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PEST MANAGEMENT

Cioccolato... e farfalline

Case history dell’evoluzione di un trattamento antiparassitario in un’industria del cioccolato

In questo articolo si descriverà l’evoluzione di una disinfestazione da lepidotteri delle nocciole (vedremo poi quale) in una fase della produzione del cioccolato, che avviene nella sala di concaggio, destinato anche a essere mescolato sia a nocciole intere sia frantumate.

Prima fase: Dove-CosaCome-Quando-Chi

Il dove è comune alle tre fasi che saranno esaminate di seguito: il locale di concaggio (di miscelazione e omogeneizzazione del “liquore di cacao”) che nei cicli di produzione dell’azienda in esame durano dalle 24 alle 72 ore a riprova dell’ottima qualità del cioccolato prodotto (in quelli di minor qualità il concaggio dura poche ore). Il ciclo di lavorazione avviene in tubature e conche sigillate, praticamente non vi è contatto dell’intermedio di lavorazione e l’ambiente esterno. Tranne nelle fasi di manutenzione degli impianti. Dimensioni stimate 14 metri, parete che è rivolta all’esterno con due portoni di accesso e una vetrata posta a circa 6 m di altezza esposizione a ovest, prende il sole il pomeriggio. Contro parete posta all’interno sempre ≈14 m senza nessuna apertura se non le tubazioni di passaggio prodotto. Parete nord ≈12 m senza por-

Durante il concaggio la massa di cacao è continuamente mescolata ad alta temperatura, fino all’ottenimento di una consistenza liscia e omogenea

te e finestre parete sud confinante con il resto dello stabilimento senza nessuna apertura tranne le solite tubature. Altezza del soffitto ≈10 m. Dimensioni: in pianta ≈170 m² e la cubatura 1700 m³ (vuoto per pieno). Ambiente esterno strada asfaltata con marciapiedi e piccole aiuole (poco curate) e presenza di flora spontanea. Nessuna presenza di piccioni e neppure altri uccelli se non occasionalmente dei merli in primavera. Lo stabilimento non presenta infestazione di roditori e di randagismo felino. Il servizio di vigilanza notturno ha abbandonato l’abitudine di circolare con cani da guardia già da parecchi anni. Il transito di merce in arrivo e partenza è monitorato all’entrata dagli addetti alla guardiola e in uscita dai magazzinieri. I visitatori sono ammessi limitatamente ai locali di rappresentanza. L’accesso ai luoghi di produzione è ben sorvegliato con vestiario usa e getta. La disinfestazione e le pulizie sono gestite da ditte esterne, mentre la pulizia dei macchinari è delegata al personale dell’azienda. Per il “cosa” mi riferisco solo alle entità infestanti del locale in esame ove nella stagione calda si lamenta una presenza indicata genericamente da “tignole”. Gli interventi di monitoraggio sono delegati alla ditta di disinfestazione che pone

Graziano Dassi

Autore per Dimensione Pulito

Tignola del cacao (Credits: Clemson University - USDA Cooperative Extension Slide Series, Bugwood.org) Plodia interpunctella o Tignola fasciata del grano (credits: Di Pudding4brains - Opera propria, Pubblico dominio)

nel locale 4 trappole a feromoni verificate ogni 10-15 gg e alle prime catture si attua un trattamento adulticida. Le procedure operative (come) sono realizzate “a chiamata” per mezzo di piretroide fotostabile erogato con termonebbiogeno. Dosaggio unitario non indicato la decisione spetta all’operatore. L’addetto alla disinfestazione (chi): essendo un trattamento a chiamata (sempre in urgenza) viene eseguito dalla squadra che è geograficamente più vicina alla realtà operativa secondo modalità abbastanza standardizzate, ma non con la precisione che sarebbe necessaria. I risultati sono giudicati discreti ma “a sensazione” dell’addetto aziendale che assolve il compito di seguire quel tipo di servizio.

Seconda fase: entra in vigore il sistema HACCP

Il “dove” resta identico, ma vengono migliorati i controlli delle pulizie sia ambientali che delle attrezzature e macchinari di produzione. Il “cosa” diventa Ephestia spp. Con una indicazione anche sulla modulistica in modo affrettato e soprattutto a un operatore che mastica poco di entomologia. Il “come” viene modificato radicalmente: si porta a sei il numero delle trappole a feromone posizionate dalla ditta esterna con report mensili coadiuvato nei conteggi effettuati settimanalmente con l’avvento della primavera dall’addetto interno responsabile dei controlli della lotta antiparassitaria, che nel frattempo ha seguito un corso di sviluppo professionale. Soprattutto è cambiato radicalmente il metodo di lotta adulticida. Si è posizionato un sistema automatico di nebulizzazione erogante un formulato a base di estratto naturale di piretro energizzato con PBO utilizzato

Le modifiche delle norme cogenti e di quelle volontarie hanno portato a protocolli mirati, verificati e monitorati da personale professionalmente formato e addestrato

all’1% e temporizzato per applicazioni notturne ogni 10 gg e l’orario preordinato contempla una erogazione di 15 minuti con inizio alle 23:30. All’interno della direzione aziendale si decide una revisione generale della gestione dei servizi di controllo qualità: controlli microbiologici, entomologici e di pulizia che viene affidata come compito e responsabilità alla biologa direttrice dei laboratori che in breve tempo mette in atto una serie di interviste e compilazioni di moduli (check list) che consentono di radiografare lo stato dell’arte e di attivare un piano di ammodernamento.

Terza fase che potremmo definire dell’IPM

Non è questa la sede per analizzare i profondi cambiamenti formali, di formazione e di attuazione dei protocolli rendendoli coerenti con le norme sia cogenti (nel frattempo modificate) sia volontarie. Per il nostro locale di concaggio si è cominciato a porsi la domanda del perché si riscontrasse la presenza di “farfalline” identificate come Ephestia spp nonostante non ci fosse praticamente presenza di sfridi di produzione per cui è stata richiesta una identificazione dell’insetto che risultò essere invece Plodia Interpunctella. Le differenze morfologiche sono facilmente identificabili, ma il tecnico-disinfestatore o non le conosceva o si è fidato di quello che era sulla bocca di tutti. Tuttavia anche trattandosi di plodie (insetto presente anche nell’ambiente) non spiegava esaurientemente la presenza endemica in un locale in cui non vi era presenza di sfridi. L’ipotesi più plausibile era l’andirivieni del personale, ipotesi rafforzata dal fatto che nel locale non si erano riscontrate presenze di larve. Altra modifica ai protocolli è stata quella di disattivare la programmazione automatica dei trattamenti per cui il sistema si attivava solamente se l’erogazione del formulato fosse ritenuta indispensabile. Inoltre il formulato a base di piretro sarebbe stato privo di PBO. Il dosaggio desunto dal testo dell’etichetta del prodotto (ritenuto idoneo) e la taratura del sistema aveva consentito di ridurre tempo di erogazione a 8-9 min. infatti la portata del sistema era di 4 l/min e i dosaggi suggeriti erano di 1 litro di sospensione al 5% per 500 m³. Restava per estrema prudenza da verificare l’efficacia del piretro senza sinergizzante, ma l’emergenza Covid ha cambiato le priorità. Inoltre, trattandosi di trattamenti notturni in assenza di luce, i dubbi erano ingiustificati. A ciò si aggiunge che le catture si erano ridotte a pochi esemplari per trappola. Per cui il sistema restava in preallarme ma praticamente inutilizzato.

Per concludere

Nel caso esaminato appaiono a parer mio due aspetti positivi. Il primo che le modifiche delle norme cogenti e di quelle volontarie hanno portato a protocolli mirati, verificati e monitorati da personale professionalmente formato e addestrato. Per il secondo punto mi pare giusto sottolineare che una biologa specializzata in microbiologia abbia in breve tempo assimilato le cognizioni necessarie per altre discipline trasferendo in esse il rigore metodologico di routine in un laboratorio di analisi mi sembra che non sia determinante la specifica competenza, ma piuttosto il rigore professionale basato sulla misurazione di ciò che è oggetto di verifica.

THEOBROMA CACAO

La legge consente di addizionare i cioccolati con grassi idrogenati

gomma. La raccolta dei baccelli è fatta a mano e anche la separazione dei semi dalla polpa (operazione che richiede una manualità non facile da apprendere). Senza entrare troppo nei dettagli, per superare l’amaro delle fave e renderle atte alla produzione del cioccolato devono essere messe in atto parecchie fasi: § La fermentazione: è un processo enzimatico nel quale gli zuccheri della polpa vengono trasformati in aceto e altre sostanze acide inoltre le temperature raggiunte (≥50°C) e la diminuzione del pH inibiscono la germinazione dei semi. § A fermentazione ultimata si passa all’essicazione, fase in cui si completano le trasformazioni biochimiche che cessano al raggiungimento di una umidità ≤ all’8%. A questo punto i baccelli hanno perso il 50% del peso

iniziale e le fave hanno assunto il loro colore bruno. § A questo punto le fave vengono tostate a 230°C per 20 min. § Dopo la tostatura si passa alla mondatura delle fave che ora hanno l’aspetto classico di grossi fagioli marrone scuro dal classico odore pungente. § La fase successiva porta a quello che viene indicato come “liquore di cacao” assolutamente esente da alcol: si tratta di una pasta densa che comincia ad assomigliare alle creme di cioccolato che noi troviamo in commercio. Questa sorta di cioccolato grezzo è costituito da burro di cacao (50%) e cacao vero e proprio per il restante 50%, ma il ciclo di produzione non è ancora terminato. § Ora le strade dei cicli di produzione si dividono a seconda

della destinazione che si vorrà raggiungere. Basti sapere che il tutto viene compresso e addizionato da varie sostanze fra cui la lecitina e sovente la vaniglia. L’obiettivo di tutti i cicli è di ottenere un impasto omogeneo senza grumi. § Dal 1879 nella produzione del cioccolato si inserisce la fase di concaggio che consiste nel porre il “liquore di cacao” in grandi recipienti (conche) dove viene mescolato per ore (fino a 3 gg per i prodotti di pregio) con lo scopo di omogeneizzare il prodotto e ridurre ulteriormente i microcristalli ivi contenuti. § A questo punto le strade si separano e ognuna porterà a un prodotto più o meno di qualità dai cioccolati addizionati da grassi idrogenati (la legge lo consente) a quelli di alta gamma.

Il monitoraggio delle tignole delle derrate

Oggi parlare di monitoraggio delle tignole può apparire superfluo visto l’ampio utilizzo delle trappole e l’affidabilità del feromone specifico, che permettono di coprire aree d’interesse con un numero congruo di postazioni e costi contenuti. È buona norma, in presenza di focolai, integrare la rete di monitoraggio, per intercettare il focolaio di infestazione risalendo il gradiente delle catture, i punti aggiuntivi andranno rimossi una volta risolta l’anomalia, per una continuità storica. L’archivio dati è basilare, quando si interviene su infestazioni con l’impiego della Tecnica di Confusione Sessuale (TCS). Durante l’applicazione della TCS, le trappole classiche andranno sempre consultate, indicando con la regressione e/o assenza di catture la corretta immissione negli ambienti del feromone di disturbo, sarà utile affiancare a queste, anche trappole attivate con erogatore di feromone sovradosato, che restando “visibile” ai maschi in regime di TCS ci confermerà, con la caduta delle catture, che abbiamo raggiunto anche l’interruzione degli accoppiamenti.

Marco Caimi - inPEST

www.inpest.it

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