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Nebbioso

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Ottodix

Ottodix

In occasione del trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, il bassista Davide Sciacchitano ha pubblicato “Nebbiosa”, suite distopica che ha per tema l’obsolescenza programmata dell’uomo

Ci vuoi spiegare chi è Davide Schiacchitano? Cosa non facile... lo scopro ogni giorno: sono stato un bambino attratto dal mondo del giornalismo e da come i media influenzano i comportamenti e la cultura. Mi sono occupato di cronaca per anni e ne sono uscito deluso, ho mollato tutto. Scrivendo volevo per primo affinare il mio sguardo sul mondo che mi circonda e contribuire alla causa della consapevolezza. Oggi mi occupo felicemente di educazione ai media e ho la possibilità di incontrare migliaia di ragazzi. Avevo la loro età, 13 anni, quando sentii il richiamo del basso elettrico, altro strumento di verità, dopo la penna: mi chiudevo in camera e ascoltavo soltanto certe frequenze. Dopo aver suonato con diverse formazioni in Friuli e conosciuto amici musicisti con sensibilità particolari e tante cose da dire, ho deciso che volevo realizzare un’opera con un’ambientazione sonora ben precisa, cupa e di confine. E il confine doveva essere l’uomo. Mi sono sempre chiesto cosa c’è prima e dopo l’uomo? Cosa succede quando finisce l’umanità? La risposta è ogni giorno sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di guardare oltre il proprio piccolo orizzonte. È nata così Nebbiosa. Migliaia di ore notturne passate a dare un senso a tutto. Un album che nasce da un film abortito di Pasolini. Su quali basi concettuali poggia Nebbiosa? Per le ambientazioni, in particolare, mi sono ispirato a Pasolini e alla sua sceneggiatura La Nebbiosa, una Milano cyberpunk che ha molto in comune con la Los Angeles di Blade Runner. Non ebbe fortuna quel manoscritto del poeta, che appunto non divenne mai film. E Nebbiosa nasce certamente da una mancanza: ho sognato di aver lasciato mio figlio in un freddo contenitore d’ospedale. Preso carta e penna, imbracciato il basso, ho voluto mettere al mondo (ma un mondo parallelo) una ragazza, una trovatella di nome Nebbiosa, che si muove in una dimensione distopica, vivendo nella città circolare di Tr3SeiZer0, chiusa da mura-schermi che im-

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pediscono a chiunque di entrare e uscire. In questa città-laboratorio si sta per sperimentare l’utopia: l’introduzione dell’intelligenza artificiale. E cittadini intorpiditi da una vita senza orizzonte a causa

del video-wall, in seguito all’emanazione dell’ordinanza del Profondosonno, vengono convinti ad assumere dosi letali di cianuro. Ricordate Berlino? Ricordate il massacro di Jonestown? Sembra fantascienza, ma in realtà è già accaduto. L’idea è quella della presa di coscienza: una ragazza di sedici anni deve capire se stessa e conoscere la propria storia per potersi salvare da questo incubo. In che modo si collegano la storia del disco e quella della caduta del Muro di Berlino? Anche in Nebbiosa c’è una popolazione che vive una limitazione della propria libertà perché qualcuno vuole “proteggerla” da ciò che c’è fuori. E’ un disegno folle

che oggi attrae più che mai: il presidente del Friuli Venezia Giulia ha annunciato di voler bloccare i migranti della rotta balcanica con un muro al confine con la Slovenia. Non è cambiato nulla, è psicopolitica. Allo stesso tempo non sappiamo più cosa significhi “libertà”: viviamo costretti dai social alla completa nudità, obbligati a essere liberi in una dittatura che non si vede ma c’è. Come topi da laboratorio, gli abitanti di Tr3SeiZer0 vivono nudi e circondati da schermi. Da bambino seguivo in diretta tv la caduta del Muro, fu emozionante. Quelle immagini così potenti mi hanno sempre accompagnato, dunque è venuto spontaneo rielaborare quel ricordo e trasformarlo in paesaggio sonoro. Vuoi spendere qualche parola a proposito dei numerosi musicisti che hai coinvolto nel progetto? Grazie per darmene la possibilità: Nebbiosa non esisterebbe senza il cuore e la competenza di chi mi è stato vicino e ha dato forma e voce a questo lavoro. La terra in cui vivo, il Friuli, è ricca di talenti musicali, che con fortuna sono riuscito a raccogliere attorno a questo progetto, amici musicisti, anche professionisti, che mi hanno dato fiducia. E chissà poi perché... In fondo io non so suonare, lo ammetto, ho soltanto cercato l’inconsueto. Non citerò nessuno perché dovrei citarli tutti, dico solo che la musica è stata un pretesto per costruire un sentimento di amicizia. Ognuno di loro è impegnato in super progetti dal dub al jazz, dal cantautorato all’elettronica, che consiglio a tutti di seguire. Nebbiosa è anche l’immagine di copertina, grazie a chi ha saputo dare un volto a questa ragazza delicata e combattiva. Quali saranno i tuoi passi successivi? Sto cercando di organizzare una presentazione live, mi immagino uno spettacolo di musica, luci e danza in cui il pubblico è parte della storia narrata. E’ una sfida molto grossa, sarà bello poter trasformare questo disco in qualcosa di ulteriore, liberare la musica dai confini posti dall’immutabilità della registrazione.

THE LANSBURY

Un singolo e un video, “Alba”, molto forte e attuale, dedicato alla violenza sulle donne. E tutta la voglia di suonare di un trio torinese emergente e promettente

Intanto, le presentazioni: chi sono The Lansbury e perché si chiamano così? Ciao a tutti e tutte! L’annoso problema della scelta del nome attanaglia tutte le band nascenti, ma abbiamo avuto la brillante idea di trovare un punto comune nelle tre nostre infanzie che si è rivelato essere nientepopodimeno che: La Signora In Giallo (Murder She Wrote). Lansbury è il cognome dell’attrice che interpreta la famigerata Jessica Fletcher. Ed è abbastanza fico.The Lansbury sono: Davide Mura, chitarra sarda e voce… sarda pure quella. Andrea Carenzi in arte Oscarito, bassista lombardo, fumettista e Luigi De Rosa, batterista e scrittore campanoromagnolo ( o romagnompano

se preferite ). Ci siamo incontrati nell’inverno 2016 tra piogge torrenziali e cartelloni pubblicitari che invitavano alle vacanze in Mongolia.Al posto di prenotarci una bella Yurta abbiamo dato vita al progetto. Inizialmente eravamo orientati su un genere più radicato nell’alternative rock, come potete sentire nell’ep Studio Session che abbiamo registrato nel 2017. Avendo tutti e tre gusti e formazione musicali abbastanza diverse, ci siamo contaminati a vicenda virando le sonorità verso un postrock sporcato da noise, shoegaze e altra robaccia che ascoltiamo. Alba, nella sua versione ufficiale, è un buon esempio di questa maturazione. Alba è un pezzo molto forte, con una tematica molto attuale e di grande impatto. Ci raccontate l’ispirazione di questo brano? Alba è stato il primissimo testo che Davide ha scritto. Nasce dall’incontro con una ragazza, di cui non faremo il nome per ovvie ragioni, che confidò a Davide quello che stava vivendo. Dalle sue parole traspariva una soffe-

renza forse ancora informe e non comprensibile per lei, che la portava a giustificare gli atti di violenza subiti. Conosciamo i meccanismi complessi e radicati che

si mettono in moto nelle relazioni umane e non giudichiamo negativamente una donna che, pur consapevole di ciò che ha di fronte, cerca di trovare un senso e una

ragione per salvare una relazione, sia pure deleteria. In molti e molte confinano queste situazioni con l’uso di termini come “vittima, relazione malata” non lasciando spazio al dialogo e al confronto che porti invece a una maggiore consapevolezza da entrambe le parti senza relegare chi subisce violenze all’isolamento. Per noi una nuova Alba è possibile, necessaria e la vediamo spogliata di vittimismo imposto, piena di forza, di lotta. Il nostro è un invito a cambiare rotta per demolire una cultura patriarcale che da troppo tempo ci portiamo addosso. Anche il video mi ha colpito molto, e so che l’avete confezionato da soli o quasi. Ci spiegate anche come? L’idea è nata, ovviamente, dalla necessità di tradurre in immagini i contenuti trattati in Alba e dalla nostra passione per il cinema. Non ci piace essere super espliciti e quindi abbiamo preferito una messa in scena meno didascalica, ma che fosse comunque chiara negli intenti e nel messaggio. Comprensibile ed esteticamente valida, ecco. Non come il bassista (ridono). Edith Ben, un’amica attrice e danzatrice, ha subito reagito con entusiasmo alla nostra proposta di collaborazione perché anche lei affrontava, nel suo laboratorio artistico, delle tematiche simili. Quali saranno i passi successivi per The Lansbury, quando sarà possibile tornare a fare live? Suonare suonare suonare e poi, se capita, suonare. Ci piacerebbe far conoscere il progetto a più persone possibili, anche in vista della pubblicazione dell’ep che sarà anticipata dall’uscita di altri singoli a cui stiamo lavorando con lo studio Brutus Vox Music che ha già seguito registrazioni, mix e mastering di Alba. Abbiamo anche aperto un progetto con il laboratorio di stampa serigrafica Zanna Dura per realizzare una fanzine illustrata che contenga i testi dei pezzi e degli scritti di Luigi che portiamo in concerto in forma di reading. Crediamo fortemente nel messaggio dei contenuti che produciamo e ci piacerebbe che arrivassero il più lontano possibile.

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