12 minute read

Linea

Next Article
NDM

NDM

Una band storica che torna per festeggiare un anniversario importante, ma anche per offrire una nuova veste a brani storici

Perché un ritorno dei Linea ora?

Advertisement

Gimmy: Un ritorno ora perché nel 2019 sono stati 30 anni dalla fondazione della band, quindi per questo traguardo importante avevamo deciso di farci (e fare a tutti) un regalo all’altezza. E cosa di meglio per una band di un disco?? Abbiamo così iniziato a lavorare a questo progetto, che tra lockdown e tempi di lavorazione, è andato più in lungo...però ci siamo riusciti e ne siamo orgogliosi! Federico: nel 2019 abbiamo “salutato” i 30

anni di attività per cui ci girava in testa questa idea di festeggiare questa ricorrenza, che per noi significa un gran bel traguardo, facendo un disco nuovo ma che ripercorresse un po’ tutta la nostra storia. È vero che negli ultimi anni non siamo stati molto attivi come Linea però tieni presente che dal 2014 al 2019 abbiamo fatto da backing band al nostro amico cantautore Filippo Andreani e con lui abbiamo prodotto due dischi (La prima volta e Il secondo tempo). Non siamo mai stati una band molto prolifica discograficamente parlando ma non ci siamo mai sciolti. A livello globale non si può certo dire che il 2020 sia un anno nato sotto a una buona stella, ci è voluto del coraggio per uscire con un disco nuovo nel bel mezzo di una pandemia però questo è ciò che ci sentivamo di fare e non abbiamo preso in considerazione il fatto che potesse essere un limite. Per noi la musica ha una forte funzione consolatoria, nei momenti peggiori è di gran sostegno morale, spegnerla significherebbe soccombere.

Come siete arrivati alla formazione attuale?

Gimmy: in 30 anni sono cambiati diversi elementi nella band, chi per scazzi, chi per diversità di vedute, chi per problemi di salu-

te e anche per eventi più tragici, insomma, a parte qualcuna, tutte le cose che succedono in quasi tutte le band che si rispettino! Ora siamo in quattro e la formazione è stabile. Io sono il più vecchio e sono nella band dalla fondazione nel 1989. Con Silvio (bassista), suoniamo insieme da ormai vent’anni. Con Fede (altro chitarrista) da quindici anni. Max invece (batterista) è con noi da poco prima di questo disco, ma lo conosciamo da trent’anni. Infatti era venuto a fare un provino con noi nel 1990, quando cercavamo un nuovo batterista. Lui suonava in una band di San Giuliano con Silvio e venne a provare con noi, ma alla fine decise di non unirsi ai Linea, perché non si sentiva pronto. Dopo 30 anni eccolo qui... Federico: la nostra storia è comune a quella di molte band, durante il tragitto può essere che qualcuno “scenda dal treno in corsa” per i più svariati motivi. Io,Gimmy e Silvio suoniamo insieme dal 2005, loro due addirittura dal 2000... se non ci siamo ancora presi a cazzotti vuol dire che questa line-up funziona, ahah. A parte gli scherzi la vera novità, oltre a Max che da qualche anno ha sostituito Fulvio alla batteria, è che non abbiamo più il cantante come figura centrale: abbiamo deciso di dividerci il compito io e Gimmy assestandoci così in questa formazione a quattro. Purtroppo a volte le vicissitudini della vita quotidiana non hanno consentito ad alcuni nostri ex-compagni di continuare a fare parte della band. In alcuni casi, invece, qualcuno se n’è andato per divergenza di vedute ma mai nessuno è stato messo alla porta. A dire il vero, pensando ai live di presentazione che ahimè per il momento non possiamo fare, abbiamo deciso un nuovo inserimento in organico, per la prima volta sarà presente un tastierista. Fuori mercato è dedicato a noi stessi ma anche a tutti quelli che hanno fatto parte della nostra famiglia musicale o che con uno strumento o un microfono in mano hanno contribuito alla continuità dei Linea.

Invece di partire dagli inediti, avete rinnovato alcuni brani del

vostro repertorio. Perché?

Gimmy: Avevamo in mente di fare questo disco per i 30 anni, andando a riprendere vecchi brani lungo tutta la nostra storia. Abbiamo lasciato fuori quei pezzi, che nel corso del tempo, erano diventati i nostri classici suonati anche live. Siamo andati a cercare quei pezzi che per noi non avevano avuto la luce che si meritavano, magari per un arrangiamento non all’altezza, o per altri motivi. In questo caso abbiamo scelto dei brani che per noi erano belli...una bellezza intrinseca, negli accordi, nell’armonia o nella melodia, nel testo, e abbiamo cercato di tirare fuori questa bellezza con un nuovo vestito, un nuovo arrangiamento. Senza badare al genere o alla strada che prendeva, dandogli un suono più moderno, una nuova luce. Credo e spero di esserci riusciti. Per questo voglio ricordare lo studio dove lo abbiamo registrato, L’Edac studio Di Fino Mornasco con Davide Lasala e Andrea Fognini; e anche il buon Kappa con la sua Ammonia Records. Federico: questa cosa è nata dalla volontà di rivalutare alcune canzoni che nel corso degli anni son rimaste un po’ in ombra e che magari non abbiamo nemmeno mai suonato dal vivo. In alcuni casi si tratta di canzoni inedite in quanto non sono mai “entrate” nei nostri dischi. Comunque si tratta di canzoni di cui non eravamo soddisfatti quanto ad arrangiamento e registrazione. Aggiungi il fatto che ci sembrava bello festeggiare i trent’anni ripercorrendo alcune tappe del nostro cammino aggiungendo un brano nuovo di zecca che è un po’ la “ciliegina” sulla torta.

A quando un disco di inediti?

Gimmy: Be’ per ora stiamo promuovendo al meglio questo Fuori mercato che ci sta dando molte soddisfazioni anche per gli ottimi ritorni. In futuro chissà....dopo questa bella esperienza, soprattutto per il modo in cui abbiamo lavorato, tranquilli e divertendoci, si può ripartire da questi nuovi suoni e pensare a dei pezzi nuovi da mettere in un nuovo disco... Sempre se questa maledetta pandemia ci darà una tregua!

FIORI DI CADILLAC

“Ma che succede fuori” è il nuovo singolo del trio salernitano, “figlio” della quarantena e della voglia di libertà

l’intervista

Ma che succede fuori è il vostro nuovo singolo e non è contenuto nel vostro ultimo disco. Mi raccontate come nasce?

Ma che succede fuori è il primo singolo che esce dopo Fuori dalla Storia, album che abbiamo pubblicato il 20 marzo, in pieno lockdown. Ci siamo ritrovati a passare giornate intere in videochiamata e a chiederci cosa stesse realmente succedendo nel mondo, ed è cosi che abbiamo buttato giù le idee per questo nuovo singolo. Abbiamo utilizzato l’elettronica, i synth, le drum machine e tutto ciò che avevamo in casa per raggiungere un sound che espri-

messe ansia, inquietudine contrapposte a un’enorme voglia di vivere.

Il singolo è in qualche modo “figlio” della prima quarantena. E’ quasi ora di scriverne un altro?

Ci sono tante cose in cantiere, nell’ultimo periodo stiamo lavorando duramente su vari progetti. Un altro singolo, chissà… Un’altra quarantena? forse …

Mi raccontate qualcosa del video?

Per il video abbiamo immaginato una storia basata su due protagonisti: Luigi e Benedetta. Due ragazzi che si fanno un giro per conoscersi meglio, e che insieme trovano il coraggio per scendere in strada e mettere in atto la propria rivoluzione. A luglio abbiamo fatto tutte le riprese in una Salerno desolata, strana, ma con una sorta di elettricità nell’aria. Ogni scena è stata possibile soltanto grazie a un grande lavoro di squadra, grazie a molti amici che hanno partecipato attivamente alla realizzazione del video. Durante le riprese ci siamo accorti che i personaggi della storia, rispecchiavano appieno ciò che ognuno di noi sentiva dentro di sé. Ci siamo accorti che forse, in fondo, non stavamo nemmeno recitando.

Tre nomi che vi piacciono particolarmente della musica italiana di oggi

Venerus, Ghemon, Post Nebbia.

Quali sono i vostri prossimi piani?

Il nostro piano è continuare a sperare che tutto questo macello finisca e ricominciare a suonare live.

D.IN.GE.CC.O

“Linear Burns” ovvero ustioni lineari: musica elettronica sì, ma trasfigurata, contaminata, rivisitata

Partiamo da te: ci racconti chi sei e come nasce il tuo progetto?

Chi sono? La prima cosa che mi è venuta in mente, per rispondere a questa domanda è la risposta data da Rodolfo nella Boheme di Puccini, in “Che Gelida Manina”… hai presente? > Chi son? Sono un poeta. Che cosa faccio? Scrivo. E come vivo? Vivo.> A parte le battute, credo che nella sostanza la mia risposta possa avvicinarsi molto a quella di Rodolfo perché sono convinto che ogni approccio con la propria parte creativa, debba nascere dalla poesia e, in generale, da una visione poetica dell’esistenza. Il mio approccio alla creatività, è nato con la musica ma il primo passo verso il giudizio, da parte del mondo esterno, sul mio operato, l’ho fatto con la poesia. Pubblicai una raccolta di poesie quando avevo 22 anni dal titolo Domani Niente Sarà più Lo Stesso. Scrivere per me è sempre stato un atto liberatorio, una vera passione che insieme a quella per la musica, mi ha sempre accompagnato. Ma la passione per la musica fu più precoce. Componevo sonate al pianoforte ancora prima di riuscire a leggere la musica. Le incidevo in delle audio cassette che dovrei ancora avere da qualche parte, a casa dei miei genitori. Dall’altra parte, le mie composizioni musicali, me le sono sempre tenute strette, gelosamente, come un diario segreto che non volevo

fare leggere a nessuno. Sì, è vero, da ragazzino suonavo il pianoforte per gli amici e i parenti e perlopiù cose composte da me, ma l’idea di fare conoscere “al mondo” la mia musica, è venuta molto più tardi. L’ho fatto quando mi sono sentito pronto o semplicemente ne ho sentito l’esigenza. Posso quindi affermare che questa cosiddetta “ossessione di comunicare” è comunque stata sempre presente nella mia vita. Linear Burns è nato da questo stesso impulso: comunicare la mia visione delle cose, oggi, nel 2020, e credo che ogni artista o creativo, debba rispondere ad una sola domanda, prima di rendere pubblica una sua opera: cosa ho da dire? Se ti convincerai che si, effettivamente, hai qualcosa da dire, allora desidererai avere un tuo pubblico, lo cercherai, perché nascerà forte dentro di te l’esigenza di far conoscere la tua visione agli altri. Questa vibrazione che sentirai, diventerà come un imperativo categorico, tant’è che, difficilmente, ti chiederai, poi, perché lo stai facendo.

Vorrei sapere quali sono le ispirazioni di Linear Burns

Posso dire che avevo altri progetti prima che prendesse corpo Linear Burns. Dalla pubblicazione del primo lp nel 2013, alla pubblicazione del secondo, nel 2019, ho fatto passare 6 anni. Questa volta ho impiegato molto meno per pubblicare il terzo lp. Ma semplicemente perché avevo qualcosa da dire di diverso rispetto a quello che avevo detto precedentemente. Chi ha un’indole introversa come la mia, è sempre alla ricerca di un’evoluzione interiore che a volte matura in tempi lunghi, altre volte, invece, si manifesta in tempi più brevi. Dipende da quello che ti circonda, dalle esperienze che fai, sia di vita vissuta che nella vita interiore. Nella composizione di Linear Burns sono stato molto influenzato da ciò che mi accadeva intorno, a me come persona e in generale ai tempi che stiamo vivendo. Ci sono brani che sono decisamente più intimisti ed altri nati da una voglia di rappresentare la mia visione di quello che ci sta accadendo come genere umano. La rappresentazione

di una società che sempre più si affida alla velocità, che sta collassando nella sua smania di consumare tutto; il richiamo di suoni del mondo e di tradizioni lontane che sembrano perdute nel tempo, tutto questo si può tradurre in suoni? In una canzone? Io credo di si. E la musica elettronica, per come l’ho sempre concepita, è in grado di farlo se riesce a uscire allo scoperto, libera da gabbie stilistiche o concettuali, senza compromessi, facendosi violentare e plasmare a piacimento. Ed è così che attraverso la ricerca di suoni e ritmi, ho fatto i conti con una rappresentazione musicale che vuole essere, prima di tutto, evocativa, evocativa di miei ricordi, musicali e non, anche d’infanzia, ma anche d’impressioni legate a quello che potrebbe avvenire… lampi di futuro che ho visto, qualche volta, colpire la mia fantasia durante i miei viaggi. Viaggi reali ma anche immaginari, che ho intrapreso leggendo un libro o vedendo un film o magari giocando a un video game. Come in Nuovo Cinema Paradiso, l’avvento della tecnologia ha dato vita a nuove generazioni di sognatori.

Ad accompagnare il disco ci sono alcune tue immagini, un po’ post atomiche un po’ da medico con il becco dell’epoca della peste. E’ questa la visione che hai del mondo in questo momento?

Esatto, post atomiche e cyberpunk direi. E’ un gioco quello delle maschere ma rappresenta un po’ un immaginario onnipresente nella nostra epoca, immaginario che, tra l’altro, calza perfettamente con i giorni che stiamo vivendo, non credi? La mia generazione è cre-

sciuta sotto lo spettro imminente di inevitabili catastrofi. Da bambino mi ricordo benissimo quando mia madre fece sparire il latte da casa. Come facevo a fare colazione senza il latte? Io adoravo il latte, corretto con quintali di Nesquik o Ovomaltina… ma c’era stato il disastro di Chernobyl e quindi, niente più latte a colazione, per mesi.Tra orrori reali e orrori immaginari, sono decenni che viviamo sotto una cappa inesorabile catastrofica che ha segnato i nostri anni più belli. Tutto questo credo che ci abbia insegnato a convivere con il senso ineluttabile della fine del genere umano. L’uomo nero, Babadook, è divenuto quasi un compagno di merende. Esorcizzare la fine, una fine collettiva, ricordandoci che potrebbe aspettarci un futuro come quello di Mad Max o Terminator o magari peggio, è un po’ come dire: ecco non ho paura, sono pronto. Così come, in questo tempo di pandemìa, la mascherina sanitaria ci protegge da un nemico invisibile, così la maschera Cyberpunk simboleggia quasi una corazza moderna da indossare per prepararsi a un’imminente grande battaglia, qualunque essa sia. In fondo questo non è un atto di resistenza che presuppone una bella dose di ottimismo verso il futuro?

Come nasce il singolo Foreign doors?

Foreign Doors è nato con l’idea di fare un pezzo che rievocasse le atmosfere di quelle serie televisive anni ‘70-’80, a sfondo poliziesco o noir, condite di ironia e atmosfere un po’ malinconiche, che poi sono state ispiratrici di tutta la new wave degli anni ‘80. Ho rivisitato il tutto in chiave moderna costruendo una struttura molto lineare, anche a livello compositivo, incastonata su una linea ritmica quasi in controtempo ma incalzante e potente. Così ho fatto mie le movenze e i ghigni del giovane cameriere in livrea e l’eleganza dell’anziana nobile signora che, da soli, creano un contrasto eccezionale. E così ne è uscito un video tra il noir, il giallo e l’horror, condito da ironia dark, che credo sia riuscito nell’intento di fare da cornice ideale per il brano.

This article is from: