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Thiene MesePlus

Periodico di informazione dell’Alto Vicentino

n. 18 - giugno 2024

Lo shopping è multi etnico. Boom di negozi stranieri - p.4 ◆ L’ex base militare Pluto intitolata a Matteo Miotto - p.12

La mia Africa Una vita a servizio di chi non ha nulla

Paola Pasin, farmacista, 53 anni, originaria di Chiuppano, ha scelto di esercitare la professione nell’Africa nera e nelle zone di guerra collaborando con diverse associazioni umanitarie tra cui Emergency e Cuamm. Afferma: “Non sarò io a fare la differenza, ma voglio morire sapendo che la mia vita ha avuto un impatto sulla vita di qualcuno per renderla più degna di essere vissuta”.

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il senso di giustizia che ha spinto Paola Pasin, farmacista 53enne di Chiuppano, a lasciare la sua comfort zone per esercitare la professione nell’Africa nera e nelle zone di guerra, per aiutare chi è nato in un paese sfortunato e restituire dignità a chi affronta la morte in contesti di assoluta povertà.

A cambiarle la vita un uomo visto morire in un ospedale senza pavimento dove scorrazzavano le galline. Quindi una lettera ad Emergency, la collaborazione con Gino Strada, numerosi viaggi in un mondo che pare dimenticato da ogni Dio, la collaborazione con Cuamm. Paola Pasin non ha nessun rimpianto dei giorni in cui volava a New York nel weekend per fare shopping e porta nel cuore tutti coloro che ha curato e dei quali non ha più potuto sapere nulla. Paola Pasin, da una vita dorata a Carrè all’Africa nera e non solo. Si descriva.

Ho fatto il Liceo Classico a Thiene e volevo proseguire con studi umanistici ma mio padre, titolare di una farmacia, mi ha spinta a fare farmacia. Mi sono laureata a 23 anni a Padova anche se all’inizio è stato psicologicamente durissimo, poi ho iniziato a lavorare e ho sposato un medico. Facevo una vita agiata, avevamo un’ottima capacità finanziaria che, per dire, mi consentiva di andare a fare shopping a New York nel weekend e viaggiavamo tantissimo. Ma fin da piccola, e questo me lo hanno ricordato le amiche di allora, volevo andare in Africa. Prima di sposarmi ho fatto parte di alcune associazioni, come il Mato Grosso, e sono stata molto attiva in diversi gruppi, poi ho scelto la vita matrimoniale.

Com’è scattata la scintilla che l’ha portata a cambiare strada?

Dopo 10 anni ho cominciato a nutrire dubbi sul fatto di essere veramente soddisfatta e durante un viaggio in Mongolia ho detto

La mia Africa Una vita a servizio di chi non ha nulla

Paola Pasin, farmacista originaria di Chiuppano, da oltre 10 anni esercita la professione nel Terzo mondo con l’obiettivo di restituire dignità a chi affronta la morte in contesti di assoluta povertà. Racconta: “Durante un viaggio mi sono detta ‘voglio fare un lavoro che mi faccia uscire dalla mia comfort zone, dalla mia gabbia dorata’. A muovermi è il senso di ingiustizia e la conoscenza del valore della libertà”

“voglio fare un lavoro che mi faccia uscire dalla mia comfort zone, dalla mia gabbia dorata”. Mi sono iscritta nuovamente all’università, al corso di ‘Cooperazione in sviluppo internazionale’. Sono andata in Sierra Leone a trovare Stefano De Pretto, geometra di Carrè con esperienza umanitaria di 30 anni. Un paese a risorse zero, terz’ultimo nella classifica degli indici dello sviluppo umano, ero terrorizzata. Da pochi giorni era morto mio nonno, nella sua camera elegante, circondato dai suoi cari. Sono arrivata in ospedale in Sierra Leone e ho visto un uomo a terra che stava morendo, in mezzo alle galline, intorno a lui una situazione disastrosa indescrivibile. È stata la chiave di volta: ho pensato che nel-

lo stesso pianeta, a così poca distanza, non erano possibili simili disuguaglianze. Nel 2011 è morta anche la nonna, nello stesso contesto di agiatezza...

Mi ero appena laureata in cooperazione e ho capito in quel momento che la mia vita non mi rispecchiava più. Ho scritto ad Emergency e mentre ero in Sierra Leone mi hanno convocata per mandarmi in Sudan per 6 mesi. Avevo una paura folle perché sapevo che la mia vita, fino ad allora sospesa tra due mondi, sarebbe cambiata definitivamente.

Poi ha scelto di partire.

Sono partita il 31 gennaio del 2013. È stata un’esperienza pazzesca, c’era lì anche Gino Strada, ho lavorato con lui, ho conosciuto

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persone con cui mi sento costantemente e ho stretto amicizie. Quando sono tornata a casa in Italia ad agosto ero disperata e non volevo scendere dall’aereo. Mi hanno portata fuori le hostess. Ho detto subito a mio marito che ero cambiata, che quello era ciò che volevo fare. Abbiamo deciso di divorziare. Ho comunque ripreso la mia vita qui per un anno e mezzo, ma avevo visto bambini morire da soli e mi ero scollata del tutto dal mio contesto dorato e senza problemi. La vita reale che avevo vissuto e conosciuto lì mi stava chiamando. Quindi ho cominciato a raccogliere fondi e ho preparato il mio futuro.

La prima missione in Sierra Leone, con ebola e la morte davanti agli occhi.

Nel 2015 era scoppiata l’ebola in Sierra Leone e sono partita, anche se ostacolata dalla mia famiglia. Sono stati 6 mesi pericolosissimi, difficilissimi, forti in tutti i sensi. Ero da sola, sembrava il set di un film catastrofico, c’era l’esercito e se uscivi dai recinti delle capanne ti sparavano addosso. Segnavano le capanne con una X come al tempo della peste, c’erano morti per strada, le sirene che suonavano. Tutti potevano essere tuoi nemici, l’ebola ha un’elevata contagiosità con il 90% di mortalità. Ero ipocondriaca ma mi è passata per forza di cose. Sono tornata in Italia stravolta, magrissima e decisa.

Una persona non motivata probabilmente si sarebbe fermata lì, ma lei no.

Sono andata in Sud Sudan per 3 mesi, dove c’era la guerra. Di notte esplodevano le bombe, di giorno l’esercito sparava, avevo un campo profughi con 10.000 persone. Non potevo credere ai miei occhi, abbiamo vissuto momenti incredibilmente difficili e toccanti. Arrivavano a piedi le mamme incinte e disperate, con i feti mezzi partoriti, spesso ci morivano sia i bambini che le mamme. Le emozioni erano una costante centrifuga, che ho imparato a gestire. Poi c’è l’Afghanistan.

Ho fatto tutto il periodo del Covid lì e sono stata la prima ad ammalarmi. Non avevamo nulla, nessun medicinale e mi auguravo di rimanere in vita. C’era la guerra e ho vissuto il periodo che ha preceduto l’insediamento dei talebani a Kabul, sapendo che la presa dei talebani sarebbe stata inevitabile. Ho vissuto ogni genere di attentato, ma ci ho lasciato il cuore e l’anima, la gente è meravigliosa. Seguivo tre ospedali e pur avendo vissuto ogni tipo di difficoltà e visto vari orrori, è stato un anno meraviglioso.

C’è qualcosa dell’Afghanistan che le è rimasto nel cuore?

Un bimbo a cui avevano sparato. Lo abbiamo salvato ma non ho più saputo nulla di lui e spesso mi chiedo se è ancora vivo.

Quindi il ritorno in Africa.

Ero in Sud Sudan nei giorni in cui hanno sparato al vescovo di Schio Christian Carlassare. Il giorno dell’attentato ridevo con lui sul fatto che dopo tutto quello che stava vivendo gli mancava solo uno sparo e la stessa sera gli hanno sparato. Quando mi hanno chiamata per trovare del sangue per lui pensavo mi stessero prendendo in giro. Un amico in comune che era lì è corso a donare il sangue. Due colleghi sono stati uccisi, c’era il coprifuoco, sono stati 6 mesi incredibilmente forti. Poi mi sono spostata in Etiopia e adesso sono in Repubblica Centrafricana per sistemare la farmacia pediatrica di un ospedale. Lavoro con Cuamm da oltre 2 anni e collaboro anche con Emergency. Che cosa l’ha spinta ad uscire dalla sua gabbia dorata per buttarsi in un lavoro così al limite?

A muovermi è il senso di ingiustizia e la conoscenza del valore della libertà. Nascere nel mondo ‘occidentale’ o in un altro posto del mondo è solo questione di culo (ci tiene ad usare questo termine, n.d.r.).

Anche nascere bianco o nero è culo. Nascere qui, in Europa, America o Australia, significa nascere liberi. Abbiamo un pas-

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saporto che ci permette di andare ovunque. Per la maggior parte della popolazione mondiale non è così, non avranno mai il passaporto per venire a visitare il mondo occidentale. La gente non si rende conto dell’importanza della libertà di movimento e di pensiero che qui abbiamo e che tantissimi non hanno. Io ad esempio ho provato in tutti i modi, anche con corridoi umanitari, a far venire qui qualcuno di estremamente bisognoso dall’Afghanistan e nonostante le mie conoscenze non ci sono riuscita.

Ha qualche episodio che le è rimasto nel cuore? Tantissimi, soprattutto I bambini. Ricordo con amore Marwan, un bambino africano di pochi anni, arrivato da solo al centro per le cure cardiache in Sudan. Aveva un cartellino al collo con un numero telefonico al quale nessuno ha mai risposto. Lo abbiamo operato, curato, è rimasto con noi dei mesi ma alla fine è morto, da solo, senza nessun familiare e noi non abbiamo potuto avvertire nessuno. Nel tempo con noi non l’ho mai sentito lamentarsi o piangere. È una delle tante ferite aperte che porto nel cuore, ma è anche ciò che mi spinge ad andare avanti. Quando conosco dei bambini e so che sono morti, o non so che fine faranno, mi prende un magone indescrivibile. Ma è anche questo che mi mette nella condizione di non mollare, so che devo fare la mia parte per loro.

Paola Pasin, lei ha una sensibilità profonda e si percepisce la sua capacità di vedere il bello anche tra le macerie. Cosa pensa del suo lavoro e come vive la sua quotidianità?

Penso che non sarò io a fare la differenza, ma voglio morire sapendo che la mia vita ha avuto un impatto sulla vita di qualcuno per renderla più degna di essere vissuta. Voglio trasmettere a persone senza speranza la visione, la prospettiva di una vita diversa, anche in contesti veramente difficili. Voglio dare loro la possibilità di vivere per sperare di migliorare la propria vita, oppure di morire dignitosamente.◆

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Attualità

ono sempre di più le attività aperte e gestite da immigrati, al loro interno lavorano numerose persone o nuclei famigliari e nonostante anche loro soffrono del problema del costo degli affitti e del caro bollette, sembrano resistere agli scossoni con più resilienza dei colleghi. Complici del fatto le culture abituate al ‘bazar’ o all’emporio, dove si trova di tutto e il prezzo ha una importanza fondamentale, in parte complice anche la diffidenza tutta italiana verso i pagamenti con modalità elettronica per le piccole cifre, o i giovani locali che acquistano online invece che in città. O si tratta semplicemente di una evoluzione sociale che porta i nuovi arrivati ad integrarsi nel territorio fornendo servizi basici ma necessari sia agli italiani che ai nuovi cittadini.

In aumento gli esercizi commerciali stranieri

Dal grande magazzino che vende di tutto al parrucchiere, dal bar o ristorante fino al laboratorio da sarto. E c’è chi ripara telefoni, chi cambia la valuta, chi fa unghie e cerette e capelli, chi gestisce centri di telefonia per chiamare all’altro capo del mondo o chi aiuta a cercare lavoro. A Thiene sono 80 le attività commerciali gestite da cittadini immigrati extra comunitari e, a differenza dei colleghi italiani, sembrano non soffrire la crisi. Negozi che godono di buona salute, che hanno il problema di affitti e bollette come tutti, ma che hanno un via vai costante di clienti da ogni paese del mondo e soprattutto thienesi. Negozi che sono punti di incontro per i cittadini stranieri che hanno scelto di vivere a Thiene o nel territorio e che, nel punto vendita, oltre ad acquistare i prodotti utili si fermano a scambiarsi pareri, consigli e opinioni. Negozi o esercizi commerciali che hanno conquistato anche gli italiani, nonostante una diffidenza iniziale: se le signore di Thiene infatti anni fa erano titubanti nel mostrarsi dal parrucchiere cinese, oggi, dopo essersi assicurate che vengano usati prodotti adeguati, ci portano le amiche. Prezzi più bassi, servizio veloce, ampia presenza nel territorio. E la concorrenza internazionale è servita.

Sono 43 negozi su un totale di 503 che esercitano commercio su area privata, 25 pubblici esercizi su un totale di 123 e 12 esercenti nei servizi alla persona su 96 attività tra acconciatori, estetisti e tatuatori.

Lo shopping è multi etnico Boom di negozi stranieri

Se il commercio tradizionale thienese registra un malessere generale, con chiusure di attività storiche e difficoltà legate agli acquisti online, per quanto riguarda gli esercizi commerciali multi etnici o gestiti da cittadini che provengono dall’area extra UE si registra una inversione di tendenza. Numerosi sono infatti i negozi di Thiene gestiti da stranieri che puntano su prodotti di nicchia, conduzione familiare e prezzi concorrenziali.

Negozi come luoghi di incontro tra culture

Sono posti dove le culture si fondono e si incrociano senza pregiudizio, accomunate dalla ricerca del prodotto adatto alle proprie esigenze, a volte un po’ particolare e, perché no, magari un po’ più economico.

“Abbiamo aperto nel 2017 e abbiamo prodotti da tutto il mondo”, spiega Hamna Chaudry, giovane pakistana, che lavora a One Stop, market multietnico. Nella scrivania il cartello ‘il mio tavolo, le mie regole’, alla parete la mappa del mondo. Indossa il velo, parla perfettamente l’italiano, capisce senza esitazioni le battute sul denaro ‘nero’ (che non prende in considerazione perché ormai tutti pagano con sistemi elettronici) e risponde convinta anche per conto dei colleghi.

“Il periodo del Ramadan è un momento molto vantaggioso per noi, perché forniamo il cibo adatto ai musulmani, soprattutto i datteri, che amano e qui trovano a prezzi più competitivi. Ma abbiamo di tutto, dai prodotti tipici della cucina giapponese a quelli sudamericani, passando per varie zone d’Europa e fino ai prodotti italiani”. A One Stop ci sono clienti da tutto il

mondo e se qualche cibo manca lo si può ordinare. Riferimento in centro, soprattutto dopo la chiusura dell’A&O, da One Stop anche gli italiani più tradizionalisti possono trovare pasta e latte. “Andiamo incontro alle esigenze dei nostri clienti, ci capita di introdurre prodotti se ci accorgiamo che mancano e accettiamo ogni forma di pagamento elettronico, anche per pochi centesimi e questo è apprezzato”.

Stella Huang lavora al Vivi Mercatone, emporio gestito da cinesi che tratta di tutto tranne alimentari. Mentre parla continua il suo lavoro, che in quel momento è quello di riordinare alcuni prodotti che erano stati mostrati ma non acquistati. Se qualcuno pensa che lì si acquistino prevalentemente “cineserie” a basso costo si sbaglia di grosso. Nonostante all’ingresso si trovino piante finte e bigiotteria, dopo pochi passi si aprono i corridoi. E c’è di tutto. “Vendiamo di tutto, dalle valigie ai prodotti per la casa, detersivi, oggetti per l’arredamento e le mansioni domestiche, ago e filo, abbigliamento. In centro ci sono pochi negozi, noi ci adattiamo alle richieste dei clienti, il nostro è un bazar dove si trova di tutto”. Anche per loro il pagamento elet-

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tronico, a cui il commerciante italiano per i piccoli importi è spesso ostile, non è un problema. “Satispay, carta di credito, bancomat, wallet, pagamenti con il telefono, accettiamo di tutto”, spiega Stella Huang, che considera ovvia l’emissione dello scontrino. Nonostante parli liberamente e con un italiano perfetto, preferisce non farsi fotografare, per una questione di privacy.

La storia di Alessio e Jessica Zheng

Alessio e Jessica Zheng gestiscono la sartoria in via Santa Maria Maddalena, uno dei negozi con maggiore ‘giro’ a Thiene. È probabilmente l’unico negozio davanti al quale si trova spesso la fila di clienti che aspettano il loro turno. E se ultimamente ci si è abituati ad essere un po’ insofferenti per l’attesa, davanti alla bottega di Alessio i clienti, prevalentemente signore, sorridono e fanno battute.

Alessio e Jessica Zheng fanno riparazioni di ogni tipo e cercano di tenere i prezzi competitivi. Probabilmente lavorano nel modo giusto, perché il negozio è sempre pieno e la gente fa la fila per aspettare il proprio turno.

“Abbiamo aperto nel 2014 – racconta Jessica Zheng, moglie di Alessio, mentre si ap -

parta per concedere l’intervista per non intralciare il lavoro del marito – Aveva imparato questo lavoro in Cina dai suoi parenti quando aveva 12 anni. Poi è venuto in Italia e ha lavorato nei laboratori gestiti da cinesi. Alla fine ha deciso di aprire la sua attività a Thiene e ha imparato la lingua piano piano. All’inizio non è stato facile, ma dopo 2 anni le cose hanno cominciato a girare. Adesso abbiamo tanti clienti, la maggior parte sono italiani.

Attualità

Facciamo ogni tipo di riparazione. Alessio è bravo e sa fare di tutto, ma ha bisogno di aiuto perché lavora tanto e da solo non ce la fa. Io lo aiuto con gli scontrini, scucio, faccio piccole cose e sto in cassa”. Mentre le clienti si provano vestiti da stringere o allargare Alessio Zheng prende le misure con estrema attenzione e velocità e ha sempre un gentile sorriso sulle labbra. La professionalità prima di tutto. E i clienti apprezzano.◆

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Attualità

“C

Omar Dal Maso

ome la stella Nemesis, sempre presente anche se non si vede”. Racchiude un alto significato simbolico e insieme rimanda al ricordo di un caro amico l’associazione Nemesis. Nata nel 2011 all’indomani di uno “strappo” doloroso alla spensieratezza e ai sogni di tanti giovani che, in una triste domenica di novembre, hanno dovuto dire addio a un ragazzo speciale.

Riccardo Rossi era - ed è - il suo nome, ex studente del Liceo Corradini cresciuto nella sua città natale a Thiene e che aveva proseguito gli studi all’Università di Padova, portando a frutto la sua passione per l’astronomia, fino alla laurea. Trovando però un destino tanto beffardo quanto crudele, sulla strada del Costo, a fermare il suo incedere sicuro dei 24 anni di età, mentre saliva in auto verso i monti che tanto amava. Poche settimane prima la gioia della proclamazione, e mancavano una manciata di giorni alla sua partenza per il dottorato all’estero, in Olanda. A spegnere quel radioso progetto di vita, un’auto impazzita a pararsi davanti alla sua, e poi tutto buio. Con solo un barlume di luce, a farsi spazio col tempo, chiudendo gli occhi e immaginando una stella.

Proprio in suo ricordo, e seguendo il suo esempio, gli amici dei tempi delle superiori e i compagni di studi di Padova hanno deciso di riunirsi per promuovere, con una serie di azioni specifiche e borse di studio, la divulgazione scientifica. Tanta cara a lui, ma un valore da perseguire per tutti loro in fin dei conti. Portando avanti i valori che riconoscevano in Riccardo: tra questi, la propensione per la ricerca, la conoscenza e la cultura, ma anche l’amore per la montagna e per la natura in generale, da tutelare e salvaguardare, una con la forma mentis non votata all’accumulare “sapere”, ma condividerlo e renderlo magari alla portata di tutti.

La stella Nemesis brilla nel nome di Riccardo

Un gruppo di ex liceali thienesi, amici e familiari del 24enne Riccardo Rossi morto nel 2011 in tragiche circostanze sul Costo, ha fondato l’associazione Nemesis per portare avanti il suo ricordo e i suoi valori attraverso borse di studio e proposte formative.

“Lo ricordo come persona con la testa sulle spalle, ‘quadrata’, e piena di interessi. Oggi, a distanza di anni, lo definirei come un vero amico da consigliare, era sempre disponibile a dare una mano. È uno dei motivi perché da subito a tanti è sorto il desiderio spontaneo di fare qualcosa che condensasse tutto ciò che lui è stato per noi. Ci siamo riusciti, grazie alla forza che ci ha lasciato in eredità e all’aiuto dei professori del Corradini di allora”. A tracciarne questo breve quanto prezioso tratto è Mario Rizzato, portavoce dell’associazione che ne conserva le aspirazioni: un suo compagno di scuola al liceo e coinquilino per un periodo degli studi universitari.

“Le borse di studio annuali e la possibilità di accedere all’alternanza scuola/lavoro sono le iniziative che portiamo avanti, pur se tra le difficoltà che il trascorrere del tempo porta con sé, però senza mai distoglierci dagli obiettivi. Vale a dire promuovere la scienza e contribuire alla sua divulgazione”. Oggi, i soci sono 13 - del gruppo fanno parte la sorella e il padre di Riccardo -, le riunioni continuano, che si tratti di trovarsi in pizzeria, in una stanza Pro loco, o via Zoom. Tredici sono pure gli anni di attività che il gruppo Nemesis ha proposto e promosso tra serate di dibattito, convegni

e seminari da una parte, ed in passato le escursioni tra le vette dall’altra.

A beneficiarne più di tutti proprio i “corradiniani”, in 39 dal 2011 al 2024 a ricevere delle somme di denaro sotto forma di borse di studio. Offerte a chi, di anno in anno, sa distinguersi tra i maturandi dello storico istituto thienese, in base al merito attraverso un concorso, organizzato con il supporto del Liceo Corradini e il patrocinio del Comune.

L’ultima serata si è tenuta a maggio - qui per la prima volta - nell’Aula Magna presso la nuova sede liceale, mentre in precedenza l’Auditorium Fonato e Palazzo Cornaggia avevano ospitato l’evento. Tre i premiati, per ciascuna edizione, grazie all’autofinanziamento da parte dei soci prima di tutto. Un impegno che si è radicato nel tempo e nel territorio di Thiene, e che sicuramente Riccardo Rossi, sin da quei tristi giorni del 2010 in cui la sua anima è salita al cielo, osserva dall’alto e approva. Così come amava osservare, da “postazione” inversa, dalla terra al cielo, quelle stelle luminose di cui si era innamorato e che per lui non avevano quai più segreti, “celebrandole” con la laurea in Astronomia. Un firmamento di cui Riccardo fa parte da allora, almeno nel pensiero di chi sa guardare fin oltre le stelle.◆

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Il personaggio

Il pittore thienese Chester Stella nella sua ultima mostra “Le mie città” si è ispirato a “Le città invisibili” di Italo Calvino, l’opera in cui Marco Polo racconta il suo viaggio in oriente all’imperatore dei Tartari Kublai Khan descrivendo al sovrano le città del suo immenso impero.

Con l’azzurro acceso, il verde e l’oro, Chester Stella ha dipinto a suo modo le città invisibili rendendole visibili e ancora una volta è riuscito ad amalgamare il rigore di una pittura dai tratti solidi e decisi alla spiritualità orientale, morbida e accogliente. Chester Stella, ci racconti l’origine di “Le mie città” ed il ruolo predominante del colore azzurro.

La lettura di “Le città invisibili” ha risvegliato la mia storica passione di disegnare città. Mi sono ispirato ai ricordi di mia nonna, quando realizzavamo il Presepe con casette di cartone e di sughero e ho dipinto quello che nel mi cuore sono le città. Ho sentito Calvino vicino alla mia fantasia e ho dato forma alla sua immaginazione. Il colore azzurro è protagonista, così come la luce, poiché in ogni città c’è il cielo e ci sono il sole e la luna, che rappresentano il maschile e il femminile che si alternano. Artista poliedrico, che spazia dal teatro alla regia, dal raku ai quadri, Chester Stella nasce a Thiene nel 1950, nel periodo del pieno sviluppo e della sua città porta nel cuore l’attaccamento alle radici, l’operosità, la fase progettuale che precede ogni creazione. Definisce l’arte una “forma di conoscenza, intuitiva, sublime, che pone domande e ci osserva mentre noi la osserviamo”. Per Stella, che è nato cresciuto nel Veneto del lavoro ma ha scelto di stabilirsi per gran parte del suo tempo a Bali, in oriente, “L’arte è una forma di scrittura che rende comprensibile la fantasia. Ma l’arte non è astrazione o pura ispirazione, è anche un

Chester Stella, l’artista dei mille colori, dipinge le “Città invisibili”

Due iniziative hanno recentemente visto protagonista il paese di Zugliano dove è stata posata la prima pietra della scuola primaria Fabris che vedrà la luce grazie al maxi finanziamento “Scuola Futura” nell’ambito del Pnrr dell’Unione Europea. Nell’ambito del progetto “Alberando” sono stati invece piantati 200 alberi sul retro dell’ecocentro dove verrà realizzata un’area boscata.

progetto tangibile, concreto, che si studia a tavolino e si sviluppa attraverso regole precise, regole che consentono di realizzare un quadro e che, in pratica, rendono visibile la passione”.

Chester Stella, lei dipinge sia a Thiene che a Bali, che differenza c’è?

Le suggestioni della natura e della cultura tradizionale offrono spunti irripetibili alla mia arte. In oriente il disegno diventa più istintivo, sanguigno, a volte feroce, coniuga istinto e spirito e a volte va fuo -

ri dagli schemi. Qui a casa dipingo in modo più emotivo, più introverso e personale, cerco le relazioni tra gli aspetti della vita e le esprimo attraverso la scelta dei colori. Che cos’è l’arte per lei?

L’arte è un continuo scambio ed è interrogazione e risposta. La pittura si occupa dello spazio e la musica del tempo, la tonalità unisce le cose: un giallo può essere squillante, io posso sentire un ‘pigolio di stelle’. I colori fanno rumore, i suoni si possono dipingere. La mia pittura è questo.  L’arte è concreta, nasce da un ragionamento, da immagini, da sensazioni. Non nasce da sola, ma da un insieme di fattori che si fondono e contribuiscono a trasformare un concetto in una espressione. La mia pittura è il risultato del mio progetto. L’arte aiuta ad arrivare alle risposte, perché stimola a porsi delle domande.

Che artista è Chester Stella? E come crea un quadro, di getto o dopo uno studio accurato? Sono un uomo che vive il qui e ora. Ogni tessera di un mio quadro contiene il quadro stesso. In testa ho sempre un progetto: so da dove parto e dove voglio arrivare, anche se poi lungo il percorso di creazione la fantasia irrompe e ci mette lo zampino. ◆ [A.B.]

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Attualità

uecento persone, tra autorità amministrative locali e militari italiane e statunitensi, hanno applaudito insieme ai genitori di Matteo Miotto all’intitolazione dell’ex base Pluto di Longare al Caporal Maggiore dell’Esercito Italiano. Matteo, giovane soldato di Thiene caduto in battaglia in Afghanistan il 31 dicembre del 2010, sotto il fuoco dei talebani, a soli 24 anni di età. Dal 7 maggio scorso e per gli anni a venire l’avamposto militare - oggi sede della Setaf - porterà dunque il nome e cognome dell’indimenticato ragazzo thienese arruolatosi perché innamorato della patria e della divisa, spinto dallo spirito di servizio e di recente nuovamente ricordato con gli onori dovuti in occasione della cerimonia ufficiale che ha svelato la targa a memoria del suo sacrificio.

Della classe 1986, era in forza al 7° Reggimento degli Alpini, nel giorno in cui in Italia per i più il pensiero principale era dedicato ai festeggiamenti per il Capodanno: 13 anni e mezzo fa ormai, lui, invece, si trovava fa nella valle del Gulistan nota alle cronache di guerra di allora,nel contingente internazionale in missione antiterrorismo con i suoi amici e compagni dell’Esercito. Fu colpito mortalmente nel corso di un’imboscata. La notizia della sua morte sconvolse non solo Thiene, lo ricordano in molti, la città dove era nato e cresciuto. Una “casa natale” che lo ha ricordato in più momenti, ad esempio con l’intitolazione nell’estate di tre anni da di una piastra polivalente per lo sport nel quartiere dei Cappuccini. Oltre alla commemorazione solenne e pubblica che si tiene ogni anno dove riposano le spoglie di Matteo, nel Cimitero di Thiene, nel triste freddo giorno d’inverno che coincide con l’anniversario dell’addio. L’evento in memoria del soldato Miotto è stato organizzato nei giorni di vigilia dell’Adunata Nazionale degli Alpini di Vicenza con la partecipazione dei familiari,

L’ex base militare Pluto intitolata a Matteo Miotto

Alla vigilia dell’Adunata degli Alpini, ospitata a Vicenza, si è voluto rendere un nuovo tributo alla memoria del 24enne thienese caduto in un’imboscata talebana nel giorno di San Silvestro del 2010. Il nome di Matteo Miotto è ora legato all’avamposto militare di Longare, oggi sede della Setaf.

insieme alle autorità italiane e statunitensi dell’Us Army.

Forte la commozione all’ascolto dei discorsi che hanno preceduto il clou del cerimoniale, tra l’inno nazionale italiano e quello americano e la rivelazione della targa con incise le due bandiere nazionali. Ha fatto riflettere quanto detto del padre, Franco Miotto, sotto la pioggia battente che forse ha contribuito a dissimulare qualche comprensibile lacrima e ha accompagnato il momento - condiviso - di raccoglimento e omaggio a quel giovane thienese la cui vita è stata interrotta sul fiorire. Sia per chi lo ha conosciuto e visto crescere sin da bambino, sia per chi in virtù del riconoscimento ne ha potuto apprezzare la figura, la storia personale, il sorriso custodito dalle foto con il cappello d’Alpino o la mimetica e, soprattutto, l’esempio.

“Adesso - ha rivelato il padre nell’occasione - sono sicuro che Matteo resterà per sempre: il sacrificio di un soldato non conta più niente quando viene dimenticato. E così non sarà per mio figlio, questa cerimonia ha toccato delle corde come mai mi era

capitato in passato e per questo ringrazio davvero tutti, ricordando quando a Belluno prima di partire gli dissi ‘abbi cura di te’, e lui mi sorrise”.

Al Caporal Maggiore Matteo Miotto, tra i vari riconoscimenti postumi alla morte, anche la Medaglia d’Argento al Valore Militare conferita nel 2012, e la Croce d’Onore. Sempre nel corso del 2024, a inizio primavera, era giunta la conferma del conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Vicenza, una proposta votata all’unanimità dai componenti del Consiglio Comunale. Una delle rare occasioni in cui tutti, in politica, si sono trovati d’accordo, senza discutere. E non poteva non essere altrimenti, nel ricordo di un ragazzo vicentino partito per l’Asia consapevole di mettere a repentaglio la propria vita, portando nello zaino tanto le paure quanto il coraggio, disposto a mettersi a servizio nella sua patria: che amava e rispettava fortemente, come adorava la “sua Brigata Alpini Julia, di cui era membro fiero e colonna portante, spedita senza garanzia di ritorno in una terra di conflitto che non conosceva.◆

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SAttualità

ono 196 le donne straniere che nel 2024 si sono iscritte per imparare l’italiano per integrarsi nella comunità e a breve l’Associazione Solidarietà in Azione - ASA consegnerà ben 124 certificati, che consentiranno a chi li ha ottenuti non solo di sentirsi più sicure in società, ma anche di cercare un lavoro, di andare in Comune o dal medico e a scuola a parlare con gli insegnanti dei loro figli.

Un successo per l’associazione voluta e guidata da Novella Sacchetto e per le numerose volontarie, che dal 2001 portano avanti un progetto di primaria utilità nel percorso di integrazione femminile.

“Credo nelle donne”, esordisce Novella Sacchetto, che ha un passato da volontaria in Ecuador e che proprio nella sudamericana Quito ha fondato ASA con la Diocesi di Padova e il cappellano thienese della parrocchia di san Vincenzo Luigi Vaccari, insieme ad alcuni amici e religiosi.

Quando nel 2011 Auser, associazione per la valorizzazione delle persone e delle relazioni, comunicò di cercare qualcuno che desse supporto alle mamme straniere che aspettavano i bambini mentre facevano il dopo scuola, il progetto è partito, con poche donne. Subito però i numeri sono cresciuti in modo esponenziale e anche le volontarie, rendendo necessario anche un servizio di baby sitting. Tre pomeriggi la settimana, con corsi di oltre due ore che prevedono studio tradizionale, canto, gioco e intrattenimento, come previsto da programmi specifici per l’insegnamento ad adulti che non parlano l’italiano.

“Facciamo corsi di lingua e cultura italiana per donne straniere – spiega Novella Sacchetto – Abbiamo 33 insegnati volontari che si turnano e 35 volontari baby sitter. È

Asa aiuta le straniere a integrarsi nella comunità

Dal 2001 l’Associazione Solidarietà in Azione porta avanti un progetto di integrazione rivolto alle donne straniere: attraverso corsi di lingua e cultura italiana le volontarie le aiutano ad acquisire fiducia in se stesse, permettendo loro di raggiungere una maggiore autonomia.

una realtà molto grossa e molto bella. È un progetto importante perché chi frequenta per più anni e ottiene la certificazione A2 o B1 può ottenere risultati concreti che vanno oltre la conoscenza della lingua: può rinnovare il permesso di soggiorno o accedere anche a corsi Oss per lavorare”. Ma i successi per le donne di varie culture che imparano l’italiano sono ben di più.

“Molte donne che arrivano impacciate acquisiscono fiducia in sé stesse e imparano a frequentare i luoghi necessari allo sviluppo sociale in autonomia, senza più avere bisogno del marito o dei figli – continua Sacchetto – Vanno dal pediatra da sole, ai Servizi Sociali, acquisiscono auto stima e sicurezza e comunicano le loro esigenze”. Pur partendo da sistemi tradizionali, come i libri di grammatica, i corsi di italiano seguono i ritmi della vita pratica e si insegna ad andare dal medico, ad usare i mezzi pubblici, andare a scuola o all’ufficio postale e molto altro.

Lezioni movimentate e non statiche e fredde, si fanno visite in comune, teatro, a mostre, alla Croce Rossa, in aziende e in classi. “Io faccio anche cantare o insegno ad andare in bicicletta – racconta la volontaria Amelia Cola da qualche anno impegnata con Asa – Il volontariato arricchisce più chi lo fa che chi lo riceve e io sono entusiasta di questo percorso che porta risultati concreti. Alcune donne vengono a fare i corsi con l’appoggio della famiglia e usano l’italiano anche in casa, altre hanno meno appoggio ma vengono comunque e si impegnano molto. L’assessora al sociale Annamaria Savio ci ha spiegato che sempre più donne straniere vanno a parlare con

i servizi sociali in prima persona, mentre prima mandavano mariti e figli maschi. La lingua è una forma di integrazione e insegnare la lingua è un bellissimo modo per farle sentire accolte e fornire loro i primi strumenti per entrare nella comunità”. I corsi si aprono a metà settembre con i test di ingresso, obbligatori per chi non ha frequentato l’anno precedente, al fine di suddividere le alunne in gruppi il più possibile abbastanza omogenei. I corsi poi iniziano il primo o secondo lunedì di ottobre e si protraggono fino all’ultimo venerdì di maggio, fatte salve le giornate di vacanza previste dal calendario regionale. Tutte le volontarie sono totalmente volontarie, pagano l’iscrizione all’associazione al fine di godere della copertura assicurativa e lo stesso vale per le babysitter.

“Insegnare la lingua è un percorso di integrazione nella società – continua Novella Sacchetto – Nelle classi ci sono donne di culture diverse e questo insegna loro anche l’accoglienza e l’intercultura. Per alcune culture ci vorranno anche 2 o 3 generazioni per superare il divario uomo-donna, altre culture sono più veloci ad adattarsi perché nei loro paesi le donne vanno a scuola e la cultura fa la differenza

Dove non vanno a scuole le donne sono molto più sottomesse e se le seconde generazioni cambiano perché i bambini vanno a scuola.Abbiamo donne che vengono accompagnate dai mariti che tengono i bambini mentre loro vengono a scuola. Sono processi che danno la sensazione che le cose stanno cambiando. Non facciamo miracoli, i cambi culturali sono lenti, ma quello che facciamo ha un valore immenso”. ◆

[14] ◆ Thiene MesePlus

Attualità

Il Centro Diurno della Residenza Guido Negri, collocato all’interno della struttura Opera Immacolata Concezione, è un servizio semiresidenziale per anziani non autosufficienti con una capienza di 15 posti. Vengono eseguite attività di stimolazione cognitiva, attività di gruppo e terapie mirate. Il centro è accreditato e convenzionato con l’Ulss 7 Pedemontana ed è attivo tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 16.30. Viene richiesta una frequenza minima di due volte la settimana. All’inaugurazione, avvenuta a metà maggio, sono intervenute tutte le autorità e lo stato maggiore della Fondazione Opera Immacolata Concezione onlus, a cominciare dal presidente Andrea Cavagnis: “La risposta alla gestione della longevità - ha detto Cavagnis - non può essere univoca. Servono risposte multiple e variegate. Il centro diurno è una di queste e si rivolge alla socialità e all’accoglienza di tanti anziani. Ci auguriamo davvero di poter dare un contributo importante a tutta la città”. Il sindaco di Thiene Giampi Michelusi ha sottolineato l’importanza sociale dell’apertura del centro diurno: “Mio padre - ha ricordato il primo cittadino - è stato in un campo di concentramento. Nel corso degli anni ho parlato tante volte con lui e ho capito le esigenze che ha un anziano. Qui alla Residenza Guido Negri c’è una grande professionalità e una grande disponibilità ad aiutare gli anziani. Il nostro focus dal punto di vista amministrativo è concentrato su queste strutture. Questo centro siurno offre una grande opportunità alle famiglie, che hanno necessità di avere strutture che accolgono queste persone. Stiamo dando una risposta importante all’intero territorio”.  Carlo Bramezza, direttore generale Ulss 7 Pedemontana, ha sottolineato il valore di una struttura che permette agli anziani di far ritorno a casa dopo aver trascorso alcune ore in compagnia e assistititi adeguatamente dal personale infermieristico: “Un

Apre all’interno dell’Oic un nuovo centro diurno

Da qualche settimana al centro residenziale Guido Negri di via Liguria è stato riaperto il centro diurno dedicato agli anziani non autosufficienti. Sono 15 i posti a disposizione degli ospiti che potranno decidere di permanervi tutto il giorno oppure soltanto mezza giornata.

saluto a tutte le nonne e i nonni - ha detto Bramezza - che vengono curati e accuditi da tanti infermieri e operatori che si occupano di loro. Ci vogliono una forte empatia e una forte ricchezza per stare accanto a chi ne ha bisogno. L’invecchiamento è un dato di fatto e cerchiamo più soluzioni. Il centro diurno della Residenza Guido Negri ha un senso preciso, il fatto di poter trascorrere alcune ore lontano da casa per poi farvi ritorno. In questa struttura ci sono tante eccellenze, come azienda sanitaria siamo vicini a chi lavora per garantire il benessere alla popolazione e alle famiglie”. A descrivere il servizio ha provveduto Antonino Pettina, direttore Centro Residenziale Guido Negri di Thiene: «Il centro diurno è pensato per il benessere dell’ospite negli spazi e nel tempo per coloro che andremo ad accogliere. Avrà 15 posti e gli ospiti potranno decidere di permanervi sia

tutto il giorno oppure mezza giornata. Ci sarà anche un sala di biliardo per cercare di favorire la socialità fra gli ospiti non a utosufficienti che si sentono in grado di poter giocare. Ci saranno assistenza motoria, servizi di ristorazione, attività con gli educatori e attività religiose. Abbiamo una forte presenza di sacerdoti che coordinano le funzioni e le messe. Siamo al servizio delle persone con devozione alla Madonna di Fatima che farà il giro di tutte le residenze. Le modalità di accesso sono quelle previste dall’Asl. Si dovrà fare richiesta di essere inserito nelle liste. Gli orari saranno dalle 8.30 alle 16.30 con pranzo dalle 12 alle 13. Nel mezzo ci saranno le merende e l’attività». Nel corso della cerimonia è stata inaugurata anche la nuova struttura che accoglierà l’Hospice e l’Ospedale di Comunità, già presenti all’interno dello stabile e completamente rinnovati. ◆

[16] ◆ Thiene MesePlus

Attualità

La kermesse, che si svolge ogni due anni, ha fatto tappa a Marano dove ogni Gruppo Polentaro partecipante ha portato la propria ricetta tipica del cucinare la polenta. Si sono potuti assaggiare quindi tanti rigorosi modi di preparare il prodotto a base di farina di granturco, arricchito da diversi condimenti caratterizzanti. Un confronto, ma non una sfida tra le polente, una scuola di cucina valorizzata dalle capacità culturali ed enogastronomiche dei polentari.

Una festa partecipata alla quale hanno partecipato tutte e 18 le delegazioni sparse lungo lo Stivale e che reso orgogliosi organizzatore e Comune. Tante le iniziative svolte tra venerdì e domenica, con tre giorni di appuntamenti ed iniziative libere e aperte a tutta la cittadinanza, alla scoperta del mondo della polenta e della biodiversità agricola.

“L’organizzazione è stata lunga ed impegnativa – spiega Adriano Schiavon, presidente della Pro Marano, in prima linea nella gestione dell’evento – Per due settimane siamo stati impegnati ogni giorno, ma ci ha dato una grande soddisfazione. Facciamo parte di 18 delegazioni e quando si organizzano eventi di solito qualcuna manca. Invece questa volta c’erano tutte, è stato bello trovarci insieme, un record. La

Il Mais Marano trionfa al raduno dei Polentari d’Italia

Un grande successo di pubblico e tradizione per il 16esimo raduno dei Polentari d’Italia che quest’anno si è svolto al parco della Solidarietà di Marano, patria locale del mais. Sono state 18 le delegazioni che si sono incontrate in paese per celebrare questo piatto tipico a base di farina di granturco.

presenza totale del gruppo ha valorizzato il nostro lavoro e l’importanza dell’associazione”.

Il programma ha previsto stand enogastronomici con ogni tipo di polenta presente, ma anche visite guidate alla scoperta del territorio e dei luoghi del mais Marano, a cura della Consulta alle Attività culturali e visite alle aziende agricole maranesi con l’associazione Agritour. La tradizione inoltre è stata valorizzata da animazioni in costume legate alle tradizioni e balli popolari, con “La valigia dei ricordi” e Valincantà, che ha proposto folk d’autore in dialetto veneto.

“È stata un’esperienza nuova per Marano ospitare il Raduno dei Polentari d’Italia, un evento biennale di respiro nazionale, che

si svolge sempre in posti diversi – dichiara con orgoglio il sindaco Marco Guzzonato – Il tema enogastronomico è importante per la nostra città, che ha un ruolo leader nella produzione del mais ed è tradizione e industria. Il pubblico ha dato grande soddisfazione, la presenza di utenti è stata importante ed il bilancio dell’evento è stato assolutamente positivo”.

Dal 1993 a oggi si sono tenuti quindici raduni di dei Polentari d’Italia, a dimostrazione della loro volontà e caparbietà. I raduni si svolgono in località storiche o turistiche, ma che soprattutto hanno un significato particolare nel mondo della polenta, come nel caso di Marano.

Il Mais Marano è una varietà si mais selezionata a livello locale, che si è adattata alle condizioni ambientali della zona, frutto di una lunga esperienza colturale. Nacque per volontà dell’agricoltore Antonio Fioretti, che verso la fine del 1800 incrociò la varietà ‘Nostrano’ con il ‘Pignoletto d’Oro’ di Rettorgole di Caldogno. Oggi il ‘Marano’ presenta una ottima coltivabilità e curato e concimato a dovere può oltrepassare con relativa facilità i 60-65 quintali per ettaro, come si è potuto constatare in numerosi controlli.

Così come il Comune di Marano esattamente due anni fa aveva ricevuto il testimone dalla sarda Arborea, a sua volta al termine della manifestazione il testimone è stato passato alla città di Carbonesca, una frazione nel comune di Gubbio in provincia di Perugia. ◆ [A.B.]

[18] ◆ Thiene MesePlus

arrivata prima in...Prima, premendo forte sull’acceleratore appena innestata la marcia di partenza dopo il rodaggio, guadagnando un vantaggio che ha permesso poi di viaggiare praticamente a velocità di “crociera” nel girone di ritorno. Il Thiene rossonero del calcio torna a festeggiare una promozione sul campo e a lanciare in aria ad uno ad uno i suoi protagonisti. Conclude la stagione sportiva 2023/2024 davanti a tutte nel suo girone (C) di Prima Categoria, in un’annata in cui già si era inaugurato in gennaio l’ingresso ufficiale nel nuovo stadio del Parco Sud. Si parlerà a lungo in particolare delle 10 partite vinte di fila da capitan Maddalena e compagni - 15 i risultati utili consecutivi a punti nel complesso nella fase centrale - nel girone di andata, capaci di mettere a frutto in questa fase brillante e poi mettere in ghiaccio ben 30 punti in un terzo di campionato, facendosi poi per così dire bastare gli altri 28 collezionati tra prima e dopo la serie positiva che ha annichilito la concorrenza tra la fine autunno e inizio inverno. Un ghiaccio che la primavera non ha sciolto del tutto, concludendo il campionato con un margine “controllato” di 3 punti sul Monteviale, e di 8 sulla coppia Alto Astico Cogollo-Berton Bolzano Vicentino, appaiate sul podio. Con festa in anticipo.

Un ruolino di marcia composto da 16 vittorie, 10 pareggi e soli 4 ko, il record di 38 punti al giro di boa (vinte 12 su 15 partite) che ha permesso poi la navigazione in acque tranquille verso il porto mai perso di vista all’orizzonte, con le avversarie a metà torneo staccate di dieci lunghezze e più a ineguire.

Ripartito dalle ceneri dopo la fusione che portò alla nascita del progetto Altovicentino nel 2013, poi dismesso, il Thiene Calcio 1908 è riuscito pazientemente a risalire la china, ritrovando ora una categoria come la Promozione che non potrà che costituire

Thiene Calcio 1908 La promessa è... promossa

Il club rossonero della città festeggia la salita in Promozione dopo il pirmo posto in campionato e un girone di andata davvero da record. Tra gli artefici della bella annata sportiva il direttore sportivo Igor Simonato e il presidente Gigi Casalini.

un trampolino di lancio. Ricordando il blasone di un club arrivato fino alla serie C negli anni Novanta. Insieme ai giocatori che hanno vestito il rossonero nel corso della stagione, tra gli artefici della bella annata sportiva il direttore sportivo Igor Simonato e il presidente Gigi Casalini.

“Siamo partiti a inizio anno con 15 ragazzi nuovi e mister nuovo - spiega il diessecon l’idea di mantenere la categoria e man mano capire meglio dove stare. Poi sono venute le 10 vittorie consecutive ed è naturale che sia maturata in tutti la consapevolezza di poter far bene. Si sono create empatia e gruppo, tra giocatori e staff, e poi serve sempre un po’ di fortuna. Con il mister Alessandro Munaretto come vero valore aggiunto. Possiamo affermare che è stato l’anno giusto.”

Giusto il tempo della festa e dei complimenti e poi sarà già tempo di ripartire. “Abbiamo un progetto in corso importante per il futuro - racconta il massimo dirigente Gianluigi Casalini -, dopo aver trova-

to casa nella Cittadella dello Sport. Il futuro significa innanzitutto sviluppo del settore giovanile, stiamo cercando di fare il massimo con i nostri ragazzi di Thiene e dintorni: credo che anche qui, come per la prima squadra in questa annata, stiamo facendo tutti un bel lavoro”.

Proprio in questa direzione ha riscosso un successo evidente l’evento prolungato dedicato ai vivai nel mese di maggio, con il “Trofeo Città di Thiene” ad aver portato da queste parti ben 100 formazioni dei vivai provenienti da 40 società sportive e quasi 1.500 tra bambini e ragazzi impegnati nella terza edizione dell’evento che precede l’estate. E, a tal proposito, con i camp estivi organizzati dalla società rossonera in rampa di lancio. Dai Primi Calci agli Juniores, di week end in week end una “raffica” di partite per le sei categorie di competizioni ha portato tanti baby appassionati di pallone e le loro famiglie a Thiene, con presenze da fuori provincia e fuori regione, vale a dire dal Trentino Alto Adige. ◆

[20] ◆ Thiene MesePlus Sport

Cultura e spettacoli

“Colui che non ha terra sotto i piedi” è un festival di tre giorni nel secondo weekend di giugno - spiegano gli organizzatori - il cui centro sarà la piccola stazione ferroviaria del paese, trasformata in un luogo che ospita esposizioni, laboratori ed eventi. Nella distesa di campi, case e capannoni, questo luogo sarà un centro animato da mostre, concerti, spettacoli teatrali e presentazioni sul tema del paesaggio nella periferia diffusa.

Folà, Tipi Strani e Casa Capra sono tre realtà associative che operano nel territorio Altovicentino nell’ambito delle arti visive, della sperimentazione artistica e dei laboratori partecipati. Dietro a questo festival ci

Tre giorni di arte, musica e teatro alla stazione dei treni

La stazione delle arti di Marano ospiterà, dal 14 al 16 giugno, il Festival sul paesaggio “Colui che non ha terra sotto i piedi”. Un fine settimana culturale promosso dalle associazioni Folà, Tipi Strani e Casa Capra con il sostegno del Comune di Marano.

sono loro, ma anche davanti poiché espongono qui per la prima volta assieme. Il programma della manifestazione prevede venerdì 14 giugno alle 18 l’inaugurazione della mostra collettiva di Roberto Zanini, Kadez e Gianni Tiele, Jacopo Ranzato, Miriam Elettra Vaccari, Davide Gasparin, Saverio Bonato. Alle 20:30 “Dizionario del Nord-Est”, talk con Stefano Allievi, modera Nicolò Filippi, alle 21:30 “Spostamenti. Testi da Vitaliano Trevisan”, lettura scenica di Pino Costalunga, con la collaborazione di Nicolò Filippi e Martina Marangon, e alle 23 Ellis Dj set INDIfferente. Sabato 15 giugno alle 16 “Foreste Elettriche”, esplorazione guidata dei paesaggi elettromagnetici. Workshop in 3 turni per ascoltare il paesaggio a cura de L’im-

pero della Luce. Alle 18:30 “Antichi maestri. Storie periferiche”, lettura scenica di Pino Costalunga, con la collaborazione di Nicolò Filippi e Martina Marangon, alle 19 “Nei luoghi della stampa”, dimostrazione di stampa a caratteri mobili e linoleografia a cura di Tipi Strani e Folà e alle 21 “L’impero della luce”. Electric Current Orchestra concerto live, musica e performance live Djudzu Dj set. Domenica 16 giugno alle 17 “Gathering Landscapes”, dialoghi e pratiche sui paesaggi a cura di Ife collective, alle 18:30 “Leogra. Eredità di un paesaggio”, presentazione del libro con autori e autrici Andrea Colbacchini, Chiara Spadaro, Marta Tasso e Marta Pascolini, alle 20:30 “Par riváre chi”, monologo dialettale con lupo, di e con Davide Dal Pra. ◆

Architetture sonore a villa Godi Malinverni

Appuntamento con la musica classica a Lugo dove si esibiranno la straordinaria violinista Anna Tifu, accompagnata dal pianista Giuseppe Andaloro. Il duo proporrà agli spettatori un coinvolgente recital violino e pianoforte sulle musiche di Ravel, Prokofiev, De Sarasate.

Giovedì 20 giugno alle 20 in villa Godi Malinverni a Lugo si terrà il concerto per violino e pianoforte dal titolo “Architetture sonore”. Ad esibirsi saranno la violinista Anna Tifu e il pianista Giuseppe Andaloro che proporranno al pubblico alcuni capolavori della letteratura violinistica di Maurice Ravel, di Sergej Prokof’ev e di Pablo de Sarasate. Se la prima parte del concerto è interamente dedicata a Ravel, con la “Sonata numero 2 in sol maggiore per violino e pianoforte”, e con la conturbante rapsodia “Tzigane opera 76”; la seconda parte dello spettacolo, invece, si apre con una suite di brani tratti dal cele-

bre balletto “Romeo e Giulietta”, appunto di Prokof’ev, per chiudersi con la “Fantasia sui temi di Carmen opera 25”, dell’ultimo musicista citato.

Anna Tifu si è esibita con alcune tra le più importanti orchestre nazionali ed internazionali. Gli impegni più prestigiosi includono la tournée in Russia con l’Orchestra Rai, l’inaugurazione della stagione del teatro Carlo Felice di Genova e del teatro La Fenice di Venezia, i concerti all’Auditorium Parco della Musica. Ha collaborato con numerosi artisti tra cui Ezio Bosso, Michael Nyman, Boris Andrianov, l’Etoile Carla Fracci, l’attore John Malkovich e Andrea

Bocelli, il quale nel 2011 l’ha invitata come solista ospite in numerosi concerti. Giuseppe Andaloro è stato ospite di importanti festival e in alcune delle più celebri sale da concerto del mondo. Suona regolarmente con rinomate orchestre e direttori del calibro di Vladimir Ashkenazy, Jean-Jacques Kantorow, Gianandrea Noseda, Andrew Parrott, Giuseppe Lanzetta. Entrata libera con prenotazione. ◆

[22] ◆ Thiene MesePlus

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