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La Sardegna in un bicchiere: BIRRA PUDDU

In questo numero facciamo ritorno in Sardegna per conoscere Birra Puddu, un birrificio originariamente fondato negli anni Sessanta a Oristano e rinato in tempi recenti. Mauro Fanari, Fabio Porcu e Giuseppe Carrus sono i soci della compagine societaria e ci raccontano di questo nuovo birrificio.

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Partiamo da lontano: quando e dove nasce storicamente il marchio Birra Puddu? Raccontate ai nostri lettori tutta la storia che avete alle spalle.

Birra Puddu nasce agli inizi degli anni Sessanta, quando i tre fratelli Antonio, Luigi e Giorgio Puddu, con grande coraggio e spirito imprenditoriale decisero, in un’Italia birraria composta da soli grandi gruppi industriali, di creare un piccolo birrificio a Oristano, loro città d’origine. In realtà tutto parte nel 1955, quando viene creata la società IN.BI.GA s.r.l. (Industria Bibite Gassate), e solo dopo alcuni anni di pratiche burocratiche, nel 1962 viene affiancata una fabbrica di birra. Grazie alla collaborazione con un mastro birraio austriaco, si avviano gli impianti con la prima cotta della Birra Puddu, producendo una birra a bassa fermentazione in stile Pils, come erano d’altronde quasi tutte le produzioni di quel periodo. In pochi anni Puddu diventa la birra della città e supera i confini provinciali arrivando a essere distribuita in tutta l’Isola. Veniva confezionata esclusivamente in bottiglie da mezzo litro con tappo meccanico, chiaramente vuoto a rendere come di norma in quegli anni. L’etichetta originale, oltre alla scritta Birra Puddu, rappresentava la torre medievale situata nel centro storico della città (chiamata Torre di Mariano in onore del giudice arborense Mariano II che la fece costrui- re nel 1290). Bisogna evidenziare che in quegli anni Birra Puddu non era l’unica produzione locale: esisteva infatti un altro grande birrificio indipendente in Sardegna, Birra Ichnusa, all’epoca ancora di proprietà della famiglia Capra, che rappresentava il principale competitore del birrificio oristanese.

? Com’era strutturato l’allora birrificio e cosa ne è rimasto?

Il birrificio di allora, progettato da Giulio Negri, già braumeister della Birreria Metzger, era situato in una zona oristanese ricca di fermento, in quella che veniva chiamata “Pratza e’ is bois” (piazza dei buoi), dove settimanalmente si svolgeva il mercato del bestiame più importante dell’isola. Lo stabilimento storico è stato tristemente demolito qualche anno fa per costruirci, al suo posto, un centro commerciale, ma grazie alla memoria degli eredi e di chi frequentava il birrificio all’epoca è stato possibile recuperare molte informazioni. Il birrificio occupava un intero isolato e l’edificio principale era a più piani. Al pian terreno erano installati gli impianti con una sala cottura da 50 hl a marchio Ziemann a tre recipienti, cinque tini fermentatori da 200 hl cadauno e 14 tanks di deposito in alluminio della valdostana Guinzio e Rossi, sempre da 200 hl cadauno, una linea di imbottigliamento automatica. Nel marzo del 1962 viene prodotta la prima cotta, e a fine anno gli ettolitri di birra realizzati diventano 12.000; due anni dopo si arriva a 14.000 hl con 20 persone impiegate che diventeranno una cinquantina negli anni successivi. Si racconta che nei giorni di cotta ci fosse una grande fila di carretti trainati da cavalli impegnati a recuperare le trebbie ancora calde da portare al bestiame. Negli anni successivi diversi problemi e difficoltà finanziare portano a una significativa diminuzione della produzione che verrà sospesa nel 1969. Il birrificio chiude definitivamente, così come la produzione di bibite gassate.

? Veniamo ai giorni nostri. Chi c’è dietro il ritorno di Birra Puddu, ci raccontate chi siete, dove e quando nasce la voglia di ridare vita a questo marchio storico di birra made in Sardegna e quali esperienze avete nel mondo della birra artigianale?

Siamo tre amici, diventati soci in nome di Birra Puddu. Io (Mauro Fanari, n.d.r.) ho fatto da collante, conoscevo entrambi gli altri soci e li ho fatti incontrare e conoscere. Sono birraio con diversi anni di esperienze alle spalle, anche una all’estero in Inghilterra, mentre quella più importante è stata a Birra Perugia, dove ho lavorato per due anni sin dall’apertura. Inoltre, ho diverse collaborazioni con istituti di ricerca focalizzati sulla birra artigianale. Fabio lavorava presso i molini Cellino, prima ancora alle distillerie lussurgesi e ora è il mio braccio destro in produzione, mentre Giuseppe fa l’assaggiatore di vino al Gambero Rosso e ha un’attività imprenditoriale a Cagliari. Essendo entrambi appassionati di birra artigianale, quando ho chiesto loro se volevano seguirmi in questo progetto non ci hanno pensato due volte. Burra Puddu rinasce un anno e mezzo fa a Oristano in via Giovanni XXIII lungo la strada che unisce Oristano e Santa Giusta.

? Birra Puddu parte due, quindi. Com’è strutturato l’attuale birrificio? Avete anche uno spaccio e/o un locale di mescita?

Il birrificio è costituito da una sala cottura a vapore da 10 hl e da una cantina composta da fermentatori isobarici da 10 e 20 hl con tino di rimescola utilizzato per l’imbottigliamento, che allo stato attuale è effettuato completamente utilizzando la tecnica della rifermentazione in bottiglia. Abbiamo inoltre un ampio magazzino con cella fredda e cella di ri-

Linea popolare

fermentazione e un locale tecnico con le attrezzature necessarie alla produzione. Fin dal principio abbiamo pensato a un locale che un domani potesse accogliere anche uno spazio di mescita, con i tavoli e un bancone. Questo domani è arrivato prima dei programmi e da novembre 2022, quindi a meno di un anno e mezzo dalla prima birra messa in commercio, è nata Casa Birra Puddu, al civico 7 di via Giovanni XXIII. Ci sono le nostre birre in mescita, ma abbiamo in progetto di avere con continuità almeno un altro birrificio ospite che faremo ruotare, qualche vino del territorio, salumi e formaggi da accompagnare alle birre: sempre prodotti artigianali delle nostre zone. Ci piace fare sinergia tra le aziende e aiutarci a vicenda.

? Quali birre producete al momento?

Golden Ale è quella che amiamo definire la nostra birra quotidiana. Prodotta con malto pils e luppolata con East Kent Goldin e Citra, risulta una birra semplice ma dotata di un intrigante comparto aromatico che spazia dal fruttato all’erbaceo.

IPA, che rientra nell’omonimo stile, è prodotta con malto pale inglese e una luppolatura completamente americana con Mosaic, Citra e Ekuanot utilizzati anche in dry hopping. Il risultato è una birra da 6 gradi alcolici a metà strada tra l’Inghilterra e l’America, con un profilo fruttato intenso, un buon corpo e un finale amaro che chiude benissimo la bevuta.

Porter, estremamente tradizionale, è prodotta con malto Maris Otter e Brown, come di usanza nell’Ottocento londinese, e luppolata con East Kent Golding e Fuggle. Dal colore mogano intenso tendente al nero e una schiuma beige, sentori di caffè, cioccolato e liquirizia, buon corpo e grande carattere.

Saison è invece prodotta con un frumento locale denominato «Trigu de Oro» e coltivato a pochi passi dal birrificio. Si caratterizza da note speziate derivate dal lievito e bilanciate da notte agrumate e resinose dovute da una generosa luppolatura; finale secco come da tradizione belga.

Bitter, l’ultima nata e presentata poche settimane fa, con soli 3,8 gradi alcolici, risulta perfetta per grandi bevute. Anch’es-

Al momento produciamo 7 referenze in totale, 5 delle quali rientrano in quella che ci piace chiamare la linea popolare. Sono infatti tutte birre di grande carattere ma anche di facile beva. Su questa linea abbiamo appositamente deciso di chiamare le birre con lo stile di riferimento in modo da ottenere una comunicazione diretta e accessibile anche ai meno esperti del settore.

Alle referenze attuali abbiamo aggiunto 60 Anni, una one shot prodotta per festeggiare l’anniversario del marchio Birra Puddu che nel 2022 ha compiuto appunto, sessant’anni. In realtà, era pensata come produzione una tantum ma la birra ci ha convinti al punto da volerla tenere in linea: è una birra molto classica che ricalca le pils tradizionali tedesche con l’aggiunta di un dry hopping di Hallertau Mittelfrüh che sa estremamente British e dalla base maltata di Maris Otter e Crystal e una luppolatura vecchia scuola di East Kent Goilding e Bramlig Cross.

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