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Numero 30 - gennaio 2020

JESTO il bello dell’indi(e)pendenza CECILIA STALLONE

LIMBRUNIRE

MATTEO TERZI

PAOLA MASSONI

ELENA SANCHI

LEDA


sommario 4 Jesto 8 Cecilia Stallone 12 Limbrunire 16 Matteo Terzi 20 Paola Massoni 24 Francesco Anselmo 28 Nairobi 32 Elena Sanchi 36 Leda 40 Awave 44 Pinguini Tattici Nucleari

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JESTO il bello dell’indi(e)pendenza

“IndieJesto” è il nuovo disco dell’iperproduttivo cantautore (e sostanzialmente ex rapper) La prima è ovvia: perché un disco “indie” e perché un cambio (definitivo?) dall’hip hop? Mi è venuto naturale, in un certo senso è l’evoluzione di Buongiorno Italia, almeno dal punto di vista sonoro. Inizialmente volevo fare un disco chitarra e voce, poi si è evoluto nel disco che potete sentire. Sento la “presenza” di mio padre nella mia creatività, e ormai la chitarra sta diventando imprescindibile nella mia musica. Vado dove mi porta l’ispirazione. Ho un rapporto speciale con l’ispirazione, la personifico, la reputo la mia miglior amica, vivo per lei e lei vive in me. Abbiamo un rapporto di fiducia reciproca e un patto di sincerità: in fase creativa sono completamente puro, direi qua-

si zen. È il mio subconscio a far uscire le canzoni, è quasi come se non le scrivessi io. Anzi, ti dirò, da qualche tempo non le scrivo le canzoni, le registro direttamente, come se esistessero da sempre e io servissi solo come mezzo per poterle portare alla luce. Questo spiega la mia iper-creatività, nel 2019 ho pubblicato 4 progetti! Dici che il bello dell’indipendenza assoluta è di poter fare quello che ti pare, compreso far uscire un disco a sorpresa sotto Natale. Detto questo: perché l’hai fatto? Necessità. Per me far uscire musica è prima di tutto un bisogno. Devo far uscire le mie opere per liberarmene, in un certo senso. Finché le canzoni che ho registrato non escono, è come se stessero



voglio e quando voglio, senza stare appresso a calcoli o strategie. “IndieJesto” è, per tua stessa ammissione, “il tuo primo disco d’amore”. Perché ora? Quello che scrivo rispecchia quello che vivo, da sempre. Durante la fase compositiva di “IndieJesto” il focus della mia vita è stato il rapporto con il mondo femminile, visto in una nuova chiave rispetto al passato. Nei miei lavori precedenti il tema “amore” è sempre stato affrontato in modo negativo, paranoico e tormentato, perché lo vivevo in quel modo. Questa volta invece è stata la chiave positiva. Poi dopo aver affrontato il sociale, anche se in maniera ironica, nel disco precedente, avevo bisogno di scrivere canzoni più spensierate, ma non per questo meno profonde. Mi muovo sempre sulla sottile soglia tra ironia e malinconia, e anche in questo

bloccate in un limbo da cui aspettano di uscire, per andare a “vivere” nel mondo. Quando passa troppo tempo tra la fine delle registrazioni e l’uscita di una canzone, comincio a non stare bene, sento come se il flusso fosse ostruito. È come se dovessero respirare, e l’unico modo è regalarle al mondo. C’è uno scambio energetico in questo. Poi la scelta di uscire a Natale è stata spontanea, quasi irrazionale. Sentivo di essere pronto a far uscire questo disco, l’ho deciso un paio di settimane prima, senza nessun tipo di strategia. Proprio per questo modo in cui sono, l’indipendenza è l’unica modalità possibile per me. Devo fare come 6


disco ho mantenuto questa mia caratteristica. Penso sia l’eredità di mio padre, questa poetica sempre in bilico tra risata e pianto. Il riferimento alle sonorità “indie” è evidente. Che cosa ti piace e che cosa non ti piace di quello che è definito indie oggi? Guarda, di base penso che definire qualcosa “indie” sia di per sé un controsenso. Chiamare IndieJesto il disco serve per definire il genere che sono andato a creare con il disco. Penso di essere sempre originale e di non poter essere catalogato in un filone o in un singolo genere musicale. Anche perché nel disco ogni canzone è diversa dall’altra, non credo che sia inquadrabile in un solo genere. Ho sempre detto che il mio genere musicale si chiamava “è Jesto” e in questo disco si chiama IndieJesto. Detto questo, c’è da dire che in un certo modo intendo indie in un senso più Uk, ci sono pezzi come Stupido o Vegani Domani che hanno influenze Alterantive Rock. Con il titolo mi riferisco anche al fatto di essere assolutamente indipendente, al di fuori del circuito,

di lavorare senza case discografiche alle spalle, di esser manager di me stesso. Attualmente questa è la dimensione con cui mi sento più a mio agio, e che mi permette di andare d’accordo con l’ispirazione. Mi piace l’Indie italiano, mi ha influenzato nelle sonorità e confrontarmi con un nuovo stile di scrittura mi ha stimolato molto, dopo innumerevoli progetti rap. Mi piace la freschezza della scrittura e l’originalità nelle melodie, non mi piace quando diventa monotono o già sentito, come se ci fosse una formula prestabilita. Quali saranno le tue evoluzioni future? Considero l’arte imprevedibile, deve essere così altrimenti non pulsa. Come dicevo prima, è l’ispirazione a guidare tutto. Ho sempre spiazzato a ogni uscita, non ho mai fatto un disco uguale all’altro. Potrei spoilerarti che sono già al lavoro su nuove cose, ma non lo farò! Sto anche lavorando al mio primo fumetto, scritto e disegnato da me! Si chiama BLCKT! (www. instagram.com/_blackout_2020) e il primo volume uscirà nel 2020. 7


CECILIA STALLONE

Milanese, cantautrice (ma appassionata di hip hop), ha presentato il nuovo singolo “Mi dispiace”, realizzato con la collaborazione “storica” di Vaitea e (nel video) Alice La Scotti


Ci racconti chi è Cecilia Stallone? Cecilia Stallone è una cantante cresciuta in un quartiere popolare della periferia ovest di Milano che nella vita ha deciso di dedicarsi alla musica.Una donna appassionata,vivace e inquieta. Scrive canzoni e desidera riuscire ad affermarsi in tal senso. Si sente vicina alla cultura black perché ha un linguaggio ruvido e per niente patinato, proprio come è stata la sua vita. Cecilia è una persona che crede che la condivisione sia un valore fondamentale e la sua personalità aggregante la caratterizza. Una donna che ha deciso di vivere la vita a suo modo,anche a costo di non essere capita. Come nasce il tuo nuovo singolo Mi dispiace? Mi dispiace nasce in maniera del tutto spontanea. Ero a casa mia, canticchiavo il motivetto delle strofe e ho sentito subito l’esigenza di trasporla su carta. Successivamente mi sono recata in studio e con Stefano Iascone abbiamo costruito lo scheletro del brano


che si regge sui cori. Stavo vivendo una situazione sentimentale un po’ frustrante e sentivo che la mia pazienza stava per esaurirsi. Il brano nasce dall’esigenza di chiarire a me stessa nuovamente chi sono e a che cosa non voglio rinunciare per accondiscendere alle aspettative altrui; spero che ponga in questione l’ascoltatore proprio su questi temi. Mi dispiace ha toni anche ironici ed è soprattutto merito di Vaitea che ha scritto una strofa divertente e pungente con

la leggerezza e l’intelligenza che la contraddistinguono. Volevo una figura di donna che rappresentasse decisione con eleganza e ironia: lei era perfetta. Mi sono permessa di associare le nostre figure a quelle di Thelma e Louise,due donne di spessore, icone del femminismo. Cinque cose che “ti dispiacciono”, a tua totale discrezione Mi dispiace che nel 2019 io debba ancora scrivere una canzone in cui rivendico la parità dei sessi. 10


Mi dispiace per chi si sente minacciato dalla bravura altrui ed è eccessivamente competitivo. Mi dispiace per chi vive una situazione di emarginazione e non ha modo di riscattarsi. Mi dispiace che il momento storico/politico sia così buio e che la musica lo rappresenti proponendo musica usa e getta povera di contenuti. Mi dispiace che i lavori artistici in questo paese vengano considerati di serie B e siano così poco tutelati e regolamentati. Nel brano appaiono anche Vaitea e Alice La Scotti, ma non è una collaborazione “spot”: come nasce il vostro legame? Vaitea, Alice LaScotti e io facciamo parte del collettivo FlyGirls Milano nato nel 2010 dalla volontà di riunire le migliori esponenti della scena musicale black milanese in una serata a scopo benefico. In seguito al successo di questo primo evento, viene spontaneamente a crearsi un collettivo di mc’s , dj’s, cantanti e ballerine e writers unite dalla voglia di creare e proporre qualcosa di diverso. Vi hanno aderito nomi importan-

ti come La Pina, Mama Marjas e tanti altri e ci siamo conquistate la fiducia e la simpatia della scena proponendo artisti interessanti e situazioni aggreganti. Questo sodalizio tra me,Vaitea (Mc e deejay)e Alice LaScotti (ballerina) è durevole,siamo tre artiste unite dalla stima reciproca e dall’amore per l’hip hop. Come detto, il video cita “Thelma e Louise”: che cosa pensi di poter “rubare” da quel film come spunto per la tua vita? Thelma e Louise sono un’icona dell’emancipazione femminista e hanno dato voce al sogno di libertà delle donne, alla possibilità di correre nel mondo essendo semplicemente se stesse. Al tempo fu una pellicola davvero rivoluzionaria e diventò presto il simbolo dei diritti delle donne. La mia idea iniziale per il videoclip era di impersonarle salendo a bordo di una decapottabile ma era una trovata troppo costosa e così abbiamo deciso di citarle. Spero che non mi manchi mai il loro coraggio e la loro ironia nell’affrontare la vita e la capacità di improvvisare. 11


LIMBRUNIRE Si chiama “Salsedine” il nuovo singolo del cantautore che si è fatto largo con “La spensieratezza”, con vista sulle canzoni nuove in arrivo


Il tuo esordio con “La spensieratezza” è stato accolto da giudizi lusinghieri. Lavori bene con aspettative aumentate oppure senti la pressione? I giudizi lusinghieri m’incoraggiano e stimolano particolarmente. Non sento pressione anzi, per me è un’iniezione di fiducia imprescindibile l’essere soggetto ad attese, grazie a loro riesco a non adagiarmi sugli allori bensì a tenere alta la soglia di concentrazione e aver ben a focus il prossimo step. Un po’ di funk, un po’ di dance, una citazione di Battisti: come nasce “Salsedine”? Salsedine nasce circa un anno fa, ha passato diversi mesi “‘d’incubazione”, di esperimenti, di modifiche armoniche e opere di snellimento varie. In origine doveva chiamarsi “Passami Il Bicchiere” e il testo era totalmente differente, nel tempo ha lentamente raggiunto la dimensione attuale. A livello di produzione vi è sempre stata già a priori l’idea di creare un brano che potesse più o meno omaggiare le sonorità tipiche della disco dance anni ’70/’80, quindi

con una matrice funk ben definita dalla groove e dalle chitarre tipiche alla Neil Rodgers! Ci racconti anche qualcosa del video? Compresi i panorami su cui si muove la ragazza. Che, ci confermi, non è California dei Coma_Cose, vero? Il videoclip è opera di Francesco Quadrelli, un giovane videomaker spezzino, molto bravo e in assoluta rampa di lancio. Ho dato a lui carta bianca suggerendo solamente la protagonista che non è “California” dei Coma Cose bensì Beatrice Angelini, una mia cara amica che nel quotidiano sta con grande devozione e altrettanta capacità dietro e non davanti all’obiettivo (Via Lactea). D’indole timida e introversa ha lottato e non poco con i suoi demoni per oltrepassare il confine dell’insicurezza e mettersi a nudo risultando alla fine perfetta per il ruolo. Francesco ha utilizzato nella storyboard il lasso di tempo che va dal tipico fine serata al rientro a casa, dalla notte fonda alle prime luci dell’alba! Gli interni sono stati girati nella bellissima abitazione di Beatrice, le scene del 13


la bella stagione? Ahahahaha, ormai non esistono più le mezze stagioni (Nonne dixit) quindi probabilmente in primavera proporrò gelo o castagne. Quando arriverà e come sarà il nuovo disco? Hai già qualche idea? Spero arrivi presto perché brani buoni per un ipotetico album ce ne sono abbastanza. Stiamo ancora valutando le modalità di uscita, se proseguire o meno con una serie cadenzata di singoli oppure con un ep che mi affascina particolarmente. I brani che comunque in un modo o nell’altro ascolterete nei prossimi mesi saranno sempre di matrice electro ma avranno sonorità differenti, avranno poco o nulla dei brani precedenti se non l’attitudine a raccontare qualcosa di noi, delle nostre idiosincrasie e incongruenze.

molo sono state girate al tramonto nel suggestivo “Golfo dei Poeti” di Lerici in provincia di La Spezia, per quanto riguarda il club abbiamo usufruito dello Swamp Club (stupendo) di Massa Carrara. Ti sei già giocato come argomento la salsedine a dicembre. Di che cosa parlerai ora che arriva 14



MATTEO TERZI Vive in Belgio ma non si è dimenticato le origini italiane: il cantautore trentaquattrenne ha appena pubblicato il nuovo singolo “Beetween Us”, con un video aiutato... da un paio di birre

Ci vuoi raccontare la tua storia? Mi chiamo Matteo Terzi, ho 34 anni e negli ultimi dieci anni ho girato l’Europa da Helsinki a Napoli guadagnandomi da vivere suonando in strada. Ora vivo nella campagna del Belgio e faccio anche qualche concerto nei club. Come nasce “Between Us”? Between us nasce tra l’Italia e il Belgio, e l’ho scritta in collaborazione con Giuliano Vozella (musicista e produttore, nonché chi-




tarrista del mio progetto) proprio il giorno dopo aver raggiunto il secondo posto a The Voice. Volevo raccontare in quel pezzo che la vita analogica, insomma la vita vera, deve essere ben staccata nella nostra mente dalla vita digitale, quella che viviamo nei social ogni giorno. Il video (e il suo twist end) sono piuttosto significativi sul culto dell’apparenza che viaggia sui social ma non solo. Come ti sei sentito nel recitare nel clip? Avevo molta paura che io e Doriana (l’attrice femminile) non saremmo risultati naturali, ci siamo conosciuti proprio il primo giorno di set e c’era il rischio di non trovarci, di non sentirci sulla stessa linea d’onda, cosa che avrebbe compromesso la naturalezza del clip di cui avevamo bisogno. Invece è andata bene, il primo giorno di shooting Doriana si è presentata alle 10 di mattina e le ho offerto un caffé, lei mi ha risposto “un caffé? no no, abbiamo bisogno di entrare nella parte in 10 minuti, ordiniamo 2 birre”, e lì ho capito che il video sarebbe venuto esatta-

mente come speravo. E nella grande linea di demarcazione fra chi vive per i selfie e chi detesta il mondo dei social, tu come ti poni? Penso semplicemente che i social sono qualcosa di cui a oggi non possiamo fare a meno, siamo figli dei nostri tempi e i nostri tempi sono sui social. E’ importante pero’ scegliere sempre il COME essere sui social, scegliere i nostri tempi e i nostri contenuti, proteggere la nostra coerenza e il nostro modo in cui vogliamo raccontare la nostra vita. Quali saranno i tuoi passi futuri? Un secondo singolo, un ep e un tour in Belgio, questo è quello che mi aspetto dal 2020.

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PAOLA MASSONI

“Alkemelia” è il nuovo disco della pianista, compositrice e interprete, impegnata sulla linea di confine tra musica colta e pop Ci vuoi raccontare chi è Paola Massoni? Non è semplice rispondere in poche righe. Posso dire cosa faccio e poi provo a dire chi sento di esse-

re. Insegno lettere al liceo, canto e pianoforte presso l’Accademia Kalliope, svolgo attività concertistica come soprano spaziando dall’opera alla musica da film, alla


canzone e mi dedico a spettacoli teatrali e musicali nel repertorio composto da me, sia per quanto riguarda i testi che le musiche. Poi scrivo: scrivo copioni, poesie, rac-

conti, storie. Mi sento fondamentalmente una persona che ama scoprire, inventare, una fabulatrice, e per far questo uso la musica e la letteratura. E poi sono una


mamma e una compagna, una sorella, una figlia, una nipote, una cugina, un’amica… che confusione! Quali le ispirazioni alla base del tuo nuovo disco, “Alkemelia”? Alkemelia nasce con l’intento di unire la musica classica con il pop, la world music, creando uno stile misto, indefinibile, all’insegna del principio della sinestesia; le sue composizioni, che sono state scritte per la Trilogia teatrale I 22

Misteriosi Mondi di Mèlia in cui varie forme artistiche si uniscono, si ispirano agli elementi naturali come l’acqua, il vento, il tempo, la pioggia, che a loro volta rimandano a bisogni e valori umani quali la libertà, l’autonomia di pensiero, la riflessione sulla precarietà umana, la ricerca del sé, del divino, il rispetto, l’amore. Riesci a far coabitare musica colta e pop. Dove ti senti più a casa? Mi sento più a casa nella musica


colta perché quello è l’ambito in cui ho sempre svolto la mia attività, ma ascolto molti generi diversi, insegno canto moderno e questo mio lavoro documenta anche la ricerca di una vocalità che sappia unire modalità diverse pur rimanendo nel solco di un’emissione curata. Come nasce “Io credo in te”, il tuo singolo e video? Io credo in te è una canzone scritta per mio figlio e per estensione ai figli del nostro universo, che un genitore sa di mettere al mondo e di lasciare andare da soli, prima o poi, se il corso naturale dell’età non incontra cambiamenti di rotta, e a cui spera di comunicare un sano spirito critico, qualche buon insegnamento che li accompagni sempre in modo che riconoscano il bene per sé e per gli altri e che lo seguano nella loro vita, ripartendo con l’energia giusta dopo ogni inevitabile sbaglio che serve per crescere. Il video rispecchia il contenuto del testo, trasponendolo in una chiave fiabesca. La protagonista entrando nel bosco valica un confine liquido tra il di qua

e il di là, confine che non esiste per tutti, non per i bambini, non per chi non teme di valicarlo. Ci sono molti personaggi, entità che popolano la nostra vita, ma non sempre siamo disposti ad ascoltarli o a vederli. Ciò che conta di più è riuscire a comunicare a esprimere i nostri sentimenti e quando questo compito si sente essere stato assolto ce ne possiamo andare, più liberi, più sereni, come succede nel video… Cosa ci possiamo aspettare da te nel prossimo futuro? Musicalmente parlando, un brano piano e voce in fase di definizione che penso uscirà a marzo sul tema della violenza femminile; poi un nuovo album che porti avanti la ricerca vocale e sonora già iniziata in Alkemelia, meno maestoso, più essenziale, con pochi strumenti in cui il confine tra classico e pop sia ancora più labile… dal punto di vista della scrittura letteraria qualche altro progetto: sto già lavorando su vari fronti, son in un momento di incubazione, in attesa che le idee si facciano più limpide, insomma sono in fase creativa! 23


FRANCESCO ANSELMO “Lo dici veramente” è il nuovo singolo del cantautore, già vincitore della Targa Tenco. Ma è soltanto una tappa di un percorso molto articolato e ricco di idee e progetti

Non è passato tantissimo tempo tra la pubblicazione de “Il gioco della sorte” e questo nuovo singolo, “Lo dici veramente”: che cosa è successo, artisticamente parlando, tra i due eventi? Durante questo periodo ho por-

tato in giro il live de “Il gioco della sorte” per la maggior parte dei casi con una band con cui mi sono divertito tantissimo. Nello stesso tempo, assieme al collettivo artistico AdoRiza di cui faccio parte, abbiamo rimesso in sce-



na lo spettacolo Viaggio in Italia. Cantando le nostre radici e registrato l’omonimo disco prodotto da Piero Fabrizi e vincitore della Targa Tenco 2019 come “Miglior album collettivo a progetto”. Nel contempo poi ho scritto tanto, ho sperimentato ancora di più e ricercato in materia di suono. Questa ricerca e questi “esperimenti” credo che si possano notare bene nei suoni di Lo dici veramente. Come nasce il nuovo singolo?

“Lo dici veramente” nasce dalla volontà reazionaria nei confronti di un presente totalmente diverso da come era stato immaginato in passato. Questa immagine nella mia testa risulta avere anche una tonalità e dei colori. Da qui la scelta del rosso e del blu, che rimandano a un intimismo ventricolare che secondo me descrive perfettamente questi stati d’animo. Credo che anche il video, soprattutto per i panorami che mostra, 26


meriti qualche approfondimento Il video regala una fotografia perfetta della mia idea iniziale. Ho scelto di girare il videoclip a Polizzi Generosa, mio paese di origine, circondandomi di persone che condividono il mio punto di vista; la regia infatti è stata curata da Gandolfo Schimmenti con cui ho lavorato anche al video di “Tre punte”. Abbiamo voluto riprendere scorci di una Sicilia antica, bella e incontaminata. Tra paesaggi spettacolari e architetture grandiose che sembrano restituire la forza, la caparbietà e l’orgoglio che occorre per affrontare la vita. Nella tua carriera hai incrociato spesso le produzioni teatrali. Che cosa ti hanno lasciato queste esperienze e hai in progetto altre attività in quell’ambito? Sono sempre stato affascinato dal teatro e ancor di più dal teatro-canzone. Ogni produzione teatrale che ho incrociato mi ha lasciato qualcosa, dal sentirsi a proprio agio in scena; al più articolato sistema di incroci tra interpretazioni “attoriali” ed esecuzioni musicali. Ma la cosa che mi

è rimasta di più dalle esperienze teatrali è la disinvoltura. Mi piacerebbe molto continuare con esperienze musicali in teatro. Che cosa ci possiamo aspettare da te ora? Ora porterò live in band questo nuovo progetto con un concerto fatto dalle canzoni del mio primo album ri-arrangiate per l’occasione e un paio di brani nuovi in totale anteprima. Nel frattempo sto ultimando la scrittura di nuove canzoni per potere registrare il disco.

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NAIROBI

Nata dall’incontro tra Andrea Siddu (Plasma Expander, Vanvera, Trees of Mint) alla batteria, Giorgio Scarano (Ice Pick Experimental Trio) alla chitarra e Leonardo Gatto al basso (We were OnOff), la band pubblica un disco di carattere post rock senza titolo e colpisce nel segno Partiamo dalle basi: come e perché nascono i Nairobi? Andrea: I Nairobi nascono grazie al Biondo (AKA Andrea Carpenè, bassista dei Destroy All Gondolas)

che ci ha messo in contatto. Io ero già da due anni a Venezia e ancora non avevo trovato una band in laguna; avevo rifiutato diverse offerte poco stimolanti e ci avevo



quasi messo una pietra sopra. Leo e Giorgio in quel periodo, non trovando batterista, stavano vendendo la loro strumentazione per passare a qualcosa di più comodo di un ampli da 30 chili e ingombrante come un frigorifero per

darsi alla musica da cameretta. Ci siamo sentiti al telefono con Leo e già dalla telefonata è partito qualcosa. Non abbiamo perso tempo e siamo andati in sala il giorno dopo; abbiamo iniziato a jammare e da lì non ci siamo più fermati. 30


Su quali presupposti è nato questo disco senza titolo, tutto strumentale e dai suoni piuttosto marmorei? Leonardo: Personalmente non lo definirei un disco marmoreo. Credo ci siano di sicuro delle parti più sature ma, quasi nella stessa misura, anche momenti più morbidi o addirittura sospesi. Cronologicamente parlando, fotografa il periodo nel quale ci siamo conosciuti e, di conseguenza, traccia un po’ tutte le sfaccettature che, più o meno inconsciamente,

abbiamo deciso di sondare in quel momento preciso. Giorgio: Le sonorità di questo disco rappresentano bene i nostri gusti , ma niente esclude che potrebbero variare molto nei lavori futuri. Qual è il vostro metodo di lavoro? Più jam o più scrittura prima di decidere la direzione dei brani? Giorgio: I brani li strutturiamo in modi diversi, alcune volte nascono da parti singole proposte da uno di noi. Altre invece sono piccoli estratti di lunghe improvvisazioni che scegliamo e rielaboriamo, spesso decontestualizzandole totalmente dall’idea “originale”. Tre nomi di artisti italiani contemporanei che vi piacciono? Andrea: Mai Mai Mai Giorgio: Iosonouncane Leonardo: Blak Saagan Che cosa ci dobbiamo aspettare dai Nairobi per il 2020? Leonardo: Per quest’anno abbiamo in programma intanto dei live in Italia per promuovere il disco. Nel frattempo stiamo lavorando al nostro secondo lavoro. 31


ELENA SANCHI La cantautrice riminese presenta “Tradire e fare”, il nuovo video, dal taglio molto cinematografico, tratto dall’ultimo disco “Risveglio”. Le abbiamo rivolto qualche domanda Ti abbiamo lasciata sull’onda lunga di “Risveglio” e ti ritroviamo ora con un nuovo singolo e video. Ci racconti in che modo hai iniziato il 2020?

Quando sono partita non sapevo ancora cosa mi aspettava né dove mi avrebbe condotta questo secondo disco! Con il mio Risveglio Tour ho attraversato l’Italia, can32


stessa fino in fondo lasciando andare la paura. Il nuovo anno è iniziato quindi seguendo l’onda di questo percorso concretizzando il nuovo videoclip del brano Tradire e fare che traduce in musica questo sentimento di abbanDono verso se stessi, ai propri sentimenti più profondi liberandosi da giudizi e aspettative altrui. “Tradire e fare”: come nasce? Ci racconti qualcosa sul video? La tematica del cambiamento come momento di crescita personale, di ricerca profonda del proprio talento, del significato vero della vita di ognuno di noi, è presente in diverse mie canzoni ed è un aspetto che mi attrae e mi percorre sin da bambina. Tradire e fare nasce così da questa domanda: Qual è il motivo del mio viaggio? Quale è il messaggio che posso e voglio lasciare al mondo? La vita a volte ci porta lontano da ciò che siamo davvero, ci conduce a fare scelte che nel tempo non ci appartengono più e non è facile trovare il coraggio di rimanere fedeli a ciò che si è diventati senza

tando dal Piemonte alla Sardegna, fino alle Marche e all’Emilia Romagna; ho toccato una molteplicità di emozioni e mi sono concessa finalmente il lusso di essere me 33


tradire le aspettative degli altri. Questo brano allora è un invito a essere felici, a non avere paura di essere ciò che ci si sente dentro, a far emergere anche verità scomo-

de ma che comunque ci liberano e ci rispecchiano. Nel video riprendo la concezione pirandelliana secondo cui l’individuo è nascosto dietro maschere che la società im34


pone per sentirsi accettato e accolto; interpreto quindi diverse identità tutte legate dalla figura della libellula, simbolo di cambiamento, trasformazione e fedeltà a ciò che si è dietro le apparenze. Mi pare di capire che nella canzone il “tradimento” non abbia una valenza negativa, anzi sia una sorta di forza propulsiva... Sì esatto! Diciamo che mi piaceva parlare di fedeltà e ho scelto di farlo attraverso il tradimento, perché in fondo sono le due facce di una stessa medaglia. Deve essere letto più come un “dire tra”! Il “tra” è la distanza tra noi e gli altri, tra ciò che siamo stati e ciò che siamo, è la misura, il percorso di trasformazione verso i nostri desideri. Nella vita ti è capitato più spesso di tradire o di essere tradita (anche a livello ideale…)? Entrambe le cose e nella stessa misura, credo. La separazione dei miei genitori da bambina mi ha forgiato il carattere, quello forse è stato il primo tradimento che ho attraversato! Pensavo che fosse colpa mia, di dover essere brava

altrimenti mi potevano succedere delle cose brutte. Avevo paura di disobbedire, non volevo deludere per paura di sentirmi sbagliata. Per questo poi mi sono boicottata tante volte, facendo scelte sbagliate che mi hanno portata a vivere una vita che non mi rispecchiava… e poi “arriva un giorno che la tua vita sembra viaggiare lontano chilometri” e trovi il coraggio di cambiare, di tradire le aspettative degli altri per essere fedele a ciò che sei davvero. Ho sempre avuto un grande sogno nel cuore, la musica, e penso che lei mi ha salvato la vita, almeno due volte. Che cosa c’è nel tuo futuro prossimo? Tanto lavoro, amo quello che faccio e trovo tanta passione e soddisfazione nel farlo! In particolare sto lavorando a nuovi brani per un terzo disco, a un nuovo live set per la primavera prossima dove mi esibirò con tastierina elettronica, Loop Station e Groove Box toccando suoni più elettronici e a uno spettacolo tutto al femminile che vedrà la sua prima uscita a teatro il prossimo 8 marzo. 35


LEDA

“Pulviscolo” è il nuovo singolo e video della rock band che ha di recente pubblicato “Memorie dal futuro”, un album ricco di sonorità 90s


Mi raccontate come nasce la canzone “Pulviscolo�? La canzone nasce da un riff di chitarra che Enrico aveva iniziato a suonare durante un’improvvisazione in sala prove, a cui sia la batteria di Fabrizio che il basso di Mirko si sono agganciati in ma-


niera del tutto naturale. È stato poi il turno della voce, diventata più concreta quando abbiamo riadattato una poesia del nostro amico scrittore Francesco Ferracuti. In fase di registrazione Serena ha aggiunto un Rhodes che ha fatto da collante tra le varie parti. Così che è nata Pulviscolo, fluida e istintiva come il resto dell’album. Il video vela e svela... Mi raccontate qualcosa del suo concept e della sua realizzazione? I ragazzi della Caos Crew hanno saputo cogliere in pieno lo spirito del testo. Anche in questo caso il concept è arrivato in maniera spontanea. Il tema ruota attorno all’importanza di saper cogliere gli attimi di silenzio, apparentemente vuoti, come preziose occasioni di concentrazione su noi stessi, sul nostro io. Il “non fare nulla” non è sempre tempo perso e dovremmo tutti integrare momenti come questi nelle nostre esistenze, spesso troppo veloci e rumorose. Il video è stato girato lo scorso settembre nell’arco di una giornata. Le competenze dei ragazzi della Caos unite alla loro umanità han38

no creato un ambiente nel quale ci siamo trovati subito a nostro agio, soprattutto durante la parte in cui suoniamo. C’è un momento molto forte, quello della caduta del velo, che cambia il clip e la canzone. E’ stato difficile da girare oppure è stato un “buona la prima”? Abbiamo girato quella scena diverse volte per trovare il giusto accordo tra la musica, i passi e il momento della discesa del telo. Il regista in quel momento ci ha diretto dall’alto, mentre reggeva il telo assieme a un altro ragazzo della Caos Crew... un video professionale e artigianale allo stesso tempo, in cui tutto l’impegno è sempre accompagnato da grandi risate. E’ passato qualche mese dall’uscita di “Memorie dal futuro”, il vostro ultimo album. Giudicandolo in prospettiva, qual è il vostro giudizio sul disco? L’album contiene le canzoni che avremmo voluto ascoltare o comprare e ci fa piacere che abbia ottenuto un bel riscontro da parte della critica. Sicuramente è un al-


bum dove abbiamo messo tutta la nostra onestà, fregandocene delle mode e delle logiche di mercato. Abbiamo suonato quello che siamo davvero, sia come singoli che come musicisti. A distanza di diversi mesi dalla sua uscita ancora ci divertiamo a suonarlo e ci piace riascoltarlo. Che cosa ci dobbiamo aspettare dai Leda da qui in avanti? Altra musica, in studio, ma soprattutto dal vivo. Abbiamo tante idee, nonostante facciamo questo lavoro da parecchi anni sentiamo un’urgenza ancora forte e propo-

sitiva. Sappiamo benissimo che l’Italia non è il posto migliore per i musicisti, specie in questo periodo, però abbiamo molta perseveranza, che ci dà la forza di andare avanti. Finché avremo delle idee e qualcosa da comunicare, ci troverete sempre con gli strumenti in mano! 39


AWAVE Un singolo, “Walking”, dalla gestazione lunga, un’ispirazione British, un ep (e forse non solo) in arrivo: quattro chiacchiere con il trio (e un po’ di ansia)

Partiamo dalle presentazioni: chi sono e come nascono gli Awave? Gli Awave sono Federico Serio (voce, chitarra), Federico Luzi (basso, voce), Stefano Ianni (percussioni, synth) e nascono da una lunga amicizia e da svariati esperimenti/progetti musicali che nel corso degli anni hanno avuto più



raccontare nel dettaglio? Lunga, più che complicata... e particolare, perché a differenza di altri brani (dall’origine quasi acustica e quasi cantautoriale), Walking prende forma da un giro di basso e da una ritmica elettronica cadenzata che vanno a costituire le

o meno successo e durata, fino al raggiungimento della attuale formazione e della attuale idea di composizione e filosofia di sperimentazione. So che il nuovo brano “Walking” ha avuto una gestazione particolare e complicata. Ce la volete 42


fondamenta della strofa e che in fase di registrazione ci hanno condotto verso una resa più acustica e “vera” dei ritornelli in modo da avere maggiore impatto emotivo e maggiore dinamica. Questo è stato possibile anche grazie al lavoro di Luigi Tarquini che ha curato la produzione presso Alti Records. C’è in arrivo un ep: ci potete anticipare qualcosa di ciò che sarà? Abbiamo altri due brani pronti, leggermente diversi come sonorità rispetto a Walking, più “up-tempo” ma sempre sulla falsa riga del British pop o Dark pop o Alternative rock o che dir si voglia... e che in linea teorica andranno a costituire il nostro primo ep sempre che non ci scappi

prima direttamente un album magari... Le vostre ispirazioni sono molto “British”: chi sono i vostri punti di riferimento? A partire dai Radiohead fino agli Editors passando di recente per i Placebo (anche se non propriamente British) che ascoltiamo spesso e volentieri durante il lungo tragitto tra le montagne che ci conduce verso la nostra sala prove. Ma le nostre vere e più profonde radici sono da ricercarsi nell’ heavy metal e nella dark... Che cosa vedete nel futuro (a breve) degli Awave? Ansia (ahahah) di capire se questo progetto musicale possa avere un buon riscontro o meno e da ciò realizzare piccole aspirazioni e qualche sogno, da quelli con i piedi per terra (o underground) a quelli magari grandi che potrebbero anche svalicare i confini più strettamente musicali... A parte tutto, stiamo lavorando sull’uscita di un nuovo singolo, e anche questo avrà a che fare come Walking con un percorso, ma dall’ oscurità alla luce... 43


In questa notte di buio pesto, che forse era buio pomodoro Le mie mani Brigate Rosse accarezzano te che sei Aldo Moro Tutti abbiamo un sogno, di gloria, di musica, di passione. Sognare, spesso, significa dover poi fare i conti con la realtà, che fa a cazzotti con quello che vorresti e ti fa ingoiare i NO ricevuti e aspettati. E l’hai letto nelle stelle che la musica ci darà il pane Il realismo l’avrai lasciato a qualche mercatino equosolidale Irene è un singolo del 2017 tratto da “Gioventù brucata”, album della svol- Irene, non ci credere poi tanto allo zodiaco ta per la band bergamasca. Che la musica il pane quotidiano lo dà Tutti abbiamo dovuto, almeno una solo a chi è celiaco volta, lasciar andare qualcuno che Tutti sappiamo che se una relazione avremmo invece voluto tener stretnon decolla non ci sarà miracolo che to al nostro fianco. E lasciar andare, potrà darle una spinta. Rendersene spesso, significa non solo perdere l’alconto, spesso, aiuta ad accettare l’itro, ma anche una parte di noi stessi. nevitabile, con ironica intuizione che Così pensi di nasconderlo per far si non avrebbe mai potuto funzionare. che gli altri non lo vedano, di rapirlo Il futuro che ti potevo dare l’ho per sottrarlo all’inevitabile separazioBarattato per i vinili che ho in soffitta ne. Te li regalerò quando avrai perso le Irene, questa sera la faccia te la strapsperanze perei via E ti sentirai sconfitta Così faresti paura al mondo ma resteIl futuro che ti potevo dare resti sempre mia Alla fine è una fregatura meglio

PINGUINI TATTICI NUCLEARI “IRENE” #quellochesentivo

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Che ti sposi un ingegnere Un notaio od un dentista Oppure, oppure, oppure il tuo analista Tutti siamo caduti. Da terra, spesso, tutto sembra più grande di quel che è in realtà. E ogni volta rimettersi in piedi sembra così faticoso da far venir voglia di cambiare prospettiva e lasciarsi dove le cadute ti hanno collocato tuo malgrado. Una luce indagatrice, color della cedrata Brucia forte in questa stanza e incenerisce la serata E mentre dormi un rivolo di saliva ti scocca dalla bocca Preciso come un bacio mai dato o un orologio che rintocca Irene, i cantautori dicono che l’importante Non è quante volte cadi, ma se hai il coraggio di rialzarti Ma dopo mille cadute roventi Non ci resta che imparare a vivere come i serpenti Tutti abbiamo capito che era giunto il momento di abbandonare la nave che stava affondando. E i rapporti umani, spesso, sanno essere scialuppe di salvataggio o zavorre di cui liberarsi. E il futuro che ti potevo dare l’ho

Barattato per i vinili che ho in soffitta Te li regalerò quando avrai perso le speranze E vorrai star solo zitta Il futuro che ti potevo dare Alla fine è una fregatura, senti Corri via da tutto questo Scappa forte, finché puoi Ricordami come Neville Paciock In un mondo di Draco Malfoy Tutti abbiamo provato almeno una volta a interpretare il testo di una canzone di un gruppo indie, con riferimenti nerd, senza riuscirci. Quando non si capisce una cosa, sempre, sarebbe bene non esprimere la propria opinione in merito. Irene non fidarti mai Dei testi delle mie canzoni Soprattutto di quelle da parafrasare Che sono le peggiori …. E fidati del pane fresco Nelle mattine d’inverno E del paradiso solo se Solo se visto dall’inferno Il futuro che ti potevo dare l’ho Barattato per i vinili che ho in soffitta Te li regalerò quando avrai perso le speranze E ti sentirai sconfitta

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