TRAKS MAGAZINE #27

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MAGAZINE

Numero 27 - SETTEMBRE 2019

KRISHNA la natura (divina) della chitarra

AN EARLY BIRD

DANIELE BRUSASCHETTO

TOBIA LAMARE

L’ULTIMODEIMIEICANI


sommario 4 Krishna 8 An Early Bird 12 Daniele Brusaschetto 16 Tobia Lamare 20 SOS 24 Andrea Romano Il Fratello 28 Ex-Otago #qcs

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KRISHNA la natura (divina) della chitarra

Si chiama “Radha� e fa riferimento alla mitologia il nuovo album del chitarrista italo-indiano, ricco di spunti e di ambienti incontaminati


Il titolo del disco “Radha” deriva da influenze “divine”: vuoi spiegarlo? Il titolo Radha ha un legame con la tradizione mitologica indiana; è questo il nome della compagna del dio Krishna che in relazione con lei rappresenta una grandezza universale che ne accoglie una parziale. Il titolo è stato scelto per via del mio nome che viene associato a Radha da chi conosce quella cultura. Nell’immaginario, Radha rappresenta la parte femminile, capace di ascolto e di accoglienza. Sembra di capire che alcuni degli spunti di questo disco siano arrivati da fonti, per così dire, naturali… Il suono della chitarra acustica privo di cosmesi è da me sempre stato associato a un ambiente vicino alla natura; il carattere imprevedibile della risposta delle corde alla sollecitazione del tocco del musicista, le possibilità di combi-


nazioni di accordatura, l’accesso allo strumento con spese modiche e i territori musicali privi di un rifiuto sono elementi che associo alla natura e all’immediatezza espressiva. Hai scelto di uscire anche in vinile: ci spieghi le motivazioni? Questo lavoro musicale a oggi è quello che più mi ha impegnato in

temini di genesi, costruzione, elaborazione e rifinitura; volevo dare una confezione il più possibile aderente al carattere del disco, vicino a dinamiche umane di un’altra generazione rispetto a quella attuale. Perché hai scelto di includere anche “Helsinki”, unico brano non inedito? 6


Anche nel disco precedente ho reinciso e inserito un brano già presente in un altro disco; anche per Helsinki vale lo stesso. Il perché credo sia legato al fatto che oramai sono dieci anni che lo pratico nel quotidiano e dal vivo e volevo lasciare una traccia delle sue metamorfosi e trasformazioni. La tua è una musica “difficile”,

diciamo così. Cosa ti sentiresti di dire per convincere qualcuno che non ha mai ascoltato il tuo genere per aprire un po’ le porte a un disco come il tuo? Di non aspettarsi un lavoro di animazione e intrattenimento e che probabilmente si annoierà. 7


AN EARLY BIRD Stefano De Stefano è cantautore e polistrumentista. Dopo l’esperienza decennale all’interno dei Pipers, decide di intraprendere il percorso da solista che lo porterà alla pubblicazione del suo primo album “Of Ghosts & Marvels”, uscito nell’ottobre del 2018. Il suo nuovo lavoro è l’ep “In Depths”, appena uscito. Quattro tracce in cui l’artista mantiene la sua identità, pur dimostrando un’esperienza e una ricercatezza ancora più raffinate di Chiara Orsetti

Un nuovo EP in uscita dopo le soddisfazioni ottenute con il tuo album “Of Ghosts & Marvels”. A distanza di un anno, puoi raccontarci le emozioni più grandi legate a questa avventura? Più che emozione parlerei di or-

goglio: ho provato a mettere su una storia nuova praticamente da solo, dalla promozione al booking. Ma se devo parlare di emozioni ti dico che mi sono sentito sinceramente toccato quando Stu Larsen a Milano mi ha invitato a suonare



e cantare con lui in mezzo al pubblico. I brani di “In Depths” mantengono il sapore che ha caratterizzato i tuoi precedenti lavori. In questo ep, però, le sonorità sembrano più scure e profonde. Ti stai indirizzando verso nuove sperimentazioni? Invece devo contraddirti perché credo che a partire dalla scrittura, questo EP è abbastanza diverso dal primo disco. Per esempio, c’è un pezzo scritto e arrangiato esclusivamente al piano, le altre

canzoni invece sono stato scritte utilizzando un’accordatura aperta in mi maggiore. Ti do ragione sulle sonorità, volutamente più scure e con elementi stratificati al loro interno. Ho ascoltato molto artisti come Ben Howard o Editors e ho provato ad aggiornare il mio approccio al sound. L’intero ep è suonato da te. Tra i tanti ruoli che hai ricoperto durante le registrazioni, qual è quello che senti maggiormente tuo? Non te lo so dire ma mi sono ac10


capita di pensare che sarebbero perfette colonne sonore di qualche film o serie tv. Quale canzone “presteresti” al cinema e a quale regista? Qualsiasi ovviamente, se dovessi fare un discorso puramente economico. Ma se dovessi fare un buon mix tra arte e mercato, punterei su First Time Ever. Che è nell’ep. Hai già qualche appuntamento live organizzato per questa stagione far ascoltare i nuovi pezzi? Ho annunciato il tour: 2 mesi tra ottobre e novembre, più o meno bilanciati tra Italia ed Europa. Ma immagino usciranno altre opportunità strada facendo. Chiara Orsetti

corto con il tempo che nelle registrazioni mi sono trovato molto a mio agio con il finger style. Prima usavo esclusivamente il plettro, ora sto cambiano approccio e sento che anche la voce si trova meglio ad essere appoggiata su questo mood. Nasco come pianista ma al momento mi sento più un folksinger puro. “Stick it out” è il titolo del singolo che precede l’uscita del disco. Una sorta di invito a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà della vita. Sei una persona che non si scoraggia facilmente? In verità sono una persona che va in panico in un attimo. Poi focalizzo e divento un treno. Sono i cambiamenti che mi spaventano. Spesso ascoltando le tue canzoni

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DANIELE BRUSASCHETTO

“Un pesce fuor d’acqua sempre e comunque”, il musicista torinese stupisce una volta ancora regalandosi un ritorno alle origini: “Flying Stag”, un vero e proprio disco metal, naturalmente con qualche inclinazione sperimentale


Diciamo che l’attitudine che si ha quando si ascolta un tuo disco nuovo è “mi preparo a essere sorpreso”. Chi se l’aspettava un disco, diciamo così, “metal” che si riconnette ai tuoi esordi? Mi spieghi le motivazioni di questa scelta? Mi fa molto piacere sentire queste tue parole, ho sempre cercato di prendere diverse direzioni da disco a disco, un po’ per spirito di sperimentazione e un po’ per non darmi orizzonti scontati. Quella di “Flying Stag” è stata, forse, la svolta più radicale. Credo proprio che nessuno si sarebbe mai aspettato una bomba simile. Da quando, tre anni fa, sono diventato padre ho sentito il bisogno irrefrenabile di tornare alle origini.. all’adolescenza metal... il rock pesante.. a una musica più muscolare che strettamente cerebrale/sentimentale... Tornare alle origini per buttarsi in un futuro radioso. E poi non sono mai stato realmente parte di nessuna scena... un pesce fuor d’acqua sempre e comunque. Si sentono anche echi post grunge in alcuni brani. Sei stato am-


miratore della musica di Seattle, camicioni a quadri compresi? Assolutamente si. È stato proprio il grunge che all’epoca ha distrutto tutte le mie certezze di metallaro fanatico. Da lì in poi tutto l’universo musicale conosciuto mi si è spalancato davanti alle orecchie e al cervello. E sì, ho indossato anche vari camicioni a quadri... ne ho comprato anche uno l’an-

no scorso, pare siano tornati di moda! Il metal di “Flying Stag” ha regole un po’ più serrate. Sono curioso di sapere se ti sei sentito più libero o più “ingabbiato” dai brani di questo disco. Tendenzialmente nei dischi precedenti i brani vedevano la luce lavorando direttamente col pc su suoni elettronici -e non- che tro14


che direzione andrà il tuo prossimo disco? Ora che sono rientrato nel tunnel del metallo non ho alcuna intenzione di uscirne. Per la prima volta dopo venticinque anni proseguirò sulla stessa linea dell’album fresco di stampa. Voglio godermela, tante prove in sala, sudore e divertimento assicurato! È solo rock’n’roll ma mi piace ;-)

vavano il loro senso con l’aggiunta di registrazioni di ogni sorta, loop, programmazione eccetera. Per “Flying Stag” invece sono stato consciamente e felicemente ingabbiato dal tipo di intenzione e sonorità delle canzoni. Due anni e mezzo di duro lavoro, severa composizione a tavolino, tantissima sala prove, chitarrona distorta, riff potenti e incisivi, ritmi super-groove, tempi dispari, songwriting intricatissimo, improvvisazione quasi a zero, spudorata messa in mostra di perizia tecnica.. forse la voce è stato l’elemento che ha avuto più libertà d’azione, ma comunque dosata con sapiente parsimonia. E solo quando siamo stati pronti al 100% ci siamo chiusi in studio di registrazione. C’è qualche band metal italiana di oggi che ti piace? Devo ammettere che sono molto poco aggiornato sugli ascolti.. conosco solo bands di amici e collaboratori.. gli Omega Machine, Last Minute To Jaffna, Proliferhate... Dovessi pronosticare ora, in 15


TOBIA LAMARE

Il mare, la Masseria, il Salento: ingredienti imprevedibili quelli del nuovo album del songwriter pugliese, che si chiama “Songs for the present time� e che sembra decisamente connesso con il folk americano


Vent’anni di carriera e circa undici da songwriter solista “itinerante”: che cosa ti ha portato a confrontarti, proprio ora e proprio in questo modo, con gli argomenti e le canzoni di “Songs for the present time”? Ho sempre scritto di quello che mi succedeva intorno. Questa volta invece quello che accadeva intorno a me era più forte, aveva più peso del solito. Non osservavo e basta ma mi stava capitando più di qualcosa. Quindi alcune canzoni sono uscite di getto, mentre altre hanno avuto la spinta giusta per essere finalmente concluse. Il disco si intitola “Canzoni per il tempo presente”, ma i suoni sembrano vintage e hai accostato una foto degli anni Trenta a ogni brano. A cosa si deve questo “sfasamento temporale”? Si è vero, c’è uno sfasamento tra il titolo del disco e i suoni usati. Le foto usate hanno aiutato ad accentuare questa distanza. E’ comunque un effetto che mi piaceva dare a tutto il lavoro. Il tempo presente è quello delle emozioni che proviamo e che rimangono inveriate 17


rie di passione e di libertà. Tutti i brani del disco sono nati “on the road”. Quali sono le qualità che acquistano i tuoi brani quando nascono in viaggio? La spontaneità. L’imprinting dato dalla prima parola o accordo resiste a tutto: agli arrangiamenti, agli strumenti aggiunti, alle ore in sala prove e ai concerti. Ogni canzone se la spogli dalle sezioni fiati, organi, ritmica, chitarre, cori, tastiere arriva al suo stato primordiale di appunti di parole e accordi. Sono state scritte dappertutto: su una panchina, su un divano, in una camera d’albergo, in macchina, davanti a un caffè o all’ultima birra. Anche i luoghi dove sono nate hanno influenzato poi il sound dei brani, dandogli delle coordinate internazionali. Ad esempio il country di Nashville credo che sia abbastanza evidente in “Love means trouble”; e in “Lost without you” puoi riconoscere alcune atmosfere dei cantautori irlandesi. L’onda del songwriting anglosassone e americano in particolare è ben presente nei tuoi ascolti.

anche nelle epoche: vita, amore e morte sono quello che arriva, che scegliamo o che subiamo. Possiamo raccontarlo con un amplificatore valvolare o con un sequencer digitale ma in realtà le intensità della gioia e del dolore rimangono sempre le stesse. Alcune delle foto appartengono al passato della mia famiglia e altre le ho trovate nei mercatini dell’usato. Alcune hanno delle dediche dietro che ti stringono il cuore. C’è una dinamica simile tra quello che sta succedendo ora e quello che accadeva verso gli anni trenta: un profondo sonno della ragione e grandi sto18


Ma c’è un disco che hai ascoltato di più durante le lavorazioni del tuo ultimo? Mentre registravo mia moglie mi ha fatto notare che per mesi mi sono alzato la mattina mettendo sul piatto Running on Empty di Jackson Browne, che è stato poi messo al bando da lei e mia figlia maggiore. Ho ascoltato tanto “Pleased to meet” dei Replacements, Alex Chilton con i Big Star e da solo, “Around the wold in one day” di Prince. vviamente Dylan, Neil Young, Van Morrison, Carole King e via dicendo sono sempre in default sullo stereo. Abbiamo registrato il disco alla Lobello Records e volevamo sfruttare appieno gli ambienti della Masseria. Quindi ho riascoltato i dischi di registrazioni home made come quelle di Springteen e Sebadoh. Mi hanno aiutato a capire non il suono finale ma come fare alcune scelte di produzione, come il riverbero scelto non da un plug-in ma dall’eco presente nella stanza di ripresa. Charles Bradley, Anderson Paak, Frankie Valli, Jackie Wilson, Brenton Wood, Casisdead… sono dj a 45

giri per metà della mia vita, cioè quando non suono con la band, potrei andare avanti all’infinito e rimbalzando di genere in genere. Perché hai deciso di chiudere il disco con “Higher”, che si stacca parecchio dal resto del disco per sonorità? Nei miei dischi precedenti chiudevo la tracklist con uno strumentale o con un brano più elettronico che erano stati registrati per diverse colonne sonore. In questo disco però la prima e quarta traccia sono quelle inserite in un corto, Ius Maris, presentato a Venezia del 2018. Quindi ho scelto di chiudere con Higher che racconta una storia di un’alba estiva, di due persone che vivono quel momento di una festa che ti porta in alto e che sfiora il pericolo di innamorarsi con un bacio. Da quasi vent’anni saluto il sole che si alza sul mare adriatico in Salento e ho visto questa scena centinaia di volte mentre mettevo l’ultimo disco sul piatto. Higher mi sembrava il modo giusto di chiudere una festa e anche un album o un lato di un vinile. 19


SOS Si chiama “Esse O Esse” il nuovo disco dell’esperta band bergamasca: otto tracce di rock schietto e senza troppi fronzoli


Avete una storia lunga. Quali le tappe più significative? Sicuramente all’inizio partecipare a concorsi è stato importante perché ci ha dato la possibilità di confrontarci con altre band e questo ci permesso di crescere e migliorarci sia nella composizione che a stare sul palco. Con la vittoria di Rock Targato italia nel 1993 è arrivata anche la possibilità di suonare in tanti locali o piazze in giro per l’Italia. La realizzazione dell’album Negli occhi nel 1995 con il fonico irlandese John Grimes è stata un’esperienza incredibile, ancora oggi quando riascoltiamo quell’album ci vengono in mente le interminabili sessioni di registrazione sul 24 tracce analogico, le partite di calcetto nelle pause (poche) e la voglia di suonare insieme ovunque (niente cellulari e social da gestire). Nel 2000 alla finale di Sanremo Rock siamo maturi e consapevoli dei nostri mezzi, non arriva la vittoria ma sotto il palco ci sono un centinaio di nostri fan che sono arrivati da varie parti d’Italia per sostenerci e questa è la vittoria più bella per21


ché molte di quelle persone che hanno vissuto con noi quei momenti ci seguono ancora oggi (alcuni con i figli al seguito). Siamo nel 2015 e saliamo su un areo che ci porta in Cina e precisamente a Shanghai. Suoniamo in alcuni locali e nei giorni successivi saliamo sul palco della fiera Music China e in alcuni stand proponendo la nostra musica italiana a un pubblico che ci accoglie con partecipazione ed entusiasmo. Arriviamo al 2019 quando torniamo in studio con il fonico Dario Ravelli, con cui abbiamo iniziato a fare le prime

esperienze in studio, per registrare un nuovo album Esse o Esse. Da che ispirazioni nasce questo nuovo disco? Sarà banale me è la vita di tutti giorni vissuta e osservata che ci ispira. Quella raccontata nei bar di paese o che puoi vedere e immaginare guardando le persone sulla metro di Milano, oppure che scopri chiacchierando dopo un concerto o magari leggendo un articolo di giornale (possibilmente su carta). Però c’è il nostro frontman Bruco che è un divoratore di fumetti sia della Bonelli che della 22


Marvel e DC per cui i prossimi brani potrebbero parlare di incubi vissuti in un mondo alternativo in cui le persone sono schiave di robot che non seguono le leggi della robotica di Asimov. Qual è la canzone del nuovo disco alla quale siete più legati? E’ sicuramente “Madre” contenuta nel nostro primo album (stampato solo su cassetta) e che dal 1993 chiude i nostri concerti. Avete suonato all’auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana. Che tipo di esperienza è stata? Tutto è iniziato da una sfida che un nostro fan Andrea Trespidi ci ha lanciato, lo scorso anno, chiedendoci di realizzare un brano dedicato alla salute e sicurezza sul lavoro. Abbiamo scritto il brano Ancora vivere (nelle prossime settimane esce il video) e Andrea, in qualità di ambassador del movimento Italia Loves Sicurezza, ci ha invitato a presentare il brano in un evento organizzato al Teatro Brancaccio di Roma. Tra le persone che abbiamo conosciuto nell’occasione c’era Vito Schiavone che ci ha proposto di fare un mini

concerto a chiusura dell’evento Uno Spazio tra Salute e Sicurezza nell’auditorium dell’Agenzia Spaziale Italia con un pubblico composto da ragazzi delle scuole superiori. Un’esperienza incredibile sia per il contesto, per i relatori che per la risposta dei ragazzi presenti. La musica ti permette di comunicare in modo unico anche tematiche importanti ma poco considerate. Nei prossimi giorni avremo modo di rivedere Vito che ormai è un amico rock, con cui ci confrontiamo spesso, in occasione di Safety Expo a Bergamo in cui saremo ospiti. Quali sono le band italiane che stimate di più oggi? Di oggi ? Intendi tipo PFM, Area, New Trolls oppure Moda (senza accento), Litfiba, Ritmo Tribale ? Non è un bel periodo per la cultura e quindi anche per la musica in Italia, difficile trovare qualcosa che sia stimolante per noi tra talent e cover band. Qualcuno potrebbe dire lo stesso di noi che facciamo quello che ci piace e che sappiamo fare da un po’ di anni. Ci sta, il sogno continua. 23


ANDREA ROMANO IL FRATELLO

“La Famiglia Non Esiste”è il nuovo album del cantautore, a sei anni di distanza dal debutto del 2013 che raccolse ampi consensi di pubblico e critica


La Famiglia Non Esiste è evidentemente un titolo paradossale, soprattutto per uno che si fa chiamare “Il Fratello”. Me lo spieghi? La Famiglia Non Esiste è una rappresentazione allegorica del nostro Paese, della nostra Società, della nostra Repubblica. Non propriamente intesa in senso letterale, ma una fotografia del nostro


ma persona. Che cosa ti ha portato a questo tipo di svolta? Il primo album, aprile 2013, venne registrato nel piccolo studio dove nacque la band Albano-

quotidiano. Ha episodi d’amore, politici, familiari e di lotta. La nostra Italia vista dagli ultimi. Archiviato, come formazione allargata, “Il Fratello�, passi in pri26


molte collaborazioni, pensi che tornerai a una formazione molto allargata in futuro? E se dovessi fare un nome con cui ti piacerebbe molto collaborare, quale sarebbe? Il live sarà ricco di collaborazioni e di musicisti. A me piace moltissimo coinvolgere persone che stimo e con cui ho sempre voglia di collaborare. Anche questo fa parte della meraviglia della musica. Mi piacerebbe molto in futuro, cosa che stiamo pianificando, suonare con una vera orchestra.

power e il primo ep di Colapesce. Era una vera comunità. Ci sentivamo uniti, erano altri tempi. Bellissimi tempi. Nelle introduzioni al disco sottolinei come queste siano “soltanto canzoncine”. Eppure ci lavori almeno da aprile 2016: che tipo di lavorazioni hanno affrontato queste “canzoncine”? Canzoncine perché prendersi troppo sul serio è da tromboni. Ogni canzone in realtà ha dentro un mondo. Abbiamo passato mesi meravigliosi in campagna a registrare con Carlo Barbagallo. Probabilmente ci siamo divertiti così tanto che non le volevamo chiudere. In più io sono maniacale in studio e provo terrore a chiudere una canzone. La musica è questo. Come nasce La Giovane Coppia? La Giovane Coppia è liberamente ispirata dalle pagine 121 e 122 di Ghiaccio Nove Di Kurt Vonnegut. Posto che anche questo disco nasce comunque da 27


EX OTAGO

“COSTA RICA” #quellochesentivo “Costa Rica” degli Ex-Otago apparteneva al terzo album della band genovese, “Mezze stagioni”, uscito nel 2011. Se ripenso a te a volte sai mi viene male Italia mia a Genova c’è un altro sole non mi chiedere di spiegare cosa provo quando devo ritornare

Mi piacerebbe sapere che cosa avrebbe potuto trattenermi. Che cosa, chi, sarebbe riuscito a fermarmi. Forse la risposta non esiste, forse dovrei semplicemente accettare di essere altrove, con un altro sole, un altro cielo, un altro cuore.

Mi piacerebbe saper volare, lasciare a terra pesi e pensieri, rimanere 28


lascio tutto troppo facile dire chi te lo fa fare

semplicemente senza fiato, senza armi, conservando soltanto lo stupore.

Mi piacerebbe non sapere che da lontano si vede intero quello che sembrava sgranato finché lo tenevi stretto. Faceva troppo male conservarlo, e hai preferito lasciarlo andare. Lasciarti andar via.

Queria volar como los pelicanos e poder nadar como las lagostas olvidandose de todo de todo el mundo esterior Costa Rica pocas casas Pura Vida

Consapevole che a Genova c’è un altro cielo un altro mare verde speranza sole oro pur non essendo Re Mida mi alzo col sorriso e respiro pura vida i pappagalli ripetono il mio nome le onde mi vengono a cercare infilo lettere in bottiglia così da farmi ricordare sorrisi turisti pollici alzati sempre pronto per la sfida Costa Rica e respiro pura vida Genova mia cara non ti preoccupare tra le mille cose che ho da fare sono sicuro che un giorno troverò il tempo per tornare

Mi piacerebbe saper credere che sia sufficiente allontanarsi per tenere lontano un cuore da quello che ha sempre chiamato casa, quello che riconosce anche al buio, come il corridoio buio per raggiungere il bagno, come il profilo di chi c’era e ora è altrove. Sulla sabbia impronte dei passi non calpestano il ricordo del vecchio quartiere di Marassi tramonti colori surf non solo per sport impennate sul quad costruendo il mio resort

Chiara Orsetti 29



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