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Numero 36 - settembre 2020
DISKANTO AMUSIN’ PROJECTS TUGO
SERGIO TENTELLA OUTWAVE NIAMH
sommario 4 Diskanto 8 Sergio Tentella 12 Amusin’ Projects 16 OutWave 20 Tugo 24 Niamh 28 Daniele Fortunato 32 Fulvio Effe 36 Headlight
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DISKANTO
Trentacinque anni alle spalle ma un rilancio in pieno corso: il quartetto racconta i brani di “Temerari sulle maccine volanti” La vostra è una band decisamente storica ma il “rilancio” è avvenuto di recente. Che cos’è successo dal 2016 in qui? I Diskanto compiono quest’anno 35 anni. L’attuale formazione raccoglie due dei quattro originari fondatori (Turo e Loris), mentre gli altri due componenti sono entrati a far parte della famiglia nel 2010 (Stefano) e nel 2016 (Fausto). Quello odierno è senza dubbio il miglior combo dall’inizio
della nostra storia e il nostro ultimo lavoro discografico sta lì a testimoniarlo. La marcia in più è arrivata 4 anni fa, con l’ingresso del nuovo batterista, che ha portato un drumming più potente e fantasioso, consentendo alla band di riassestare tutti gli equilibri interni, ampliare la gamma delle sonorità a disposizione e liberare potenzialità inespresse in ciascuno di noi. Ci conosciamo tutti da 40 anni (Fausto e Stefano militavano negli 4
anni ’80 nei Lix Bolero, con cui i Diskanto hanno fin da allora condiviso sale prove, concerti e tante battaglie) e tra di noi c’è grande affetto e affinità di vedute sul senso della vita. L’ingresso di Fausto ha contribuito a iniettare nuovi stimoli e motivazioni, che si sono rapidamente tradotti in creatività. Ne sono sortiti i brani del nuovo disco. Quali sono stati gli obiettivi che vi siete posti con Temerari sulle macchine volanti? Volevamo un disco che ci rappresentasse. Che fotografasse il momento magico che sentivamo di attraversare. Che esprimesse tutta l’energia, la rabbia e la speranza che percepivamo dentro di noi. Non siamo ragazzini. Abbiamo lunghe storie personali e artistiche alle spalle. Ma il fuoco sacro della passione per la musica è rimasto negli anni immutato e continuiamo a credere nella potenza che una canzone può avere per ogni singola persona che la ascolta, raggiungendo il suo cuore e contribuendo ad aprire la sua mente. Suscitando nel contempo emo-
zioni e riflessioni. Noi crediamo da sempre nel ruolo sociale della musica. Scriviamo in italiano perché abbiamo storie da raccontare, micce da accendere, muri da abbattere, catene da spezzare. Ci piace seminare dubbi e interrogarci su ciò che ci capita intorno. Musicalmente volevamo un prodotto asciutto, senza fronzoli, tosto e diretto. Per cui abbiamo lavorato, prima e durante le registrazioni all’Elfo Studio in Val Tidone, per togliere – insieme a Giorgio Bodini e Alberto Callegari - tutto ciò che non ci sembrava essenziale e indispensabile. Ne è uscito quello che reputiamo il nostro miglior disco di sempre e certamente quello con sonorità più rock, registrato interamente in presa diretta, per conservare il più possibile la freschezza dell’intenzione e il sapore live dell’esecuzione. La musica resta la nostra “stanza dei giochi”. Uno spazio inebriante che ci consente di fare spesso il pieno di felicità e di linfa vitale, utilissimo per affrontare le tante fatiche della vita. Eravamo perfettamente consapevoli che, alla nostra età, 5
imbarcarci in un disco e in una tournee sarebbe stata un’avventura temeraria, quasi quanto quella di chi, 100 anni fa, trasvolava la manica su macchine volanti poco più che Leonardesche. Per cui abbiamo provato, fin dalla copertina (disegnata dalla brava Francesca Follini), a giocare e prenderci anche un po’ in giro. Ci divertiamo un sacco, e non molliamo il colpo… Vorrei che parlaste anche degli ospiti del disco, con attenzione particolare al rapporto che vi lega a Omar Pedrini. Essere nati artisticamente negli anni ’80 ci ha fatto – nel tempo – incrociare sui palchi tanti musicisti, con cui nel tempo siamo rimasti amici e che a più riprese ci hanno poi volentieri regalato la loro arte, partecipando in veste di ospiti a diversi nostri lavori discografici (da Piero Pelù a Mac dei Negrita, da Mauro Sabbione a Giovanni Guerretti e Rodney Prada). Omar ha più volte raccontato pubblicamente che da ragazzino veniva da Brescia in motorino a Cremona per ascoltare i Diskanto
i quali – tra i pochi a quel tempo - cantavano rock in italiano, trovando coraggio per intraprendere quella via autoctona al rock che successivamente lo ha portato a fondare i Timoria e a riempire stadi e palazzetti durante gli anni ‘90. È un artista straordinario, nel contempo colto e popolare. Una persona semplice, autentica e trasparente come un vetro. Siamo rimasti grandi amici e negli anni abbiamo più volte condiviso palchi e pezzi di cammino. Era già stato ospite nel 2013 del nostro disco Fluido. Questa volta ha cantato con noi Ci credi ancora?, un brano che invita a diffidare di tutti i dogmi, le chiese ed i profeti (laici e religiosi), e che contiene la frase simbolo di questo disco (“Io non credo nella mia salvezza. Credo negli uomini e nella bellezza, nel potere della tenerezza”). Per noi significa che nessuno si salva da solo e che potremo ritrovare la luce in fondo al tunnel unicamente ricostruendo il senso di comunità, credendo nella bellezza, nella ricchezza che la diversità tra gli uomini ci offre e nel rispetto 6
per questo che ci manca tanto un profondo indagatore dell’animo umano e uno strenuo difensore dei più deboli, come Gianmaria Testa, a cui abbiamo dunque deciso di dedicare un omaggio, provando con grande umiltà a rileggere a modo nostro un suo brano struggente e bellissimo, uscito postumo nel 2019, grazie alla moglie Paola Farinetti, che lo ha ritrovato registrato tra i suoi provini. “Povero tempo nostro” chiude dunque il nostro CD con toni anomalmente intensi e delicati, intrisi di tutto l’amore che abbiamo provato a iniettare in quella canzone, ma soprattutto grazie alla straordinaria partecipazione di Roberto Cipelli, uno dei migliori pianisti jazz italiani (Paolo Fresu, Sheila Jordan, Tiziana Ghiglioni, Ornella Vanoni e molti altri), per anni collaboratore di Testa, a cui abbiamo chiesto di portare un po’ di Gianmaria nel mood del brano. Speriamo di esserci riusciti. Filippo Bernardoni ha completato l’opera abbinando i suoi disegni in un video evocativo ed emozionante.
dell’altro da noi. Temerari ospita altri grandi amici artisti: Franchino D’Aniello, flautista dei Modena City Ramblers (nella canzone Zep), Melissa Fontana, cantante dei Duramadre (nel brano Il lanciatore di coltelli) e Roberto Cipelli (nella rielaborazione di Povero tempo nostro). Raccontate le motivazioni dell’omaggio a Gianmaria Testa? Temerari sulla macchine volanti parla di molti temi, ma è sostanzialmente un album dedicato alle relazioni tra gli esseri umani, ai tanti tic, alle storture, ma anche ai caratteri e alle sfaccettature che in questa fase storica ci sembra che le connotino. Ci sono la fragilità (ne Il lanciatore di coltelli), la paura (in Vecchie abitudini), l’indifferenza (in Odio gli indifferenti), la razionalità (in Ci credi ancora?), l’amore per la vita (in 30.000 giorni), la dignità (in Zep), la precarietà (in Non avrai il mio scalpo) e il narcisismo autoritario (in Un giro di vite). Perché ci piace interrogarci, scavare dentro di noi e portare alla luce quanto di buono e di cattivo ritroviamo. È 7
SERGIO TENTELLA
Dopo numerose collaborazioni e l’esperienza in duo con Elephantides, il batterista si lancia in un’avventura solista con “Space Pocket Shapes” Ci vuoi raccontare come nasce il tuo progetto? Circa un anno fa, mentre ero in tour con Elephantides e altri progetti, ho iniziato a lavorare ad alcune idee.
miche, melodie prettamente funk con con bassi acidi e techno. - Pocket Shapes è il brano che mi rappresenta di più in questo EP, synth e bassi restano sempre costanti mentre la batteria slitta di 1/16 ogni battuta creando un effetto di costante sorpresa. Ho deciso di pubblicare questo brano per primo e di apparire nel video con delle sagome, le “forme tascabili” rappresentano le varie versioni di me stesso in un tutta la fase creativa ed esecutiva.
Tra una data e l’altra in treno buttavo giù beat e melodie, tornavo in studio e ci lavoravo. Dopo qualche mese avevo diverse tracce, a quel punto ho sentito l’esigenza di lavorare a un ep e iniziare questo percorso da solista. Ci fai un track-by-track dei tre brani dell’ep per raccontarci idee e intenti di ogni pezzo? - Space è un brano che mi piace molto, ogni strumento costruisce il groove senza mai sovrapporsi all’altro, ho voluto mescolare rit10
- Moon Dancing, è l’ultima traccia che ho scritto durante il lockdown. Un pomeriggio mi sono imbattuto nei filmati dell’allunaggio, mentre li guardavo ho iniziato a buttare giù idee fino ad arrivare alla traccia completa. Per questo motivo ho deciso di utilizzare le stesse immagini nel video, enfatizzando il concetto di “Motion Interpolation” con il Time Remapping e vari effetti su After Effects. Hai collaborato, principalmente come batterista, con alcuni artisti molto celebri. Dai chi hai “rubato” qualcosa in termini di passione, professionalità, ispirazione? Quando ti si presenta l’occasione di lavorare con qualcuno sei libero di scegliere, con la maggior parte degli artisti con cui ho lavorato, ho avuto margine di crescita e d’ispirazione per migliorarmi, motivo per cui ho scelto di lavorarci. Sono una persona curiosa e cerco spesso di prendere dagli altri ispi-
razione per approfondire e migliorare, questo per dire che ognuno a modo suo è riuscito a trasmettermi qualcosa. Chi ami particolarmente invece della musica italiana di oggi? Ahimè non seguo molto la scena musicale italiana da sempre, quella di oggi mi sfugge ancora di più. Quali saranno i tuoi passi futuri? Lavorare a un nuovo disco degli Elephantides e da solista, girare il più possibile con i progetti che seguo e sperimentare molto. 11
AMUSIN’ PROJECTS Arsen Palestini è un rapper e compositore italiano di stanza a Bologna. Ha iniziato la sua attività con le Menti Criminali. Di recente ha dato il via al nuovo progetto, una sorta di “laboratorio collettivo”
Come nasce il progetto Amusin’ Projects? Be’ dopo molti anni con un gruppo rap ho deciso di ampliare un po’ gli orizzonti e mettere su un progetto in parte solista in parte collettivo, con apporti da parte di amici e colleghi brillanti, e come me (e il mio gruppo, Menti Cri-
minali), non molto riconosciuti a livello nazionale, purtroppo, per vari motivi. Qui posso sperimentare nelle direzioni del Jazz Rap, del Trip Hop, del Lo-Fi cantato, in piena libertà. Senza necessariamente avere una ‘direzione’, ma percorrendo più strade, e chissà dove si arriva. Ma è il bello della
Musica, in fondo, e per fortuna. Ci racconti qualcosa delle ispirazioni alla base del nuovo ep “Mystery in the making vol.2” Prima di tutto il rap con elementi jazzy (alla Guru, The Roots, Jungle Brothers, Lone Catalysts), di cui siamo grandi appassionati nel 14
negozio romano di Kato, che è stato fondamentale per lo sviluppo delle mie idee. I pezzi più cantati, invece, in tutto il nuovo filone Lo-Fi, in grande espansione, che è in parte legato a quel suono di Bristol degli anni ‘90 (Portishead, Tricky, Massive Attack). Co-
munque ascolto e provo a metabolizzare molte altre cose, anche. Nessuno stile è del tutto ‘puro’, e nell’elettronica in fondo può trovare spazio qualsiasi strumento, o sample, o stranezza vocale. Tutto ciò è estremamente stimolante. Nella produzione mi ha aiutato molto Simone Romani, che è un chitarrista funky, anche lui in costante evoluzione al di fuori dagli schemi, cosa che dovremmo fare un pò tutti e tutte, sempre. Per il disco hai collaborato con molti artisti, alcuni dei quali anche di parti opposte del mondo. Che tipo di esperienza è stata? Molto bella. Grazie alle tecnologie si riesce anche a interagire e costruire canzoni anche con persone che non si incontrano o non si possono incontrare, purtroppo. Col beatmaker giapponese NES ho trovato una particolare intesa anche se abbiamo comunicato solo via Internet. L’avevo fatto anche in precedenza con il musicista elettronico piemontese Resonanz Kreis, e mi ero trovato bene. Incredibile come si creino queste alchimie magiche, ma chiaramente
la Musica è impregnata di magia. Meglio lavorare in compagnia, però, è decisamente più divertente, come con C_loud e Mr Tav, altri ottimi beatmaker emergenti della scena Lo-Fi. Tre nomi che ti piacciono particolarmente della musica contemporanea. Kendrick Lamar, Run The Jewels, Tame Impala. Ma ce ne sarebbero molti altri. Quali sono i prossimi progetti? Ci aspetta un “volume 3”? Cantare un pò di questi pezzi dal vivo, se si riesce a rimettere in piedi qualche show, anche piccolo e in sicurezza, per quanto è possibile. A proposito, vi aspetto. Il Volume 3? Beh, se campo fino al 2021, direi di sì. In caso contrario, direi di no. Grazie e saluti!
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OUTWAVE
Il quartetto padovano presenta il nuovo lavoro, “The Storm”, ricco di sonorità brit pop - alt rock Ci presentate la vostra band? Siamo una band padovana composta da 4 elementi, Luca Ceccato (voce e chitarra), Alessandro Andrian (chitarra), Leonardo De Sisti (basso) e Giovanni Masiero (batteria). L’idea nasce con la voglia di esprimere realmente qual-
cosa che vada contro corrente ri-spetto al contesto musicale italiano attuale (da qui il nome “Outwave”, fuori dall’onda), che possa portare un messaggio agli ascoltatori attraverso sonorità brit rielaborate. Il gruppo nasce quasi 4 anni fa, da una amicizia
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e stima consolidata da anni. Crediamo fortemente nel nostro progetto, ed è per questo che siamo sempre entusiasti di presentarci, quindi vi ringraziamo per l’occasione. Perché avete deciso di cantare in inglese? C’è la possibilità di sentirvi usare l’italiano, prima o poi? Una sonorità brit pop - alt rock che si può riconoscere nelle nostre canzoni richiama prettamente la lingua inglese, dato che i modelli di band che ci influenzano maggiormente sono di matrice anglosassone. L’inglese, inoltre, la reputiamo una lingua universale che, soprattutto nella musica, può raggiungere la maggior parte degli ascoltatori. Per ora il nostro sound ci porta più a continuare con questo stile… ma sicuramente sperimentare nuovi orizzonti legati alla musicalità della lingua italiana non è una ipotesi da escludere! Ci raccontate il concept di The Storm? The Storm racconta l’evolversi di un cambiamento personale che più o meno tutti nella nostra vita 18
abbiamo vissuto e dal quale ne siamo usciti inevitabilmente diversi. Imbatterci nella tempesta, nel caos che irrompe e stravolge la nostra quotidianità ci porta a reagire, riflettere e a valutare ciò che ha un reale valore per noi. La tempesta genera paura, è qualcosa di imprevedibile, ci prende alla sprovvista e se ci troviamo senza un riparo ne veniamo travolti, verso l’ignoto, in balia dei suoi fulmini. The Storm vuole essere un messaggio di speranza per chi, come noi ha affrontato il caos nella tempesta, ha vissuto quel turbine di emozioni violente e viscerali che essa genera, per superarla e uscirne, certo, diverso rispetto a prima, ma con una maggiore consapevolezza di sé stesso e del percorso personale fatto fino a quel momento… Ecco perché è così importante la presenza del nido in uno scenario “morente”, simbolo di speranza e di rinascita dalle rovine generate dalla tempesta interiore. Questo è il fulcro del nostro concept album, il cambiamento è parte integrante della natura delle cose e degli avvenimenti
e mai come in questo periodo ce ne siamo resi conto. Non potremo mai averne il controllo, tuttavia abbiamo in noi tutte le risorse per poterlo fronteggiare, in modo da cercare un nuovo equilibrio in mezzo a questo flusso di eventi, a questo groviglio dentro di noi che non smetterà mai di muoversi. Tre nomi di vostri punti di riferimento musicali oggi. Anche se veniamo da correnti musicali molto diverse tra loro, abbiamo trovato un punto d’incontro. Le influenze musicali sicuramente sono riscontrabili nel nostro sound e nelle nostre me-
lodie che prediligono di certo il pop – rock anglosassone, traggono ispirazione da band come U2, Foo Fighters e Pink Floyd. Quali saranno i vostri prossimi passi? Sicuramente quello che ci auguriamo è di tornare live al più è presto. Sentiamo la mancanza del calore dei nostri fan, a maggior ragione ora che sta per uscire il nostro album… Questo periodo complicato legato alla pandemia non ci ha demoralizzato, anzi, sono nate nuove idee artistiche che potrebbero portarci presto a registrare altro materiale! 19
TUGO “Giorni” è il primo lavoro autoprodotto della band emiliana, nata nel 2018 dalle ceneri di un’altra formazione dall’esperienza decennale
Come nascono i Tugo? Il progetto Tugo nasce nel 2018, evoluzione più o meno naturale della nostra precedente esperienza, ormai decennale, con una band di stampo prettamente acustico, i “Divi di Hollywood”. Imbracciati gli strumenti elettrici, ci
siamo lanciati in un paio d’anni di jam session in sala prove, definendo un minimo il nostro suono e scrivendo una decina di pezzi. Da qui, la decisione di battezzare 4-5 canzoni ed entrare in studio per la realizzazione dell’ep Giorni. Di che periodo è figlio questo
ep? Fotografia del momento o canzoni nel cassetto da tempo? Se mi stai chiedendo se l’ep è figlio degli ultimi mesi, tra lockdown e fasi 2 -3 etc., ti dico di no. Le canzoni sono nate principalmente nel 2019, affinate in sala prove in vista del nostro primo live, a Luglio dello scorso anno, in apertura ai Fast Animals e Slow Kids. Siamo entrati al “Purple Caverna Studio” di Francesco Mazzini, il nostro batterista, in autunno 2019 e chiu-
so tutte le take a fine gennaio, inizio febbraio 2020. Il vostro sound è molto elettrico e anche abbastanza “vintage”. Che cosa pensate della musica italiana oggi? Siamo tre ragazzi con gusti musicali molto diversi tra loro, il suono che esce da questo ep ne rappresenta il perfetto compromesso. L’immaginario musicale che abbiamo come riferimento è quello dei nostri, ahinoi, vent’anni: 22
le marginale ed emarginato sul grande palco che è la vita ? Alla fine il nostro bassista ce l’ha fatta a uscire da questa situazione, emancipandosi a colpi di Rickenbacker e urlando fuori tutto il suo riot interno. Ma alla fine non ce n’era bisogno: gli abbiamo sempre voluto bene :) Che cosa seguirà questo ep? Questo è il nostro anno zero; con la promozione di questo EP puntiamo ad uscire dalla nostra città, dalla cerchia dei nostri amici e parenti per arrivare alle orecchie di un pubblico più vasto ed eterogeneo. Chissà se, finito questo periodo di emergenza, riusciremo a calcare palchi per noi nuovi davanti a un pubblico nuovo e giovane? Presenteremo il nostro EP con un release party sabato 26 Settembre al circolo Arci App Colombofili di Parma insieme ad Amalthea, giovane cantautrice parmigiana. Nei prossimi mesi torneremo sicuramente in studio per lavorare sulla definizione del nostro suono, ancora abbastanza astratto, e buttar giù qualche nuovo pezzo, idea, venuti fuori in questi strani Giorni.
Arctic Monkeys, Strokes, Foo Fighters e poi Verdena, Afterhours e tutta la scena indie rock italiana di quegli anni. In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito attoniti alla scomparsa di quella scena e all’ascesa del sedicente movimento itpop che ha letteralmente mangiato il mercato, forse più per hype che per effettiva qualità. Qualcosa si salva, artisti di talento ce ne sono sicuramente tanti se si ha la pazienza di andarseli a cercare, oltre ai più blasonati Giorgio Poi, Motta, FASK, Andrea Lazlo de Simone, Lucio Corsi che ancora sanno graffiare a colpi di chitarroni, c’è tutto un corollario di band emergenti che ci piacciono e che ancora fanno rock. Ma secondo voi perché Nessuno vuol bene al bassista? Ahaha... il ritornello primordiale in inglese è diventato poi in italiano Nessuno vuole bene al bassista; tutto il resto del testo gioca appunto intorno a questa frase ma non c’è una storia reale dietro. Metaforicamente, chi in fondo non si sente un bassista, relegato a un ruolo che lo status quo vuo23
NIAMH Nessun disco prima di maggio 2021, ma la band metal, forte di un seguito sempre crescente, guarda al futuro con una certa fiducia
Due dischi, tantissimi live, parecchie aperture per band di fama mondiale. A che punto è la carriera dei Niamh? Oh, io spero solo all’inizio! Come
si dice, il meglio deve ancora arrivare, e noi non ci fermiamo mai. Lavorare duro porta i suoi frutti, magari non oggi, magari non domani, ma prima o poi arrivano, sempre. Qualche soddisfazione ce la siamo già tolta, ma i bei palchi danno assuefazione. Si dice che il rock sia morto, ma il metal invece continua a contare su una fetta di fan quasi inossidabile. Come mai secondo voi? Perché il metal è una scelta di vita. Ti poni in una certa maniera, vivi in una certa maniera. Questo non vuol dire uniformarsi, ma prendere alcune cose in maniera diversa, forse più profonda. Ad esempio, quasi tutti quelli che amano il metal, spesso suonano uno strumento. Si fanno chilometri e chilometri per vedere la loro band preferita. Risparmiano tutto l’anno per andare a vedersi un festival (purtroppo tocca andare lontano per vederne uno come si deve...) Chi altro lo fa se non noi stupidi metallari? :D Siete riusciti a ripartire con i live? Come vedete la situazione al momento?
Ci stiamo lavorando; purtroppo non è facile, non ci sono notizie certe. Ci sono saltati un bel po’ di concerti, fra cui anche un paio di date in Russia a ottobre con una super band. Contavamo di ripartire a settembre ma forse siamo stati troppo ottimisti, ma stiamo lavorando a un mini tour in Svezia per febbraio e qualche data più piccola in Italia. SuperSonic è datato 2019. A quando il prossimo disco? Mi sembra ieri l’uscita di SuperSonic! Be’, per via dell’annullamento dei vari live, la composizione ne ha beneficiato. Anche se abbiamo deciso di non metterci fretta, SuperSonic ancora non ha beneficiato di una adeguata promozione live. Ma è interessante comporre senza pressioni, ciò ci ha anche permesso di curare più dettagliamente l’aspetto dei video, da poco ne uscito uno per Universe, secondo singolo di SuperSonic, e a novembre inizieremo le riprese di quello che sarà il singolo del prossimo disco. Comunque, verosimilmente non credo si possa parlare di un’uscita prima di maggio. 27
DANIELE FORTUNATO “Quel filo sottile” è il nuovo album del cantautore, un concept che parla “distanze, ritorni, evoluzioni, crescite, confronti e cambi di prospettiva”
Chi è Daniele Fortunato? Un papà/cantautore/maestro elementare, tutto insieme, tutto d’un fiato, ogni giorno.
Perché la scelta del concept album? Capita di rado, che le canzoni che stai scrivendo in un periodo, abbiano sempre gli stessi protagonisti ripresi in momenti diversi. Dovevo necessariamente legare insieme questi brani e raccontare la loro storia. Questo concept parla di distanze, ritorni, evoluzioni, crescite, confronti e cambi di prospettiva. È vita vissuta, senza timore di mostrare luci ed ombre. Ci vuoi raccontare qualcosa della “squadra” che hai assemblato per questo album? Desideravo uno studio che avesse cura di produzioni dal suono “live” e acustico. Ho scelto il Marzi studio di Riccione (dove hanno inciso Concato, Gualazzi, Zucchero...) perché sul territorio è un punto di riferimento quando ami certe sonorità. Ad accompagnarmi in studio ho chiamato tre musicisti eccezionali: Milko Merloni (contrabbasso) Gianluca Nanni (batteria) e Massimo Semprini (sax) che hanno vestito di atmosfere jazzy brani di matrice pop folk; interpretando esattamente il
linguaggio che cercavo per questo disco. Tre nomi che ti piacciono particolarmente della musica italiana? Samuele Bersani Zucchero Daniele Silvestri Dove ti porteranno i prossimi passi? Il 25 settembre uscirà il disco, ed è già una passo fondamentale. Ora voglio mettere le canzoni in valigia e portarle in giro, in luoghi dove possano risuonare. Una tappa sicura sarà Novara, in Piemonte, la città in cui sono nato. Sto organizzando il concerto in compagnia di amici musicisti con cui ho condiviso negli anni strade di musica e di vita.
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FULVIO EFFE
“Punto” è il primo disco solista per il cantautore appassionato di songwriting all’americana
Ci vuoi raccontare chi è Fulvio Effe? Probabilmente è un bambino un po’ cresciuto, molto curioso, che non ha mai smesso di sognare, che ha avuto la costanza e la caparbietà di riuscire a fare della musica il mio lavoro, lavoro a contatto con i bambini (ho una scuola di musica in Alessandria) e questo mi permette di trovare sempre nuovi spunti creativi, i bambini sono eccezionali! Primo disco solista: perché proprio ora? Perchè probabilmente questo è il
momento giusto, probabilmente ho finalmente più tempo rispetto a qualche anno fa, è un percorso iniziato ormai quasi 20 anni fa, alcuni brani risalgono addirittura al 2005, insomma andava fatto! Il disco svaria molto a livello di sonorità e di spunti. Quali sono state le ispirazioni che ti hanno portato alla scrittura dei brani? Scrivo sempre a seguito di un’emozione molto forte, positiva o negativa che sia, sicuramente la perdita di mio padre di due anni fa ha contribuito molto a riaccendere in me la voglia di tornare a scrivere. Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali oggi? Adoro il cantautorato americano ma, in linea di massima non ho veri e propri riferimenti, mi piace molto sperimentare e cercare nuove soluzioni ai miei arrangiamenti. Quali saranno i tuoi prossimi passi? Sicuramente far conoscere il disco il più’ possibile, tramite la rete e i miei live, e poi chissà magari preparare già il secondo album.
HEADLIGHT Con ispirazioni che arrivano dal grande pop internazionale, il quartetto pubblica “Timeline�, il nuovo lavoro
Come nascono gli Headlight? Tutto è iniziato con l’incontro del batterista (Stefano Berarducci) e del cantante (Domenico D’Alessandro). L’idea di partenza era quella di dare vita ad una collaborazione tra i due, solo per un
Mi spiegate titolo, copertina e ispirazioni del vostro disco? Il tempo impiegato per la registrazione dell’album, ha rappresentato per noi una crescita,sotto ogni aspetto,è stata una esperienza del tutto nuova. Abbiamo percorso
brano. Notando entrambi delle affinitĂ nei gusti musicali, nasce la voglia di iniziare un percorso insieme, affiancandosi al chitarrista (Luca Iurisci) e al bassista (Riccardo Grumelli). In quel preciso istante sono nati gli Headlight. 38
lumina il sentiero e ci permette di andare avanti, anche se intorno a noi regna il buio. Perché avete scelto This Love come singolo e video? This Love è il sound che stavamo cercando. Questa traccia ha rappresentato per noi un punto di svolta. Il brano prende una direzione diversa rispetto gli altri. Eravamo alla ricerca di quelle sonorità, abbiamo capito che era quella la chiave giusta. È la traccia alla quale siamo maggiormente legati, proprio perché ci rispecchia meglio delle altre. Il video è stato una conseguenza di tutto questo. Quali sono i vostri punti di riferimento musicali? Se dovessimo scegliere un solo gruppo, come riferimento musicale, sicuramente la scelta ricadrebbe sui Coldplay. Non nascondiamo però il nostro amore per gli U2. Quali saranno i vostri prossimi passi? Il futuro è sempre incerto. Per ora possiamo dire che stiamo preparando nuovo materiale, sperando di suonarlo presto dal vivo.
una vera linea temporale, partendo da zero ed arrivando ad un obbiettivo prefissato, l’album Timeline.La lampadina(accesa) raffigurata sulla copertina,racchiude il significato di ciò che la musica rappresenta per noi,la luce che il39