SUPPLEMENTO A
DIMENSIONE PULITO
OTTOBRE 2024
ISSN:2612-4068
SUPPLEMENTO A
DIMENSIONE PULITO
OTTOBRE 2024
ISSN:2612-4068
La nuova norma
UNI 11956:2024
TRATTAMENTI
Parassitoidi contro le resistenze ai p.a.
VOLATILI
Controllo del Gabbiano reale
LEPIDOTTERI
Il Minatore delle palme
RODITORI
Ratto nero in un allevamento bovino
LINEA INSETTICIDI
Ambienti liberi dagli insetti volanti, anche in contesti sensibili
Profumazioni esclusive e persistenti per ogni tipo di ambiente
30 GIORNI H24 SENZA ZANZARE E MOSCHE
BOMBOLE INSETTICIDE A BASE DI PIRETRO NATURALE
DESIGN MODERNO ADATTO A TUTTI GLI AMBIENTI
COPERTURA FINO A 180 M3
6 FRAGRANZE CON ESSENZE PREGIATE ELEVATA CONCENTRAZIONE E PERSISTENZA
Quine Srl
Via G. Spadolini, 7 - 20141 Milano www.quine.it | info@quine.it | Tel. 02 864105
Direttore Responsabile Giorgio Albonetti
Direttore editoriale
Ornella Zanetti | ornella.zanetti@quine.it
Direttore Tecnico Maurizio Pedrini
Coordinamento editoriale
Chiara Scelsi | c.scelsi@lswr.it | Tel. +39 349 0099322
Redazione
Loredana Vitulano | l.vitulano@lswr.it Tel. +39 342 6618995
Cristina Cardinali | c.cardinali@lswr.it Tel. +39 347 4238879
Simone Ciapparelli | s.ciapparelli@lswr.it Tel. +39 344 0571950
Consulenti tecnico scientifici per la sezione Igiene&Ambiente Chiara Dassi - Graziano Dassi
Ufficio traffico e Servizio abbonamenti Ornella Foletti | o.foletti@lswr.it | Tel. +39 342 7968897
Pubblicità e Sviluppo: dircom@quine.it
Filippo Viola | f.viola@lswr.it
Guido Rossi | g.rossi@lswr.it
Edoardo Rossi | e.rossi@lswr.it
Elena Brusadelli | e.brusadelli@lswr.it
HANNO COLLABORATO
Da più di 30 anni, Dimensione Pulito è un punto di riferimento per il settore della pulizia professionale, disinfezione, sanificazione e disinfestazione. La monografia Servizi Ambientali è dedicata alle operazioni di disinfestazione e pest control in ambienti civili e industriali, fondamentali per garantire la salubrità degli spazi e la salute di chi li occupa. Rubriche di approfondimento sulle principali strategie di lotta e pratiche operative, case history dettagliate di trattamenti sul campo, articoli tecnici su normative e responsabilizzazione del disinfestatore, guide al riconoscimento degli infestanti. Disponibile anche in versione digitale.
Cristina Cardinali, Giorgio Chiaranz, Simone Ciapparelli, Chiara M. Dassi, Graziano Dassi, Francesco Fiorente, Francesco Gullo, Cirillo Menini, Alex Pezzin, Giacomo Torrenzi, Loredana Vitulano
Realizzazione grafica
Paolo Marchetti - KF Invest Sagl
Produzione&Stampa Antonio Iovene | a.iovene@lswr.it | Tel. +39 349 1811231
Stampa Optima Srl - Paullo (MI)
Prezzi e abbonamenti
• Abbonamento annuale: 49 euro
• Annuale estero: 160 euro
• Copia arretrata: 17 euro
• Costo di una copia: 1.30 euro abbonamenti.quine@lswr.it | Tel. 02 864105 www.quine.it
www.dimensionepulito.it
Responsabilità
Dimensione Pulito periodico mensile registrato: autorizzazione del Tribunale di Milano N. 598 del 9.11.92 Quine è iscritta al Registro Operatori della Comunicazione n. 12191 del 29/10/2005. La pubblicazione o ristampa di articoli e immagini della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’editore. Gli articoli pubblicati su Dimensione Pulito sono sotto la responsabilità degli autori. I manoscritti e i disegni pubblicati non saranno restituiti.
INFORMATIVA AI SENSI DEL GDPR 2016/679 Ai sensi dell'art. 13 Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dagli art. 5-6-7 del GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via G. Spadolini 7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui agli articoli 15-21 del GDPR. © Quine srl – Milano
Testata Associata
Distribuzione
7. Hotellerie
1. Rivenditori
2. Imprese di servizi
3. Aziende alimentari
4. Sanità e RSA
5.
6.
8. Lavanderie
Povera Scienza
Graziano Dassi
NORMATIVA
Il Pest Management può essere sostenibile?
Cirillo Menini
RUBRICA News a cura di Simone Ciapparelli
EVENTI
Il nuovo Polo Funzionale di Newpharm a cura di Simone Ciapparelli
INTEGRATED PEST MANAGEMENT
Biodiversità urbana tra Specie aliene e approccio integrato alle criticità Giorgio Chiaranz
GESTIONE VOLATILI
Controllo del Gabbiano reale in ambiente urbano a cura di Simone Ciapparelli
TRATTAMENTI
Ancora zanzare!
Graziano Dassi
PRODOTTI CHIMICI
Uso sicuro dei prodotti biocidi
Francesco Fiorente
CONTROLLO RODITORI
Gestione del Ratto nero in un allevamento bovino
Francesco Gullo
Nutrie, piano di eradicazione nazionale a cura di Giacomo Torrenzi
LEPIDOTTERI
Il Minatore delle palme a cura di Cristina Cardinali
LOTTA INTEGRATA
Mosche: un secolare problema Alex Pezzin
PARASSITI
Resistenze e entomoparassitoidi
Graziano Dassi
ARTROPODI
Dagli Eukaryota al pesciolino d’argento
Chiara M. Dassi
SICUREZZA
Pesticidi: utilizzo in sicurezza a cura di Giacomo Torrenzi
SOSTENIBILITÀ
La Disinfestazione green è sempre possibile? Graziano Dassi
Basf 20, 21 Basf III Copertina, 45
Nel settore della disinfestazione, le parole ecologia, ambiente, biodiversità, sostenibilità, devono concretizzarsi in concetti chiari e coerenti. Senza dare spazio a personaggi che utilizzano la Scienza a sproposito proclamandosi salvatori del Pianeta
Graziano Dassi
Vi è mai capitati di sentirvi da una parte saggi e contemporaneamente nel pallone?
In questo momento, questo è il mio stato d’animo. In primo luogo non mi
è chiaro perché si dice avere la testa nel pallone (forse perché essendo rotondo o ovale ha dei rimbalzi imprevedibili o forse perché il calcio è uno sport di squadra in cui coesistono virtuosismo individuale, necessità di avere una visione di insieme e dove la fortuna e la scaltrezza hanno un ruolo importante?). Lo stato confusionale in letteratura può essere
causato da stanchezza, troppo lavoro, preoccupazioni. Senza escludere l'uso di allucinogeni, l’abuso di alcol e simili. Tutte cose che escludo per cui ipotizzo nel mio caso la causa sia una propensione alla razionalità, all’eccesso di letture e alla difficoltà di difendermi dalle tante insicurezze che mi e ci assediano. Tanto per rimanere nell’ambito dell’Arte della disinfestazione, sono stupito del come molti si affannino a cercare di contenere parassiti sempre più itineranti e agguerriti quando innumerevoli suggerimenti di risultati garantiti con il solo uso di procedure naturali, a costo zero, assolutamente sicure per l’ambiente, favorenti la biodiversità (naturalmente autoctona) e dalla sostenibilità scientificamente comprovata imperversano sul Web.
Povera Scienza, utilizzata a garanzia da una sempre più numerosa ed eterogenea schiera di personaggi fantasiosi, vocati alla salvezza del pianeta. Tanto per passare il tempo, a volo radente, prendo a caso alcune notizie: talune mi
affascinano, altre mi inquietano:
• nella comunità scientifica vi sono dei biologi che tentano di creare nuove specie di batteri (per ora) usando i mattoni che costituiscono il DNA e ricomponendoli secondo sequenze random.
• sembra che una azienda proponga a proprietari assai benestanti (dato il listino prezzi) di “resuscitare” i cagnolini defunti attraverso tecniche di clonazione post mortem.
• negli oceani i biologi marini scoprono sempre più spesso nuove specie con caratteristiche così strabilianti da creare nuovi orizzonti… alcuni sembrano avere persino il dono dell’immortalità.
Non entro nella fisica quantistica e nell’Intelligenza artificiale perché non ci capisco niente, mi limito ad utilizzare le tecnologie che queste discipline ci regalano. Ma chiudo con una notizia che meriterebbe la firma di Mercurio (Ermes per i greci) che riusciva a mentire pur avendo l’obbligo sancito
da Giove (Zeus) capo degli dell’Olimpo di dire sempre e solo la verità. Ma come è possibile? Molto semplice, l'astuto messaggero degli dei, di fronte alla condanna di dover dire sempre la Verità, ottenne una modifica alla sentenza, e precisamente di dover dire sempre la Verità ma con la facoltà di non dover necessariamente dire tutta la verità.
Ecco la notizia che contesto: “Super batteri, cresce la paura: 39 milioni di morti e 7 milioni di ricoveri in più entro il 2050?”. Il pericolo costituito dalla resistenza agli antibiotici è reale e attualmente indiscutibile. Ma aggiungere che nei prossimi 5 lustri il rischio si concretizzi in quasi 40 milioni di morti mi appare assurdo, è veramente “dare i numeri”! Mi sembra lecito sospettare che l’obiettivo sia creare un certo allarmismo per aumentare la lettura dell’articolo. Resta ovviamente una mia opinione.
Continuerò nel mio enunciato sottolineando che nell’Ars disinfestandi la semplicità debba prevalere consentendo così alle parole ecologia, ambiente, biodiversità, sostenibilità, di concretizzarsi in concetti chiari e coerenti. Le risorse tecniche esistono e nuove strategie stanno raffinandosi indicando orizzonti professionalmente entusiasmanti.
Vorrei concludere con le parole di un famoso giornalista (anche umorista) del secolo scorso, ma ve le risparmio: “Ad un alto funzionario fu presentato un progetto per lo snellimento della burocrazia. Ne fu entusiasta, sottolineando però che mancava la compilazione del modulo H/1907/comma 12/paragrafo 18 bis. Pur tuttavia comprendendo l’urgenza e l’importanza del progetto concluse che lo avrebbe passato, per un sollecito esame, all’ufficio competente, che purtroppo non esisteva; ma che sarebbe stata sua premura crearlo, tenuto conto dei necessari tempi tecnici…”.
Ops l’ho scritto, ma avevo premesso di essere in uno stato confusionale.
ll controllo remoto dei roditori tramite sensori e comunicazioni in remoto rappresenta una tecnologia innovativa e cruciale per la gestione efficace delle infestazioni.
Spectre 2.0 è un sistema innovativo per la gestione con controllo remoto delle infestazioni da roditori. Frutto di una lunga esperienza di ricerca & sviluppo anche in campo, Spectre 2.0 consente di monitorare la presenza dei roditori in tempo reale 24/24 – 7/7, riduce gli spostamenti superflui e permette interventi tempestivi.
La tecnologia in uso consente di limitare l’impiego di rodenticidi e di raccogliere dati per elaborare strategie sempre più efficaci, grazie alla piattaforma ByronWeb e alla app dedicata.
Spectre 2.0 è un sistema modulare, costituito da: Una centralina equipaggiata con un processore ESP32-WROOM-32 e dotata di un modulo GSM (per
la connessione web e la trasmissione dei dati al portale e alla app) e di un modulo
LoRa per una comunicazione wireless a lungo raggio.
È garantito un trasferimento dati stabile ed efficiente, permettendo alla centralina di ricevere da infiniti sensori informazioni in tempo reale anche su grandi distanze.
Un sensore di cattura (PIR), installabile in erogatori e/o nei punti critici dell’ambiente. Consente di rilevare i movimenti dei roditori. Alimentato con una batteria ricaricabile al litio.
Un sensore di cattura integrato in una trappola a scatto per ratti e topi. Il sensore rileva diversi stati della trappola.
Trappola armata (aperta): fornisce l’indicazione che la trappola è pronta all’uso. Trappola disarmata (completamente chiusa): fornisce l’indicazione che la trappola è inattiva.
Evento di cattura: fornisce la segnalazione di una cattura
avvenuta. Alimentato con una batteria ricaricabile al litio.
PERCHÉ USARE
SPECTRE 2.0
Attraverso Spectre 2.0 è possibile individuare un’infestazione prima del successivo turno di monitoraggio periodico, intervenire rapidamente (e allo stesso tempo evitando spostamenti superflui) e concedere più spazio alla verifica del sito, alla gestione delle raccomandazioni e altre attività di Integrated Pest Management (IPM).
Grazie all’integrazione sulla piattaforma in-cloud PCO “ByronWeb” certificata ISO 27001, è possibile gestire direttamente i dati rilevati in campo dai sensori. L’uso di sistemi digitali di cattura e monitoraggio dei roditori, è cruciale per molti motivi nel contesto dell’Integrated Pest Management (IPM) e dell’uso sostenibile dei rodenticidi:
Monitoraggio Continuo e in Tempo Reale: Spectre 2.0 permette un monitoraggio costante e in tempo reale della presenza di roditori. Questo consente di rilevare tempestivamente le infestazioni e di intervenire rapidamente, riducendo la necessità di interventi chimici impattanti.
Precisione e riduzione dei falsi positivi: Grazie all’uso di sensori avanzati Spectre 2.0 evita falsi allarmi e garantisce che le misure di controllo siano mirate e efficaci.
Sostenibilità Ambientale: l’uso di tecnologie digitali riduce gli impatti negativi legato all’uso dei rodenticidi.
Efficienza Operativa: Spectre 2.0 permette di ottimizzare le risorse, riducendo il tempo e il lavoro necessari per il monitoraggio manuale. Gli operatori possono ricevere notifiche e rapporti dettagliati da remoto, migliorando l’efficienza delle operazioni di pest control
Conformità Normativa: l’adozione di tecnologie avanzate per il monitoraggio e la cattura dei roditori aiuta le aziende a rispettare le normative sempre più stringenti in materia di sicurezza alimentare e ambientale e di uso conforme dei rodenticidi.
Spectre 2.0
E’ un sistema innovativo per la gestione con controllo remoto delle infestazioni da roditori. Frutto di una lunga esperienza di ricerca & sviluppo anche in campo, Spectre 2.0 consente di monitorare la presenza dei roditori in tempo reale 24/24 – 7/7, riduce gli spostamenti superflui e permette interventi tempestivi. La tecnologia in uso consente di limitare l’impiego di rodenticidi e di raccogliere dati per elaborare strategie sempre più efficaci, grazie alla piattaforma ByronWeb ed alla app dedicata.
Spectre 2.0 fa parte della famiglia dei dispositivi e sistemi Pest SKilled per una gestione sostenibile ed innovativa degli infestanti. 2.0
La nuova norma UNI 11956:2024 ha lo scopo di incentivare l’attivazione di percorsi sostenibili nell’ambito del pest management per migliorare e rendere sempre più professionali e competitive le organizzazioni del settore
Cirillo Menini direttore AIDPI
La domanda se il Pest Management (PM) possa essere svolto in osservanza dei criteri di sostenibilità era già emersa all’interno di un gruppo ristretto di associati A.I.D.P.I. (Associazione Imprese Disinfestazione Professionali Italiane), domanda che ha portato alla pubblicazione della Norma UNI 11956:2024. La risposta alla quale si era unanimemente giunti, dopo avere attentamente valutato quali richieste e necessità il PM soddisfa, è stata che tale attività, quando svolta su una base di etica, professionalità e competenza, è già intrinsecamente sostenibile. I postulati che hanno fatto ritenere il PM sostenibile vengono poi anche confermati verificando, con qualche dato, cosa fa il PM per la salute, il benessere e la sicurezza di persone e animali. Inoltre, secondo quanto stabilito nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’ONU
con l’agenda 2030 del 2015 (SDGs), la sostenibilità è un concetto che abbraccia tre componenti: ambientale, etico-sociale e economica. Possiamo quindi certamente confermare come tutte si avvantaggino dei servizi di PM. In ambito sociale basta considerare:
• l’effetto sulla prevenzione dalle malattie sia per gli umani che per gli animali, grazie al controllo esercitato su vertebrati e artropodi causanti zoonosi (topi, ratti, zanzare, zecche, flebotomi, ecc.);
• l’effetto sulla salubrità degli ambienti, migliorata mediante gli interventi di sanificazione e bonifica ambientale.
In riferimento a quanto evidenziato nel rapporto One-Health sulle zoonosi nel 2022 nell’Unione Europea, dove si registra un incremento dell’85,2% dei casi di Salmonellosi, un +81,5% di infezioni da Escherichia coli produttori di
Shigatossina (STEC) e un +1.012,3% di infezioni da West Nile Virus1, rispetto all’anno precedente, senza citare le recenti problematiche legate alla diffusione di Dengue, si può notare come tutte queste patologie (e molte altre) sono trasmesse da vettori sui quali già il PM incide significativamente a beneficio della salute pubblica e per il contrasto dei quali il PM dovrà avere sempre più un ruolo attivo.
IMPATTO ECONOMICO DEL PM
Turismo, Agroalimentare e Ho.Re.Ca. sono settori trainanti per l’economia italiana e tutti necessitano o si avvantaggiano del supporto di un PM professionale. Tanto per citare alcuni numeri, le presenze turistiche in Italia nel 2023 sono state circa 851 milioni, pari a 84,5 miliardi di euro di consumi. La filiera agroalimentare nel suo complesso (inclusa la produzione primaria)
vale in Italia circa 550 miliardi di euro in termini di fatturato2 e la coltivazione a biologico risulta pari al 18,7%.
Oltre 3.000 aziende agroalimentari che esportano sono certificate BRCGS e probabilmente altrettante certificate IFS Food. Per contro, nel 2022 in Italia sono stati segnalati 175 focolai epidemici di malattia a trasmissione alimentare (MTA) che hanno coinvolto 1.604 casi umani e causato 303 ospedalizzazioni e 15 decessi3. Tutto questo consolida il ruolo di un grande patrimonio economico che deve essere preservato dai parassiti e che chiede servizi di PM di elevato profilo professionale. Considerando l’ambiente, è chiaro che come ogni altra attività antropica anche il PM ha degli effetti sull’ambiente sia positivi che negativi: la partita in termini sostenibilità ambientale si gioca sulla gestione che deve essere ca-
pace di massimizzare gli effetti positivi minimizzando quelli negativi e le decisioni devono essere guidate da una oggettiva valutazione del rischio.
A.I.D.P.I. ha da sempre lavorato mediante la formazione, la divulgazione, l’affiancamento, per far crescere i propri associati e tutto il settore della disinfestazione in termini di professionalità, etica e trasparenza. Ora però ritiene che sia giunto il tempo per fare di più e dare rilievo anche ad altri importantissimi valori quali: la qualità dell’ambiente, sicurezza e benessere per persone e animali, lavoro agevole, inclusione sociale, ecc.
In una parola, sviluppare la cultura della sostenibilità. A.I.D.P.I. è fermamente convinta che il settore della disinfe-
stazione sia maturo per fare un significativo balzo in avanti dimostrando al mercato che può vincere questa sfida. Lo strumento più adeguato per farlo è la Norma UNI 11956:2024 - Servizi di gestione e controllo delle infestazioni (pest management) sostenibile - Requisiti. Si tratta di una norma scritta dalla commissione tecnica UNI/CT 040/GL 15 con il supporto di un nutrito gruppo di esperti che hanno apportato competenze e esplicitato le aspettative per i relativi settori economici. Sin dalle prime fasi di scrittura della orma ci si è posti i seguenti obiettivi:
• nessuna delle componenti della sostenibilità doveva essere tralasciata;
• l’applicazione della Norma non doveva gravare pesantemente sull’organizzazione aziendale;
• la Norma doveva essere flessibile e di facile comprensione, poggiando su
Fig. 1 - Percorso di sostenibilità
norme già applicate dalle aziende di PM, ma che allo stesso tempo definisse il rigoroso rispetto di alcuni principi cardine della sostenibilità.
Il focus principale di questa Norma è la fornitura del servizio, il vero momento di principale impatto verso l’esterno dell’Organizzazione del fornitore: ambiente, persone e animali direttamente o indirettamente coinvolti. Anche se con un impegno di più ampio respiro e con una pianificazione definita dall’azienda di PM, tutta l’organizzazione viene coinvolta e si deve impegnare su un percorso di sostenibilità, come è chiaramente evidenziato nello schema incluso nell’introduzione alla norma (vedi figura 1).
potrà attribuirsi il fregio di azienda sostenibile se tutta l’Organizzazione non ha preso chiari e misurabili impegni di crescita verso la sostenibilità, adottando una appropriata politica aziendale. Flusso di processo dei servizi professionali UNI EN 16636:2015 integrato nel rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
I due capitoli principali della Norma che impegnano l’Organizzazione nell’adot-
Partecipanti al gruppo di lavoro GL15 per la scrittura della Norma UNI 11956:2024
Partecipante Azienda
Cirillo Menini (project leader) Menini S.r.l.
Licia Rosetti Betti Segreteria A.i.d.p.i.
Chiara D’Agostino Centrale del Latte D'italia S.p.a.
Rita Danesi Esselunga S.p.a.
Francesca Alforno Ciadit Italia S.r.l.
Elisabetta Lamberti Anticimex S.r.l.
Francesco Fiorente Consulente In Pm
Mario Massara Mouse & Co. S.r.l.
Daniele Caldirola Saluber S.r.l.
Andrea Risaliti La Saetta S.r.l.
Aurelio Granchietti Blitz Disinfestazioni S.r.l.
Marco Pusinanti Bleu Line S.r.l.
Enrico Bagarollo Newpharm S.r.l.
Rosario Bosco Codebase S.r.l.
tare una gestione in linea con gli SDGs sono: i requisiti per l’Organizzazione e i requisiti per il Servizio. Un’azienda di PM può fornire il miglior servizio possibile in termini di sostenibilità, ma non
Per non andare ad appesantire ulteriormente la gestione aziendale e considerato che in molte aziende di PM è stata adottata la Norma UNI EN 16636:2015, si è pensato conveniente adottare ed integrare il flusso di processo della UNI EN 16636 in quei passaggi che sono stati ritenuti focali in termini di sostenibilità. Questo approccio agevolerà notevolmente le aziende nell’applicare la UNI 11956:2024.
INTEGRAZIONE
CON LA UNI/PDR 145:2023
Un aspetto molto interessante per le
aziende di PM che operano nella filiera agroalimentare biologica è l’integrazione della UNI 11956:2024 con la UNI/ PdR 145:2023 Pest management nelle imprese del settore agroalimentare della produzione biologica - Requisiti del servizio. Infatti, le linee guida riportate nella PdR 145 relativamente alle tecniche e ai prodotti da scegliere o preferire, per la protezione dai parassiti negli ambienti dove viene stoccato o processato un prodotto alimentare biologico, seguono i principi da rispettare nella definizione di un servizio a basso impatto ambientale e dunque sostenibile. In definitiva Norma e PdR non sono in contrasto tra di loro ma si integrano l’una con l’altra e diventa pertanto molto conveniente la loro adozione combinata.
Per agevolare ulteriormente e indirizzare in maniera chiara le aziende
nell’interpretazione e nella applicazione sono state sviluppate delle appendici normative e informative che guidano ad una efficace applicazione.
• Appendice A - Personale, stabilisce per i vari ruoli e funzioni le competenze che il personale deve acquisire.
• Appendice B - Gestione delle attrezzature impiegate nei servizi di PM sostenibile, la corretta attrezzatura e la sua adeguata manutenzione sono elementi fondamentali per un impiego efficace ed efficiente dei biocidi nonché per la sicurezza e la qualità del lavoro delle persone.
• Appendice C - Matrice di valutazione del grado di sostenibilità del servizio, fornisce uno strumento di valutazione basato su elementi oggettivi per definire il livello di sostenibilità del servizio.
• Appendice D - Principali criteri di valutazione nella scelta dei biocidi più
favorevoli in termini di sostenibilità, topicidi, insetticidi, disinfettanti, prodotti fitosanitari, sono ad oggi ancora strumenti di vitale importanza per il contenimento dei parassiti, avere consapevolezza nella scelta e nel corretto impiego sono elementi importantissimi rispetto all’impatto ambientale.
A.I.D.P.I., con il contributo scientifico di un qualificato gruppo di esperti e il supporto di UNI, ha reso disponibile per le aziende di PM italiane uno strumento che gli consentirà di dimostrare concretamente l’impegno verso una crescita che sia in linea con gli SDGs. Rivedere e adattare la propria Organizzazione prendendo impegni coerenti con gli SDGs sicuramente comporterà degli iniziali impegni in termini economici, che saranno ampiamente compensati in un orizzonte temporale di medio periodo. Basti pensare all’apprezzamento e alla fidelizzazione di una clientela che sempre più chiede e chiederà servizi sostenibili, l’inclusione e il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori che rappresentano una risorsa sempre più preziosa per le aziende, l’instaurazione di rapporti commerciali con fornitori coerenti, affidabili e corretti, creare rete tra le imprese superando la logica della concorrenza a favore di quella della collaborazione e competizione. Dunque, fare sostenibilità oltre che una scelta di campo sulla quale il management aziendale deve credere, nel tempo si rivelerà strategia vincente anche in termini di business.
Note
1 Rapporto completo su https://www. epicentro.iss.it/zoonosi/rapporto-efsa-ecdc-zoonosi-ue-2022.
2 https://creafuturo.crea.gov.it
3 https://www.epicentro.iss.it/zoonosi/epidemiologia-europa
La disinfestazione nell’industria alimentare è certamente un tema complesso da gestire, sia per l’impresa di disinfestazione che per l’azienda alimentare, di qualsiasi natura essa sia. Anche gli interventi più strutturati ed efficaci, infatti, portano con sé rischi per la produzione (come il rischio di contaminazione chimica), necessità di fermi macchina per effettuare i trattamenti e i lavaggi post trattamento (con ricadute sui costi d’impresa) e impiego di risorse e tempo a questi dedicati. Senza contare, poi, i rischi per la sicurezza complessiva e il costante livello di tensione che questo argomento, e la sua gestione, genera nei responsabili degli stabilimenti. Oggi, però, esiste una soluzione: semplice, veloce, e di massima efficacia. Uno strumento che promette nuovi livelli di gestione e controllo dei principali infestanti delle derrate alimentari.
UN NUOVO APPROCCIO PER OTTIMIZZARE IL TEMPO, RIDURRE LE PERDITE, AUMENTARE
L’EFFICACIA
Si chiama Twist – Tie MD2, si basa sulla tecnica della confusione sessuale (per la gestione dei principali infestanti delle derrate, Plodia
Interpunctella ed Ephesia Kuehniella) e supera i metodi chimici tradizionali perchè rende la disinfestazione più efficace, più sicura e più sostenibile. La sua idoneità anche per gli ambienti di produzione BIO, la rende a tutti gli effetti la soluzione ideale per tutte le imprese alimentari che desiderano liberarsi dalle preoccupazioni e dalle criticità derivate dalle infestazioni delle tignole delle derrate, perché permette di raggiungere risultati di livello superiore che portano: standard di sicurezza più elevati, riduzione dei tempi di intervento, riduzione dei costi, delle perdite e più in generale delle criticità collegabili alle infestazioni presenti nei siti di produzione, manipolazione e stoccaggio.
Si installa senza necessità di fermi macchina, non
richiede lavaggi post installazione, agisce in continuità, giorno dopo giorno, rendendo impossibile la proliferazione dell’infestante e mantenendo costantemente sotto soglia i livelli dell’infestazione proveniente dall’esterno.
PREOCCUPAZIONI GRAZIE A UN APPROCCIO PIÙ EFFICACE E SICURO Twist – Tie MD2 si basa sull’utilizzo del feromone sessuale delle tignole degli alimenti che viene rilasciato in quantità 50 volte superiore a quella generalmente utilizzata dai sistemi di monitoraggio tradizionali. Il feromone rilasciato satura i ricettori delle antenne dei maschi target rendendo loro impossibile localizzare le femmine e quindi riprodursi con successo. Ne consegue
un drastico abbattimento dei livelli di infestazione causato dall’interruzione del ciclo riproduttivo, già in due settimane e poi in modo continuativo. Inoltre, si presenta in forma di stringa di silicone e ferrite che, porzionata, si installa semplicemente annodandola direttamente sugli impianti o elementi strutturali, anche nei punti più complessi. Scegliere Twist – Tie MD² significa, quindi, dotarsi di un metodo sicuro, semplice e dai massimi risultati che permetterà di ottenere benefici sia a livello di sicurezza, che di gestione economica d’impresa.
TECNICA DELLA CONFUSIONE SESSUALE
La linea di soluzioni altamente innovative inPEST è garanzia non solo di maggiori risultati ma anche di una importante riduzione di costi connessi alla gestione delle attività di controllo e monitoraggio. ORMA srl è distributore esclusivo di questi due sistemi di gestione degli infestanti a ridotto impatto ambientale, studiati per offrire un maggior livello qualitativo e la conseguente riduzione dei costi di gestione e sicurezza delle industrie alimentari.
A sorpresa, non sono i ragni. A rivelarlo una recente ricerca di Rentokil volta a identificare gli infestanti che, più di tutti, fanno venire i brividi e come le persone reagiscono davanti
ad essi. Infatti, nonostante lo status ruolo che i ragni occupano nell’immaginario comune, solo il 20% degli intervistati fuggirebbe alla loro vista, rendendo gli italiani meno aracnofobici di quanto si potrebbe pensare. Secondo la ricerca, gli infestanti più sgraditi sono blatte, scarafaggi e formiche, come confermato dall’86% degli italiani coinvolti nella ricerca. Sul podio degli infestanti seguono i ratti e i topi, indicati dall’80% dei rispondenti e anche le temutissime cimici dei letti, indicate dal 72%. Che gli italiani non si trovino a loro agio con gli infestanti appare quindi una certezza e ammettono di non volersi mai imbattere di fronte ad essi, non sapendo come potrebbero reagire. Ribrezzo, fastidio e paura sono le reazioni maggiormente indicate dai rispondenti alla survey. Incuriosisce il 3% dei rispondenti che indica di provare un senso di simpatia nel caso di un tête-à-tête con un qualsiasi infestante.
In merito ai luoghi in cui non vorrebbero mai trovare gli infestanti, i rispondenti indicano principalmente le camere degli hotel, i ristoranti e le mense.
L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), in collaborazione con l'Università di Padova (Italia), ha individuato 12 specie di scarabei della corteccia e dell'ambrosia che presentano un elevato rischio economico o ambientale per la salute delle piante nel territorio dell'UE. La buona notizia è che i coleotteri che attaccano le latifoglie, anche se soddisfano i criteri per la classificazione come potenziali organismi nocivi da quarantena rilevanti per l'Unione, sono attualmente assenti o non ancora diffusi nell'UE. Parte della sottofamiglia dei coleotteri della corteccia e dell'ambrosia nota come Scolytinae, questo gruppo ad alto ri-
schio di parassiti potrebbe entrare nell'UE con legno o prodotti del legno o con piante da impianto. Una volta introdotte, potrebbero stabilirsi in alcune parti dell'UE a causa della disponibilità di piante ospiti e dell'idoneità climatica. Sono disponibili misure di controllo per prevenire l'introduzione, tra cui l'importazione da paesi indenni da organismi nocivi, l'isolamento delle piante da impianto prima del commercio e la gestione delle condizioni di crescita. L'EFSA e l'Università di Padova hanno identificato le 12 specie nell'ambito di un'indagine più ampia su 6.495 specie di coleotteri. Anche quando si guarda al gruppo più ampio,
c'è ancora una notevole incertezza sul potenziale impatto di molte specie che non sono state ampiamente studiate.
Giovedì 21 novembre
13:30 - 14:30: Accreditamenti
14:30 - 14:40: Saluto del Presidente A.I.D.P.I.
14:40 - 15.30: Dr.ssa Paola Angelini (Sanità E.R.), “Arbovirosi trasmesse dalle zanzare nel mondo e in Italia, la prevenzione passa da un efficace controllo del vettore”.
Dr. Fabrizio Montarsi (IZSVE), “Zecche e pappataci vettori di patogeni. Quali novità e come possiamo evitare l’infezione”.
15:30 – 15:50: Newpharm, Innovazioni Biologiche ed Ecosostenibili nel Controllo delle Zanzare
16:05 – 17:00: Dr. Rodolfo Veronesi (CAA Giorgio Nicoli), “Applicazione del Piano regionale per le arbovirosi in Emilia-Romagna: Monitoraggio e gestione delle specie invasive presso il porto di Ravenna e l’aeroporto di Bologna.”
Dr. Claudio De Liberato (IZS L e T “M. Aleandri”), “La sorveglianza entomologica in Lazio e Toscana nel 2024: cosa c’è di nuovo?”
17:00 – 17:20: Pest company, una nuova soluzione tecnologica per la Gestione Integrata dei roditori infestanti.
“Strategie di Disinfestazione Integrata: Istruzioni di Sostenibilità” è il titolo dell’edizione 2024 della Conferenza Disinfestando che si terrà a Riccione, presso l’Hotel Mediterraneo, durante le giornate del 21-22 novembre. L’evento è rivolto a professionisti del settore e a chiunque sia interessato a pratiche ecologiche e innovative, offrirà un’approfondita panoramica sulle più recenti tecniche di disinfe stazione in grado di garan tire risultati efficienti nel ri spetto l’ambiente. Numerosi esperti del settore interver ranno per raccontare ai par tecipanti tutto ciò che c’è
Venerdì 22 novembre
9:30 – 10:00: Dr.ssa Raffaella Perrone (Ministero della Salute), “L’applicazione del Regolamento UE 528/2012: Normative e linee guida per la gestione e l’uso dei biocidi.”
10:00 – 10:50: Dr. Ugo Gianchecchi (Agronomo – consulente libero professionista), “Mitigazione del rischio da impiego di rodenticidi anticoagulanti”.
10:50 – 11:10: Blue Line, “Spectre 2.0, la tecnologia al servizio della sostenibilità nel Pest Management”
11:25 – 12:10: Dr. Stefano Bonetto (Audit People), “L’impresa di Pest Management sostenibile, la nuova Norma UNI”. Dr.ssa Francesca Alforno, “Le certificazioni volontarie, strumento di qualifica aziendale e strategia commerciale”.
12:10 – 12:30: Envu, “Controllo integrato dei roditori con Harmonix Pasta”
12:20 – 13:00: Dr. Francesco Fiorente, “Sostenibilità aziendale: un approccio integrato”
14:30 – 14:50: Geom. Marco Dinetti (Responsabile ecologia urbanaLIPU), “Inurbamento degli uccelli: gestione delle specie
da sapere riguardo alle soluzioni sostenibili che coniugano efficacia e rispetto per l’ecosistema. La Conferenza Disinfestando è organizzata da A.I.D.P.I. (Associazione delle Imprese di Disinfestazione Professionali Italiane).
“problematiche/opportuniste”.
14:50 – 15:30: Dr.ssa Chiara Leboffe (FISE-ASSOAMBIENTE), “I rifiuti in pillole: come gestire correttamente i rifiuti nelle aziende di servizi”.
15:30 – 15:50: Copyr, “Gestione degli infestanti urbani: errori che rovinano il nostro lavoro”.
15:50 – 16:40: Dr.ssa Sara Scarano (Codebase) - Dr.ssa Valeria Paradiso (Anticimex), “Tecnologie innovative per la gestione degli infestanti”.
Marco Genicco, “Nuove tecniche e prodotti per il Pest Management”.
16:40 – 17:10: Dibattito, Dr.ssa Biologa Sara Scarano Dr.ssa Valeria Paradiso Marco Genicco, “Integrazione dei gestionali aziendali, dispositivi smart e attrezzature impiegate nella disinfestazione”.
17:10 – 17:30: Sintesi della manifestazione, chiusura dell’evento e appuntamenti
Per iscriversi e consultare il programma, è possibile visitare il sito disinfestando.com
La nuova struttura, situata su un’area di 6000 metri quadrati, ospita un magazzino con oltre 2500 posti pallet e spazi polifunzionali dedicati alla formazione, all’innovazione e allo scambio di idee a cura di Simone Ciapparelli
Newpharm ha inaugurato a settembre il suo nuovo Polo Funzionale alla cui presentazione hanno assistito figure istituzionali, collaboratori e partner. Oltre a Dimensione Pulito, rappresentata dal direttore tecnico Maurizio Pedrini.
Questa nuova struttura rappresenta una tappa fondamentale per l'azienda, attiva dal 1982 e cresciuta fino a diventare un punto di riferimento nei settori Medical, Professional, Pest Control, Home & Garden, Zootech, Cereal Storage ed Endoterapia.
L’evento si è aperto con il caloroso ringraziamento da parte di Dionisio Bagarollo, fondatore e presidente di Newpharm, rivolto a tutti i presenti tra cui l'Assessore Regionale Roberto Marcato, il Senatore Antonio De Poli, il Sindaco Moreno Giacomazzi e altre importanti autorità.
Un riconoscimento speciale è stato rivolto alla famiglia Bagarollo e ai dipendenti che, insieme ai fornitori, tecnici e collaboratori, hanno permesso la realizzazione del nuovo stabile in tempi rapidissimi.
"La storia di Newpharm inizia negli anni '70 e, attraverso collaborazioni con multinazionali come Novartis, Syngenta e Bayer, siamo arrivati a costruire un'azienda che oggi opera in 35 paesi e vanta oltre 2000 formulati distribuiti in 5 cataloghi dedicati alle nostre business unit - ha affermato Dionisio Bagarollo - Il nuovo polo funzionale, situato su un'area di 6000 metri quadrati vicino al nostro headquarter (inaugurato nel 2017) nella zona industriale di Santa Giustina in Colle, ospita un magazzino con oltre 2500 posti pallet e spazi polifunzionali dedicati alla formazione, all'innovazione e allo scambio di idee. Grande attenzione è stata posta alla sostenibilità ambientale, grazie all'espansione del parco fotovoltaico e all'adozione di rigorose misure di sicurezza”.
UN PERCORSO DI CRESCITA
Claudia Bagarollo, co-manager e re -
sponsabile delle risorse umane, ha evidenziato il cammino molto positivo dell'azienda e il contributo dei collaboratori. "Newpharm Group è il risultato di una visione e di un impegno condiviso. Siamo orgogliosi dei nostri oltre 40 dipendenti e 140 collaboratori esterni, che rappresentano il cuore pulsante dell'azienda", ha dichiarato Claudia, sottolineando anche gli investimenti in tecnologie all'avanguardia come il sistema gestionale ERP, che ha richiesto un investimento di oltre 500.000 euro.
Enrico Bagarollo, co-manager e responsabile commerciale, ha presentato i dati chiave dell'azienda, evidenziando la crescita costante e gli obiettivi futuri: "Con oltre 5000 clienti e un fatturato previsto di 14 milioni di euro per il 2024, puntiamo a rag-
giungere i 20 milioni entro il 2027. Le recenti acquisizioni, come Fitoguard, Enthomos e De rebus plantarum, successivamente integrate nelle nostre business unit, permettono di continuare ad espandere competenze e presenza sul mercato internazionale." Newpharm Group continua così a guardare al futuro con ambizione, sostenuta da una forte visione imprenditoriale e dall'innovazione tecnologica, sempre nel rispetto delle persone e dell'ambiente. L’azienda supporta attivamente le iniziative del territorio, ponendo le persone al centro del proprio operato. Crediamo nei valori positivi che lo sport insegna e per questo siamo orgogliosi di essere sponsor della squadra Alta Volley Fratte, promuovendo lo sviluppo e il benessere della comunità.
La scelta dell’approccio metodologico integrato può risultare risolutivo
nella comprensione dei modelli di biodiversità urbana e dei relativi servizi ecosistemici, ottenendo come risultato ultimo quello di essere alleati della Natura e protettori dei suoi equilibri
Giorgio Chiaranz naturalista e consigliere AIDPI
La narrazione mondiale tende ad identificare le città come “organismi” a sé stanti, isolati dalla natura o dai territori circostanti, siano essi antropizzati o meno. La ragione principale deriva dal fatto che l'urbanizzazione, di norma, distrugge o modifica gli habitat nativi e ne crea di nuovi con la sua infrastruttura. A causa di questi cambiamenti, i paesaggi urbani non sono, in effetti, sempre individuabili in continuità con il contorno periurbano o rurale, ma posso -
no creare barriere o frontiere che, a scapito di specie autoctone specialiste, possono favorire specie alloctone o specie autoctone generaliste. La presenza di un tipo di specie rispetto ad un altro, tuttavia, dipende dalla disponibilità e dalla qualità dell'habitat (che in ambito urbano è molto variegato), dalle disposizioni spaziali di habitat e patch, dai pool di specie locali, dall’adattabilità di una specie ad una nuova area e dall’evoluzione storica di un sito.
FRONTIERE: IL VIAGGIO
DELLE SPECIE INVASIVE
In questo contesto si inseriscono le specie aliene invasive. Ma chi sono? Per essere tali, esse devono dimostrare capacità di adattamento realmente uniche. In primo luogo, la specie deve sopravvivere ad un viaggio, generalmente mediato dall'uomo, in diverse condizioni e con diversi mezzi (via terra, mare o aereo) da una regione all'altra, ma talvolta anche tra un continente e l’altro. Una volta arrivata in
una regione diversa dal suo areale nativo viene definita come introdotta e deve iniziare a mantenere popolazioni autosufficienti. Successivamente, se riesce a sopravvivere e a riprodursi (senza l'intervento umano diretto) viene definita stabile e se, infine, si diffonde ampiamente e provoca impatti misurabili sull'ambiente, sull'economia o sulla salute umana, viene definita invasiva.
Numerosi sono i mezzi e le vie potenziali di spostamento con cui una specie può colonizzare un luogo estraneo alla propria origine. Le città forniscono delle frontiere, dei punti di arrivo e transito preferenziali e monitorabili, sotto diversi punti di vista.
La letteratura scientifica ha ormai delineato diverse classificazioni in tal senso ed ha individuato quattro meccanismi generali attraverso i quali le specie alloctone possono entrare in una nuova regione:
• importazione come merce o con merce;
• arrivo con vettore di trasporto involontario;
• dispersione da parte delle specie stesse, lungo le infrastrutture, corridoi (es. strade, canali);
• in autonomia, grazie alle proprie qualità.
Il trasporto sotto forma di merce si verifica quando le persone identificano una specie come dotata di qualità desiderabili (dal punto di vista estetico o funzionale) e la spostano intenzionalmente oltre il suo areale nativo. Le specie introdotte come merci possono essere rilasciate intenzionalmente (ad es. allevamento di animali per creare popolazioni per la pesca e la caccia, come successo per il Pesce siluro - Silurus glanis), possono essere introdotte come specie agenti di controllo biologico o possono sfuggire involontariamente (es. le Nutrie, originarie del Sud America).
Il trasporto di specie può avvenire anche involontariamente, quando gli organismi commercializzati arrivano contaminati da specie non autoctone, comprese malattie e parassiti (es. Punteruolo rosso delle palme o la ormai famosissima Zanzara tigre).
Nel complesso, queste 4 strategie di invasione evidenziano la necessità di comprendere i processi spaziali alla base di ciascun percorso e la potenza dei modelli di simulazione per miglio -
rare la valutazione e la gestione del rischio.
Gli elementi lineari in un paesaggio, come fiumi, canali, strade e ferrovie, sono spesso visti come corridoi dell'habitat che aiutano a dirigere il movimento degli organismi attraverso habitat meno ospitali, facilitando lo scambio tra le popolazioni e quindi la persistenza della popolazione. Sebbene spesso percepiti con un ruolo positivo nella conservazione delle specie autoctone, tali corridoi possono anche facilitare la diffusione di organismi alieni invasivi.
La difficoltà a controllare tali ingressi è data dal fatto che i fattori possono essere appunto molteplici. Un caso su tutti il ritrovamento di individui di Zanzara coreana ( Aedes koreicus) nella città di Genova nel 2015. La notizia positiva è stata che il sistema di monitoraggio delle zanzare, predisposto in ottica di verificare la presenza di arbovirus nelle stesse, abbia funzionato nell’individuazione immediata della “nuova arrivata”, ma allo stesso tempo è rimasto e permane tuttora il dubbio su quale sia stata la “causa” del suo arrivo. Il ritrovamento dei primi individui, infatti, era avvenuto in una zona
della città equidistante dall’aeroporto, dal porto commerciale e dal locale mercato dei fiori.
La notizia brutta è che si è stanziata una specie che, rispetto alla “cugina” Zanzara tigre si adatta meglio al freddo, ha un periodo di attività anticipato rispetto alla tigre e può sopravvivere anche in condizioni ambientali difficili come gli inverni freddi (sopravvive anche in alcune aree del nord Europa) o in periodi di forte siccità.
TERRA: COLONIZZAZIONI E RICOLONIZZAZIONI
Al di là delle vie di trasporto o delle infrastrutture umane, attraverso le quali molte specie possono trovare un passaggio ideale per lo spostamento spaziale, la semplice continuità geografica di ambienti simili garantisce a specie animali e vegetali, alloctone
o autoctone una via preferenziale per la colonizzazione di ambienti nuovi. È per questi motivi che in caso di nuovi ritrovamenti di specie aliene o di nuove patologie (zoonosi o arbovirosi), laddove possibile, si cerca di procedere con l’eradicazione del nuovo arrivato. A meno di barriere insormontabili o difficilmente scavalcabili, flora e fauna non trovano ostacoli se non di origine antropica.
La città, con la sua struttura e con la vita dei suoi abitanti, può costituire un ostacolo? La pandemia da Covid 19, con conseguente lockdown in molte aree urbane del mondo, ha consentito di effettuare valutazioni e proiezioni. All'inizio del lockdown, le immagini della fauna selvatica che progressivamente faceva capolino nelle città erano comuni sia nei notiziari sia nei social network. Tutto ciò ha causato
molto stupore, nonostante gli ecologisti urbani abbiano a lungo documentato la fauna selvatica nelle città, inclusi mammiferi, insetti e uccelli.
La differenza con il passato consiste principalmente nel fatto che molte specie di abitanti occasionali o abitudinari delle città vengono semplicemente trascurati dai cittadini nel caos quotidiano della vita cittadina, mentre vengono spesso notate solo da dispositivi come le fototrappole.
E SE L’UOMO SPARISSE
DA UN GIORNO ALL’ALTRO?
Una domanda che affascina tutti noi e che ha dato e dà adito a molte ipotesi è: “Ma se gli esseri umani abbandonassero le città per un lungo periodo, dopo quanto tempo la natura sarebbe in grado di riappropriarsi del proprio spazio? La ricerca sulle aree urbane
abbandonate, compreso un recente studio su Fukushima, mostra che la semplice presenza dell'uomo può essere il fattore chiave nel limitare l'abbondanza locale di fauna selvatica. Gli studi suggeriscono che gli animali si sono moltiplicati nelle regioni ora abbandonate dall'uomo, nonostante gli impatti come le ricadute nucleari che hanno allontanato le persone. La ricerca degli ultimi due decenni ha dimostrato che la zona di esclusione di Chernobyl ha popolazioni significative di molte specie animali, pari in alcuni casi alle vicine riserve naturali, nonostante le radiazioni abbiano effetti negativi sulla salute degli esemplari della zona.
È POSSIBILE PREVEDERE
LE SPECIE CHE INVADERANNO
LE AREE URBANE?
Non è possibile prevedere nel dettaglio quali specie (selvatiche o alloctone) invaderanno un habitat rispetto ad un altro, anche a causa dell’imprevedibilità degli spostamenti di merci e di esseri umani, ma alcuni studiosi hanno ipotizzato le caratteristiche che le specie debbano avere per adattarsi a nuovi habitat e scalzare le specie autoctone.
Tra di esse si possono contare:
• tolleranza fisiologica a estrema variazione nell'ambiente abiotico;
• ampia distribuzione zoogeografica;
• capacità di essere generalisti piuttosto che specialisti riguardo a cibo, riparo e acqua disponibili;
• alti tassi di riproduzione e sopravvivenza;
• abitudine alle attività umane;
• pochi concorrenti e/o predatori;
• adattabilità ad ambienti altamente frammentati, paesaggi con abbondanti punti d’ingresso;
• alti tassi di reclutamento attraverso l'immigrazione. Oltre a queste caratteristiche, la qualità dell'habitat e la disponibilità giocano un ruolo chiave nel determinare se le specie selvatiche saranno presenti.
VESPA VELUTINA E VESPA ORIENTALIS: UN CASO
Analizziamo un caso specifico ed emblematico: anche per i vespidi, negli ultimi anni, sono stati evidenziati rischi di introduzione nel nostro territorio di specie aliene. Le segnalazioni più importanti riguardano individui di Vespa velutina (Lepeletier, 1836), originaria del sud-est asiatico, presente in Italia dal 2013 e particolarmente pericolosa in quanto specie predatrice di api. Un altro caso è quello della Vespa orientalis (Linnaeus, 1771), simile al calabrone, cui differisce dalla colorazione e, come la Vespa velutina, predatrice di api. Questa specie, sebbene sia trattata come specie aliena invasiva, non è una specie alloctona, in quanto autoctona della nostra penisola. Il suo areale è, tuttavia, in espansione verso nord, probabilmente grazie al cambiamento climatico in atto e
Anche per i vespidi, negli ultimi anni, sono stati evidenziati rischi di introduzione nel nostro territorio di specie aliene. Le segnalazioni più importanti riguardano la Vespa velutina
all’aumento delle temperature in aree precedentemente non adatte alla sua proliferazione.
Infine come non parlare delle recenti “new entry”, cioè le cugine giapponese e coreana ( Aedes japonicus e koreicus) della Zanzara tigre, attualmente distribuite quasi esclusivamente al Nord, ma che nell’arco di una decina di anni è prevedibile colonizzeranno tutto il Centro e buona parte del Sud. In questo caso, ad esempio, sebbene gli habitat e i siti di riproduzione (ristagni di acqua principalmente) siano piuttosto simili, la loro intrinseca maggior resistenza al freddo farà sì che sarà necessario cambiare strategie di contenimento e soprattutto ampliare notevolmente il periodo dei trattamenti preventivi.
APPROCCI MIRATI ED INTEGRATI PER UNA MIGLIORE QUALITÀ
DELLA VITA
La scelta dell’approccio metodologico integrato può risultare risolutivo nella comprensione dei modelli di biodiversità urbana e dei relativi servizi ecosistemici, ottenendo come risultato ultimo quello di essere alleati della Natura e non solo detrattori e distruttori.
Per tale motivo non possiamo distaccarci dalla parte sociologica, ed è quindi importante coinvolgere anche e soprattutto la politica, gli uffici tecnici dei Comuni e delle Regioni nonché la cittadinanza nelle scelte e nelle strategie, rendendoli parte attive nei programmi e nei progetti di conservazione urbana.
Utilizzo una frase a me cara, coniata insieme a Stefano Ferretti nel libro Manuale di Gestione della Fauna Urbana: “Quando si parla di Animali Pest, in quanto animali sinantropici, bisogna sempre ricordarsi che essi sono l’Effetto e non la Causa del Problema, quindi bisogna eliminare queste ultime per avere risultati a lungo termine”.
Questa vale per i cosiddetti Animali Pest o Critici che dir si voglia, che sono sicuramente i più tristemente
famosi (Ratti, Blatte, Zanzare, etc…), ma la Biodiversità Urbana è un qualcosa di prezioso che non possiamo permetterci di perdere o mettere in pericolo. E quindi cosa possiamo fare?
Dobbiamo pensare che ad ogni azione corrisponde una reazione e quindi, invece di piantare delle Palme alloctone (per mero capriccio estetico), dovremmo pensare che delle piante autoctone, locali, possibilmente a fiore, permettono di creare un unicum con l’ambiente circostante periurbano, degli Hotspot dove anche la fauna (ad esempio quella impollinatrice) può aiutarci a migliorare la nostra esistenza nelle città.
Quando penseremo a come costruire o riqualificare gli edifici, perché non pensare che una scelta piuttosto che un’altra potrebbero favorire o meno la
nidificazione di pipistrelli (voraci mangiatori di zanzare) o uccelli insettivori. O quando faremo dei trattamenti antilarvali per le zanzare, perché non pensare all’utilizzo di prodotti selettivi (ormai esistono) in grado di combattere le specie target e permettere lo sviluppo di altri artropodi che si riproducono in acqua.
Siamo parte di un Tutto nel quale, che si voglia o no (alcuni vorrebbero la città completamente asettiche, ma esse non lo saranno mai per nostra fortuna), dovremo abituarci ad approcciare alla Biodiversità Urbana con lo stesso fascino e rispetto col quale approcciamo alla Biodiversità presente nei boschi o nei parchi, con le ovvie e dovute differenze, ma allo stesso tempo consapevoli che essa è e sarà lo strumento per una migliore qualità della nostra vita.
Da oltre 40 anni, Copyr è un punto di riferimento nel settore dell’erogazione automatizzata, offrendo soluzioni avanzate per migliorare la qualità degli ambienti e preservare la salute delle persone.
Il settore Ho.Re. Ca., dove è forte la presenza di ambienti sensibili, è sicuramente uno di quelli dove l’erogazione automatizzata trova largo utilizzo. L’innovazione di Copyr si concentra su due aspetti fondamentali: la deodorazione degli ambienti e il controllo degli insetti, garantendo soluzioni efficaci e su misura per ogni esigenza.
di prodotto, che sia insetticida o deodorante, temporizzata e senza la necessità di alcuna operatività da parte di un addetto. Il suo design elegante e discreto, oltre alla sua estrema silenziosità, permette l’inserimento di Copyrmatic in qualsiasi ambiente.
L’erogatore è alimentato a batterie ed è caratterizzato da un’operatività di lunga durata. L’erogatore aziona le bombole con valvola dosatrice rilasciando una quantità precisa di prodotto, che sia insetticida o deodorante, in base alla frequenza impostata.
che assicurano una deodorazione costante e duratura. Ogni bombola garantisce fino a 3.000 spruzzi, coprendo aree fino a 100 m³, migliorando la percezione degli ambienti e creando un’esperienza sensoriale gradevole per coloro che li frequentano.
L’offerta di profumazioni è ampia e risponde al gusto contemporaneo del mercato in termini di profumazioni. Le profumazioni sono sei in totale: Fresh Air Agrumi, fragranza agrumata fresca e vivace, Lime, fragranza agrumata ma fresca, Fresh Air Muschio bianco fragranza delicata e sofisticata. Fresh air Lavanda, dalle note floreali, Vaniglia e zenzero, calda e speziata, infine Talco che è una fragranza delicata.
ferta di bombole insetticide è ampia e risponde alle diverse necessità di utilizzo, che vanno da quello professionale a quello casalingo. Alla base dell’offerta vi è il Piretro, principio attivo di origine vegetale che viene estratto dai capolini di un fiore del tutto simile a una comune margherita.
Il cuore del sistema è Copyrmatic, un erogatore automatico che nelle diverse declinazioni di modelli consente la distribuzione
Grazie a Fresh Air, profumazioni professionali dotate di una speciale valvola a dosaggio per utilizzo con Copyrmatic, è possibile diffondere fragranze pregiate
Oltre alla deodorazione, Copyr offre soluzioni efficaci per il controllo degli insetti volanti, una necessità cruciale per ambienti come hotel, ristoranti e bar. Insetti come mosche e zanzare, oltre a essere fastidiosi, possono compromettere l'igiene e la sicurezza alimentare. Per questo motivo, le trappole elettroluminose e i sistemi di erogazione automatizzata di insetticidi, come il Copyrmatic, sono essenziali per mantenere gli ambienti protetti. L’of-
Le soluzioni Copyr, pensate per ambienti sensibili come quelli Ho.Re.Ca., offrono una doppia funzione: deodorazione e protezione dagli insetti, garantendo un ambiente sempre piacevole e sicuro per clienti e operatori. Con oltre 40 anni di esperienza, Copyr è sinonimo di qualità, innovazione e affidabilità.
Per maggiori informazioni sui sistemi Copyr di erogazione automatizzata, visita il sito www.copyr.eu.
Per realizzare il controllo numerico della popolazione di Gabbiano reale e ridurre gli effetti legati alla presenza della specie, è stata proposta una strategia ecosistemica integrata, realizzata per essere applicata nel centro storico di Venezia e isole, ma i cui principi possono essere validi in molti altri contesti
a cura di Simone Ciapparelli
Tra le specie sinantropiche per eccellenza vi è il gabbiano reale (Larus michahellis), che negli ultimi 30-40 anni ha subìto un’esplosione demografica in gran parte del suo areale riproduttivo. Tale incremento è da attribuirsi alla natura adattabile, opportunistica e gregaria di questa specie, alla diminuzione della persecuzione diretta sulle colonie, pratica che veniva condotta in buona parte dell’areale riproduttivo della specie nel diciannovesimo secolo, e all’aumento di risorse alimentari altamente prevedibili, quali la realizzazione di discariche a cielo aperto e lo sviluppo delle attività di pesca industriale. L’incremento demografico dei grandi gabbiani è stato seguito da un’espansione del loro areale riproduttivo, con la colonizzazione dell’ambiente urbano.
IN CONTESTO URBANO
Le problematiche più frequenti causate dalla presenza dei gabbiani riguarda: la manifestazione di atteggiamenti aggressivi soprattutto durante lo svezzamento dei pulcini; il disturbo acustico, particolarmente intenso durante la stagione riproduttiva ed in particolare a partire dal mese di febbraio fino all’involo dei nidiacei; l’imbrattamento e i danni agli edifici a causa della costruzione del nido e del camminamento degli individui sui tetti; il furto degli alimenti dai tavoli dei ristoranti o direttamente dalle mani dell’uomo; il prelievo degli scarti alimentari da cestini e cassonetti dei rifiuti e loro dispersione in ambiente; la predazione su altre specie (prevalentemente colombi).
PROPOSTA DI STRATEGIA
Per realizzare il controllo numerico della popolazione di gabbiano reale ed alla riduzione degli effetti legati alla presenza della specie nel centro storico di Venezia e isole, è stata avanzata da Corila (Consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti al sistema lagunare di Venezia), su commissione di Veritas (società che si occupa della raccolta rifiuti) e del Comune di Venezia una Proposta di una Strategia di Gestione Ecosistemica Integrata. La strategia adotta un approccio ecosistemico e le azioni possono essere suddivise in sei ambiti principali: modifiche ambientali; disturbo; controllo della riproduzione; monitoraggio; servizio di recupero della fauna selvatica; comunicazione.
Questo approccio prevede la riduzione dell’attrattività dell’ambiente urbano attraverso la limitazione della disponibilità delle risorse alimentari e idriche, dei posatoi e dei siti di nidificazione utilizzabili dalla specie. - Gestione dei rifiuti: a Venezia, il cambio delle politiche gestionali di raccolta (‘porta a porta’) ha portato a un netto miglioramento della situazione, con una drastica riduzione dei rifiuti per le strade della città ed un significativo aumento del decoro e dell’igiene urbana. Aumentare la frequenza dello svuotamento di cassonetti e cestini rappresenta un’altra buona pratica per evitare l’effetto “stracolmo” che porta da un lato alla caduta dei rifiuti a terra, dall’altro genera un effetto “discarica” in quanto le persone saranno portate a depositare
i propri rifiuti ai lati del cestino stesso. Di utilità può essere anche il rafforzamento dello spazzamento delle strade nei punti più critici e la successiva pronta raccolta dei rifiuti derivati da tale attività. Fondamentale è il presidio e/o la copertura visiva dei punti di raccolta “attivi”, specialmente se la tipologia di rifiuti in essi conferita risulta di grande appetibilità per i gabbiani. A titolo di esempio, il mercato di Rialto, producendo quotidianamente un enorme quantitativo di scarti alimentari (fra cui frattaglie di pesce), rappresenta per i gabbiani un punto di ristoro certo e facilmente accessibile. Per impedire che la specie sfrutti tali risorse, è importante che le zone di deposito dei rifiuti siano ubicate in aree non visibili ai gabbiani o stoccati in apposita area chiusa per poi essere prontamente rimossi dal personale addetto.
- Gestione delle altre attrattive in contesto urbano: l’installazione di sistemi di dissuasione meccanica (es. fili sospesi/reti antintrusione/puntali) può limitare il numero di posatoi e siti di nidificazione disponibili per la specie. Tale metodo, tuttavia, è difficilmente applicabile su larga scala in quanto bisognerebbe installare i dispositivi in buona parte dell’area urbana per ottenere dei risultati tangibili. Al contrario, i dissuasori potrebbero essere impiegati su edifici ove le criticità sono manifeste e ripetute negli anni, ad esempio in presenza di una coppia problematica o di più coppie nidificanti su di uno stesso tetto. Per incentivare l’installazione dei sistemi dissuasivi e preventivi negli edifici del tessuto urbano, così da aumentare le superfici inaccessibili alla specie, le amministrazioni comunali dovrebbero
inserire apposite disposizioni nei regolamenti edilizi e urbanistici al fine di prevederne l’obbligatorietà sia in fase di progettazione di nuovi edifici, sia in caso di ristrutturazione.
Laddove il fenomeno del cleptoparassitismo operato dai gabbiani nei confronti delle vivande servite ai tavoli di bar e ristoranti è frequente (aree aperte, ampie e con buona visibilità), può essere utile l’installazione di tende parasole o ombrelloni nelle parti antistanti i locali e sopra i plateatici per limitare il contatto visivo. Si tratta di una forma di prevenzione basata sul presupposto che, se i gabbiani non vedono cosa viene servito, il loro interesse diminuisce e quindi anche la frequenza degli attacchi.
Perché sia efficace, questo approccio deve impiegare più tecniche e utiliz-
zarle in modo integrato fra loro. Inoltre, lo stimolo deve essere percepito dalla specie come una vera minaccia perché si ottenga un effetto di allontanamento, almeno per un certo lasso di tempo. Seguendo questi principi generali, si potrebbero condurre degli esperimenti in determinati punti del centro storico di Venezia, dove la pressione della specie è elevata e le criticità ad essa legate particolarmente sentite (ad. es, in Piazza San Marco, campo Santa Margherita, mercato di Rialto), per testarne l’efficacia nel dissuadere/allontanare i gabbiani reali. Un primo test potrebbe essere quello di indossare un copricapo a falda larga in cui sono raffigurati due grandi occhi, sia nella parte frontale che nella parte posteriore. Infatti, un recente studio condotto a Cornwall, UK (Goumas et al. 2019) ha evidenziato come i gabbiani siano più intimoriti se
vengono fissati con lo sguardo. Si potrebbe inoltre provare ad utilizzare un ombrello aperto all’uscita degli street food ove gli attacchi dei gabbiani sono ricorrenti, al di sotto del quale consumare l’alimento acquistato. In entrambi i casi, l’obiettivo è valutare se, limitando la contattabilità visiva, la frequenza degli attacchi si riduce. Si potrebbero anche testare delle azioni dissuasive da indirizzare sugli individui più problematici, che sferrano attacchi verso il cibo dei passanti e sulle vivande servite in bar e ristoranti o che manifestano atteggiamenti aggressivi al nido. Queste azioni dovrebbero essere precedute da una campagna di inanellamento degli individui per consentirne il riconoscimento e poterne valutare le reazioni. Gli interventi potrebbero includere: l’utilizzo di un cane da pastore debitamente addestrato, da associare al disturbo
operato da addetti specifici, per scoraggiare la presenza degli individui a terra; l’utilizzo di dispositivi ad aria compressa, che potrebbero essere testati dai pescivendoli per allontanare i gabbiani dai loro banchetti e dai camerieri delle strutture di ristorazione ove la presenza dei gabbiani è particolarmente insistente.
CONTROLLO
DELLA RIPRODUZIONE
Questa forma di controllo risulta inefficace se attuata con lo scopo di ridurre la popolazione urbana di gabbiano reale, mentre può mostrare una certa efficacia a livello locale, eliminando il problema di una o più coppie nidificanti su singoli edifici o limitando le criticità nei casi in cui le colonie sono ubicate in aree ove possono innescarsi delle situazioni conflittuali con l’uomo, com’è successo al cimitero dell’isola di San Michele, ove il gabbiano reale nidifica ormai da diversi anni. Su tale base, seguendo l’approccio di altre città italiane potrebbe essere utile predisporre un servizio di pronto intervento che attui la rimozione dei nidi o individui la soluzione migliore al problema specifico.
Il servizio, basato su segnalazione dei cittadini, dovrà essere svolto da personale specializzato dotato dei permessi necessari e dovrà essere attivo indicativamente tra marzo e giugno, comunque subordinatamente in senso sostanziale all’andamento della stagione riproduttiva della specie, di per sé condizionata dalle condizioni metereologiche. In questo periodo si dovranno prevedere più uscite per far fronte alle covate di rimpiazzo. L’attività di rimozione delle uova dovrà essere preventivamente autorizzata da ISPRA. Si potrà altresì valutare se intervenire con un’attività di rimozione dei nidi in alcune zone extraurbane in cui si registra un’elevata densità di coppie, come nelle barene artificiali della laguna di Venezia. Tali interventi sono tuttavia complessi
e presuppongono uno sforzo notevole per essere messi in pratica (coinvolgimento di personale esperto e dedicato, interventi duraturi per ottenere qualche risultato tangibile, costi elevati).
Un corretto piano di gestione della specie deve prevedere un’attività di monitoraggio a lungo termine, da effettuarsi possibilmente in modo continuativo o per lo meno ogni 2 - 3 anni, per rilevare i cambiamenti nel numero, distribuzione e comportamento (ad es. le strategie di approvvigionamento alimentare) della specie, e fornire un quadro aggiornato della popolazione urbana per poterla gestirla adeguatamente. È inoltre fondamentale verificare l’esito degli interventi gestionali posti in essere ed apportare le dovute modifiche, se necessario. Il monitoraggio deve seguire un protocollo standardizzato che dev’essere il più possibile omogeneo negli anni per consentire la confrontabilità dei dati raccolti. È importante affiancare al monitoraggio una campagna di inanellamento e radio-tracking di un pool di individui per seguirne gli spostamenti ed individuare i siti di foraggiamento e riproduzione della specie, sia in ambito urbano e lagunare, che dell’entroterra, su cui eventualmente indirizzare le più opportune strategie gestionali.
SERVIZIO DI RECUPERO
DELLA FAUNA SELVATICA
Tra le conseguenze del fenomeno di urbanizzazione dei gabbiani reali vi è il frequente rinvenimento di nidiacei e animali adulti, feriti o in difficoltà, per le strade della città. Tali animali necessitano spesso di cure e devono quindi essere portati in un apposito centro di recupero.
Considerata la condizione di specialità della città di Venezia e criticità che da essa derivano, come la difficoltà oggettiva di raggiungere con tempestività il domicilio del segnalatore o il terminal di Piazzale Roma, se si giun-
ge dalla terraferma, potrebbe essere opportuno destinare un apposito spazio all’interno della città a centro di primo soccorso per la fauna selvatica. Ciò consentirebbe un servizio tempestivo nel trattare le richieste di intervento, con conseguente aumento della qualità del servizio e riduzione al minimo dello stress per gli animali.
Nessun intervento gestionale sarà mai in grado di disperdere una specie in modo permanente (Fall e Jackson 1998). Le città e le nostre abitudini continueranno ad attrarre i gabbiani reali ed altre specie sinantropiche, semplicemente per il fatto che da esse traggono dei vantaggi. È quindi necessario comprendere che i piani di gestione della fauna problematica urbana non mirano ad eliminare una data specie, quanto piuttosto ad ottenere una convivenza il più serena possibile con essa. Per raggiungere questo obiettivo non si può prescindere da una attività di comunicazione e informazione intensa e diffusa. L’attività dovrebbe essere rivolta a tutti i portatori di interesse locali (dagli amministratori comunali, ai progettisti e tecnici incaricati del settore urbanistico, ai cittadini) e dovrebbe essere finalizzata a far conoscere l’ecologia ed etologia della specie e le problematiche che da essa derivano, come la possibilità di incorrere in comportamenti aggressivi (scippo di alimenti o aggressività al nido) in determinate situazioni e periodi dell’anno. Dovrebbe altresì informare sui comportamenti corretti da tenere nei confronti dei gabbiani: mantenere la giusta distanza dagli animali (non sono animali domestici), non alimentarli, non abbandonare i rifiuti per la strada.
Fonte: Coccon F., 2022. Vademecum sul gabbiano reale a Venezia. Linee guida per la gestione ecosistemica integrata della specie in città. CORILA Ed. (Venezia)
Perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli Istituti Universitari, l’istituto superiore di Sanità ecc. si affannano tanto a cercare di risolvere il problema delle zanzare? Basterebbe che cotanta scienza e tecnologia consultasse il Web. Dove le soluzioni abbondano tutte facili, economiche e molte casalinghe. Un vero spreco di tempo e denaro, uno dei tanti misteri che ci circondano; ah non è certo mia intenzione far smantellare l’OMS o l’ISS e via discorrendo…
Graziano Dassi
Dovendo parlare ancora di zanzare intendo focalizzarmi su alcuni principi: il limite tecnico di ogni tipo di trappola, la rappresentatività statistica dei dati raccolti (rapporto campione analizzato/universo indagato) e in particolare le domande che ci si pone, che a parer mio dovrebbero essere riformulate.
TRAPPOLE PER ZANZARE
ADULTE
Non volendo entrare sulla reale efficacia dei modelli che il mercato offre, per ovvi motivi, riporto un abstract rigoroso sull’efficacia di alcune trappole nei confronti dei flebotomi. Sostenendo che a livello di principio quello che si legge debba essere valido per ogni tipo di trappola, per cui i dati devono essere interpretati e integrati con altri in nostro possesso (ispezioni, trappolaggi ovo-larvali, segnalazioni,
Premessa di carattere sanitario:
il genere Aedes è un potenziale vettore di numerose patologie virali (arbovirosi), fra cui la febbre dengue, la febbre gialla, l'infezione da virus Zika e la febbre chikungunya. Basterebbe ciò a rendere necessari interventi non solo larvicidi, ma anche adulticidi. I primi rappresentano le fondamenta sicure di tale lotta. I secondi il mezzo complementare da
progettare con calendari adeguati ai dati storici, al ciclo biologico delle varie specie di zanzare ricordando che il genere Culex sverna come adulto e a fattori ambientali specifici di dove si opera.
Ad esempio se la presenza dell’A. caspius fosse segnalata, non si potrebbe trascurare la sua ottima capacità di volare.
A buon intenditore poche parole.
lamentele e osservazioni dei tecnici impegnati sul territorio).
Tre metodi standard per la raccolta dei flebotomi (trappola adesiva, trappola per luce CDC e trappola per CO 2) sono stati confrontati in uno studio sul campo condotto da giugno a ottobre 2012, in un sito al centro di un focolaio autoctono di leishmaniosi canina di recente costituzione in Italia nord-orientale. Sei trappole (due trappole adesive, due trappole luminose CDC e due trappole di CO 2) sono state attivate contemporaneamente per una sola notte ogni due settimane durante la stagione dell'attività dei flebotomi. Sono stati raccolti un totale di 5.667 flebotomi e 2.213 identificati, di cui l'82,1% erano Phlebotomus perniciosus, 17,4% P. neglectus, 0,3% Sergentomya minuta e 0,2% P. mascitti. Le prestazioni di tutte le trappole sono state influenzate dalla loro posizione all'interno del sito, aumentando con la vicinanza ai canili. Le trappole di CO2 erano più attraenti per le femmine di P. perniciosus e P. neglectus. Le trappole luminose CDC hanno mostrato un'efficienza intermedia ed erano più attraenti per P. neglectus, rispetto ad altre due trappole.
I risultati suggeriscono che nel nord Italia la trappola per CO 2 è un metodo
di campionamento adatto per i programmi di monitoraggio dei flebotomi che includono la sorveglianza dei patogeni trasmessi.
La conclusione sulle trappole a CO 2 è legittima, ma i dati riscontrati devono essere letti come indicazione (probabilmente la migliore possibile) ma non come verità assoluta. N.d.A.
STATISTICA DEI DATI RACCOLTI
Come ogni ricercatore/istituto di analisi di mercato sa perfettamente, tutte le ricerche sono condizionate da numerosi fattori per cui si cerca di correggere i possibili errori con metodi matematici e con controlli incrociati sulle validità delle interviste e sul come gli intervistatori possono condizionare il tipo di risposte. Riporto l’esperienza fatta in una città lombarda dove due gruppi di lavoro fra loro indipendenti, ma con eguali risorse tecniche, si accinsero a misurare la presenza quantitativa delle zanzare catturate. Ebbene i risultati numerici erano fortemente condizionati dalla posizione delle trappole. Il test fu sospeso dopo 75 giorni e i dati non utilizzati. Per mio diletto cercai di mediare i dati anche in funzione dei trattamenti adulticidi effettuati di notte.
Purtroppo le date delle catture non erano effettuate in modo da poterle incrociare con quelle dei trattamenti. Però risultò evidente che i dati relativi alle 8 trappole del primo gruppo con le 8 del secondo gruppo posizionate nelle stesse aree a verde (4 piccoli parchi cittadini e altrettanti giardini condominiali) dimostravano discordanze rilevanti nel numero di catture. Eppure erano posizionate fra i 30 e 50 passi di distanza.
Navigando sui vari siti che riassumono quanto le amministrazioni fanno (meritoriamente) per contenere questi fastidiosi e in non pochi casi pericolosi insetti rimarco una predominanza della Zanzara Tigre che, avendo una livrea bianca e nera, dovrebbe essere chiamata “zanzara zebra”, il che le avrebbe tolto molto del suo fascino lasciando spazio anche ad altre zanzare altrettanto pungenti e pericolose. Valga l’esempio di Milano nel cui territorio, con mia sorpresa, e nei limiti del censimento, fu riscontrata la presenza dell’Aedes (Ochlerotatus) caspius, pari al 21%. Il dato risale a qualche lustro or sono, ma non sono riuscito a trovare pubblicazioni più recenti. Due cose mi sembrano degne di nota (posto il dato come attendibile) i luoghi di ovideposizione della A. caspius sono più vari di quella della tigre ed è forse per questo che non si attua una lotta larvicida mirata a questa specie?
Ma se così fosse non giustificherebbe di esaminare la possibilità di una lotta adulticida mirata a questa specie? Almeno a livello di ipotesi da verificare in funzione di censimenti entomologici il più ampi possibili. Le domande dovrebbero essere così poste:
• Quali sono le specie presenti?
• Dove sono collocate sul territorio?
• Quante sono area per area?
Sempre a mio giudizio rispondere a queste domande non è possibile sia per l’oggettivo impegno in tempo e risorse sia per l’onere economico che
richiederebbe. Tutto vero ma è anche vero che per quanto sia lungo il viaggio parte sempre dal primo passo!
STRATEGIE
ALTERNATIVE
Fu negli anni ’70 del secolo scorso dove in un convegno sulle zanzareorganizzato credo dall’Ing. Mola (di cui non ricordo il nome, l’allora direttore dell’AMNIU di Ravenna) - sentii parlare dell’utilizzo di zanzare maschio sterilizzate per il controllo di tali vampiri volanti. Il relatore che ne riportò notizia fu il prof. Mario Coluzzi (un biologo che usava le zanzare in alternativa alle drosofile per i suoi studi di genetica, fra l’altro referente dell’OMS per la lotta alle zanzare malarigene nel nord Africa). In estrema sintesi la sterilizzazione avveniva per irraggiamento con raggi gamma o per chemio-sterilizzazione (pratica poco efficace e, per quanto mi è dato sapere, abbandonata) e i primi tentativi furono fatti in Florida e in un’isola dell’arcipelago delle Bahamas. I risultati della Florida non furono buoni, le ragioni ipotizzate furono due: la prima per la concorrenza dei maschi selvatici assai più attivi, la seconda al fatto che i maschi sterilizzati erano stati allevati in gabbie alte 120 cm per cui erano abituati a volare bassi e nei voli nuziali questo non li facilitava nell’accoppiamento. Nell’isoletta dell’oceano Atlantico i risultati, pur negativi, lasciavano spazio di miglioramento perché veniva meno l’invadenza di maschi selvatici da zone limitrofe (intorno c’era l’oceano). Naturalmente i test sono continuati così come il lancio dei maschi sterilizzati sia a scopo di ricerca sia di dimostrazione con esiti interessanti in numerosi Paesi. Cerco di riassumere la tecnica nelle sue linee essenziali (*), premettendo che la competenza entomologica e i monitoraggi preliminari sono conditio sine qua non per sperare di ottenere dei risultati positivi statisticamente significativi. La prima fase è determina-
re la specie bersaglio, l’accoppiamento fra specie diverse è praticamente impossibile.
Una volta stabilito quale sia la specie di zanzara da combattere perché numericamente predominante e/o per ragioni sanitarie è necessario determinare la collocazione topografica (quante e dove). Il terzo passo è stabilire il numero di maschi presenti, la determinazione del sesso è relativamente facile, ma prima bisogna accertarsi che sia un maschio della specie bersaglio e questo comporta competenze entomologiche complesse (la classificazione degli adulti non è cosa da tutti). Ora che sappiamo la collocazione geografica quali-quantitativa della specie bersaglio e abbiamo stimato il numero di maschi è finalmente possibile effettuare il lancio dei maschi sterilizzati in un rapporto di 1 a 10, ossia dieci maschi sterili per ogni maschio integro. E poi lasciare che la natura faccia il suo corso e se tutto è stato effettuato a regola d’arte avremo una deposizione di uova sterili tale da giustificare i nostri sforzi. Salvo conferma degli indispensabili controlli di efficacia.
La complessità di quanto descritto non deve essere pregiudizievole perché per gli esperti del settore sono pratiche quasi routinarie. L’importante è valutare che sussistano requisiti
ambientali tali da rendere questa pratica giustificabile sia sul piano tecnico scientifico sia sul piano economico gestionale. Infatti, ritengo che le competenze entomologiche siano indispensabili, ma non sufficienti per dare inizio a tali strategie di lotta dove una collaudata integrazione di competenze è quanto mai necessaria.
Una nota di colore, è proprio il caso di dirlo, riguarda il fatto che è in fase di sperimentazione anche di "colorare" i maschi liberati in ambiente per poi effettuare ricatture mediante apposite trappole. Questo per valutare il reale spostamento territoriale dei maschi introdotti e quindi la loro attitudine a una efficace copertura nei biotopi da tenere sotto controllo.
Per completezza di informazione segnalo che sono state sollevate alcune obiezioni a tali lanci per il rischio che l’utilizzo dei raggi gamma e dei raggi X possano indurre modifiche al patrimonio genetico degli insetti sottoposti a tale pratica.
(*) Un ringraziamento particolare all’esperto, a tutto tondo, Marco Genicco che mi ha segnalato i test tenuti in Albania e che mi ha aiutato a stilare la “mia” bozza di protocollo per una corretta applicazione della tecnica degli insetti sterili (SIT).
a cura di Cristina Cardinali
La tecnica dell'insetto sterile è un metodo di controllo dei parassiti rispettoso dell'ambiente che prevede l'allevamento in massa e la sterilizzazione, mediante radiazioni, di un parassita bersaglio, seguito dal rilascio sistematico su tutta l'area dei maschi sterili per via aerea su aree definite, dove si accoppiano con le femmine selvatiche che non producono prole.
La tecnica dell’insetto sterile, o SIT in breve, è tra i metodi di controllo dei parassiti più rispettosi dell’ambiente mai sviluppati. L'irradiazione, come quella dei raggi gamma e dei raggi X, viene utilizzata per sterilizzare gli insetti allevati in massa in modo che, pur rimanendo sessualmente competitivi, non possano produrre prole. La SIT non coinvolge processi transgenici (ingegneria genetica).
La Convenzione internazionale per la protezione delle piante classifica gli insetti sterili come organismi utili. Il SIT differisce dalla lotta biologica classica, che prevede l’introduzione di agenti di lotta biologica non nativi, in diversi modi:
- gli insetti sterili non sono
autoreplicanti e quindi non possono stabilirsi nell'ambiente;
- l’interruzione del ciclo riproduttivo del parassita, chiamato anche controllo autocida, è per definizione specie-specifica;
- il SIT non introduce specie alloctone in un ecosistema.
VANTAGGI DELLA TECNICA
La tecnica degli insetti sterili è stata sviluppata per la prima volta negli Stati Uniti ed è utilizzata con successo da oltre 60 anni. Attualmente è applicata in sei continenti. Le quattro opzioni strategiche in cui gli insetti sterili vengono impiegati come componente della gestione integrata dei parassiti a livello di area sono: soppressione, eradicazione, contenimento e prevenzione. Integrato con altri metodi di controllo, il SIT è riuscito a controllare una serie di insetti nocivi di alto profilo, tra cui le mosche della frutta (Ceratitis capitata, Anastrepha ludens, Bactrocera dorsalis, Bactrocera cucurbitae); mosca tse-tse; Cochliomyia hominivorax;
falene (Codling moth, Pectinophora gossypiella, Thaumatotibia leucotreta, Cactoblastis cactorum e Teia anartoides); zanzare. In diversi paesi in cui la tecnologia è stata applicata, studi retrospettivi di valutazione economica hanno mostrato un ritorno sull’investimento molto elevato. I vantaggi derivanti dall’utilizzo della tecnologia includono: una significativa riduzione delle perdite di produzione di raccolti e bestiame; protezione delle industrie orticole e zootecniche attraverso la prevenzione dell'introduzione di parassiti; fornire condizioni per le esportazioni di materie prime verso mercati ad alto valore senza restrizioni di quarantena; tutelare e creare posti di lavoro; significativa riduzione dei costi di produzione e di salute umana; e la tutela dell’ambiente attraverso un ridotto utilizzo di insetticidi. (fonte: https://www.iaea.org/topics/sterileinsect-technique).
Nell'immagine, raggi gamma (https:// www.chimica-online.it/download/ raggi-gamma.htm
Grazie a Newpharm®, la nuova frontiera nel controllo delle larve di zanzara è finalmente iniziata, e la rivoluzione arriva direttamente dalla natura. Mosquitorex®, un nuovo larvicida meccanico, è progettato per essere distribuito nei siti di proliferazione larvale, come specchi d’acqua stagnante, bloccando il processo respiratorio di larve e pupe.
Se l’azione fisica rappresenta un passo avanti, la composizione innovativa di Mosquitorex® segna una vera svolta nel settore.
Le zanzare si sviluppano in aree particolarmente umi-
de, sia rurali che urbane. Tra i principali focolai vi sono tombini, caditoie, sottovasi, fosse settiche, cisterne e vasche di raccolta. In questi ambienti, Mosquitorex® crea un sottile e uniforme strato, un’istantanea pellicola sui corpi idrici trattati, che blocca la respirazione delle forme giovanili di culicidi. Oltre a impedire la respirazione di larve e pupe, questa pellicola ostacola anche l’ovideposizione delle femmine, riducendo ulteriormente la popolazione di zanzare.
Mosquitorex® ha dimostrato un’efficacia straordinaria,
garantendo il 100% di mortalità delle larve in meno di 48 ore. Inoltre, persiste fino a 4 settimane nei corpi idrici trattati, assicurando un controllo prolungato e costante delle zanzare. Testato sul campo nella stagione 2023 dal CAA (Centro Agricoltura Ambiente “Giorgio Nicoli”), Mosquitorex® ha confermato una persistenza di tre settimane nelle caditoie, ulteriormente estesa fino a quattro settimane in altri contesti, dimostrando l’efficacia duratura del prodotto.
Mosquitorex® utilizza una miscela di ingredienti naturali, minimizzando l’impatto sull’ambiente, sugli insetti utili, sugli organismi acquatici e sulla flora. Con Mosquitorex®, i focolai di larve nelle aree urbane — dalle acque palustri o salmastre fino a semplici raccolte d’acqua domestica — possono essere trattati senza effetti negativi per l’ecosistema. Il dosaggio è semplice: 1 ml per acque chiare e 5 ml per acque scure.
MOSQUITOREX® SOSTENIBILE E RISPETTOSO DELL’AMBIENTE
Newpharm® ha dedicato anni di ricerca alla biodegradabilità di Mosquitorex® prima di portarlo sul mercato, garantendo una formula innovativa, sostenibile
e rispettosa delle comunità biologiche e del loro habitat.
Mosquitorex® è disponibile per la vendita al pubblico e privo di qualsiasi simbologia di pericolo in etichetta. È composto al 100% da ingredienti vegetali certificati plant-based e, a differenza dei prodotti concorrenti, non contiene silicone. Testato da istituti autorevoli come CAA, Ento Studio e Sagea, è in fase di pre-approvazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
Attualmente, Mosquitorex® è commercializzato in oltre 20 paesi, confermando il suo successo a livello internazionale.
Rimane un pilastro dell’offerta di Newpharm® anche la linea di larvicidi Aquabac®, a base di Bacillus thuringiensis, per una protezione ancora più ampia. Grazie alla gamma zanzare più completa sul mercato, Newpharm® si conferma il partner ideale sia per i professionisti del controllo degli infestanti (PCO) che per il singolo cittadino.
I biocidi sono sostanze o miscele utilizzate per distruggere, eliminare, impedire l’azione o esercitare un effetto di controllo su organismi nocivi. Questi organismi possono includere batteri, virus, funghi, alghe, insetti, acari, parassiti animali o vegetali e roditori
Francesco Fiorente esperto in Pest Management
L'impiego di biocidi è diffuso e utile per operare un adeguato Programma di Prerequisiti (PRP) sia riguardante gli aspetti microbiologici che relativamente ai macro-organismi (per l’appunto, insetti, roditori, altri artropodi etc.). Essi includono anche le sostanze attive e i prodotti ad azione repellente o che possono in qualche modo alterare il comportamento degli animali target (per esempio i feromoni impiegati nelle tecniche di confusione sessuali, ma non i feromoni impiegati per le attività di monitoraggio).
Per quanto riguarda la sanificazione, i biocidi sono utilizzati per la disinfezione di ambienti, superfici e oggetti di varia natura nei settori civili, industriali, per la produzione alimentare e dell’allevamento e per la disinfezione delle acque. Ad esempio, i disinfettanti per superfici, materiali e attrezzature, disinfettanti per sistemi di condizionamento, disinfettanti per l’igiene
umana e veterinaria sono considerati biocidi.
COSA SONO I BIOCIDI?
Sebbene, si ritenga che alle base dei biocidi vi siano esclusivamente prodotti chimici di sintesi, sono da considerarsi biocidi anche sostanze attive di origine naturale: non tutto ciò che è “naturale” è per definizione “innocuo” o non “tossico” - definizione piuttosto generalista ma calzante - o comunque poco rischioso per la salute umana, animale e per l’ambiente. D’altro canto, è pur vero che sostanze attive di sintesi, talvolta, presentano profili tossicologici ed ecotossicologici ben più favorevoli rispetto a sostanze che, pur avendo la stessa modalità di azione (MOA: mode of action), sono di derivazione naturale/biologica. Del resto, lo stesso Regolamento (UE) 528/2012 “Relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi” (BPR) definisce all’articolo
3 i biocidi come: “qualsiasi sostanza o miscela nella forma in cui è fornita all’utilizzatore, costituita da, contenenti o capaci di generare uno o più principi attivi, allo scopo di distruggere, eliminare e rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica”. L’articolo 3 del regolamento sui biocidi (BPR) prosegue includendo nei biocidi anche “qualsiasi sostanza o miscela, generata da sostanze o miscele che non rientrano in quanto tali nel primo trattino, utilizzata con l’intento di distruggere, eliminare, rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica.”
Nelle definizioni del BPR sono ben chiari non solo gli scopi ma anche le modalità di azione che, essendo diver-
se dall’azione fisica e meccanica, includono di fatto le modalità di azione “chimica” e “biologica” (o microbiologica). Pertanto, un prodotto biocida a base di una sostanza attiva che agisca per azione biologica, anche includendo l’azione di spore, batteri etc. deve essere autorizzato (sia come s.a. che come formulato commerciale) e non necessariamente sarà valutato come meno pericoloso o impattante per la salute umana, animale e per l’ambiente, ai sensi dei Regolamenti “REACH” (CE) 1907/2006 e “CLP” Regolamento (CE) 1272/2008.
REGOLAMENTAZIONE
DEI BIOCIDI
Con questa premessa, a prescindere dell’origine del biocida, è evidente che sebbene l’uso dei biocidi sia finalizzato a garantire il benessere dell’uomo
e la conservazione di molti prodotti, le sostanze in essi contenute possono comunque presentare effetti dannosi per l’ambiente e la salute. Pertanto, l’uso di biocidi dovrebbe essere gestito con cura e responsabilità e applicando le condizioni di impiego e le misure di mitigazione dei rischi ben specificate nei documenti autorizzativi e in sostanza nell’etichetta del prodotto biocida in commercio.
Infatti, a monte dell’immissione sul mercato, i prodotti biocidi (sia sostanze attive che prodotti commerciali disponibili in varie forme) prevedono articolate fasi di autorizzazione ed etichettatura, considerando la valutazione di una serie di dossier predisposti dalle società che intendono immettere sul mercato una sostanza attiva biocida o una miscela contenente uno o più biocidi.
Questo processo vede coinvolte l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), la Commissione Europea attraverso il lavoro della DG Sante e gli enti nazionali preposti alla gestione dei biocidi.
In Italia, l’ente di riferimento è il Ministero della Salute, a sua volta in collaborazione con altre entità pubbliche, sia per la fase di autorizzazione che per la fase di controlli per la produzione, commercializzazione e impiego. Rientrano nel campo di applicazione del BPR anche i formulati attualmente disponibili sul mercato italiano come Presidi Medico-Chirurgici (PMC), prodotti di libera vendita e di libero impiego a uso non agricolo/non fitosanitario, impiegati nella disinfestazione civile ma anche nella disinfezione/ sanificazione, sia a uso professionale che a uso non professionale.
Ad oggi, un prodotto (miscela) che contenga principi attivi già approvati ai sensi del BPR può essere immesso sul mercato solo come prodotto biocida. Qualora una o più sostanze attive siano ancora in fase di revisione, il prodotto permane sul mercato come PMC o come prodotto di libera vendita. Infine, un prodotto che contenga uno o più principi attivi non approvati ai sensi del BPR subisce il ritiro dal mercato.
APPROVAZIONE
DEI PRINCIPI ATTIVI
I PMC saranno pertanto destinati a non essere più presenti sul mercato, al termine del processo di revisione di tutte le sostanze attive disponibi-
li nell’Unione Europea; la revisione è già iniziata con la Direttiva “Biocidi” 98/8/CE (recepita in Italia con D.Lgs. 174/2000). Di fatto, si è già verificata una riduzione sia nel numero di molecole disponibili che nel numero di formulati presenti sul mercato; tra questi si ricordano, solo per citarne alcuni non più disponibili: temephos, malathion, chlorpyrifos, chlorpyrifos-methyl, phoxim, methomyl, bioalletrina, hydramethylnon, propoxur, diazinone e DDVP.
L’iter autorizzativo dei biocidi è differente rispetto all’iter previsto per i PMC (la cui normativa di riferimento in Italia è tuttora il DPR 392/1998) e certamente più articolato, anche per le tipologie di autorizzazioni che possono
essere richieste e per il background tecnico e amministrativo alle spalle. Infatti, il BPR (con le sue successive modifiche e integrazioni) disciplina la creazione di un elenco europeo di principi attivi utilizzabili nei biocidi (la cosiddetta lista positiva), l’autorizzazione all’immissione sul mercato dei prodotti biocidi, il riconoscimento reciproco delle autorizzazioni all’interno dell’Unione, la messa a disposizione sul mercato e l’uso di biocidi all’interno di uno o più Stati membri e l’immissione sul mercato di articoli trattati. È inoltre disponibile un database pubblico, a cura di ECHA, dove è possibile reperire liberamente tutte le informazioni sui biocidi: https://echa.europa. eu/it/infor- mation-on-chemicals/
biocidal-products.
Alcune delle categorie di prodotti di interesse del settore del pest management:
• PT (Product Type) 14: Rodenticidi, impiegati per il controllo di ratti, topi o altri roditori.
• PT 18: Insetticidi, acaricidi e prodotti destinati al controllo degli altri artropodi cioè i “prodotti usati per il controllo degli artropodi (ad esempio insetti, aracnidi e crostacei)”.
• PT 19: Repellenti e attrattivi (“insettorepellenti”) cioè i “prodotti usati per controllare organismi nocivi, respingendoli o attirandoli, compresi i prodotti usati, direttamente o indirettamente, per l’igiene umana e veterinaria”.
A questi, vanno aggiunte tutte le tipologie di sostanze attive e prodotti ad azione disinfettante (dal PT 01 al PT 05). Si consideri che sono stati individuate ben 22 tipologie di prodotto biocida.
Sebbene ad oggi non sia disponibile una normativa specifica sull’uso sostenibile dei prodotti biocidi, le modifiche ai PMC esistenti e contenenti almeno una sostanza già approvata come biocida e le nuove autorizzazioni PMC/biocide risentono fortemente di un approccio non solo scientifico ma anche precauzionale e orientato alla sostenibilità: non potrebbe essere diversamente, del resto, come già impostato per i prodotti fitosanitari. Inoltre, l’articolo 18 del BPR cita testualmente che: “[...] il presente regolamento contribuisca all’utilizzo sostenibile dei biocidi e l’eventuale necessità di introdurre misure aggiuntive, in particolare per gli utilizzatori professionali, al fine di ridurre i rischi posti dai biocidi alla salute umana, alla salute animale e all’ambiente”. Si aggiunge, inoltre, che: “[...] tale relazione esamina tra l’altro: 1. la promozione delle migliori prassi
come mezzo per ridurre al minimo l’uso dei biocidi;
2. gli approcci più efficaci per monitorare l’uso dei biocidi;
3. lo sviluppo e l’applicazione di principi di gestione integrata dei parassiti in relazione all’uso di biocidi;
4. i rischi posti dall’uso dei biocidi in ambienti specifici come scuole, luoghi di lavoro, asili, luoghi pubblici, case di riposo in prossimità di acque superficiali o sotterranee e l’eventuale necessità di misure aggiuntive per ovviare a tali rischi;
5. il contributo che una migliore efficienza delle apparecchiature utilizzate per l’applicazione dei biocidi potrebbe dare all’uso sostenibile”.
Anche per queste ragioni, gli attuali procedimenti autorizzativi di PMC e biocidi sono procedure tecnico-amministrative molto complesse che impegnano in modo significativo sia le Autorità competenti che le aziende e hanno un costo importante in termini
di risorse umane e di tempo. L’importanza dei biocidi è riconosciuta, sia per la tutela della salute che dell’economia; in un contesto normativo in cui l’opinione pubblica è sempre più attenta alle tematiche di sostenibilità, la sfida è quella di aumentare le conoscenze e garantire maggiore qualità e sicurezza dei prodotti. Allo stesso tempo, è necessario procedere, in accordo con il BPR anche alla definizione di un percorso formativo per l’impiego dei prodotti biocidi a uso professionale, come da intenzioni recentemente comunicate dal Ministero della Salute stesso. È, infine, utile ricordare che dal 14 dicembre 2021 è in vigore il D.Lgs. 179/2021 “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 528/2012 relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi”. Questo recente D.Lgs. prevede conseguenze penali in caso di inadempienze in materia di biocidi e PMC.
Nel “Convegno Nazionale Biocidi: L’evoluzione del BPR” dello scorso anno (Roma, 7-8 novembre 2023), tutte le parti interessate (istituzioni centra-
li e regionali, aziende, enti di ricerca, autorità di controllo e associazioni di categoria dei prodotti e degli utilizzatori professionali) si sono confrontate a riguardo, esponendo opportunità e rischi relativi agli aspetti regolatori, all’impatto delle normative sulle filiere produttive e dei servizi e alle attività di controllo ed enforcement delle autorità nazionali ed europee.
Con riferimento agli aspetti legati alla gestione degli infestanti, sono stati diversi i richiami alle tecniche di gestione integrata dei parassiti (IPM), quale strategia ottimale per gestire gli infestanti utilizzando un’ampia varietà di metodi di controllo che tendono a ridurre l’utilizzo dei pesticidi e applicare pratiche di sostenibilità. Il contesto, in mutamento, è quello del cambiamento climatico e dell’espansione di numerose zoonosi, per la cui gestione è fondamentale l’uso dei biocidi.
Come per il settore agricolo (nel quale sono impiegati i pesticidi propriamente detti, cioè i prodotti fitosanitari, normati dal Regolamento CE 1107/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dalla Direttiva n. 2009/128/CE),
l’uso del biocida dovrebbe essere ridotto ai casi strettamente necessari e applicati secondo le condizioni di etichetta. Qualora i prodotti biocidi siano applicati con regolarità è buona pratica che il piano di azione in essere sia revisionato o comunque rivalutato, al fine di applicare metodi meno impattanti. I biocidi devono essere sempre applicati eseguendo tutte le misure di mitigazione dei rischi disponibili.
Tuttavia, più che l’impiego tale e quale dei prodotti, sarebbe utile riflettere sulle modalità di impiego, sulle competenze delle persone che usano i biocidi e sulle corrette e adeguate valutazioni dei rischi, necessarie per ottimizzare e rendere più efficienti i trattamenti.
È utile ricordare che laddove non arriva la normativa cogente, gli standard e la normazione volontaria già richiedono una forte attenzione nelle scelte tecniche e operative che riguardano i biocidi. Nel settore del pest management, si citano lo standard UNI EN 16636 per i fornitori professionali di servizi, la recente Prassi di Riferimento UNI/PdR 145:2023 “Pest management nelle imprese del settore agroalimentare della produzione biologica - Requisiti del servizio”, così come la forte attenzione e linee guida dedicate da parte di BRCGS, IFS, AIB (solo per citarne alcuni) alla gestione degli infestanti e all’uso dei biocidi.
In un contesto sfidante e complesso, i biocidi rappresentano ancora uno strumento importante a disposizione dei professionisti, sui quali è tuttavia necessario condurre approfondimenti, incoraggiando la formazione degli operatori (quanto meno volontaria in assenza di una normativa specifica per il loro impiego professionale, al di là dei rischi chimici di cui al D.Lgs. 81/2008 e ss.mm. ii) e favorire il grado di integrazione dei biocidi stessi con tecniche alternative e complementari.
Sostenibilità e innovazione sono le fondamenta su cui si costruisce il futuro dell’industria chimica. Leonardo Lifescience Group si afferma come il nuovo polo di riferimento in Italia, adottando una strategia che unisce queste due forze per affrontare le sfide globali del settore.
Nato dall’unione di due aziende storiche, Vebi Istituto Biochimico e Bleu Line, il gruppo rappresenta un modello unico di collaborazione, con l’obiettivo di trasformare le difficoltà del mercato in opportunità di crescita attraverso l’innovazione sostenibile.
L’innovazione è al centro della filosofia di Leonardo Lifescience Group. Non si tratta solo di innovazione di prodotto, ma anche di processo, con un approccio che mira a mettere al centro il benessere delle persone, grazie al connubio tra ricerca, tecnologia e rispetto per l’ambiente.
Nel 2024, il gruppo ha investito 3 milioni per l’installazione di pannelli fotovoltaici su larga scala: un esempio tangibile di come la sostenibilità possa essere integrata nei processi industriali senza sacrificare l’efficienza.
E PRODUZIONE
RESPONSABILE
Grazie alla sinergia tra Vebi e Bleu Line, Leonardo Lifescience Group è in grado di offrire soluzioni personalizzate ad altre aziende, mantenendo la produzione rigorosamente Made in Italy. In un panorama in cui la delocalizzazione è una scelta comune, Leonardo punta invece a riportare la produzione in Italia. Un approccio che crea valore non solo per le imprese clienti, ma per l'intero sistema produttivo italiano, dimostrando come la cooperazione possa generare vantaggi competitivi significativi.
L’impegno verso la sostenibilità di Leonardo non si limita ai processi produttivi, ma si riflette nei suoi prodotti che prevedano l’utilizzo di tecnologie verdi ed ecocompatibili, co-formulanti e solventi green nonché sostanze di origine naturale. L'obiettivo è chiaro: offrire soluzioni che proteggano sia le persone che gli ecosistemi, con un'attenzione particolare alla riduzione del rischio per le specie non target.
La mission di Leonardo Lifescience Group comprende anche la promozione di una
cultura dell'uso responsabile dei prodotti chimici. Istruzioni chiare e dosaggi controllati educano i consumatori a un loro utilizzo consapevole, riducendo i rischi per l’ambiente e la salute. Questo approccio evidenzia una visione a lungo termine in cui l’innovazione non è solo tecnologica, ma anche sociale e culturale e dimostra che sostenibilità e innovazione possono convivere e creare un impatto positivo tanto per l’azienda quanto per l’intero settore chimico. Con il suo approccio lungimirante e la capacità di unire
forze complementari, Leonardo Lifescience Group si posiziona come un protagonista del futuro dell’industria chimica italiana, pronto a guidare il cambiamento verso un domani più sostenibile e innovativo.
Il CDA di Leonardo Lifescience Group. Da sinistra Stefano Gualdi, Giovanni Bazzocchi e Luigi Bazzolo
L’utilizzo di un rodenticida a base di Colecalciferolo ha consentito di eliminare definitivamente l’infestazione nel giro di un mese. Il monitoraggio bimestrale non ha più mostrato nè danni nè ratti vivi
Francesco Gullo
L'intervento oggetto di questo articolo ha riguardato una stalla con vacche da latte dove veniva praticata la derattizzazione con esche rodenticide con principi attivi anticoagulanti (Bromadiolone e Brodifacoum) sia in area interna che esterna contro il Ratto Nero, ciclicamente con questi formulati l’infestazione si abbassava per poi risalire a livelli non accettabili. Anche se gli interventi erano programmati mensilmente l’infestazione non era contenuta. Per questo motivo, è stato deciso di provare un altro formulato non anticoagulante per poter contenere l’infestazione.
PROCEDIMENTO
È stato introdotto l’uso del Selontra (rodenticida senza principi attivi anticoagulanti a base di Colecalciferolo) all’interno e all’esterno della stalla posizionando 56 contenitori di esca
modello Protecta LP contenenti 5 soft block da 20 grammi ciascuno e facendo i primi tre interventi ravvicinati nel tempo con tre controlli fatti nella prima settimana.
Dopo pochi giorni sono stati notati i primi risultati positivi con la presenza di ratti morti ma anche di ratti vivi nelle parti alte dello stabilimento, sotto l’impianto fotovoltaico. Il numero maggiore di contenitori sono stati posizionati nelle canaline e sul tetto sotto i pannelli fotovoltaici dove sono stati rinvenuti rosicchiati i cavi dei pannelli e il cavo che alimenta l’inverter. Oltre che nei contenitori il Selontra è stato posizionato nelle griglie di scolo con cinque soft block fissati con filo zincato.
Dopo una settimana è stato effettuato un altro controllo che ha evidenziato la drastica diminuzione del consumo e l’avvistamento di ratti vivi mentre sono stati rinvenuti ratti morti nelle parti esterne limitrofe alla stalla.
I cavi dell’impianto fotovoltaico sono stati riparati e non sono stati più rilevati rosicchiamenti e nei contenitori il biocida non è più apparso consumato così come all’interno delle caditoie e nelle griglie. Dopo circa un mese l’infestazione è stata eliminata e non sono stati più segnalati avvistamenti di ratti vivi.
MONITORAGGIO
In seguito sono state posizionate delle trappole meccaniche per ratti per effettuare il monitoraggio che non hanno registrato catture.
È stato impostato un monitoraggio bimestrale e non sono più registrati danni ai cavi dell’impianto fotovoltaico e avvistamenti di ratti vivi.
Sopra, il filo zincato estratto dalle griglie, il rodenticida risulta completamente mangiato. A destra, il filo zincato estratto dalle griglie, il rodenticida risulta completamente consumato, rimane solo la pellicola esterna
SPECIE
Rattus rattus
NOME VOLGARE
Ratto nero
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
CLASSE: Mammalia
ORDINE: Rodentia
FAMIGLIA: Muridae
MISURE E DESCRIZIONE
Peso: 100-280 g
Lunghezza testa-corpo: 140-240 mm
Lunghezza coda: 170-270 mm
Lunghezza piede: 30-43 mm
DISTRIBUZIONE GENERALE
Specie cosmopolita e sinantropica, è presente in quasi tutte le terre emerse del pianeta. Nativa della penisola indiana, il ratto nero è stato introdotto in aree temperate e in parte di quelle subtropicali e subantartiche di tutto il mondo.
HABITAT ED ECOLOGIA
Si adatta a vivere in molti ambienti, quali parchi, pertinenze delle abitazioni rurali, aziende agricole e zootecniche, macchie e foreste, dal livello del mare fino all’alta collina. La dieta è soprattutto vegetariana, e si basa su una grande varietà di semi e frutti. Si nutre anche di animali, soprattutto invertebrati, piccoli vertebrati e uova e nidi di uccelli. Ha abitudini notturne, è un eccellente arrampicatore e un buon nuotatore (ma meno legato all’acqua rispetto al ratto grigio), in grado di attraversare corsi d’acqua e tratti di mare anche
piuttosto estesi (fino a 500 m).
DISTINZIONE DA SPECIE SIMILI
Di dimensioni leggermente inferiori del congenere ratto grigio, si distingue da quest’ultimo per la coda, più lunga della lunghezza testa-corpo, e per le orecchie, che risultano maggiormente sviluppate.
NOTE E CURIOSITÀ
La specie è oggetto di abituali interventi di controllo nelle adiacenze degli insediamenti
umani, nei giardini e nelle aree agricole, a causa dell’impatto che può avere sulle attività economiche (zootecniche agricole, industriali) e sulla salute dell’uomo e degli animali domestici.
Il ratto nero è stato eradicato da numerose piccole isole italiane, soprattutto a causa dell’impatto che presenta sulle specie di uccelli marini nidificanti.
Fonte: Dario Capizzi, Le specie presenti in Italia
Banca dati GEAM
Gestione ecologica ambientale
• Fino a 3 volte più veloce dei rodenticidi anticoagulanti
• Effetto stop feeding
• Minor consumo di esche
• Minore contaminazione degli alimenti
• Non persiste nell'ambiente e non ha effetto di bioaccumulo
• Rompe il ciclo delle resistenze
• Diversa modalità di azione
Autorizzato per un uso continuativo! (segui le raccomandazioni in etichetta).
La distribuzione della nutria in Italia ha avuto un forte incremento negli ultimi decenni, passando da popolazioni localizzate a due aree con una distribuzione quasi continua
A cura di Giacomo Torrenzi
La nutria (Myocastor coypus) è un roditore della famiglia Myocastoridae endemico del Sud America. La distribuzione della nutria in Italia ha avuto un forte incremento negli ultimi decenni, passando da popolazioni localizzate a due aree con una distribuzione quasi continua: uno nel nord Italia, nella Valle del Po e lungo la costa adriatica fino all’Abruzzo, e la seconda lungo la costa tirrenica dalla Liguria e la Toscana sino alla Campania. Lungo la costa medio adriatica (Marche, Abruzzo), quella basso tirrenica e in Italia meridionale ed insulare erano invece presenti nuclei apparentemente isolati di dimensioni più contenute.
IMPATTI E ASPETTI SANITARI
La nutria è un roditore a dieta essenzialmente erbivora e generalista che comprende diverse essenze vegetali naturali e coltivate. La mole corporea non indifferente porta a esigenze alimentari elevate che per un soggetto adulto si aggirano su valori di 1,2 - 2,5 chilogrammi di alimento fresco al giorno. Lo spettro trofico può comprendere una frazione più o meno importante di piante coltivate.
La preferenza per l’ambiente acquatico propria della specie, unita alla consuetudine di scavare gallerie e tane ipogee con sviluppo lineare anche di diversi metri, può rappresentare un rischio per la tenuta delle arginature di corsi d’acqua naturali, di canali di irrigazione e di scolo e bacini artificiali, in particolare in occasione di piene. La tana viene ricavata nelle sponde con escavazione diretta di un tunnel di vari metri, con camere terminali per il riposo e alcune uscite secondarie. Tuttavia di norma le tane di nutria sono scavate in prossimità del pelo d’acqua interno o esterno all’argine (fosso di gronda) interessando il profilo basale della sponda arginale. Nel caso invece di scavi prodotti su canali interrati non sussiste un vero e proprio rischio
idraulico. In questi casi il problema riguarda il progressivo smottamento del terreno delle sponde dei canali, con il conseguente pericolo di occlusione della sezione idraulica e di erosione delle sponde medesime.
La Nutria può costituire un serbatoio per la diffusione di alcuni parassiti e agenti patogeni, come Fasciola epatica e le leptospire come Leptospira interrogans. La probabilità di trasmettere ad altri tali microrganismi è sostanzialmente legata all’ecologia dei portatori.
• Uso di rodenticidi o altri metodi non selettivi: è vietato l’uso di veleni e rodenticidi, così come ogni altro metodo non selettivo.
• Cattura in vivo tramite gabbie-trappola: rappresenta il metodo preferenziale di riduzione numerica, in virtù della rispondenza a requisiti di buona selettività, efficacia e ridotto disturbo che ne consentono l’utilizzo in tutti i periodi dell’anno e in tutti i territori interessati dalla presenza della specie. A tale riguardo, si sottolinea come diversi progetti di contenimento della specie condotti con gabbie-trappola per ridurre danni economici e agli ecosistemi naturali sono risultati efficaci; in Inghilterra la specie è stata eradicata con questa tecnica. Le gabbie-trappola da adottare devono essere di adeguate dimensioni per consentire la cattura in vivo e una sufficiente abitabilità anche all’esemplare di altra specie eventualmente catturato, dotate di apertura singola o doppia (ai due estremi) ed eventualmente di meccanismo a scatto collegato con esca alimentare (mela, granoturco). Inoltre, tali gabbie devono essere singolarmente identificabili con un codice alfa-numerico, riportante la sigla della provincia e il numero progressivo, emesso e registrato da ogni Regione competente. La soppressione indolore delle nutrie catturate con il trappolaggio deve avvenire
nel minor tempo possibile dal momento della cattura, mediante sparo o trasferimento in contenitori ermetici dove vengono esposte al biossido di carbonio ad alta concentrazione. Le gabbie, una volta attivate, devono essere controllate almeno una volta al giorno, avendo cura di posizionarle in zone ombreggiate. Il controllo periodico è richiesto al fine di non procurare sofferenze agli animali catturati e di verificare l'eventuale presenza nelle gabbie di specie non bersaglio. Individui appartenenti ad altre specie eventualmente catturati dovranno essere prontamente liberati. Alla condizione che vengano rispettate interamente le condizioni operative sopra indicate, le gabbie-trappola per la cattura in vivo costituiscono strumento preferenziale cui fare ricorso nell’ambito dell’attuazione di piani di controllo e/o eradicazione di nutrie.
• Controllo della riproduzione: Interventi condotti mediante cattura, sterilizzazione chirurgica e successiva liberazione, richiedono rilevanti impegni economici ed operativi, risultano teoricamente applicabili a piccola scala territoriale e su nuclei numericamente molto contenuti ed ecologicamente isolati, e non possono invece essere utilizzati per il contenimento numerico di popolazioni distribuite senza soluzione di continuità su ampi comprensori, né possono essere applicati alla generalità del territorio italiano interessato da popolazioni. Né la sterilizzazione chirurgica, né la somministrazione di sostanze con effetto immunocontraccettivo, allo stato attuale, possano essere utilizzate per il controllo della nutria.
Tutti gli operatori del controllo sono tenuti a tenere un registro degli abbattimenti che riporti, per ogni individuo rimosso, il sito di realizzazione dell’abbattimento, la tecnica utilizzata, la data e l’ora di realizzazione dell’abbattimento, il sesso dell’esemplare, e se possibile i principali
parametri morfometrici (peso, lunghezza totale, etc.). L’autorità regionale competente dovrà mantenere un registro aggiornato di tali dati.
Anche nel caso in cui non vi sia sospetto che le nutrie siano affette da malattie trasmissibili, appare opportuno individuare modalità di smaltimento che forniscano sufficienti garanzie sotto il profilo sia ecologico sia igienico-sanitario. nel caso di piccole quantità giornaliere, individuabili nell’ordine massimo di 10 capi per ettaro, le nutrie uccise possono essere smaltite direttamente dall’operatore mediante sotterramento. Questo dovrà avvenire in un terreno adeguato per evitare contaminazioni della falda freatica e a una profondità sufficiente a impedire ai carnivori di accedervi (ri-
coperte con almeno 100 cm di terreno compattato). in caso di rilevanti quantitativi giornalieri o di impossibilità di disporre di terreni idonei al sotterramento, le nutrie uccise sono assimilate ai Materiali di categoria 2 di cui all’art. 9 del Regolamento CE n. 1069/2009 lettera f) punto i). Il loro smaltimento dovrà avvenire attraverso una delle metodiche previste dall’art. 13 del suddetto Regolamento.
In Italia gli interventi di controllo della nutria non hanno fermato l’espansione della specie, con conseguente aumento degli impatti. Tuttavia sono disponibili esempi di gestione efficace di popolazioni di nutria anche su vasta scala, con risultati significativi in termini di contenimento delle popolazio -
ni e anche di eradicazione. Il progetto di eradicazione condotto in Inghilterra è considerato uno degli esempi di eradicazioni condotti su larga scala di maggior successo. Punti chiave del successo dell’attività sono stati una pianificazione tecnica attenta, basata su una sperimentazione delle tecniche d’intervento in un’area limitata e una successiva applicazione su vasta scala e un’attenta valutazione della dimensione umana. Nel corso di un primo intervento le nutrie sono state rimosse da un'area più piccola, consentendo di effettuare simulazioni degli sforzi di controllo, dei costi, degli animali da rimuovere e della possibilità di successo dell’eradicazione. Anche l’attivazione di sistemi di sorveglianza mediante monitoraggio attivo nelle aree dove la specie è assente o è stata eradicata, ma in cui vi è il rischio di un suo
arrivo da aree limitrofe, è un adempimento di fondamentale importanza preventiva che dà concreta attuazione a quanto previsto dall’art. 14 del Reg. 1143/2014 in tema di rilevamento precoce ed eradicazione rapida.
Le opzioni gestionali possibili per le popolazioni di nutria presenti sul territorio italiano sono quattro: A) eradicazione, B) gestione a ‘densità 0’, C) contenimento spaziale, D) controllo finalizzato al contenimento dei danni agli ecosistemi, alle arginature o alle colture. Una quinta opzione può essere il non intervento, qualora tale scelta sia giustificata alla luce di quanto richiesto dal Regolamento (UE) n. 1143/2014.
Eradicazione locale
Nelle aree dove la nutria risulta ancora localizzata con popolazioni limitate e non collegate con aree a presenza più diffusa della specie, è necessario verificare come prima scelta gestionale la fattibilità di una eradicazione della specie dal comprensorio territoriale in questione che va spazialmente definito. Il progetto deve indicare gli strumenti da impiegare, le risorse necessarie e i tempi previsti per l’attuazione. L’eradicazione, per quanto operazione complessa e spesso costosa, porta alla risoluzione locale del problema in via definitiva se l’area non è soggetta a ricolonizzazione e non ci sono nuove introduzioni. Per eradicazione si intende la rimozione completa e permanente della popolazione di una specie presente in un determinato territorio. Occorre, quindi, che la popolazione risulti isolata da altri contesti territoriali dove la stessa specie sia presente e possa dare origine a processi di ricolonizzazione. Nel caso ci siano scambi di animali con altre aree, allora l’intervento si configura come contenimento spaziale o demografico che può anche portare
all’opzione ‘densità 0’. Questa è intesa come interventi ripetuti e prolungati nel tempo finalizzati a rimuovere periodicamente le nutrie presenti in un territorio con l’obiettivo di ritornare a una assenza (densità 0) della specie. Occorre sottolineare come l’obiettivo dell’eradicazione deve essere realistico e pianificato a seguito di un’attenta analisi della distribuzione della nutria, una stima degli animali da rimuovere e la verifica delle risorse umane ed economiche necessarie. Va altresì indicato il termine temporale entro il quale è previsto il conseguimento dell’obiettivo. L’eradicazione non deve, quindi, essere un ‘auspicio’ da indicare su documenti amministrativi e gestionali quando l’intervento non sia ritenuto realisticamente fattibile. In particolare, l’eradicazione della nutria non è fattibile dove la specie sia distribuita su ampie aree o presente con nuclei anche localizzati, ma collegati a popolazioni estese. Realisticamente, nel primo caso si dovrà valutare interventi per limitare i danni, mentre nel secondo caso è necessario valutare la fattibilità di un intervento di contenimento spaziale o a ‘densità 0’.
Considerata l’ampia distribuzione della nutria in Italia, tuttora in espansione, non è possibile escludere il rischio di ricolonizzazione da parte della specie a seguito di interventi locali di eradicazione. Pertanto, parallelamente agli interventi di eradicazione devono essere attivati sistemi di rapida allerta e intervento tempestivo nel caso di nuova colonizzazione. In questi casi, si deve intervenire celermente con ulteriori attività di rimozione dei nuovi animali. È possibile, quindi, che un’eradicazione si trasformi in un’attività di controllo permanente a seguito dell’espansione della nutria in territori limitrofi a quelli sottoposti a intervento di eradicazione.
In un’ottica di gestione adattativa, l’attività dovrà comunque avere come obiettivo gestionale una ‘densità 0’ della specie da mantenere nel tempo.
Gestione a densità prossima a 0 Nelle aree in cui l’eradicazione è ritenuta impraticabile è possibile attuare una gestione della nutria con attività di controllo finalizzate ad avere localmente una densità prossima a zero animali. Tale opzione gestionale può essere prevista in due situazioni. In aree dove la specie è ampiamente diffusa e provoca impatti ritenuti rilevanti, tanto da ritenere auspicabile una eradicazione totale della specie. In questi casi, se a seguito di uno studio di fattibilità l’eradicazione non è ritenuta fattibile, si può prevedere un controllo consistente e continuo della specie che si pone come obiettivo il raggiungimento di una densità locale delle popolazioni minima, prossima allo zero, senza tuttavia che risulti possibile arrivare mai all’eradicazione vera e propria.
Considerata l’ampia distribuzione della nutria in Italia, nelle aree dove sono attivati interventi di eradicazione locale non è spesso possibile escludere il rischio di ricolonizzazione da parte della specie. Pertanto, successivamente agli interventi di eradicazione devono essere attivati sistemi di rapida allerta e intervento tempestivo nel caso di nuova colonizzazione. Nei casi di aree con ripetute colonizzazioni nel tempo è probabile che si debba implementare un sistema periodico di controllo delle popolazioni, finalizzato a mantenere nel tempo una densità pari o prossima allo zero.
Contenimento spaziale
In settori dove la nutria è presente con nuclei limitati, ma non isolati spazialmente da aree con presenza di popolazioni estese, occorre rimuovere i nuclei in questione e quindi avviare un’attività di controllo nelle aree che la specie può utilizzare per la ricolonizzazione. Questo tipo di intervento non è da considerarsi equivalente a una eradicazione, poiché la ricolonizzazione è probabile e deve essere impedita con successivi interventi gestionali.
Interventi di questo tipo sono utili soprattutto dove la specie è presente con popolazioni limitate, ma non è possibile implementare progetti di eradicazione, per mancanza di fondi, di personale o per la contiguità con popolazioni estese. In questo caso il contenimento spaziale ha lo scopo di impedire l’ulteriore espansione della specie oltre un determinato limite geografico e consentire eventuali interventi di eradicazione in tempi successivi. In altri casi, in aree dove la nutria è localizzata e presente con popolazioni limitate, ma collegate attraverso corridoi a contesti territoriali dove la specie è più diffusa e abbondante, può essere fattibile la completa rimozione locale degli animali, ma occorre successivamente impedire la ricolonizzazione dell’area. Il risultato può essere raggiunto con una gestione della specie finalizzata al contenimento spaziale nel corridoio che collega
l’area dove la specie è stata rimossa con l’area dove la specie è ampiamente diffusa.
Nei comprensori territoriali dove la specie è presente con popolazioni distribuite su ampie superfici senza soluzione di continuità, l’attività di controllo deve essere finalizzata alla riduzione degli impatti ecologici, alle attività agricole e alle opere idrauliche (arginature), quando rilevanti o presenti in aree sensibili (es. aree protette). Nelle aree dove la specie esercita i maggiori impatti deve essere previsto l'avvio o la continuazione delle attività di controllo, implementando un piano di controllo locale, coordinato a livello provinciale e regionale. Il piano deve prevedere la raccolta di dati e indici atti a valutare l’efficacia degli interventi non solo come numero di animali rimossi ma,
soprattutto, in termini di riduzione degli impatti.
Il controllo demografico è inteso come una riduzione nel tempo della densità o della consistenza totale di una popolazione. Nel caso di specie che esercitano impatti negativi sugli ambienti e le attività umane, come la nutria, il controllo è un mezzo previsto dalla norma (art. 19 della L. N.157/92) per ridurre l’entità degli impatti. Merita quindi chiarire ancora una volta come in questo caso la riduzione della consistenza di una popolazione sia il mezzo, lo strumento gestionale, utilizzato per ridurre i danni. Ciò dipende anche dal fatto che tecniche alternative di prevenzione sono in genere poco efficaci o applicabili solo in specifiche circostanze.
Fonte: Piano di gestione della nutria, a cura di Roberto Cocchi (ISPRA), Sandro Bertolino (Università di Torino)
Pensare oggi a nuovi progetti senza fondarli sui criteri di sostenibilità e impegno ambientale sarebbe anacronistico. Ekommerce indiscussa protagonista e pioniera del cambiamento culturale in corso che vede al centro lo sviluppo sostenibile, sin dai suoi esordi, ha scelto di sposare questi principi con l’obiettivo di promuovere la cultura della disinfestazione responsabile a tutela dell’ambiente e degli animali. I prodotti Ekommerce non prevedono l’uso di sostanze tossiche e questa scelta di campo, dimostratasi vincente quanto difficile da portare avanti in alcuni momenti storici, le ha dato inevitabilmente un ruolo centrale nel processo di transizione ecologica verso una gestione degli infestanti sempre più sostenibile. Quando ancora la sostenibilità ambientale, sociale ed economica era un concetto impopolare, con Ekomille, punta di diamante dell’intera collezio-
ne di prodotti realizzati da Ekommerce, è stata proposta un’alternativa alle metodiche di derattizzazione tradizionali introducendo, per la prima volta nel panorama del Pest Management, il concetto di derattizzazione ecologica. Il sistema Ekomille, nel corso degli anni, non solo è riuscito ad occupare un ruolo di rilievo nel mercato di categoria ma a cambiare profondamente il concetto di derattizzazione.
Ekomille, dispositivo per la cattura continua di roditori sinantropici, è oggi protagonista di un’intera linea di prodotti. Unico nel suo genere, espleta la propria funzione senza l’impiego di veleni. Utilizzando come attrattivi sostanze alimentari naturali e trattenendo le carcasse nel serbatoio, garantisce una derattizzazione ecologica al 100% Connubio perfetto tra tecnologia e sostenibilità, consente inoltre un’ottimizzazione degli interventi sui
cantieri grazie al controllo da remoto. Ekomille RC, evoluzione della versione standard, infatti, è dotato di un sistema di controllo integrato che consente di gestire da remoto le principali funzionalità. Oggi la linea trova il suo completamento compiendo un importante passo avanti verso la cultura della tutela del benessere degli animali con l’integrazione di Ekomille CO2 e Ekomille Z, dispositivi integrati di un sistema di soppressione animal friendly.
La capacità di Ekomille di attrarre e catturare i roditori verte su due aspetti fondamentali: l’adescamento alimentare e quello strutturale. Il dispositivo possiede 16 vani esca che rendono possibile l’impiego di una gamma molto ampia di sostanze alimentari na-
turali. Questo conferisce al dispositivo una capacità attrattiva sempre molto alta anche in condizioni di forte competizione alimentare. La struttura della parte superiore di Ekomille, inoltre, simile alla tana del roditore, consente agli infestanti di superare la neofobia che li contraddistingue. Queste caratteristiche, legate a doppio filo all’uso accorto e sapiente del professionista, permettono di gestire intere colonie di topi e ratti in qualsiasi ambiente. Ekomille, grazie al mancato utilizzo di sostanze tossiche e la mancata dispersione delle carcasse infette nell’ambiente, è impiegabile con assoluta sicurezza, sia in ambienti interni che in ambienti esterni. Ekomille è particolarmente indicato per la derattizzazione nelle aziende agroalimentari e zootecniche, nel canale Ho.Re.Ca., nelle strutture turistiche, nelle abitazioni private e nei luoghi pubblici in generale.
Le farfalle argentine sono arrivate in Europa attraverso carichi di piante di alto fusto. Si è capito tardi della loro pericolosità: sembravano belle farfalle e invece si nutrivano di palme. Non si limita a colpire le Canariensis, ma ben 22 specie diverse. In modo particolare la Chamaerops. Il ciclo biologico è limitato al periodo caldo ed è più visibile del punteruolo rosso a cura di Cristina Cardinali
Paysandisia archon (Burmeister, 1880) è un lepidottero della famiglia Castniidae di origine sudamericana che rappresenta attualmente una terribile minaccia sia per le palme ornamentali e storiche del nostro paese sia per quelle della produzione vivaistica. La Paysandisia infesta i vegetali di palma aventi un fusto con diametro superiore ai 5 cm appartenenti ai generi: Brahea Mart ., Butia Becc. , Chamaerops L., Jubaea Kunth, Livistona R. Br., Phoenix L., Sabal Adans., Syagrus Mart., Trachycarpus H. Wendl. (in particolare Trachycarpus fortunei nota anche come Chamerops excelsa), Trithrinax Mart., Washingtonia Raf.. L’areale originario della specie è il Sudamerica, ed in particolare Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay dove vive su palme spontanee. L’introduzione del parassita nel nostro continente è stata accidentale, attraverso il commercio di grandi esemplari di Trithrinax Mart. via mare in containers dall’area sudamericana e si pensa sia avvenuta tra il 1985 e il 1995. Nel continente europeo sono state effettuate segnalazioni in Spagna e Francia meridionale (2001), nel Regno Unito (2002), Isole Baleari (2003), Olanda (presenza occasionale nel 2006). In Italia sono stati segnalati esemplari in Sicilia, Puglia, Toscana, Marche, Campania, Liguria e Lazio ma è probabile la sua presenza anche in altre regioni della penisola.
DANNI
Molto spesso la pianta ospite non rivela chiari sintomi dell’attacco da parte della larva di Paysandisia, ma evidenzia uno stato generale di sofferenza, con foglie ingiallite o secche, spesso ritorte o comunque deformate rispetto alla norma. Sintomi più specifici consistono nella presenza di abbondante rosura in corrispondenza dei fori di uscita delle gallerie larvali in particolare nella parte sommitale dello stipite e lungo il fusto. Nel periodo autunnale-invernale, sezionando il fusto di piante sintomati-
su foglia
che, si possono individuare le gallerie con le larve, mentre in tarda primavera-estate si evidenziano le esuvie conseguenti agli sfarfallamenti. Inoltre le giovani larve di Paysandisia archon possono produrre, in particolare su Trachycarpus fortunei (ex Chamerops excelsa) caratteristiche perforazioni a semicerchio del lembo fogliare, localizzate soprattutto a livello del germoglio centrale.
Tuttavia questo sintomo non è specifico in quanto può essere prodotto anche da altre larve di lepidotteri. Il danno causato da Paysandisia può essere più o meno grave in funzione della specie vegetale, dell’intensità di attacco e dell’età della pianta. Le
giovani palme presentano minore resistenza agli attacchi, per cui nei vivai i danni possono essere rilevanti. Lo stato di salute delle piante può essere seriamente compromesso, fino a provocarne la morte, se nel fusto sono presenti numerose larve.
L’individuazione degli attacchi ed il controllo di questo lepidottero risultano difficoltosi in quanto le larve conducono vita endogena e non possono essere raggiunte facilmente all’interno dello stipite e dei rachidi fogliari. Pertanto, al fine di limitare la diffusione del fitofago, di fondamentale importanza risulta l’adozione di misure preventive, tra cui l’accurato controllo del materiale vegetale commercializzato, in particolare di quello di provenienza da areali a ri-
Sopra, uovo di Paysandisia Archon
Sotto, larva adulta e bozzolo e crisalide. A destra, lepidottero
schio. Da parte dei proprietari di palme è importante l’osservazione attenta e costante, supportata eventualmente da personale tecnico, che può permettere la tempestiva individuazione di piante con sintomi iniziali di attacco.
Tali piante, quando non hanno l’apice vegetativo compromesso possono, con buona probabilità, essere recuperate. Il controllo della Paysandisia può essere realizzato con interventi di insetticidi chimici o con prodotti biologici.I trattamenti chimici devono essere realizzati nel periodo estivo, da fine maggio a fine settembre-inizio ottobre, con una cadenza di circa 20-
30 giorni. Il trattamento ha lo scopo di colpire l’insetto quando ancora non è penetrato nella pianta, per cui l’operatore deve avere cura di bagnare bene l’apice delle palme ove sono presenti le uova e le giovanissime larve. Gli insetticidi attivi contro le larve di Paysandisia sono i piretroidi, gli esteri fosforici e i regolatori di crescita, eventualmente in miscela fra di loro. La difesa con prodotti biologici si basa sull’uso dei nematodi entomoparassiti, in particolare i nematodi del genere Steinernema spp. I nematodi, se ben utilizzati, risultano avere un’ottima efficacia nel controllo dell’insetto, in quanto sono in grado di raggiungere le larve anche in profondità. Tuttavia hanno alcuni problemi di applicazione: i nematodi al momento del trattamento devono essere vivi, il trattamento deve essere fatto a bassa pressione e, in particolare, devono essere applicati in periodi piovosi e freschi, quali l’autunno e la primavera.
MORFOLOGIA
E CICLO BIOLOGICO
Paysandisia archon ha un ciclo di sviluppo piuttosto lungo. Alle no -
stre latitudini compie generalmente una generazione all’anno ma non si esclude la possibilità di completare il ciclo in due anni.
di quanto è consuetudine fare. Niente paura, per quanto un viaggio sia lungo comincia sempre dal primo passo.
Irrorazione locali e candelotti fumogeni a cura del disinfestatore.
larvale scavando ampie gallerie. Dentro una stessa pianta si possono rinvenire più larve in vari stadi di sviluppo.
Per le risorse tecniche vedi punto 1).
CONCLUSIONI
Uovo. Le uova, da bianco-grigiastro a crema, hanno forma allungata e dimensioni di circa 5 mm in lunghezza, con la particolare caratteristica di avere coste longitudinali.
Regolazione: ugello in erogazione con getto “mirato” e al massimo della micronizzazione
nella fase finale:
Da quanto esposto emerge principalmente che le virosi potenzialmente trasmesse dalle varie specie di zanzara sono ormai considerate endemiche per cui, al di là del fastidio, sarebbe opportuno non trascurarne l’aspetto sanitario. Emerge quindi la necessità di rivedere gli schemi di lotta e di esaminare in termini critici la tendenza di privare i professionisti del settore delle necessarie risorse farmacologiche. Chiunque legga una bugiardina di un qualsivoglia farmaco si rende conto delle controindicazioni, sta al medico valutarle e decidere per il meglio, informando con rigore professionale il paziente. Lo stesso principio vale per i PMC e i Biocidi utilizzati nella lotta alle zanzare: bisogna leggere attentamente le etichette e seguirne correttamente le indicazioni, così da massimizzare l’efficacia, contenendo i rischi.
Vengono deposte in piccoli gruppi alla base del rachide fogliare o sul germoglio apicale. Le ovideposizioni avvengono tra la fine maggio e gli inizi di ottobre. Le uova schiudono in 12-21 giorni a seconda della temperatura. Larva. La larva neonata, di colore rosato è lunga meno di un cm mentre a maturità si presenta di color bianco crema e di grandi dimensioni (anche 8 cm di lunghezza). È caratterizzata da testa di colore marrone, parzialmente incassata nel primo segmento toracico, che è di colore più scuro degli altri. Ha corte zampe toraciche e pesudozampe addominali. Subito dopo la nascita, le larve penetrano nei tessuti vegetali scavando gallerie piuttosto rettilinee nel rachide fogliare. Approfondendosi passano al fusto dove completano lo sviluppo
5posano sulla vegetazione e i piani di lotta ne dovrebbero tenere conto (sia pure sottolineando le necessarie cautele), ciò nonostante corre voce che scatteranno forti limitazioni, al limite del veto. A tal proposito è importante l’opera di monitoraggio entomologico
Dosaggio unitario di formulato: 200 ml per una superficie stimata di 400 m2. Candelotti fumiganti da 30 g in n° di 5
Tempo di realizzazione di sola erogazione ≈ 55 min. (NB: la trasferta e la preparazione non calcolata).
DPI: maschera naso bocca, occhiali, guanti e caschetto
Bonifica locali a cura del ristoratore. Tempo indicato dal titolare 4 ore
Posizionamento contenitori gel anti formiche e biocida a base di imidacloprid più pistola erogatrice a cura del disinfestatore.
Consumo una cartuccia da 40 g più 20 contenitori di sicurezza
Mi preoccupa un poco il futuro: ad esempio, è noto che le zanzare si ri-
Crisalide. Lo svernamento avviene allo stadio di larva che, nella primavera successiva, si incrisalida proteggendosi in un bozzolo costituito da fibre vegetali, escrementi e seta. La crisalide di colore marrone giallastro, è lunga circa 5 cm, presenta spinette brune a pettine lungo ciascun segmento addominale. Il bozzolo è di norma posizionato in prossimità della superficie del fusto, in maniera tale da favorire la liberazione dell’adulto una volta completata la metamorfosi. Adulto. Trascorsa la fase dello sviluppo pupale, a partire dal mese di giugno, gli insetti adulti sfarfallano abbandonando le esuvie della crisalide lungo il tronco. Gli adulti sono lepidotteri di grosse dimensioni (9-11 cm di apertura alare), molto vistosi a causa della vivace colorazione aranciata, con macchie bianche e nere, sulle ali posteriori. Le ali anteriori si sono di colore verde oliva con una banda mediana più scura. Le femmine sono riconoscibili per Ie maggiori
L’introduzione del parassita nel nostro continente è stata accidentale, attraverso il commercio di grandi esemplari di Trithrinax
e sanitario da cui derivare piani pluriennali razionali, tenendo in considerazione che gli equilibri naturali sono sempre stati dinamici, oggi molto più di ieri, e che il clima ci potrebbe riservare delle sorprese consentendo al Diavolo di metterci la coda.
Bombolette a svuotamento totale nella legnaia a cura del ristoratore.
In n° di 3 fornite dal disinfestatore.
Mart. via mare in containers dall’area sudamericana e si pensa sia avvenuta tra il 1985 e il 1995.
Tempo indicato dal titolare: pochi minuti 7 8 9
A titolo informativo riporto che alla riapertura dell’attività sono stati effettuati 3 o 4 trattamenti di disinfezione ambientale direttamente dal titolare su indicazione del disinfestatore
Protocolli di pulizia a cura del titolare.
Cadenza bi-giornaliera, mattina e sera, con interventi complementari durante la giornata con detersivi e disinfettanti messi in commercio come idonei al sistema HACCP.
dimensioni e per l’ovodepositore. I voli degli adulti possono essere osservati nelle ore diurne da maggio a novembre, ciascun individuo vive circa 4 settimane. Il volo è percepibile distintamente dal rumore causato dal battito delle ali.
Cadenza settimanale il lunedì sera con detersivi ritenuti “disabituanti”
Il tempo indicato per tali operazioni è stato definito dal titolare e dai suoi collaboratori: “quello necessario”.
Fonte: Servizio Fitosanitario - Difesa delle colture e delle foreste - Vigilanza e controllo Regione Toscana
Chiara ed io stiamo scrivendo un libro dal titolo (provvisorio): "La dinamica dei fluidi nella lotta antiparassitaria, ovvero: non tutto ma di tutto e soprattutto nessuna formula di fisica"
Nel 1917 George Norman Douglas (1868 – 1952) scrittore britannico famoso per il suo romanzo "Vento del sud" pubblicato nel 1917 scrisse: "Si possono capire gli ideali di una Nazione dalla sua pubblicità". A nostro parere l'assunto vale anche per il nostro modo di comunicare.
“Non credere sempre a ciò che vedi. Ricorda che anche il sale sembra zucchero”. Così scrive Umberto Eco.
Idee, suggerimenti e collaborazioni sarebbero assai gradite e, soprattutto, utili.
NB: Vento del sud narra dei dialoghi fra i cosmopoliti frequentatori di un'isola del Mediterraneo di nome Nepente (Capri) durante la Belle Époque (1871-1914) periodo esuberante soprattutto nella Parigi del Moulin Rouge (locale situato nel famoso quartiere a luci rosse di Pigallee) dove imperava il Can can di Offenbach e i quadri di Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa
Potrebbe essere un suggerimento per i nostri clienti e per chi si
Quella contro le mosche è, con tutta probabilità, una battaglia che l’Uomo combatte dal giorno in cui ha iniziato a coltivare la terra ed allevare animali
Alex Pezzin
Responsabile Area Tecnica-Scientifica BIBLION Servizi S.r.l.
Gli Insetti sono dotati di straordinarie risorse atte a garantirne la sopravvivenza anche in condizioni estreme e le mosche sono indubbiamente al vertice della classifica. Presenti in ogni allevamento, trasmettono malattie, disagi, irrequietezza e inappetenza obbligando a continui, massicci interventi insetticidi, senza risultati apprezzabili.
Dopo secoli di lotte impari, l’avvento della chimica di sintesi aveva indotto a credere che il problema fosse risolvibile con gli insetticidi: tonnellate di principi attivi sono state così immesse per anni nell’ambiente ma l’illusione del controllo chimico è rapidamente svanita davanti ai fenomeni di resistenza sviluppati dagli insetti.
STRATEGIE DI LOTTA
Metodiche come interventi adulticidi e larvicidi mirati rappresentano, ad oggi, ancora la strategia tecnica consigliata, ma operata con criterio e accuratezza: questo grazie anche all’apporto continuo degli studi fatti dalle case produttrici di biocidi con nuove caratteristiche. In più, come metodo di strategia di lotta integrata, si può pensare di completare l’opera di controllo delle mosche mediante metodi di lotta biologica. Nessun mezzo chimico, da solo, potrà mai contrastarne lo sviluppo. La soluzione è nel ricorso di mezzi naturali e biologici, opportunamente coordinati ed integrati con interventi “tradizionali”.
CASE HISTORY
Negli ultimi anni abbiamo dovuto affrontare delle “affascinanti sfide” in diversi contesti lavorativi ma due su tutti devono essere annoverati come esempi completi e totali in cui si è stilato un vero e proprio “programma di Lotta Biologica Integrata alle mosche”: Un grosso Centro di Raccolta e stoccaggio rifiuti in Piemonte (zona di Casale Monferrato) e Facoltà di Agraria di UNIMI (Lodi). Il programma, composto da una parte Biologica (insetti utili)
e da una parte Integrativa (prodotti ecologici e chimici), si è dimostrato, nel tempo, efficace su tutti i tipi di mosche e, in particolare, contro Musca domestica (mosca comune), contro Stomoxys calcitrans (mosca del bestiame) oppure Hippobosca equina (mosca cavallina).
Base portante del programma, per la parte di lotta biologica è stato l’impiego di una selezione multi specie di alta qualità di insetti utili (micro-imenotteri parassitoidi) da lanciare in un programma mirato stagionale (in linea di massima aprile-ottobre).
Di seguito un elenco di prodotti che, nel loro complesso, dovrebbero essere considerati in un programma-progetto di lotta integrata e che noi abbiamo utilizzato sovente nei vari contesti di operatività:
Trappole a cattura “massale”: permettono la cattura fino a 40.000 mosche, grazie alle loro grandi dimensioni (sacchi contenitivi fino a 45 cm). Generalmente facili da applicare, sono dotate di kit di esca biologica (formulazione di origine alimentare, non considerato pericoloso in accordo al Regolamento CE 1272/2008 CLP), che le rendono fortemente attrattive. Per il loro utilizzo non è previsto e non contengono veleno. Il sacco è generalmente composto da Polipropilene coestruso ad alta resistenza.
Granulari: esche insetticida granulari, possono contenere Denatonium benzoato, atto a prevenire l’ingestione accidentale da parte di animali e bambini. Per il controllo di diverse specie di mosche, hanno una eccellente attrattività grazie alla possibilità di presenza di doppio effetto di attrattivo: alimentare e sessuale. Utilizzabili dentro o intorno alle aree dove le mosche costituiscono un problema, può essere usato sia per prevenire il proliferare incontrollato di mosche sia per ridurne la popolazione. A titolo di esempio (ma verificare sempre attentamente le indicazioni presenti nelle Schede Tecniche) il prodotto va distribuito, senza
accumularlo, alla dose di 25 grammi per 10 m2 di superficie. Va distribuito sulle superfici abitualmente frequentate dalle mosche per alimentarsi e la frequenza di rinnovo delle esche varia da 1 a 6 settimane a seconda del livello e dell’intensità dell’infestazione. È opportuno valutare e scegliere i punti dove le mosche solitamente stazionano, passano o creano particolare disagio (per esempio intorno alle finestre, in prossimità di letamai…). Alcuni nostri interventi hanno visto l’utilizzo della tecnica operativa tramite la quale i granulari vengono applicati a pannelli e su superfici murarie.
PMC e Biocidi: Prodotti a base di piretroidi di sintesi o piretro, spesso sinergizzati con PBO. Particolare attenzione dovrà essere riservata nella scelta delle molecole di principio attivo, questo poiché le mosche sono, nel grande “mondo” degli insetti, tra i principali esponenti che possono far insorgere fenomeni di resistenza agli insetticidi attraverso delle mutazioni, argomento questo pluri-investigato anche in letteratura (es: Scott JG. Evolution of resistance to pyrethroid insecticides in Musca domestica. Pest Manag Sci. 2017 Apr;73(4):716-722. doi: 10.1002/ps.4328. Epub 2016 Jul 13. PMID: 27241012.)
Insetti utili: per i lanci, la nostra esperienza si è concentrata (ottenendo ottimi risultati) attraverso l’utilizzo di rilascio in sito di kit di entomoparassitoidi specializzati contro le mosche ed in particolare con pool di Muscidifurax spp. e Spalangia spp.
Al netto di tutto, però, per quello che riguarda tutti i potenziali infestanti di carattere igienico sanitario, forse ancor di più lo è valevole “di concetto” (pre-requisito), per le mosche, il poter riuscire a mantenere un livello di ordine e di igiene il più elevato possibile: il proofing e corrette profilassi di gestione degli ambienti risulta una componente essenziale per gestire il fattore mosche in qualsiasi contesto: a partire
dai più “sensibil” come l’ospedaliero, l’alimentare, l’HO.RE.CA o la GDO, fino ai più generalisti (ma non per questo meno importanti) ambiti pubblici. A tal proposito mi viene in mente un recente caso di un supermercato in Piemonte, a Torino per la precisione, dove (pur essendo in pieno centro) abbiamo dovuto affrontare, a più riprese, un problema di mosche (Musca domestica) e nonostante un lungo ed accurato mio personale sopralluogo nel quale avevo evidenziato la “check list” dei fattori critici e relative mosse per ottemperare ad azioni correttive, il vero problema (che avrebbe permesso di ottenere i veri risultati auspicati) risiedeva nel fattore comportamentale e gestionale degli spazi operativi. Nonostante la presenza di 16 lampade elettro-lumino-
se (numero anche sovrastimato per le dimensioni del contesto lavorativo di gestione di pest control) e dopo aver installato 8 trappole a cattura massale in ambito perimetrale esterno, prossimale ai “gate di carico-scarico” fornitori, abbiamo fortemente insistito (senza timori, come magari si potrebbe pensare, quando si “deve” un attimo riprendere e con forza ribadire la necessità di reale collaborazione da parte di tutti i fruitori degli spazi, in primis i lavoratori del contesto stesso) di rispettare attente e precise regole di gestione degli spazi: la più importante delle quali è stata il cercare di tenere porte e finestre chiuse e non praticamente costantemente aperte.
Abbiamo fatto installare delle strisce verticali ai gate (chiusure a strisce in
PVC) e, altra cosa fondamentale, abbiamo ottenuto il mantenimento della reale messa in pratica (cosa assolutamente non scontata) della corretta gestione dei punti raccolta rifiuti: lavaggio/sostituzione dei contenitori/ bidoni e dei container e lavaggio settimanale di tutte le superfici (verticali e orizzontali) di appunto accumulo e raccolta rifiuti.
Queste due semplici operazioni e il successo nel loro reale mantenimento di “messa in pratica” unitamente all’installazione di una decina di trappole elettro-luminose (temporanee) nei pressi dei punti gastronomici, ha fatto si che il problema rientrasse e che la gestione del problema mosche, finalmente, trovasse il cosiddetto “bandolo della matassa”.
Hippobosca equina
NOME VOLGARE
Mosca cavallina, Mosca culaia
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
(classificazione scientifica semplificata)
Dominio: Eukaryota
In biologia, organismo costituito da una o più cellule hanno un nucleo ben differenziato.
Regno: Animalia
Phylum: Arthropoda
Dal greco (àrthron) articolazione, ( podòi ), piedi, quindi dai "piedi articolati" ovvero zampe.
Subphylum: Tracheata
Comprende tutte quelle classi i cui rappresentanti respirano per trachee (membrane che consentano il passaggio dell’aria dall’esterno e all'interno). [§]
Superclasse: Hexapoda
Con sei zampe (NB: i ragni ne hanno otto)
Classe: Insecta
Sono anatomicamente caratterizzati, nello stadio adulto, da un corpo, suddiviso in tre regioni (capo, dorso, addome); il corpo è racchiuso da un esoscheletro e il loro ciclo biologico subisce delle metamorfosi: uova > stadi preimmaginali (larve/neanidi > pupe) adulti.
Ordine: Diptera
Morfologicamente caratterizzati dalla presenza del secondo paio di ali metamorfosate in organi in grado di analizzare il volo (bilancieri) e dal fatto che le fasi larvali si sviluppano in un ambiente differente da quello degli adulti (per le mosche letamaia > aria per le zanzare acqua > aria).
Sottordinee: Brachycera
Ditteri dalle antenne corte (brachys, breve, kera, antenne).
Genere e specie:
Hippobosca equina
Ho cercato di semplificare la complessa sistematica della Hippobosca equina evidenziando i gruppi tassonomici più significativi. Approfittando anche per un breve accenno alle principali caratteristiche di ogni raggruppamento.
DIMENSIONI
Adulto: 6- 10 mm.
CARATTERISTICHE E DIFFUSIONE
La sua distribuzione geografica è a macchia di leopardo, vi sono aree in cui questa mosca è assente e aree in cui rappresenta un problema rilevante.
HABITAT
Predilige gli equini, annidandosi nelle regioni caldo-umide con pelo scarso o assente (regione anogenitale, pieghe inguinali, mammelle).
ABITUDINI ALIMENTARI
Ectoparassita ematofago di vari
mammiferi in particolare i cavalli.
CICLO BIOLOGICO
È una specie ovovivipara, produce un pupario da cui emerge l'individuo alato senza una fase larvale libera.
DANNI
Crea notevole disturbo agli animali perché è adattata a resistere ai tentativi di liberarsene possedendo zampe perfettamente adattate ad aggrapparsi all'ospite.
È un possibile vettore dell'anemia infettiva equina e della Bartonellosi (*); la puntura può causare nell'uomo reazione anafilattoidi.
(*) Le bartonellosi sono un gruppo di malattie infettive causate da batteri del genere Bartonella (Gram-negativi). Comprendono 4 malattie: malattie di Carrion, "composta" dalla febbre di Oroya e dalla verruca peruviana causata da Bartonella bacilliforme. Malattia da graffio di gatto causata da Bartonella henselae. (Wikipedia)
Inizio con il sottolineare che i due concetti, resistenze e parassitoidi, apparentemente lontani fra loro, in effetti convergono risolvendo, o quanto meno, attenuando i problemi che possono sorgere nella lotta ai parassiti e alle mosche in particolare
Graziano Dassi
Non trovo di meglio nell’introdurre l’argomento “resistenze” che riportare l’introduzione che il professore di patologia vegetale ebbe a pronunciare nel dare inizio al
suo corso. Ci ricordò lo scudo di Achille e la lancia di Ettore. Continuò l’omerica similitudine dicendo che noi ci saremmo sempre trovati a fronteggiare dei parassiti che avrebbero sempre più
“potenziato” i loro scudi costringendoci, a nostra volta, a “potenziare” le nostre lance. Sono trascorsi sessant’anni, ho dimenticato quasi tutte le nozioni di fitopatologia, ma il duello fra Ettore e Achille mi è rimasto impresso. In effetti rileggendo l’Iliade per rinfrescarmi la memoria ho trovato più di una analogia con l’Ars disinfestandi, in primo luogo il perché i greci decidono di entrare in guerra. La romantica storia del rapimento di Elena mi sembra deboluccia, più realistica appare quella che i troiani depredassero le navi dei commercianti greci che transitavano nei pressi della loro città. Saltando i vari duelli che nel poema vengono descritti che mi sembra la descrizione delle varie lotte fra noi e gli innumerevoli parassiti, arriverei al duello finale dove i parassiti mi sembra stiano vincendo più di una battaglia. Mi sembra anche il caso di fare un parallelismo fra gli interventi degli dei dell’Olimpo che con i loro interventi rimescolano le carte che un poco mi ricordano le numerose leggi e regolamenti che, ca-
L’Iliade di Omero è il poema epico dedicato alla storia della conquista della città di Troia da parte dei greci, gli achei. La vicenda ha inizio sull’Olimpo, il monte sacro della mitologia greca dove vivevano gli dei. Eris, dea della discordia, non viene invitata alle nozze fra Peleo e Teti. Per ripicca, il giorno del banchetto si presenta con una mela d’oro, il cosiddetto pomo della discordia, destinato alla “più bella”: sorge così una disputa fra Afrodite, dea dell’amore, Hera, sposa di Zeus, e Atena, dea della saggezza e della
guerra. Le tre dee stabiliscono che sia Paride, uno dei figli del re di Troia, a dover scegliere la più bella fra le dee. Paride sceglie Afrodite, che come ricompensa fa in modo che Elena,
late dall’alto, non sempre mi sembrano coerenti con le problematiche che ci affliggono e concluderei questa digressione ricordando che le sorti della guerra sono il frutto dell’astuzia dello scaltro Ulisse. E questo non mi sembra un fatto positivo.
RESISTENZE SEMPLICI
E CROCIATE
In estrema sintesi la resistenza di una
moglie del re di Sparta, Menelao, si innamori di lui: Paride la rapisce e la porta con sé. Etc. etc.
LO SCUDO DI ACHILLE
Antefatto: perdute le sue armi dopo averle prestate a Patroclo, eroe ucciso da Ettore (grazie all’aiuto di altre due divinità), Achille è impossibilitato a vendicare la morte dell’amico. La madre Teti intercede per lui presso il dio del fuoco Efesto, affinché possa forgiare delle nuove armi per l’eroe. Il dio-fabbro riempie così il suo crogiuolo di rame e stagno (componenti del
bronzo) frammisti ad oro e argento, realizzando una nuova, sontuosa armatura (panoplia) per l’eroe. Tra i manufatti, spicca un grande scudo, del quale Omero fornisce un’accuratissima
popolazione di insetti (ma non solo, il meccanismo è attivo anche fra gli acari, microbi, roditori e si ipotizza persino nelle erbe infestanti) si realizza attraverso un meccanismo di selezione. Accade che in una data popolazione alcuni individui sono fisiologicamente in grado di resistere ad esempio all’azione neurotossica di un determinato piretroide. Il cui sito di azione primaria, ricordo, è nel modulatore del
descrizione.
Descrizione: Lo scudo di Achille è composto da cinque strati concentrici, ciascuno dei quali simboleggia diversi aspetti dell’esistenza umana e del cosmo. Il primo strato raffigura elementi astronomici, come il sole, la luna e le costellazioni, sottolineando l’importanza dell’osservazione celeste per attività quali l’agricoltura e la navigazione. I successivi strati mostrano due città, una in pace con scene di vita quotidiana e l’altra in guerra, evidenziando il contrasto tra serenità e conflitto. Le immagini di attività agricole come l’aratura e la mietitura, e una danza rappresentata nell’ultimo strato, simboleggiano la prosperità e l’armonia comunitaria. Queste rappresentazioni offrono una visione olistica della vita greca antica, mettendo in luce la dicotomia tra la guerra e la pace, il lavoro e il riposo.
DUELLO FRA ETTORE E ACHILLE Riassunto del passo: Achille scaglia per primo la propria asta, ma manca il nemico, che esulta e lancia a sua volta: il colpo è preciso, ma l’arma si pianta nello scudo di Achille. Ettore chiede allora un’altra asta a Deifobo, ma il fratello-scudiero è scomparso e l’eroe comprende l’inganno di Atena; sguaina allora la spada e assale il nemico nel corpo a corpo: lo scontro è furioso, Achille ferisce l’avversario al collo, lo fa stramazzare al suolo ed esulta su di lui.
canale del sodio (Na)1. Orbene dopo un trattamento un certo numero di insetti è fisiologicamente resistente a quel dato p.a. e accadrà così che buona parte della prole dei sopravvissuti presenterà la capacità di “digerire” quel p.a. Per cui nei trattamenti successivi il risultato non darà i risultati sperati. Questa capacità di difesa da parte del parassita è statisticamente ancora limitata, ma, al contrario nelle mosche
Zampa di un dittero muscoide (Brachycera: Schizophora).
1: coxa; 2: trocantere; 3: femore; 4: tibia; 5: basitarso o primo tarsomero; 6: secondo, terzo, quarto e quinto tarsomero; 7: acropodio; 8: pulvillo; 9: unghia; 10: empodio.
Autore: Giancarlo Dessì (Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)
si manifesta in modo allarmante.
Se detta resistenza in quella data popolazione si associa alla resistenza, ad esempio, di uno o più neonicotinoidi (la cui azione è sempre neurotossica, ma li sito d’azione è quello di essere antagonista del recettore nicotinico dell’acetilcolina [nAChR], di fatto sono acetilcolina mimetici) si parla di resistenza crociata
Accenno anche ad altre forme di resistenza fra cui quella che potremmo definire di mitridazione2 che si concretizza in seguito ai sotto-dosaggi che abituano quella popolazione a sopportare sempre di più quel dato p.a.
Cito, come curiosità, ancora due tipi di resistenza, la prima che definirei
resistenza anatomica di cui ho antica memoria. Si riferisce a una nota (di cui ho perso ogni traccia) in cui si sottolineava che una popolazione di Musca domestica sopravvissuta a dei trattamenti con DDT presentava una caratteristica particolare: aveva i tarsi e l’acropodio particolarmente piccoli e, non risultando resistente a DDT l’autore ipotizzava che le mosche di quella, avendo le superfici di appoggio molto piccole non assorbivano una dose di insetticida letale. In verità non ho più avuto riscontri a tal proposito, per cui la riporto come curiosità. Diverso è il discorso della resistenza alibistica che risale ai tempi in cui mi occupavo della messa delle tecniche di applicazione moschicide in relazione alle varie tipologie di superficie in funzione dei dosaggi unitari. Riporto un paio di casi in cui l’operatore giurava che il non risultato era dovuto alle mosche che erano resistenti. Inviati al laboratorio di Basilea un numero di mosche nei diversi stadi di vita (uova, larve, pupe e adulti) risultò che dette mosche erano al p.a. e relativa formulazione. Vero è che i dati di laboratorio devono essere presi con le pinze, per cui le variabili che avevano concorso all’insuccesso erano molte e non indagate adeguatamente, ma resta il fatto che l’ipotesi della resistenza era pronunciata come inconfutabile. A dimostrazione che in alcuni
casi le convinzioni sono tanto radicate da non lasciare dubbi, mentre sarebbe il caso di averne.
Per comodità li chiamerò “parassitoidi” (da non confondere con i predatori) sono, per la lotta biologica alle mosche piccole vespe che parassitizzano le pupe delle mosche (la maggior parte delle specie) impedendone così lo sfarfallamento.
Esaminiamone brevemente due specie la Muscidifurax uniraptor e la Spalangia cameroni.
All’ordine degli imenotteri appartengono la maggior pare dei parassitoidi (ivi compreso, ad esempio Nasonia vitripennis), ma l’ordine che comprende ≈ 120.000 specie è noto soprattutto perché comprende vespe, calabroni, api e formiche. Il nome Hymenopteroidea, che comprende oltre 120.000 specie diffuse in tutto il mondo, deriva dal greco antico ὑμήν (hymèn, “membrana”) e πτερόν (pteròn, “ala”).
Questa minuscola vespa parassitoide (Muscidifurax raptor) trafigge la pupa della mosca con il suo ovopositore, paralizza la pupa della mosca e depone un uovo che si schiude e consuma la mosca. Foto di USDA ARS Photo Unit, USDA Agricultural Research Service (CC-by).
I buchi nei pupari di mosca sono i punti in cui la vespa parassitoide adulta è emersa dopo aver ucciso e consumato la mosca immatura.
Foto di USDA ARS Photo Unit, USDA Agricultural Research Service
A titolo esemplificativo riporto i dati salienti del ciclo di sviluppo di Spalangia cameroni (rielaborati da FITOGEST): la femmina fecondata è in grado di deporre un singolo uovo nel pupario delle mosche. La larva che ne schiuderà completerà il suo ciclo di sviluppo al suo interno nutrendosi della mosca in fase di maturazione e poi ne uscirà di nuovo in caccia. Il periodo di schiusura delle uova è di circa 2 giorni. Il ciclo larvale, in condizioni ottimali, dura dai 20 ai 22 giorni, al termine dei quali l’adulto fuoriesce attraverso un foro praticato nella parete del pupario. L’adulto può vivere in media circa 15-18 giorni. Le femmine completano lo sviluppo in ≈ 20-21 gg o in 15-16 giorni in funzione della temperatura, che deve mantenersi fra 15-30° C. a 30°C e 15,5 gg. In condizioni ottimali, il ciclo biologico completo (da uovo ad adulto) si compie in circa 28 giorni. NB: la temperatura ≤ 10° C diventa un fattore limitante.
ASPETTI OPERATIVI
Premesso che ogni produttore di parassitoidi commercializza mix di varie specie indicando l’intervallo di tempo che deve intercorrere fra un lancio e l’altro, il numero di contenitori in funzione dell’estensione della stalla da trattare e del grado di infestazione e
il corretto posizionamento nel contesto da bonificare anche in funzione delle specie muscine predominanti. Tutti concordano che per ottenere risultati soddisfacenti il lancio dei parassitoidi deve far parte di un programma integrato di lotta. Una nota riporta che i risultati possono variare da una riduzione del 15% a valori ≥ all’80%.
Nella mia esperienza in più di un allevamento di vacche da latte l’efficacia dei risultati era direttamente proporzionale alla corretta integrazione dei vari tipi di lotta (larvicida, esche e pannelli), lancio dei parassitoidi e all’attenzione della corretta gestione del pest-proofing. Tutte cose che dipendevano molto, anzi moltissimo, dal tipo di assistenza tecnica che affiancava la fase di start up.
In due casi il livello di attenzione all’introduzione dei parassitoidi e alla misurazione di efficacia si concretizzava nel posizionamento di pupe in appositi contenitori muniti di una rete in grado di consentire la penetrazione del parassitoide ma non l’eventuale sfarfallamento delle mosche. In entrambi i casi la percentuale di parassitizzazione fu > al 90%, ma sottolineo
geva positivamente l’allevatore a seguirne i suggerimenti.
Note:
1. I canali del sodio, sono proteine integrali di membrana da cui sono formati i canali ionici che conducono i cationi del sodio (Na+) attraverso la membrana cellulare. I recettori colinergici neuronali negli insetti si trovano nel sistema nervoso centrale e, ad esempio, nella placca motrice dei muscoli somatici consentono la contrazione muscolare.
2. Mitridate Eupatore Dioniso (132 a.C. 63 a.C.) è stato un sovrano pontico, ottavo re del Ponto. È ricordato come uno dei più formidabili avversari della Repubblica romana, che costrinse a ben tre guerre, impegnando tre dei più grandi generali romani: Silla, Lucullo e Pompeo Magno. Dovette subire gli intrighi e le congiure dei propri tutori (forse i medesimi che assassinarono a suo tempo il padre) ma che riuscì ad eludere le loro macchinazioni assumendo antidoti per premunirsi dai veleni.
Mitridatismo: resistenza di un organismo nei confronti di un veleno o farmaco ottenuta con l’introduzione progressiva di piccole dosi della sostanza.
Altro personaggio storico che adottò l’ingestione progressiva di veleni per acquisirne una grande resistenza fu Grigórij Efímovič Raspútin monaco russo (1871-1916); assai influente a corte e presso la zarina Alessandra per le sue pretese doti taumaturgiche, dominò per lungo tempo la vita politica russa. Sopravvisse ad alcuni tentativi di avvelenamento proprio per l’acquisita resistenza, ragion per cui i congiurati ri-
In questo articolo cercherò di fare un poco di ordine nella non semplice classificazione della Natura che ci circonda, in modo da acquisire la consapevolezza che l’arte della disinfestazione agisce in un macrosistema complesso
Chiara M. Dassi
Affronterò l’argomento a volo radente ma mi sembra una buona occasione per dimostrare che le Scienze Naturali affrontano obiettivi importanti (spesso dimenticati) che si evolvono nel tempo per adattarsi agli approfondimenti che le sempre più sofisticate tecnologie consentono. È cognizione condivisa che la classificazione classica comprendeva tre regni: gli animali, i vegetali e i minerali. Molto semplice in apparenza, ma vi
Tabella 1
Eukaryota: gli esseri viventi con cellule fornite di nucleo (sia uni che pluricellulari)
Prokaryota: entità biologiche sprovviste di un nucleo vero e proprio
Animalia
Plantae
Funghi
Chromista
Funghi inferiori
Protozoa
Bacteria
Archea (batteri antichi)
erano dei confini incerti. Trascurando i minerali, alla fine dell’800 Haeckel suddivise il mondo biologico in tre Regni: Animalia, Plantae, Protista. Nella prima metà del XX secolo Copeland porta la suddivisione in quattro Regni, che diventano cinque nella seconda metà dello stesso secolo per opera di Whittaker. La rivoluzione concettuale si concretizza alla fine di quel secolo introducendo il concetto di “Dominio”. A farlo è Woese, che classifica gli organismi nei tre domini: Eukaya, Bacteria, Archea. Si arriva poi al 2004 con il duo Cavalier-Smith che organizza il mondo biologico in due Domini e sette Regni (vedi Tabella 1).
Coerentemente con la moderna tassonomia possiamo inquadrare con cognizione di causa il pesciolino d’argento (Lepisma saccharina) Il cui documento di identità così scientificamente lo classifica (vedi Tabella 2). Per cui, secondo la Nomenclatura binomiale: Lepisma saccharina (Linnaeus, 1758) (NB: vedi scheda bio-eto -
logica EcoPlan che fa riferimento ad una classificazione tradizionale).
PREDATORI E SPECIE AFFINI
Tra i principali ricordiamo la Forficula auricularia, anche nota come "tenaglietta" o "forbicina" o "tagliaforbici" e la Scutigera coleoptrata, un artropode chilopode grigio-giallastro con 15 paia di zampe. Come specie affine, invece, ricordiamo la Thermobia domestica: morfologicamente simile al pesciolino d’argento, ama però ambienti caldi per cui si trova più frequentemente nelle aree calde delle cucine e nelle linee di cottura.
Tabella 2
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Protostomia
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Hexapoda
Classe Insecta
Sottoclasse Apterygota
Ordine Thysanura
Sottordine Lepismida
Famiglia Lepismatidae
Genere Lepisma
Specie Saccharina
NOME VOLGARE
Pesciolino d'argento - Lepisma
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
Phylum: Arthropoda
Classe: Insecta
Ordine: Thysanura
Famiglia: Lepismatidae
Specie: Lepisma saccharina
DIMENSIONI
Adulto: 7-13 mm
CARATTERISTICHE E DIFFUSIONE
Insetto squamoso, colore argentato, allungato e piatto, con antenne filiformi e fornito di due cerci ed un paracerco allungati all'estremità dell'addome. Specie molto nota e diffusa.
HABITAT
Abitazioni e stabili ben riscaldati e possibilmente umidi; balconi e terrazze; nidi di insetti e di uccelli.
ABITUDINI ALIMENTARI
Sostanze amilacee, colla, carta, libri, stoffe, tappeti, pellami, zucchero, spore, ife e cadaveri dei propri simili. Resiste per molto tempo al digiuno.
CICLO BIOLOGICO
Uovo > neanide (50 mute)> adulto
Durata del ciclo: da un minimo di 3-4 mesi fino a 2-3 anni, in funzione delle condizioni ambientali.
N* generazioni/anno: variabile.
N° uova femmina: 50-100, isolate o a gruppi, nelle fessure o sotto gli oggetti.
Durata vita adulto: 90-720 gg
LIMITI TERMICI PER LO SVILUPPO
Temperatura ottimale: 22-32 °C
UR ottimale: 75-97%
DANNI
Possono arrecare danni a vecchi libri, tappeti, moquettes, carte da parati, ecc.. Non risultano essere vettori di microrganismi patogeni.
Gli effetti tossici dei pesticidi sulla salute variano in relazione a diversi fattori quali le caratteristiche chimiche del principio attivo presente nel prodotto fitosanitario. Consultare le schede di sicurezza prima dell’uso e utilizzare gli appositi DPI è fondamentale per operare minimizzando i rischi
a cura di Giacomo
Torrenzi
Ipesticidi non sono tutti uguali e presentano livelli di pericolo molto diversi. Inoltre, lo stesso principio attivo può essere commercializzato in diversi formulati cui corrispondono differenti etichettature e classificazioni di pericolosità. Ciò è dovuto a: variabilità nella concentrazione del principio attivo; tipologia, pericolosità e concentrazione dei coadiuvanti e coformulanti presenti nel prodotto; tipologia di formulazione (polvere bagnabile, fluido microincapsulato ecc).
Gli effetti tossici dei pesticidi sulla salute variano in relazione a diversi fattori quali le caratteristiche chimiche del principio attivo presente nel prodotto fitosanitario, la sua formulazione e concentrazione, la modalità e la durata dell’esposizione, le caratteristiche biologiche del soggetto esposto (predisposizione ad allergie, età, sesso).
La pericolosità intrinseca degli agenti chimici è connessa alla relativa classificazione. Si distinguono infatti agenti:
• Tossici acuti e tossici in caso di aspirazione: in caso di ingestione, assorbimento cutaneo, inalazione o penetrazione nelle vie respiratorie producono effetti nocivi acuti o cronici a carico di diversi organi.
• Corrosivi: in caso di contatto, possono causare lesioni irreversibili e gravi alla pelle e agli occhi.
• Irritanti: in caso di contatto diretto, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose, si può avere una reazione infiammatoria.
• Sensibilizzanti: in caso di inalazione o assorbimento cutaneo, si può avere una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce le reazioni tipiche delle allergie.
• Cancerogeni, mutageni, tossici per la riproduzione (CMR): in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono provocare il cancro o aumentarne la frequenza, oppure produrre mutazioni nei geni del sog-
getto. Le mutazioni possono portare all’insorgenza di tumori oppure indurre difetti genetici nei figli.
Una sostanza chimica, in base alle caratteristiche tossicologiche, alla durata e alla modalità di esposizione, può espletare due tipi di effetti: Tossicità acuta, si riferisce agli effetti causati dall’esposizione, in tempi relativamente brevi, ad una sostanza tossica in una singola dose o a dosi ripetute, ad elevate concentrazioni. I sintomi possono comprendere, tra gli altri, nausea, vomito, diarrea, spossatezza, vertigini, tremori tosse; Tossicità cronica, si riferisce agli effetti causati da una graduale e continua esposizione, ripetuta nel tempo, a basse dosi della sostanza tossica, con accumulo della stessa nell’organismo. Gli effetti si manifestano dopo mesi o anni dall’esposizione e possono essere di diversa natura (dolori muscolari, spossatezza, depressione, calo di peso…).
Le vie di penetrazione dei pesticidi nell’organismo e gli eventuali effetti tossici prodotti variano in funzione della fase di lavoro svolta e delle modalità operative adottate. È possibile intossicarsi tramite inalazione durante la distribuzione del prodotto fitosanitario o durante un affrettato rientro nell’area trattata; tramite contatto dermico, attraverso la distribuzione del prodotto pesticida e il mancato utilizzo degli appositi DPI; tramite ingestione, attraverso il trasferimento alla bocca con mani contaminate, abitudini igieniche personali non corrette, eventuali schizzi e sversamenti di prodotto fitosanitario durante l’utilizzo.
È importante leggere l’etichetta che, rappresentando la “carta di identità” del pesticida, costituisce un importante strumento di comunicazione per il lavoratore, l’utilizzatore professionale e anche il consumatore. Le sostanze
attive disciplinate dal regolamento (CE) 1107/2009 relativo ai pesticidi sono soggette alle procedure di classificazione ed etichettatura armonizzata. Questo significa che la decisione relativa alla classificazione di queste sostanze è adottata a livello comunitario. L’uso della classificazione armonizzata di una sostanza è obbligatorio. In etichetta vengono indicati:
• nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore.
• Quantità nominale di una sostanza o miscela contenuta nell’imballaggio messo a disposizione del pubblico, salvo che tale quantità sia specificata altrove sull’imballaggio.
• Identificatori del prodotto.
• Pittogrammi di pericolo dove presenti.
• Indicazioni di pericolo (Frasi H).
• Consigli di prudenza (Frasi P).
I consigli di prudenza e le indicazioni di pericolo sono frasi legate alla natura e alla gravità del pericolo e in etichetta hanno un collegamento stretto con il pittogramma, che simboleggia il pericolo.
• Caratteristiche chimiche del prodotto: danno informazioni su un uso corretto del prodotto in riferimento a:
- modalità d’uso;
- colture su cui può essere utilizzato;
- avversità contro cui risulta efficace.
• Settori, dosi ed epoche d’impiego: descrizione delle modalità di impiego e delle istruzioni per l’uso.
• Compatibilità: rappresenta la capacità che hanno due o più prodotti di essere miscelati insieme senza provocare fenomeni indesiderabili. Esistono tabelle di compatibilità consultabili presso i rivenditori di pesticidi. È buona prassi utilizzare pochi prodotti in miscela e distribuirli subito dopo la preparazione.
• Tempo di carenza per ogni coltura autorizzata: rappresenta il numero minimo di giorni che deve intercorrere tra la data in cui è stato effettuato il trattamento e la data di raccolta.
La scheda Dati di sicurezza (MsDs) è un documento di sintesi delle informazioni che devono obbligatoriamente accompagnare i prodotti pericolosi lungo le relative catene di produzione e di distribuzione, al fine di consentirne un uso sicuro per l’uomo e nell’ambiente. A tal fine la MsDs deve fornire informazioni complete su una sostanza o miscela utilizzata in un ambiente professionale o industriale individuando i rischi connessi al suo utilizzo e le pertinenti precauzioni di sicurezza. La MsDs deve essere obbligatoriamente fornita in forma gratuita, su carta o in formato elettronico, entro la data della prima fornitura della sostanza o della miscela. Deve inoltre essere aggiornata senza ritardi quando siano disponibili nuove informazioni, quali quelle che incidono sulle misure di gestione dei rischi e quelle sui pericoli, come pure nei casi in cui sia stata rilasciata o rifiutata un’autorizzazione o sia stata imposta una restrizione. Aggiornamenti per altri motivi possono essere effettuati su base volontaria in qualsiasi momento dal fornitore e vanno notificati a tutti i principali destinatari a cui la sostanza o miscela è stata fornita entro i 12 mesi precedenti.
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore per proteggerlo contro uno o più rischi in grado di minacciarne la sicurezza o salute durante il lavoro e ogni complemento o accessorio che sia destinato a tale scopo. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (artt.74 e 75 d.lgs. n. 81/2008).
In pratica, i DPI rappresentano una misura di protezione specifica e residuale. La corretta scelta dei DPI deve
essere fatta, in esito alla valutazione del rischio chimico, sulla base del tipo di PF utilizzato e delle relative concentrazione d’uso e tossicità facendo riferimento alle indicazioni presenti nella Sezione n. 8 della MSDS del pesticida. I DPI hanno la finalità di proteggere la via cutanea, respiratoria e digerente dell’operatore riducendo il rischio di assorbimento e conseguentemente i danni che i pesticidi possono provocare. Tutti i DPI immessi sul mercato devono: rispondere a determinati requisiti di sicurezza e di compatibilità; essere corredati della nota informativa (obbligatoria per tutte le categorie) con indicazioni su: prestazioni in riferimento ai rischi, corretto utilizzo e riutilizzo, decontaminazione, pulizia, manutenzione, conservazione e smaltimento, termini di scadenza, significato delle indicazioni e di pitto -
grammi di accompagnamento, tipo di imballaggio appropriato per il trasporto, elementi identificativi degli organismi notificati di certificazione; riportare la marcatura CE, che deve essere visibile, leggibile e indelebile.
COME SCEGLIERE I DPI?
Possiamo distinguere i DPI per la protezione di: corpo; occhi e viso; mani; vie respiratorie. I DPI utilizzati per le operazioni di pest management sono: • Grembiule: per operazioni a basso rischio di esposizione è possibile utilizzare un grembiule, che deve essere completamente impermeabile (plastica o gomma) e abbastanza lungo per coprire la parte superiore degli stivali.
• Tuta: la protezione del corpo dall’esposizione ai pesticidi richiede specifiche tute, composte da uno o due pezzi, certificate per il rischio chimico
e pertanto caratterizzate dai seguenti requisiti: marcatura CE; dichiarazione di conformità CE ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza; nota informativa.
• Guanti: i guanti devono essere a cinque dita e garantire un’adeguata copertura del polso. Essi, normalmente in neoprene o in nitrile, possono essere monouso o riutilizzabili. Quelli monouso si indossano per brevi attività di manipolazione di pesticidi o durante la relativa fase di distribuzione, quelli riutilizzabili in caso di trattamenti ad elevata concentrazione di prodotto. I guanti per la manipolazione di pesticidi devono essere resistenti agli strappi, al taglio, all’abrasione, alla penetrazione (diffusione di un prodotto chimico attraverso le porosità, le cuciture o altre imperfezioni del materiale che costituisce il guanto), alla permeazione (diffusione di un prodotto chimico
attraverso il materiale che costituisce il guanto per assorbimento e penetrazione del prodotto alla superficie di contatto esterna del materiale e al suo rilascio all’interno del guanto).
• Stivali: Gli stivali da utilizzare nell’uso di pesticidi devono proteggere da materiale allo stato solido polverulento o liquido, possono essere di poliuretano, neoprene o gomma e devono essere impenetrabili e resistenti alle sostanze chimiche. È opportuno non indossare scarpe di tela o in pelle perché in caso di sversamenti, non prevengono il contatto con il pesticida e potrebbero assorbirlo.
• Occhiali o maschera: La manipolazione di pesticidi in operazioni che comportano la dispersione di agenti chimici sotto forma di gas, aerosol, liquidi, fumi e polveri richiede l’utilizzo di occhiali, dotati di buona resistenza
meccanica e con schermi laterali o di maschera a facciale intero. Nella manipolazione di pesticidi, i mezzi di protezione delle vie respiratorie hanno la funzione di impedire o attenuare l’inalazione di sostanze tossiche sotto forma di gas, vapori, aerosol e particolato. È importante che la maschera aderisca bene sul viso, in quanto la protezione può essere compromessa da una scarsa aderenza. La scelta del filtro della maschera dipende da: caratteristiche tossicologiche dei PF e delle loro miscele; tipo e durata delle operazioni da effettuare; tipologia del DPI (maschera a pieno facciale, semimaschera, casco o cabina del trattore); stato fisico del pesticida (polvere, liquido, solido granulare...).
Fonte: Inail, Uso in sicurezza dei prodotti fitosanitari
A parer mio SÌ! A patto di intendersi sul significato delle parole. Il che mi ricorda la Torre di Babele [§]. Pur tuttavia, sia pure con una quanto mai necessaria premessa, ne esporrò un concreto esempio realizzato in difficili condizioni
Graziano Dassi
Innanzitutto faccio una prima premessa in cui cerco di fare un parallelismo fra la disinfestazione green e l’agricoltura bio. Riporto uno stralcio
dell’UE che sintetizza gli obiettivi di tali pratiche agronomiche tese a produrre alimenti con sostanze e processi naturali. E, nel caso degli allevamenti,
di favorire il benessere degli animali.
Inoltre l‘UE fornisce una serie di regolamenti per fornire linee guida chiare con almeno due obiettivi:
• Tutelare l‘ambiente, la biodiversità e la fertilità del suolo.
• Soddisfare la richiesta di alimenti prodotti con procedure coerenti con il primo obiettivo, ecc.
“Affinché gli agricoltori traggano vantaggio dai metodi di produzione biologica, i consumatori devono avere fiducia nel rispetto delle norme in materia di produzione biologica. Pertanto, l'UE mantiene il seguente rigoroso sistema di controllo e di esecuzione per garantire che le norme e i regolamenti in materia di prodotti biologici siano rispettati”.
TRE PAROLE CHIAVE
AMBIENTE | FIDUCIA | CONTROLLO
PREMESSA PARTE SECONDA (ULTIMA)
Il passaggio da un'agricoltura che potremmo definire di nicchia ad una
La torre di Babele è una torre di cui narra la Bibbia nel libro della Genesi. La sua costruzione avrebbe rappresentato una sfida a Dio, che punì i costruttori rendendoli incapaci di comprendersi a vicenda, poiché ciascuno parlava una lingua diversa o, peggio ancora, attribuiva significati differenti alla stessa parola.
Inutile dire che la Torre fece una brutta fine.
agricoltura a pieno campo è come passare dal prototipo alla produzione industriale. Per fare un parallelismo con l’ars disinfestandi potrei dire il passaggio da una situazione in cui il Sistema HACCP è concretamente adottato a una realtà in cui uno o più requisiti igienici sono trascurati e l’IPM una sigla misteriosa.
Riporto integralmente uno stralcio riguardante Un sistema alimentare sano per le persone e per il pianeta, ovvero “Il legame tra persone sane, società sane e un pianeta sano pone i sistemi alimentari sostenibili al centro del Green Deal europeo, la strategia dell'UE per una crescita sostenibile e inclusiva concepita per stimolare l'economia, migliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini e tutelare la natura. Il sistema agricolo e alimentare europeo, sostenuto dalla politica agricola comune, è già uno standard globale in termini di sicurezza, sicurezza dell'approvvigionamento, nutrizione e qualità. Ora deve diventare anche lo standard globale per la sostenibilità. Il passaggio a un sistema alimentare sostenibile, in grado di garantire al tempo spesso la disponibilità dei prodotti a prezzi accessibili, apporta benefici ambientali, sanitari e sociali e offre vantaggi eco -
nomici più equi”.
UNA DISINFESTAZIONE GREEN IN CONDIZIONI DIFFICILI
In estrema sintesi l’entità infestante era la Supella longipalpa, ospite indesiderato nella hall di un albergo. Nel salone di ragguardevoli dimensioni vi erano numerosi divani e poltrone in velluto.
L‘antefatto, o meglio l’identificazione dell’infestazione è stata laboriosa in quanto a presenza di questi piccoli scarafaggi fu attribuita a vicino locale bar per cui a diagnosi fu “i soliti fochisti” (Blattella germanica) con intervento straordinario di disinfestazione per mezzo di gel (p.a. Imidacloprid e S-Metoprene per quanto è stato possibile verificate).
Dato che gli ospiti indesiderati continuavano ad essere segnalati e dal bar non c’erano lagnanze la situazione è passata al referente tecnico della ditta di servizi che ha identificato correttamente il parassita e dato le istruzioni operative.
CONDIZIONI RILEVATE
I divani e le poltroncine risultarono solo apparentemente pulite perché nelle zone poco accessibili (area fra seduta schienale e braccioli) vi era di tutto: polvere, briciole, monete, tovaglioli, pezzi di plastica… e naturalmente le Supelle in tutti gli stadi vitali.
ISTRUZIONI OPERATIVE
• Dato che l‘intervento doveva essere realizzato nel modo più riservato possibile si è deciso di operare dalle due alle sei di notte con quattro operatori in modo da terminare il lavoro in una sola notte.
• Irrorazione con formulato abbattente residuale su tutto il pavimento per evitare fughe indesiderate.
• Prima disinfestazione dei divani e poltrone con bombole aerosol con
beccuccio di erogazione con p.a. abbattenti mirata alle zone incriminate.
• Pulizia a fondo con aspirapolveri dei mobili (fu la fase più delicata perché abbastanza rumorosa).
• Seconda disinfestazione delle aree di rifugio e di accumulo sporcizia.
• Passaggio con scope a frange utilizzando un lavapavimento igienizzante professionale.
Il tutto si è svolto nei tempi e nei modi prestabiliti e il team ha potuto fare colazione al bar che per l‘occasione ha anticipato l’apertura.
• Alle sette si è proceduto alla sanificazione delle poltrone e dei divani con un pulitore a vapore.
Importante: al personale addetto alle pulizie è stato raccomandato di porre la massima attenzione nella pulizia di poltrone e divani senza trascurare le aree critiche.
PERCHÉ RITENGO CHE
LA DISINFESTAZIONE MERITA IL TITOLO DI “GREEN”
• I prodotti insetticidi e detergenti disinfettanti sono stati scelti con cognizione di causa.
• Sono stati usati rispettando le dosi e le istruzioni riportate in etichetta.
• Le superfici trattate sono state bonificate a termine del servizio.
• Il personale operativo era stato specificatamente istruito.
• I controlli di efficacia sono stati effettuati con la massima dirigenza.
• Gli addetti alle pulizie sono stati precisamente istruiti a porre la massima attenzione sia alle zone critiche sia nell’importanza di segnalare tempestivamente la presenza di “ospiti indesiderati”.
UNA DOVEROSA CONSIDERAZIONE FINALE
Il costo/beneficio/sicurezza è stato tecnicamente ottimale, ma ha gettato nel totale sconforto il direttore dell’albergo.
SPECIE
Supella supellectilium (= longipalpa)
NOME VOLGARE
Blatta dei mobili
INQUADRAMENTO
SISTEMATICO
CLASSE: Insecta
ORDINE: Blattodea
FAMIGLIA: Blattellidae
DIMENSIONI
OOTECA: 4 - 5 mm
ADULTO: 13 - 16 mm
CARATTERISTICHE E DIFFUSIONE
Piccola blatta somigliante alla
B. germanica: il pronoto non ha bande scure longitudinali, ma presenta margini laterali chiari. Le ali, molto corte nella femmina presentano fasce trasversali chiare. La specie, originaria del Sudan, è presente nel Meridione ed è stata segnalata in Liguria, Piemonte e Lombardia, ma si sta diffondendo velocemente. Come la maggior parte delle blatte sono lucifughe ed hanno istinto gregario.
HABITAT
Ambienti chiusi e caldi non troppo umidi. Nel contesto domestico predilige camere da letto e soggiorni piuttosto che cucine e bagni.
ABITUDINI ALIMENTARI
Onnivora, preferisce però alimenti dolci. Nelle abitazioni è attratta da sostanze profumate (cannella,
Banca dati GEAM
Gestione ecologica ambientale
banane, marmellata).
CICLO BIOLOGICO
UOVO > NEANIDE > NINFA >
ADULTO (vive 90 - 115 gg)
DURATA DEL CICLO: 95 - 280 gg
SCHIUSA OOTECA: dopo 40 gg circa dalla deposizione
N° GENERAZIONI/ANNO: policiclica
N° UOVA/FEMMINA: 5 - 18 ooteche contenenti 14 - 18 uova ciascuna
SVERNAMENTO: in ambienti confinati i cicli sono continui.
LIMITI TERMICI
PER LO SVILUPPO
TEMPERATURA MINIMA: 20°C (T > 20°C necessaria per riprodursi).
DANNI
Si ritiene vettore potenziale di diversi patogeni: contamina, sia
Supella longipalpa Notare l’assenza delle due macchie scure tipiche della Blattella germanica e della fascia giallastra sulle elitre che invece caratterizza la Supella.
con il proprio passaggio che con feci e rigurgito, alimenti e suppellettili.
PREVENZIONE
PULIZIA: l'assenza di detriti organici e di rifiuti alimentari riduce la possibilità di sviluppo per carenza di cibo.
PEST PROOFING: occlusione delle vie di accesso tramite apposizione di reti (centraline, tubazioni, finestre, ecc.) e stucco o silicone (fessure, cavità, crepe, ecc.). Se possibile, cercare di ridurre la temperatura del locale infestato.
SPECIE
Blattella germanica
NOME VOLGARE
Fochista - Blattella - Blatta grigia
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
Classe: Insecta
Ordine: Blattodea
Famiglia: Blattellidae
DIMENSIONI
Ooteca: 7-9 mm
Adulto: 10-16 mm
CARATTERISTICHE
E DIFFUSIONE
Piccola blatta grigio-giallastra, con due bande scure longitudinali sul pronoto. Entrambi i sessi sono alati, ma volano raramente. Si arrampicano con facilità sulle superfici lisce poiché hanno zampe fornite di ventose. Sono lucifughe ed hanno istinto gregario. Tale specie è diffusissima in tutta Italia.
HABITAT
Ambienti caldi, umidi e protetti quali abitazioni, ospedali, panetterie, bar, ristoranti, ecc.. In particolare si può rinvenire in gabinetti, cucine, distributori automatici di bibite, lavastoviglie industriali, impianti di condizionamento, macchine del caffè, ecc...
ABITUDINI ALIMENTARI
Onnivora, può arrivare a nutrirsi anche di colla di rilegature, carta da parati, cuoio.
Banca dati GEAM
Gestione ecologica ambientale
CICLO BIOLOGICO
Uovo neanide ninfa adulto (vive 128-153 gg)
Durata del ciclo: 50-300 giorni
Schiusura ooteca: dopo 14-20 giorni dalla deposizione N° generazioni/anno: policiclico N° uova femmina: 4-8 ooteche, contenenti circa 40 uova ciascuna
Svernamento: in ambienti confinati i cicli sono continui
LIMITI TERMICI
PER LO SVILUPPO
Temperatura ottimale: 30-33°C
DANNI
Vettore potenziale di diversi patogeni: contamina, sia con il proprio passaggio, che con feci e rigurgito, alimenti e suppellettili. Possibile insorgenza di manifestazioni allergiche in seguito al contatto con le deiezioni dell'insetto.
Accurata pulizia e attenta gestione dei rifiuti. Protezione degli alimenti. Sigillatura crepe, cavità e fessure, con particolare riguardo a battiscopa, paraspigoli, controsoffittature, ecc..
Formulati
Biocidi e PMC specifici a bassa tossicità e/o esche in gel (attenersi alle indicazioni in etichetta e prendere visione della scheda di sicureritici).
Calendario dei trattamenti Eseguire 3-7 interventi all'anno, fino a 13 in caso di forte infestazione, con i primi 2 ravvicinati a 15-20 gg l'uno dall'altro. I periodi critici sono quelli che coincidono con l'accensione e lo spegnimento degli impianti di riscaldamento.
Dopo oltre 20 anni di successo e fiducia conquistati sul mercato europeo, BASF presenta Goliath® Gel New, la versione innovativa del suo celebre insetticida per scarafaggi. Questa nuova esca gel offre una formula unica, con un’efficacia potenziata grazie alla doppia azione che garantisce il controllo completo della colonia, prevenendo la resistenza e sfruttando un effetto a cascata.
NUOVA FORMULA INNOVATIVA
Goliath® Gel New unisce clotianidina (0,5%), un
insetticida potente e non repellente, e pyriproxifen (0,5%), un regolatore di crescita (IGR) che impedisce agli scarafaggi di raggiungere lo stadio adulto e rende sterili le femmine. Questa combinazione unica assicura l’eliminazione delle infestazioni agendo in profondità, anche nei nascondigli più difficili da raggiungere.
“Sappiamo che per controllare le colonie di scarafaggi è importante controllare le ninfe nei loro rifugi. Pertanto, siamo lieti di affermare che grazie al suo effetto a cascata Goliath® Gel New consente di ottenere il controllo di tutte le ninfe di Blattella germanica nei loro rifugi, prima che diventino visibili”, afferma Stefan Schaffert, Technical Mana-
ger Insecticides di BASF. La nuova formulazione di Goliath® Gel New rappresenta una naturale evoluzione del marchio Goliath®, che da sempre incarna innovazione e affidabilità. Efficiente, rapido e sicuro, il gel è registrato per l’uso professionale in ambienti interni, inclusi quelli alimentari, domestici, commerciali e pubblici.
Thomas Grünewald, Marketing Manager di BASF aggiunge: «Crediamo che, grazie al rapido controllo della situazione, una volta che i disinfestatori avranno pro-
vato Goliath® Gel New lo includeranno nel loro portfolio come soluzione standard.»
BASF si impegna a promuovere costantemente l’innovazione, offrendo prodotti di qualità comprovata per la protezione degli ambienti urbani e rurali.
Per ulteriori informazioni, visitate il nostro sito web www.pestcontrol.basf.it
Caratteristiche del prodotto
Principi attivi: Clotianidina 0,5%, pyriproxifen 0,5%
Cat. di utilizzatori: Professionisti (con o senza formazione)
Specie bersaglio: Blattella germanica, Periplaneta americana, Blatta orientalis e Supella longipalpa (ninfe e adulti)
Uso: In ambienti interni per l’igiene pubblica
Metodo: Gel pronto all’uso in siringhe da 30 g