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Unibrido
from TRAKS MAGAZINE #32
by Fabio Alcini
UNIBRIDO: un progetto fatto di grande baccano
“P.I.G.S.” è il nuovo lavoro del duo abruzzese, “nato per caso” ma con idee molto chiare e anche con un po’ di buon umore, nonostante tutto
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Ci raccontate come nasce e cresce il vostro progetto? Gli Unibrido nascono per caso e necessità nel 2018 dalle menti alienate di Carlo e Marvin, due ragazzi abruzzesi che cercano il loro senso nella musica. Dal materiale sonoro dei primi mesi hanno cercato di prendere il meglio e infilarlo in P.I.G.S., il primo album pubblicato a settembre dello scorso anno. In mezzo a tutto questo, molte esperienze dal vivo in regione hanno permesso loro di portare in giro un progetto fatto di grande baccano, messaggi sociali, filosofia e traumi infantili. Ma con buon umore. Quello che succederà quando sarà di nuovo possibile vivere insieme ad altri esseri
umani è ancora da scrivere. Quali sono state le idee attorno alle quali avete costruito il vostro disco? Sinceramente all’inizio non avevamo le idee molto chiare su come avrebbe dovuto suonare l’album e in questo ci ha dato una grossa mano il nostro produttore nonché amico Luigi Caprara. Per quan
to riguarda i “contenuti” c’è tutto quello che abbiamo vissuto, respirato, letto e ascoltato negli ultimi anni condensato in poche ma essenziali liriche. Alienazione sociale, nichilismo intrinseco, svolte antropologiche e fine della metafisica. La presentazione del vostro disco chiude, dopo alcune con-
siderazioni sulla realtà di crisi circostante, con una domanda di bruciante attualità: ne usciremo vivi? Come si esce dalla crisi imperante in cui siamo cresciuti? Quel passaggio della presentazione di cui parli sembra descrivere, anche se indirettamente, la situazione straordinariamente paradossale di questi giorni su cui non vogliamo soffermarci troppo. Siamo infatti di fronte a una crisi storica su cui è impossibile formarsi un’opinione lucida, almeno per il momento. Sarebbe più opportuno viversela interiormente come l’opportunità per riconsiderare la scala di valori e priorità che ognuno di noi ha costruito mentalmente nella propria vita. Non possiamo fare altro. E alla fine dell’emergenza saremo costretti a fare i conti con tutte le scelte politiche ed economiche totalmente sbagliate che hanno portato l’Occidente fin qui. Benché qui e là nel disco ci siano idee alternative, mi sembra che quello che vi piace suonare sia un rock attento alle radici. Quali sono i vostri capisaldi? Il rock degli anni settanta, con venature blues psichedeliche è piuttosto presente. Coesistono anche influenze stoner e alternative rock degli anni Novanta nostrani. Ovviamente a tutto questo proviamo a dare un’impronta originale, o almeno ci proviamo. Non abbiamo paletti da questo punto di vista, sentiamo di poter stravolgere i nostri “capisaldi” in futuro. Come spiegate il fatto che, mentre ovunque in Italia si punta sul pop, in Abruzzo fiorisca il rock (Management fino a poco fa, Voina, voi e altri gruppi)? Non ce lo spieghiamo. Semplicemente ci godiamo le cose buone che riescono a nascere dalle nostre parti, senza fare paragoni. L’Abruzzo è un posto strano dove, già prima dei decreti ministeriali, noia e immobilità gironzolavano a braccetto per i paeselli silenziosi e le piccole cittadine. Coltivare una qualsiasi forma d’arte viene ancora visto da fette enormi di vecchie e nuove generazioni come un’inutile perdita di tempo. Capisci bene quanto siano preziose le realtà musicali nate qui. Valgono doppio.