TRAKS MAGAZINE #26

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Numero 26 - luglio-agosto 2019

ELEVIOLE? tu sei come il vento

SZLUG KAPUT BLUE

PAOLO GERSON MAIONE


sommario 4 Eleviole? 8 Szlug 12 Paolo Gerson 16 Kaput Blue 22 Maione 26 Luframilia 30 Management #5mc 34 Brunori Sas #qcs

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ELEVIOLE? tu sei come il vento

“Dove non si tocca” è il nuovo disco della cantautrice pop (ma anche medico veterinario), che presenta anche il video “Tanti auguri”: due chiacchiere sulla nonna, la malinconia, l’insonnia


Chi è Eleviole? Mia nonna mi diceva sempre “tu sei come il vento” nel senso che riuscivo rapidamente a creare scompiglio per poi sparire. Sono una curiosa, vulcanica, che si innamora di tutto ma solo per cinque minuti.


Quali sono le sensazioni e le emozioni dominanti che hanno accompagnato il tuo ultimo disco, “Dove non si tocca”? Sicuramente la malinconia, ma quella ispirata, che fa bene. Poi il senso di protezione verso ciò che di bello abbiamo nel quotidiano. C’è la nostalgia della fanciullezza perduta ma anche la consapevolezza che da grandi siamo più forti. Come nasce “Tanti auguri”? Tanti auguri è dedicata al periodo in cui ho sofferto di insonnia. Chi è insonne lo sa, di notte i mostri diventano giganti e poi spariscono nonappena arriva la luce. Il tempo degli insonni è dilatato, quasi irreale. In questo tempo “nutriamo” le nostre stesse paure. Mi ha incuriosito molto anche il video, in particolare la parte “misteriosa” con la maschera da corvo… Mi vuoi raccontare qualcosa del concept? È basato sulla linea sottile tra il mondo reale e quello onirico, tutte e tre le figure hanno un velo di inquietudine anche se in modo diverso. Sono ovviamente sem-

pre io, ad interpretarle tutte, come ad avvalorare la tesi che siamo gli autori dei nostri stessi incubi. Il corvo è sicuramente quella più tetra delle tre. Tutti i luoghi in cui abbiamo girato sono abbandonati e li ho cercati personalmente. Ricchi di suggestioni, soprattutto oniriche. Nella tua pagina Facebook sono elencati i tuoi gusti musicali, che viaggiano agili da Sergio Endrigo ai Sigur Ros. Ma se dovessi scegliere un singolo artista con cui fare un duetto, chi sarebbe? Uno dei più grandi cantautori viventi, Samuele Bersani.

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SZLUG “Protect us” è il nuovo singolo del giovane producer calabrese Francesco Saporito, accompagnato da un video visionario e apocalittico

Vuoi raccontarci la tua storia? Io provengo dal rock, ma non dal rock dei guitar heroes. Infatti il mio chitarrista preferito è The Edge degli U2, un esploratore di suoni più che delle sei corde. Diciamo che la scintilla fu accesa

da mio padre che ogni domenica mattina mi faceva ascoltare gruppi come Pink Floyd e, appunto, gli U2. Fui da subito rapito dai suoni più che dalle melodie o dai testi (l’organo iniziale di Where the streets have no name mi met-



te i brividi ancora oggi). E questo fascino è rimasto nel tempo. Poi scoprii che dietro il suono dei gruppi che più mi piacevano c’era un tale Brian Eno. Da lì si aprì un mondo. E iniziai a sperimentare la contaminazione tra rock ed elettronica. Quindi nuovi strumenti, le prime DAW, le Drum machines, maree di Plugins e librerie di suoni alla ricerca di quello che doveva essere il mio suono. Come nasce “Protect us”? Stavo esplorando da un po’ di tempo nuovi tipi di sonorità. Vo-

levo mescolare diversi mondi e scenari. La “durezza” europea, le ritmiche africane e orientali (ho ascoltato, selezionato e tagliuzzato centinaia di sample: da voci di bambini pigmei fino a strumenti quasi arcaici) e le suggestioni oniriche mediterranee. Da sfondo a tutto questo i “Paddoni” di synth tipici della West coast americana. Volevo evocare sensazioni diverse e magari contrastanti. C’è un lavoro di ricerca che si traduce nella selezioni di tutta una serie di elementi che vanno ad arricchire o 10


in alcuni casi anche a sviluppare quella che è l’idea iniziale. Da cosa vorresti essere protetto? Be’ ci sarebbero un po’ di cose che forse in una risposta secca non ci starebbero tutte. Magari, e questo è un tema che affiora anche nel brano e nel video, la perdita di quei punti di riferimento che sono stati fissi e stabili per intere generazioni puo produrre destabilizzazione. Da una parte i cambiamenti sono eccitanti, ma possono risolversi anche in situazioni non proprio idilliache. E poi la disumanizzazione costante: la trasformazione e la concezione dell’individuo sempre meno in quanto tale e sempre più come consumatore (la rivelazione di Tyler Durden in Fight club). Nel video ci sono forti presenze “materiali” umane, ma nessuna persona. Che cosa volevate rappresentare e perché? Un senso di angoscia, di fuga, di ricerca di protezione. Ma senza riuscirci. Si trovano rovine, cimiteri industriali, posti abbandonati. Tutto è il resto di qualcosa che fu. Quindi di-

rei questo: la fuga senza trovare un approdo. E come si diceva in precedenza, la perdita di punti di riferimento. E allora ci si rivolge a un’entità superiore, oppure dobbiamo guardarci dentro per trovare qualcosa che ci guidi. Quali saranno i prossimi passi della tua carriera? Sto lavorando a un ep, che mi piacerebbe anche portare dal vivo, magari in una serie di piccoli showcase da abbinare a un concept visual da definire. E poi continuare a esplorare nuovo paesaggi sonori ed estetici. Una cosa che cercherò di evitare assolutamente è quella di definirmi in un suono: certo manterrò dei “trademarks” ma in generale mi piace sentirmi libero totalmente di esplorare.

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PAOLO GERSON Dopo quattro anni di silenzio l’esordio da solista per l’ex frontman dell’omonima band punk, anticipato dal video “Silenzio per favore”


Tanti anni di carriera punk e ora una svolta cantautorale. Puoi spiegare che cosa ti ha spinto a questa scelta? Avevo in pancia da parecchi anni dei brani che con i Gerson non riuscivano a prendere forma .


Quali sono state le motivazioni fondamentali del tuo disco “Le ultime dal suolo in alta fedeltà”? Abbiamo tutti prima o poi qualcosa da dire, c’è poi chi lo fa sempre o chi lo fa ogni tanto. Io fac-

Ho poi passato un breve periodo di ispirazione dove sono riuscito a mettere insieme qualche altro brano. La mia non è sicuramente una carriera, non so se farò altro o in caso quando lo farò. 14


precedenti trovo spesso fuori luogo tutte queste informazioni che di continuo arrivano ai nostri cervelli sempre più consumati. E non mi riferisco a i social e alla rete solamente ma anche alla vita reale. Che cosa pensi della musica italiana oggi? Non sono mai stato un grande ascoltatore di musica , quella poca che ascolto arriva dai miei dischi . Se devo basarmisu quello che sento in diffusione al bar mentre bevo il caffè o al supermercato mentre faccio la spesa, non è di mio gusto ora come non lo era dieci anni fa.

cio parte della seconda categoria. Dopo non avere fatto nulla per quattro anni qualcosa nella testa mi si è smosso. Benché suoni siano più da cantautore rock che punk, mi sembra che la rabbia, in pezzi come “Colpa degli altri”, sia un po’ la stessa di sempre. Sbaglio? Si giusto, vivo nello stesso mondo di prima cambia un po’ la scatola ma all’interno si trova più o meno sempre lo stesso contenuto. Come nasce “Silenzio per favore”, canzone protagonista anche del tuo ultimo video? Tornando a una delle domande

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KAPUT BLUE

“FINGO” è il nuovo singolo di Antonio Caputo, soul-singer pugliese che torna così sulle scene a poco più di un anno di distanza dall’ottimo disco d’esordio “Far”


Qual è la tua storia? Ho sempre amato Stevie Wonder e Mariah Carey, scrivo sin da piccolissimo ma nel 2017 gli Uponcue mi invitano negli studi di Angapp Music (label). Dopo tanto studio, decidiamo di riunire demo e idee varie nel progetto urban “Kaput Blue”. Solitamente le mie parole hanno forte amore per le differenze, stralci complicati di vita quotidiana, personale o di altri. A Marzo 2018 esce “LIU”, primo brano scritto e cantato sotto nome “Kaput Blue” anticipando l’uscita del mio primo ep “FAR”. “Booty Call”



gere”? E quante volte ti dai dello stronzo, come nella canzone? Mi capita di fingere quanto tutti quanti, semplicemente ho deciso di dirlo a me stesso tramite questa canzone. Proprio con FINGO decido di far cadere qualsiasi tipo di maschera e ammettere, come penso tutti dovrebbero fare, di aver finto tante volte nella vita. Hai scelto di cantare in italiano: scelta definitiva? E cosa ti ha portato a questa decisione? Sento la necessità di parlare direttamente a tutti i miei sostenitori senza che vadano a cercare il significato dei miei testi e senza neanche voler spiegare troppo. Questa cosa mi ha divertito un sacco. E al momento ti direi che mi va di fare questo; se tra qualche mese mi andrà di scrivere e cantare in spagnolo lo farò senza troppi dubbi. Che cosa succederà ora a Kaput Blue? Quali sono le prossime mosse che ti attendono? A breve ci sarà una traccia molto... “colorata”. Non posso ancora svelare nient’altro ma vi dico solo di tenervi belli pronti.

raggiunge la 32esima posizione nella classifica di musica indipendente MEI accanto ad artisti quali Ghemon e Boomdabash. Son stato selezionato da Sony/ATV per il “Songwriting Camp” organizzato per Puglia Sounds e ne esco vincitore assistendo autori in fase di scrittura e co-scrivendo canzoni per artisti già noti. Ho suonato al Reset Festival 2018, condivido il palco con Venerus (Asian Fake) per la data zero del suo tour “A che punto è il tour” ed ho partecipato al Farcisentire Festival 2019. Credete basti? (ride) Vorrei sapere come nasce “FINGO” Ero a casa mia e ho cominciato suonando qualcosa di comodo sulla mia tastiera. Mi son venute in mente una serie di cose che solitamente mostriamo con orgoglio ma che in realtà son bugie. Probabilmente una parte di me ne voleva parlare, non so dirti bene il processo mentale. Fatto sta che sta canzone suonava tanto onesta e anche ad Angapp Music (etichetta) è piaciuta. Quanto spesso ti capita di “fin19


MAIONE “Parola di Franz” è il nuovo disco del cantautore e chitarrista, un “edificio di emozioni” e un’ “illusione matura” nelle sue stesse parole

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Ci vuoi raccontare chi sei? Sono uno dei tanti musicisti che cercano di fare il proprio lavoro un po’ faticosamente ma cocciutamente. Cerco di resistere, oggi per fare questo mestiere, più che artisti o artigiani, bisogna essere partigiani… Credo in quello che sto facendo ma con la consapevolezza che il mercato è oltremodo saturo, soprattutto di prodotti fabbricati in serie e destinati all’usa e getta. La velocità e la frenesia di consumare tutto quello che c’è da consumare ci ha inghiottiti. I circuiti dove si fa attenzione a un minimo di qualità sono pochi e per questo è molto difficile entrarci. A chi non piacerebbe avere una Major alle spalle e tutto uno staff a disposizione, dover solamente impegnarsi alla scrittura?! Per andare avanti devi solo pensare che quello che stai facendo in arte fa parte della tua vita e del tuo destino, di quello che hai scoperto di essere, la tua natura, il motivo per cui sei nato. Poi può sempre capitare un colpo di fortuna… Magari, perché no?! Che cos’è successo da “Assassini 21


si nasce” a “Parola di Franz!”? Da “Assassini si nasce” a “Parola di Franz!” ci sono stati concerti, sconcerti, apprezzamenti e ripensamenti. Ma è tutto normale... “Parola di Franz!” è il nuovo disco. Con quali premesse e idee hai approcciato questo lavoro? Ah, nessuna premessa o scelta aprioristica. Ho semplicemente aspettato che mi venisse l’ispirazione e la voglia di progettare un nuovo edificio di emozioni. Per

me “Parola di Franz” è un’ illusione matura, un mondo che prevalentemente si batte (con le sue tematiche), contro l’omologazione e il pensiero unico dominante. Ovviamente il cd contiene anche brani che esulano da queste tematiche, come TIEMP’, LE COSE GIÀ DETTE, TUTTO QUELLO CHE MI MANCA É UN ATTIMO. Invece, la canzone che dà il titolo al cd, tratta di scene da un manicomio. È una storia vera. Franz 22


(da me denominato tale) è un personaggio realmente esistito, che ho conosciuto personalmente... Per quanto riguarda il discorso musicale, credo e so di aver mantenuto il mio stile, anche se nel secondo cd ci sono più parole e meno schitarrate. Tutto il progetto è stato realizzato a budget molto ridotto, ed è stato possibile anche grazie alla preziosa collaborazione di Giuseppe Rotondi, co-produttore e co-arrangiatore, nonché batterista, percussionista e fonico. Come nasce “Atto di dolore”? Voglio subito sottolineare che non ho voluto citare né Guccini né l’ immenso Nietzsche. ATTO DI DOLORE è un brano provocatorio, forse ironico, ma sicuramente amaro. Quel “dio è morto” di cui parlo, “uno e trino, dio quattrino” è il surrogato di tutte le divinità fallite, quel dio che ha definitivamente trasformato i reali bisogni dell’umanità, e gli stessi uomini in merce, quel dio contraddittorio di cui siamo adulatori e al contempo schiavi. Aggiungo che io sono un non credente, ma essendo un occidentale, sono inevitabilmente

immerso nella cultura cristiana. Vuoi vedere che pur non volendo ho scritto una canzone cristiana?! Ah ah ah. Potrei dire molto altro, ma so che il tempo e lo spazio a disposizione sono tirati. Credo di essermi già dilungato abbastanza. Quali saranno le tue prossime mosse? Le mie prossime mosse? Continuare a camminare sul ciglio del burrone. Scherzi a parte, spero non siano mosse epilettiche... #ètuttoinutilemavafatto

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LUFRAMILIA

Davide Bolignano inaugura il proprio progetto con “L’Eremita Postmoderno”, un singolo curioso e interessante che prelude a un album dai colori “sfumati” Ci racconti chi è “L’eremita postmoderno”? E in che rapporti è con te? È un personaggio che è scivolato fuori dalla mia mente, dal mio inconscio. Mi sembra di aver iniziato a scrivere il testo ancora prima di decidere questo titolo e plasmare questo personaggio. Quindi le parole sono state veicolo. L’Eremita Postmoderno è una qualsiasi persona che si possa essere sentita, anche soltanto per un attimo,

“sola” in mezzo al caos artificiale, è bloccata nel suo limbo, nel suo utero, ma vorrebbe nascere e liberare se stesso, fare la sua rivoluzione all’interno della realtà. È un tentativo, è una porta semi aperta. Il rapporto che ha con me, è sicuramente qualcosa di in parte autobiografico, è una proiezione delle mie sensazioni, è un dialogo ancora aperto tra me, le mie sperenze e le mie parti oscure. Ho letto che la canzone è nata in 24


la neanche a scuola ahah! Sono un caos di disordine, partendo dagli spazi in cui vivo sino alle mie stanze mentali! È un casino! ho bozze di canzoni scritte e registrate nel mio PC, nel mio smartphone, anzi in tanti cellulari ahah, perché magari dopo un tot di tempo ti capita di cambiare telefono, e a quel punto ti ritrovi con tanti piccoli frammenti di canzoni un po’ di qua e un po’ di là, tra i quali fare ordine sembra un’impresa. Ma i brani con cui entri davvero in connessione, restano con te, è un imprinting, e basta prendersi il tempo che serve, tirare il giusto filo nel groviglio, per ritrovare quello che cerchi. Il disordine è per i disordinati, bisogna saperci dialogare, il paradossale equilibrio del caos. Mi avete proprio centrato con questa domanda! Raccontaci il tuo primo album, sulla base di quello che hai già realizzato e di come vorresti che fosse… Avevo scritto una ventina di brani, trai quali ho scelto tredici tracce. L’idea di fare un mio album era lí con me da quando sono un

maniera graduale e un po’ sofferta. Scrivi sempre così oppure è stata un’eccezione? Penso non ci sia una regola in che cosa una persona può trovare “l’ispirazione”. Per quanto mi riguarda mi sento molto più connesso alle atmosfere tristi e più cupe. Solitamente non decido a priori “devo scrivere una canzone triste o felice” ma mi sono sempre fatto guidare dalle mie sensazioni, dalle “atmosfere mentali” che sento. Per ora le canzoni che scrivo e che poi ho l’istinto e la voglia di coltivare, arrangiare e registrare, sono brani che attingono dalle tonalità chiaroscure del nostro mondo interiore. Alla fine è necessità. Non escludo che in futuro possa trovare ispirazione dalla felicità, chi lo sa! Ho letto anche che hai iniziato a scrivere in italiano prendendo appunti vocali. Quindi ora immagino il tuo smartphone pieno di mozziconi di canzoni da completare… È così oppure sei uno metodico e hai travasato tutto e salvato tutto in bella copia? La bella copia? Non riuscivo a far25


ragazzino, ho già registrato e fatto dischi per altri progetti in cui suono la chitarra, ma mai avevo avuto il coraggio di fare qualcosa di completamente mio. Finché

questa piccola scintilla è iniziata a bruciare di più, e ho condiviso gli scheletri dei miei brani con l’ingegnere del suono e caro amico Alessio Mauro, di Reggio Cala26


bria, e con lui abbiamo trovato una sinergia a dir poco perfetta nel mirare a ottenere il suono che avevamo in testa, ed è iniziato un lavoro di pre-produzione, e poi di arrangiamento e registrazione. E fino a ora è stata un’esperienza incredibile, adoro stare in studio, mentre registri e vedi piano piano prendere forma quello che anni prima era stata soltanto una tua sensazione, che poi è diventata una canzone abbozzata

in una memo vocale, e adesso è in studio e inizia a suonare come immaginavi e a volte oltre la tua immaginazione. Attualmente il disco è in fase di mix. Abbiamo lanciato soltanto “L’Eremita Postmoderno” come singolo di debutto, ed è una traccia che sarà contenuta anche in questo mio primo full length. L’ album ha già un titolo. Non voglio anticiparvi troppo... vi dico che possiamo considerarlo come una... sfumatura... tra due colori estremi. Presto saprete di più!

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MANAGEMENT #5minuticon Luca Romagnoli e Marco ‘Diniz’ Di Nardo hanno dato vita nel 2012 al progetto Management del dolore post operatorio, diventato poi solo Management. Con quattro album all’attivo e uno quasi pronto per essere pubblicato, sono tornati con il singolo “Saturno fa l’Hula Hoop”. Li abbiamo intervistatiasi per tatuaggi” “Saturno fa l’Hula Hoop” è un brano pop spaziale: ci si muove tra le pareti di casa e il sistema solare, tra i sentimenti e la forza

che move il sole e le altre stelle… da dove è nata l’idea di questo pezzo? Ci ha sempre affascinato l’idea di 28


emozionano per un bacio, il cielo e il tramonto che si fanno più belli per illuminare due amanti. Una energia positiva cosmica che si irradia dal cuore delle cose, sia esso pieno di sangue o di terra o di magma e fuoco. E’ con questo tipo di pensiero che poi, OVVIAMENTE, si arriva molto facilmente e felicemente alla conclusione che tutte le cose e le persone del mondo sono meravigliose ed importanti, che non c’è differenza tra nessun essere vivente, che dobbiamo rispettare ed amare tutti i pianeti e tutte le forme di vita, ma anche una pozzanghera, una pietra, una zolla di terra. Il vostro percorso artistico ha visto venir meno una parte del nome originario e aumentare una consapevolezza mescolata a spunti di riflessione. Kate Moss è il primo singolo con cui siete tornati nel 2018. Si parla di photoshop, social, follower e di tutto ciò che si può fare online per sembrare migliori. Che rapporto avete con i social network? Non sappiamo proprio come si usano. Stiamo pagando milio-

un universo che si emoziona insieme a noi. Niente di religioso, solo la vita che si emoziona con la vita. Le stelle e i pianeti che si 29


ni di euro per farcelo insegnare, ma proprio non ci entra in testa. I selfie però ci escono benissimo, facciamo solo quelli. Sarà perchÊ

siamo belli?! Una delle vostre caratteristiche è che avete sempre suonato molto, lasciando da parte artifici sono30


stanti che più ci tagli le gambe e più cresciamo forte” è una delle frasi cult del vostro album Naufragando, che appartiene al singolo “Esagerare sempre” e che è tutt’ora tra i più ascoltati su Spotify. La tenacia è una delle vostre caratteristiche principali? Quando nella vita ami quello che fai, tutto quello che ti gira intorno conta relativamente. La musica riesce a dare grandissime soddisfazioni ma anche molti pensieri, molto stress. Ma se sei convinto al cento per cento di non poter fare altro, vai avanti e basta, e ti rinforzi nutrendoti di tutte le cose che ti succedono, belle e brutte. E’ una cosa che viene da dentro, se non viene da dentro è meglio che lasci perdere dall’inizio. È il momento della playlist: ci lasciate qualche brano che proprio proprio i nostri lettori non possono non ascoltare quest’estate? Ascoltate solamente “Saturno fa l’Hula Hoop” dei Management! A loop, finchè non vi vengono i cerchi alla testa.

rità sintetiche. Sarà così anche nei brani del prossimo album? Forse no “E siamo come le piante infe-

Chiara Orsetti 31


BRUNORI SAS

“COME STAI” #quellochesentivo

di Chiara Orsetti

Giusto a metà di Vol. 1, disco d’esordio di Dario Brunori, in arte Brunori Sas, uscito nel 2009 c’è “Come stai”, pubblicata anche come singolo e video (con la regia di Giacomo Triglia)

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Banalità. Si rispondono sempre banalità quando qualcuno ci chiede “Come stai?”. E banalità ci aspettiamo, non siamo pronti ad accettare una vera risposta, una vera ammissione di tristezza, smarrimento, disagio.

Di cosa vuoi che canti?/Di com’è facile andare quando non sai guidare/Di com’è triste il Natale senza mio padre Viaggiare sempre in superficie è rassicurante, non smuove il fondale, non rivela quanto abbiamo cercato di insabbiare e mascherare. “Come stai”? “Che ha fatto l’Italia”? “Dove vai in ferie”?

Come stai? È la frase d’esordio nel mondo che ho intorno Tutto bene, ho una casa E sto lavorando ogni giorno Che cosa vuoi che dica? Di cosa vuoi che parli? È il mutuo il pensiero peggiore del mondo che ho intorno Tasso fisso, con l’Euribor c’è chi sta impazzendo da un anno

Il calcio è la sola religione del mondo che ho intorno Una pizza, una birra e poi andremo a ballare giù al mare Rispondere a una domanda che viene dall’esterno comporta aver chiaro quello che è dentro. E se dentro il cambiamento comincia, anche rispondere “bene, grazie” non somiglierà più a una bugia.

A tante, troppe persone ogni giorno chiediamo di non raccontarci come si sentono chiedendo loro come stanno. Eppure ogni tanto la sensazione di rispondere, spiazzando l’interlocutore, costringendolo a rimanere sul punto e a non proseguire la conversazione nel modo sperato, viene fuori.

Che cosa vuoi che dica? Di cosa vuoi che parli?/Di com’è grande il mare quando non sai nuotare Di come navigare al rallentatore Forse dentro me cambiano le cose Dentro al mio giardino nascono le rose

Che cosa vuoi che scriva? 33



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