Thiene MesePlus
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino n. 3 - aprile 2023
Francesca di Thiene svela il suo Castello- p.4 ◆ Il Thiene Fight Club combatte anche i pregiudizi - p.14
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino n. 3 - aprile 2023
Francesca di Thiene svela il suo Castello- p.4 ◆ Il Thiene Fight Club combatte anche i pregiudizi - p.14
Grazie al patto tra Viacqua e AcegasApsAmga, i due siti si sono riuniti in un grande Parco che sorge su una vasta area di circa 50 ettari. Ecosistemi adiacenti ma diversi tra loro che si uniscono per promuovere una cultura dell’acqua. Giuseppe Castaman, presidente di ViAcqua:” Qui potremo non solo raccontare ogni aspetto del ciclo idrico e dell’impegno a salvaguardare gli ecosistemi più delicati, ma formare anche i futuri gestori delle risorse idriche”.
Alla scoperta dello scrigno verde e blu che racchiude polle di risorgiva, torbiere, prati umidi, boschi di pianura, corsi d’acqua in cui proliferano specie vegetali e animali
Omar Dal MasoL’oro blu viene custodito nella “bancadell’acqua” del sottosuolo tra Villaverla e Dueville, nell’area delle Risorgive del Bacchiglione e del centro idrico di Novoledo, confluito recentemente nel Parco dell’Acqua voluto dai due enti gestori, ViAcqua e la società padovana AcegasApsAmga.
Ma guai a confonderlo con un “parco acquatico”, con cui in comune può avere al massimo l’attitudine al relax, oltre all’acqua, in ambientazioni comunque all’opposto.
In un’area vasta 50 ettari, l’equivalente di circa 80 campi di calcio uno a fianco all’altro, si possono scorgere e ammirare le tipiche sorgenti di falda in piano, per quanto di portata ridimensionata rispetto al passato. Se le prime opere di incanalamento dell’acqua pura e limpidissima scesa dall’Altopiano e dalla fascia pedemontana altovicen-
Grazie al patto tra Viacqua e AcegasApsAmga, i due siti si sono riuniti in un grande Parco che sorge su una vasta area di circa 50 ettari. Ecosistemi adiacenti ma diversi tra loro che si uniscono per promuovere una cultura dell’acqua.
tina attraverso il sottosuolo risalgono a ormai 130 anni fa, la storia di questi luoghi si perde molto più indietro nel tempo. Andando a scoprire ad esempio come il Bacchiglione che qui ha origine, prima di venire battezzato così per (probabile) assonanza col baccano associato al gorgoglio delle acqua in corrente – il “bacajare” in dialetto veneto dei nostri avi -, si chiamasse Edrone nell’antichità.
Le Risorgive del Bacchiglione, di proprietà della Provincia di Vicenza e affidate a Viacqua per la gestione, e l’Oasi di Villaverla si sviluppano nel verde tra polle di risorgiva, torbiere, prati umidi, bosco planiziale e corsi d’acqua in cui proliferano parecchie specie vegetali e animali, pesci e rettili compresi. Questo grazie a un microclima che permette una temperatura stabile tra i 10 e i 13° per tutto l’arco dell’anno, creando un habitat specifico oltre che un serbatoio acquifero tra i più estesi in Europa. Qualche nonno la chiama ancora zona dei “fontanili”, termine magari in disuso ma non del tutto scorretto, ricordando lo zampillare delle fontane. Non è raro, ad esempio,
vedere dei caprioli in queste zone, oltre a varie specie di uccelli acquatici. Le due aree condividono anche il “Bosco di Dueville”, strategico Sito di Interesse Comunitario, ma anche Zona di Protezione Speciale e area inserita nella rete ecologica Natura 2000.
Qui è custodito il patrimonio idrico a servizio non solo di buona parte del territorio vicentino, ma anche di quello padovano. La zona sorge infatti sulla fascia delle risorgive, quella parte di territorio caratterizzato, nel sottosuolo, da profondi strati di ghiaie pregni d’acqua, alternati a strati minori di argilla e poggianti su un fondo di roccia arenaria compatta. Quest’acqua, di assoluta qualità, viene prelevata per alimentare gli acquedotti di Padova, Abano Terme e di altri comuni padovani e ovviamente anche del Vicentino, a valle rispetto ali siti di provenienza. Alla varietà di specie e ambienti naturali, si aggiungono le importanti opere di presa degli impianti idrici patavini e
vicentini, opere oggetto di studio sin dal finire dell’800, negli anni della loro realizzazione.
Il deficit medio di acqua in Veneto dovuto alla scarsità di pioggia – 660 millimetri in un anno e mezzo secondo i dati ufficiali - e neve continua a far accumulare anche le preoccupazioni di chi si occupa di gestione delle risorse idriche e di chi amministra il territorio. Traducendo questo parametro anche qui nella pratica, equivale a dire che nell’ultimo anno è piovuto il 50% in meno – sempre in media stagionale – rispetto alla norma misurata negli ultimi 20 anni circa, da inizio millennio. Una morsa che tecnicamente viene definita come “periodo siccitoso” e che attanaglia la pianura padana dall’agosto del 2021, secondo gli esperti destinata a perdurare. Considerazioni come questa sono state oggetto di analisi e di discussione a Dueville proprio nel giorno della Giornata Mondiale dell’Acqua, lo scorso sabato 18 marzo, nel corso di un convegno tenuto all’Oasi dopo una visita guidata nel nuovo parco, tra polle di acqua risorgiva, canali naturali e impianti di raccolta e smistamento dell’acqua di falda nell’area che si trova a metà strada tra Thiene e Vicenza, una sorta di oasi, appunto, sotterranea. Che nel tempo rischia seriamente di divenire una miniera d’oro, per quanto dai riflessi “blu”, anche in questo “scrigno” che garantisce una riserva ancor oggi consistente, per quanto in diminuzione visibile ad occhio nudo passeggiando per l’area delle Risorgive o visitando le vasche di Dueville nel centro di via Bissolati.
Un patto per contrastare la siccità e promuovere buone pratiche Collaborazione tra gestori idrici, creazione di nuovi invasi e sistemi di accumulo periodico costituiscono alcune delle risposte da dare al problema della siccità, allo scopo di “trattenere” più gocce possibili sia che cadano dal cielo o riemergano dal sottosuolo, a patto che programmazione e unità di intenti non attendano oltre, visto quello che da più enti viene ormai definito come un reale stato d’allerta, mutuando la terminologia meteorologica. Vi.Acqua e Ace-
gasApsAmga hanno intanto dato seguito al patto siglato a fine 2022, la prima società con affidata l’area delle Risorgive e la seconda con l’Oasi di Villaverla, consentendo di creare il grande parco, sottoscrivere una progettualità comune e favorire il progetto “Acqua in Rete Bacchiglione,” in cui intercorre anche e Acquevenete.
Tramite i fondi Pnrr sono in arrivo 33 milioni di finanziamento su larga scala da investire in opere finalizzate alla riduzione delle perdite idriche nei tre maxibacini serviti alle aziende di gestione, che insieme riforniscono 1 milione e 100 mila abitanti su un’area da 3 mila kmq. Nel nuovo Parco dell’Acqua sono evidenti i segni della falda che si sta abbassando, ma proprio qui si vuole sfruttarlo non tanto o non solo come preziosa risorsa naturale, ma anche come luogo di formazione e di educazione all’ambiente, in particolare sul tema idrico. Allo scopo di promuovere buone pratiche e una cultura specifica nel solco della sostenibilità anche quando si parla di acqua, sia sul piano dell’approvvigionamento del privato cittadino che per l’agricoltura e l’industria.
In sintesi, si tratta di lavorare per la creazione di una coscienza civica diffusa, condizione sine qua non per agire di concerto
tra “enti e genti”, dal singolo utilizzatore del rubinetto di casa all’azienda a partecipazione pubblica di gestione della rete idrica. Idrologi, climatologi, imprenditori e dirigenti pubblici, insieme alle persone comuni, sono chiamati dunque all’appello per ergere una solida diga che preservi da una parte la risorsa e dall’altra funga da difesa a minacce come l’inquinamento, il cambiamento climatico globale, lo sfruttamento senza regole.
“Le due aree che compongono il Parco dell’Acqua – ha spiegato Giuseppe Castaman, di Viacqua - hanno peculiarità uniche e complementari, tra progetti di rinaturalizzazione di una delle zone umide più grandi e importanti d’Europa e il sapiente intervento dell’uomo che ha creato le opere di presa dell’acquedotto padovano. Qui potremo non solo raccontare ogni aspetto del ciclo idrico e dell’impegno a salvaguardare gli ecosistemi più delicati, ma formare anche i futuri gestori delle risorse idriche, grazie anche a percorsi che stanno prendendo forma su altri fronti.”
La zona è raggiungibile anche a piedi o in bicicletta attraverso bellissimi sentieri, uno dei quali si snoda lungo l’argine dell’Astico nei territori di Sarcedo, Breganze e Montecchio Precalcino. ◆
Ènata circondata dalla bellezza, in una famiglia che ha fatto della valorizzazione del patrimonio storico un perno nella sua esistenza e oggi il Castello di Thiene è cuore pulsante della città grazie a lei, la contessa Francesca Di Thiene, che lo tiene vivo dedicandoci tutte le sue energie. “So di essere una privilegiata, perché vivere nella bellezza è un lusso, ma abitare in un castello che ha una storia secolare è ancor di più una grande responsabilità e un impegno, visti i tantissimi vincoli ai quali è sottoposto”.
Francesca Di Thiene incarna lo stereotipo della nobile: bella, elegante, colta e raffinata, ma ha la concretezza tipica della donna che si è creata una professione da sola, che ha famiglia e figli, che sa fare la spesa e porta fuori i cani.
Riceve in una delle sale del Castello e ti mette a tuo agio, mentre la luce illumina le alte pareti affrescate e le stoffe antiche mentre i cani si rotolano in mezzo a fiori e piante che la contessa cura personalmente. “Ogni mattina mi alzo e faccio il giro del parco. È il lato bello del vivere in un castello. Anche se spesso mi ritrovo con un innaffiatoio in mano perché mi accorgo che da qualche parte serve un po’ di acqua in più”, spiega sorridendo.
Francesca Di Thiene, che cosa significa avere un titolo nobiliare e vivere in un castello?
Il titolo rappresenta la storia della nostra famiglia, una famiglia molto unita di cui vado orgogliosa, che ha radici profonde. Non è solo un nome, è il simbolo di una tradizione, la nostra è una famiglia storica. Vivere in un castello è un privilegio, ne sono consapevole. Tutti i giorni mi sveglio e sono circondata da cose belle, ma c’è anche un grandissimo senso di responsabilità, perché avere una storia alle spalle significa anche doverla portare avanti, significa riconoscere il lavoro fatto da chi è venuto prima di me, non vanificare il loro impegno.
Dietro alla vitalità della quattrocentesca dimora thienese, simbolo indiscusso della città, c’è l’instancabile e appassionato lavoro della contessa Francesca di Thiene. Comproprietaria del Castello, ne cura l’immagine, gli eventi, i restauri e il parco per assicurare ai visitatori l’effetto “wow”.
Ci parli di lei.
Sono laureata in lettere ad indirizzo storico artistico. Vengo da una famiglia di architetti e appassionati di storia e arte e la stessa passione ce l’ho io. Ho vissuto a Milano e Venezia, poi con la famiglia siamo venuti a Thiene e qui ho cominciato a gestire il Castello, del quale sono comproprietaria. Dal 1400 non è mai stato venduto, è sempre arrivato in eredità e nel 1918 è arrivato al mio bisnonno Antonio. Ne ho fatto il mio lavoro, ci dedico tante energie.
Dall’esterno uno pensa che vivere in un Castello sia solo bello, privilegio puro. E invece…
Il lato bello esiste eccome. Ma esiste anche un lato meno evidente, fatto dalla necessità di tenere in vita un Castello sottoposto a vincoli artistici e storici, a manutenzione che richiede l’intervento di artigiani
specializzati che sanno lavorare metalli o materiali di uso non tanto comune. È un notevole impegno dal punto di vista economico. Il Castello è sottoposto a tutele e noi famigliari non possiamo fare ciò che vogliamo.
Inoltre i thienesi rivendicano spesso il Castello come fosse loro.
Il Castello di Thiene è l’immagine della città e noi ne siamo consapevoli. Infatti abbiamo un altissimo senso di appartenenza al pubblico, perché fa parte dell’identità di tutti i thienesi. Per questo lo teniamo aperto, lo restauriamo, ne curiamo l’immagine con estrema attenzione.
Ci sono tantissime attività al Castello, sono tutte idee sue?
Sì, lo ammetto con soddisfazione. Facciamo un grande lavoro anche con le scuole, percorsi didattici, attività di intrattenimento. Facciamo conoscere la storia della famiglia e del Castello, ma allo stesso tempo facciamo vivere esperienze uniche. Abbiamo coordinato con le scuole del territorio percorsi per il turismo e vogliamo sensibilizzare in merito alle difficoltà che hanno le dimore storiche, che sono private, ma sottoposte a vincoli pubblici notevoli. Io amo collaborare con chi ha passione, mi piace far conoscere e vivere il Castello.
Che è anche una casa privata. Questo non crea difficoltà?
Abbiamo dovuto trovare un equilibrio che non è semplicissimo tra la dimora che ha un interesse pubblico e la casa privata, perché chi ci vive ha bisogno della sua privacy e il Castello è aperto su appuntamento in settimana e sempre nei weekend. Di recente sono stati fatti interventi di restauro. Qual è quello di cui è più soddisfatta?
Oltre alla sistemazioni degli affreschi esterni, che abbelliscono anche il centro di Thiene, un lavoro importante è stato il restauro dell’archivio storico, di interesse regionale e vincolato. Uno dei più belli archivi privati, con la digitalizzazione dei catastici, 1.800 documenti messi online nel portale della Biblioteca Bertoliana di Vicenza. Un lavoro che mi ha permesso di conoscere persone che hanno ruoli di primo piano nel mondo degli archivisti. L’archivio del Castello è ricchissimo, ha mappe e disegni, racconta molta storia. Il Castello ha un ruolo importante nel turismo locale, fa parte del circuito delle Dimore Storiche.
Mio fratello Giacomo, presidente dell’associazione, lotta perché le Dimore Storiche sono a tutti gli effetti un museo diffuso e
portano molte persone in posti dove spesso c’è solo quella dimora, quel Castello, e nulla più. Sono un’attrazione turistica importante ma non solo, perché la loro cura e manutenzione dà lavoro alla manodopera locale. Questi sono aspetti di primaria importanza, che spesso purtroppo vengono sottovalutati.
Nel Castello ci sono anche stanze per chi vuole vivere un’esperienza unica. Che cosa dicono i clienti?
L’effetto “wow” è assicurato. Le stanze, che si trovano nel piano nobile, sono molto belle. Abbiamo soprattutto clienti americani, persone che vengono da paesi con una storia meno antica della nostra, che non hanno castelli storici. È bello riuscire a dare loro emozioni, vederli felici dell’esperienza che vivono.
Come vede il futuro del Castello? Ci saranno i suoi figli a gestirlo?
Nel mio immaginario non vedo i miei figli qui, perché voglio che vivano esperienze in completa libertà. Voglio che finiscano gli studi e facciano esperienze all’estero. Ognuno di loro sta seguendo il suo percorso. Io ho aperto loro le porte per andare via da casa e seguire le loro inclinazioni e sarò pronta a riaprirle se vorranno tornare per
rimanere. Decideranno loro, ma non vivranno il castello come un obbligo. Com’è la giornata di una contessa?
Mi alzo, faccio il giro del parco e mi godo la sua bellezza. Lo curo, conosco ogni fiore e foglia. Poi vado nel mio ufficio e mi metto al pc. Nel weekend siamo aperti e io controllo ogni cosa, voglio che il Castello profumi di casa perché per me è un valore aggiunto. Sono molto attenta all’immagine, non solo perché è casa mia, casa della mia famiglia, ma anche perché so che i thienesi ci tengono. Per questo lo manteniamo bello e in ordine, vivere nel bello fa bene e spero che i nostri investimenti siano apprezzati.◆
Attualità
Ècominciato tutto con una statuetta di legno che raffigura un re tutto colorato poggiato sopra ad una colonna e in 25 anni l’imprenditore Giancarlo Bonollo e la moglie Sandra Dal Santo hanno realizzato nelle colline delle Bregonze una collezione di arte contemporanea che lascia a bocca aperta. Un vero e proprio museo sulle colline delle Bregonze, dove sono custodite opere d’arte di artisti esordienti e famosi che provengono da tutto il mondo e che vengono richieste in prestito dai musei più prestigiosi in occasione di mostre.
È una fortissima passione per l’arte quella che porta la coppia in giro per il globo alla scoperta di ogni forma rappresentativa del nostro tempo.
Spiega Sandra Dal Santo: “Ci piace l’arte contemporanea perché la giudichiamo senza pregiudizi. Ci mettiamo davanti all’opera e analizziamo le nostre sensazioni, le nostre emozioni. L’arte contemporanea è la cosa più difficile in assoluto. Osservare e giudicare un Tiepolo, tanto per fare un nome conosciuto che non ha bisogno di presentazioni, è molto più facile. Perchè nel nostro percorso culturale abbiamo avuto modo di studiarlo, di leggere commenti di critici importanti sulle sue opere. E questo ci rende più difficile essere obiettivi. Con l’arte contemporanea, con le opere nuove, questo non succede”.
La collezione conta centinaia di opere, di ogni forma artistica: quadri, statue, sculture, fusioni, installazioni, video. Si va dal quadro a soggetto di più semplice interpretazione fino al video “scomposto” proiettato su schermo e ritagli di carta. Dal sacco dell’immondizia fuso nel bronzo, al cavallo stilizzato, fino alla statua di un famoso rapper a grandezza naturale. Opere per intenditori, per chi ha voglia di mettere in discussione e capire fino in fondo le proprie emozioni. La collezione è esposta nell’abitazione privata di Giancarlo e Sandra Bonollo, ma non solo. Intorno a casa, nell’intimità di una piccola contrada nelle colline di Carrè, il restauro di alcuni edifici di pertinenza ha permesso alla coppia di allestire un vero e proprio museo. Su più piani, con l’illuminazione adeguata, l’esposizione studiata e gli spazi necessari per osservare, meditare, riflettere, elaborare. Metabolizzare, anche. Dei due, Sandra Dal Santo è più riflessiva e nella sua selezione di arte privilegia quello che esteticamente le piace, che le trasmette qualcosa di deciso. Giancarlo Bonollo invece si appassiona di tutto, di quello che gli pia-
Sulle colline delle Bregonze si trova un vero e proprio museo d’arte contemporanea che raccoglie opere italiane e internazionali, spesso richieste dai musei di Berlino, New York, Londra, Roma. Bonollo:“L’arte è una forma di terapia, vivere nell’arte è bellezza”.
ce e di quello che non gli piace proprio. Ha la capacità innata di comprendere che cosa è arte e cosa no e nel suo museo questo traspare in ogni angolo.
Finalmente, dopo avere studiato la situazione e superato la paura di fare brutta figura con commenti fuori luogo, davanti a quello che sembra un sacco sfilacciato che pare gettato in terra e dopo avere osservato per 10 minuti, girandoci attorno con curiosità, una sega elettrica fusa nella plastica che pende dall’interno di una gabbia, chiedo: “Che cosa la spinge ad acquistare questi oggetti così particolari, queste opere che è difficile incastonare in schemi conosciuti?”
La risposta, è quanto di più inaspettato: “A volte è la repulsione che mi trasmettono alcune opere che mi spinge a riflettere e mi porta ad acquistarle. Spesso l’arte va digerita. Non sempre riesco a comperare quello che voglio, perché gli artisti non sempre ti vendono quello che tu chiedi. L’artista produce e mette a disposizione quello che vuole. Mi è capitato anche di volere qualcosa di un autore e di dovermi accontentare di una opera che non era la mia prima scelta”. Sullo scopo dell’arte è risoluto: “L’arte contemporanea ha lo scopo di spiazzare. Tendiamo ad apprezzare quello che conosciamo, che rientra nei nostri schemi. Per questo dico che rifletto su quello che mi crea repulsione, che mi fa pensare con la pancia. L’arte ha questo scopo”.
Nel museo sulle Bregonze molte opere arrivano, o sono state ospitate, alla Biennale di Venezia. Opere di artisti italiani ed inter-
nazionali, come quelle che si trovano nella “rivoluzionaria” contrada di Carrè, dove si trovano artisti dalla Nuova Zelanda all’Africa nera, dal Giappone al Canada all’Europa. Molte viaggiano nel mondo, come il quadro di Patrizio Di Massimo che ritrae una mamma che gioca con i figli. “Spesso ci chiedono quadri per musei di Berlino, New York, Londra, Roma – racconta Sandra Dal Zotto – Durante il covid alcuni quadri sono rimasti in giro per il mondo dentro a musei chiusi”. Le spedizioni di opere d’arte sono controllate e hanno un canale tutto loro.
Le opere stesse hanno una certificazione che le accompagna che può essere “sostituita” solamente dalla firma originale dell’autore sul retro.
Giancarlo Bonollo condivide il pensiero della moglie Sandra Dal Zotto: “L’arte contemporanea è difficile. Così come è difficile capire il tempo presente, cioè il periodo e gli avvenimenti che sono in corso, che accadono durante la nostra vita. È difficile capire il presente perché ci siamo dentro e non abbiamo materiale da studiare”.
Ex imprenditore nel settore dei cancelli elettrici, oggi mecenate e viaggiatore alla scoperta di nuovi talenti. “Stare tra artisti giovani mi fa sentire giovane perché mi mette a confronto con cose che non conosco, che mi stimolano – sottolinea con gli occhi che brillano, mentre tocca una delle tante opere che nel futuro saranno studiate e finiranno su libri e riviste come simbolo del 21esimo secolo. L’arte è una forma di terapia, vivere nell’arte è bellezza”.◆[
Attualità
Torna anche quest’anno la preziosa collaborazione tra il Lions Club Thiene Host e le scuole cittadine: il Club ha infatti confermato il service “Giovani a teatro” regalando 500 biglietti agli studenti che frequentano gli ultimi anni degli istituti superiori per consentire loro di assistere agli spettacoli della XLII Stagione Teatrale Thienese.
Un service iniziato nel 2010 e mai interrotto, realizzato per la prima volta dall’allora presidente dell’associazione filantropica Pierluigi Zanella su suggerimento e in collaborazione con la socia Anna Maria Fiengo, che in quel periodo ricopriva la carica di assessora comunale alla Cultura.
“È un progetto dedicato alle giovani generazioni con l’obiettivo di avvicinare e coinvolgere i ragazzi al teatro”, ha spiegato con soddisfazione l’avvocato Francesco Dal Ferro, socio ed incaricato della gestione del service.
“Tra i tanti service dei Lions dedicati ai giovani, quello dei biglietti per il teatro in regalo è uno dei più importanti”, ha spiegato il presidente del Lions Club Thiene Host Gianluca Emiraldo, che ha fortemente voluto un incontro tra studenti e attori per mettere i giovani ancora più a contatto con il mondo del teatro.
La XLII Stagione Teatrale Thienese ha infatti portato in regalo agli studenti anche la possibilità di conoscere alcuni degli attori in occasione delle loro performance al Comunale.
In particolare, lo scorso 8 marzo il Lions Club Thiene Host ha organizzato un incontro a teatro con gli attori Chiara Francini e Alessandro Federico, protagonisti della
Il Lions Club Thiene Host ha messo a disposizione 500 biglietti agli studenti che frequentano le quattro scuole superiori cittadine per permettero loro di assistere agli spettacoli della XLII Stagione Teatrale Thienese. Il service, nato nel 2010, quest’anno ha permesso agli studenti di incontrare e dialogare con gli attori dopo le loro performance.
commedia “Coppia aperta quasi spalancata”, scritta da Franca Rame e diretta da Dario Fo.
I giovani hanno così potuto interfacciarsi con i protagonisti del palcoscenico con il supporto della moderatrice giornalista Maria Luisa Duso. Superata una iniziale e naturale timidezza, l’incontro, durato quasi un’ora, è stato caratterizzato da una serie incalzante di domande di vario genere, dalla passione per il teatro all’importanza del calarsi nei personaggi, fino all’influenza della propria personalità nella messa in scena dei caratteri.
“Il teatro è la più alta rappresentazione della vita”, ha commentato Ludovica Sartore,
assessora alla cultura che ha voluto ringraziare l’associazione non solo per il service dei biglietti in regalo agli studenti ma anche per aver organizzato un incontro a tu per tu con gli attori, un momento di dialogo e confronto apprezzatissimo dai ragazzi. “Siamo consapevoli di quanto il teatro può offrire in termini di crescita culturale e sociale – ha sottolineato Francesco Dal Ferro – Il service consiste nel mettere a disposizione 500 biglietti gratuiti agli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori di Thiene. È svolto grazie alla preziosa collaborazione dell’assessorato alla cultura del Comune di Thiene e dei dirigenti scolastici e insegnanti di riferimento delle quattro scuole superiori coinvolte: Liceo Corradini, Itt Chilesotti, Itet Ceccato e Ipsia Garbin. Il Club dona 50 biglietti per ognuno dei dieci spettacoli della stagione teatrale, a loro volta suddivisi nelle tre serate di ogni rappresentazione.All’interno di ogni scuola un professore di riferimento provvede a distribuire i biglietti a turnazione ed in base all’interesse tra gli studenti degli ultimi anni. È una collaborazione preziosa anche perchè gli insegnanti colgono l’occasione di associare alcuni spettacoli a temi o opere trattate in classe e ricollegano quindi la rappresentazione all’insegnamento. Quest’anno il presidente Gianluca Ermiraldo ha deciso di potenziare ulteriormente il service offrendo agli studenti la possibilità di incontrare in teatro attori famosi”.
Un’alleanza “per”, non “contro”. La mettono in campo il servizio InOltre, il Comune di Thiene e altre realtà del territorio per sostenere chi si trova in stato di difficoltà temporanea.
Con un approccio professionale e qualificato e, soprattutto, prezioso per la comunità dell’Altovicentino, ma in realtà per tutto il Veneto.
Dopo aver recentemente festeggiato i 10 anni di attività ed aver intensificato le proprie azioni di supporto psicologico, il servizio psicologico continua a mettere a disposizione delle persone tutto il proprio bagaglio di esperienza, anche nel delicatissimo ambito d’intervento della prevenzione dei suicidi.
Chiedere aiuto e dare fiducia a chi è preposto per questa funzione di supporto alla persona non va mai considerato come un segno di debolezza. Ma, anzi, di intelligenza, se non di genuina forza di reazione. Il riserbo è garantito, al pari della mano tesa verso chi presenta un bisogno, senza nulla chiedere in cambio se non un pizzico di fiducia, appunto, dalla quale partire per un attivare percorso.
Vale per tutti, per la fascia d’età più fragile e alla ricerca della propria identità di adolescenti e giovani uomini e donne in genere, ma anche persone anziane o adulti che, messi alla prova da circostanze sfavorevoli della vita sul piano affettivo, lavorativo o della salute, possono trovare un punto di (ri)partenza una volta orientati da mani e parole esperte verso una direzione percorribile.
Il Comune di Thiene rinsalda la collaborazione con il servizio regionale “InOltre” per sostenere le persone che stanno vivendo un momento di sofferenza psicologica. Il progetto, coordinato dalla psicologa Emilia Laugelli, ha appena festeggiato i 10 anni di attività.
“Il sostegno psicologico è un’arma importante per la prevenzione dei suicidi – a scendere in campo in prima linea insieme ad InOltre è l’assessora alle politiche sociali Anna Maria Savio –. L’offerta di ascolto telefonico con operatori professionali è stato un servizio particolarmente significativo, per esempio, nella fase acuta dell’emergenza pandemica e ricordo che molti, tra quegli utenti, erano i giovani. Ringrazio la responsabile di InOltre, Emilia Laugelli, per l’opera preziosa che sta portando avanti e mi auguro che il servizio continui anche negli anni futuri”.
Guardando ai teenager, lo scorso gennaio, nell’ambito del Progetto Giovani Thiene, sono stati resi noti gli aspetti più salienti del progetto sperimentale nell’anno 2022 di “Educativa di strada con i giovani nel territorio di Thiene”, promosso dal Comune e coordinato dalla cooperativa sociale Radicà. Circa 500 giovani incontrati in luoghi informali, permettendo di far affiorare questioni per loro importanti, le maggiori difficoltà, i bisogni e le loro proposte riguardo alla città. Le principali risultanze dei dialoghi intercorsi? Sentimenti di difficoltà relazionali, di isolamento e solitudine accentuati dalla pandemia, di inadeguatezza, di fatica nell’instaurare rapporti positivi con i propri pari, criticità causate da discriminazioni, bullismo e pregiudizi. A questa azione concreta si intreccia anche l’operato di InOltre, che indica come quel-
la giovanile, intesa dai 19 ai 30 anni, costituisca la seconda fascia d’età che più si rivolge ai servizi proposti. Dai 31 ai 50 cresce la “domanda”, intervenendo qui molteplici questioni legati alla vita familiare e professionale in modo più marcato.
A lanciare un appello finalizzato ad avvalersi delle telefonate “amiche” è il il sindaco thienese Giampi Michelusi:”Chiedo a tutti e, in particolare, ai giovani di dare diffusione dell’esistenza di questo servizio gratuito, anche se tante volte è difficile anche accorgersi che un amico o un conoscente sta attraversando un periodo di crisi. Chi fosse in questa condizione non esiti a chiamare il numero verde 800334343 con fiducia. Insieme si possono affrontare e superare anche gli ostacoli più ardui. Non siete soli”. Sette giorni su sette, in modalità “H24”. In qualsiasi momento del giorno e della notte, quindi, ci sarà chi all’altro “capo” del telefono sarà pronto ad ascoltare e mettere in campo quelle buone pratiche che in questi 10 anni e spiccioli hanno portato a risultanti socialmente importanti.
Dal giugno del 2012 sono stati oltre 16.400 mila i colloqui avvenuti, e circa mille persone sono state avviate linee di supporto psicologico ad hoc. Salvando vite, innanzitutto, e facendo da “angeli custodi” a chi talvolta si inerpicava su terreni esistenziali ripidi e quindi pericolosi, contribuendo a indirizzarli verso percorsi più sicuri, protetti e rigeneranti. ◆[O.D.M.]
Se in città kick boxing, muay thai e Mma sono diventante discipline amate e praticate da piccoli e grandi atleti il merito è del Thiene Fight Club e del suo giovane maestro Hamid Abourchid, tanto abile sul ring - o meglio dire sulla gabbia o sull’ottagono, come precisa lui stesso – che nell’organizzazione di eventi. Come quello recente che ha portato in città poco meno di 600 atleti di tutte le età e provenienze geografiche, fighters agonisti o amatori delle diverse discipline di contatto che rientrano per definizione nella grande famiglia delle arti marziali. Nel suo caso, l’accento va al kick boxing, al muay thai o boxe thailandese, e alle arti marziali miste (meglio note come Mma) in particolare, le “materie d’insegnamento” che si mettono in pratica nella palestra di via Kolbe gestita dal Team Abourchid. Ma è stato il PalaCeccato di Thiene in via Vanzetti, in realtà, la grande “arena” in cui combattenti di mezza Italia si sono dati appuntamento: oltre un migliaio di persone, tra atleti in gara e spettatori in tribuna, che si sono gustati una domenica di combattimenti sportivi. In tutto, dati alla mano, 298 duelli per la precisione, volti a decretare i migliori atleti per specialità, età e categorie di peso. Ognuno diverso dall’altro, ma tutti accomunati dalla stessa passione per questo mix di discipline del mondo del fighting che serba dietro le apparenze una filosofia di vita che abbatte tanti tabù. Il primo, quello della violenza “gratuita”, visto che i regolamenti mettono dei chiari paletti sul ring così come gli insegnamenti dei maestri che impongono l’utilizzo delle tecniche di lotta solo in ambito sportivo, abbinato alla disciplina.
Grazie al team Abourchid in città si promuovono le arti marziali e l’integrazione. La società, nata nel 2015, nelle scorse settimane ha portato al Palaceccato un evento con oltre 600 atleti di tutte le età e provenienze. Il fondatore: “Se è vero che quando ho aperto la palestra la frequentavano più persone di nazionalità straniera che italiani oggi accade l’esatto inverso”.
E, non ultimo, uno spesso velato disprezzo ai limiti del razzismo, associato a tipologie di arti marziali che si credono praticate solo da “stranieri”.
Un punto che sta a cuore al fondatore del team: “Se è vero che quando ho aperto la palestra nel 2015 la frequentavano più persone di nazionalità straniera che italiani” spiega il 33enne Hamid, marocchino di nascita che vive in Veneto dall’età di 9 anni, prima a Colceresa e ora nel thienese -, oggi accade l’esatto inverso. Sono cambiati i tempi e, fortunatamente, la percezione che la gente di qui ha adesso su queste pratiche sportive di contatto. Insomma, all’inizio eravamo visti male, quasi come dei criminali, oggi posso dire che più qualcuno si è ricreduto e stanno piano piano emergendo i lati positivi legati ad esempio all’integrazione, e in generale ne abbiamo guadagna-
to in credibilità tra risultati sportivi, eventi organizzati e attività per i più piccoli”. Ex lottatore in prima persona, da giovanissimo Hamid Abourchid ha dovuto abbandonare gli incontri prematuramente a causa di un infortunio sul lavoro. Operaio di giorno e operatore di security a chiamata, non si è affatto perso d’animo. Maestro di arti marziali, preparatore atletico e mental coach, queste sono le qualifiche che si è costruito con fatica, investendo su se stesso. Da qui la scelta coraggiosa di mettersi in proprio, prendere un locale di 220 metri quadrati in affitto, investire nella struttura, e dedicarsi alla sua passione esclusiva come istruttore.
Tra i suoi “pupilli” ci sono oggi anche atleti di alto livello che competono per il Team Abourchid in Italia e in Europa. Ma non solo: “Ci sono agonisti affermati ma anche bambini, basti pensare che tra i 90 tesserati il più piccolo ha 6 anni e mezzo il più maturo 62. Compatibilmente con il rispetto regole, non ci siamo mai fermati del tutto nemmeno nel corso della pandemia, annoverando tanti combattenti di interesse nazionale”.
Riportando l’evento clou a Thiene dopo la pausa Covid, anche questa una vittoria. L’ultima edizione del “Thiene Kickboxing Day” è stata infatti la quarta esperienza presa in mano da Hamid e i suoi collaboratori. “Devo ringraziare tutti loro, se sul ring si va da soli qui c’è stato uno staff eccezionale di 30 amici che ha saputo gestire un flusso di gente mai visto a Thiene per eventi simili. Sono stati unici!” ◆
Pedalare per tremila chilometri da Istanbul a Shiraz, dalla Turchia moderna, laica e cosmopolita fino nel cuore dell’Iran, dove le donne “semplicemente non si vedono”, il maschilismo è una regola e la religione islamica detta legge. Giuseppe Rizzotto, 64 anni di Dueville, insegnante in pensione, lo ha fatto da luglio a settembre nel 2022 con una mission particolare: “Conoscere il mondo e osservare la vita con gli occhi di Chiara, una nipote che non c’è più e alla sua morte ha donato le cornee, che adorava viaggiare e conoscere culture diverse, mancata a soli 21 anni”. Un obiettivo importante, uno dei tanti viaggi in sella alla sua bici, che impegna Rizzotto ad immergersi profondamente in ogni esperienza, a non dare nulla per scontato. L’associazione “Con gli occhi di Chiara” è nata per condividere immagini di viaggi pensando di vedere con gli occhi di mia nipote: quando vediamo qualcosa che ci colpisce indossiamo la maglietta, scattiamo la foto e la condividiamo con i membri dell’associazione.
Tremila chilometri da Istanbul a Shiraz, un percorso non facile. Dove e quando è nata questa idea?
Amo girare il mondo in biciletta perché ti consente di vivere con calma e assorbire ogni posto che si visita. Il progetto Turchia-Iran è nato 3 anni fa, con l’obiettivo di percorrere la ‘Via della seta’ e arrivare a Samarcanda. Ma il covid ha costretto me e il mio compagno di viaggio Stefano Torchio a posticipare la partenza e le vicende socio-politiche del Turkmenistan che avremmo dovuto attraversare ci hanno imposto un cambio di rotta. Da qui la decisione di non andare a Samarcanda e di percorrere l’Iran da nord a sud. Un viaggio di circa due mesi con una persona cono -
Protagonista dell’impresa, durata tre mesi, è Giuseppe Rizzotto, 64 anni di Dueville, insegnante in pensione e appassionato ciclo-viaggiatore. L’uomo ha dedicato questa sua nuova avventura alla nipote scomparsa a soli 21 anni e in memoria della quale ha creato l’associazione “Con gli occhi di Chiara” per condividere immagini di viaggio.
sciuta da poco, in un continente a me sconosciuto, lungo itinerari tra miti antichissimi e storia.
Siete partiti da Istanbul, la porta d’Oriente, cosmopolita e moderna.
A Istanbul siamo arrivati in aereo. È stato un viaggio incredibile, che ci ha portati in due paesi molto diversi: ospitale e aperta la Turchia, più ostico ma generoso l’Iran. Paesaggi mozzafiato, distese desertiche gialle hanno fatto da sfondo ai nostro pedalare e poi roccia grigia, villaggi poveri e sguardi incuriositi nei nostri confronti. Abbiamo evitato le zone turistiche perché volevamo immergerci nella vita locale, fatta di pastori e bestiame, di terra arida e una umanità calda e accogliente, fino ad arrivare nel meraviglioso Iran, ricco di storia e di arte, coloratissimo, ma dove la religione impone limiti assurdi alle donne. Ci racconti le tappe.
Abbandonata Istanbul, con il suo traffico caotico e pericoloso, abbiamo scelto la via lungo l’altopiano dell’Anatolia. Dopo i pri-
mi 100 chilometri già si vedeva poca gente. Attraversando pascoli non troppo lussureggianti, zone agricole e spianate deserte completamente ingiallite dal sole siamo arrivati in Cappadocia, unica area turistica che abbiamo scelto di visitare, dove la natura e le sue creazioni rocciose lasciano a bocca aperta. Il nostro è stato un viaggio fatto per cultura, per curiosità, per conoscere popoli e abitudini diverse. Ci siamo fermati a Sivas, dove è ‘nata’ la rivoluzione turca. La Turchia è un paese difficile perché è fatto di tanti paesi diversi. Predomina la laicità, infatti ci sono donne vestite all’occidentale e altre con il velo, c’è apertura e accoglienza verso lo straniero. Il turco è una lingua difficile, come avete parlato con la gente del posto?
Abbiamo usato il traduttore del telefono, senza non sarebbe stato possibile. Le persone sono estremamente aperte, è una terra crocevia abituata agli stranieri. Se sbagliavamo nel farci capire ci aiutavano, non ci hanno mai voltato le spalle o mandati a
quel paese. E sono generosissimi. Un giorno, mentre eravamo fermi in un luogo desolato e stavamo studiando il percorso, si è avvicinato un signore a bordo di un’auto e ci ha offerto un malloppo di soldi pensando fossimo in difficoltà economica. Non abbiamo accettato, ma è stato emozionante sentirsi stranieri, pensarsi in difficoltà e sapere di essere aiutati. In Turchia non esistono pregiudizi verso chi arriva da fuori.
Il cuore della Turchia com’era?
Una distesa di ocra e giallo e di sfumature rosse, i tipici colori dell’arsura. Lungo i fiumi il paesaggio è più fertile, più verde. Abbiamo evitato gli sterrati, cercando di percorrere strade asfaltate per una questione di sicurezza personale, abbiamo scelto le grandi vie di comunicazione. Non c’è cultura di ciclo turismo lì. Avevamo una tenda di emergenza, perché non avevamo prenotato tutti i pernottamenti, ma abbiamo sempre dormito nei piccoli hotel lungo il tragitto, con l’albergatore della notte che prenotava per noi l’hotel successivo. Ogni tanto, in qualche piccolo villaggio, si notava qualche condominio altissimo, sproporzionato, che oggi mi porta a riflettere sui danni del recente terremoto. Come e dove mangiavate?
Mangiavamo solo la sera e a colazione. Nel resto della giornata ci accontentavamo di qualche snack. Abbiamo mangiato prevalentemente cibo turco, quindi abbiamo fatto due mesi di riso e kebab, ma vista la fatica delle pedalate di ogni giorno ci sembrava il cibo più buono del mondo. Ci fermavamo nelle aree di sosta dei camion, dove ci veniva sempre offerto gratuitamente il thè. Ma ci sono state persone che ci hanno offerto anche da mangiare. Un camionista, che aveva solo il suo pasto ma ci ha scambiati per due poveracci senza nulla, ce l’ha offerto dicendoci che serviva più a noi che a lui. Ci ha commosso.
E l’Iran?
Siamo entrati per una porta di servizio, una dogana secondaria. Lì non esiste il codice della strada, si circola e basta. E, cosa
che ci ha stupiti, si paga solo con la carta di credito. Anche 30 centesimi, con un circuito bancario locale, ma si usa solo la carta. Anche per telefonare abbiamo dovuto acquistare una sim iraniana. È stato bello vedere dei cartelli con raffigurato un dromedario ad indicare ‘animali vaganti’. Abbiamo respirato e temuto il traffico scomposto e sregolato delle città. In Iran eravamo più tesi che in Turchia, consapevoli che ci sono regole molto diverse e più dure. Entrando in Iran ci siamo tuffati in un altro mondo: auto vecchissime, camion da museo, case mal messe. Si vede solo povertà, la ricchezza è nascosta, il Paese è unito dal collante religioso. Vige la teocrazia e c’è un grande rispetto per gli anziani.
E le donne?
Questo è un tasto dolente, che mi ha scioccato, mi ha provocato repulsione. Sono arrivato fiducioso, ma ho respirato una misoginia per noi incomprensibile. Non si vedono donne in giro, solo uomini e questo mi ha provocato totale allergia al maschilismo. Non riesco più a pronunciare la parola ‘maschilismo’. Sono diventato completamente intollerante verso la cultura iraniana. Voglio dire, io non posso fare nulla per cambiarla, ma non posso proprio accettarla. Ho conosciuto una ciclo turista tedesca in Iran e mi ha confidato che non sopportava il peso degli sguardi.
Pensa sia una questione di religione?
No, credo che la religione sia solo una scusa. È più un’abitudine a quel comportamento. Il viaggio è stato una vera raccolta di informazioni, anche in ambito religioso.
Ma soprattutto è stato un confronto con l’umanità vera, quella fatta di gente semplice, che devi conoscere. Anche in Iran, dove la povertà è comune, il cuore delle persone è ricco e generoso, non si riesce a rifiutare l’ospitalità, tanto è calorosa. Ci sono mai stati momenti in cui avete avuto paura?
Uscire da Istanbul e dalle sue gigantesche strade trafficatissime è stato il momento peggiore, avevamo paura di finire schiacciati sotto un camion. Poi una volta ho rotto un raggio di una ruota e non trovavamo il cambio. Un meccanico ci ha detto che saremmo arrivati a destinazione solo con l’aiuto di Allah. Però poi altri si sono mossi in nostro aiuto e dopo essere andati in treno in un altro paese abbiamo aggiustato la bicicletta. Ma non abbiamo avuto nessuna paura di essere derubati o di subire violenza, la gente è ospitale e generosa. Abbiamo ricevuto migliaia di saluti con clacson e lungo la strada e ci hanno offerto cibo, acqua e anche soldi.
Dopo Turchia e Iran lei ha fatto il ciclo turista alle Azzorre e la prossima meta è l’Uzbekistan, per raggiungere finalmente Samarcanda. Che cosa le piace dei viaggi in bicicletta?
I ciclo viaggiatori si muovono per conoscere le persone. Se dai alla gente tempo e modo di parlarsi, di confrontarsi, di conoscersi, le persone si aprono, condividono le loro esperienze, la loro vita e la loro umanità. Penso che se le persone si parlassero, si conoscessero umanamente, avessero voglia di mettersi sullo stesso livello della vita, allora non ci potrebbero essere guerre.◆
Il Gruppo Alpini di Thiene festeggia i suoi primi 100 anni e rinnova l’impegno di essere sempre a servizio della società.
“Gli Alpini sono un’associazione d’Arma e un’entità chiamata ad aiutare chi ne ha bisogno senza chiedere nulla in cambio”, ha sottolineato il capo gruppo Vittorio Dal Zotto, che in tempo di pandemia ha bussato casa per casa con i suoi compagni per distribuire mascherine e portare conforto alla popolazione thienese, isolata e stranita nel tempo del lockdown.
Nato nell’ottobre del 1923, il gruppo Alpini di Thiene non si è fermato mai e nonostante il mondo sia cambiato, con le guerre in trincea che sono un lontano ricordo e i solidi valori di un tempo messi a dura prova dalla modernità, continua la sua mission: “Essere a servizio di chi ne ha bisogno”. Un concetto apprezzato anche dall’associazione filantropica locale Lions Club Thiene Host, che nelle scorse settimane ha incontrato ufficialmente l’Associazione Nazionale Alpini, con il presidente Sebastiano Favero che ha raccontato la storia e le gesta del Corpo fondato nel 1872 “per difendere i confini della Patria sulle Alpi”.
Un incontro emozionante, voluto dal presidente del Club Gianluca Emiraldo, che ha visto la presenza dei presidenti della Sezione di Vicenza Lino Marchiori, del capo Gruppo di Thiene Vittorio Dal Zotto e di Zanè Pierantonio Anzolin, con il presidente della Provincia di Vicenza Andrea Nardin e i sindaci di Thiene e Piovene Rocchette, rispettivamente Gianantonio Michelusi ed Erminio Masero.
“Quello tra il Comune di Thiene ed il Gruppo Alpini è un sodalizio pregno di amicizia,
Nato nell’ottobre del 1923, il gruppo cittadino non si è mai fermato nonostante e ha saputo affrontare nuove sfide, su tutte l’emergenza sanitaria, portando avanti con determinazione la sua mission: “Essere al servizio di chi ne ha bisogno”.
cultura, natura e solidarietà”, ha commentato il sindaco Giampi Michelusi.
“Fortunatamente oggi non ci sono più le guerre ed i contesti sociali estremamente difficili vissuti dai nostri anziani, ma nonostante il mondo di oggi sia diverso rispetto a quello di quando siamo nati, essere Alpini oggi è importante per una questione di solidarietà, di amore per il prossimo, di dedizione verso i bisognosi – ha spiegato Vittorio Dal Zotto – Non è necessario che i giovani diventino ufficialmente Alpini, con concorsi e chiamate all’Arma, è sufficiente che i giovani aderiscano all’impegno, che facciano la loro parte. Noi coinvolgiamo i giovani e le realtà cittadine in ogni nostra attività. Nel caso delle celebrazioni del centenario abbiamo chiamato il Coro Giovanile Città di Thiene per intonare i nostri canti e gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore Andrea Scotton di Breganze per realizzare i manifesti”.
Anche durante la pandemia gli Alpini hanno fatto la loro parte: “In accordo con il Comune siamo andati in giro a distribuire le mascherine – ha raccontato Dal Zotto – È stato bellissimo perché ci siamo accorti che la gente, vedendo il nostro cappello piumato, aveva fiducia e non chiedeva nulla. Ci siamo resi conto ancora una volta
dell’importanza dell’essere Alpino e della simbologia che ha il nostro cappello, genera fiducia alla sola vista. E questo è merito dei nostri anziani”.
Nel 2015 il Gruppo Alpini di Thiene contava 410 iscritti, oggi sono 320. “Questo perché molti di noi sono ‘andati avanti’ – ha detto Dal Zotto – In settembre ci sarà una grande festa per l’intera comunità. Noi Alpini non siamo una realtà chiusa, siamo aperti e sempre pronti a interagire con la società”. E stato dal secondo dopo guerra, quindi in tempo di pace, che gli Alpini hanno iniziato ad esprimere la loro solidarietà e l’impegno civile. Tra le grandi calamità nelle quali gli Alpini sono intervenuti, particolarmente drammatico fu il disastro del Vajont nell’ottobre del 1963, poi nel settembre del 1976 nel Friuli devastato dal terremoto, dove venne anche gettato il seme di ciò che sarebbe divenuta la Protezione Civile, della quale ANA è pilastro fondamentale.
A Bassano del Grappa, il caratteristico e famoso Ponte Vecchio, costruito su progetto di Andrea Palladio e oggi monumento nazionale, viene definito ‘degli Alpini’ in quanto nel 1948 fu ricostruito proprio grazie al contributo degli Alpini reduci di guerra. ◆
“Icampionati si vincono sul campo”. E così è stato. Lo aveva detto e scritto il presidente Fabio Munaretto – da ormai 15 anni – del Rino Toniolo Calcio la scorsa estate, quando il club del Santo di Thiene poteva ricevere un pass per accedere dalla porta di servizio in Seconda Categoria.
Un ripescaggio, in altre parole, che la società pur meritava in virtù dei punteggi acquisiti tra la sua militanza in Figc, il settore giovanile e i risultati ottenuti, ma che avrebbe significato tradire un valore sul campo: quello di meritarsela, sudando, quella promozione giunta poi nei primi giorni di primavera del 2023.
Chi lo sa se il vertice della dirigenza della realtà thienese biancoceleste se lo presentiva oppure augurava, fatto sta è stato buon profeta: grazie a 8 punti di margine a due giornate dalla conclusione del campionato di Terza Categoria, l’undici di mister Ferraresso e del diesse Totti ha salito lo scalino, con i contorni di una grande festa avvenuta domenica 26 marzo nel campo parrocchiale locale.
Grazie al 3-0 rifilato agli altopianesi del Treschè Conca e i passi falsi delle inseguitrici, la pratica si è chiusa in anticipo, consegnando a capitan Michielan, al bomber over 40 Lappo, all’esperto Panozzo tra i pali e a tutti gli altri protagonisti della cavalcata trionfale il primato definitivo nel girone di Vicenza. La regular season si concluderà il week end dopo Pasqua, ma la sentenza è scritta: promozione in Seconda.
Per la quinta volta nella storia del club si mette in bacheca il trofeo di vincitrice del girone di Terza, che fa il paio a quello ancora fresco di memoria nell’apice dei 65 anni di storia della società, giunto con l’approdo in Prima al termine della stagione 2010/2011.
Ricordando il 1958, anno della fondazione, modo migliore di festeggiare la ricorrenza non ci poteva essere in casa Rino Toniolo.
La formazione sportiva della frazione thienese del Santo domina il girone di Vicenza ed è promossa con due giornate di anticipo nel 65° anniversario dalla fondazione. Il bomber Daniele Lappo, 41 anni, brinda ai 250 goal in carriera nel calcio dilettantistico e al sesto personale campionato vinto.
Confermando la bontà della scelta dell’estate 2022 di provare a salire il gradino con le “proprie gambe”, e non salendo sull’ascensore garantito in caso di richiesta di ripescaggio. “Le vittorie così come lo sconfitte provengono dal campo di gioco – spiega Munaretto -, questo è sempre stato il nostro mantra. Oggi possiamo parlare di una scelta vincente, ma che va condivisa con tutti quanti si sono dati da fare, dal vicepresidente Pernechele a tutti i dirigenti, dallo staff con allenatore e direttore sportivo, lui al suo primo anno in questo ruolo delicato, fino ad ogni collaboratore. I giocatori? Un gruppo di ragazzi davvero spettacolare”. Tra i tanti a mettersi in mostra nel corso della stagione perfetta, in cui fino alla festa-promozione il Toniolo ha perso un solo incontro sui 24 disputati, una menzione speciale va al classe ‘82 Daniele Lappo: proprio con indosso la casacca thienese ha brindato infatti ai 250 gol in carriera nel calcio dilettantistico, a cui ora aggiunge il sesto personale campionato vinto. Non male, per uno che compirà 41 anni nel corso del 2023. È proprio lui alla “faccia degli anta” il bomber della squadra, con il trio Lappo-Kaabouri-Michielan capace di se-
gnare 30 gol in solido alle difese avversarie. Chiacchierando con il presidente del Rino Toniolo si viene a scoprire che l’idea di rimettere in piedi una prima squadra era nata quasi per caso, ormai quasi 4 anni fa, dopo un periodo di impegno esclusivo nel vivaio biancoazzurro e facendo i conti con il “pantano” della pandemia.
Nessuno però si è perso d’animo, qui, mettendo in moto una ripartenza che non è limitata ad essere solo un motto.
“A quei tempi avevamo un gruppetto di 5/6 bravi ragazzi della categoria Allievi che andavano fuori età. Erano giovani di casa, affezionati ai nostri colori e ci dispiaceva perderli. Da questo nucleo siamo partiti con l’idea di riprendere l’attività anche per gli adulti, dalla Terza Categoria. Ed oggi abbiamo pure una squadra di ‘Over” nel calcio amatoriale. In due stagioni complete siamo arrivati ad oggi, passando per un piazzamento di metà classifica nell’annata 2021/2022 per poi brindare adesso per la vittoria. Per una società ‘di parrocchia” come noi stessi ci definiamo, si tratta di un valore aggiunto. Tra l’altro, insieme a tanta gente che è venuta a seguirci in questi mesi sugli spalti”. ◆
Attualità
Dieci quintali di rifiuti abbandonati lungo la bretella Thiene-Schio sono stati raccolti a marzo dai volontari di ‘Schio Siamo Noi’. Partiti da Schio, passando per Marano, sono arrivati fino alla rotonda dei Cappuccini dove a sorpresa sono arrivati i sindaci Giampi Michelusi e Valter Orsi per ringraziare pubblicamente chi si è messo al servizio della comunità, dedicando il suo tempo a ripulire dallo sporco. Presenti anche gli assessori all’ambiente Alessandro Maculan di Schio, che è anche un attivo volontario del gruppo, e Nazzareno Zavagnin di Thiene, che ha coordinato con Ava, l’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti, la raccolta e lo smaltimento dei numerosi ed ingombranti sacchi. Nato dall’idea di Cesare Pasin, il gruppo apolitico da anni opera a Schio per tenere in ordine la città e i parchi ma dall’anno scorso l’obiettivo era quello di pulire anche le strade che collegano con i Comuni limitrofi.
“Noi arriviamo dove non arrivano i capitolati dell’appalto, cioè in quegli angoli che non vengono mai puliti, o molto poco, perché gli incarichi non li prevedono nella pulizia di routine – ha spiegato Cesare Pasin, soddisfatto del successo dell’iniziativa – Lungo le caditoie dell’acqua, non visibili dalla strada, c’erano spazi stracolmi di sacchi che la gente butta. Il nostro obiettivo è preservare ordine e pulizia e i volontari, quando non sono in uscita con il gruppo, si occupano anche della strada di casa e delle zone che bazzicano per motivi personali. Per la raccolta di mozziconi, l’azienda che li ritira donerà al gruppo alberi da piantuma-
Nel corso di una mattinata, organizzata dal gruppo “Schio Siamo Noi” a cui si sono uniti sindaci e assessori, sono stati raccolti 10 quintali di rifiuti gettati sul ciglio dell’arteria da automobilisti incivili.
re e ne abbiamo già due che sono destinati al canile Alto Vicentino”.
Un impegno che nasce dalla voglia di fare qualcosa per il bene della città, ma che va ben oltre. “Nelle due ore di volontariato la gente non usa il telefono: chiacchiera, fa amicizia, sta all’aperto. Ci sono anche bambini che si divertono tra di loro, diventano amici pulendo. Sono amicizie alternative, che non si formano al bar, nascono da persone semplici che si dedicano all’ambiente, che vogliono fare qualcosa per sé stessi e
Il finanziere Pietro Caretta si è recato in udienza in Vaticano per incontrare il Pontefice e consegnargli una lettera firmata dal sindaco.
Una riproduzione artistica della città di Thiene ed un saluto da parte del sindaco Giampi Michelusi sono stati consegnati a Papa Francesco lo scorso 22 febbraio ed il pontefice ha apprezzato il regalo.
A portare il prestigioso messaggio in Vaticano è stato il Brigadiere Capo con qualifica speciale della Guardia di Finanza Pietro Caretta.
Ricevuto in udienza in sala Nervi, il sovrintendente si è chinato di fianco al Papa, se-
duto in una sedia rotelle a causa di problemi di artrosi ad un ginocchio che da mesi limitano la sua capacità a camminare e ha srotolato la stampa artistica di Thiene realizzata da Toni Vedù.
Il Pontefice, che si è soffermato a lungo a dialogare con il finanziere Caretta, si è mostrato molto interessato e incuriosito e ha dichiarato di apprezzare il messaggio arrivato dall’Alto Vicentino.
Entusiasta anche Pietro Caretta, che ha sorriso al Papa e gli ha reso omaggio por-
gli altri – ha raccontato Pasin –. C’è grande collaborazione con il Comune che ci fornisce sacchi. Il meccanismo funziona perché c’è impegno vero, non ci sono protagonismi, ognuno viene dotato del materiale necessario e si lavora tutti insieme. La gente che ci vede ci riconosce l’impegno, tantissimi automobilisti aprono i finestrini e ci urlano il loro ringraziamento”. Il prossimo passo del gruppo è diventare un’associazione e trovare volontari anche a Thiene. ◆[A.B.]
gendogli alcune lettere affidategli da famiglie thienesi desiderose di ricevere una benedizione dal Pontefice e una missiva firmata dal primo cittadino di Thiene. Nella lettera il primo cittadino ha invocato la benedizione papale sulla città «perché essa possa continuare con fortezza di fede a superare le prove presenti e a testimoniare ai giovani i valori cristiani». ◆[A.B.]