lo Stato. Tenace? Ho sempre creduto nella giustizia: posso intuire lo spirito di queste norme orientate alla lotta al contrabbando, ma non era giusto penalizzare la gente onesta. In ogni caso, ho chiesto subito la cittadinanza italiana, e spero di ottenerla presto: sono cresciuto in Alto Vicentino dall’età di due anni”.

Una vittoria a metà, però, se si pensa all’esborso affrontato, tra spese legali e ricordi, per ottenere buonsenso prima ancora che ragione: 9 mila euro.

“La cosa più importante è che il giudice abbia riconosciuto l’illegittimità, anche se sul piano delle costi legali è stata ordinata una compensazione delle spese – conclude Stefanovic -. Almeno so che ora sul piano del rispetto delle regole sono ‘intoccabile’ e posso continuare nell’attività che porto avanti: a inizio 2023 potrò festeggiare il decennale”. ◆

[18] ◆ Thiene
Stefanovic al bancone del suo negozio a Thiene

Il personaggio

Per Natale proponiamo una storia di solidarietà: Giorgio Dalle Molle, cardiologo in pensione da poco e componente del Cuamm – Medici con l’Africa, racconta le sue recenti esperienze in Sud Sudan, Paese d’origine di Santa Bakhita, terra dimenticata come la maggior parte del continente africano.

“Ho sempre lavorato nel Sistema sanitario nazionale - esordisce –, prima come medico di medicina generale e poi come medico ospedaliero nel reparto di cardiologia della nostra Ulss, dal 1988 al 2020. Negli ultimi anni, prima della pensione, ho visto e vissuto la grande sofferenza della nostra sanità pubblica, in crisi per la cronica carenza di risorse umane e per contesti lavorativi sempre più penalizzanti dal punto di vista umano e professionale, soffocata e minacciata da una strisciante privatizzazione, negata a parole ma favorita nei fatti, che penalizza le fasce più deboli e disagiate, con il rischio di trasformare la salute da diritto a bene di consumo”.

Oltre che in ospedale, in città si è dato molto da fare, con altri, per tenere aperto il Convento dei Cappuccini…

“Come laici ci siamo assunti un impegno che a distanza di anni, pur tra numerose difficoltà, riesce a tener viva una comunità e cerca di declinare nel quotidiano il carisma francescano: questo avviene grazie alla dedizione di tanti che si spendono perché il Convento rimanga aperto e vivo, come luogo di incontro e confronto per temi ecclesiali e sociali”.

Altro fronte di grande impegno è il Cuamm. “Quella con il Cuamm è una lunga storia… Negli anni Ottanta, dopo la laurea, ho varcato per la prima volta il portone dell’Ong padovana; allora il sogno di andare in Africa era ancora piuttosto vago e la partenza è stata rimandata perché sono stato assunto in ospedale. Nel frattempo a sognare la missione eravamo in due, anzi in quattro: mi sono sposato con Luisa, che non si è spaventata del tipo strambo che sognava l’Africa, nemmeno quando le ho proposto di andarci con i nostri due pargoli, Piero e Giovanni, nati nei primi anni Novanta; i bambini allora avevano solo tre e cinque anni. Un mattino di maggio del 1997 il nostro sogno ha cominciato a diventare realtà: il Mozambico ci ha accolto poco tempo dopo la firma degli accordi di pace che ave-

La mia Africa da medico del Cuamm

Giorgio Dalle Molle, cardiologo in pensione da poco e componente del Cuamm Medici con l’Africa, racconta le sue recenti esperienze in Sud Sudan, all’ospedale di Lui, dove quest’anno la scuola per infermieri e ostetriche ha ripreso i corsi.

vano messo fine a una guerra civile devastante.

Dopo alcuni anni passati a lavorare in ospedali periferici e a formare infermieri e tecnici, ho iniziato nel 2005 una collaborazione annuale, che continua tutt’oggi, con la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Mozambico. Investire in risorse umane, formare, insegnare, fa parte dell’idea originaria del Cuamm, permettendo ad altri di realizzare il loro sogno e portare frutto: ogni anno si laureano circa 2025 medici ed è significativo che alcuni dei primi medici laureati ora siano diventati docenti nella stessa facoltà”.

Di recente, sempre con il Cuamm, si è recato in Sud Sudan.

“Non solo. Bisognava portare aiuto anche nei campi profughi degli Ucraini in Moldavia, a inizio estate; solo dopo questa esperienza il Cuamm mi ha chiesto la disponi-

bilità di passare un periodo di alcun mesi in Sud Sudan, all’ospedale di Lui, nella contea Western Equatoria. Il Sud Sudan è un piccolo pezzo della multiforme realtà africana, ha una storia tormentata comune a tanti paesi di quel continente; la sofferta indipendenza dal Sudan, conquistata nel 2011 dopo anni di guerra, non è riuscita ad assicurare al paese stabilità e sicurezza e nel 2013 è divampato un conflitto su base etnica che ha messo in ginocchio un Paese già gravemente provato, con migliaia di morti e milioni di rifugiati. I servizi fondamentali, che non sono mai stati a livelli accettabili, se non in “isole” gestite da Ong straniere, si sono ulteriormente deteriorati. La conflittualità e l’insicurezza, nonostante i ripetuti accordi di pace sempre disattesi, permangono tuttora, a distanza di anni; il Sud Sudan è un paese giovane, arranca e in gran parte dipende dagli aiuti esterni, che purtroppo con la guerra in Ucraina e la pandemia di Covid si stanno paurosamente riducendo perché dirottati altrove, aggravando una situazione già molto critica”.

Quindi il continente africano sta soffrendo più di tutti per la crisi in atto.

“Esattamente. L’Africa, e in particolare alcuni paesi come il Sud Sudan distanti migliaia di chilometri dal conflitto russo-ucraino, rischiano paradossalmente di pagare il prezzo più alto di questa assurda guerra, che secondo l’Onu sta provocando

[20] ◆ Schio
L’ospedale di Lui, in Sud Sudan, dove quest’anno Giorgio Dalle Molle ha trascorso alcuni mesi di volontariato. Sotto, Dalle Molle insieme con alcuni operatori sanitari locali.

la peggiore crisi alimentare dalla seconda guerra mondiale: il 70% della popolazione del Sud Sudan, 7 milioni e 700 mila persone, rischia la fame estrema quest’anno, a causa della difficoltà di approvvigionamento del grano, dell’aumento dei prezzi, dell’instabilità politica, dei disastri naturali dovuti al cambiamento climatico. Se in Italia e in Europa il disagio è enorme e le difficoltà sono tante, in Africa interi Stati stanno scivolando verso l’indigenza assoluta: i mercati sono sempre più vuoti e i prezzi sempre più alti, l’ho constatato di persona. La fame rende le persone più vulnerabili alla malattia e questa favorisce l’impoverimento, se non si riesce a trovare cure gratuite e accessibili; è un circolo vizioso che travolge tutti, soprattutto mamme, bambini, anziani che bussano alle porte degli ospedali in cerca di un minimo di assistenza, sempre più difficile assicurare”. Situazioni in cui ci si può sentire impotenti. “Non è facile lavorare in Africa, ti interroghi sul tuo modo di essere fratello, con tutte le gioie e le incomprensioni che ci possono essere tra fratelli. Affronti tanti disagi e talvolta scoraggiamenti, ma sei sempre un privilegiato perché prima o poi hai un aereo che ti riporta nel tuo mondo confortevole. Comunque sia, non potrai mai dimenticare quello che hai visto e vissuto e soprattutto l’odore della povertà e della miseria degli ultimi. Là le persone sono capaci di resilienza in situazioni che noi non saremmo mai in grado di sopportare, danno fiducia alla vita nonostante tutto e contro tutto; anche se troppe armi continuano a circolare e a essere usate, ostinatamente credono nella pace, ti insegnano il coraggio di vivere e meritano tutto il nostro rispetto. All’interno dell’ospedale ho cercato di spendermi perché la vita, anche tra mille difficoltà, possa continuare, nonostante la scarsità di personale e di farmaci: è una sfida continua per non far mancare l’assistenza e riuscire a strappare qualcuno in più alla morte. Il personale ospedaliero è cosmopolita, ma la presenza di noi europei sta diventando sempre più esigua a vantaggio di una numerosa di africani, provenienti da paesi meno disastrati del Sud Sudan: ugandesi, nigeriani, etiopi, kenioti. È l’Africa che aiuta l’Africa, secondo il sogno di Combon. Questa è una grande speranza”. C’è qualche prospettiva, dunque, per i giovani medici e infermieri?

“Tra mille difficoltà quest’anno all’ospedale di Lui la scuola per infermieri e ostetriche ha ripreso i corsi e i ragazzi che la frequentano, con il loro entusiasmo e la loro voglia di imparare, sono un granello di pace, una promessa di futuro, una chiave che può permettere il passaggio dall’assistenza allo sviluppo”.

Cosa dovrebbe spingere una persona, credente o no, ad agire per gli altri in modo disinteressato?

“Credo che sia fondamentale la compassione, che va oltre la fugace e superficiale emozione suscitata da immagini o racconti strazianti. La com-passione, sentimento nobile, è prerogativa dei forti e non dei deboli, di chi riesce a partecipare alla vita dell’altro condividendo anche la sofferenza e donando non solo professionalità, ma anche umanità”. Si sente cristiano?

“Non lo so, ci provo; lasciarsi prendere per mano da Dio e camminare con Lui non è facile, anche perché tante volte allunga il passo, lo vedi solo da lontano e ti lascia disorientato; altre volte viene a cercarti e ostinatamente continua a fidarsi di tutti noi, oggi come 2000 anni fa, quando ha creduto su un gruppo di persone capaci di grandi slanci ma anche di rovinose cadute: là è iniziata una Storia che ancora continua. In passato, talvolta, ho sentito la lontananza di una chiesa che percepivo spesso rigida, soffocante e triste, prigioniera nelle sacrestie e ostaggio delle gerarchie… Il Vangelo non è un bel libro consolatorio ed edificante a cui rendere omaggio in astratto ma dimenticandosene nel concreto: la sua forza è quella di morderci e farci male ogni giorno, entrando nel nostro quotidiano e trasformandolo”. Di recente lei è stato in udienza con il Cuamm da Papa Francesco. Cosa le ha trasmesso? “L’Annual Meeting del Cuamm si è tenuto proprio in Vaticano, con la partecipazione del Papa. Ho ancora nel cuore le sue parole toccanti: ci ha esortato a non aver timore ad affrontare sfide difficili, a intervenire in luoghi remoti e segnati dalla violenza, dove le

Il personaggio

popolazioni non hanno la possibilità di curarsi. “Siate con loro! - ci ha detto - Dovessero occorrere anni di fatiche, dovessero susseguirsi delusioni e fallimenti per ottenere dei risultati: non scoraggiatevi, perseverate con il servizio ostinato e il dialogo aperto a tutti. Servizio e dialogo sono strumenti per la pace e per il superamento dei conflitti”. Papa Francesco è di parte perché sta proprio dalla parte degli ultimi, senza se e senza ma. Un invito per i nostri lettori?

“La mia esortazione è quella di allenarsi a uno sguardo senza giudizio, aperto all’ascolto, all’accoglienza, alla meraviglia e allo stupore che deriva dal profondo rispetto per chi sta facendo più fatica, in Italia come in Africa, e in ogni parte di questo mondo ferito ed offeso. Solo così riusciremo ad andare oltre, a liberarci dai nostri vincoli e dalle nostre paure, per incontrare l’altro ed essere testimoni, non solo credenti ma anche credibili. Facciamo la nostra piccola parte accanto a chi ha più bisogno”. ◆

Torna il Pranzo ecumenico di Natale a Bujumbura

Anche quest’anno a Bujumbura, piccola capitale del Burundi, l’Associazione il Burundi Chiama in collaborazione con la Cooperativa Nuovi Orizzonti di Santorso e con l’Associazione Libri contro Fucili di Bassano, organizza per il 25 dicembre uil “Pranzo ecumenico” di Natale, offerto a mille persone tra le più povere che vivono in quel paese, e che spesso non hanno di che mangiare. L’iniziativa è coadiuvata in loco da Padre Luigi Vitella, da

più di mezzo secolo missionario in Burundi, e dai suoi collaboratori della Fondazione San Filippo Neri.

Si tratta di un’occasione in cui mille persone di diverse etnie e religioni condividono un momento di festa e anche di vero e proprio sostentamento vitale.

A rendere possibile il progetto è ogni anno il contributo di tante i persone con le loro offerte. Chi vuole unirsi all’iniziativa, infatti, può farlo con un contributo a partire da 5 euro (di più è ovviamente ben accetto), piccola somma che permette di offrire a un invitato un dono prezioso di 5 chili di riso da portare a casa.

Per sostenere il pranzo si può offrire un contributo tramite bonifico bancario intestato all’Associazione Il Burundi Chiama, con causale “pranzo della pace 2021”. Per informazioni si può chiamare il 335 5820520 o scrivere a info@burundichiama.it.

Schio ◆ [21]
Giorgio Dalle Molle con un residente.

Attualità

Ha da passà ‘a nuttata / 3

Concludiamo il breve viaggio dentro la realtà sociale ed economica del territorio, alla luce delle difficoltà legate al periodo, tra rincari delle bollette energetiche, inflazione in aumento e scenari

Uno sportello contro il caro bollette

Dallo scorso mese di novembre è attivo, presso la sala Norma Cossetto di via Pasini 47, uno sportello dedicato ai consumatori scledensi alle prese con il caro vita. È gestito dall’associazione Casa del Consumatore e nelle prime giornate di apertura ha già registrato numerose richieste di aiuto e di assistenza. Ne abbiamo parlato con Elena Bertorelli, presidente dell’associazione.

Perché si è deciso di aprirlo?

“Nell’ultimo periodo la nostra associazione ha registrato un numero crescente di richieste di aiuto da parte di consumatori preoccupati in special modo per l’aumento dei prezzi delle bollette. Ci occupiamo da sempre di informazione e consulenza e ci è parso importante poter offrire agli scledensi uno spazio in cui approfondire le difficoltà di ciascuno e studiare strategie per poterle gestire al meglio. Ne abbiamo parlato con l’amministrazione comunale, che ha subito accolto la nostra proposta di dar vita a uno sportello di ascolto e consulenza. È una sensibilità che abbiamo registrato anche in altre amministrazioni comunali, ma Schio è la città in cui siamo partiti prima.

Di cosa si occupa lo sportello?

Valutiamo insieme agli utenti le loro bollette, impariamo a leggerle, esaminiamo se ci sono gli estremi per accedere a bonus sociali, capiamo se può convenire un cambio di gestore e informiamo sulle condotte commerciali scorrette che potrebbero portare soprattutto i più anziani a stipulare contratti svantaggiosi per via telefonica. Inoltre dall’esame delle bollette possiamo

capire se ci sono degli errori ed eventualmente gestire insieme al consumatore la procedura di reclamo”.

Quindi lo sportello è dedicato soprattutto agli aumenti energetici.

“Il caro bolletta, soprattutto di luce e gas, è sicuramente ciò di cui ci occupiamo di più e che incide fortemente sulle spese familiari. In realtà, però, si somma a un caro vita generalizzato e a un’inflazione galoppante che stanno colpendo in maniera diffusa i consumatori. Dati Istat ci dicono che la variazione su base biennale dei prezzi, da ottobre 2020 a ottobre 2022, misura un quasi +15%. L’inflazione che sfiora il 12% non la registravamo dall’inizio degli anni ’80 e gli incrementi su base mensile corrono veloci. La somma di queste variazioni sta impattando negativamente sulle nostre comunità”. Quante richieste di accesso allo sportello avete registrato? Chi sono le persone che si rivolgono a voi?

“Finora abbiamo gestito 6 aperture e gli accessi sono stati sopra i 40: un numero davvero significativo rispetto a quello a cui siamo abituati. Non esiste un utente “medio” dello sportello, nel senso che si presentano da noi nuclei familiari, piccoli artigiani, titolari di negozi, anziani soli. Desiderano perlopiù capire come possono muoversi per risparmiare e arginare l’aumento dei costi energetici”.

Avete qualche consiglio da dare anche ai lettori? “Chiaramente dipende tutto da caso a caso. Per quanto riguarda il caro bollette, molti di noi hanno fornitori legati al mercato libero e tariffe di consumo bi-orarie. Banalmente la prima cosa da fare è sfruttare proprio questo tipo di tariffa, usando gli elettrodomestici a pieno carico nelle fasce orarie in cui è più conveniente, compatibilmente con eventuali regolamenti condominiali (per cui programmare la lavatrice alle 3 del mattino non è la scelta più saggia) o con le esigenze familiari. Per esempio consigliamo sempre di non tenere mai il frigorifero aper-

to per più di 7 secondi, soglia oltre la quale diventa uno degli elettrodomestici più energivori in assoluto per poter bilanciare la perdita di freddo: basta organizzarsi collocando i cibi sempre nel solito posto e avendo ben chiaro cosa prendere. Poi la sostituzione delle lampadine di casa con quelle a led dovrebbe essere una priorità per tutti, perché fa consumare molto di meno”.

Per chi avesse bisogno di consulenza, lo sportello è aperto il martedì dalle 16 alle 18 e il sabato dalle 10 alle 13. Si riceve su appuntamento, da prenotare al 351 5958112, chiamando il martedì e il mercoledì dalle 18 alle 19.30. ◆

Sella, premiata la monografia sui 100 anni

Il Laboratorio chimico farmaceutico Sella si è aggiudicato il primo premio per la miglior monografia istituzionale d’impresa assegnato con cadenza biennale dall’Osservatorio monografie d’impresa, in occasione della Settimana della Cultura d’Impresa.

Il riconoscimento è stato assegnato all’opera “Sella 100 anni 1920-2020”, curata da Piero Casentini, Piero Martinello e Alberto Sola e pubblicata da P&P Narratori d’Impresa, che si è distinto “in termini di creatività, graphic design, attenzione al territorio, valorizzazione dell’heritage aziendale e del fattore umano” sulle altre oltre 50 opere in concorso.

Camilla Mantella
Per aiutare le persone alle prese con il caro vita e con i costi energetici, la Casa del Consumatore ha aperto in via Pasini un apposito “sportello”
di incertezza geopolitica.
[22] ◆ Schio
Elena Bertorelli con il sindaco all’inaugurazione dello Sportello della Casa del Consumatore

Attualità

È da tempo che il duomo mostra evidenti i segni del tempo e la necessità di un intervento di recupero. Ora c’è un progetto concreto, al quale è possibile contribuire partecipando alla raccolta fondi “Siamo Pietre Vive”, indetta dall’Unità pastorale Santa Bakhita e dal Comune di Schio con il supporto di BVR Banca.

ANatale, si dice, sono tutti più buoni. E quest’anno in particolare gli scledensi sono chiamati a esercitare la propria generosità verso uno dei simboli stessi della loro città, il duomo di San Pietro. Già da qualche anno la chiesa principale del centro mostrava il bisogno di un’opera di restauro che la riportasse all’antico splendore. Più di recente quest’opera di manutenzione straordinaria è diventata inderogabile, in quanto è stato ravvisato addirittura il rischio di distacchi dalla balaustra di pietra, mettendo a repentaglio la sicurezza di fedeli e passanti, cosa che ha costretto la parrocchia a transennarla in tutta la sua lunghezza. Ora è possibile contribuire concretamente partecipando alla raccolta fondi “Siamo Pietre Vive” indetta dall’Unità pastorale Santa Bakhita e Comune di Schio con il supporto di BVR Banca. Per partecipare si può effettuare una donazione tramite bonifico bancario sul conto corrente intestato a: “SIAMO PIETRE VIVE”, con IBAN IT90C0866960752006000972766.

Si stima in oltre due milioni di euro il costo complessivo dell’intervento, per coprire il quale la parrocchia e il Comune contano non solo sulla generosità dei cittadini, ma anche sulla partecipazione a bandi. “Sono previsti quattro lotti – spiega l’architetto Massimo Zampieri che sta seguendo il progetto di restauro - il primo dei quali prevede la messa in sicurezza e la pulizia di tutti gli elementi in pietra della facciata principale, per un costo di circa 350 mila euro. La cosa migliore sarebbe riuscire a realizzare almeno questo primo intervento entro la prossima estate”.

Una raccolta di fondi per restaurare il duomo

Si stima in oltre due milioni di euro il costo complessivo dell’intervento di manutenzione straordinaria previsto per la principale chiesa della città. Per coprire la spesa la parrocchia e il Comune contano non solo sulla generosità dei cittadini, ma anche sulla partecipazione a bandi.

Le successive fasi seguiranno in base alla disponibilità di fondi e prevedono la pulizia e tinteggiatura della facciata del Duomo, del pronao e dei campanili, la pulizia e la tinteggiatura delle facciate laterali e del retro, infine la riqualificazione delle facciate della canonica.

“Non si può dire oggi con certezza quanto ci vorrà per completare l’intervento – continua l’architetto - anche perché devono ancora essere svolti alcuni studi stratigrafici e campionature dei materiali che permetteranno di capire più nel dettaglio il loro stato di conservazione e gli interventi concretamente necessari. Sicuramente, comunque, passeranno vari anni prima di poter dire concluso il restauro, anche in base alla generosità dei mecenati che vorranno contribuire a sostenerlo economicamente”. L’arciprete don Carlo Guidolin ricorda che mai nella storia gli scledensi hanno fatto mancare il loro sostegno al duomo. “Nel 1805 l’allora arciprete Giuseppe Manfrin Provedi cominciava l’edificazione del prònao. Erano tempi difficili sia politicamente, sballottati tra Austria e Francia, sia economicamente, sia socialmente. Vent’anni dopo mons. Gaetano Greselin, l’ultimo parroco nativo di Schio, pose mano mano alla monumentale gradinata, sempre con-

fidando nell’aiuto dei suoi concittadini. Anche oggi la parrocchia, pur consapevole delle difficoltà, bussa sommessamente alla porta degli abitanti di Schio per un restauro che possa essere immagine esterna di una nuova unità nella carità, dopo i difficili momenti che stiamo ancora vivendo”. “Faccio appello alla sensibilità degli scledensi, alle imprese, alle associazioni e ai club service del territorio – aggiunge il sindaco Valter Orsi - affinché insieme si possa realizzare questo importante intervento conservativo a favore di un tesoro di arte, storia e fede che è parte integrante della nostra città. In passato, in diverse occasioni, Schio ha dato prova di una grande solidarietà operante rivolta al bene comune raggiungendo risultati inaspettati a beneficio di tutti.Ancora una volta possiamo dimostrare il nostro essere comunità unita contribuendo alla realizzazione di quella che è da considerarsi un’opera collettiva”. Già disponibile a dare il proprio contributo è BVR Banca: “Da sempre il nostro istituto è attento ai bisogni e alla valorizzazione del territorio - affermano il presidente Maurizio Salomoni Rigon e il direttore generale Giovanni Iselle –. Per questo vogliamo contribuire a questa iniziativa sia direttamente sia dandole ulteriore visibilità attraverso i nostri mezzi di comunicazione”. ◆

[24] ◆ Schio

Spettacoli

“La terza età la sento mia, ho sempre fatto il vecchietto”

Intervista con Giacomo Poretti – uno dei componenti del celebre trio Aldo, Giovanni e Giacomo – e con la moglie Daniela Cristofori, arrivati a Schio con la commedia “Funeral home”.

“Vado a momenti, ma direi che adesso sto bene a teatro e nel mio studio. Con Daniela siamo al secondo esperimento teatrale, ma siccome ci divertiamo, continueremo. Torneremo presto anche a Schio, ma non posso ancora dirle come, quando e perché. Sorpresa!”.

Ma chi ci insegna a invecchiare?

“Daniela, ti do la parola, sei tu la psicologa…” “Per me si invecchia meglio ascoltando gli anziani: da piccoli, per crescere, abbiamo i nostri genitori, ma da adulti dobbiamo affidarci a chi l’esperienza la sta facendo.

Giacomo Poretti (un terzo del trio Aldo, Giovanni e Giacomo), con la moglie Daniela Cristofori (attrice e psicologa), durante la pandemia ha scritto un testo da dedicare principalmente a chi ha perso una persona cara durante il Covid, magari senza poterla salutare. È nato così “Funeral Home”, la commedia proposta con grande successo di pubblico all’Astra. Sul palco i due sono stati una litigiosa, tenera coppia di anziani in cerca di perché sul fine vita. Ne abbiamo parlato insieme ed è uscita un’intervista psicoterapica… “Sì, sì, volevamo proprio affrontare questo tema, – esordisce lui – per gli altri e per noi. E poi, la morte è un argomento “storico” per molti comici, che lo propongono sempre e comunque senza drammatizzare, altrimenti che comici sarebbero?” Signor Giacomo, si sa che lei è un tantino ipocondriaco; visto che lavora per il cinema, per il teatro e scrive pure libri, ci dice dove sta meglio? Sul set, sul palco o davanti alla scrivania?

Se spostiamo l’attenzione dai luoghi alle persone, ci rivela con chi lavora più volentieri? Con gli altri del trio, con sua moglie oppure con lo stesso Giacomo Poretti?

“Non sono in grado di scegliere: nel trio sono stato e sto benissimo, ma dopo trent’anni di carriera è giusto che ognuno di noi si ritagli qualcosa per sé. Con Daniela siamo una coppia, sarebbe grave se non mi trovassi bene…”

“L’esperienza teatrale con Giacomo – interviene Daniela Cristofori – è partita in sordina col nostro primo lavoro, ‘Litigar danzando’, che era poco più di un reading; ‘Funeral Home’ è uno spettacolo teatrale vero e proprio, basato sul modo di pensare dell’anziano: un tema che, da psicologa, mi affascina alquanto. Unire poi alla psicologia il mio primo amore, il teatro, che ho studiato in gioventù, mi ha entusiasmato. Per la regia ci siamo affidati a Marco Zoppello di Stivalaccio Teatro, un giovane veramente in gamba e molto esperto nella Commedia dell’Arte, che sia io che Giacomo amiamo parecchio”.

Le allegre “variazioni” di Schio Teatro Ottanta

Se lo possono permettere, quelli di Schio Teatro Ottanta, di spaziare da Eschilo a Samy Fayad (autore napoletano di origine libanese), perché sono orgogliosamente amatoriali e, se un’opera “prende”, si fa, altrimenti si lascia stare. Ecco dunque che accanto a Skené (centro sperimentale di studio, divulgazione e produzione del teatro greco classico), mantengono viva quella tradizione goliardica e godereccia propria delle compagnie di prosa non professionistiche: coltivano e attingono da un vivaio, che è la Bottega del Teatro,

i migliori talenti e li propongono in scena accanto alle vecchie guardie. Niente di meglio, per farlo, di un lavoro come “Variazioni sulla quarta corda” di Fayad, che nulla, ma proprio nulla ha, di impegnativo. Serve a passare una serata in allegria, sorridendo alle performance di chi si esibisce sul palco.

Il debutto è avvenuto nel teatrino dell’ex circolo cattolico di Magré, nel corso di due serate in cui in pubblico ha applaudito sette attori che, con i loro monologhi che in fondo erano dialoghi a distanza, han-

Togliamoci poi di torno il mito dell’eterna giovinezza e cerchiamo legami affettivi forti: la sostanza, e non l’apparenza, ci aiuta ad arrivare meglio alla tarda età”.

“Penso anch’io che le esperienze degli altri siano illuminanti anche se, lo confesso, una certa resistenza all’invecchiamento ce l’ho. La terza età la vedo dolorosa ma affascinante e in un certo senso la sento mia, perché già nei primi saggi teatrali a scuola mi facevano fare il vecchietto”.

Ancora più difficile: cosa succederà alla nostra morte?

“Si possono fare tanti discorsi sull’educazione al morire, – dice lei - ma sembra assodato che mentre attraverseremo quel tunnel di cui tanti parlano, penseremo che, anche se la Luce ci darà una sensazione di grande serenità, sarà valso la pena viverla, la vita. Se poi l’avremo condivisa con altri e ad altri avremo dato, per me il passaggio sarà più soddisfacente”. “Di sicuro c’è qualcosa, ne ho la certezzaconclude lui –, ma non so cosa. Ammetto che ho ancora qualche difficoltà a pormi domande di questo tipo, ma il tema mi appassiona. E poi, come recita il titolo di un mio libro, al Paradiso è meglio crederci!”. ◆

no preso in giro la ricchezza fittizia, fatta di imbrogli, falsi ideali e tradimenti: invidiabile all’apparenza, vuota nella sostanza. La regia di Paolo Balzani è stata incalzante e gli attori hanno ben retto il ritmo: fra tutte, l’interpretazione di Giovanni Lanzilli, avvocato napoletano acciaccato, è stata particolarmente apprezzata e applaudita. ◆ [M.D.Z.]

[26] ◆ Schio

Spettacoli

Quella di venerdì 25 novembre è stata una serata indubbiamente impegnata e impegnativa: sul palco dell’Astra, in un teatro gremito, Ascanio Celestini ha fatto prendere vita e morte a Pier Paolo Pasolini, nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita. Dopo l’apertura di stagione, affidata alla coppia Artuso-Musso, che ha raccontato il nostro Meneghello, Celestini, solo in scena (non c’era il fisarmonicista che di norma lo accompagna in questo spettacolo), ha raccontato la storia del poeta, che poi è quella della complessità del Novecento. Prosegue così il filone letterario della stagione scledense, che intende ricordare grandi autori in occasione di date particolari legate alla loro esistenza. Celestini, a Schio dopo dieci anni, è sempre e comunque l’abilissimo affabulatore che per due ore sciorina una quantità impressionante di frasi, con una memoria incredibile e una rara passione per il racconto nudo e puro. Ha guidato lo spettatore in un ipotetico museo dedicato a Pasolini, raccontandone la vita, le opere, gli scandali, ma noi ci aspettavamo che si soffermasse su qualche testo poetico o su qualche trama di film, mentre ha optato per una strada più “storica”, preferendo immergere l’autore nel secolo pieno di contraddizioni in cui è vissuto. Non sappiamo, francamente, se sia stata la scelta giusta: i maggiori critici plaudono al risultato ma noi, che non facciamo parte della categoria,

Buon Celestini (ma le parole di Pasolini?)

avremmo voluto ascoltare più poesia nel racconto di Celestini, che seguiamo fin dal suo primo monologo e che ricordiamo come veramente grande in “Scemo di guerra”. È bravo, profondo, anticonformista, mai scontato; ha fatto del teatro civile la sua

missione e con “Museo Pasolini” ci ha raccontato un secolo, immergendo un uomo nella Storia. Ma la storia di Pasolini sono state soprattutto le sue parole, che noi, e con noi molti altri, avremmo voluto ascoltare. ◆ [M.D.Z.]

“Lisistrata on air”, quando le donne urlano la pace

Settimo di Torino), ha proposto al pubblico “Lisistrata on air”, trasposizione bergamasco-veneto-cimbra della commedia di Aristofane, in cui le donne ateniesi, per fermare la guerra, attuano il primo sciopero del sesso della storia.

menti inequivocabili nella loro lampante chiarezza.

Una sorta di preinaugurazione del Civico interamente restaurato, quella di venerdì 2 dicembre: sul palco, la Compagnia Piccolo Canto che, diretta da Roberto Tarasco (maestro alla Scuola Holden e tra i fondatori del Laboratorio Teatro

Visto il successo, di scioperi in cui si incrociano le gambe ne sono seguiti altri in tempi più recenti, anche negli anni duemila, per fermare soprusi, e il messaggio che passa, dopo la visione del lavoro, è “inc….amoci e opponiamoci, con tutti i mezzi possibili, per fermare ciò che sembra inarrestabile”. Ma prima inc…amoci, come fanno urlare le attrici al pubblico durante lo spettacolo. Sono bravissime, usano mirabilmente la gestualità per far capire un linguaggio ostico, che diventa molto efficace solo se associato a smorfie e movi-

Tra una risata e una canzone buttano lì, mica tanto per scherzo, idee di ribellione che, se prese pari pari, fanno veramente pensare che si possa arrivare al dunque. E se le province di Bergamo, Brescia e Milano, dove lo spettacolo gira maggiormente, sono quelle che detengono il primato europeo per la produzione di armi leggere che provocano il novanta per cento delle vittime dei conflitti nel mondo, mettere in scena questa storia antica, nel nome della Pace e contro tutte le guerre, può avere un effetto dirompente. Poco importa se la lingua è una sorta di grammelot che ricorda quello di Dario Fo: qui contano voce e corpo che, visceralmente, non riescono a contenere la giusta rabbia. ◆ [M.D.Z.]

Sul palco dell’Astra, in un teatro gremito, Ascanio Celestini ha fatto prendere vita e morte a Pier Paolo Pasolini, nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita.
[28] ◆ Schio

Addio a Dario Reghelin, una vita per la musica

È mancato Dario Reghelin, grande cultore della musica, appassionato collezionista di dischi e CD e sempre alla ricerca di brani espressione di talento. Come non ricordare la sua famosa “bacheca”, che dava suggerimenti ai passanti, soprattutto sul rock, sul blues e sui cantautori?

Era arrivato a collezionare diciottomila dischi, era stato costretto a donarne molti per non far crollare il pavimento della sua casa, aveva “adottato” negli ultimi tempi dei giovani appassionati di musica per insegnare loro qual era quella vera, quella che se ne infischia del tempo che passa.

In città chi ha qualche anno sulle spalle lo ricorda a Radio Schio, con il suo program-

ma in tarda serata, lo rivede nel negozio di dischi che ha gestito per un decennio (e dove spesso regalava LP e 45 giri) o presente in concerti anche organizzati da lui, rimpiange le sue critiche ai talent “dove i ragazzi sono anche molto bravi, ma si bruciano subito”.

Lui, a nove anni, aveva comprato il suo primo disco, di Neil Armstrong ed Ella Fitzgerald; ha “scoperto” e divulgato nella Schio che tanto amava i primi Bob Dylan, i Beatles, i Rolling Stones, i cantautori, “che avevano le carte in regola e la gavetta alle spalle”.

Non si è mai stancato, nemmeno negli ultimi tempi, di cercare brani di qualità, per

Musica

proporli ai “suoi” ragazzi; e si è sempre rammaricato del fatto che il Comune non accogliesse la richiesta di donare dischi e archivio con giornali d’epoca alla città: più volte gli è stato ripetuto, con scarsa lungimiranza, che non c’erano spazi adeguati. “La musica è stata ed è la mia vita” ripeteva sovente, “è così bella ed emozionante che per me non si deve vendere, si deve donare”. Ecco, Dario ha cercato di farlo fino in fondo, nella speranza che il suo messaggio arrivi e sia portato avanti da altri. ◆ [M.D.Z.]

Schio ◆ [29]
È scomparso Dario Reghelin, grande cultore di musica, un personaggio che ha lasciato il segno nell’educazione musicale di generazioni di scledensi e nella storia delle radio locali.

Sport

Maurizio Sella “uno e trino”, quando si parla di sport over 60, di aria aperta, di cura del fisico. Nel tempo libero sono tre le sue passioni viscerali: per le maratone (ne ha corse 13, New York e Venezia le più gettonate, più Pechino nel 2010 e Lima), i “lanci” e le lunghe marce introspettive, come Cammino di Santiago completato nel 2022. E che ripeterà a breve. Sella, 61 anni, è un esempio calzante di pensionato attiv(issim)o, un “girovago” di discipline praticate dalla gioventù a oggi, a partire dal calcio da bambino, passando per il basket da ragazzo approfittando dei 193 cm di altezza, per poi abbracciare l’atletica leggera, la pallavolo da giocatore prima e allenatore poi (qui ha conosciuto Alessandra, poi divenuta sua moglie e madre di Denise e Davide), lo sci di fondo tra più Marcialonga e Dobbiaco-Cortina per poi tornare, a proposito di grandi amori, all’atletica nel 2007. In particolare al settore dei lanci, in cui staziona da allora tra i migliori d’Italia nei Master, fregiandosi del titolo di campione italiano (cat. M55) conquistato a Catania nel 2018. Per la precisione nel pentathlon lanci sotto l’egida della Fidal, che comprende le specialità del getto del peso, del lancio del giavellotto, del martello, del disco e del meno conosciuto “martellone”. Cinque diverse gare in cui Maurizio Sella si cimenta “senza eccellere in nessuna”, come spiega, ma piazzandosi sempre bene e ottenendo così punti e ottimi risultati nella graduatoria generale. Ex responsabile di magazzino all’Estel di Thiene, Sella dedica più tempo ancora al fisico quando non è alle prese col “mestiere” di nonno. Due i nipotini, Zoe e Tommaso. Un legame strettissimo con la famiglia, tanta che la prima maratona nella Grande Mela l’ha corsa nel 1999 insieme ad Ales-

Maratoneta e campione di lanci a sessant’anni

Maurizio Sella, 61 anni compiuti, ha fatto tredici maratone in tutto il mondo, comprese New York, Pechino e Lima, ma è anche lanciatore e campione italiano tra i Master.

sandra, per poi tornare nel 2016 com amici e nel 2019 con il figlio Davide. “Nell’ultima trasferta mancava invece la mia figlia maggiore Denise – racconta con un sorriso da nonno – che nei piani di famiglia doveva essere ai nastri di partenza, ma è stata assente giustificata: era dolce in attesa. È stata una sorta di regalo per tutti noi in occasione della mia pensione, il mio sogno è farne una quarta a New York dopo i 60, e magari oltre i 70 con la mia nipotina”. Maurizio ha fatto dello sport una sorta di antidoto alla vecchiaia, ben lontano da chi vive il distacco dal lavoro come un disagio. “La cosa principale è avere chiaro un obiettivo al di là dell’età. Nel mio caso, grazie a questo, non è un sacrificio alzarmi alle 5 del mattino, rinunciare a volte ai dolci di cui sono goloso o a qualche birra. Fare sport a

livello di salute è qualcosa di fenomenale, insieme appunto agli obiettivi che ci si pone”.

Come si possono conciliare maratone e lanci di attrezzi? “Semplice, con il divertimento, e con un po’ di sano allenamento. So che si tratta di due discipline agli opposti, ma se ti fanno stare bene perché no?”. Dopo il rientro da Santiago de Compostela, si è messo subito ai “pesi” per allenarsi per i campionati di Isernia, da portacolori della selezione veneta. “Con i lanci avevo ripreso a quasi 50 anni, tra l’altro ai Mondiali Master di Riccione, ma attenzione che la passione ti fa mettere in pedana anche a 82 e 77 e anche più, donne e uomini che ho conosciuto dotati di tenacia straordinaria, persone che trasmettono energia. Una volta, un ex atleta centenario, mi ha dato un consiglio prezioso: allenati con i più giovani di te, così non sentirai mai parlare delle magagne della vecchiaia e avrai intorno un ambiente positivo. Aveva ragione”.

Reduce adesso dai campionati italiani Master di Pistoia, il lanciatore di Zanè in forza all’Atletica Vicentina si è piazzato al 5° posto in M60, leader in Veneto.

Attrezzo preferito tra i cinque? “Da giovane era il giavellotto, ora molto meno perché è il più traumatico da maneggiare per l’elasticità che richiede. Adesso il martellone”.

La soddisfazione più grande che ha dato lo sport? “Vedere mia figlia Denise, da ragazzina, arrivare sul podio ai campionati italiani Allieve nei 400 ostacoli. Una gioia incredibile”. ◆

[30] ◆ Thiene

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