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Il controllo microbiologico delle superfici nell’industria alimentare
Metodi e tecniche di campionamento e di controllo
La sicurezza di un prodotto alimentare passa anche dall’igiene delle superfici degli ambienti destinati alla sua lavorazione. Da sempre le GMP - Norme di Buona Fabbricazione (Good Manufacturing Practices) dettano e indicano condizioni operative e i relativi requisiti necessari al fine di garantire l’igiene in tutta la catena alimentare.
Le Norme di Buona Fabbricazione
Le Norme di Buona Fabbricazione - GMP nascono all’interno del Codex Alimentarius: raccolta di standard, linee guida e codici di condotta adottati dalla Commissione del Codex Alimentarius. La Commissione, nota anche come CAC, è la parte centrale del Programma congiunto FAO/OMS per gli standard alimentari ed è stata istituita dalla FAO e dall’OMS per proteggere la salute dei consumatori e promuovere pratiche eque nel commercio alimentare. Ha tenuto la sua prima riunione nel 1963. Nello specifico, le GMP forniscono linee guida per: § produzione di alimenti sicuri; § gestione degli stessi; § garantire condizioni favorevoli per la produzione di alimenti sicuri, in primo luogo dal punto di vista igienico. Il fine ultimo è la tutela del cliente, dunque la sicurezza alimentare. Attuare le GMP (Figura 1) significa per l’azienda alimentare mettere in pratica procedure specifiche e soddisfare una serie di requisiti, quali: § la definizione e l’organizzazione delle strutture destinate agli alimenti; § manutenzione ordinaria e straordinaria delle attrezzature utilizzate all’interno dell’azienda; § stoccaggio e corretto smaltimento dei rifiuti; § trasparenza nei sistemi di tracciabilità; § pulizia utensili e attrezzature.
Le aziende alimentari devono includere nel piano di autocontrollo il monitoraggio igienico delle superfici, definendo frequenze, tipo di analisi e livelli di accettabilità dei risultati, oltre a prevedere opportune azioni in caso di riscontri non favorevoli
Laura Scafuri
Tecnologa Alimentare OTALL Responsabile Laboratorio Salumificio Fratelli Beretta S.p.A
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Figura 1. GMP
Monitoraggio igienico delle superfici
L’attuale modello di sicurezza alimentare è stato introdotto dal Regolamento CE 178/2002 che contiene i principi per la successiva emanazione dei Regolamenti del cosiddetto “Pacchetto igiene”. Di fatto, il Regolamento CE 178/2002 introduce proprio l’applicazione di un metodo scientifico che prevede l’analisi del rischio cui ben si collega il controllo delle superfici. Il controllo e la conoscenza, dunque, dello stato igienico delle superfici appare assai rilevante e rientra nell’ottica del controllo di processo verso cui oggi ci si orienta, ben diverso dal controllo del prodotto finito verso cui si era focalizzati prima dell’entrata in vigore del Reg. CE 2073/2005 e s.m.i. che così recita: “Art. 5, punto 2: Se necessario per verificare il rispetto dei criteri, sono prelevati campioni dalle aree e dalle attrezzature in cui avviene la lavorazione degli alimenti, impiegando come metodo di riferimento la norma ISO 18593.” Ne consegue che oggi le aziende alimentari devono includere nel proprio piano di autocontrollo il monitoraggio igienico delle superfici, definendo frequenze, tipo di analisi e livelli di accettabilità dei risultati, oltre a prevedere opportune azioni in caso di riscontri non favorevoli. Si leggano in proposito le “linee guida sui criteri per la predisposizione dei piani di autocontrollo per l’identificazione e la gestione dei pericoli negli stabilimenti che trattano alimenti di origine animale, di cui al Reg. CE 853/2004” in cui possiamo evidenziare quanto segue:
Piano di verifica
L’OSA deve dimostrare di aver messo in atto procedure di verifica dell’efficacia dei metodi di pulizia e disinfezione, elaborando un apposito piano di verifica che deve essere adattato al tipo di lavorazione e all’intensità della produzione. Tale piano potrebbe comprendere: “[...] un programma di campionamento per il controllo microbiologico delle superfici, ove siano specificati i punti di prelievo, i metodi utilizzati, i limiti di accettabilità, le azioni correttive da intraprendere in caso di valori fuori limite. In particolare, gli OSA che: § producono alimenti pronti, i quali possono sviluppare Listeria monocytogenes; § producono alimenti in polvere per lattanti o alimenti in polvere destinati a fini medici speciali per bambini di età inferiore ai sei mesi che possono comportare un rischio da Enterobacter sakazakii[1];
procedono nell’ambito del loro piano di campionamento al prelievo di campioni dalle aree di lavorazione e dalle attrezzature per la ricerca di Listeria monocytogenes e di enterobatteriacee (cfr. art. 5 Reg. CE n. 2073/05). La frequenza di campionamento e analisi nell’ambito del piano di verifica deve essere giustificata, anche alla luce dei risultati ‘storici’ dello stabilimento. I relativi dati devono essere registrati e conservati.” Appare importante allora capire quali superfici, quando, come e dove eseguire il controllo. In questo articolo tratteremo solo di valutazioni di carattere microbiologico, ovvero inerente all’aspetto igienico, correlato alla pulizia e sanificazione degli impianti e degli ambienti. Si tenga presente che, con criteri molto simili a quelli applicabili alle valutazioni qui trattate, le superfici possono essere valutate anche in merito ad allergeni, a residui dei prodotti per la detergenza, ad altri eventuali contaminanti che possono essere critici in base alle lavorazioni e prodotti in gioco, con gli opportuni metodi e approcci analitici. Tratteremo soltanto di analisi microbiologiche di tipo tradizionale, escludendo tecniche diverse ma comunque valide quali la Bioluminometria, la rilevazione rapida di residui proteici, le tecniche con lavaggio (rinse method) e la citometria di flusso.
Quali superfici
La prima classificazione delle superfici oggetto di indagine riguarda il contatto o meno con l’alimento, è necessario distinguere tra: Superfici a contatto: quelle con cui una o più parti dell’alimento (non confezionato) sono a contatto; possono comprendere nastri trasportatori, lame, coltelli, tubi di dosaggio, coclee, etc. Superfici non a contatto: dette anche “a contatto indiretto”, ovvero superfici dell’ambiente produttivo quali pareti, pavimenti, soffitti, bocchette di aerazione, pozzetti etc. Le prime sono di certo quelle più critiche, perché se tali superfici risultassero non igienicamente adeguate, l’alimento che vi si appoggia si potrebbe contaminare. Tra i materiali e gli oggetti che possono entrare a contatto con l’alimento sono da considerare anche i guanti degli operatori che manipolano l’alimento (non confezionato): meritano un’attenzione
rigorosa e il loro uso deve essere oggetto di attenta formazione. Il guanto preserva la mano dell’addetto pulita, come Dispositivo di Protezione Individuale, ma se l’operatore tocca con il guanto “cose” sporche e pulite senza prestare attenzione a tali differenze, inevitabilmente sarà veicolo di potenziale contaminazione – batterica e non solo – e quindi fonte di un possibile danno; questo può essere evitato e limitato solo promuovendo la consapevolezza degli addetti, stimolando la loro responsabilizzazione in tutto il loro operato, previa fornitura naturalmente delle risorse adeguate. Le superfici non a contatto, pur non essendo direttamente coinvolte, sono parte dell’ambiente e si richiede che siano pulite adeguatamente, oltre che igienicamente integre e lavabili.
Quando
Conoscere lo stato igienico delle superfici serve in primis a valutare l’idoneità igienica delle attrezzature e l’efficacia delle operazioni di pulizia preliminari. Questo implica che il controllo debba essere eseguito principalmente in fase “pre-operativa”, cioè dopo che le pulizie sono state completate e prima di iniziare a produrre, a impianto fermo e senza personale. Ci possono essere validi motivi per eseguire controlli anche durante la produzione (fase operativa), utili, ad esempio, a verificare in quanto tempo una determinata superficie si “sporca” o per definire l’inserimento di sanificazioni intermedie o delle sostituzioni operative di parti della macchina (cambio delle lame, sostituzione di coltelli) o, non da ultimo, dei guanti. I controlli possono essere svolti anche al termine della lavorazione (fase post operativa), al fine di avere un quadro dello stato igienico finale complessivo, utili a valutare necessità di operazioni di detergenza e di sanificazione specifiche e mirate. La fase in cui si eseguono i controlli delle superfici risulta determinante anche nella scelta del supporto ( tampone, spugna, etc.) da utilizzare per il campionamento; in particolare, se si interviene in fase pre-operativa e si teme che ci siano residui dei disinfettanti utilizzati nella sanificazione è bene che il supporto sia additivato di neutralizzante specifico, selezionato in base alle indicazioni chiare e complete contenute nel metodo di riferimento per il campionamento delle superfici – ISO 18593 – di cui tratteremo in seguito, proprio per supportare la massima efficacia all’indagine e portare a risultati non falsati da interferenze inattese. Da sottolineare che il campionamento non va eseguito quando c’è presenza di sporco visibile a occhio nudo, così come non va svolto su superfici bagnate o appena disinfettate: deve trascorrere tempo sufficiente affinché l’effetto del disinfettante sia decaduto, per evitare falsi negativi dovuti alla persistenza dell’effetto del principio attivo antibatterico nel supporto di campionamento e nel materiale oggetto di analisi. Infine, da ricordare sempre che dopo il campionamento, la superficie toccata dal supporto (la zona dove si esegue il campionamento) deve essere ripulita e
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Figura 2. Formazione di Biofilm
sanificata, così da ripristinare le condizioni volute per il luogo in cui ci si trova; anche questa raccomandazione è contenuta e normata in ISO 18593.
Dove
La selezione di superfici e di zone/punti specifici da sottoporre al campionamento è fondamentale per avere un controllo rappresentativo ed efficace delle condizioni igieniche dell’impianto produttivo. La conoscenza delle diverse contaminazioni microbiche nelle varie fasi e zone produttive, la loro concentrazione, prevalenza e soprattutto la descrizione di una mappa dei punti di controllo possono essere un utile strumento di monitoraggio, di valutazione di interventi mirati e per campionamenti significativi. Quest’ottica deve mirare a mantenere un livello igienico degli ambienti produttivi robusto e stabile, e scongiurare quanto più possibile la temuta formazione di biofilm, insidiosi annidamenti di colonie batteriche e loro eventuali forme di resistenza, non visibili all’occhio umano e generalmente recidivi a trattamenti di pulizia ordinari (Figura 2). Per organizzare il lavoro è raccomandabile che l’OSA definisca una mappa dell’ambiente oggetto di monitoraggio, con annesso elenco delle zone e punti da campionare, categorizzando ognuno di essi in base al contatto o meno con il prodotto alimentare; utile anche una numerazione progressiva per monitorare gli andamenti nel tempo. In tale valutazione sarà conveniente descrivere anche la “quantità” di superficie da campionare, oltre al supporto con cui il campionamento stesso verrà eseguito preferibilmente. Ma non solo, nella pianificazione andranno indicate le analisi, i parametri microbiologici che si ricercheranno e/o quantificheranno punto per punto e con quale frequenza (mensile, settimanale, etc.). In un piano ben fatto, non mancherà l’indicazione dei valori di accettabilità e le eventuali azioni da intraprendere nei casi di superamento degli stessi.
Quanta superficie
La grandezza di superficie campionata influenza direttamente la probabilità di rilevare i batteri ricercati, sia per rappresentatività statistica, sia per la distribuzione dei microbi che non è mai uniforme (Figura 3). Per la ricerca dei batteri patogeni (Listeria monocytogenes, Salmonella spp, Cronobacter, etc.) la superficie deve essere ampia, non inferiore a 100 cm2; può essere anche riferita a un’intera attrezzatura, come la lama del coltello, paletta del dosatore, etc. I risultati possono essere pertanto riferibili a una certa superficie, ad esempio: “Listeria monocytogenes: rilevata/100cm2 “, oppure “Salmonella: Rilevata/lama del coltello xx”. Quando invece si eseguono campionamenti per avere indicazioni di concentrazioni batteriche, per avere un indicatore numerico di microbi anche confrontabile nel tempo, generalmente in u.f.c (Unità Formanti Colonia), la superficie campionata potrebbe essere anche inferiore a 100 cm2 o individuata dal supporto utilizzato per il campionamento. Anche in questo contesto, il risultato è espresso o sull’intera superficie campionata (ufc/
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Figura 3. Esemplificazione della distribuzione batterica non uniforme superficie campionata) o ricalcolato rispetto all’unità di superficie (ufc/cm2) o anche in riferimento all’oggetto (es. ufc/ lama). Per poter campionare una superficie con un’ampiezza specifica, in modo riferibile e ripetibile, si ricorre generalmente all’utilizzo di apposite maschere dette delimitatori, sterili e monouso o sanificabili e riutilizzabili (Figura 4). La superficie delimitata è generalmente utilizzata quando il campionamento viene eseguito mediante tampone o spugna; quando invece si usano piastre a contatto, rodac o contact slide, che si appoggiano sulla superficie da valutare, i batteri eventualmente presenti cresceranno su questi supporti lì dove sono stati individuati. Anche la riferibilità per unità di superficie, piuttosto che il mezzo di campionamento sono determinanti per la confrontabilità nel tempo dei risultati, oltre che ai fini della redazione dei rapporti di prova qualora l’analisi venisse eseguita da laboratorio. Come eseguire il campionamento delle superfici ben lo illustra la norma ISO 18593 citata anche dal Reg.2073. Gli strumenti più adatti e le procedure da effettuare sono esplicitate nell’articolo seguente.
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Figura 4. Delimitatore
Come eseguire il campionamento delle superfici
La rappresentatività e l’attendibilità del campione è sempre il punto cruciale in qualsiasi ambito di analisi. Lo è anche per le superfici: grandezza della superficie, tecnica di campionamento e mezzo (supporto) utilizzato, fase del prelievo. Le linee guida EHEDG (European
Hygienic Engineering and Design Group) sottolineano che il campionamento delle superfici può non essere sempre riproducibile (perché legato a un elevato numero di fattori) e che necessita di operatori ben formati e di procedure di prelievo standardizzate.
Bene dunque prendere a riferimento la definizione di campione data dalla norma ISO 19036, che si occupa di incertezza di misura nelle prove microbiologiche.
I supporti per il campionamento
A questo punto è necessario illustrare quali e quanti mezzi sono disponibili per il campionamento delle superfici ai fini della loro valutazione igienica. Parliamo di “supporti”, ovvero di quei particolari dispositivi con cui si “strofina” la superficie che intendiamo sottoporre ad analisi. La norma ISO 18593 ne considera diversi e ne descrive le caratteristiche e l’utilizzo più indicato. La caratteristica comune è che devono essere sterili e privi di sostanze che potrebbero interferire con la crescita dei batteri (azione inibente); quindi devono avere una qualità documentata (certificazione del produttore).
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I supporti per il campionamento devono essere sterili e privi di sostanze che potrebbero interferire con la crescita dei batteri
CAMPIONE
Uno o più elementi (o una proporzione di materiale) selezionati in qualche modo da una popolazione (o da una quantità più grande di materiale) previsti per fornire informazioni rappresentative della popolazione ed eventualmente per fungere da base per una decisione sulla popolazione o sul processo che l’ha prodotta
Quale supporto scegliere? Spesso la scelta si basa su abitudini e comodità, ma dovrebbe essere invece dettata dal tipo di superficie, dalla sua accessibilità e dall’oggetto dell’analisi. In generale, si usa spugna o panno per superfici piane, lisce ed estese e per la ricerca qualitativa di patogeni; il tampone è preferibile per superfici o zone irregolari o strette, come fessure o canali e per valutazioni di tipo quantitativo (conteggi di batteri nell’unità di superficie o nella zona). Di seguito vediamo i diversi supporti disponibili descritti dalla norma ISO 18593 per il campionamento delle superfici e le loro modalità di utilizzo. Piastre a contatto (Contact plate): note anche con il nome di Rodac, dischi in materiale plastico, di diametro variabile, con strato agarizzato o da reidratare. Devono avere forma e terreno adatto, possono essere utilizzati anche tipi di supporto diversi da Rodac, ad esempio prodotti commerciali da reidratare (Figura 5). Tamponi (Swab): bastoncini preferibilmente di materiale plastico con all’estremità un fiocco di materiale assorbente (cotone, rayon o alginato), contenuti individualmente in una provetta o in un involucro e con il bastoncino spezzabile (Figura 6).
Guanti e panni sterili (Glove, wipes):
panni o guanti di materiale assorbente/ spugnoso, in confezioni individuale, disidratati o pre-inumiditi con soluzione tamponata o neutralizzante. Preferiti per superfici estese (Figura 7). Spugne (sponge): spugne di forma generalmente rettangolare da usare con guanto sterile o già agganciate a un manico apposito, detto Sponge stick (Figure 8 e 9). In commercio esistono anche supporti denominati Contact o Deep slides (Figura 10) esclusi dalla versione vigente della ISO 18593. Generalmente di forma rettangolare con manico inserito nel coperchio del contenitore; possono avere due terreni diversi, uno per faccia del rettangolo, per poter essere usati per due valutazioni (tipo di batteri) contemporaneamente. Naturalmente devono essere terreni per analisi/metodi che richiedono le medesime condizioni di incubazione (tempo e temperatura). Contact slide e simili vanno bene per zone molto standardizzate, superfici piane e regolari.
Figura 5. Piastra Rodac Figura 6. Tampone
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Come si procede?
Il prelievo deve essere eseguito da personale specificatamente formato, preferibilmente individuato anche nel manuale di autocontrollo dell’impresa; deve essere inclusa una lista delle verifiche da condurre prima dell’esecuzione del campionamento quanto a: § disponibilità e adeguatezza dei materiali e delle attrezzature necessari per la raccolta, la preparazione e l’invio dei campioni (sapone e disinfettante per le mani, un piano di appoggio adeguato, guanti sterili, i supporti scelti e definiti “delimitatore, soluzione tampone sterile in provette da trasporto, tamponi sterili per campionamento, spugnette, soluzione disinfettante o altri presidi
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Figura 7. Campionamento con panno
Figura 8. Spugna
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Figura 9. Sponge stick
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Figura 10. Deep slide
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per la disinfezione del delimitatore, etichette e quant’altro necessario per identificare il campione, etc.”; § disponibilità del laboratorio a ricevere e analizzare i campioni nei tempi previsti (entro 48 ore massimo dal
momento del prelievo, a condizione che il campione venga mantenuto refrigerato); § lavare e disinfettare le mani e asciugarle con carta a perdere prima di indossare i guanti stando attenti a
non toccare la superficie esterna dei guanti; § se del caso farsi aiutare da una persona che proceda all’apertura della busta dei guanti e delle altre attrezzature sterili senza entrare in contatto con il contenuto; § assicurarsi che le maniche del camice o comunque gli indumenti non possano entrare in contatto al momento del prelievo e della sua preparazione con le superfici da campionare e/o con le attrezzature sterili.
Dopo avere identificato i siti di campionamento, delimitare l’area da sottoporre a prelievo.
Possono essere impiegati delimitatori sterili monouso o reimpiegabili (Figura 4) in materiale lavabile e disinfettabile. In quest’ultimo caso, deve essere garantito che le procedure di disinfezione del delimitatore non influiscano sui risultati del campionamento (per esempio, nel caso in cui il delimitatore fosse stato immerso in una soluzione disinfettante, è necessario assicurare che la soluzione disinfettante non possa spandersi sull’area soggetta a campionamento – assicurare un tempo di contatto adeguato tra il disinfettante e il delimitatore). L’area compresa nel perimetro interno del delimitatore non deve venire a contatto con le mani dell’operatore né con alcun altro materiale diverso dal tampone per campionamento. Strisciare il tampone su tutta l’area oggetto di prelievo esercitando una buona pressione e avendo cura di ruotare il tampone in modo che tutta la superficie del tampone stesso entri in contatto con la superficie da campionare. Il tampone dovrebbe essere strisciato sulla superficie da campionare orizzon-
talmente, verticalmente e in diagonale (circa dieci volte in ciascun senso). Il tampone non deve essere strofinato al di fuori dell’area delimitata. Riporre quindi il tampone nella provetta contenente il diluente sterile, spezzando l’asta contro la parete del contenitore. Completate le attività di campionamento, riporre i tamponi nelle rispettive provette in un sacchetto di plastica sul quale sia stata apposta una etichetta identificativa del campione. Sigillare il sacchetto e predisporre per l’invio al laboratorio dopo avere verificato la corretta e completa identificazione del campione (Figura 11).
Preparare le spugne aggiungendo nel loro contenitore/sacchetto sterile una quantità di diluente sterile sufficiente a inumidire la spugna senza che rimanga del liquido libero visibile al fondo del sacchetto (10 ml dovrebbe essere una quantità adeguata). Massaggiare la spugna dall’esterno per essere certi che la stessa sia uniformemente inumidita, quindi, con adeguati movimenti dall’esterno, spingere la spugna verso l’apertura del sacchetto prima di aprire la busta plastica per estrarla, stando attenti a che la stessa non entri in contatto con le superfici esterne. La spugna deve essere estratta dalla busta plastica al momento del prelievo da parte dell’operatore addetto al campionamento. Esistono in commercio spugnette già inumidite, pronte all’uso, anche con manico (Sponge Stick, vedi Figura 9) per facilitare il prelievo e ridurre il pericolo di toccare la spugna con mani o indumenti. Allo stesso modo, sono disponibili in commercio spugne pre-imbevute con i diversi neutralizzanti indicati dalla norma ISO 18593 (Figura 12). Dopo avere identificato i siti di campionamento, delimitare l’area da sottoporre a prelievo, che deve essere di almeno di 100 cm2, mediante l’impiego della maschera che delimiti un’area quadrata di 10 cm di lato. Per l’uso di delimitatori, si veda quanto già illustrato nel paragrafo precedente relativo all’uso con tampone. Strofinare la spugna esercitando una buona pressione sull’area delimitata dalla maschera sia in senso orizzontale sia verticale (circa 10 volte in un senso e 10 nell’altro). L’intera superficie racchiusa all’interno del delimitatore deve essere interessata dal campionamento. La spugna non deve essere strofinata al di fuori dell’area delimitata. Si preferiscono generalmente le spugne per superfici estese, sia in termini di impianto sia in termini di oggetto del campionamento. Completate le attività di campionamento, riporre la spugna nella busta di plastica. Sigillare il sacchetto e predisporre per l’invio al laboratorio dopo avere verificato la corretta identificazione del campione. Terminato il prelievo (campionamento della superficie), pulire e disinfettare la superficie testata per evitare che rimangano tracce dei materiali utilizzati durante il prelievo. Nel caso in cui su una stessa superficie/zona si volessero verificare più parametri (es. analisi qualitative come ricerca di Salmonella spp e ricerca di Listeria monocytogenes e analisi quantitative ad esempio conteggio della carica microbica totale, di Escherichia coli, etc.) è bene conferire al laboratorio supporti diversi, uno per l’analisi quantitativa e uno per ogni analisi qualitativa richiesta.
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Figura 11. Campionamento con tampone
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Figura 12. Campionamento con spugna e delimitatore
Il ruolo del laboratorio di analisi
Tempo e temperatura del trasporto del supporto al laboratorio deputato alla sua analisi devono rispettare condizioni specifiche, anch’esse correlate all’affidabilità dei risultati attesi.
Trasporto dei supporti
È necessario fare attenzione, perché eventuali batteri “catturati” dal campionamento possono iniziare a proliferare sul supporto stesso prima che l’analisi dello stesso inizi, portando ad alterare il risultato originale relativo alla situazione effettiva della superficie oggetto di valutazione. Pertanto, anche in merito alle condizioni di trasporto interviene la norma ISO 18593 che prevede che esso avvenga a temperature comprese fra 1 e 8°C e che le analisi inizino preferibilmente entro 24 ore dal momento del campionamento; in caso ciò non possa avvenire, i supporti possono sostare in frigorifero, chiusi nei loro contenitori a temperature comprese fra 1 e 5°C fino a un massimo di 48 ore dal campionamento, prima di essere sottoposti ad analisi.
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Limiti di accettabilità
Per ogni valutazione analitica, soprattutto se definita all’interno di un piano di monitoraggio e di controllo, è necessario siano definiti limiti di accettabilità per i parametri oggetto di analisi; il mancato rispetto di tali limiti deve ragionevolmente prevedere adeguate azioni di correzione e di intervento, così come l’evidenza del mantenimento nel tempo può definire opportune azioni di miglioramento, per esempio una rivisitazione periodica delle frequenze di campionamento o la modifica dei punti di controllo. La definizione dei limiti è bene sia supportata da documenti di riferimento, ovvero da Linee guida documentate. Tra queste, spesso si prende spunto dal documento realizzato dall’INAIL “La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi” che riporta utili considerazioni sul monitoraggio ambientale. Questo documento specifica che dal punto di vista normativo non vi sono testi disponibili specifici per il controllo del campionamento microbiologico delle superfici, ma che “gli ambiti in cui risulta muoversi la letteratura nazionale e internazionale in materia di analisi microbiologica delle superfici sono principalmente due: Sanitario-Farmaceutico e Alimenti e mangimi per animali”. Per le valutazioni qualitative relative a batteri patogeni (Salmonella spp, Listeria monocytogenes) il criterio è semplice: non devono essere rilevati/superficie campionata. Invece, per parametri indicatori di Buona Prassi di Lavorazione (BPL o GMP) come conta colonie aerobie a 30°C, enterobatteri ed Escherichia coli devono essere definiti dei limiti di accettabilità, con eventuale valore di attenzione e di rifiuto. Il giudizio sulla qualità microbiologica deve essere espresso in base agli standard stabiliti internamente, e può essere completato tenendo conto di due limiti:
Il giudizio sulla qualità microbiologica deve essere espresso in base agli standard stabiliti internamente
§ Limite di Allerta: il numero di UFC è tale da indicare una deviazione rispetto alle condizioni operative standard.
Il suo superamento deve “mettere sull’avviso” e indurre a una valutazione attenta dei processi effettuati e del comportamento del personale. § Limite di Azione: segnala una situazione critica da correggere immediatamente.
Tali limiti non possono assumere il significato di un valore assoluto, ma vanno inquadrati all’interno di un trend e valutati seguendo le caratteristiche dell’ambiente a cui sono riferiti. L’andamento dei risultati nel tempo può essere ben rappresentato anche in forma di carta di controllo con evidenza delle tendenze dei risultati (Figura 14). Queste indicazioni trovano chiara esposizione nel documento Codex General Guidelines on Sampling CAC/GL 50-2004. Ad esempio, secondo gli autori del documento, le piastre a contatto sono molto utili per superfici poco contaminate. Poiché i metodi messi a confronto non sono risultati molto sovrapponibili, suggeriscono di prevedere l’utilizzo di più metodi per i diversi parametri.
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Piani di controllo specifici per l’esportazione: casi particolari e requisiti
Per alcuni settori dell’industria alimentare, in particolare per quello delle carni, e per poter esportare talune categorie di alimenti verso paesi non appartenenti all’Unione europea, verso gli USA ma non solo, sono richiesti piani di controllo molto specifici e rigorosi, con utilizzo di spugne su superfici molto ampie (900 cm2 e oltre), con neutralizzante specifico (Dey Engley); per l’esecuzione delle analisi sono inoltre previsti metodi particolari e accreditati, definiti dall’USDA (United States Department of Agriculture), contenuti in MLG (Microbiology Laboratory Guidebook ) ovvero i metodi usati da FSIS (Food Safety and Inspection Service) nella gestione delle attività normate, o da essa riconosciuti equivalenti (Figura 15). Il documento principale di riferimento è il Code of Federal Regulation (CFR) Title 9[3], ma il Ministero della Salute ne ha ripreso tutti i requisiti previsti in diverse note ministeriali (DGISAN). Così si legge nella DGISAN 42841 del 2019: “Il Programma di Controllo per Listeria monocytogenes (Lm) deve essere verificato mediante un piano di campionamento ordinario che deve: § elencare le superfici a contatto da campionare; § indicare la frequenza dei test; § identificare le dimensioni e la localizzazione dei siti da campionare; § prevedere la spiegazione del perché le frequenze previste sono sufficienti a controllare Listeria monocytogenes; § identificare le condizioni alle quali lo stabilimento tratterrà e testerà i prodotti finiti (hold & test).
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Figura 14. Esempio carta di controllo conta aerobia mesofila totale
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Figura 15. Riferimento metodi equivalenti per USDA
Al fine di identificare al meglio le superfici da sottoporre a piano di campionamento è necessario che ogni stabilimento disponga di una planimetria aggiornata dell’ambiente post letale [2], nonché della lista di ogni possibile superficie destinata a venire a contatto con alimenti e di quelle a contatto indiretto o non a contatto. Descrizioni dettagliate specifiche per l’Export USA di cui si è trattato sono incluse nel DGISAN 42841 con particolare focus sulla rilevazione di Listeria monocytogenes, che per questa destinazione prevede tolleranza zero. Se la tecnica di campionamento è la stessa (campionamenti mediante spugne o sponge stick – Figure 8 e 9 – su superfici estese, anche pari a 30 x 30 cm) variano tempi e condizioni di trasporto al laboratorio: il trasporto deve avvenire a temperatura non superiore a 4°C e, soprattutto, l’analisi deve iniziare non oltre le 24 ore dal campionamento. Sono condizioni inderogabili, oggetto di severi controlli durante le fasi di ispezione, di abilitazione e di mantenimento nelle liste export e a ogni fase di certificazione per esportazione. La documentazione dovrà essere coerente a quanto atteso.
Il Rapporto di Prova
Vediamo ora come il laboratorio debba gestire le analisi su questo tipo di matrici specifiche e come possono essere documentati i relativi risultati nel rapporto di prova. Innanzitutto, consideriamo di rivolgerci a un laboratorio accreditato; per poter svolgere le analisi che richiederemo, dobbiamo verificare che il laboratorio disponga di metodi accreditati applicabili alla matrice “Supporti da campionamento di superfici di aziende alimentari”; possiamo valutare inoltre se il laboratorio ha accreditato anche il metodo di campionamento ISO 18593, nel caso volessimo affidargli anche l’operazione di campionamento. In questo secondo caso, il Rapporto di Prova darà evidenza di analisi completamente accreditata, sia nel campionamento sia nel metodo applicato per la prova microbiologica richiesta. Nel conferimento dei campioni è necessario compilare un “verbale”, documento su cui deve essere indicato almeno: § chi ha eseguito il campionamento; § con quale metodo e se tale metodo è accreditato; § il tipo di supporto utilizzato (tampone, spugna, etc.) che è l’oggetto di analisi; § una descrizione del punto di campionamento (es. Tavolo di sezionamento, etc.); § la superficie campionata, in cm o in dm2 ove definita; in caso di oggetti interi, questa informazione va precisata; § data e ora del campionamento (da cui sarà calcolata l’ora di inizio analisi e quindi il rispetto del requisito previsto dalla norma ISO 18593 o dalle condizioni di esportazione; n.b.: sono prese in considerazione le ore: per esempio: se il campionamento è stato eseguito alle ore 5.30 del giorno 1, per l’export USA le analisi devono iniziare entro e non oltre le 5.30 del giorno 2. Tali informazioni sono e devono essere rintracciabili dal Rapporto di
Prova e dal verbale di campionamento a esso univocamente collegato.
Sulla gestione della reportistica delle superfici, Accredia è molto rigorosa a tutela dei clienti e fornisce regole molto dettagliate, che discendono dalla norma di riferimento per l’accreditamento dei Laboratori di Prova ISO 17025, ben descritte nel Regolamento tecnico “Accredia RT 08 Prescrizioni per l’accreditamento dei laboratori di prova”. In particolare: se il laboratorio esegue il campionamento, ma questo è escluso dall’accreditamento, il Rapporto di prova deve riportare tale esclusione e il campionamento deve essere indicato come “non oggetto di accreditamento”. Se il campionamento comporti effettuazione di misure della superficie, il laboratorio deve esprimere i risultati in unità di misura di cui può garantire la riferibilità. Pertanto, se il campionamento non è accreditato o è effettuato dal cliente, il laboratorio deve esprimere: § il risultato senza tener conto delle misure effettuate in fase di campionamento (UFC e non UFC/cm2, etc.); § può anche riportare i risultati espressi nelle unità di misura che tengono conto delle misure effettuate in fase di campionamento, purché, in fase di ricezione del campione e/o nel verbale, sia ben chiara la dichiarazione di chi ha eseguito il campionamento, sottoscritta dallo stesso, delle misure effettuate in fase di campionamento (es. superficie che ha campionato); in questo modo il risultato è riferibile a un’unità di misura specifica e nel rapporto di prova si evidenzia una dichiarazione del tipo seguente: “il risultato, così come espresso in unità di misura (es. superficie), è stato ottenuto mediante elaborazione dei dati (es. area misurata) espressamente dichiarati da chi ha eseguito il campionamento”.
Si osservi in Figura 16 l’espressione del risultato, le indicazioni del supporto utilizzato, della superficie campionata oltre alle indicazioni temporali.
Conclusioni
L’igiene degli ambienti di lavoro è un argomento cruciale per la produzione di alimenti sicuri, stabili e esportabili. Il controllo delle superfici passa innanzitutto dall’occhio umano, dall’attenzione degli operatori e quindi dalla loro formazione e responsabilizzazione a utilizzare solo attrezzature e impianti in primis visivamente puliti (assenza
di residui visibili, di ristagni di acqua, di untuosità, rugosità, di odori sgradevoli e non pertinenti, come minimo). Un monitoraggio robusto e mirato, con uso di supporti specifici e selezionati, deve essere svolto sistematicamente per valutare nel tempo eventuali deviazioni da condizioni di accettabilità definite, per prevenire contaminazioni inattese, decadimenti del prodotto, incidenti alimentari, formazione di nicchie batteriche resistenti e nell’ottica del miglioramento continuo. La tenuta sotto controllo del processo supporta efficacemente maggiore sicurezza del prodotto finito.
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Figura 16. Esempio Rapporto di prova
Da non sottovalutare anche la Buona Prassi dello studio dei programmi di detergenza e di sanificazione che devono essere riverificati spesso e modulati in base alle esigenze delle produzioni stesse, alle osservazioni raccolte e non definiti “per sempre”. La scelta non dipende solo dal pensare che si hanno microbi da eliminare; la scelta deve tenere conto anche: § che ci sono i microbi a diversa resistenza; § dove li devo eliminare (superfici chiuse, superfici aperte); § su che tipo di superficie si applicano; § se devo eliminare qualcosa d’altro (odore, colore); § che tecnologia uso (CIP, manuale, schiuma, asciutto, bagnato); § che disinfettante uso (pronto all’uso, da diluire, concentrato); § sicurezza degli operatori (odore, corrosione, aerosol); § esperienza e capacità degli operatori; § tempo a disposizione (monofase).
La detergenza è in grado di risolvere tutti i problemi chimici e microbiologici; se non lo fa non è colpa della detergenza ma dell’ignoranza di chi la usa (non-conoscenza = mancata formazione). Tutto quanto sopra, non è altro che Cultura della Sicurezza Alimentare, come cita il Regolamento UE 2021/382 al CAPITOLO XI bis Cultura della sicurezza alimentare: Gli operatori del settore alimentare devono istituire e mantenere un’adeguata cultura della sicurezza alimentare, e fornire prove che la dimostrino, rispettando i requisiti seguenti: § impegno da parte della dirigenza, conformemente al punto 2, e di tutti i dipendenti alla produzione e alla distribuzione sicure degli alimenti; § ruolo guida nella produzione di alimenti sicuri e nel coinvolgimento di tutti i dipendenti in prassi di sicurezza alimentare; § consapevolezza, da parte di tutti i dipendenti dell’impresa, dei pericoli per la sicurezza alimentare e dell’importanza della sicurezza e dell’igiene degli alimenti; § comunicazione aperta e chiara tra tutti i dipendenti dell’impresa, nell’ambito di un’attività e tra attività consecutive, compresa la comunicazione di deviazioni e aspettative; § disponibilità di risorse sufficienti per garantire la manipolazione sicura e igienica degli alimenti.
La cultura della sicurezza alimentare – da intendersi in termini di impegno della proprietà e della gestione a formare tutti i dipendenti, lavoratori e collaboratori – è la condizione di base per prevenire tossinfezioni e food safety crisis.
NOTE
[1] Oggi Cronobacter sakazaki (n.d.a) [2] Ambiente post – letale: zona in cui l’alimento è pronto e finito per essere esportato, dopo aver subito trattamenti di abbattimento della carica microbica (cottura, pastorizzazione, etc.) [3] Consultabile sul sito del Code of Federal Regulations statunitense http://www.gpoaccess.gov/cfr/index. html
BIBLIOGRAFIA
§ Codex alimentarius CXC 1-1969 rev. 2020 General Principles of Food
Hygiene. § ISO 18593: 2018 Microbiology of the food chaine – Horizontal methods for surface sampling. § Anses EURL LM Guidelines on sampling the food processing area and equipment for the detection of Listeria monocytogenes veriosn 3-20/08/2012. § DGISAN 42841 del 26-06-2019
Listeria monocytogenes e Salmonella spp nei prodotti a base di carne suina destinati all’export negli
USA – Criteri e modalità di gestione dell’autocontrollo aziendale e modalità di verifica dell’Autorità
Competente. § (REGOLAMENTO (UE) 2021/382
DELLA COMMISSIONE del 3 marzo 2021 che modifica gli allegati del regolamento (CE) n. 852/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari per quanto riguarda la gestione degli allergeni alimentari, la ridistribuzione degli alimenti e la cultura della sicurezza alimentare). § RT-08 Accredia Prescrizioni per l’accreditamento dei Laboratori di
Prova. § UNI CEI/EN ISO/IEC 17025: 2018
Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura. § Cleaning Validation in the Food
Industry - General Principles, Part 1
September 2021 European Hygienic
Engineering and Design Group. § La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi. INAIL, maggio 2017. § Codex General Guidelines on Sampling CAC/GL 50 2004. § Code of Federal Regulation (CFR) title 9.
Si ringraziano il dottor Massimo Tarditi per aver concesso l’utilizzo di alcune immagini; la dr.ssa Serena Leardini per le immagini presenti in questo articolo di proprietà ©Romer Labs Division Holding GmbH che sono state riprodotte con licenza.
Screening degli allergeni con SENSIStrip e il RapidScan ST5-W di Eurofins Technologies
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I lateral flow SENSIStrip sono lo strumento perfetto per controllare la potenziale contaminazione crociata da diversi allergeni alimentari, con uno screening rapido delle materie prime, delle fasi del processo produttivo, monitorando l’efficacia dei lavaggi, la pulizia delle superfici e del prodotto finale. Ciascun kit è fornito insieme a tutto il necessario, pronto all’uso, per eseguire l’analisi attraverso 20 test singoli su matrici alimentari o campioni ambientali, includendo una scheda di valutazione per l’interpretazione di un risultato semi-quantitativo basato sull’intensità della linea di test sulla striscia. Le SENSIStrip sono, inoltre, abbinabili al nuovo lettore RapidScan ST5-W, adatto per essere usato sul campo e nelle fasi di processo che necessitano di risultati rapidi. Lo strumento portatile, facile da utilizzare e flessibile, consente la lettura non solo dei lateral flow per gli allergeni, ma anche per le altre linee per glifosato, OGM e tossine algali. Con una capacità di memoria fino a 5000 risultati, permette di creare ed esportare i report necessari. Questo nuovo lettore è in grado di fornire una soluzione integrata per tutti i produttori alimentari, fornendo un’alternativa affidabile per verificare la presenza di più contaminazioni diverse attraverso l’uso di strip specifiche con un dispositivo di lettura unico, in pochi minuti e in qualsiasi ambiente di lavoro. Per una consulenza senza impegno, contattateci all’indirizzo Support.ET.Trieste@ eurofins.com.
EUROFINS TECNA
www.eurofins.it
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SENSIStrip posta all’interno del campione da analizzare, opportunamente preparato
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SENSIStrip che può essere facilmente letta, una volta inserita nel RapidScan ST5-W