PA O L O Q U A R E S I M A
1
19 MARZO - 22 APRILE 2017 MOSTRA A CURA DI / EXHIBITION CURATED BY: ALESSANDRA REDAELLI CATALOGO A CURA DI / CATALOGUE CURATED BY: SOFIA MACCHI E GIULIA STABILINI TESTI / TEXTS: ALESSANDRA REDAELLI PROGETTO GRAFICO / GRAPHIC PROJECT: GRETA PALASTANGA UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A / SPECIAL THANKS TO: TONY PARISH Copyright © PUNTO SULL’ARTE
PUNTO SULL ARTE | VIALE SANT’ANTONIO 59/61 | 21100 VARESE (VA) ITALY | +39 0332 320990 | INFO@PUNTOSULLARTE.IT
8
PASSAGGI PASSANTI “Quando si riesce a scovare bellezza nell’assoluto ordinario sembra sempre un po’ incantata, e questo incanto non può non colorare la realtà tutta.” Paolo Quaresima Quando nel 1723 apre a Merano il convitto delle Dame Inglesi, la vita cambia per molte delle ragazze della zona. La Congregatio Jesu, infatti, offre un’opportunità per molte di loro fino a quel momento inedita: quella di avere un’istruzione e un’educazione. Tra le aule austere dell’istituto, lungo i corridoi silenziosi che portano alle spoglie camere del convitto, sedute ai banchi della chiesa si incontrano ragazze di estrazioni diverse. Ci sono le figlie delle famiglie benestanti, che si preparano al matrimonio, ci sono le giovani avviate alla vita ecclesiastica e ci sono anche ragazze di origini molto umili, che spesso vengono incaricate di piccoli lavori all’interno del convitto. Vivrà per quasi trecento anni, l’istituto delle Dame Inglesi. Generazioni di donne cresciute in una tranquillità immobile, fuori dal mondo, a tratti claustrofobica, forse, ma protettiva, rassicurante, scandita dai momenti di preghiera e dalle lezioni di matematica e di francese, dai segreti confidati e da quelli destinati a essere taciuti per sempre. Ambienti immutati, orazioni antiche e oggetti senza tempo. Oggetti capaci, oggi, di raccontare storie. Nel dicembre del 2012, quando l’istituto viene smantellato e gli immobili vengono venduti alla Provincia, gli oggetti di quel mondo affascinante e misterioso si ritrovano dagli antiquari e
nei mercatini. Sono brocche smaltate, vagamente sbeccate alla base; contenitori graffiati che mostrano, sotto la vernice perduta, la loro anima. Oggetti vissuti e ancora intrisi di vita. Passanti silenziosi di una realtà lontana e tuttavia vicinissima. Meranese di nascita e profondamente legato alla sua città, dove ancora vive e lavora, Paolo Quaresima è affascinato dalla storia di quegli oggetti. Ne acquista alcuni e ne fa il centro di una serie di composizioni: eleganti nature morte potenti come ritratti. Guarda quei contenitori panciuti, quei beccucci consumati dall’uso, e mentre studia la luce che vi si infrange per riportarla fedelmente sulla tela non riesce a non pensare alle mani che li hanno toccati. Quelle arrossate e screpolate dal freddo delle ragazze che servivano ai tavoli o quelle lisce e candide delle fanciulle destinate a matrimoni senza sorprese, oramai pronte a un futuro di noia e di ricami a punto e croce. Decine, centinaia di mani che quasi hanno modellato quegli oggetti, che ne hanno resa ancora più lucida la superficie. Perché Paolo Quaresima non resiste alla tentazione di raccontare storie. Sono storie antiche, complesse, affascinanti e piene di colpi di scena, le sue, eppure lui riesce a raccontarle così, mettendo uno accanto all’altro degli oggetti che ci guardano e che tra loro, silenziosamente, sembrano sussurrare. Dialoghi a volte misteriosi e surreali, come quello tra la palla da football, la brocca e la teiera di …e i cocci sono suoi; dialoghi ritmati come una danza su un palcoscenico decorato da quinte colorate, come in Patchwork.
9
La prima volta che ho visto Poggiolino di verde, un olio su tavola del 2015, ho sentito come un campanello che mi risuonava nella testa, un’eco. E poi ho capito: dentro ci avevo ritrovato Il balcone di Edouard Manet. Poco dissimili per dimensioni, i due dipinti visti uno accanto all’altro rivelano assonanze sbalorditive. Non solo nella cromia di base – più cupa in Manet ma sostanzialmente giocata sulla stessa partitura di verde, nero, bianco – ma proprio per la composizione. Inquadrati frontalmente come i tre personaggi del dipinto francese del 1869, ecco che gli oggetti ne reinterpretano in maniera quasi millimetrica il muto dialogo, con il secchio bianco e verde, sulla sinistra, che occupa lo spazio principale come la malinconica figura di Berthe Morisot, la casetta per gli uccellini che guarda lo spettatore proprio come la violinista Fanny Claus, sulla destra (il cui ombrellino ha la stessa identica inclinazione del tettuccio di legno chiaro); mentre la figura dell’uomo che sembra stia per essere ingoiato dall’oscurità – il pittore Antoine Guillemet – è resa dalla teiera bianca che si intravede attraverso il vetro. Guardando uno dei dipinti più intensi di quello che forse è il più enigmatico tra i pittori che hanno scatenato la rivoluzione della pittura moderna, si riesce forse a cogliere meglio e più a fondo la poetica di Paolo Quaresima. Perché nelle nature morte di questo artista c’è molto più di quello che ci si aspetta da una natura morta. Perché la sensazione di trovarsi davanti a dei veri e propri ritratti, una volta innescata, non si spegne più. Vecchie valigie che parlano di viaggi, asciugamani impilati che parlano di una quieta quotidianità,
10
giocattoli, mestoli, telefoni e sedie. Già, perché una volta lui dipingeva ritratti. E poi si è accorto, però, che nel ritratto l’emozione rischiava di esaurirsi, di consumarsi, di farsi didascalica. Mentre l’oggetto aveva il potere di conservare intatta quell’emozione e di farla risuonare. Se scandita nei toni giusti, può essere molto più potente l’immagine di un oggetto di lavoro consumato dalle mani di chi lo ha utilizzato rispetto alla figura dell’operaio curvo e logorato dalla fatica. Simboli e metafore che parlano una lingua stratificata, comprensibile a tutti, ricca di risvolti e significati sottotraccia, sostanzialmente rassicurante e tuttavia, a tratti, profondamente inquieta. E lo scenario sul quale questi oggetti si trovano non è indifferente. Balconi, piccoli ballatoi, davanzali che si intuiscono appartenere a cucine e locali di servizio. Luoghi lontani da quella che è l’immagine che la padrona di casa vuole dare di sé agli ospiti di riguardo. Sono oggetti consunti, ma utili e preziosi, che non si mettono in bella mostra sul tavolino all’ingresso ma che devono restare a portata di mano, ancorché nascosti. Anonimi come comparse – come passanti – sono gli oggetti di tutti i giorni e dunque proprio per questo, ancora una volta, i più importanti, i detentori dei segreti, i custodi dell’anima più autentica della casa. E sono lì, su quei balconi, davanti a quelle porte, come ponti capaci di attraversare soglie proibite, in grado di darci un segno di quegli interni che noi possiamo solo intravedere. Perché la soglia – Quaresima lo sa bene – non è solo luogo di passaggio, ma anche momento di trasformazione. Quando entriamo nella
nostra casa ci togliamo la maschera. E magari, quando accediamo a uno spazio che ci è estraneo, la indossiamo. Soglia è comunicazione, quando è aperta, o rifiuto se sbarrata. Soglia, lo si vede bene, è anche quell’ombra nera che si apre alle spalle di Berthe Morisot e di Fanny Claus su quel balcone verde dipinto quasi centocinquanta anni fa, che spinge il nostro sguardo a frugare nel buio fino a riconoscervi una quarta figura, quasi fantasmatica, e un accenno di ambiente. E soglie sono tutte le finestre e i balconi che Paolo Quaresima ci regala quando ci spalanca davanti le sue sterminate facciate di case: centinaia di finestre, centinaia di piccoli mondi, centinaia di vite raccontate da una tenda scostata, un ombrellone abbandonato, un telo da spiaggia che danza garrulo nel vento, un grappolo di mollette colorate come uccellini appollaiati su un ramo. Declinati in sinfonie di colori assonanti, giocati intorno a sfumature di blu che partono da una splendente brocca smaltata e arrivano a una persiana di un celeste polveroso oppure su contrasti suggestivamente esotici tra arancioni caldi e fucsia sensuali, i dipinti di Paolo Quaresima premiano lo sguardo regalando armonia, illudendoci benevolmente sul fatto che la perfezione esista e sia qui, a portata di mano. Un magico equilibrio costruito dall’artista pennellata dopo pennellata per mezzo di un complesso calcolo delle geometrie e dei pesi cromatici che nelle grandi facciate e nelle vedute di città diventa potente come una sinfonia, assordante e assoluto.
INTERVISTA A PAOLO QUARESIMA Tu dipingi oggetti della quotidianità e panorami urbani famigliari e facilmente leggibili. Che cosa te li rende così cari? Mi piace cercare tra le pieghe della quotidianità più “feriale” i segni delle presenze, dei percorsi, dei passaggi delle vite che l’hanno attraversata; non tanto per una lettura “in minore”, ma piuttosto perché quella è il reale centro fattivo, effettivo e affettivo, oltre che quantitativo, delle nostre vite. Morandi ha vissuto quasi tutta la sua vita nella stessa abitazione e ha dipinto quasi tutti i suoi capolavori usando come modelli gli stessi oggetti, spostati minimamente di volta in volta. Tu come scegli i soggetti delle tue nature morte? E le facciate delle case? Non so come Morandi scegliesse i suoi oggetti, mi pare di aver letto che avesse cercato dei bricchi usati negli anni Venti per rabboccare il carburante degli aerei per la loro forma particolare. Io non ho un criterio unico: a volte, spesso, sono i segni lasciati sugli oggetti a chiamarmi, altre la loro forma, il loro colore, l’uso che se ne fa o se ne faceva… Le case mi chiamano specialmente per le meravigliose ed armoniche irregolarità che le segnano, vuoi architettonicamente (vedi l’Amalfi di Pensione Nicole) vuoi per la libertà espositiva e cromatica di balconi, ballatoi e davanzali.
11
12
A volte guardando i soggetti delle tue nature morte si ha l’impressione di avere davanti qualcosa di vivo, di dotato di una forte personalità. E in effetti è capitato che alcuni dei tuoi lavori fossero definiti “ritratti senza la figura”. È una sensazione voluta fin dall’inizio, fin dal progetto, o piuttosto una consapevolezza che arriva alla coscienza dello stesso artista a lavoro concluso? Ho definito spesso gli oggetti che uso nelle composizioni “gli utensili delle nostre giornate”. È indubbia e sicuramente voluta la corrispondenza tra gli oggetti e chi li usa, come preziose le tracce indelebili delle vite di chi li ha manipolati e i richiami a diversi tempi e silenzi. Quella che appare come usura è al contempo misura delle ore nelle quali l’oggetto ha accompagnato la vita di una o tante persone e loro racconto. A volte è inevitabile perfino un’emozionata partecipazione davanti a oggetti che quasi evocano presenze.
nell’assoluto ordinario sembra sempre un po’ incantata, e questo incanto non può non colorare la realtà tutta.
I tuoi lavori sono al tempo stesso straordinariamente realistici e assolutamente fatati: c’è qualcosa che rende queste visioni magiche, vagamente oniriche. Qual è il motivo? L’altra sera ho visto in televisione Gabriel García Márquez che, intervistato, rispondeva quasi infastidito all’inevitabile domanda se il suo stile fosse “realismo magico”, dicendo che il suo era semmai realismo e basta. L’incanto è tanto più forte e vero quanto più ci sorprende prendendo il bus o facendo la spesa, meraviglioso ma più prevedibile davanti a un tramonto sulle Dolomiti. Quando si riesce a scovare bellezza
Proprio a proposito della lettura concettuale del tuo lavoro, si nota che molto spesso al centro dei tuoi dipinti appaiono delle soglie, dei punti di passaggio, delle porte o delle finestre. Puoi spiegarci il fascino che esercitano su di te? Tutto quello che è soglia, le porte, le finestre ma anche i porti, indica sempre e subito un dentro e un fuori, un “di qua” e un “di là”. Quale che sia il lato della soglia in cui ci troviamo, c’è un “altro” lato che conosciamo meno o in maniera diversa: se siamo all’interno (o a terra) l’altra parte è vastità immensa e incognita, se siamo all’esterno, l’altra parte
C’è qualcosa nella tua pittura (a volte l’accostamento degli oggetti, altre volte, ancora più semplicemente, la scelta cromatica) che ribalta la percezione, trasformando ciò che a prima vista potrebbe sembrare reale (o iperreale) in qualcosa di profondamente simbolico e concettuale. Ti riconosci in questa lettura? Certamente. Un dipinto composto solo di oggetti azzurri in un contesto azzurro è evidentemente irreale (perlomeno rarissimo…) come pure un balcone con variopinte carabattole al posto dei fiori normalmente esposti. A volte cerco un silenzio, a volte un’ironia leggera che susciti un sorriso, a volte il piacere di un’armonia di colore che può essere più efficace se fuori dal suo contesto ordinario.
è indefinita interiorità. Sul passaggio, le tracce dei passanti, come le pietre che si impilano in certi valichi di montagna (passi, ancora…). Il concetto dello stare in piedi sulla soglia è una delle immagini classiche dell’attesa di chi entrerà, dell’accoglienza; stare alla finestra invece è l’immagine di chi la soglia non la varca, uno non passante, uno fermo. E, ancora, mettere alla finestra un lume è guidare chi arriva. Per non dire poi di tutti i valori simbolici e spirituali della porta. Una delle chiavi dell’immediata sensazione di armonia che si prova davanti ai tuoi dipinti è senz’altro il loro particolarissimo equilibrio compositivo, il precisissimo gioco di pesi, geometrie, timbri e toni sotteso a ognuna di queste immagini fino a farne una sinfonia. Quanto lavoro c’è dietro questo schema così perfetto? La composizione è un valore essenziale nella vita, inevitabilmente quindi anche nell’arte. Cum - ponere, in una accezione che è con - laborazione e al tempo stesso con - posizione è in primo luogo l’arte del rapporto, del legame, della comunità. Nell’arte è ugualmente il modo di avvicinare varie diversità per farne scaturire un equilibrio dialogante: forma con forma, piano con piano, colore con colore e poi un insieme orchestrante di forme, spazi e colori. In tutto questo c’è una componente istintiva, certo, ma che abbisogna poi di una lunga, lunga elaborazione alla ricerca di quella inesplicabile sensazione per cui tutto (o quasi) sia “al suo posto”.
Oggi capita che il concetto di bellezza sia guardato con un certo sospetto in alcuni ambienti legati all’arte, quasi come una colpa o una debolezza da nascondere. Tu, che nel tuo lavoro riesci sempre a raggiungere livelli altissimi di armonia, gradevolezza e bellezza, come ti poni davanti a questa presa di posizione? La Bellezza è uno dei più grandi valori dell’uomo, e in senso assoluto. Non è facile trovarla o crearla perché non basta fare bene cose belle con bei colori, bisogna scendere in profondità e cercare di leggere la Verità delle cose, dei sentimenti, dei colori… La Bellezza non è solo piacere estetico, è parte del nostro essere più vero e profondo. E a volte l’arte può risvegliarci e aiutarci a trovarla dentro di noi, e a trovarci. Se dobbiamo parlare di colpa o debolezza io vedo solo quelle che mi frenano in questo cammino.
ALESSANDRA REDAELLI
13
14
15
PA S S A G E S PA S S E R S B Y “When beauty is found within absolute ordinary it always seems to be enchanted, and this spell can nothing but colour the whole reality.” Paolo Quaresima In 1723, in Merano, the boarding school of English Dames began its activity and changed the life of many local girls. The Congregatio Jesu offered an unprecedented chance for many of them: to obtain instruction and education. Among the austere classrooms of the Institute, through the silent hallways leading to the spare bedrooms, sitting at the church benches, girls from different extractions could be found. The daughters of the wealthy families preparing for marriage, the young ladies directed towards clerical life and those with humble origins, who were often appointed for little works within the school. The Institute lasted for almost three hundred years. Generations of women grown within a still calm, out of the world, sometimes claustrophobic, yet protective, reassuring, scanned among moments of prayer and lessons of math and French, secrets told and those destined to be forever omitted. Unaltered spaces, ancient orations and timeless objects. Objects which can nowadays narrate stories. In December 2012, when the Institute was dismantled and the furniture sold to the Province, the objects of that fascinating and mysterious world winded up in antiquarian shops and street markets. Polished jugs, vaguely chipped at the bottom; scratched containers whose soul could be seen under the lost paint. Used objects still filled with life. Silent passersby from a distant yet near reality. Born in Merano and deeply tied to his city, where he still lives and works, Paolo Quaresima was fascinated by the story of those objects. He bought some of them and turned them into the focus of some compositions: elegant still lifes as powerful as portraits. He observed those round containers, the consumed spouts and, while studying the light upon them to reproduce it on the canvas, he could not avoid thinking about the hands which touched them. The reddened and cracked hands of the girls who served at the tables or the soft and pale ones of the
16
girls destined to marriages without surprises, ready for a future filled with boredom and cross-stitch. Tens, hundreds of years which almost modelled those objects, polishing their surface. Paolo Quaresima cannot help but telling stories. Ancient, complex, fascinating and filled with climax stories, nonetheless he narrates them just placing one object beside the other, objects which stare at us and seem to whisper among each other. Mysterious and surreal dialogues, like the ones among the football ball, the pitcher and the teapot from ...e i cocci sono suoi; dialogues built like a dance upon a colourful stage, like in Patchwork. The first time I saw Poggiolino di verde, a 2015 oil on canvas, I felt like a ring, an echo in my mind. Then I understood: it recalled The Balcony by Edouard Manet. Almost identical for dimension, the two paralleled paintings reveal astonishing similarities. Not just for the palette – darker in Manet, yet declined upon the same field of green, black and white – but also for the structure. Frontally framed like the three characters of the 1869 French painting, the objects perfectly mirror their mute dialogue, the white and green bucket, on the left, occupying the main space like the mournful figure of Berthe Morisot, the birdhouse staring at the viewer like the violinist Fanny Claus, on the right (whose umbrella has the same inclination of the wooden roof); while the figure of the man who seems to be almost absorbed by darkness – the painter Antoine Guillemet – is represented by the white teapot glimpsed through the window. By observing one of the most intense works by one of the most enigmatic painters who started the revolution of modern painting, one can seize Paolo Quaresima’s poetics. Since his still lifes contain more than expected. Since the sensation of staring at portraits, once born, cannot be sedated. Old luggage narrating voyages, piled towels describing a quiet everyday life, toys, ladles, telephones and chairs. As a matter of fact, he used to paint portraits. Then he realized that the emotion carried by them could end, consume, become a caption. Whereas objects could preserve that feeling and reverberate it. Whether structured in the right way, the image of a work tool consumed by the hands of its user can be more powerful than the figure of a bent and worn
out labourer. Symbols and metaphors speaking a stratified language, accessible to everyone, full of implications and hidden meanings, almost comforting yet restless. Moreover, the background is fundamental. Balconies, galleries, windowsills which seem to pertain to kitchens and utility rooms. Distant places from the image the owner usually provides to her best guests. These are consumed, yet useful and precious, objects which even not being showed at the entrance, must be always available. Anonymous as appearances – like passersby – are these everyday objects, yet for this reason the most important ones, the owners of secrets, the guardians of the purest soul of the house. They stand upon those balconies, in front of those doors, like bridges crossing forbidden thresholds, thus revealing those spaces which could only be glimpsed. Since the doorway is not only a passage, but also a moment of transformation. Entering our house, we remove our mask. The one we wear while approaching an unknown place. The threshold is communication, when open, or refusal, when barred. Also the dark shadow behind Berthe Morisot and Fanny Claus, painted on that balcony 150 years ago, can be considered a passage, since it urges our glance to search the darkness until recognizing a fourth figure, almost a ghost, and a glimpse of room. Similar thresholds are the windows and balconies gifted by Paolo Quaresima when he opens his endless facades: hundreds of windows, little worlds, lives represented by a drawn back curtain, an abandoned beach umbrella, a towel happily dancing in the wind, a bunch of coloured clothespins resembling little birds on a branch. Declined in coloured assonant symphonies, played upon blue nuances spreading from a shining polished pitcher to a pale blue shutter or upon exotic contrasts between hot orange and sensual fuchsia, the paintings by Paolo Quaresima reward the glance conveying harmony, together with the illusion that perfection exists and can be seized. A magic balance built by the artist with each brushstroke through a complex evaluation of the geometries and chromatic weights which, within the big facades and city views, turns into a thunderous and absolute symphony.
INTERVIEW WITH PAOLO QUARESIMA You paint everyday objects and familiar urban landscapes. Why do you feel so tied to them? I like to investigate the simplest everyday life, the signs of the presence, the paths, the passages of the lives which crossed it; not a minor analysis, since I consider it the real active, effective, affective, and quantitative, centre of our lives. Morandi lived his whole life in the same house and painted almost all of his masterpieces reproducing the same objects, each time slightly moved. How do you choose the subjects of your still lifes? And the facades of the houses? I do not know how Morandi chose his subjects, I recall reading that he selected jugs used to refill oil on airplanes in the twenties for their particular shape. I do not have a single criteria: sometimes, often, I am fascinated by the marks upon the objects, some other times it is their shape, colour, their purpose… Houses attract me for their wonderful and harmonic irregularities, from an architectural point of view (the Amalfi in Pensione Nicole) or the expositive and chromatic freedom of their balconies, galleries and windowsills. Sometimes observing the subjects of your still lifes one seems to stare at something alive, filled with a strong personality. As a matter of fact, your works were often defined as “portraits lacking figure”. Is this sensation structured from the beginning, from the project, or is it an awareness arousing only when the work is completed? I often defined the objects I use in my compositions as “the tools of our days”. The correspondence between the objects and their users is certain and sought, as precious as the lasting traces of the lives of those who used them and the recall of different times and silences. What seems to be usury is at the same time the measure of the hours in which the object accompanied the lives of one or more people and their story. Sometimes an emotional involvement is unavoidable in front of objects almost evoking presences.
Your works are both realistic and enchanted: something renders these visions magic and dreamlike. How do you explain it? The other night I watched an interview to Gabriel García Márquez who answered, annoyed, to the same old question whether his style was “magic realism”, by saying it was just realism. The enchantment is more real and stronger the more one surprises while catching the bus or at the market, wonderful yet predictable in front of a sunset on the Dolomites. When beauty is found within absolute ordinary, it always seems to be enchanted, and this spell can nothing but colour the whole reality. There is something in your painting (sometimes the combination of the objects, sometimes the chromatic choice) which overturns the perception, transforming what at first glance could be seen as real (or hyperreal) into something deeply symbolic and conceptual. Do you identify in this reading? Surely. A painting only composed by blue objects within a blue context is clearly unreal (at least very rare…), as well as a balcony exposing coloured baubles instead of flowers. Sometimes I look for silence, a subtle irony provoking a smile, the pleasure of a coloured harmony which can be even more incisive if placed outside its ordinary contest. Still focusing on the conceptual interpretation of your work, one can observe that you often represent thresholds, passages, doorways or windows. Could you tell us which fascination you feel in front of them? All that is identified as a threshold, the doors, windows, as well as the harbours, always refer to an in and out, a here and there. Regardless of the side on which we are, there is another side we know less or in a different manner: if we are inside (or on the ground) the other side looks like an immense and unknown vastness, the other being undefined inner dimension. On the path, there are the signs of those passing by, like the stones piled in some mountain crossings (motionless footsteps…). The concept of standing on the threshold is one of the classic images representing someone waiting to enter, of
welcoming; while on the other side, staring at the window represents those who will not cross the doorway, a non passerby, a motionless figure. And yet, placing a light on the window is a clear invitation to those who arrive. Omitting all the symbolic and spiritual values of the door. One of the keys composing the immediate sensation of harmony perceived in front of your paintings is the particular structural balance, the precise combination of weights, geometries, moods and tones composing these images until creating a symphony. How much work lies behind such a perfect scheme? Composition is a fundamental value in life, therefore in Art. Cum – ponere, in a meaning including collaboration and composition, is first of all the art of relationship, bond, community. In Art as well it is the way of approaching various diversities to create a dialoguing balance: shape with shape, level with level, colour with colour until an arranged whole of shapes, spaces and colours. All this is definitely created through instinct, which needs a long elaboration to identify the sensation for which everything (or almost) is at its place. Nowadays the concept of beauty might be seen with suspicion within some artistic milieus, as if it were a guilt or weakness to be hidden. Since within your works you always reach high levels of harmony, pleasantness and beauty, how do you feel in front of this stance? Beauty is one of the higher values of mankind, in an absolute sense. It is not easy to find nor create it, since it is not enough making beautiful things with nice colours, one must deeply dig and try to read the Truth of things, feelings, colours… Beauty is not only aesthetic pleasure, it belongs to our real and pure being. And sometimes Art can awaken us thus to find it within ourselves and helping it to find us. If we should talk about guilt or weakness, I only consider the ones preventing me from this path.
ALESSANDRA REDAELLI
17
SKYLINE E LUNA
2017 | Olio su tavola | 100 x 100 cm
19
20
BRUSCO ARRESTO
2017 | Olio su tavola | 40 x 120 cm
21
22
UBI MAIOR MINOR ARANCIO
2017 | Olio su tavola | 40 x 120 cm
23
TAVOLINO DI BIANCO
2017 | Olio su tavola | 120 x 105 cm
25
26
AVVOLGIBILE CIELO
2017 | Olio su tavola | 60 x 60 cm
27
DITELO CON I FIORI
2017 | Olio su tela | 60 x 60 cm
29
30
BIANCODAVANZALE
2016 | Olio su tela | 50 x 120 cm
31
32
PENSIONE NICOLE
2016 | Olio su tavola | 180 x 240 cm
33
...E I COCCI SONO SUOI
2015 | Olio su tavola | 100 x 100 cm
35
THE ROSSO E FARO
2015 | Olio su tavola | 150 x 150 cm
37
POGGIOLINO DI VERDE
2015 | Olio su tavola | 150 x 100 cm
38
SMETTI DI GIOCARE, VAI A PRENDERE IL LATTE! 2015 | Olio su tavola | 150 x 100 cm
39
PATCHWORK
2014 | Olio su tavola | 124 x 124 cm
41
NOBILE MACCHIATO
2016 | Olio su tavola | 20 x 20 cm
42
INTER PARES
2015 | Olio su tavola | 20 x 20 cm
43
PAOLO QUARESIMA Merano, 1962
Impareggiabile cantore delle piccole cose della quotidianità, Paolo Quaresima fa propri gli oggetti e i materiali del quotidiano con l’abilità di un prestigiatore. Il metallo lucido, la porcellana appena sbeccata, i riflessi baluginanti di uno specchio d’acqua, la grana ruvida di una tappezzeria balzano fuori dalle sue tavole ancora più veri del vero, toccando corde percettive che nemmeno credevamo di possedere. Bandito dall’inquadratura, l’uomo è qui assenza presente, indiscusso protagonista raccontato nei piccoli riti quotidiani attraverso l’impronta che di lui rimane sul mondo con il quale è venuto a contatto. Paolo Quaresima nasce nel 1962 a Merano (BZ). Terminato il liceo classico si diploma nel 1988 all’Accademia di Belle Arti di Venezia e da allora si dedica interamente alla pittura. Negli ultimi anni dell’indagine pittorica di Quaresima ci sono gli oggetti. Oggetti, più che nature morte, perché con questi dipinti lo sguardo si allarga agli strumenti feriali della vita, agli utensili delle giornate. A partire dal 1987 realizza numerose mostre personali e collettive e partecipa a fiere in tutta Italia e in Europa. Dal 2008 è presente a tutte le edizioni di Arte Fiera Bologna. Vive e lavora a Merano.
44
Incomparable cantor of the little details of everyday life, Paolo Quaresima seizes daily objects and materials with the ability of a magician. Shiny metal, chipped porcelain, glimmering glares upon a stretch of water, rough grain of a wallpaper leap out the canvas more real than reality itself, awakening unknown perceptions. Banned from the framing, man becomes present absence and undisputed protagonist described through the trace of his daily gestures. Paolo Quaresima born in Merano in 1962. After high school, he graduated in 1988 at the Academy of Fine Arts in Venice, since then exclusively focusing upon painting. For the last few years he has chosen objects as his subjects. Real objects, rather than still lives, to spread his glance upon working and daily tools. Since 1987 he realized many solo and group exhibitions through Italy and Europe. Since 2008 he was invited to every edition of ArteFiera in Bologna. He lives and works in Merano.
MOSTRE PERSONALI / SOLO SHOWS 2015 La re-invenzione del quotidiano, White Room Gallery, Capri – Napoli (IT) Palcoscenico quotidiano, Museo Civico, Chiusa, Bolzano (IT) 2014 L’invenzione del quotidiano, Square Gallery, Positano (IT) Assenza Essenza – Massagrande, Nielsen, Quaresima, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (IT) 2013 Indizi giornalieri, Galleria Forni, Bologna (IT) 2012 Circola nei lavorativi, Palazzo Guidobono, Tortona, Alessandria (IT) 2010 Orario feriale, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) 2009 Mari e moli, Galleria Forni, Bologna (IT) 2007 Presenze e assenze, Galleria Agoràrte, Milano (IT) 2000 Galleria Quadrum, Dossobuono, Verona (IT) 1999 Galleria Civica Vecchie Terme, Merano, Bolzano (IT) Steghof, Naturno, Bolzano (IT) Galleria Renata Gualtieri, Cesenatico, Forlì (IT) 1998 Galleria Quadrum, Imola, Bologna (IT)
1993 Galleria d’arte della Banca Popolare, Merano, Bolzano (IT) 1991 Galleria Civica Vecchie terme, Merano, Bolzano (IT) 1990 Galleria Civica Hartmannsheim, Bressanone, Bolzano (IT) 1989 Terme di Merano, Bolzano (IT) 1987 Galleria d’arte della Banca Popolare, Merano, Bolzano (IT)
MOSTRE COLLETTIVE / GROUP EXHIBITIONS 2017 ArteGenova, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Genova (IT) MAM Mostra a Milano, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Milano (IT) Paesaggi, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) 2016 Bologna e i suoi sguardi, Galleria Forni, Bologna (IT) Context, Liquid Art System, Miami (US) 5 Anni | Classico Contemporaneo, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (IT) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) Costellazioni, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) <20 15x15/20x20 2016, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (IT) Liquid Art System’s newest showroom in London, White Room, Londra (UK) ArtePiacenza, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) ArteGenova, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Genova (IT) Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT)
1995 Galleria Civica Vecchie Terme, Merano, Bolzano (IT) Galleria Quadrum, Imola, Bologna (IT)
2015 Context, White Room Capri, Miami (US) Piccoli, anzi grandi, Galleria delle visioni, Piacenza (IT) ci contemporary Istanbul, White Room Capri, Istanbul (TR) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) <20 15x15/20x20 2015, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (IT) Il cibo, nutrimento per corpo e spirito – per EXPO 2015, Galleria delle Visioni, Oratorio di San Cristoforo, Piacenza (IT) ArteCremona, Galleria delle Visioni, Cremona (IT) Art Karlsruhe, Galleria Forni, Karlsruhe (DE) Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT)
1994 Galleria Prisma, Verona (IT) Galleria Civica di Bolzano, Bolzano (IT)
2014 ArtePiacenza, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) Context, White Room Capri, Miami (US)
1997 Galleria La loggia, Sansepolcro, Arezzo (IT) Galleria Civica Vecchie Terme, Merano, Bolzano (IT) 1996 Galleria d’arte della Banca Popolare di Milano, sede di Parma, Parma (IT) Galleria d’arte della Banca Popolare di Milano, sede di Firenze, Firenze (IT)
45
Piccole poesie su tela, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) ci contemporary Istanbul, White Room Capri, Istanbul (TR) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) Bergwelten – lassù sulle montagne, Museo Civico, Chiusa, Bolzano (IT) Ordine e disordine, Galleria delle Visioni Piacenza, Sestri Levante, Genova (IT) Art Expo, Square Gallery Positano, New York (US) Lassù sulle montagne, Libreria Sovilla, Cortina d’Ampezzo, Belluno (IT) In Absentia, Palazzo dei Principi, Correggio, Reggio Emilia (IT) Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) 2013 Di bianco e d’inverno, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) ArteCremona, Galleria delle Visioni, Cremona (IT) ArtePiacenza, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) … e la barca va, Galleria Forni, Bologna (IT) Arte in terapia, Galleria Gagliardi San Giminiano, Spoleto, Perugia (IT) La bellezza necessaria, 64° Premio Michetti, Francavilla al Mare, Chieti (IT) Boccadirosa, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) Lassù sulle montagne, Galleria Forni, Bologna (IT) Tiozzo e la sua scuola, Museo cà Robegan, Treviso (IT) 2012 Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) ArteGenova, Galleria delle Visioni, Genova (IT) Out of the blue, Galleria Forni, Bologna (IT) Grandi formati 2, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) ArtePiacenza, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) 2011 Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) Segno e colore nel paesaggio contemporaneo 2, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) Finis Valtellinae, Palazzo Pretorio, Sondrio (IT) Landscape, Museo Civico, Chiusa, Bolzano (IT) Il mito del vero, Situation, Spazio Guicciardini, Milano (IT) Il mito del vero, Situation, Palazzo Guidobono, Tortona, Alessandria (IT) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) ArtePadova, Galleria delle Visioni, Padova (IT) Nature redivive, Palazzo Guidobono, Tortona, Alessandria (IT) 2010 Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) FIGURazione, Galleria delle Visioni, Piacenza (IT) C. B. Tiozzo e allievi, Scorzè, Venezia (IT) Il mito del vero, il ritratto e il volto, Palazzo Durini, Milano (IT) Mare nostrum, Galleria Forni, Bologna (IT) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) 2009 Arte Fiera Bologna, Galleria Forni, Bologna (IT) MiArt, Galleria Forni, Milano (IT)
46
C. B. Tiozzo e allievi, Biadene di Montebelluna, Treviso (IT) C. B. Tiozzo e allievi, Galleria Scrimin, Bassano del Grappa, Vicenza (IT) ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) 2008 ArtVerona, Galleria Forni, Verona (IT) 2007 ACQUA, Galleria Forni, Bologna (IT) Nuovi realismi, LVIII Premio Michetti, palazzo S. Domenico, Francavilla al Mare, Chieti (IT) ACQUA, Palazzo Ducale di Pavullo nel Frignano, Modena (IT) Nuovi pittori della realtà, padiglione d’arte contemporanea (PAC), Milano (IT) 2006 Figureinposa, centro di promozione culturale “Le Muse”, Andria, Bari (IT) Figurae, Galleria Factory, Modena (IT) Atmosfere, Centro della cultura, Merano, Bolzano (IT) Proiezioni di donne, Spazio Eventi, Milano (IT) 2005 Altre figurazioni, Galleria Agoràrte, Milano (IT) Altre figurazioni, Museo di arte moderna e contemporanea di Montesegale, Pavia (IT) La figura interpretata, Galleria Agoràrte, Milano (IT) Nel giardino della mente, A.A.C. Il ponte, Pieve di Cento, Bologna (IT) 2004 Arte e natura, Palais Esplanade, Merano, Bolzano (IT) 2003 La figura, Galleria Davico, Torino (IT) Proposte, Galleria Forni, Bologna (IT) 2002 Pulchra Ecclesia, Montichiari, Brescia (IT) Proposte, Galleria Forni, Milano (IT) Proposte, Galleria Forni, Bologna (IT) Premio d’arte città di Lissone, Lissone, Monza Brianza (IT) 2000 Omaggio a Gustav Mahler, centro culturale Grand Hotel Dobbiaco, Dobbiaco, Bolzano (IT) 1999 Cesenatico Arte, Palazzo Veronese, Cesenatico, Forlì-Cesena (IT) 1998 Arte Fiera, Bologna (IT) Ancona Arte, Ancona (IT) Palermo Artefiera, Palermo (IT) ArteUdine, Udine (IT)
ArtePadova, Padova (IT) Contemporanea, ForlĂŹ (IT) 1997 Galleria Quadrum, sede estiva di Caorle, Venezia (IT) Arte Fiera, Bologna (IT) Vicenza Arte, Vicenza (IT) Palermo Artefiera, Palermo (IT) ArtePadova, Padova (IT) Contemporanea, ForlĂŹ (IT) 1996 Vicenza Arte, Vicenza (IT) Arte a Pordenone, Pordenone (IT) 1995 Palazzo Casa dei Carraresi, Treviso (IT) ArtePadova, Padova (IT) 1994 Galleria Al Tezzon, Camposanpiero, Padova (IT) La Notte, Merano, Bolzano (IT) 1988 Galleria La torre, Carpendo, Venezia (IT)
47
di SOFIA MACCHI VIALE SANTâ&#x20AC;&#x2122;ANTONIO 59/61 21100 VARESE (VA) ITALY +39 0332 32 09 90
INFO@PUNTOSULLARTE.IT