5 minute read
Ottodix
from TRAKS MAGAZINE #32
by Fabio Alcini
“Entanglement è il nuovo disco del poliedrico musicista, un album riflessione sulla connessione globale
Prima di parlare del disco nello specifico, credo che sia giusto chiedere un parere, a un musicista dalle vedute ampie come le tue, un parere sul periodo, paradossale e singolare, che stiamo vivendo, sotto lo schiaffo del virus. Sono come tutti scombussolato dalla martellata in testa che a ognuno di noi è arrivata in testa, sulle abitudini, sui progetti, sulle sicurezze, ma ho per indole personale e professionale la fortuna di essere abituato a immaginare scenari capovolti, clamorosi. Ora sono reali. Certi esercizi di immaginazione artistica ti portano a essere più preparato a scenari destabilizzanti come quello di oggi, li hai già in qualche modo ipotizzati, hai un po’ più di confidenza con le situazioni estreme. Non sono preoccupato per me, insomma, ma per le persone che avevano basato le loro certezze sulla routine, sulla stabilità del sistema, dell’economia. Mi preoccupa l’italiano medio e l’individualismo cieco che fa del nostro sacro trantran la cosa più importante del mondo a discapito del senso civico, che è la stessa cosa che ci porta a smantellare la sanità pubblica in favore di quella privata, a evadere il fisco, ad avere le casse pubbliche vuote in emergenza o che fa trasgredire le regole di quarantena,
Advertisement
perché quest’ultima viene scambiata da alcuni, per una vacanza, da usare per andare tutti al mare. Questo mi preoccupa. E che per contrasto dall’altra parte in ospedale ci siano supereroi che non possono resistere a oltranza. E’ un gigantesco esperimento sociale che trasformerà in modo drammatico il mondo definitivamente, credo, ma è interessantissimo. Cadranno molte maschere, rimarrà l’essenza di chi siamo nel bene e nel male e saremo costretti a guardarci in faccia nudi allo specchio. Abbiamo un’occasione senza pari per ripensare ai fondamentali dell’esistenza, al fatto che c’è ancora la morte dietro l’angolo a far rivalutare la vita. Sono scenari, questi, apocalittici, intuiti o intravisti da scienziati, artisti e filosofi, e gridati invano, da coloro che insomma, per attitudine e mestiere hanno il dovere di presagire l’aria in lontananza. Entanglement, il mio nuovo album, è in tal senso di un profetico quasi imbarazzante, ora. Un album-riflessione sull’iper connessione globale, geografica, economica, ambientale e web, in cui causa-effetto si propagano in modo immediato da una parte all’altra del globo, come nel fenomeno, appunto dell’entanglement in fisica quantistica. Veniamo proprio al disco: da quali presupposti nasce? Dal concetto di fisica che ti accennavo poco fa. Due particelle unite in precedenza e poste anche a milioni di chilometri di distanza, interagiscono tra loro a livello istantaneo, annullando il concetto di spazio-tempo. Questa cosa mi ha appunto fatto pensare in chiave poetica (e non scientifica) alla similitudine con la globalizzazione alla quale siamo giunti come società umana. dalle fake news, all’odio, ai crolli di borsa, alla vita web, ai collegamenti aerei e navali internazionali, alle migrazioni umane e animali, dall’esplorazione al colonialismo, ai disastri ambientali e umani. Tutto si propaga all’istante da una parte all’altra del mondo. Tutti siamo causa di tutto e non possiamo credere di farla più franca, usando il Pacifico come discarica o sfruttando i bambini nelle miniere di cobalto
in Congo per i nostri microchip, che poi riempiono le barche e vengono qui il giorno dopo. Non la facciamo più franca pensando che l’epidemia in Cina sia una rogna lontana, o che la radioattività di Fukushima non ci tocchi, perché ce l’abbiamo nel banco del pesce a Milano. Ho dedicato un album alla storia dell’intreccio delle connessioni umane, dalla storia della navigazione antica fino alla navigazione web. Entanglement immagina un viaggio geografico attraverso gli oceani e i continenti, per capire la follia umana e la necessità che ha la natura di muoversi e spostarsi ovunque. Ma riflette anche sul bisogno di disconnessione, di intercapedini di silenzio, di isole remote. La bellezza infantile della geografia, di aprire un atlante e immaginare isole lontane, mari sconosciuti e spaventosi o le terre polari disabitate. La bellezza anche di sapere esattamente dove siamo noi-rispetto-a-cosa. Coordinate per ridarci un senso della posizione, del limite e della misura. Pacific Trash Vortex è dedicata all’isola di rifiuti che circola per il Pacifico. Ci vuoi spiegare motivazioni di questo brano? Tra tutti i continenti toccati dal sommergibile Entanglement (uscirà un mio racconto a puntate nel web, a breve, per accompagnare la promozione in quarantena di questi giorni), c’è anche il non-continente del Pacific Trash Vortex, l’immensa chiazza di rifiuti e micro plastiche galleggianti che sta uccidendo il pacifico. Ha una doppia lettura, perché in realtà parlo dell’inquinamento dell’informazione, La manipolazione della realtà nel web, il trash (appunto) che impera in rete e i veleni e l’odio che propaga, creando una impalpabile , ma pericolosissima discarica in cui far scaricare alla gente tutte le loro peggiori pulsioni intestinali, lontane dal cervello. E’ il brano più trasversale e poi per contrasto secondo me ha un mood travolgente, ballabile, grintoso, in pieno Ottodix electro-style. Su quali aspetti sonori hai concentrato la tua attenzione? Ho ulteriormente consolidato
il mio sound tra pop sinfonico orchestrale e elettronica. Flavio Ferri che ha messo mano ai miei elaboratissimi provini, già molto prodotti, ha aiutato tanto a valorizzare e ripulire queste idee aggiungendone di nuovissime. Ho inserito per necessità di “suggestione” geografica, alcuni elementi dal sapore più etnico, ambient. Il brano che forse più mi soddisfa in tal senso è Africa By Night, in cui ho evitato di cadere in uno dei tanti cliche musicali africani, dal percussionismo ai cori tribali, agli strumenti etnici che danno quel colore new age un po’ abusato. E’ una marcia migratoria di elefanti, cadenzata, marziale, che attraversa un’Africa moderna in rovina, che sogna che venga sera, quando soffia un filo d’aria fresca. Oltre a questi interventi c’è la grossa novità delle 5 tracce strumentali dedicate ai luoghi disabitati del pianeta: 3 oceani e le due zone polari, in cui a Barcellona io Flavio e Loris (Sovernigo, il pianista) abbiamo creato un tessuto drone-ambient minimal davvero molto inedito per Ottodix, ma che serviva a differenziare le canzoni continente da quelle dei mari e dei poli, come camere di decompressione sonora. Anche da questo disco trarrai uno show dal vivo. Ci puoi anticipare qualcosa in merito? Il tour di 13 date era appena stato pubblicato e ora verrà quasi cancellato e posticipato chissà a quando. Un dolore che non sai, anche per la qualità e l’importanza di molti eventi, da Milano a Roma a splendidi teatri e festival o biennali importanti. Lo spettacolo prevede la grande sfera gonfiabile che abbiamo usato anche per Micromega, che si accenderà e diventerà come un mappamondo con proiezioni e visuals in cui a tappe percorreremo questo viaggio che unirà letteralmente il globo, canzone per canzone seguendo la tracklist precisa, con band e quartetto d’archi in palco. Tra una canzone e l’altra anche contributi e letture di attori su riflessioni, statistiche e dati riguardanti l’iper connessione globale e i suoi paradossi. Seguiteci per posticipi e conferme eventuali, si vive come tutti, ora, alla giornata.