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Viaggio birrario narrato tra luoghi, birre e fantasia TERZA TAPPA: NAPOLI

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Qualità

Qualità

Nelle puntate precedenti:

Metà giugno. Fabio e Roberto sono amici d’infanzia. Durante un corso di degustazione di birre che Fabio tiene a Milano al quale partecipa Roberto, conosce Elisa, la ragazza di quest’ultimo. Elisa, insieme all’amica Claudia, è intenzionata ad aprire un locale a forte connotazione birraria.

Il padre di Elisa avrebbe altri piani per lei ma la ragazza, all’attività di famiglia, preferisce cambiare vita e alimentare la sua passione per la birra artigianale. Un cambio radicale che

Spaccanapoli

Giugno ci straripa addosso con Spaccanapoli che si lascia ammaliare dai colori del primo pomeriggio. Il brulichio di persone è costante e reso lento dal caldo che inizia a penetrare i vicoli, brulichio al quale io e Roberto ci uniamo in processione con la speranza di viverci Napoli scrostando dal nostro viaggio ogni stato d’ansia e di fretta. Di Spaccanapoli abbiamo modo di ammirare i luoghi di culto della cristianità napoletana come la Chiesa del Gesù Nuovo, chiamata anche della trinità Maggiore e, proprio di fronte, la Basilica di Santa Chiara. Di quest’ultima ci colpiscono la maestosa travolge anche il rapporto con Roberto. Le due ragazze intraprendono un lungo viaggio alla scoperta dei luoghi birrari partendo dalla Puglia. Seguite a distanza da Roberto e Fabio, che decide di far da guida all’amico. Ad accompagnare telefonicamente l’avventura di Roberto, c’è Simona, figura che a distanza darà delle dritte sugli spostamenti dei due. Dopo aver seguito le due ragazze tra le realtà birrarie di Taranto e Lecce, la carovana fa ingresso a Napoli. facciata e il gigantesco rosone centrale. All’interno fanno da corredo alla spiritualità del luogo i danneggiamenti subiti dalla Basilica durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Dopo un immancabile spuntino a base di pizza a libretto (conosciuta anche comunemente come pizza a portafoglio) il nostro giro nell’arteria che divide la città da nord a sud si chiude di fronte alla Basilica di San Domenico Maggiore. Roberto appare molto rilassato.

Probabilmente ha abbandonato, sfinito, l’idea di dover a tutti i costi ricercare il volto di Elisa in una città così enorme come Napoli. Di contro, io ho già una sorta di itinerario birrario da seguire, ma il poco tempo a disposizione mi mette in seria crisi nei confronti della scelta dei luoghi turistici da visitare in una città con così tanta scelta.

Piazza del Plebiscito

Ho sentito Simona mentre con Roberto ci dirigevamo verso Piazza del Plebiscito. Abbiamo parlato poco, la presenza di Roberto al mio fianco ha condizionato la mia voce e il contenuto della telefonata. Abbiamo chiacchierato riguardo i locali birrari da visitare e l’ordine degli spostamenti che avevo in mente, chiedendo anche consigli sull’itinerario ideale in termini di praticità. Roberto, per la prima volta forse da quando ci siamo in cammino in questo viaggio, ha chiesto qualcosa riguardo Simona, probabilmente incuriosito dalle continue chiamate e dal suo momentaneo distacco dal pensiero di poter incontrare Elisa ovunque. Rispondo in modo fuggevole, preferendo tenere al momento lontano Roberto dalla mia vita privata. Arriviamo a Piazza Plebiscito con il tramonto in dirittura d’arrivo. I 25.000 metri quadri che la rendono una delle piazze più grandi d’Italia si distendono come un tappeto davanti ai nostri occhi. Con Roberto scattiamo un paio di foto e consumiamo un cuoppo fritto, aperitivo perfetto per anticipare la nostra prima tappa birraria.

Il cuoppo fritto (o cuppetiello) non è altro che un piccolo assemblaggio di fritture tipiche del cibo di strada partenopeo: crocchè di patate, pizzelle fritte, fiori di zucca pastellati e fritti, palle di riso e l’immancabile frittata di maccheroni. Nonostante sia tutto fritto, restiamo piacevolmente sorpresi dalla quasi nulla presenza di olio nei singoli pezzi, caratteristica che riscontriamo anche in un altro cuoppo che prendiamo poco distante, stavolta con aggiunta di scagliuozz, quadratini di polenta fritti.

La sete che avanza senza fare prigionieri reclama un anticipo sulla nostra tabella di marcia, quindi ci dirigiamo verso la funicolare che in poco meno di un quarto d’ora ci porterà al Vomero.

Il pub Mosto al Vomero

Il Vomero rappresenta il quartiere collinare più famoso della città partenopea, certamente una delle zone più eleganti e residenziali di Napoli. Ad accoglierci le ultime fasce luminose di un ammaliante e mozzafiato tramonto panoramico sul mare. Per la nostra prima birra all’ombra del Vesuvio siamo al Mosto.

Il Mosto rappresenta uno dei locali di riferimento della scena birraria napoletana. Molto dinamico nel ruotare l’offerta birraria, si contraddistingue per l’ottimo marketing sfoggiato sia online sui relativi social sia attraverso la brandizzazione di svariati articoli di vestiario e quant’altro. All’ingresso l’atmosfera è gioiosa e accomodante, siamo accolti con un sorriso dai ragazzi in maglia nera con le tre bande verticali gialle a simboleggiare la lettera M, icona visiva che rappresenta da sempre il locale. A dettar legge è il bancone che si sviluppa abbracciando quasi completamente la zona d’ingresso.

Nonostante le piccole dimensioni riusciamo a trovare posto proprio lungo il bancone bramando subito la prima birra di questa nuova esperienza. Optiamo per la chiara di casa, simpaticamente chiamata Kiara-tskelia in onore dell’attaccante del Napoli. La ristrettezza degli spazi ci fa subito notare la non presenza delle due ragazze all’interno, ma l’occhio di Roberto tra un sorso e l’altro resta sempre concentrato verso l’entrata. Sono circa le ventuno, rassicuro Roberto sulla possibilità che Elisa e Claudia a quell’ora si stiano godendo un’ottima pizza chissà dove, e lo invito a bere rilassato. L’orario di prima serata mi fornisce anche un ottimo assist per scambiare due chiacchiere con Fabrizio Ferretti, il publican e anima del locale. Mentre ordiniamo la seconda birra, la Tripel di casa chiamata semplicemente Mosto Tripel, mi spiega che lui insieme alla compagna Noemi Criscuolo sono partiti con il progetto Mosto nel 2015, in un locale sempre di una manciata di metri quadri (28 per la precisione) in zona Chiaia, un’area centralissima con boutique trendy che di giorno è dedicata per lo più allo shopping mentre di sera si trasforma in zona di movida da bar. Scopriamo, sempre dalle parole di Fabrizio, che esiste anche un altro Mosto situato nel Centro Storico.

Ordiniamo due ottimi hamburger (nel locale di Chiaia i ragazzi del Mosto partirono senza cucina per poi aprire al food nei due locali successivi) e restiamo affascinati dall’ottima selezione di liquori e distillati. Roberto si dirige in bagno e io approfitto per prendere in mano il cellulare e controllare se ci sono novità. Dopo le ultime domande di oggi da parte di Roberto sul mio rapporto con Simona meglio tenere la situazione sotto controllo. È proprio un messaggio di Simona che fa capolino alla lista dei messaggi WhatsApp. “Corri al Frank Malone. Elisa è lì”.

Incontro ravvicinato al Frank Malone

Ricordavo dagli appunti birrari che avevo preso prima del viaggio che il Frank Malone si trovasse proprio lì in zona Vomero, ma controllo ugualmente su Goo- gle Maps che conferma quanto avevo in memoria.

Aspetto dunque il ritorno di Roberto dal bagno e senza fargli particolare fretta lo invito a finire la sua birra in modo tale da fare un giro da un’altra parte. Mi guarda un po’ confuso come se fosse quasi contrariato dal lasciare il locale proprio nel momento in cui l’affluenza soprattutto femminile stava aumentando considerevolmente. In pochi minuti siamo già in strada, la distanza che ci separa dalla nostra prossima birra è di appena un quarto d’ora a piedi e ne approfittiamo per fumare una sigaretta. Il locale si espande già all’esterno sul largo marciapiede frontale con un gran numero di tavolini, condizione che ci permette già da lontano, senza mettere piede all’interno, di notare la presenza delle due ragazze. È Roberto ad anticipare la mia vista con un secco “eccole”. Ci fermiamo dietro uno degli alberi che fiancheggiano la strada e il marciapiede e chiedo a Roberto riguardo le sue intenzioni. Resta in silenzio, mentre lo osservo. “Entriamo senza far finta di nulla?” domando. “Preferisci se andiamo a bere da un’altra parte?” rilancio. Temevo una situazione del genere. “No, voglio andarci a parlare. Tu resta qui se vuoi”. Lo invito ad aspettare e riflettere. “Cosa le diresti scusa? Lei sta bevendo la sua birra e sicuramente non si aspetta nemmeno di vederti. Non sarebbe meglio fare gli indifferenti, entrare al locale e aspettare che siano loro, eventualmente, a notarci?”. Mi guarda tra perplessità e convinzione. “Ok facciamo come dici tu.”

Ci avviamo verso l’entrata facendo finta di smanettare sui rispettivi cellulari. Con la coda degli occhi osservo da una parte Roberto, che pare ripeta le mie stesse operazioni con gli occhi, dall’altra cerco di evitare la gente che mi arriva davanti. Siamo a pochi passi dall’entrata, adesso. La porta d’ingresso si apre verso l’interno e in questo momento è tenuta aperta da un ragazzo che aspetta che esca qualcuno dal locale. Possiamo sgattaiolare dentro molto velocemente. Roberto con un guizzo degno dei migliori attaccanti si stacca e si dirige deciso verso il tavolo delle ragazze. D’istinto allungo la mano per afferrarlo ma non faccio più in tempo, anche perché mi si para davanti una coppia sorridente e mezza brilla intenzionata a entrare dentro. Il mio sguardo punta subito le ragazze. Sono fisse a guardare nella nostra direzione, ma qualcuno sta trattenendo Roberto. Mi avvicino preoccupato, Roberto è spaventato e non dice una parola. Un uomo enorme con mezza vita di palestra lo trattiene cercando di dare all’occhio della gente, poi con un grosso sorriso cerca di tranquillizzarlo invitandolo a entrare dentro al locale per bere. Afferro Roberto per un braccio mentre l’uomo lo lascia andare e lo tiro a me. Qualcuno ai tavoli ha notato la scena e ci guarda in modo non proprio sereno. Elisa e Claudia non sono più al tavolo e anche l’omone si sta allontanando. Mi passa per la testa il pensiero di rincorrerlo, chiedergli chi è e cosa volesse, ma rimando titubante finché lo perdo di vista. “Cosa ti ha detto?”

Chiedo a Roberto. “Nulla. Di non provarci”. Ci pensa il bancone del Frank Malone a rimetterci in sesto l’umore.

Il birrificio Maneba a Striano

Apro gli occhi con il pensiero di un babà e di un ottimo caffè a colazione. Roberto sta ancora dormendo sfinito dal viaggio, dalla serata e dall’accaduto. Presumo non sia riuscito ad addormentarsi facilmente. Ho preferito non addentrarmi in quanto accaduto proprio per non permettere il sovraffollarsi dei pensieri all’interno della sua testa. È molto provato da questa storia e sicuramente il fatto che abbia agito d’istinto per avvicinarsi al tavolo di Elisa è un campanello d’allarme che dovrò mettere in conto per i giorni a venire.

La mattina procede con un’abbondante colazione in centro a base di tutto quello che la pasticceria napoletana può offrirci e un’immancabile pizza per pranzo. Il pomeriggio si apre con una gita fuoriporta a Striano, dall’altra sponda del

Vesuvio, dove ci aspetta Nello Marciano, birraio del birrificio Maneba. Avevo fissato giorni fa quest’appuntamento con Nello incuriosito dalle sue birre e dal suo nuovo locale. Durante il tragitto cerco il dialogo con Roberto. Mi appare più disteso e convinto di una sua strampalata teoria riguardo quanto accaduto la sera precedente. A suo modo di pensare, l’omone sarebbe un bodyguard di Elisa, venuta a sapere non si sa come della nostra presenza lungo il suo viaggio. Inizia inoltre a farmi domande su come io faccia a sapere in modo così dettagliato gli spostamenti delle due ragazze e mi chiede sincerità su questi punti. Rispondo che prima di partire avevo consigliato a Elisa dei locali e dei birrifici, dandole io stesso i contatti.

Nello ci accoglie con un sorriso e il suo viso da eterno ragazzo. Il birrificio Maneba (Marciano Nello Birra Artigianale) na- sce nel lontano 2008 e ha mantenuto nel tempo intatta la sua linea di birre storiche (Vesuvia, L’Oro di Napoli e la Clelia), allargando la produzione nel tempo ad altre quattro tipologie (A Livella, Masaniello, Malafemmina, Partenope). Mentre ci serve Clelia, la blanche di casa, ci spiega il suo più recente progetto, ovvero Maneba Industries. Sempre a Striano, Maneba Industries è il locale direttamente collegato al brand del birrificio. Un locale dove Nello può unire il servizio delle sue birre a un’offerta food dove campeggiano in primo piano pizze e panini molto originali negli accostamenti. Prima del tramonto salutiamo facendo scorta di un paio di birre e ci rimettiamo in viaggio.

Il telefono squilla e il nome Simona illumina il display con il Vesuvio che ci saluta alle spalle. (Appuntamento alla prossima puntata.) ★

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