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Numero 19 - novembre 2018
JOHNNY CASINI senza filtri
MAC FRANCESCO MASCIO
PROGETTO PANICO UMBERTO TI.
sommario 4 Johnny Casini 8 MAC 12 Progetto Panico 16 Francesco Mascio 18 Umberto Ti. 20 Frances P 22 Mico Argirò 24 Canecapovolto 28 Fab 32 Zuin 36 Elena Sanchi 40 Quellochesentivo Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com e provvederemo alla rimozione immediata
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JOHNNY CASINI senza filtri Da Correggio alla California, passando per Londra: “Port Louis” è il primo ep del musicista emiliano, prodotto da un nome incredibile come Phil Manzanera e con musicisti internazionali di grandissimo livello
La prima domanda è d’obbligo: come succede a un cantante di Correggio di trovarsi a incidere un ep prodotto da Manzanera e accanto a tutti i musicisti che hanno suonato con te? È successo che suonando a un mio concerto circa quattro anni fa nelle zone della Bassa reggiana
ho avuto la fortuna di incontrare il mio odierno Manager Claude Ismael (Youssou N’Dour, Kool & the Gang, Rita Marley, Barry White, Frank Zappa, The Cure...). Tra di noi è nato un bellissimo rapporto professionale che si è trasformato poi anche in uno di amicizia. Attraverso la sua esperienza, 412
le sue conoscenze e il suo alto livello professionale nel mondo del music business è successo che mi sono ritrovato catapultato nel mezzo di Londra nello studio di Phil Manzanera ad incidere “Port Louisâ€?. Come nascono le canzoni del disco? Realizzate ad hoc oppure 5
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Vorrei saper come nasce “Dark Sunglasses”, quasi una sorta di manifesto di vita… È vero. Sono contento che sia passato il mio messaggio. Dark Sunglasses è un brano pieno di metafore. Gli occhiali sono come un filtro da mettere sugli occhi ogni volta che non vogliamo vedere la verità. La collina dove piangere le proprie lacrime di tristezza rappresentano i vari cambiamenti di vita. Ho scritto questo brano per dare una speranza e la forza di poter togliere gli occhiali un giorno, di poter vivere senza filtri e di poter accettare che la vita in sé è un insieme di grandi cambiamenti. Questo ep è già una prova piuttosto concreta del tuo inizio di carriera. Hai già chiari quali potranno essere i tuoi passi successivi? Attraverso la musica il mio obiettivo è trasmettere i miei sentimenti e le mie emozioni al pubblico. Proprio per questo motivo nel mio prossimo futuro la mia aspirazione è quella di poter fare tantissimi concerti e di continuare a comporre musica.
arrivate lungo un percorso lungo? Le canzoni del disco nascono da un’elaborazione di un lungo periodo in cui ho maturato e trascritto in musica e parole esperienze personali vissute direttamente. Il tuo disco “pesca” da sonorità molto tradizionali del rock. Quali sono i tuoi ascolti abituali? Che cosa ti piace della musica del 2018? Premetto che amo tutta la musica in generale e mi incuriosiscono tutte le nuove tendenze musicali. Sono un fan del britpop e dell’indie anglosassone dalle origini a oggi. Dai Beatles passando per tutti i decenni successivi per arrivare a band più moderne come Arctic Monkeys o Kasabian. Ho un certo trasporto anche per il southern rock e del folk americano. Seguo anche musica di cantautori Italiani. Nella musica uscita del 2018 mi piace l’ultimo lavoro degli Arctic Monkeys, Black Rebel Motorcycle Club, George Ezra, Franz Ferdinand, Interpol, The Vaccines, Cesare Cremonini, Calcutta e Subsonica. 7
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una mina vagante Un esordio che mescola poesia, sentimenti crudi, problemi di comunicazione: “Un pianeta su nove”, prodotto da Luca Spaggiari, mette sul piatto tutta la verità, a volte oscura, di Mario Alessandro Camellini Scrivi canzoni da quando avevi 15 anni ma prima di arrivare all’esordio sei passato attraverso due romanzi pubblicati e svariate tappe intermedie. Puoi spiegare il tuo percorso?
La domanda mi pare ad ampio spettro, ad amplissimo spettro. Mi spiego. In virtù di una mia deformazione legata ad aspetti psicologici ed emotivi sono impossibilitato a scindere il mio percorso 8
artistica e quella come da essere umano, non si possono separare. Detto questo, cercherò di essere sintetico ma efficace, riservato ma esaustivo, di conseguenza dovrò essere fedele alla premessa banale che ho fatto poc’anzi; raccontarvi un po’ dei cazzi miei. Figlio di un ricchissimo poveraccio, la persona citata non è morta, vive, eccome se vive. Come è giusto che sia. Se fosse scomparsa non avrebbe senso sparare (in senso metaforico!) a un morto. Ma non voglio perdere il fragile filo del discorso che ho imbastito. Cresciuto nel lusso, in una dimensione che non può non alienarti, perché sei un alieno se tuo padre compare su Forbes sulle loro classifiche della vergogna. Non conoscevo il reale. Il vero stato delle cose e del mondo. Devo ammettere che di tanto in tanto, quando stavo diventando un ragazzino, ci sono state certe contingenze che mi hanno fatto assaggiare cose che valicano il confine con il reale. Cose che attaccano e divorano chiunque, senza alcuna discriminazione nella loro scelta; dislessia, obesità,
di vita con quello artistico. I miei slanci creativi nascono da flussi che hanno contraddistinto e che tuttora dipingono il mio vissuto. Certe dinamiche così intrinseche fra di loro, come la mia vita 9
insonnia. Alla soglia dei dodici anni mi sono avvicinato alla musica, per l’esattezza al pianoforte. Ho iniziato a studiare in una realtà la cui natura accademica e competitiva mi mise in grossa difficoltà. Guerra in casa, grosse difficoltà fuori casa. A quindici anni iniziai a scrivere canzoni, in realtà cominciai a comporre linee di pianoforte. La dislessia mi stava abbandonando, ma avevo ancora difficoltà a scrivere, perfino dei testi. A sedici anni vi fu una svolta, oserei dire un miracolo; dal giorno alla notte acquistai una fluidità nello scrivere che solo
qualche mese prima nemmeno nei sogni l’avrei sfiorata. Per essere chiaro, alle scuole medie non arrivavo mai alla sufficienza quando si trattava del classico tema d’italiano. E poi mi rivoltavo rabbioso quando sentivo parlare di tutor o logopedisti. Senza alcuna ragione scientifica, da dislessico grave, incapace di mettere insieme due concetti in una frase, diventai assai fluido e proficuo nella scrittura. Scrivevo canzoni e poesie. Solo a diciannove anni arrivai a conoscere la libertà che ti penetra nelle viscere quando ti dedichi a un romanzo. Ma facciamo un passo indietro! La dislessia miracolosamente mi lasciò libero, ma passai dalla padella alla brace. Divenni abulico, persi sessanta chili in nove mesi. E poi le prime droghe. E poi la depressione. E senza accorgermi divenni una mina vagante. E sopratutto un uomo. La musica, le canzoni non hanno assolutamente, per quanto mi riguarda, una funzione terapeutica. Non sublimo il dolore attraverso la musica. Faccio 10
musica che prende vita dal dolore. Scrivo canzoni perché, oltre alla scrittura, non so fare null’altro; e in virtù del fatto che non faccio fatica a tirare fuori canzoni, io amo le cose facili e non potrei non godere di questo privilegio che coccola da un lato il mio ozio, e dall’altro il mio ego. In copertina ci sei tu allo specchio e molte canzoni sembrano scavare nella tua carne viva. Non hai nessuna remora nel presentare te stesso in modo così sincero e senza filtri? In virtù di come ho risposto alla prima domanda vi sembra che abbia remore a darmi voce con questa crudezza e questa attitudine truce che avete colto nelle mie canzoni? Sono stato un grande bugiardo, un grande manipolatore, poi ho deciso di smettere, perché la menzogna è una droga, ti ripaga istantaneamente, dopodiché ti si ritorce contro con un’ira mortale. Come nasce “Livore” e perché hai scelto una canzone così dura e disperata come biglietto da visita del disco?
Livore nasce in dieci minuti, dopo una bottiglia di vino bevuta a stomaco vuoto. Naturalmente parlo del testo e della sequenza di accordi. Poi gli arrangiamenti sono stati curati da Luca Spaggiari, il mio produttore. E Nicola Manzan (Bologna Violenta) con i suoi violini l’ha valorizzata al meglio. Per quanto riguarda la scelta di fare uscire come primo singolo dell’album Livore non è stata frutto di una mia decisione Che cosa ha offerto il produttore Luca Spaggiari al tuo disco? Luca si è occupato della produzione artistica. Si è dedicato alla maggior parte degli arrangiamenti e ha suonato lui stesso le chitarre, i bassi e i sinth. Parlo delle registrazioni del disco ovviamente. E non nascondo che senza Luca con assoluta e granitica certezza non sarei qui a rispondere alle vostre domande. Tre nomi di cantautori contemporanei che ti piacciono? Andrea Appino (da solista), Brunori ed Emidio Clementi. 11
PROGETTO PANICO “Universo n. 6” è il nuovo lavoro, a distanza di due anni da “Cattivi tutti quanti”, con un ritorno al suono e all’attitudine delle origini Due anni dall’ultimo disco: visti i ritmi della discografia indipendente è un tempo abbastanza ridotto. C’è stato qualcosa che vi ha spinto ad accelerare oppure è
filato tutto liscio durante le lavorazioni di “Universo n.6”? In verità a noi è sembrato un tempo lunghissimo. Il disco era praticamente pronto appena è usci12
to Cattivi tutti quanti in formato acustico. Abbiamo spedito i pezzi ad Alessandro Fiori e son volati via due anni, divisi in tre giorni di prese in studio, qualche mese di
missaggio e il resto tra meditazione e cazzeggio. A proposito: siete stati affiancati da Alessandro Fiori in questo nuovo disco: che cosa ha regala13
to al suono dell’album e comunque al progetto? Alessandro ha donato al disco il suo tocco fiabesco e fuori dal tempo. Una persona di un umanità ed empatia fuori dal comune. Dal lato tecnico ha aggiunto archi, pianoforte, synth e tutto quello che gli capitava sotto mano nel suo studio Rudere, una fucina di creatività e accuratezza tecnica. Ma la cosa più interessante che ha lavorato molto di sottrazione, alleggerendo dove c’era bisogno senza snaturare il nostro suono. Il disco ha scarsissimo rispetto per le distinzioni fra i generi, per non dire nessuno. Vorrei sapere qual è il vostro processo di lavorazione visto che nel disco una canzone punk si trova accanto a una melodica, per poi passare a una quasi psichedelica e via discorrendo… Lo facciamo per destabilizzare i critici musicali ehehe. A parte gli scherzi, da sempre abbiamo cercato di giocare con i generi. Abbiamo gusti molto diversi e cerchiamo di “vestire” un brano che si porta in studio, come sembra ren-
da meglio, o perché semplicemente quel giorno eravamo più incazzati di altri. In verità il lavoro su Universo n. 6 è stato quello dove si è cercato di essere più aderenti all’idea uscita dal provino acustico. Poi, va be’, ogni tanto ci facciamo prendere la mano. Mi sembra che il brano “Spettacolare” abbia una genesi che merita di essere raccontata… Spettacolare è nata in un attimo, distrattamente. Ricordo soltanto che mi sono detto, non ho quasi mai scritto un verso che non contenga una nota d’ombra, di livore. Ed è arrivata la prima ballata romantica del progetto, solare, diretta e senza bava alla bocca... A riascoltarla ora, mi sembra più punk di quelle incazzate. Avete sviluppato una notevole esperienza dal vivo, anche viste le band che avete affiancato. Avete in mente qualcosa di particolare per il tour di promozione del disco? Il set sarà simile ai tour precedenti, forse con più spazio a parti di relativa calma. Per il resto la solita e sana violenza. 14
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Da quali ispirazioni nasce il nuovo disco? Per quanto riguarda il sound, Wu Way è ispirato per lo più alla musica tradizionale cinese; mentre da un punto di vista concettuale si tratta di un disco permeato dalle
“Wu Way” è il nuovo disco del chitarrista nato a Cassino, largamente avviato sulle strade d’Oriente 16
filosofie orientali come il buddismo, il taoismo e lo zen. Hai costruito le sonorità del disco utilizzando molti strumenti singolari e non utilizzati spesso. Quali erano i tuoi intenti nel disegnare le sonorità del disco? Avevo in mente un disco in cui la chitarra fosse al centro dell’ascolto, ma al tempo stesso volevo creare, grazie ai vari strumenti utilizzati, delle precise atmosfere sonore che fungessero da cornice alla voce della chitarra e da collegamento ai brani per dare maggiore coerenza al concept dell’album. Vorrei sapere come nasce “Tiziano Terzani” e che tipo di influenza ha esercitato su di te la figura dello scrittore e giornalista così legato all’Oriente. In seguito alla lettura di un libro di questo straordinario personaggio, ho provato una forte emozione che, dopo aver preso la chitar-
ra, quasi senza rendermi conto, si è lentamente trasformata nella ballad contenuta nel disco. Tiziano Terzani mi ha sicuramente ispirato sia come uomo che come artista per il suo grande coraggio verso la ricerca della verità. Ci sono alcuni ospiti di prestigio sul tuo disco: come nasce la collaborazione con loro? La collaborazione con il disco da parte di Susanna Stivali, Gabriele Coen e Sanjay Kansa Banik, nasce dal fatto che in passato avevo già avuto il piacere di suonare con loro, scoprendone la grande sensibilità artistica; in oltre per alcuni brani, avevo bisogno di precise sonorità che erano affini alle loro caratteristiche stilistiche, così non ho potuto fare ameno di coinvolgerli in “Wu Way”.
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Si chiama “Alaska” nuovo lavoro del cantautore dopo “Cielo incerto”, prodotto anche in questo caso da Giuliano Dottori Rispetto al mio primo ep, Alaska “Alaska” è il tuo secondo lavoro. è un album quindi sono nove canChe tipo di approccio hai adotzoni, ci abbiamo lavorato moltato e quanto è stato diverso lato inserendo parti di pianoforte, vorarci rispetto al tuo esordio? Mauro Sansone ha suonato una L’approccio che ho adottato con il batteria compressa, diretta. Alexya mio nuovo album Alaska è stato Salari ha fatto i cori su alcuni pezlavorare per immagini, avevo in zi. Insomma ci sono molti più elemente un’atmosfera “americana”, menti rispetto al primo disco. motel desolati, piscine abbanIl disco suona molto rock. E’ stadonate, laghi, t-shirt scolorite. 18
ta una scelta programmatica o ti sei accorto in corso d’opera che funzionava meglio così? Ho deciso sin dall’inizio che volevo un suono graffiante quindi abbiamo usato chitarre aggressive, ma anche qualcosa di noise, voci doppiate e distorte che dovevano ben rappresentare l’immaginario che volevo descrivere. Come nasce “Principianti”? Il brano Principianti nasce dal primo verso che ho scritto che poi ha dato il via a tutte le altre canzoni “ In questa storia come due Principianti ci guardiamo negli occhi per non sentirci così distanti...” La canzone sottolinea come in amore forse, siamo un po’ tutti dei Principianti. L’atmosfera è molto veloce, volutamente agitata.Per il suono mi sono ispirato ad alcune cose anni Novanta. Hai “confermato” la produzione di Giuliano Dottori: che tipo di dinamica avete sviluppato e che cosa ha regalato a questo disco? Con Giuliano Dottori oltre che una collaborazione professionale ormai è nata un’amicizia, viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda
musicale, che ritengo una cosa molto importante tra produttore e musicista ,con i suoi arrangiamenti è riuscito ancora una volta a tirare fuori l’anima che cercavo dalle mie canzoni. Giuliano ha regalato a questo disco l’eleganza che desideravo.
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FRANCES P Classe 2000, un esordio in un coro di voci bianche a soli 4 anni ma anche un’anima R&B molto profonda: con “No regrets like mama” Francesca Piras mette in mostra voce, anima e determinazione Sei giovanissima eppure l’impronta del tuo cantato è piuttosto “classica”, almeno quanto a
radici. Da che tipo di ascolti arrivi? Ascolto un po’ di tutto, dal rock al 20
soul, dal pop all’hip hop, indie: vario molto. Mi piacciono parecchio gli Arctic Monkeys, Radiohead, Bruno Mars, Paolo Nutini, Stevie Wonder, Laurin Hill, Ed Sheeran, giusto per citarne qualcuno. Hai scelto di registrare interamente in acustico, con pochissime sovraincisioni: da dove nasce questa scelta di presentarti “senza rete”? Ho deciso di mantenere tutto in acustico per far sentire la semplicità con cui sono nati i brani in camera mia: ho ritenuto che presentarli così avrebbe mostrato la semplicità che mi rappresenta. Inoltre ho preferito fare tutto da sola per sentire tutto mio, interamente realizzato da me; forse per orgoglio, ma sicuramente per motivarmi. Come nasce “No regrets like mama” che hai scelto come singolo di presentazione? “No regrets like mama” parla di mia madre, dei suoi sacrifici e della sua grande etica nel lavoro. È sempre stata il mio mentore, mi ha insegnato tanto, soprattutto a lavorare sodo e seguire i miei sogni. 21
Dopo il primo ascolto del brano Scream di Paolo Nutini mi sono sentita completamente rapita dal sound, e aggiungendo un pizzico di Stevie Wonder ho scritto e composto il brano in pochissimo tempo. “Nessun rimpianto come mamma” perché, nonostante tutte le cose a cui mia madre ha dovuto rinunciare, è sempre andata avanti senza rimorsi, rimboccandosi le maniche e dando tutto, anche ciò che non aveva per la famiglia; e per questo, io le sarò sempre riconoscente. Con questo brano ho voluto dire “grazie” a mia madre, dimostrandole tutta l’ammirazione che provo nei suoi confronti. Ovviamente ora sei concentrata sul tuo nuovo ep. Ma se dovessi pronosticare (o sognare) almeno il prossimo pezzo della tua carriera, quale sarebbe il tuo sogno? Sto già lavorando a nuovi progetti; mi sto cimentando a scrivere in italiano e per ora sono abbastanza soddisfatta di ciò che sta uscendo fuori. Sicuramente ho in mente di realizzare cose un po’ più articolate strumentalmente, con l’aggiunta di più musicisti!
MICO ARGIRO’ Con un rimando diretto a Fabrizio De André, il cantautore lancia “Un altro giugno 73”, singolo “stand-alone” dalla storia molto significativa Ho letto che questa canzone è nata in modo diverso dalle altre tue: puoi raccontarne la genesi? Questa canzone è nata come uno di quei tanti fogli vuoti sui quali appunti una strofa e non sai andare avanti, quelli che scrivono mi capiranno meglio… la strofa parlava di questo istante di bellezza e del mio non volere, con questa ragazza, Un altro Giugno ’73 (che è un pezzo di De André che parla di due che si lasciano). Poi, un annetto dopo, ho scritto un’altra strofa, nel frattempo erano cam-
biate cose, luoghi… e quando, dopo anni, la storia era finita ho capito che su quel foglio mancava proprio la strofa di chiusura. Io, in genere, scrivo le canzoni abbastanza di getto, poi le rivedo per lunghi periodi, ma la fase di scrittura vera e propria dura poco, questa è diversa perché è un sincero “in progress”; l’ho scritta mentre le cose nascevano, mentre cambiavano e quando erano finite. Ci puoi raccontare del video? Il video, regia di Ciro Rusciano, sviluppa una mia idea abbastan22
simili in futuro? Da tanto tempo ormai mi occupo di musiche per il teatro e ho avuto il piacere di partecipare a spettacoli molto diversi ai quali ho dovuto adattare la mia musica e le mie sperimentazioni. “Io non mi rassegno – Un storia d’amore” è un’esperienza molto bella, che ha avuto già un grande riscontro e che continuerà a fare la sua strada nei prossimi tempi; nasce dalla penna e dalla capacità attoriale di Salvatore Riggi, attore siciliano dell’Accademia Internazionale di teatro di Roma, e racconta di una figura importante della nostra contemporaneità. Io ho composto una serie di musiche che ben si adattavano al testo e sottolineavano l’idea centrale di una Bellezza che può salvare dalla rassegnazione. Con me c’erano due grandi musicisti, Letizia Bavoso al flauto e Giampietro Marra alle percussioni (che fanno parte anche della squadra di Un altro Giugno 73) e con i quali abbiamo diviso bei momenti su e giù per l’Italia.
za simbolica dove la fase bella del rapporto vede due bambini in scena, la fase più matura vede il bambino diventare adulto e la fase finale si tinge di assenza e sospensione. Il luogo anche è un simbolo: una stazione dei treni abbandonata, che si ricollega a Saltare, canzone del mio precedente album. È stato bello girare questo video con dei ragazzini (Emilio e Cristina Marrocco), tra l’altro bravissimi, e, come sempre, farlo in terra cilentana. Il tuo ultimo lavoro Vorrei che morissi d’arte ha qualche mese… Stai già lavorando a un disco nuovo? Sto lavorando a tante cose nuove, molto varie e diverse, ma non ho in progetto un album nell’immediato. Ci tenevo a far uscire questa canzone da sola, perché racconta una storia personale e perché ha una funzione catartica per me e la mia vita, che in questi anni ne ha viste tante. Nel 2017 hai composto le musiche per lo spettacolo su Peppino Impastato: che tipo di esperienza è stata? Pensi che ne rifarai di 23
CANECAPOVOLTO Con un’attività pluriennale alle spalle nel campo della musica sperimentale, Canecapovolto presenta il nuovo album “Normale”. Gli abbiamo rivolto qualche domanda Puoi raccontare la tua storia fin da Radio Rai) un film senza imqui? magini, in poche parole. Inizia un canecapovolto nasce nel 1992 deperiodo di ricerca attraverso la dicandosi al video e alle arti visiproduzione di questi lavori (sia in ve. Qualche anno più tardi scrilingua italiana che in inglese) con vemmo e realizzammo un primo la premessa che suoni, rumori, Radiodramma (che fu acquistato musiche e parole riuscissero a ge24
zione? Normale racchiude vari cicli di esperienze dal circuit-bending alle composizioni realizzate con il cut-up, ai primi esperimenti con le drummachine etc. Ci sono ad esempio 2 brani realizzati collegando un sequencer analogico al pianoforte virtuale di Garage Band; in pratica la struttura armonica/melodica viene creata al volo azionando decine di interruttori e potenziometri e non suonando una tastiera. Ho scoperto per caso che si poteva fare e devo dire che errori e limiti delle cosiddette “macchine” sono spesso molto istruttivi. Tutto ciò viene chiamato “inconscio tecnologico” ma stiamo notando che le tecnologie più recenti non concedono tutto questo spazio alla mente di musicisti e autori in genere… “Normale” è composto di molti brani con una spiccata estetica glitch e con una “passione” per le voci interrotte: che cosa volevi trasmettere con questo tipo di composizioni? Non sono un appassionato del glitch ma mi interessa molto la strut-
nerare immagini negli ascoltatori. Iniziammo anche a fare “field recordings” con l’obiettivo di realizzare composizioni “musicali” e anche di costituire un archivio suddiviso tematicamente (che a tutt’oggi conta quasi 3000 suoni). Quando ho iniziato a suonare mi è sembrato naturale utilizzare registrazioni microfoniche all’interno delle composizioni e cercare relazioni con la musica. Ultimamente mi sono dedicato alle tastiere modificate con la tecnica del circuit-bending e alle prospettive musicali possibili. Ho subito amato questa pratica perché i cortocircuiti che si vengono a creare azionando manopole e interruttori rendono queste vecchie tastiere Casio degli anni ‘80 incontrollabili e sfuggenti e perché questa non-estetica espressiva mi consente di tenermi lontano dalla retorica e dall’ambiguità delle musiche sperimentali basate sul noise. Hai raccolto questo materiale durante molti anni di lavoro. Come sei arrivato a sentire che era giunta la conclusione per il tuo lavoro di ricerca ed elabora25
tura della musica minimalista, in cui vengono progettate variazioni in riferimento alle ripetizioni. Alcuni brani di Normale sono basati più precisamente sul cut-up inventato da William Burroughs (vedi per esempio il cortometraggio The Cut ups del 1966 dove questo metodo viene applicato sia al montaggio visivo che a quello sonoro). Mi piace che le parole possano essere utilizzate come suoni e strutture, al di là della loro
intellegibilità e comprensione. Per il progetto parallelo The Ox sto utilizzando spesso anche voci narranti inglesi generate da un software ‘text-to-speech’. Lavori spesso in duo: che dinamiche si formano all’interno della collaborazione con altri per una ricerca sonora che talvolta, almeno da fuori, può sembrare un po’ “autistica”? Lavoro in duo con il progetto Kinothon (un set di improvvi26
sazione visuale e sonora), poi ci sono Istituto No (con un chitarrista), Siddhi/cc (con un amico, musica elettroacustica) e Pragma (con una cantante e studiosa della voce, stavolta utilizzo un violoncello, microfoni a contatto e altri strumenti a corda). Viene sperimentata ogni volta soprattutto la relazione e l’interplay con un’altra persona e questa è una grandissima opportunità in un periodo contraddistinto dalla difficoltà di “ascolto” dell’altro da noi. Con The Ox, infine, sto scoprendo quanto spazio può esserci tra la cosiddetta intelligent dance music e la musica “sperimentale”; Il cd è appena uscito, autoprodotto, e si chiama infatti “Dance that noise”. Sono curioso di sapere com’è la resa dal vivo della tua musica: che cosa si può aspettare chi viene a vederti dal vivo? Bella domanda. In genere gli spettatori di musiche estreme o di ricerca attendono di essere annichiliti da muri di suono o addirittura un’esperienza punitiva! E del resto sappiamo che alcuni musicisti non sono molto interessati al pubblico.
Per me è diverso, gli ascoltatori di fatto completano l’opera sonora e sperimentare secondo me implica sempre la ricerca di una relazione (magari controversa) con chi ci ascolta e ci vede… Dal vivo suono di solito tastiere modificate e batterie elettroniche proprio perché trovo divertente fare coesistere un sistema imprevedibile con uno assolutamente prevedibile. E’ tutto! canecapovolto@gmail.com www.scuolafuorinorma.it https://canecapovolto.bandcamp. com/ https://vimeo.com/canecapovolto
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FAB
Un disco “americano” ma anche cpm un’anima romantica tutta italiana che dà forma a pensieri intimi e introspettivi, racchiusi in otto brani inediti: ecco “Maps for Moon Lovers Che cosa è cambiato dal tuo esordio e che panorami nuovi hanno fatto da sfondo a queste tue “mappe per amanti della Luna”? Bless è stato un luogo perfetto per mettermi alla prova, un’ottima “palestra” per sondare la mia capacità di scrivere canzoni. E di farlo per la prima volta in qualità
di cantautore. Ho ricevuto ottimi riscontri e bellissime soddisfazioni, un incentivo a scrivere da subito nuovi brani. Maps for Moon lovers è nato già ai tempi dei primi live di Bless e alcuni testi, come per esempio The lazy one, li ho composti durante il primo tour. In quel frangente ho avvertito la necessità di rinvenire nuovi suoni, 28
l’esigenza di dirigermi verso altri territori ed esplorarli senza timore. È stata una ricerca molto lunga, durata circa un anno e mezzo. Non ho avuto alcuna fretta. Ho ascoltato tanta musica nuova (abitudine che in realtà ho da sempre) tentando di individuare le sonorità più adatte per un nuovo disco. Quanto ai testi mi sono spinto in una direzione differente e ho costruito otto storie per otto protagonisti differenti, scenari totalmente diversi rispetto a Bless, che da questo punto di vista può considerarsi un album più intimo e autobiografico. I panorami di Maps for Moon lovers nascono da un’operazione “descrittiva”, il tentativo di raccontare le singole vite di personaggi moderni illuminati dal chiarore della luna. Benché buona parte del tuo disco suoni “analogico”, a volte perfino “old style”, tutto è partito dal loop sintetico di “Shoreditch girl”, a quanto ho letto… Assolutamente sì! Un loop venuto fuori quasi per caso con il microkorg, una nenia creata in studio da Alex Tolomeo (suo il piano
e le parti elettroniche del disco). Quel suono, quel carillon dal sapore anni 80, un po’ “Gameboy”, mi ha affascinato molto e mi ha convinto a coniugare suoni elettronici con chitarre brit. Ed ecco questi pad ampi, rotondi, estremamente riverberati, suoni che non è stato facile costruire ma che, una volta “messi al guinzaglio”, hanno segnato la svolta. Con il “tappeto sonoro” giusto è stato agevole disegnare le melodie che mi giravano in testa da mesi, sostenute da un hammond piuttosto che da un piano Rhodes, suoni decisamente vintage che a mio avviso si sposano alla perfezione con un synth. E questa la strada da battere, anche per il futuro. È una sintesi che mi affascina enormemente. Come nasce How High the Moon e perché l’hai scelta come singolo? Nasce dall’idea di affrontare il tema dell’amore da un punto di vista differente. L’amore sa essere fatto anche di urla e bugie, così come alle volte può risultare talmente ingombrante da risultare ingestibile e pericoloso. Il video è 29
stato costruito tentando di rendere in maniera “teatrale” questo concetto. Il finale è volutamente brutale ed estremo, ma in alcuni casi diventa necessario. Il manichino è un elemento forte, altamente simbolico, la sua accecante immobilità sussurra mille parole a proposito di amori finiti o maleodoranti. È un brano nato da una profonda osservazione della realtà che mi circonda. Mille storie ascoltate in questi anni a proposito di amori ingovernabili mi hanno suggerito una scrittura del genere. Le sonorità sono molto brit,
il ritornello è diretto, immediato e senza fronzoli. Ho compreso subito che aveva tutte le carte in regola per essere il primo singolo. Una volta girato il video, poi, non ho avuto alcun dubbio. La veste perfetta per una storia d’amore che sembra quasi un noir. Quanto c’è di autobiografico nelle storie che racconti? C’è sempre qualcosa di noi nelle canzoni che scriviamo. Inutile negarlo. In questo disco, però, come accennato prima, ho adottato un approccio diverso, più distaccato e neutrale. Un racconto più freddo 30
e asettico, meno coinvolto rispetto a Bless. I personaggi che animano i brani cantano le loro storie, i loro frammenti di vita e lo fanno a modo loro. Incespicano nei guai, nelle disattenzioni, nelle immoralità tipiche di questi tempi e trovano riparo nella luce della luna. Una luce bislacca ma accondiscendente, che comprende e giustifica, condiziona e accudisce. La luna è il conforto più grande per un sognatore incallito. E alla fine si può dire che si tratta di una raccolta di racconti musicata, né più né meno. Tre nomi che ti piacciono della musica italiana di oggi, a prescindere dal genere? Dario Brunori su tutti. Non perché sia mia conterraneo ma semplicemente perché è stato in grado di creare un
linguaggio comunicativo tutto suo. Operazione assolutamente complicata di questi tempi, sopratutto se si scrive in lingua italiana. Nel panorama dell’attuale cantautorato italiano lo considero una spanna sopra gli altri. Un altro progetto che ho sempre ritenuto molto interessante è Le luci della centrale elettrica. Anche in questo caso c’è uno spessore compositivo e comunicativo assolutamente degno di nota. Infine, considerando che i miei testi parlano lingua inglese, non posso non citare gli A Toys Orchestra, una band coraggiosa e geniale che a mio avviso meriterebbe palcoscenici europei di assoluto rispetto.
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ZUIN Preceduto dal singolo “Bianco”, “Per tutti questi anni” è il nuovo disco del cantautore, che si è già fatto vedere sul palco del Concertone del Primo Maggio a Roma
“Per tutti questi anni” è il tuo esordio su lp: come l’hai vissuto e approcciato? L’ho vissuto come tutto in maniera molto istintiva e naturale, ho scritto e lavorato ad arrangiamento e registrazioni parallelamente all’attività live, i tempi si sono certamente prolungati ma sono mol-
to contento del risultato finale. Hai raccontato di questo disco come del “più personale che potessi scrivere”: ti è costato molto aprirti così? Sinceramente sì, ho sempre celato le cose fin troppo dietro ai miei testi, probabilmente in alcuni punti l’ho fatto anche in questo disco ma penso di avere fatto un passo avanti riguardo alla mia apertura nei confronti di un ascoltatore. Non è così semplice mettersi completamente a nudo perché rendi pubblico il tuo vissuto, le tue paure e le tue debolezze ma è anche un bel modo per esorcizzare e tro-
vare supporto. Mi incuriosisce la copertina del disco, che mi sembra piuttosto ricca di simboli: com’è nato il concept? Il concept è nato da un idea dello studio che ha curato le grafiche The Mine di Milano di Francesca Panigutto e dal suo team di creativi. Ho raccontato a loro cosa c’era nel mio disco, nei testi, nelle musiche, le immagini che si portava dietro e ne è uscita una grande mano aperta che contiene i ricordi di una vita. Hai già vissuto un’esperienza che non tutti possono vantare come il Primo Maggio a Roma: puoi raccontare com’è andata? E’ stata l’esperienza più bella della mia vita e la ricordo an34
cora oggi con grande emozione, è stato un periodo della mia vita ricco di novità perché pochi giorni prima ho scoperto che sarei diventato papà e un giorno lo racconterò a mia figlia e questo mi rende felice, a prescindere da tutto. Come nasce “Bianco” e perché l’hai scelta come singolo ma anche come chiusura del disco? Bianco nasce nella cameretta dove solitamente scrivo le canzoni, era una sera d’inverno, poco prima di Natale. Il Natale mi trasmette
sempre un po’ di nostalgia, forse perché da parecchi anni lo vivo diviso tra due famiglie, sono uno dei tanti figli di genitori divorziati. Ho sentito la necessità di essere accompagnato da una voce femminile, forse la sorella che non ho mai avuto e la voce di Daniela D’Angelo mi sembrava perfetta. L’ho scelta come singolo perché è esattamente quel periodo dell’anno dove riaffiora quella nostalgia e ho scelto di inserirla alla fine del disco perché in fondo è un cerchio che si chiude. 35
ELENA SANCHI
“Risveglio”, a quasi tre anni di distanza da “Cuore Migrante”, è il nuovo album della cantautrice romagnola. Anticipato dal singolo e videoclip “Rimini”, il disco contiene nove canzoni intense e ricche di poesia
Ho sempre avuto la musica in testa, sin da bambina. E’ stata una sorella nei momenti difficili, un’amica sincera alla quale sfogare la mia rabbia, la solitudine, la timidezza e la mia felicità. La musica non mi ha mai lasciata sola, nemmeno quando ho cercato di negarla e di allontanarla per sempre, il più lontano possibile. Per dieci
“Se in passato la musica è stata un’urgenza, una necessità anche egocentrica di esprimere un mio dolore, di trovare una collocazione nel mondo, oggi, invece, è qualcosa di meno personale, di meno tenuto per me”: mi spieghi meglio questa affermazione, che ho copiaincollato dalla tua pagina Facebook? 36
ne per parlare al cuore delle altre persone: ho imparato a mettere da parte la paura (più che altro quella di vincere) e a lasciarmi andarmi all’incontro con il mondo esterno percependo un forte bisogno di condivisione e liberazione. Tre anni dopo Cuore migrante eccoti con un disco nuovo. E’ stato più semplice o più difficile questa volta? Come sono andate le lavorazioni? Tre anni dopo Cuore migrante torno con un disco che vuole raccontare tutta questa trasformazione. Non so se sia stato più semplice o difficile però è stato sicuramente molto diverso. Il primo lavoro è stato il frutto di brani scritti durante un periodo lungo sei anni, da esperienze di viaggi in Africa. Prima di concretizzare il disco, ho suonato le sue canzoni in diversi live, quindi la sua realizzazione è stata l’affermazione di un percorso già in parte vissuto. Le canzoni di questo nuovo progetto invece sono nate in studio e sono state scritte nell’ultimo anno. E’ un disco di forte rottura, di cambiamento, non soltanto da un punto
anni ho smesso di cantare ma lei mi perseguitava, come un’ossessione! Il canto in particolare è un canale attraverso il quale esplorare, esprimere e conoscere le emozioni più forti, è uno strumento di profonda crescita. Da questa relazione intima e molto personale, sono riuscita poi con gli anni a farne uno strumento di relazio37
di vista descrittivo ma musicale. Ho sentito la necessità di ricominciare, di ripartire da un’altra
me, piĂš consapevole e meno dipendente da antichi legami. Da qui il bisogno di sperimentare 38
nuove collaborazioni che hanno saputo interpretare questo nuovo bisogno. Diego Brancaccio e Davide “Red” Battistelli, che insieme a me hanno curato gli arrangiamenti, sono stati due compagni di viaggio fondamentali. Uno degli aspetti più importanti delle lavorazioni è stata la campagna #incadutalibera su Musicraiser perché mi ha permesso di stringere un legame ancora più forte con il mio pubblico. Perché hai chiamato il tuo disco Risveglio? E risveglio da cosa? Il nuovo disco si chiama Risveglio e vuole comunicare, oltre alla mia urgenza di cambiamento, il bisogno di rinascita proprio anche della nostra società. Viviamo in un mondo molto complesso, super strutturato e, come individui, abbiamo perso molta fiducia nelle istituzioni e negli esseri umani in generale, siano essi i nostri vicini di casa di sempre o persone venute da un altro paese. Molti uomini hanno paura e questo secondo disco vuole parlare ai loro cuori, ai loro occhi, per far sì che domani sia davvero più luminoso e corag39
gioso. Dal punto di vista sonoro mi sembra che tu abbia cercato di variare il percorso il più possibile. Vorrei sapere se questo era il tuo intento e quali dischi ascoltavi di più durante la scrittura dei brani. Si esattamente, ma non ho seguito una moda piuttosto che un’altra ma soltanto un’urgenza creativa. Le mie canzoni nascono al pianoforte e questa volta ho voluto mantenere questa essenza, verità. Ho ascoltato in particolare Niccolò Fabi, Cristina Donà, Yael Naim e un ritorno ai The Doors. Come nasce Rimini e perché l’hai scelta come singolo di presentazione? Rimini è il mio ritorno a casa, alla mia città natale per rinascere nuovamente dopo aver viaggiato lontano e dopo essermi persa per la paura di non essere accettata. Ho voluto presentare questo nuovo lavoro proprio ripartendo da qui, perché in fondo si parte sempre per ritornare, cambiati, diversi però più autentici a ciò che sentiamo di appartenere.
SAMUELE BERSANI “EN E XANAX” #quellochesentivo Il video di “En e Xanax” di Samuele Bersani esce il 10 settembre 2013, facendo da apripista all’album “Nuvola numero nove”. Diretto da Nicolò Massazza il clip, oltre al cantautore, vede la partecipazuone anche dei giovani attori Camilla Semino Favro e Alessandro Sperduti, nonché della fidanzata di Bersani, Desirée 40
Trovare la pace. Quella pace che solo la comunione di due principi attivi può nascere, mescolati insieme e bevuti senza timore, aspettando che l’effetto attenui le paure e zittisca le attese.
interi, inarrestabili, come il loro movimento vuole. En e Xanax quando litigavano avrebbero potuto fermare anche il traffico di New York Uccidersi al telefono Lei si calmava e lui la ritrovava nuda sulla sedia E poi sovrapponevano il battito cardiaco
En e Xanax si tranquillizzavano Con le loro lingue al gusto di Medicina amara e chiodi di garofano La combinazione sa creare la magia, aggiungere quello che manca e limare il superfluo, rendendo mostri spaventosi piccoli scarabocchi, comprensibili, affrontabili.
E se due principi attivi e due cuori sanno uccidere i mostri, anche le anime possono trovare rifugio, possono essere libere di essere, con i pigiami di flanella e il fumo intorno, tra il sonno e la veglia, tra l’amare e il volersi, tra l’odore di pioggia e l’essenza di te.
Se non ti spaventerai con le mie paure Un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore E su di me puoi contare per una rivoluzione
Tu hai l’anima che io vorrei avere En e Xanax si anestetizzavano con le loro lingue al gusto di menta e marijuana E poi si addormentavano
L’energia creata da due cuori. Che siano mescolati e affannati, sovrapposti e sereni, separati e indocili, sanno muovere mondi
Chiara Orsetti
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