7 minute read

Nuove barriere naturali

IN COLLABORAZIONE CON GSICA

Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare

Prospettive di ricerca per la realizzazione di imballaggi cellulosici più resistenti ai grassi e barriera ai contaminanti da olii minerali

È necessario rendere il packaging di carta e cartoncino più performante, capace di offrire prestazioni uguali o paragonabili a quelle del packaging plastico

Esiste una sola via per rendere l’imballaggio cellulosico in grado di competere con l’imballaggio flessibile convenzionale, fatto di materie plastiche e compositi di varia natura. La via è, ovviamente, quella di rendere il packaging di carta e cartoncino più performante, capace di offrire prestazioni uguali o paragonabili a quelle del packaging plastico, senza insostenibili aumenti di costo. Creare delle strutture cellulosiche che possano pienamente soddisfare le aspettative dell’industria alimentare, del comparto della distribuzione e dei consumatori, aspettative che non sono sempre coincidenti.

Imballaggi “neo-cellulosici”

Esistono però diversi modi per percorrere questa via. Una scorciatoia, preferita da molti, è quella di affidarsi a modeste integrazioni della cellulosa con polimeri di sintesi e molecole che, pur regolarmente autorizzate, nulla hanno a che vedere con le materie prime, tutte vegetali, rinnovabili e biodegradabili, con le quali si producono carte e cartoncini. Sostanze “aliene”, ma così performanti e leggere che, essendo sufficiente una quantità molto piccola per esprimere la proprietà attesa, la loro proporzione nel prodotto finito risulta molto bassa; una percentuale in peso che rientra ampiamente nelle tolleranze ammesse per dichiarare riciclabile o compostabile un determinato prodotto. Queste integrazioni non sono sempre additivazioni nella massa della pasta di cellulosa, ma nella maggior parte dei casi sono realizzate come rivestimenti superficiali. Raggiunto il compromesso tra rispetto delle norme, economicità e prestazioni questi imballaggi “neo-cellulosici” possono trovare molta fortuna in un mercato che desidera fortemente connotazioni sempre più green.

Omogeneizzazione ad alta pressione e tecniche di laccatura

È comunque lecito domandarsi se esiste un altro modo per avvicinare il packaging

Giorgio Guidaa, Luciano Piergiovannib , c

a Università degli Studi di Milano b GSICA, Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare c Providentia srl Impresa Sociale, Saronno

cellulosico alle proprietà degli imballaggi flessibili di natura plastica e composita. È lecito, e anche un po’ doveroso, perché sembra davvero poco green ignorare il fatto che quelle sostanze “aliene” seguono comunque il destino di fine vita degli imballaggi cellulosici. Seguendo la letteratura scientifica internazionale che riporta le esperienze di ricerca in questo campo – una letteratura sempre più ricca – ci si rende però conto che una strada esiste e se oggi non conduce ancora a tutti i risultati attesi, lascia intravvedere avanzamenti di tecnologie e conoscenze che fanno sperare che quei risultati possono essere raggiunti in un futuro prossimo. A testimonianza di ciò, in questo testo si propongono alcune recenti esperienze condotte in Italia, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano, che vanno nella direzione auspicata. Oggetto di queste esperienze sono stati un sottoprodotto dell’industria agroalimentare ricco di cellulosa e due tecnologie, non certo nuove ma in forte sviluppo applicativo: l’omogeneizzazione ad alta pressione e le tecniche di laccatura (coating) di carte e cartoni. Il sottoprodotto agroalimentare utilizzato è tra i più abbondanti ed economici tra quelli disponibili, contiene più del 50% di cellulosa, poca lignina (meno del 4%) e una discreta componente di emicellulose (più del 10%) che si rivela molto importante per l’utilizzo finale del prodotto, vale a dire un sottile rivestimento adeso su cartoncini alimentari. Per giungere a questo risultato il sottoprodotto è stato macinato finemente (Figura 1) e sottoposto a una fondamentale riduzione ulteriore delle dimensioni mediante la tecnologia dell’omogeneizzazione ad alta pressione che porta lunghezza e larghezza delle fibrille di cellulosa nell’ordine delle centinaia di nanometri/ decimi di micrometri (Figura 2). L’omoge-

MACINAZIONE

Figura 1 – Il sottoprodotto agroalimentare oggetto della sperimentazione, prima e dopo la macinazione (centinaia di µm)

Figura 2 – Riduzione delle dimensioni medie, ottenuta con l’omogeneizzazione ad alta pressione

Figura 3 – Principio di funzionamento dell’omogeneizzazione ad alta pressione (centinaia di bar)

Figura 4 – La frammentazione e defibrillazione delle fibrille di cellulosa attraverso l’omogeneizzazione HP, osservata al microscopio ottico

Figura 5 – Rivestimento di micro-nanofibrille di cellulosa su cartoncino alimentare neizzazione HP è la principale ma non l’unica tecnica nota per produrre micronanofibrille di cellulosa ed è impiegata per ridurre le dimensioni particellari di molti prodotti in diversi settori applicativi. Si tratta in ogni caso di un’operazione esclusivamente fisica che, pur richiedendo elevata energia, non fa uso di alcun reagente chimico (Figura 3) e viene condotta su una sospensione diluita in acqua della materia prima; la sospensione sottoposta a omogeneizzazione, alla fine del processo, avrà la stessa concentrazione in solidi (resa del 100%) che aveva prima ma una densità e una viscosità marcatamente aumentate. Le trasformazioni che induce non sono solo dimensionali ma anche morfologiche. Nel caso della cellulosa, ciò che si ottiene è una defibrillazione (Figura 4) delle macrofibre di cellulosa e la liberazione di micro-nanofibrille che interagiscono con l’acqua trasformando la sospensione diluita in un gel tixotropico, semi solido. In questo stato grazie alla seconda tecnologia accennata precedentemente, la spalmatura del prodotto può andare a rivestire in strato sottile carte e cartoncini per realizzare le funzioni barriera che gli sono proprie.

Le funzioni barriera

Il coating, una volta applicato e asciugato (Figura 5), si presenta come un rivestimento perfettamente adeso e nettamente idrofilico, il cui spessore e la cui continuità – assenza di canali o microfori – rappresentano aspetti cruciali, non semplici da ottenere ma fondamentali per garantire le funzioni di barriera auspicate. I risultati presentati di seguito sono stati ottenuti in esperienze preliminari, in fase di ottimizzazione, e sono proposti al solo fine di dimostrare la potenziale fattibilità di interventi utili a migliorare le caratteristiche degli imballaggi cellulosici, senza

ricorrere a prodotti di origine sintetica e provenienti da risorse non rinnovabili. Resistenza a oli e grassi questi ultimi tre sono sottotitoli più piccoli Una proprietà barriera interessante che il rivestimento con micro-nanofibrille di cellulosa manifesta è quella a oli e grassi: una caratteristica che può aprire a carte e cartoncini applicazioni molte utili in campo alimentare. La natura idrofilica del prodotto spalmato, infatti, determina una significativa azione di repulsione delle sostanze lipofile che non ungono e non modificano la struttura del substrato rivestito. Nella Figura 6 si riporta il confronto tra un cartoncino “al naturale” e uno laccato con una bassa grammatura di microfibrille (circa 1g/m2): le barre mostrano la superficie interessata da macchie di unto dopo un tempo prefissato di contatto con olio vegetale sulla superficie opposta. Il comportamento è tale da garantire una resistenza agli oli del cartoncino rivestito quattro volte superiore a quella del cartoncino base.

Resistenza al passaggio di MOAH e MOSH

Forse ancora più importante può risultare la caratteristica di barriera del rivestimento di micro-nanofibrille cellulosiche alla trasmissione di idrocarburi provenienti, prevalentemente, da olii minerali. La presenza di MOAH e MOSH (mineral oil aromatic hydrocarbons e mineral oil saturated hydrocarbons) rappresenta un serio problema per i materiali cellulosici e limita fortemente un più vasto impiego della cellulosa proveniente dalle attività di riciclo. Molti lavori scientifici dimostrano che uno strato di materiale spiccatamente idrofilico può rappresentare una barriera interessante al passaggio di MOAH e MOSH. In Figura 7 si riporta la sintesi di una serie di prove di trasmissione e migrazione di questi contaminanti, dimostrando che pur con una bassa grammatura (<1g/m2) l’azione barriera è mediamente del 50% e la contaminazione possibile non supera mai il 70% del teorico.

Figura 6 – Superficie interessata dalla trasmissione di olio di un cartoncino alimentare, prima e dopo la spalmatura di micro-nanofibrille di cellulosa (<1g/m2)

Figura 7 – Prove preliminari di barriera (% del totale teorico) a idrocarburi MOAH MOSH di cartoncini spalmati con micro-nanofibrille di cellulosa (<1g/m2)

Permeazione di ossigeno e di vapore d’acqua

Altre caratteristiche di barriera, potenzialmente implementabili in cartoncini rivestiti con coatings a base di micronano fibrille di cellulosa, sono quelle alla permeazione di ossigeno e di vapore d’acqua che possono essere portate a valori paragonabili a quelle dei film plastici, modulando opportunamente le dimensioni delle fibrille, lo spessore del rivestimento e ottimizzandone la spalmatura.

This article is from: