13 | RITMI e TONI | Marcello CORRA' | Jürgen DURNER | Giorgio TONELLI

Page 1



RITMI e TONI


RITMI e TONI 1 FEBBRAIO - 14 MARZO 2015 MOSTRA A CURA DI / EXHIBITION CURATED BY: ALESSANDRA REDAELLI CATALOGO A CURA DI / CATALOGUE CURATED BY: SOFIA MACCHI E GIULIA STABILINI TESTI / TEXTS: ALESSANDRA REDAELLI PROGETTO GRAFICO / GRAPHIC PROJECT: MITESYS Copyright ©PUNTO SULL’ARTE

PUNTO SULL’ ARTE | VIALE SANT’ANTONIO 59/61 | 21100 VARESE (VA) | ITALY | +39 0332 320990 | INFO@PUNTOSULLARTE.IT GIORGIO TONELLI | IN COLLABORAZIONE CON GALLERIA FORNI, BOLOGNA JÜRGEN DURNER | IN COLLABORAZIONE CON GALERIE AND DER PINAKOTHEK DER MODERNE /BARBARA RUETZ, MÜNCHEN, GERMANIA




M A R C E L LO C O R R À JÜRGEN DURNER G I O R G I O TO N E L L I


RITMI E TONI DELLA METROPOLI Il paesaggio urbano è uno dei soggetti più amati dagli artisti, e dagli impressionisti in poi ha vissuto un’evoluzione che lo ha portato ad essere forse il genere più fedele nel rispecchiare le trasformazioni della nostra società. Dalle corse dei cavalli nella Parigi frenetica e gaudente di fine Ottocento, raccontate da Degas o da Manet, agli scorci delle cittadine provenzali, rielaborati da Van Gogh attraverso i propri incubi. Dalle architetture solenni e sottilmente tragiche di Sironi, riflesso degli anni più bui tra le due guerre, fino all’America benpensante e ipocrita che Hopper metteva in scena tra strade desolate e locali notturni illuminati da una luce gelida e crudele. La città come specchio dell’anima, dunque, o forse, più precisamente, come specchio dei mali dell’anima di una società che, oggi più che mai, arranca alla ricerca di un’identità forte. Ma, anche, la città come colonna sonora dei nostri pensieri, come sottofondo immancabile e implacabile, imprescindibile anche per chi ancora riesce a vivere fuori dalla frenesia della metropoli, ma che in un mondo diventato villaggio globale dalla metropoli non può prescindere, per il suo lavoro e anche per il suo svago e il suo tempo libero. Ecco allora tre artisti che incarnano questa lettura della città e della sua anima inquieta. Il tedesco Jürgen Durner fa suo lo spirito più autentico della metropoli contemporanea, quella dei grattacieli di cristallo e di acciaio, quella delle luci artificiali che accendono la notte rendendola ancora più viva e vorticante del giorno, quella delle auto e dell’asfalto. Ama la metropoli – e del resto vive a Berlino, una delle più sfaccettate e stimolanti d’Europa – e ce la racconta attraverso ritratti appassionati in cui piccoli dettagli diventano microcosmo e archetipo dell’ambiente urbano. Gli basta una vetrina illuminata di taglio dalla lama gelida della luce artificiale perché quella semplice lastra di vetro diventi pozzo senza fondo, contenitore di storie. Ecco, infatti, che nella vetrina si specchia il febbrile scorrere della vita, fuori, con le facciate degli edifici vivide e vibranti nella luminosità incerta del crepuscolo e con i fari delle auto che sembrano lasciare scie indelebili. E poi, oltre la superficie, attraente come lo specchio di Alice, ecco lo scheletro di quell’architettura di cui ci è dato di cogliere solo quel piccolo scorcio: un esercito di montanti colorati a creare un vivace andamento verticale, profili di scalini a scandire lo spazio orizzontalmente, oppure l’elegante movimento elicoidale di una scalinata dal corrimano in cristallo, il cui gioco sinuoso trova un rimando emotivo nella forma morbida delle nuvole che si vedono ancora più in là, oltre l’ennesima finestra. Giocando su ritmi accattivanti, con un gusto del particolare proprio di chi è capace di rendere col pennello anche il più infinitesimale dettaglio di realtà, l’artista riesce nella difficile sfida di fermare il tempo. La sensazione infatti è quella di essere stati dotati di un terzo occhio, di una nuova facoltà vagamente magica che ci permettere di vedere oltre il

8


possibile e ovunque, anche dietro di noi; di vedere l’istante presente, ma anche il prima e il dopo; in un gioco non tanto diverso da quello di certa narrativa contemporanea, dove la stessa storia è raccontata da più voci narranti, da più punti di vista diversi, con la sensazione, per il lettore, di essere portato ogni volta un po’ più a fondo nella realtà. Silenziosa, sigillata in un sottovuoto immobile, la città di Giorgio Tonelli appare intatta, immacolata. Per certi versi l’esatto opposto rispetto a quella del collega tedesco. Questa di Tonelli è una metropoli depurata da tutto quello che di chiassoso, disordinato e frenetico solitamente la contraddistingue nel nostro immaginario. Ne resta una sorta di monumento solenne, quasi mistico, al vivere contemporaneo, profondamente intriso di tutto quello che è stata l’arte del grande Novecento italiano (la grandiosa esperienza della Metafisica, innanzitutto, Sironi), e tuttavia estremamente attuale nella scelta di suddividere lo spazio in campiture di colore piane e omogenee e in quella semplificazione delle forme estremizzata al punto da far supporre allo spettatore che tutto il dipinto possa essere scomposto e analizzato per formule matematiche, in un gioco di pieni e di vuoti, di ombre e luci, che l’occhio legge, rielabora e coglie come coglierebbe una partitura astratta. L’uomo, portatore di un disordine e di una caotica casualità che mai potrebbero essere ammessi in una realtà così perfetta, è cacciato da questo Eden di cemento e di pietra. Vi lascia un’urbanizzazione senza sbavature, che – così deserta – appare ai nostri occhi come uno scenario teatrale in attesa di attori. Rivolte verso il cielo, colte nell’attimo estremo di un canto muto, le sculture di Marcello Corrà si collocano in questo contesto metropolitano non solo perché diverse opere monumentali dell’artista hanno trovato sede in spazi urbani adattandovisi in perfetta armonia, ma anche perché questi lavori dall’andamento sinuoso e curvilineo, scanditi da un sistema di corde che appaiono come contrafforti posti a sorreggerli, hanno in sé qualcosa di profondamente architettonico. Proprio, verrebbe da dire, della progettazione più visionaria dell’ultima generazione di archistar, da Frank Gehry a Zaha Hadid e Daniel Libeskind. Ma c’è dell’altro: l’andamento di quelle forme rivolte verso il cielo, la svettante verticalità, la struttura vagamente antropomorfa ne fanno gli abitanti di una città ideale, archetipa, posta a metà tra il caos frenetico della metropoli di Durner e l’ordine matematico di quella di Tonelli. Ridotte a una forma minimale di umanità, prese in una danza segreta, sulla musica misteriosa che scaturisce come un incantesimo dalle loro corde, queste figure incarnano l’anima scissa e contraddittoria della società di questo inizio millennio. A tratti disperata, affacciata su un futuro incerto come su di un precipizio, e tuttavia ancora capace di uno slancio eroico, che la porti oltre le sue paure con la grazia di un passo di danza. ALESSANDRA REDAELLI

9


RHYTHMS AND TONES OF THE METROPOLIS Urban landscape is one of the most loved subjects by artists and, from impressionists on, it faced an evolution which turned it into the most reliable genre to depict the changes of our society. From the horse races in frenetic and libertine Paris during the end of the 19th century, described by Degas or Manet, to the glimpses of Occitan towns, reworked by Van Gogh through his own nightmares. From the solemn and tragic architectures by Sironi, consequence of the darkest years between the two World Wars, to the conformist and hypocrite America staged by Hopper, and its desolate roads and nightspots lightened up by a cruel and cold light. The metropolis intended as a window to our soul or, better, as a mirror of the wickedness of a society which, today more than ever, limps along looking for a strong identity. Moreover, the city seen as the soundtrack of our thoughts, so uncertain and unstoppable to become unavoidable also for those who live away from that frenzy context, even if within contemporary global village, the city can’t be ignored be it due to work opportunities or entertainment proposal. Here are three artists which embody this interpretation of the metropolis and its restless soul. The German Jürgen Durner has endorsed the most authentic spirit of contemporary cities, the ones filled with skyscrapers, cars, asphalt and artificial lights, which enlighten the night making it more lively and whirling than daytime. He loves the metropolis – after all he lives in Berlin, one of the most multifaceted and stimulating cities in Europe – and he describes it through passionate portraits wherein tiny details become both the microcosm and archetype of urban environment. A shop window enlightened by cold artificial light is enough to turn that glass sheet into a bottomless well, a story container. As a matter of fact, it reflects the febrile course of life, together with the vivid and quivering facades of the buildings surrounded by unsteady crepuscular light and car lights which draw indelible trails. Furthermore, beyond the surface, as appealing as Alice’s mirror, there is the skeleton of the whole architecture, of which we can seize only a specific glimpse: an army of coloured pillars creating a lively vertical movement, contours of steps horizontally punctuating the space, or the elegant helical movement of a crystal staircase, whose sinuous game is recalled by the soft form of the visible clouds, beyond the umpteenth window. By playing upon captivating rhythms and inserting a taste for the particular, typical of whom can reproduce the slightest details, the artist manages to stop time. The sensation is the one of having being gifted with a third eye, with a new magic faculty which allows us to see both

10


beyond possible and anywhere, even behind us; to see present time, together with before and after; within a game resembling contemporary fiction, which has its stories told by multiple voices and points of view, providing the readers with the feeling of being taken a little further each time. Silent and sealed within a static under-vacuum environment, the city by Giorgio Tonelli appears intact and immaculate, the opposite of the one described by his German colleague. Tonelli’s metropolis is purified from any noisy, messy and chaotic element which usually characterizes it. What is left is a sort of solemn, almost mystic, monument to contemporary living, deeply imbued with Italian 19th century Art (the great experience of the Metaphysics, first of all the works by Sironi), yet extremely up-to-date in the choice of dividing the space into plane and homogenous colour fields and of simplifying the forms at such an extent that the painting can be presumed to be reduced into mathematical formula, within a game of solids and voids, shadows and lights, which could be read as an abstract musical score. Man, bearer of mess and chaotic disorder which could never be admitted into such a perfect reality, is banned from this cement and stone Eden. What remains is an immaculate urbanization which resembles a stage waiting for actors. Oriented towards the sky, seized in the extreme moment of a silent chant, the sculptures by Marcello Corrà belong to the metropolitan context – not only because his works perfectly adapt to the urban locations in which they have been placed – but also because these sinuous and curvilinear pieces of art, punctuated by a structure of ropes which resemble buttresses, are characterized by true architectonic elements. Elements which recall the visionary planning by the latest generation of architects, from Frank Gehry to Zaha Hadid and Daniel Libeskind. Moreover, their orientation towards the sky, their uprightness, their vaguely anthropomorphic structure turn them into the ideal inhabitants of a perfect, archetypal city, standing between the frenzy chaos of the metropolis by Durner and the mathematical order proposed by Tonelli. Reduced to a minimal form of humanity, caught into a secret dance based upon the mysterious music flowing from their strings, these figures embody the divided and contradictory soul of contemporary society. Partially desperate, facing an uncertain future as if it were upon a cliff , yet still able of an heroic impulse, through which its fears could be overcome with the grace of a dance step. ALESSANDRA REDAELLI

11


MARCELLO CORRÀ IL CANTO DELLA SCULTURA Marcello Corrà è un artista multiforme e un uomo dai molteplici interessi. Dopo l’università, frequentare il laboratorio artigiano del padre lo mette a contatto con il ferro, il rame e il piombo: materiali per i quali sviluppa una passione che non si esaurirà mai più e che diventerà la linfa del suo lavoro di scultore, ma nel 2011 pubblica anche un romanzo (Una goccia tra due oceani), diario di viaggio che racconta come la sua vita sia molto di più. Scultura e letteratura, dunque. Ma anche musica, evidentemente. Figli di questo spirito sfaccettato, i suoi lavori leggeri, aerei, portatori di uno slancio verso il cielo che si può definire al tempo stesso preghiera o danza mistica, incarnano una musicalità che va ben oltre la presenza delle corde di chitarra tese attraverso la struttura. La sensazione è spiazzante e l’istinto è quello di tentare quelle corde, di pizzicarle, come per gioco. E quando, davvero, ne scaturisce il suono si resta ammutoliti e incantati. Giocate su strutture curvilinee, sinuose come corpi femminili, le sculture di Marcello Corrà sono il punto di arrivo di un percorso denso e complesso, partito dalla figurazione classica dei Guerrieri e approdato quasi subito a un astratto potente, con la serie delle Connessioni che ricordano antiche armi. Col passare del tempo i lavori si fanno sempre più materici e al tempo stesso la struttura si alleggerisce, e già nel 2010 appaiono quelli che possono essere definiti gli avi dei lavori più recenti, accomunati sotto il semplice nome di Arpe. Quello che l’artista compie oggi è un ulteriore passo verso una più personale stilizzazione della forma unita a un uso emotivo dei colori. Non più le cromie grezze del metallo, ma i blu accesi, i rossi infuocati, i bianchi puliti si fanno protagonisti di giochi armoniosi di linee e di curve. Se in un lavoro come Rituale, le corde sembrano contrafforti messi a sostenere l’imponenza della struttura o forse, anche, catene a imprigionare una forza che potrebbe da un momento all’altro spiccare il volo, Armonia e peccato è l’incarnazione di un arpeggio e al tempo stesso di un perfetto pas de bourrée compiuto da una prima ballerina. E mentre Notturna pare proprio una bocca aperta levata al cielo in un canto, l’Arpa yang racconta tutto l’amore di Corrà per l’arte e l’iconografia orientali.

12

ALESSANDRA REDAELLI


MARCELLO CORRÀ THE CHANT OF SCULPTURE Marcello Corrà is a versatile artist and a man with various interests. After University, by attending his father’s workshop, he approached the use of iron, copper and lead: all materials which became the lymph of his sculptures. Moreover, in 2011, he published a novel (Una goccia tra due oceani), a travel journal which tells how his life is more than just his artistic activity. Therefore, sculpture and literature. And music, nonetheless. Born from his many-sided spirit, his light, aerial works carry a dash towards the sky which can be both considered as a pray or as a mystic dance; they also embody a musicality which goes beyond the guitar strings stretched through the sculpture; they convey a surprising sensation which urges us to tease and pluck them. Moreover, after discovering that they really produce sound, we remain speechless and enchanted. Based upon curvilinear structures, as sinuous as female bodies, Marcello Corrà’s sculptures represent the arrival point of a dense and complex path, which started from the classical depiction of the Guerrieri and soon after landed into a powerful abstract through the series Connessioni, which recall ancient weapons. As time went by, his works became more tactile although simultaneously the structure lightened, and in 2010 the ‘forerunners’ of his most recent works came to life, pooled under the name Harps. Nowadays, the artist has moved a step forward towards a more personal stylization of solid colours, a sort of emotional use of tones. No longer the rough palettes of metal, but rather glowing blu, burning red and neat white are the protagonists of harmonious games played by lines and bends. While within a work like Rituale, the strings seem to be buttresses supporting the structure, or maybe chains imprisoning a force which could suddenly take off, a piece like Armonia e peccato is the embodiment of an arpeggio and of a perfect pas de bourrée made by an étoile. Moreover, whereas Notturna looks like an open mouth singing towards the sky, the Arpa yang reveals Corra’s love for oriental art and iconography.

ALESSANDRA REDAELLI

13


JÜRGEN DURNER LA CITTÀ MOLTIPLICATA Jürgen Durner è senza dubbio un virtuoso del pennello. Uno di quei rari casi di virtuoso, però, capaci di misurare la propria abilità, di risparmiarsi, di astenersi dall’eccesso. Se si vanno a vedere i suoi lavori di qualche anno fa, si può avere la prova di quali esiti sbalorditivi il suo pennello riesca a raggiungere: edifici che si specchiano su teli di plastica stropicciati a creare un ipnotico effetto di panneggio; vetri smerigliati attraverso cui la veduta urbana appare come un rompicapo che il nostro cervello è sfidato a rimettere insieme; complicati giochi di reti doppie o triple che vanno a sovrapporsi alle sequenze di finestre in un inseguimento di prospettive. Ora, nella piena maturità artistica, Durner ha fatto tesoro di quella abilità e l’ha posta alla base di un paesaggio urbano personalissimo, dipinto con intatto amore per il dettaglio, ma, ancora di più, con un amore viscerale per la pittura pura e con un autentico piacere delle armonie cromatiche e tonali. Sceglie le ore del crepuscolo, o quelle notturne, perché fondamentale alla sua poetica è il fascino ambiguo delle luci artificiali, la loro freddezza, il loro baluginare incerto. Poi individua scorci privilegiati di edifici moderni, perché per il suo intento sono irrinunciabili l’acciaio e il vetro. E’ da lì che prende il via il suo gioco ritmato di echi e contrappunti, gioco che lo spettatore non riesce a non avvertire come un tema musicale in sottofondo, sussurrato ma ben presente. Magari uno di quei pezzi per piano di Ludovico Einaudi, al tempo stesso così suggestivi e leggeri. Ecco che la grande vetrata diventa, da un lato, spazio attraversabile dal nostro sguardo per vedere – al di là – la struttura architettonica tutta giocata su linee verticali e orizzontali, dall’altro, però, la vetrata è anche specchio sul quale si riflettono le luci e le sagome degli edifici esterni, in una sinfonia di rimandi dalle forti connotazioni astratte. Oppure interni ed esterni vanno a confondersi, e come per un incantesimo le fronde degli alberi sembrano entrare a invadere gli spazi austeri di un caffè. O, ancora, al gioco di specchi va a sommarsi – riflettendovisi - un altro gioco, quello dell’edificio affacciato sull’acqua che ne sdoppia il profilo, e allora la sensazione è quella di un caleidoscopio, di una realtà multiforme, vibrante, mobilissima e in perenne trasformazione.

14

ALESSANDRA REDAELLI


JĂœRGEN DURNER THE MULTIPLIED CITY JĂźrgen Durner is beyond doubt a brush virtuoso. However, he has been able of testing his ability, sparing himself and avoiding excess. The works he realized few years ago are the prefect demonstration of the astonishing outcomes he can produce through his art: buildings which mirror upon creased plastic clothes, thus creating a magnetic resemblance with draperies; ground glasses through which urban landscape appears like a puzzle we are challenged to recompose; complex twines of double and triple nets which, by overlapping sequences of windows, create a perspective chase. Today, in his full artistic maturity, Durner treasured that ability to realise a personal urban landscape, painted with love for details and even deeper love for pure painting and tonal harmonies. He prefers crepuscular hours, or nocturnal ones, since artificial lights, with their coldness and uncertain glimmering, are fundamental elements of his poetics. After these first choices, he selects glimpses of modern buildings, to insert steel and glass into his works. This is how his game of echoes and counterpoints starts; clearly perceived by the audience as a whispered, yet present, musical theme. Like a piano piece by Ludovico Einaudi, both evocative and light. Therefore, the huge glass wall becomes on one hand a space which can be crossed by our glance to see the architectonic structure on the other side, deeply characterized by vertical and horizontal lines; on the other hand, it can be seen as a mirror upon which lights and the contours of other buildings reflect, within an abstract symphony. Moreover, in and out mingle, thus letting the foliage almost invade a stark cafĂŠ. Furthermore, another artifice adds to the mirror game. A building facing water which, by splitting its profile, creates the effect of a kaleidoscope, a manifold, vibrant, moving and constantly changing reality.

ALESSANDRA REDAELLI

15


GIORGIO TONELLI NEOMETAFISICA DELLA METROPOLI C’erano una volta De Chirico e Morandi. C’era una volta la Metafisica, con le sue città silenziose e inquietanti, con i suoi crepuscoli densi di mistero, con i suoi monumenti e con le sue nature morte ossessive. C’era l’enigma e c’era la semplificazione implacabile della forma. E c’era, su tutto, quel senso di narrazione interrotta, quella suspence che faceva presumere, ogni volta, di trovarsi sulla soglia di un evento epocale che ci avrebbe cambiati per sempre. Giorgio Tonelli, pittore puro del Novecento, allievo di Gianfranco Ferroni, ha fatto suo tutto questo e lo ha rielaborato alla luce della sensibilità contemporanea, dando vita a una pittura dalla ricetta unica e inconfondibile. Una pittura che lo ha traghettato in questo nuovo millennio mantenendolo freschissimo e terribilmente attuale senza perdere in fedeltà né in coerenza. Pulitissima, scandita in linee nette e in tonalità piene, la sua è una pittura del silenzio. Un silenzio intenso come una melodia nel quale la città appare addomesticata secondo un ordine arcano, misterioso e tuttavia rassicurante. Mentre l’occhio segue i profili degli edifici, la sensazione di poter scomporre ogni singola forma per figure geometriche semplici appaga l’umano innato senso dell’ordine. Non c’è vita, nelle città di Tonelli, se non intuita, dedotta. Non c’è un refolo di vento a scomporre le chiome degli alberi, sostanziate di foglie che, viste una a una, ancora si possono ridurre a minuti giochi geometrici. Non c’è aria respirabile, perché certamente l’ossigeno non può passare sotto quei cieli sigillati come coperchi sopra le case. E in questo sottovuoto di una bellezza gelida e impeccabile, la città ci incanta con il suo ritmo pacato di linee orizzontali e verticali, con i suoi contrappunti di vuoti e di pieni lungo le facciate dalle finestre cieche, con le prospettive infinite; mentre i cieli crepuscolari color asfalto, così come i mezzogiorni di afa infuocata, creano giochi spettrali di luci e di ombre che ci spaventano e ci incatenano.

16

ALESSANDRA REDAELLI


GIORGIO TONELLI NEW METAPHYSICS OF THE METROPOLIS Once upon a time there were De Chirico and Morandi. There was Metaphysics and its silent and disturbing cities, its mysterious sunsets, its monuments and obsessive still lives. There were enigma and the relentless simplification of forms. Above all, a suspended narration, a suspense which made us presume to be at the gateway of a radical and epochal change. Giorgio Tonelli, pure painter of the 20th century and Gianfranco Ferroni’s apprentice, endorsed these details re-elaborating them through a contemporary sensitivity, thus creating a unique and unmistakable painting. His art is still considered lively and up-to-date, even in the new millennium, since it maintained its accuracy and coherence. Neat and punctuated by sharp lines and solid colours, his painting is the one of silence. A stillness which, as intense as a melody, domesticates the city through an arcane, mysterious, yet comforting order. While following the contours of the buildings, each form seems likely to be broken up into simple geometrical figures, thus satisfying human love for order. There’s no life within Tonelli’s cities, apart from the deduced one. No wind ruffles the leaves which, if observed individually, can be reduced to tiny geometrical games. No air can be perceived, since no oxygen could cross those skies placed like lids above the houses. Within this plumbed, cold and impeccable beauty, the metropolis enchants us with its placid rhythm of horizontal and vertical lines, its counterpoints of voids and solids along the blind windows facades, which are characterized by infinite perspectives; meanwhile, the crepuscular asphalt skies and the red-hot muggy middays create spectral contrast games which frighten and tie us down.

ALESSANDRA REDAELLI

17



OPERE

19


M A R C E L LO C O R R À

20


ALTROVE Ferro patinato, legno, corde di cotone, corde di chitarra | 103 x 83,5 x 82 cm | 2014

21


22

ARMONIA E PECCATO Ferro patinato, legno, corde di cotone | 107 x 94,5 x 60 cm | 2013


UCCELLO DI FUOCO Ferro patinato, legno, corde di cotone | 54 x 57 x 49 cm | 2014

23


24

NOTTURNA Ferro patinato, legno, corde di cotone, corde di chitarra | 148,5 x 135,5 x 69 cm | 2014


RITUALE Ferro patinato, legno, corde di cotone, corde di chitarra | 72 x 80 x 67 cm | 2014

25


26

ARPA YANG Ferro patinato, corde di cotone e corde di chitarra | 59 x 83 x 80 cm | 2014


ARPA YIN Ferro patinato, corde di cotone e corde di chitarra | 55 x 83 x 78,5 cm | 2014

27


JÜRGEN DURNER


POLARLICHT Olio su tela | 160 x 240 cm | 2014

29


30

GEGENLICHT Olio su tela | 50 x 50 cm | 2013


NACHTVERSUNKENHEIT Olio su tela | 120 x 120 cm | 2014

31


32

SKYLIFE Olio su tela | 120 x 170 cm | 2014


VERKLÄRUNG Olio su tela | 120 x 150 cm | 2013

33


34

INSIDE THE FLOW Olio su tela | 130 x 240 cm | 2015


NACHTAUSFLUG Olio su tela | 80 x100 cm | 2013

35


G I O R G I O TO N E L L I

36


ALBA DOWNTOWN Olio su tavola | 33 x 59 cm | 2012

37


38

AT SUNSET Olio su tavola | 63 x 69 cm | 2013


ATTESA Olio su tavola | 33,1 x 74,7 cm | 2012

39


40

NEW YORK BLUES Olio su tavola | 50 x 60 cm | 2012


TRAMONTO SULLA SKID ROW Olio su tavola | 40 x 50 cm | 2012

41



BIOGRAFIE

43


BIOGRAFIE MARCELLO CORRÀ Nasce nel 1970 ad Arona. Si diploma presso il Liceo Artistico Statale di Novara. Inizia a lavorare nel laboratorio artigiano del padre dove, a partire dal 1995, matura una particolare sensibilità nei confronti dei materiali metalli ci come ferro ossidato, rame e piombo, che lo porta a creare le prime opere. A questa svolta contribuisce la conoscenza e frequentazione del Maestro Kengiro Azuma. Partecipa a mostre personali e collettive in Italia e in Svizzera. Nel 2013 inizia a collaborare con la Galleria PUNTO SULL’ARTE di Varese e soggiorna per due mesi a New York. A pochi mesi dal suo ritorno in Italia, tramite la Galleria varesina, inizia una collaborazione con la Kelley Roy Gallery di Miami, dove espone nel 2014. I suoi lavori fanno parte di collezioni private e pubbliche. Vive e lavora a Gattico. JÜRGEN DURNER Nasce nel 1964 a Norimberga. Dal 1984 al 1989 studia pittura l’Accademia di Belle Arti di Norimberga, e dal 1990 al 1991 frequenta lo studio di L. Cremonini all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi. Trascorre dei periodi di studio e lavoro tra Berlino (1992-2001), New York (2001 e 2002) e Londra (2003-2005). Le sue opere seguono la vita urbana e la sua natura disorientante. Tutte le sue serie sono caratterizzate da diversi temi: la Notte, l’Immagine nell’Immagine, Pioggia, Trasparenze etc. Ha realizzato mostre personali e collettive in Europa e ha partecipato ad importanti Fiere d’Arte Internazionali come Art Karlsruhe, Art Fair Köln, Art Chicago, Selection Art Fair e Art Miami. I suoi lavori fanno parte di collezioni private e pubbliche. Attualmente vive e lavora a Berlino, Germania.

44

GIORGIO TONELLI Nasce nel 1941 a Brescia. Nel 1974 inizia a dipingere e frequenta lo studio di G. Ferroni. Dal 1976 al 1983 vive a Londra, e dal 1983 al 1985 vive tra Parigi, New York e Venezia. Nel 1987 si trasferisce definitivamente a Bologna. Realizza numerose mostre personali e collettive in tutta Italia. Tra le più importanti si ricordano “Arte Italiana – 1968/2007” a cura di Vittorio Sgarbi, a Palazzo Reale a Milano e “Natura Morta” presso la Fondazione Ragghianti a Lucca nel 2007. Lo stesso anno espone al PAC di Milano, mentre nel 2008 partecipa all’esposizione “Galleria Forni / Stefano Forni: dal 1967 una storia per l’Arte Figurativa” organizzata dal Mambo (Museo d’Arte Moderna di Bologna) presso la Villa delle Rose. Nel 2011 è chiamato a partecipare al 54°Edizione della Biennale di Venezia, pad. Italia. Dal 1994 è presentato a tutte le edizioni di Arte Fiera Bologna. Vive e lavora a Bologna.


BIOGRAPHY MARCELLO CORRÀ Born in 1970 in Arona. He graduated at the Art High School in Novara. He started working in his father’s workshop developing, since 1995, a particular interest towards metal materials like oxydised iron, copper and lead, then used to realize his first works. This choice also depended upon the meeting with Master Kengiro Azuma. He took part in solo and group exhibitions in Italy and Switzerland. In 2013 he started cooperating with the PUNTO SULL’ARTE Gallery in Varese and he spent two months in New York. Few months after his return in Italy, thanks to the Gallery in Varese, he started a collaboration with the Kelley Roy Gallery in Miami, where he held an exhibition in 2014. His works belong to private and public collections. He lives and works in Gattico.

JÜRGEN DURNER Born in Nuremberg in 1964. From 1984 to 1989 he studied at the Academy of Fine Arts in Nuremberg, and from 1990 to 1991 he attended L. Cremonini’s atelier at the Ecole des Beaux-Arts in Paris. He spent periods both working and studying in Berlin (1992-2001), New York (2001 and 2002) and London (2003-2005). His works follow his urban life and his confusing nature. All his series are characterized by different themes: Night, Image through Image, Rain, Transparencies etc. He attended solo and group exhibitions in Europe and took part in important international Art exhibitions like Art Karlsruhe, Art Fair Köln, Art Chicago, Selection Art Fair and Art Miami. His works belong to private and public collections. He lives and works in Berlin, Germany.

GIORGIO TONELLI Born in Brescia in 1941. In 1974 he started painting and attended G. Ferroni’s atelier. From 1976 to 1983 he lived in London and from 1983 to 1985 he moved to Paris, New York and Venice. In 1987 he definitively moved to Bologna. He realized many solo and group exhibitions all over Italy. Among the most important ones: Arte Italiana – 1968/2007” curated by Vittorio Sgarbi, at Palazzo Reale in Milan and “Natura Morta” at the Fondazione Ragghianti in Lucca in 2007. In the same year he exposed at PAC in Milan, whereas in 2008 he took part to the exhibition “Galleria Forni / Stefano Forni: dal 1967 una storia per l’Arte Figurativa” organized by Mambo (Museo d’Arte Moderna in Bologna) at the Villa delle Rose. In 2011 he was invited to attend the 54th Edition of the Venice Biennial, Italian Pavilion. From 1994 he has attended each edition of Arte Fiera Bologna. He lives and works inBologna.

45


46






Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.