Industry Design 4.0 #3/4 2020

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Industry Design #3/4 NOVEMBRE DICEMBRE

M A N U FA C T U R I N G | I N D U S T R I A L I T | A U T O M AT I O N | M E C H AT R O N I C S

magazine

PUNTO E VIRGOLA

4.0 CLOUD

IN ITALIA SOLO UN’IMPRESA SU QUATTRO NE FA USO

AUTOMAZIONE OGGI

STORIA DI COPERTINA

WAGO

DAL CLOUD AI NUOVI MODELLI DI BUSINESS



Soluzioni per automazione industriale

Soluzioni per installazioni elettriche

Soluzioni per installazioni da esterno e impianti BT

Soluzioni per infrastrutture IT

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Editoriale

di Franco Canna

LE COMPETENZE SONO IL FATTORE CHIAVE PER SUPERARE LA DICOTOMIA TRA TECNOLOGIA E OCCUPAZIONE I Il rapporto tra sviluppo tecnologico e occupazione viene abitualmente considerato in forte contrapposizione: più tecnologia viene introdotta, meno spazio resta per il lavoro. Le cose, naturalmente, sono molto più complesse e non si possono riassumere in una semplice espressione. Iniziamo intanto a dire che un fattore di sostituzione tra tecnologia e lavoro esiste eccome. Secondo le ultime stime emerse dal rapporto The Future of Job, realizzato dal World Economic Forum, nei prossimi cinque anni l’adozione di tecnologie digitali causerà la perdita di ben 85 milioni di posti di lavoro nel mondo. Ma da questa evoluzione tecnologica emergerà anche nuova occupazione. Quanta? Il WEF parla di 97 milioni, con un saldo positivo, quindi, di 12 milioni di posti di lavoro. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica. In primo luogo perché la velocità dei due fenomeni non è costante: mentre infatti la creazione di posti di lavoro sta rallentando, stiamo assistendo a un aumento sempre più repentino della distruzione di posti di lavoro. Il secondo aspetto è che solo una (ahimè piccola) parte degli 85 milioni di persone che perdono il lavoro lo

ritroveranno. A ridursi maggiormente, infatti, sono le opportunità di lavoro meno qualificate, mentre a crescere quelle più avanzate. Numeri alla mano, quindi, è chiaro che per i lavoratori e le imprese che vorranno rimanere rilevanti sarà fondamentale lo sviluppo delle competenze, sia delle cosiddette hard skills sia - soprattutto - delle soft skills. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo il sistema nazionale deputato alla formazione, che in Italia non si è finora dimostrato all’altezza della sfida. Vale infatti la pena ricordare che anche nel 2020 l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) vede l’Italia relegata alla quartultima posizione tra i Paesi dell’Unione Europea, facendo meglio solo di Romania, Grecia e Bulgaria. In particolare, il rapporto della Commissione Europea evidenzia gravi carenze per quanto riguarda la dimensione “capitale umano” (una delle cinque considerate nell’indice). In questa spe-

cifica dimensione, di cui fanno parte le competenze di base per l’uso di internet da parte della popolazione e le competenze più avanzate, l’Italia è ultima in Europa. E, scendendo nel dettaglio, l’Italia è ultima per numero di laureati nelle discipline dell’ICT, ma anche in tutte le altre sottodimensioni è parecchio al di sotto della media UE. In questo contesto, l’auspicio è che le risorse provenienti dal Recovery Plan siano ben investite non soltanto nella componente destinata allo sviluppo economico, con il potenziamento e la proroga del piano Transizione 4.0, ma anche – anzi soprattutto – in quella destinata alla Formazione. Che, insomma, siano ben strutturati e finanziati i tanti (forse troppi) progetti dei vari ministeri, dal “Piano straordinario per le competenze digitali e la formazione 4.0” al Programma Dottorati industriali e aziendali per la transizione verde e digitale, dall’Erasmus per giovani imprenditori al rafforzamento degli Istituti Tecnici Superiori, dai Digital Education Hubs ai programmi di dottorato dedicati all’attività dell’industria e del terziario.

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Contenuti

NOVE M B R E / D ICE M B R E 2020/ N U M E RO #3/4

Industry 4.0 Design #3/4 NOVEMBRE DICEMBRE

M A N U FA C T U R I N G | I N D U S T R I A L I T | A U T O M AT I O N | M E C H AT R O N I C S

magazine

PUNTO E VIRGOLA

CLOUD

IN ITALIA SOLO UN’IMPRESA SU QUATTRO NE FA USO

EDITORIALE 5 Le competenze sono il fattore chiave per superare la dicotomia tra tecnologia e occupazione Franco Canna

AUTOMAZIONE OGGI

STORIA DI COPERTINA

WAGO

DAL CLOUD AI NUOVI MODELLI DI BUSINESS

PUNTO E VIRGOLA 8 Automazione oggi Carlo Marchisio ATTUALITÀ 10 Digit Brain Fabrizio Cerignale 12 La digitalizzazione monca delle imprese italiane Fabrizio Cerignale

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22 Industria 4.0 e l’iperammortamento 26 Industrial software ROBOTICA 28 KUKA presenat KR Cybertech nano Francesco Bruno 30 Doosan Robotics lancia sei nuovi robot 31 Il mercato dei robot mobili Valentina Repetto 32 Yumi il cobot di ABB 33 OnRobot aggiorna il sistema di visione 34 Da Omron il primo controllore robotico integrato

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ECONOMIA E MERCATI 16 L’Italia e il consumo di robot 18 La pandemia spinge il cloud Fabrizio Cerignale

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Industry4.0 Design magazine

DIRETTORE RESPONSABILE

Marco Zani

PUBLISHER

Marco Tenaglia DIRETTORE TECNICO

Franco Canna REDAZIONE

Cristina Gualdoni (coordinamento) - cristina.gualdoni@quine.it Eleonora Panzeri - redazione.b2b@quine.it HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Francesco Bruno, Stefano Casini, Umberto Cattaneo, Fabrizio Cerignale, Silvano Corridolo, Carlo Marcahisio, Nicoletta Pisanu

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RESPONSABILE PRODUZIONE

Paolo Ficicchia

REALIZZAZIONE GRAFICA

Fabio Castiglioni

DIREZIONE PUBBLICITÀ

Stefano Busconi - dircom@quine.it UFFICIO TRAFFICO

Donatella Tardini (Responsabile) - d.tardini@lswr.it Stefania Bruno - s.bruno@lswr.it

Direzione, Redazione Quine S.r.l. - Via Spadolini 7, 20141 Milano Tel.: +39 02 864105 Fax: +39 02 72016740

54 AUTOMAZIONE 36 Rockwell automation e Asem insieme Francesco Bruno 38 Comunicazioni industriali 39 Indradrive MI di Bosch Rexroth STORIA DI COPERTINA 40 Dal cloud ai nuovi modelli di business SOFTWARE INDUSTRIALE 44 Mindsphere world Italia cresce 46 In Italia solo un’impresa su quattro sceglie il cloud 48 Con Thingworks 9.0 di PTC l’industrial IoT arriva in tutta l’azienda

ADDITIVE 50 Stampa 3D arriva sul mercato la Delta Wasp Nicoletta Pisanu TECNOLOGIA 52 Robot, cloud, realtà virtuale e gruppo Volkswagen Stefano Casini CYBERSECURITY 54 I data breach Nicoletta Pisanu 58 PRODUCT NEWS a cura della redazione

ABBONAMENTI Tel. +39 0249756990 - Fax+39 02 70057190 abbonamenti@lswr.it Costo copia singola: euro 1,30 (presso l’Editore, fiere, manifestazioni) L’IVA è assolta dall’Editore ai sensi dell’Art. 74, 1° comma, Lettera C del DPR 26/10/72 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni. Prezzo abbonamento annuo (3 fascicoli) in Italia euro 25,00. I numeri arretrati (seconda disponibilità) possono essere richiesti direttamente all’Editore, al doppio del prezzo di copertina. Non si effettuano spedizioni in contrassegno. L’Editore si riserva la facoltà di modificare il prezzo nel corso della pubblicazione, se costretto da mutate condizioni di mercato. L’IVA sugli abbonamenti, nonché sulla vendita dei fascicoli separati, è assolta dall’Editore ai sensi dell’Art. 74, 1° comma, Lettera C del DPR 26/10/72 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni. STAMPA Grafica Veneta S.p.a. (PD) © 2018 QUINE S.r.l. via Spadolini, 7 - 20141 Milano Iscrizione al R.O.C. n. 12191 del 29/10/2005 Tutti gli articoli pubblicati su Industry 4.0 Design magazine sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art. 11 D.Lgs. 196/03. I dati potrebbero essere comunicati a soggetti con i quali Quine S.r.l. intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine S.r.l. - via Spadolini, 7 - 20141 Milano Tel +39 02 864105 Fax +39 02 72016740, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03. RESPONSABILE DATI PERSONALI QUINE S.r.l. - via Spadolini, 7 - 20141 Milano Tel. +39 0249756990 - Fax+39 02 70057190 Per i diritti di cui all’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 196/03, è possibile consultare, modificare o cancellare i dati personali ed esercitare tutti i diritti riconosciuti inviando una lettera raccomandata a: QUINE S.r.l. - via Spadolini, 7 - 20141 Milano

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Punto e virgola di Carlo Marchisio,

Consultant Automation Industry-Supply Chain

https://twitter.com/ Industry4 0_

La produzione industriale digitale con l’implementazione continua di tecnologie, software e sistemi di automazione è oggi una realtà consolidata. I processi aziendali con l’inserimento delle nuove tecniche digitali (PLM, MES, cloud, big data, stampa 3D, nanotecnologie) attivano il notevole sviluppo dell’automazione in tutte le aree produttive delle aziende.

AUTOMAZIONE OGGI

Questi processi portano sempre di più alla modifica di procedure lavorative con le tecnologie non solo in processi normalmente manuali, ma in misura molto spinta in attività della conoscenza e nei processi decisionali. Si sviluppano reti di macchine che comunicano con altri macchinari tramite l’Internet of things che sta diventando Internet of everything. La rete svolge un ruolo di estrema importanza nel progetto, che deve fornire un’infrastruttura intelligente, gestibile, sicura e scalabile per coordinare milioni di dispositivi connessi al sistema produttivo. La rete intelligente è in grado di ascoltare, apprendere e rispondere

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tramite interfacce aperte per offrire maggiore sicurezza, semplicità, affidabilità e innovazione a livelli molto elevati. Vengono utilizzate le banche dati e meccanismi di autodecisione senza la presenza dell’operatore. La produzione industriale è modificata con cambiamenti nella composizione del lavoro e delle competenze: spostamento dal lavoro considerato tradizionale verso sistemi di progetto-prodotti, con una rapida integrazione in rete di nuove zone di servizi aziendali digitali come e-commerce, impresa sociale ed ambiente. Questi radicali cambiamenti si stanno attivando nelle grandi aziende multinazionali e non, ma sono sicuramente destinati sempre più a rinnovare i processi produttivi e organizzativi anche nelle piccole e medie aziende manifatturiere. La fabbrica digitale è una realtà. Un collegamento sistematico ed integrato nella filiera dei flussi informativi, dei materiali e

dei processi aziendali dalla progettazione, alla manifattura fino alla supply chain. Si può attivare una completa flessibilità e adattabilità alle richieste del mercato con investimenti ridotti rispetto a processi di automazione tradizionali. Continua l’approccio produttivo e commerciale verso la customizzazione di massa, la strategia di produzione di beni e servizi orientata a soddisfare i bisogni individuali dei clienti attraverso forme di produzione rapida e di piccole serie collegata direttamente al mercato via distribuzione digitale. Le tecnologie digitali inoltre ci permettono di integrare informatica, meccanica, elettronica, conoscenza dei materiali, capacità progettuale: si aprono anche nuove opportunità lavorative per i tecnici nella tecnologia della fabbrica digitale. La gestione di questo processo è sviluppata in modo costante, coordinando la transizione delle attività lavorative verso nuovi contenuti formando e sviluppando le opportune competenze di ciascuna figura in modo continuo senza sospensioni. Questi processi innovativi continui anticipano la preparazione delle attività lavorative dell’azienda alle nuove condizioni sviluppate dalle trasformazioni tecnologiche. L’automazione nella fabbrica digitale viene utilizzata oggi in modo sempre più intelligente, coniugando in modo continuo la tecnologia con le nuove richieste in un mercato internazionale in evoluzione continua. 


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Attualità

Di Fabrizio Cerignale

Sviluppare un “cervello digitale”, tecnologico e modulabile a seconda del contesto, per consentire alle PMI manifatturiere di accedere a impianti di produzione avanzati per raccogliere e scambiare dati in massima sicurezza e velocità, al fine di acquisire e valutare i dati del ciclo di vita di un prodotto. È questo lo scopo del progetto DigitBrain, che coinvolge 14 Stati dell’Unione Europea e si è aggiudicato fondi di Horizon 2020 per un valore di 9,5 milioni di euro. A guidarlo, per il Sud Europa, sarà Start 4.0, il Competence Center genovese.

digitale

DigitBrain

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Start 4.0 è stato selezionato, assieme a organismi di spicco come il centro di ricerca tedesco Fraunhofer, come partner di un consorzio internazionale di 36 soggetti, capace di mettere insieme imprese e partenariati provenienti dall’Italia, Germania, Spagna, Ungheria, Repubblica Ceca, Olanda, Danimarca, Russia, Finlandia, Romania, Estonia, Austria e UK. Il centro di competenza genovese avrà il compito di supervisionare due progetti pilota, uno dedicato alla filiera del fashion di lusso, e l’altro dedicato al taglio laser e alla formatura di prodotti in alluminio. Progetti che permetteranno di creare una “copia digitale” dei processi di produzione e di ottimizzare le attività. I fondi a disposizione del progetto verranno utilizzati per condurre le attività di innovazione volte allo scale-up ed all’integrazione di una serie di piattaforme sviluppate durante progetti di innovazione precedenti, implementando il concetto di Digital Twin con un approccio innovativo, chiamato “Digital Product Brain” (DPB) e un modello di business intelligente chiamato “Manufacturing as-a-Service”(MaaS). Questa impostazione permetterà di trattare la capacità manifatturiera come una “commodity plug-and-play”, come un software, grazie a uno strumento integrato che sfrutta sensori, dispositivi Internet of Things Industriali (IIoT), sistemi di produzione cyber-fisici (CPPS), dati, modelli e algoritmi. Lo sviluppo di un DigitBrain, ispirato dai principi di innovazione tecnologica e sostenibilità della produzione a tutto tondo, è dedicato nel progetto al settore manifatturiero, ma per caratteristiche è applicabile in molti altri domini, a partire dalle infrastrutture complesse come un porto, un aeroporto, un viadotto autostradale. 10

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il cervello digitale europeo (e genovese) dedicato ai processi di produzione Start 4.0 hub di riferimento per il Sud Europa

Il Centro di Competenza Start 4.0 avrà un ruolo strategico all’interno del progetto diventando uno dei 6 Digital Innovation Hub (DIH) europei, entità di accentramento e moltiplicazione dei risultati del progetto che puntano a creare il contesto nel quale tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita di un prodotto possano dialogare, dalle PMI manifatturiere ai produttori di macchine, dai fornitori di tecnologia ai clienti finali. Per il territorio del Sud Europa questo ruolo sarà svolto dal Centro di Competenza italiano Start 4.0. Tra i compiti, ci sono obiettivi che sono identitari per Start 4.0, come quello di attirare finanziamenti nazionali e regionali, promuovere e gestire il processo di Open Call, orientare le parti interessate del settore manifatturiero e contribuire alla creazione di un network di PMI per co-creare e sperimentare innovazioni digitali. Fashion e taglio laser, ecco i primi due progetti sperimentali Durante il progetto sono previsti


e 21 esperimenti, 7 dei quali saranno in svolgimento già alla partenza del progetto, per validare la soluzione DigitBrain e alimentare la piattaforma con informazioni provenienti da più aree del settore manifatturiero. In questo ambito Start 4.0 avrà il compito di supervisionare e accompagnare i partner di due progetti pilota. Il primo è Digital style e coinvolge la filiera del fashion di lusso, le aziende Porini e Domina e vede come end user Fratelli Piacenza, fornitore di tessuti per tutti i produttori di marchi di moda leader a livello mondiale (Zegna, Gucci, Prada, Louis Vuitton, Hermès tra gli altri). L’obiettivo dell’esperimento è principalmente quello di creare una copia digitale del processo di produzione (gemello digitale) che mostra tutti i parametri necessari per la sua elaborazione e analisi al fine di consentire un’ottimizzazione della pianificazione della produzione nei reparti di tessitura e finitura. Il secondo è Digital Brain for Laser-Cutting and Forming of Aluminium e vede protagonista Gigant, una PMI manifatturiera che offre soluzioni complete e integrate per la

lavorazione della lamiera. L’esperimento ha come obiettivo lo sviluppo e l’implementazione di soluzione di cervello digitale per uno dei sistemi di produzione, destinato al taglio laser e alla formatura di prodotti in alluminio.

La genovese Stam cuore del tecnologico di DigitBrain

Ad avere un ruolo importante in questo progetto sarà l’azienda genovese Stam Srl, società di ingegneria multidisciplinare, che fa parte del Centro di Competenza Start 4.0, che fornisce soluzioni high-tech nei settori Industria 4.0 e Robotica, Spazio e Difesa, Sicurezza e Trasporti, Energia e BioEconomy. Stam sarà il cuore tecnologico del progetto cervello digitale per quanto riguarda l’impatto ambientale dei processi manifatturieri e farà leva sulla propria esperienza nell’analisi e nella modellizzazione di prodotti e processi industriali per supportare lo sviluppo di modelli di sostenibilità ambientale ed i rispettivi algoritmi che saranno integrati all’interno del cervello digitale.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Attualità

Di Fabrizio Cerignale

La digitalizzazione delle imprese monca italiane nella Nel periodo 2016-2018 oltre tre quarti delle imprese con almeno 10 addetti (il 78% del totale) hanno investito, o comunque utilizzato, almeno una delle 11 principali tecnologie abilitanti la digitalizzazione, tra IoT e Big data, stampa 3D, robotica, simulazione, e via dicendo. Ma la maggior parte delle imprese utilizza ancora un numero limitato di tecnologie, dando priorità agli investimenti infrastrutturali, come soluzioni cloud, connettività in fibra ottica o in mobilità, software gestionali, cybersecurity. E lasciando eventualmente a una fase successiva l’adozione di tecnologie applicative.

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Sono alcune delle indicazioni che emergono dalla prima edizione del Censimento permanente delle imprese, realizzata dall’Istat e conclusa alla fine del 2019, un rapporto che scandaglia scenario e situazione su digitalizzazione, tecnologia, innovazione all’interno delle aziende italiane di tutti i settori. “Finora, il grado di digitalizzazione delle imprese è stato misurato essenzialmente in termini di infrastrutture, accesso alla banda larga, numero di apparecchiature acquistate o utilizzate”, rileva il rapporto Istat, “con il rischio che una rapida diffusione della capacità tecnica di utilizzo di strumenti digitali potesse dare l’impressione di una maturità digitale che, in realtà, esisteva solo potenzialmente”. L’utilizzo di infrastrutture digitali arriva a saturazione già tra le imprese meno digitalizzate, quelle con investimenti ‘soltanto’ in 4 o 5 tecnologie, ma solo molto più lentamente si diffondono applicazioni più complesse e con maggiore impatto sui processi aziendali: appena il 17% delle imprese ha adottato almeno una tecnologia tra Internet delle cose, realtà aumentata o virtuale, analisi dei Big data, automazione avanzata, simulazione e stampa 3D. Per cui, secondo gli analisti dell’Istat, per mettere bene a fuoco il quadro della situazione la chiave di lettura proposta è quella di superare un approccio quantitativo – del tipo che la maturità digitale è uguale al numero di tecnologie adottate – e di considerare come fattore 12

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fotografia dell’Istat

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chiave l’integrazione tra tecnologie infrastrutturali e tecnologie applicative, “in un’ottica di complementarietà delle varie soluzioni tecnologiche. Un limite di questo approccio è che non esiste un Mix tecnologico da identificare come ideale, ma, piuttosto, l’integrazione di diverse soluzioni tecnologiche deve assecondare la forte eterogeneità esistente nel settore delle imprese”. Nell’adozione di tecnologie dell’Industria 4.0, ha effettuato investimenti digitali il 73% delle imprese con 10-19 addetti e il 97% di quelle con oltre 500 addetti. Meno significative sono le differenze territoriali: si passa dal 73% nel Mezzogiorno al 79% nel Nord-est. A livello di settori di attività emerge il ruolo trainante dei servizi: le telecomunicazioni (94%), la ricerca e sviluppo, l’informatica, le attività ausiliarie della finanza, l’editoria e le assicurazioni hanno percentuali di imprese che investono in tecnologie digitali superiori al 90%. Il primo settore manifatturiero per investimenti digitali è la farmaceutica (94%), seguita a distanza dalla chimica (87%).

Il livello di maturità digitale delle imprese

L’analisi del mercato ha consentito di individuare quattro profili di impresa, definiti non tanto in base all’intensità dei loro investimenti digitali, quanto alla combinazione di diverse soluzioni tecnologiche utilizzate come tra loro complementari. Il primo gruppo comprende le imprese definite “asistematiche” che si caratterizzano per aver adottato (tutte) almeno un software gestionale nel periodo 2016-2018, assieme a investimenti limitati in tecnologie infrastrutturali come il cloud


zzazione o la connessione a Internet via fibra ottica. Queste imprese hanno la percezione delle potenzialità del digitale ma, per la loro dimensione o collocazione settoriale, hanno difficoltà a prefigurare una transizione sistematica verso un assetto organizzativo intensamente digitalizzato. Nel secondo gruppo, il più numeroso (circa il 45% del totale) ci sono le imprese definite “costruttive” in relazione al loro sforzo di individuare una chiara strategia digitale. Ad esempio, si percepisce l’interesse ad affrontare le sfide e le opportunità offerte dalla connessione a Internet in mobilità ponendo, quindi, le condizioni per l’utilizzo integrato anche di altre tecnologie, come l’Internet delle cose o, in genere, la sensoristica in remoto.

Aziende “sperimentatrici” e “mature” (solo il 4%)

Il terzo gruppo è quello delle imprese “sperimentatrici”, imprese arrivate alla soglia della maturità digitale che stanno sperimentando diverse soluzioni informatiche, anche combinate tra loro, in modo da ottenere i maggiori vantaggi in termini di efficienza e produttività. In questo gruppo compaiono i primi significativi investimenti nella valorizzazione dei flussi informativi (Big data) e in simulazione e robotica. È anche il gruppo più numeroso tra le imprese con oltre 100 addetti. Il quarto gruppo è formato da imprese digitalmente “mature”, caratterizzate da un utilizzo integrato delle tecnologie disponibili, che sono un punto di riferimento per l’intero sistema

delle imprese pur rappresentando solo il 4% del totale. La presenza di questi gruppi di imprese è piuttosto omogenea a livello settoriale, nel senso che la distribuzione non è molto diversa tra industria e servizi. Secondo il rapporto Istat, la valutazione del grado di maturità digitale delle imprese italiane con 10 addetti e oltre può essere sintetizzata in quattro punti: circa tre quarti delle imprese sono impegnate in investimenti digitali; le imprese sotto i 100 addetti sono prevalentemente coinvolte nella “costruzione” del loro peculiare modello di digitalizzazione; le imprese con oltre 100 addetti sono invece alle prese con la difficile “sperimentazione” di nuove soluzioni tecnologiche e organizzative; soltanto il 4% delle imprese è già nella fase di maturità digitale; tale quota è decisamente più elevata nel Nord-ovest (4,7%), tra le imprese con oltre 500 addetti (23%) e nell’industria (5,2%).

L’importanza delle soluzioni cloud

Una tendenza importante riguarda le soluzioni cloud, o servizi cloud, che garantiscono efficienza, economicità e sicurezza 3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Attualità del magazzino e dei flussi materiali in entrata e uscita dall’impresa. I software che gestiscono questa funzione sono utilizzati in media dal 51% delle imprese: tale quota scende al 45% considerando le imprese con 10-19 addetti e raggiunge il 73% tra quelle con 500 addetti e oltre. Un altro esempio è la gestione sistematica delle relazioni con la clientela, su cui investono solo le imprese che hanno superato una determinata soglia in termini di numero di clienti, complessità dei beni e servizi offerti e intensità delle transazioni, e che operano su mercati fortemente competitivi. In questo caso, le più adottate sono le già citate soluzioni Crm (Customer relationship management), che gestiscono funzioni interne ed esterne all’impresa e sono state scelte dal 33% delle imprese (31% tra le piccole, 51% tra le grandi).

Gli effetti percepiti della Digital transformation

nella gestione di grandi quantità di dati. Passando dalle fasi esplorative alle fasi applicative della digitalizzazione, la probabilità di adottare soluzioni cloud aumenta dal 20% al 50%. L’intensità applicativa è però ferma a un livello del 22%, una condizione penalizzante nei confronti internazionali che segnala una debolezza infrastrutturale e rallenta di fatto i processi aziendali di digitalizzazione. Il motivo per cui governi e istituzioni di ricerca considerano essenziale la diffusione dei servizi cloud è perché si tratta di servizi che l’impresa può acquistare dall’esterno senza vincoli di localizzazione e dimensione. Il cloud rende possibile quella scalabilità delle attività digitali che è condizione essenziale per consentire, soprattutto alle imprese medio-piccole, di affrontare la sfida della trasformazione digitale senza immobilizzare ingenti risorse per l’acquisto di calcolatori, server per l’immagazzinamento dei dati e software applicativo.

La digitalizzazione dei processi aziendali

Un’altra chiave di lettura del processo di digitalizzazione è offerta dallo studio del grado di utilizzo di software gestionale. Il livello base di automazione, a cui accede il 67% delle imprese (66% per le imprese con 10-19 addetti e 80% per le imprese con 500 e più addetti) è quello della gestione della documentazione aziendale. Questo è evidentemente anche il risultato di un contesto economico dove i partner dell’impresa – inclusa la pubblica amministrazione – richiedono in misura crescente comunicazioni in formato digitale. La necessità di archiviare efficacemente grandi quantità di documenti, ma anche la possibilità di gestire tali informazioni da remoto (ad esempio, con modalità di telelavoro), rendono spesso questi software i primi gestionali a cui accedono le imprese, anche piccole e medie. Un’altra esigenza chiave delle imprese, soprattutto manifatturiere e di alcuni settori dei servizi, è quella della gestione 14

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In merito agli effetti positivi, il 66% delle imprese, con 10 addetti e oltre, che hanno adottato almeno una tecnologia digitale nel triennio 20162018 ritiene che il digitale abbia agevolato la condivisione di informazioni e conoscenze all’interno delle imprese (86% delle grandi imprese). Sono invece soltanto il 41% quelle che hanno verificato una relazione positiva tra digitalizzazione e incremento dell’efficienza dei processi produttivi (imprese manifatturiere 52%). Inoltre appena il 17% delle imprese pensa che la digitalizzazione faciliti l’acquisizione di conoscenze dall’esterno e il 10% che renda possibile ottenere dall’esterno servizi, materie prime e semi-lavorati di migliore qualità. Irrilevante (4%) è infine la percentuale di imprese che ritengono la digitalizzazione utile per incrementare le opportunità di esternalizzazione di funzioni produttive.

Gli investimenti futuri in tecnologie

Può essere anche di interesse esaminare quali erano, nella fase pre-Covid-19, le aspettative delle imprese relativamente ai loro investimenti in tecnologie digitali tra il 2019 e il 2021. Una quota significativa di imprese dichiara di voler mantenere elevati gli investimenti infrastrutturali (connessione a Internet, cyber-security) mentre per le tecnologie applicative – pur tenendo conto del loro diverso grado di diffusione a livello settoriale – quelle che le hanno inserite nei propri progetti di sviluppo sono sistematicamente sotto il 10%, escluso l’Internet delle Cose. Per quanto riguarda tre tecnologie applicative chiave – Internet delle Cose, automazione e robotica e analisi dei Big Data – il 50% delle imprese appartenenti alle classi dimensionali 250-499 addetti e 500 e oltre ha l’intenzione di mantenere un elevato tasso di incremento da qui ai prossimi anni. 


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Economia e mercati A cura della redazione

L’Italia è il sesto Paese al mondo per consumo di

Nel 2019 in Italia il consumo di robot industriali è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all’anno record 2018: secondo i dati elaborati da Siri, l’Associazione Italiana di Robotica e Automazione, in collaborazione con il Centro studi di Ucimu – Sistemi per Produrre, nelle nostre industrie lo scorso anno sono infatti stati consegnati 9.070 robot, l’1,8% meno dell’anno precedente.

robot industriali

M Ma il dato dei 9.070 robot reso noto da Siri è in realtà, come ammette lo stesso presidente dell’associazione, Domenico Appendino, sottostimato. La International Federation of Robotics (IFR), infatti, stima che in Italia siano stati consegnati ben 11.089 robot (+13%). Indipendentemente dal dato che si voglia considerare, l’Italia ha comunque messo a segno una performance significativamente migliore rispetto a quella registrata nel resto del mondo: secondo i dati IFR, infatti, nel 2019 in tutto il mondo sono stati venduti 373.000 nuovi robot, un valore inferiore del 12% rispetto ai numeri registrati nel 2018. “Considerando anche solo i dati più bassi di Siri – spiega Appendino – l’Italia ha fatto 7

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volte meglio del mondo (-12%) più di 7 volte meglio dell’Asia (-13%), quasi 6 volte meglio del Giappone (-10%), 5 della Cina (-9%) e 14 della Corea (-26%), più di 7 volte meglio del Nord America (-13%) e quasi 3 volte meglio dell’Europa (5%)”. Questi numeri fanno scalare un’ulteriore posizione all’Italia nella classifica dei paesi consumatori di robot industriali: dopo essere salita dall’ottavo al settimo posto nel 2018, ora l’Italia occupa la sesta posizione al mondo, confermandosi anche come secondo mercato per dimensioni in Europa, alle spalle della Germania.

Tipologie di robot e applicazioni in Italia

Tornando ai dati Siri, vediamo innanzitutto i numeri complessivi: la produzione da parte delle aziende italiane è calata del 24,7%, l’export del 26,5%, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,9%. Il consumo complessivo, come dicevamo in apertura, risulta in calo dell’1,8%. Per quanto riguarda l’anno in corso, Siri stima che nel 2020 saranno

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installati 7.437 nuovi robot, con un calo del 18% rispetto al 2019. Le tipologie di robot installate nel 2019 vedono primeggiare i robot articolati che, con 7333 unità vendute, un numero pressoché identico a quello 2018 (7.337), rappresentano l’81% delle unità vendute. Seguono gli Scara (902 unità) e infine i robot cartesiani (494 unità). Quanto alle applicazioni, tre robot su quattro sono impiegati per operazioni di manipolazione (il 73,3% nel 2019, in calo dal precedente 76%); seguono saldatura (1083 robot venduti, pari al 12% del totale, in crescita rispetto al 10% del 2018) e poi l’assiemaggio (8%, in leggero calo rispetto all’8,8% del 2018). Tutte le altre applicazioni insieme non arrivano al 7% del totale. Guardando il dettaglio della manipolazione, quasi la metà delle applicazioni riguarda la “manipolazione di materiali” (42,2%); le operazioni di carico e scarico macchine rappresentano il 24,6% del totale, mentre in robot impiegati in operazione di pallettizzazione sono il 14,4%. 


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Economia e mercati Di Fabrizio Cerignale

Crescita a doppia cifra (+21%), mercato a quota 3,34 miliardi, incremento dell’adozione nelle PMI, che sale dal 30% al 42%. Sono i principali numeri sull’andamento delle tecnologie Cloud in Italia resi noti dall’Osservatorio Cloud Transformation promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

La pandemia spinge il cloud: nel 2020 mercato italiano in

crescita a doppia cifra

I

I numeri mostrano come l’effetto Covid-19 abbia avuto un impatto esponenziale sulla crescita del cloud. A crescere tanto sono i servizi Software as a Service del +46%, ma anche le due componenti Platform as a Service (+22%) e Infrastructure as a Service (+16%, ora vale il 36% della spesa complessiva). La crescita del mercato ha anche una forte ripercussione sull’occupazione visto che, nonostante la pandemia, il 72% dei player della filiera digitale dichiara di aver effettuato o pianificato assunzioni di personale nel 2020. Nel 2020, infatti, il Cloud si è rivelato il miglior alleato per rispondere rapidamente ed efficacemente alla situazione di enorme fragilità a cui la pandemia ha sottoposto l’intero sistema economico e sociale, stravolgendo di conseguenza le dinamiche del mercato italiano e che ha visto l’esplosione di tutte le categorie che hanno permesso alle aziende di restare operative in fase emergenziale, dai servizi Collaboration e Gestione Documentale ai Portali B2c/eCommerce. “L’emergenza sanitaria ha creato una situazione senza precedenti – spiega Alessandro Piva, direttore Osservatorio Cloud Transformation – che ha richiesto un cambio di passo: le imprese sono state all’improvviso costrette a lavorare in modo agile, rendendo il Cloud il miglior alleato per rispondere rapidamente alle esigenze di collaborazione, gestione progettuale e valutazione delle performance“. Una tendenza, questa, che ha interessato anche le Piccole e Medie imprese “più scettiche e meno digitalizzate”, che hanno dovuto adeguarsi per non interrompere del tutto le attività. “Una dinamica che si conferma in un’adozione più ampia – prosegue Piva – dopo anni di sostanziale stabilità. La sfida, però, è adesso: per proseguire il percorso verso una reale trasformazione dell’organizzazione è necessario passare dalla risposta tattica all’emergenza a una vera e propria

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strategia digitale basata sul Cloud, promossa anche tramite i successi ottenuti durante la crisi“.

Tutti i numeri della spesa in Cloud

Secondo le stime dell’Osservatorio, nel 2020 il mercato Cloud italiano raggiungerà i 3,35 miliardi di euro, in crescita del + 21% rispetto al consuntivo del 2019, pari a 2,77 miliardi di euro. • Il Public & Hybrid Cloud, ovvero l’insieme dei servizi forniti da provider esterni e l’interconnessione tra Cloud pubblici e privati, si conferma protagonista con una crescita del +30% e un valore complessivo che raggiunge i 2 miliardi di euro. Un’accelerazione nettamente più rapida rispetto alla media internazionale, che fa registrare un +8% per un mercato che vale 198 miliardi di dollari a livello globale. • il Virtual & Hosted Private Cloud registra una buona dinamica (+11%) arrivando a 732 milioni di euro • Datacenter Automation, ovvero la modernizzazione delle infrastrutture on-premises, subisce un rallentamento


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Economia e mercati rispetto al 2019, crescendo del +6% per un totale di 583 milioni di euro. In termini di spesa assoluta per settore merceologico, rallenta leggermente la dinamica del settore Manifatturiero (che si conferma comunque primo nel mix di spesa con il 24% del mercato complessivo), in conseguenza al periodo di lockdown e al blocco delle attività. Seguono per dimensioni il settore Bancario (21%), Telco e Media (15%), i Servizi (10%), Utility (9%), PA e Sanità (8%), GDO e Retail (8%) e Assicurativo (5%).

L’adozione del Cloud per tipo di modello

La crescita maggiore, vicina al 50%, ha riguardato i servizi Software as a Service che rappresentano la metà del volume di spesa complessiva in Public & Hybrid Cloud. Il contesto emergenziale, infatti, ha portato le aziende a focalizzarsi sul Cloud per tutte quelle categorie di servizi che permettevano di restare operative, adottando soluzioni pronte all’uso legate soprattutto a Collaboration e Gestione Documentale ma anche a Portali B2c/eCommerce e Analytics (guidati dalla componente di Artificial Intelligence). La componente Platform as a Service (PaaS) fa segnare un +22% e rappresenta il 14% del mix, guidata dalla crescita delle funzionalità abilitanti i Big Data Analytics a causa dell’aumento delle attività online (e quindi dei dati generati) nonché dalla necessità per tutti i settori di interconnettere i processi e monitorarli. L’Infrastructure as a Service (IaaS) cresce del +16% e vale oggi il 36% della spesa complessiva, con un forte incremento delle Virtual Machine per ambienti di produzione e del Container Management. Dando una vista trasversale a queste componenti, l’Osservatorio continua a monitorare due trend evolutivi nella spesa Public & Hybrid Cloud: • l’Intelligence del dato (ovvero tutti i servizi IaaS, PaaS e SaaS dedicati alla gestione, alla manipolazione e all’analisi dei dati, tra cui anche l’AI) cresce del +24% rispetto al 2019, attestandosi a un valore di circa 352 Milioni di Euro. • Edge Computing & Orchestration, che comprendono i servizi e gli strumenti di interconnessione e gestione di sistemi distribuiti, subiscono un leggero rallentamento pur registrando una dinamica di crescita attorno al +28% (contro il +40% evidenziato nel 2019), e raggiungono un valore di 45 Milioni di Euro. • Il ruolo del Cloud nella filiera digitale

Il ruolo della pandemia

L’emergenza Covid-19 ha dato, quindi, una forte spinta a tutta la filiera digitale confermando alcuni trend tecnologici. Il Cloud, come abilitatore di nuove modalità di fruizione delle tecnologie digitali, ha un impatto rilevante o molto rilevante nel 93% dei casi, seguito dalla Cybersecurity (rilevante o molto rilevante nel 74% dei casi) e dai Big Data Analytics 20

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(68%), mentre con un orizzonte più di lungo termine il 5G (41%) e l’Edge Computing (34%). L’emergenza ha, inoltre, generato l’occasione di introdurre nuovi servizi nell’offerta, nel 50% dei casi per andare incontro ai clienti e per un ulteriore 35% per cogliere opportunità emergenti e attrarne di nuovi. Nonostante la pandemia, la filiera sta lavorando per rendersi un partner chiave della trasformazione, infatti il 72% dei player dichiara di aver effettuato o pianificato assunzioni nel 2020 (contro il 78% registrato nel 2019) per potenziare il proprio portafoglio di competenze e il 64% di aver ampliato la propria rete di partner. “Inevitabilmente la risposta all’emergenza Covid-19, ha fatto sì che le aziende si concentrassero sull’adozione di servizi ready-to-use – sottolinea Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation – determinando un incremento nella diffusione del Cloud. Tuttavia, per cogliere a pieno i benefici di agilità e innovazione che il Cloud può offrire è necessario, sia per quanto riguarda la domanda che per quanto riguarda l’offerta, tramutare la consapevolezza costruita come risposta all’emergenza in una visione di medio-lungo termine che ponga il digitale al centro e riconosca il Cloud come leva chiave per rendere l’organizzazione pronta a trasformarsi. Se questo non dovesse accadere, il paese rischia di fare un passo indietro rispetto a quanto conseguito nel 2020, perdendo una grande occasione“.

Il Cloud torna a crescere nelle PMI

Tra gli effetti più interessanti generati dall’emergenza sanitaria anche un significativo aumento dell’adozione del Cloud nelle PMI, che nel 2020 si attesta al 42% contro il 30% registrato nel 2019 e pressoché stabile negli anni precedenti. Nella pandemia, infatti, il Cloud ha rappresentato una risposta efficace al remote working forzato velocizzando la digitalizzazione dei processi e dei flussi collaborativi. Per oltre la metà delle PMI che lo utilizzano il Cloud ha permesso di mantenere l’azienda operativa e la relazione con i clienti attiva.


Questo si traduce in un’accresciuta consapevolezza: per il 43% delle PMI che utilizzano questi servizi il Cloud rappresenta il modello di sourcing preferenziale per tutte le nuove iniziative e per un ulteriore 18% addirittura una strada obbligata. A fronte di questi segnali positivi, restano le preoccupazioni legate alla sicurezza dei dati, all’inaffidabilità della rete, alla complessità di gestione e alla mancanza di competenze sul Cloud. Infatti, il 55% delle PMI che utilizza il Cloud preferisce comunque la gestione internalizzata delle tecnologie. Questo, però, può essere letto come un segnale di rischio. Le PMI, infatti, soffrono di un gap culturale e infrastrutturale per cui il cambio di passo che è stato evidenziato quest’anno potrebbe rappresentare una semplice reazione all’emergenza fine a se stessa, se non supportata da una visione di lungo periodo.

Le imprese puntano sull’Hybrid, il Multi Cloud è ancora troppo complesso

Il Cloud continua a consolidarsi all’interno delle strategie di evoluzione del sistema informativo aziendale attraverso un doppio percorso: da un lato i nuovi progetti applicativi nascono nella nuvola nel 43% delle grandi imprese (contro il 42% registrato nel 2019), come una scelta obbligata nel 13% dei casi e preferenziale nel 30%. In questa tipologia di iniziative, solo il 9% delle aziende attua una strategia on-premises mentre il 48% propende per un approccio selettivo, valutando il modello di sourcing caso per caso. D’altra parte, anche le aziende stanno subendo un’ondata di trasformazione verso il modello Cloud: l’11% delle grandi imprese non ha più un datacenter di proprietà in quanto quest’ultimo risiede in Cloud privato e/o pubblico, mentre un ulteriore 27% prevede di avanzare verso questa situazione migrando progressivamente tutto il legacy nei prossimi anni. Inoltre, il 50% prevede di attuare una strategia ibrida per cui una parte del legacy migrerà in Cloud e la restante rimarrà on-premises. Solo il 12% attuerà invece una strategia completamente on-

premises. Dunque, creare una configurazione ibrida è ormai la via privilegiata per l’evoluzione dei sistemi informativi. Il 74% delle imprese infatti integra i servizi IaaS, PaaS e SaaS con i sistemi interni all’azienda in un ambiente di Hybrid Cloud, un trend che si sta consolidando: nel 54% dei casi si tratta del risultato di una scelta strategica volta a massimizzare i benefici delle due modalità di erogazione delle tecnologie, contro il 46% in cui l’Hybrid Cloud è invece il risultato di scelte contingenti realizzate nel tempo. Sempre più aziende decidono inoltre di riferirsi a un portafoglio eterogeneo di provider per la fruizione dei propri servizi. In particolare, le aziende italiane dichiarano di avere, in media, circa 4 Cloud provider attivi, in linea con quanto registrato a livello internazionale. Nel dettaglio, però, si fa mediamente riferimento a 3 provider SaaS, mentre più raramente si assiste all’adozione di vere e proprie strategie Multi Cloud (ovvero con l’utilizzo congiunto di due o più provider cloud senza l’utilizzo di un server on-premises) per i servizi IaaS (1,3 provider in media) e i servizi PaaS (1,2).Il freno principale all’adozione di strategie Multi Cloud appare infatti legato all’aumento di complessità che quest’ultime generano: è necessario sviluppare competenze verticali su tecnologie diverse e gestirne le peculiarità ottimizzando al contempo la spesa e la qualità complessiva dei sistemi. Una difficoltà percepita in modo più urgente a livello infrastrutturale, dove il personale IT aziendale è maggiormente coinvolto in fase di sviluppo e gestione delle Operations. Il 65% delle imprese, infatti, dichiara di aver effettuato una scelta strategica esplicita verso un provider IaaS e/o PaaS di riferimento con lo scopo di far leva su partnership e competenze consolidate. “Nell’ultimo anno il mercato Cloud italiano sembra essere arrivato a un bivio. La necessità di ripensare i modelli di business delle imprese in chiave digitale e la possibilità di sfruttare il Cloud come leva per fornire agilità e resilienza in questo contesto sono ormai dimostrati alla prova dei fatti“, conclude Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation. “Il Cloud ha rappresentato una risposta efficace a molti dei problemi di operatività generati dal periodo di lockdown e successivamente nel ritorno a una nuova normalità. Anche le realtà più scettiche hanno avuto l’opportunità di toccare con mano i benefici che la nuvola può portare, generando un’esplosione nell’adozione di alcuni servizi. Tuttavia, si è trattato di una reazione all’emergenza, in cui le imprese hanno fatto di necessità virtù, e ora il paese si trova di fronte alla vera sfida. Ora è necessario sfruttare questa nuova consapevolezza per costruire una visione di lungo periodo, che ponga il Cloud alla base delle strategie digitali tenendo in considerazione tutti gli elementi tecnici e organizzativi per garantire una trasformazione pervasiva ed efficace“.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Economia e mercati A cura della redazione

Conoscere con esattezza gli effetti reali delle misure di incentivo è di importanza fondamentale per misurarne l’efficacia, ma non sempre è semplice. Soprattutto nel caso di incentivi la cui fruizione è automatica e il cui meccanismo di attivazione può coinvolgere diverse annualità. È il caso dell’iper ammortamento, incentivo introdotto dalla legge di bilancio per l’anno 2017 e che ha riscosso un grandissimo favore presso le imprese.

Industria 4.0,

l’iper ammortamento ha stimolato oltre 25 miliardi di investimenti tra il 2017 e il 2018

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All’interno dell’ultimo rapporto intitolato “Un cambio di paradigma per l’economia italiana: gli scenari di politica economica” pubblicato dal Centro Studi Confindustria un capitolo importante è dedicato proprio all’analisi dell’efficacia di questo strumento che, come viene ricordato, è stato sostanzialmente invariato nei primi due anni (maggiorazione al 250% del prezzo di acquisto ai fini del calcolo dell’ammortamento, con un vantaggio complessivo del 36% sul prezzo di acquisto), per poi cambiare nel 2019, con l’aumento delle aliquote massime (dal 250% al 270% pari al 40,8% di vantaggio finale) e l’introduzione degli scaglioni, e in maniera più radicale nel 2020, con il passaggio al meccanismo del credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali (al 40%). Sommando i dati di consuntivo relativi al 2017 e di stima sul 2018, emerge che il valore degli investimenti generato dall’iper ammortamento supera complessivamente i 25 miliardi. La cifra è composta da 10,2 miliardi di euro di investimenti in macchinari e apparecchiature incorporanti tecnologie 4.0 effettuati nel 2017 e 15,2 nel 2018. Il dato sugli investimenti 2018 è composto da 8 miliardi desunti dai dati osservati nelle dichiarazioni dei redditi e ulteriori 7,2 imputati sulla base di una stima degli ordini non evasi entro l’anno, basata su dati forniti da Ucimu – Sistemi per Produrre, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, seguendo una metodologia analoga a quella utilizzata per l’anno 2017. Nel 2018, quindi, gli investimenti in beni strumentali alla trasformazione digitale avrebbero registrato un incremento annuo pari a quasi il 50% rispetto

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al 2017. Una stima realistica considerando che nel 2017 il grado di conoscenza di questi incentivi era molto basso.

Le PMI del manifatturiero i principali beneficiari dell’iper ammortamento

A fruire maggiormente del beneficio, contrariamente a quanto alcuni hanno sostenuto negli ultimi anni, sono state le PMI. “La disaggregazione dell’ammontare di investimenti effettuati per classe dimensionale dei beneficiari dell’iper ammortamento mostra, in entrambi gli anni presi in esame, una prevalenza di piccole e medie imprese. A quelle fino a 250 dipendenti afferiscono oltre due terzi degli investimenti in beni strumentali agevolati: il 67% e il 72% rispettivamente nel 2017 e nel 2018. A fronte di una netta crescita nel biennio del peso delle medie imprese, che passa dal 31% al 41%, si ridimensiona in egual misura quello delle micro (dall’8% al 3%) e delle grandi (dal 33% al 28%)”. Quanto ai settori, il manifatturiero si conferma anche per il 2018 il maggiore beneficiario della misura agevolativa, con un peso sul totale degli investimenti in beni strumentali 4.0 pari all’81,7% (era l’82,6% nel 2017). Segue, molto distanziato, il settore del commercio (7,0% nel 2018, 6,5% nel 2017). All’interno del manifatturiero, il settore più attivo nell’investire nelle nuove tecnologie digitali resta quello dei prodotti in metallo (19,3% nel 2018 la quota sul totale degli investimenti attivati dalla manifattura, stabile rispetto all’anno precedente), seguito dal settore alimentari, bevande, tabacchi che ha registrato una forte crescita nel biennio (da 6,4% a 11,3%), arrivando a sorpassare il contributo della meccanica strumentale (cresciuta dal 7,1% all’8,4%). Nel confronto tra il 2017 e il 2018 si evidenzia,


di contro, una forte contrazione del peso della chimica (dal 6,6% al 2,0%) e soprattutto del settore coke e derivati del petrolio (dal 3,0% allo 0,1%). Rimane ancora marginale il contributo di quasi tutti i comparti tradizionali del made in Italy, nonché del settore farmaceutico e degli altri mezzi di trasporto. Non ci sono sorprese invece sulla distribuzione territoriale delle aziende beneficiarie. Gli investimenti agevolati sia nel 2017 sia nel 2018 sono provenuti in larga parte da società di capitali con sede legale nel Nord Italia. La Lombardia è saldamente in cima alla classifica (29,5% la quota sul totale nazionale al 2018), seguita da Emilia-Romagna (17,8%), Veneto (17,0%) e Piemonte (9,4%). Su livelli molto più bassi tutte le altre regioni italiane, a partire da quelle del Mezzogiorno che scontano anche la scarsa presenza di tessuto industriale nei rispettivi territori. Escludendo le micro imprese fino a 10 dipendenti, l’analisi mostra che la quasi totalità delle imprese, l’84,7%, non 3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Economia e mercati aveva effettuato investimenti in tecnologie 4.0 prima del 2017. Inoltre, in un terzo dei casi ad essere coinvolte sono state imprese appartenenti proprio alla parte più digitalmente arretrata del sistema produttivo, quella che appariva in ritardo anche rispetto all’adozione di tecnologie ICT più tradizionali. “Se ne può quindi ragionevolmente desumere – scrivono gli autori del rapporto – che una quota rilevante degli investimenti in tecnologie 4.0 avviati nel 2017 (e a seguire) sia stata attivata in risposta all’introduzione dell’iper ammortamento proprio in quell’anno, e che non si sarebbe quindi realizzata in assenza dell’incentivo fiscale previsto dal Governo”.

Gli effetti dell’iper ammortamento sull’occupazione: +7%

Integrando i dati fiscali con quelli relativi ai flussi di assunzioni e di cessazioni di posti di lavoro dipendente CSC e MEF hanno potuto stimare i primi effetti occupazionali prodotti in Italia dagli investimenti agevolati in tecnologie 4.0 nell’anno d’imposta 2017, isolandoli dall’influenza esercitata sempre sull’occupazione da altri fattori quali il ciclo economico, le dimensioni aziendali, la localizzazione delle imprese o il loro settore di appartenenza. Per farlo, si è confrontata la crescita di assunzioni e cessazioni rispetto al 2016 delle imprese agevolate dall’iper ammortamento nel 2017 con quella di un campione selezionato di imprese non agevolate quell’anno, scelte in modo da rappresentare, con un ragionevole grado di approssimazione, cosa sarebbe accaduto alle imprese che hanno investito in tecnologie 4.0 in assenza dell’investimento stesso. L’analisi indica che l’investimento in tecnologie 4.0 nel 2017 ha avuto un effetto occupazionale positivo nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019 (ultimo mese disponibile per l’analisi). Si stima che il numero di dipendenti sia cresciuto dell’11,3% tra la fine del 2016 e marzo

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2019 nelle imprese beneficiarie dell’iper ammortamento nel 2017, contro una crescita del 4,4% per imprese ex-ante simili, ma che non avevano utilizzato l’agevolazione fiscale in quell’anno. Ne deriva che l’investimento agevolato in tecnologie 4.0 abbia prodotto una maggiore crescita occupazionale di circa 7 punti percentuali nel periodo considerato. Ciò è dipeso da una dinamica delle assunzioni migliore di quella che si sarebbe registrata se le imprese non avessero investito in tecnologie digitali, mentre la dinamica delle cessazioni non risulta, nella media di periodo, essere stata influenzata in misura sistematica dalla decisione d’investimento. L’effetto positivo sulle assunzioni si riscontra in tutte le classi dimensionali, dalle micro alle grandi imprese. L’impatto è particolarmente rilevante per queste ultime: nella media di periodo si stimano +10,9 punti percentuali di maggiori assunzioni rispetto a quanto si sarebbe registrato in assenza di investimenti in tecnologie digitali avanzate. Le assunzioni sono cresciute sia al Nord sia al Sud. L’effetto maggiore si registra per quelle con sede legale nel Mezzogiorno: nella media di periodo si stima un effetto differenziale pari a +4,0 punti percentuali sulle assunzioni mensili rispetto a quanto si sarebbe registrato in assenza di investimenti in tecnologie digitali avanzate. L’effetto occupazionale positivo per le imprese con sede legale nel Centro Italia, invece, non si traduce in maggiori assunzioni bensì in minori cessazioni: -2,0 punti rispetto allo scenario base di assenza di investimenti in tecnologie 4.0. Quanto all’età dei nuovi assunti, l’impatto positivo degli investimenti in tecnologie 4.0 si registra innanzitutto tra i giovani lavoratori (con meno di 35 anni di età), un risultato coerente con il loro maggior grado di competenze digitali rispetto alla forza lavoro più anziana: +2,4 punti percentuali la stima della maggiore crescita mensile delle assunzioni nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019, rispetto a +1,4 stimato per i lavoratori over 35. Questi ultimi però hanno potuto beneficiare non solo di una maggiore domanda di lavoro per nuovi assunti, ma anche di minori cessazioni di rapporti di lavoro rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza di investimenti agevolati in tecnologie 4.0. La maggiore domanda di lavoro da parte delle imprese che hanno acquistato beni strumentali 4.0 nel 2017 ha interessato tutti i livelli di qualifica professionale, anche se con intensità differenti. L’effetto maggiore in termini di assunzioni si riscontra tra gli operai specializzati e i conduttori di impianti e macchinari, che beneficiano nel periodo compreso tra gennaio 2017 e marzo 2019 di una crescita aggiuntiva di 2,2 punti percentuali in media mensile delle posizioni di lavoro dipendente rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza degli investimenti. Seguono, al secondo posto, gli impiegati (+0,7 p.p.) e le professioni ad alta qualifica dedicate a mansioni scientifiche (+0,7 p.p.), davanti a quelle ad alta qualifica ma con mansioni non scientifiche (+0,4 p.p.), e alle professioni non qualificate


Uno sguardo al futuro

(+0,4 p.p.). Si tratta di andamenti coerenti con il quadro complessivo delle assunzioni che in Italia, negli stessi anni considerati dall’analisi, sono cresciute maggiormente proprio tra le “tute blu” e gli impiegati, e molto meno sia per le professioni ad alta qualifica sia per quelle non qualificate. In altre parole, l’effetto sulle assunzioni indotto dagli investimenti in tecnologie 4.0 è stato complessivamente quello di aver accentuato dinamiche già in atto nel mercato del lavoro italiano. Secondo gli autori del rapporto, “i risultati modesti prodotti dagli investimenti in tecnologie 4.0 sulla domanda di figure professionali ad alta qualifica, le cui mansioni cognitive non routinarie dovrebbero essere tra quelle maggiormente richieste in un contesto di automazione crescente dei processi produttivi, sono dovuti allo scarso ricorso a queste figure professionali da parte di realtà produttive di dimensioni ridotte: l’effetto sulle assunzioni è infatti stimato nullo o del tutto marginale non solo per le microimprese, ma anche per le piccole e medie aziende italiane che hanno investito in tecnologie 4.0. Di contro, il ricorso a queste figure professionali è cresciuto, e in modo molto rilevante, tra le grandi imprese che hanno abbracciato la trasformazione digitale: +8,0 punti percentuali in media mensile l’effetto sulle assunzioni per i lavoratori qualificati con mansioni scientifiche, +5,0 punti per le restanti professioni intellettuali”.

Sintetizzando, l’iper ammortamento ha avuto un impatto positivo sulla trasformazione digitale del sistema produttivo italiano e ha contribuito in maniera significativa alla crescita dell’occupazione nelle imprese coinvolte dalla misura. Di conseguenza, concludono gli autori, “supportare la trasformazione in chiave 4.0 delle imprese deve quindi restare una priorità, perché la digitalizzazione del sistema produttivo, insieme a una trasformazione per garantirne la sostenibilità ambientale, rappresenta il più importante driver di crescita delle imprese per i prossimi decenni”. Questa è dunque la base fattuale sulla quale poggiano le richieste di Confindustria al Governo: • stabilizzazione degli incentivi per almeno un triennio • immediata fruibilità del credito d’imposta sugli investimenti 4.0 (con il meccanismo dello sconto in fattura e della cedibilità del credito al sistema finanziario) • innalzamento delle aliquote Tutte misure di immediata implementazione che darebbero un forte segnale positivo alle imprese in un momento di forte incertezza e di crisi di liquidità come quello attuale, che deprime gli investimenti. “Ciò contribuirebbe a far ripartire il processo strutturale di rinnovamento della dotazione tecnologica del sistema produttivo italiano”, concludono gli autori del rapporto.Oltre al lavoro sugli incentivi per l’acquisto di beni strumentali, tuttavia, Confindustria è convinta che occorra lavorare (meglio) anche sulle competenze: “Poiché non può esservi un vero cambiamento di paradigma senza un rinnovamento anche delle competenze umane detenute all’interno delle imprese, per una piena transizione al digitale sono cruciali le politiche formative”. La politica dovrebbe quindi rafforzare i legami, ancora oggi troppo deboli, tra sistema educativo e sistema produttivo, per esempio investendo maggiormente in percorsi di istruzione tecnico-scientifica orientati al mondo produttivo (Istituti Tecnici Superiori, in primis); ma anche fare diventare la formazione “una dimensione permanente della vita delle persone in età di lavoro”. Indispensabile, infine, anche lavorare sulle infrastrutture come presupposto necessario per garantire l’utilizzo su larga scala delle tecnologie digitali avanzate. Il riferimento è al Piano Strategico Nazionale per la Banda ultralarga, al quale “serve dare pronta e completa attuazione velocizzando gli investimenti”. 3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Economia e mercati A cura della redazione

Industrial software, Emerson acquisisce l’italiana Progea

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“L’acquisizione di Progea rafforza la nostra capacità di fornire ai clienti un pacchetto integrato di controllo, visualizzazione e IoT per aiutare i nostri clienti a migliorare l’efficienza complessiva delle apparecchiature e ad accelerare il loro percorso di trasformazione digitale”, ha dichiarato Lal Karsanbhai, presidente esecutivo della divisione Automation Solutions di Emerson. “La capacità e l’esperienza di Progea nella visualizzazione e nell’analisi a livello di 26

macchina e di impianto forniscono ai clienti una soluzione flessibile e scalabile per le loro applicazioni di PLC nei mercati discreti e ibridi”. Il prodotto più conosciuto di Progea è senza dubbio Movicon, la cui prima release risale al 1992 e che oggi sta vivendo una nuova giovinezza grazie alla nuova piattaforma Movicon.NExT, che unisce connettività, IIoT, SCADA/HMI e analisi dei dati di impianto in un’unica piattaforma. “Progea ha operato con successo come azienda privata ed indipendente per più di 25 anni”, ha detto Paolo Fiorani, managing director dell’azienda modenese. “L’acquisizione apporta al nostro team e alla nostra gamma di soluzioni l’opportunità di fornire un migliore servizio, disponibilità e supporto ai clienti a livello globale.

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Il Gruppo Emerson, uno dei principali attori del settore dell’automazione, ha annunciato di aver completato l’acquisizione di Progea, azienda italiana con sede a Modena e con 55 dipendenti, conosciuta in tutto il mondo per i suoi software dedicati alla supervisione e al controllo di macchine e impianti. Il valore dell’operazione non è stato reso noto. Il rapporto costruito con tutti i nostri clienti, distributori e partners è parte integrante del successo di Progea, e per questo continueremo a lavorare insieme ai nostri nuovi colleghi per garantire la transizione in Emerson continuando a fornirvi il migliore servizio”. L’ingresso di Progea nel gruppo Emerson creerà nuove opportunità per lo sviluppo di soluzioni hardware e software end-to-end. “L’abbinamento delle nostre moderne piattaforme SCADA/HMI, Industrial IoT e connettività con la gamma di prodotti di automazione e controllo industriale di Emerson, che include PAC/PLC, industrial edge, motion e industrial computing hardware rappresenta una combinazione formidabile”, sottolinea Fiorani. 



Robotica

Di Francesco Bruno

Si chiama KR Cybertech Nano ed è l’ultima novità di casa Kuka per la robotica industriale. La nuova serie di prodotti si contraddistingue per il costo ridotto, la capacità di integrazione e la varietà di potenziali applicazioni.

KUKA PRESENTA KR CYBERTECH NANO, ROBOT INDUSTRIALI PER CARICHI TRA 6 E 10 KG I

I nuovi modelli della serie sono infatti adatti alle più svariate funzioni a bassa portata della produzione industriale, dalla manipolazione alla saldatura, dalla pallettizzazione all’incollaggio. Il tutto in ambienti industriali anche ostili, senza venir meno alla necessa-

ria precisione. “Con il nuovo KR Cybertech nano le applicazioni industriali sono pronte per il futuro”, dichiara Markus Hollfelder-Asam, Portfolio Manager di Kuka. “Grazie alla flessibilità di impiego, abbinata ad elevate prestazioni, il costo di questo robot per basse portate si ripaga rapidamente, producendo in poco tempo i migliori risultati in tutti i campi, grazie soprattutto al perfetto adattamento dei modelli di robot al proprio impiego primario previsto”. A fare di KR Cybertech nano una soluzione interessante per le catene di produzione economicamente impegnative è soprattutto la categoria di applicazione a bassa portata (tra 6 e 10 kg di carico), in cui il robot di processo garantisce velocità e alta precisione, pur mantenendo bassi i costi di investimento e manutenzione. I sei modelli della gamma offrono uno sbraccio compreso tra 1,4 e 1,8 metri. 28

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Rispetto alla serie precedente sono stati ottimizzati i movimenti, per garantire traiettorie ancora più precise.”Grazie alla stessa base, alle modalità di collegamento invariate ed alla totale compatibilità degli accessori, il passaggio dal modello precedente è rapido e semplice”, continua Hollfelder-Asam. Il robot dell’azienda tedesca resiste perfettamente in ambienti umidi o difficili: gli assi base hanno una protezione IP 65 da polvere e acqua (gli assi del polso IP 67). Per quanto riguarda la sistemazione, i robot KR Cybertech nano possono essere montati in qualunque posizione: a pavimento, a soffitto o a parete, e con qualunque angolazione. Questa serie di Kuka è particolarmente indicata anche per la manipolazione di componenti elettronici. Il robot è infatti protetto dalle cariche e scariche elettrostatiche (ESD) non controllate. La nuova serie di robot Kuka (che solo due mesi fa ha presentato un’altra novità, il robot KR 4 Agilus) è ottimizzata per essere impiegata con il nuovissimo controllo robot KR C5, in combinazione con il più recente KUKA. SystemSoftware KSS 8.7. Inoltre le alte prestazioni sono assicurate dalla tecnologia 600-V integrata, mentre le Motion Mode coordinate consentono al robot di lavorare in modo preciso, rapido e adattabile. 


Di Valentina Rapetto

ABB arricchisce la gamma di robot industriali a sei assi di piccola taglia con il lancio di IRB 1300, rispondendo alla richiesta di un robot più veloce e compatto per sollevare rapidamente oggetti o carichi pesanti con forme complesse e irregolari.

ABB AMPLIA LA GAMMA DI ROBOT CON IL MODELLO IRB 1300 PER SPAZI RISTRETTI Ispirato al robot IRB 1600 di ABB per carichi fino a 10 kg, che ha riscosso grande successo, il nuovo IRB 1300 migliora i tempi di ciclo del 27 percento ed è quasi il 60 percento più leggero e 83 percento più piccolo dell’IRB 1600. Con un ingombro di soli 220 mm per 220 mm, IRB 1300 è progettato per applicazioni in spazi ristretti, dove favorisce una maggiore densità di robot. “IRB 1300 è una novità interessante nella nostra gamma di robot industriali di piccole dimensioni, grazie alla quale possiamo offrire funzionalità e prestazioni ancora più ampie”, afferma Antti Matinlauri, Head of Product Management, ABB Robotics. “IRB 1300 è stato progettato per aiutare i clienti a raggiungere nuovi livelli di velocità e precisione nello sviluppo di soluzioni per il sollevamento di carichi pesanti con forme complesse o irregolari, anche in spazi ristretti”. Grazie alla maggiore capacità di carico e allo sbraccio più efficiente in applicazioni di movimentazione materiali, asservimento macchine, lucidatura, assemblaggio e collaudo, il nuovo modello si propone come soluzione ideale per i settori più svariati, dall’elettronica all’alimentare, dalle bevande al farmaceutico, dai prodotti confezionati all’imballaggio, fino alla logistica. IRB 1300 è disponibile in tre varianti principali: 11 kg/0,9 m, 10 kg/1,15 m e 7 kg/1,4 m. La versione con capacità di carico da 11 kg e sbraccio da 0,9 metri vanta le caratteristiche migliori fra tutti i robot della categoria. Guidato dall’unità di controllo OmniCore di ABB, IRB 1300 offre motion control avanzato e la massima precisione di traiettoria della sua categoria, potendo così gestire

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una gamma più ampia di applicazioni, fra cui lucidatura e asservimento macchine. Per massimizzare la versatilità dell’IRB 1300, l’unità di controllo OmniCore può essere equipaggiata con diverse dotazioni aggiuntive, fra cui protocolli fieldbus, sistemi di visione e controllo di forza. OmniCore offre inoltre un’interfaccia utente semplice sull’intuitivo dispositivo FlexPendant, provvisto di un ampio display multi-touch utilizzabile con gesti standard quali “pizzica”, “scorri” e “tocca” (pinch, swipe, tap), che agevolano notevolmente gli operatori nella programmazione e nell’operatività del robot. IRB 1300 è dotato di 20 porte I/O, il 50 percento in più del modello IRB 1600, grazie alle quali può essere equipaggiato con pinze e attuatori più sofisticati, con un conseguente incremento della produttività grazie alla capacità di movimentare un maggior numero di pezzi simultaneamente. Fornito con protezione IP40 standard, IRB 1300 può essere realizzato su richiesta con protezione IP67 a tenuta di particelle solide e acqua, oppure nella versione Foundry Plus2, che assicura la protezione in ambienti estremamente gravosi come fonderie e impianti di lavorazione dei metalli. Il robot è disponibile anche in una versione per camera bianca, conforme a IPA Clean Room.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Robotica

A cura della redazione

Cobot serie H

DOOSAN ROBOTICS LANCIA SEI NUOVI ROBOT COLLABORATIVI PER CARICHI DA 5 A 25 KG Doosan Robotics ha presentato sei nuovi robot collaborativi – quattro modelli della serie A e due della serie H – che vanno ad arricchire l’attuale offerta composta dai quattro cobot della serie M. Con il nuovo lancio diventano quindi ben dieci i cobot offerti da Doosan.

Cobot serie A

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La serie A è composta da quattro modelli a sei assi ottimizzati per operazioni ripetitive ad alta frequenza e in spazi limitati: A0509, A0509s, A0912 e A0912s. I primi due (A0509 e A0509S) offrono un carico utile di 5 kg, raggio operativo 900 mm e ripetibilità ±0,03 mm. Gli altri due (A0912 e A0912s) offrono un carico utile di 9 kg, raggio operativo di 1.200 mm e ripetibilità ±0,05 mm. Ogni modello è dotato di algoritmi di sicurezza avanzati per proteggere i lavoratori umani, e soddisfa gli standard di sicurezza stabiliti da Tüv Süd, organizzazione internazionale accreditata per test e certificazioni. Anche i modelli della serie H sono a sei assi, ma offrono una ripetibilità superiore (in entrambi i casi di ±0,1 mm) e poi un raggio d’azione di 1,7 m e un carico utile di 20 kg per il modello H2017 e un raggio d’azione di 1,5 m e un carico utile di 25 kg per il modello H2515, uno dei valori più elevati sul mercato. I cobot della serie H pesano 75 kg, sono dotati di sei sensori di coppia su tutti e sei gli assi e offrono quindi la manovrabilità e la flessibilità necessarie in diverse applicazioni, in particolare nella logistica e nell’automotive. Doosan distribuirà i suoi nuovi modelli di cobot attraverso la sua rete di vendita globale a partire da questo mese.

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Di Valentina Rapetto

Secondo un’indagine di Interact Analysis la pandemia trainerà la crescita dei robot mobili nel lungo periodo. I “mobot” continueranno ad affermarsi in ambito manifatturiero e conquisteranno anche il settore della logistica. Le vendite di robot mobili autonomi (AMR) supereranno i ricavi dei più tradizionali AGV.

IL MERCATO DEI ROBOT MOBILI CRESCERÀ DEL 24% NEL 2020 NONOSTANTE LA PANDEMIA Il rapporto sul mercato dei robot mobili prevede che i ricavi cresceranno di quasi il 25% nel 2020, nonostante il caos che si sta verificando in tutto il mondo a causa della pandemia COVID-19. I ricavi delle vendite dovrebbero raggiungere i 2,4 miliardi di dollari quest’anno e aumenteranno di un ulteriore 50% nel 2021, poiché l’impatto della pandemia comporterà una maggiore domanda di automazione mobile. Più in dettaglio le vendite di AGV, i veicoli autonomi che possono navigare solo grazie all’ausilio di infrastrutture fisiche (marcatori, guide ottiche o magnetiche, prevalentemente), cresceranno meno rispetto a quelle dei più avanzati robot autonomi mobili (AMR), che possono navigare in autonomia, senza bisogno di marcatori esterni o di infrastrutture. Interact Analysis prevede infatti per quest’anno una crescita del fatturato dell’11% per gli AGV e del 45% per gli AMR, con una crescita media del 24% in tutto il settore. Per completezza, va detto che la crescita del settore per il 2020 prevista prima della pandemia era del 60%. Tuttavia, spiegano gli analisti, il COVID-

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19 sarà una svolta per il settore nei prossimi anni, contribuendo a una crescita “vertiginosa” fino al 2024. Secondo gli analisti, l’impennata dell’e-commerce e la riorganizzazione delle principali attività manifatturiere, con il riposizionamento delle economie di fronte alla pandemia e il progressivo distacco dell’Occidente dalla Cina, saranno i principali motori della crescita dei robot mobili. Altri fattori abilitanti saranno il distanziamento sociale, la necessità di ridurre la dipendenza delle produzioni dal lavoro umano, la necessità di velocità ed efficienza. Il settore manifatturiero sarà il principale driver di crescita fino al 2021, ma poi si affermeranno le applicazioni nella logistica. I magazzini utilizzati per supportare gli ordini online e il rifornimento dei negozi stanno iniziando a utilizzare grandi quantità di robot, e le aziende di general merchandise stanno già facendo enormi investimenti in AMR. Interact Analysis prevede che il settore della logistica investirà in robot mobili circa 9 miliardi di dollari nel 2024, rispetto a circa 1 miliardo di dollari nel 2020. Gli investimenti di robot mobili nel settore manifatturiero raggiungeranno invece un picco di circa 5 miliardi di dollari nel 2024.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Robotica

A cura della redazione

A regime potrebbe essere in grado di automatizzare fino al 77% delle operazioni necessarie per svolgere i test sierologici e analizzare fino a 450 campioni all’ora.

YUMI, IL COBOT DI ABB, AL LAVORO PER VELOCIZZARE L’ANALISI DEI TEST SIEROLOGICI YuMi, il robot collaborativo di ABB, è stato utilizzato in un’applicazione progettata al Politecnico di Milano in collaborazione con ABB e Ieo per supportare gli ospedali nei test sierologici per il coronavirus. A curare l’automazione parziale del protocollo dei test sierologici è stato il professor Andrea Zanchettin del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano che ha progettato l’applicazione e programmato YuMi. Il robot a due bracci ha consentito di automatizzare il “pipettaggio” delle piastre a pozzetti usate nei test sierologici: un’operazione ergonomicamente pesante poiché per ogni test effettuato su un singolo paziente, un tecnico di laboratorio deve azionare il pistoncino della micropipetta ben 8 volte e il pollice deve fare circa 2 cm di corsa imprimendo una forza di 1,5 kg. Fare migliaia di test significa che l’operatore deve eseguire quel movimento ripetitivo migliaia di volte. È un gesto impegnativo, stressante e usurante che può comportare patologie cliniche specifiche come l’infiammazione del tendine che mantiene il dito in posizione sollevata. Il test sierologico è stato messo a punto nei laboratori dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano dal gruppo

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composto da Marina Mapelli e Sebastiano Pasqualato, biochimici, e Federica Facciotti, immunologa, sulla base del protocollo elaborato al Mount Sinai, New York da Florian Krammer. YuMi è un robot collaborativo a due bracci, prodotto da ABB, che può trovare applicazione sia in ambito industriale che in diversi contesti operativi, come ospedali e laboratori di analisi, assicurando ripetitività. YuMi è certificato per lavorare in camera bianca (ISO 5). Nell’applicazione curata dal professor Zanchettin sul braccio sinistro è montata la micropipetta, mentre sul destro una “mano” con due dita che serve a movimentare le piastre. Il tecnico riempie con il siero del paziente una piastra a pozzetti, fatta in modo tale che la componente proteica del virus, se presente, si attacchi alla plastica. Affinché il virus si leghi in maniera stabile alla plastica, è necessario un certo tempo di incubazione. Poi la piastra va lavata dell’eccesso: YuMi si occupa proprio di questo passaggio. Il tecnico posiziona le piastre da lavare sopra a un vassoio equipaggiato con un sensore di peso, che avvisa YuMi quando deve attivarsi e “pipettare” il liquido di lavaggio dentro i pozzetti. Il robot preleva la piastra e la sposta in posizione, preleva da un serbatoio la soluzione di lavaggio e riempie la piastra. Poi ri-preleva la soluzione da ciascun pozzetto e la elimina, questa operazione viene ripetuta per 3 volte: in totale impiega circa 3 minuti per compiere tutta l’operazione. Alla fine, YuMi riprende la piastra e la mette sul vassoio delle piastre lavate. 


Di Redazione

OnRobot sta distribuendo un importante aggiornamento software per il sistema di visione Eyes, basato su telecamere 2.5D.

ONROBOT AGGIORNA IL SUO SISTEMA DI VISIONE PER BRACCI ROBOTICI I tradizionali robot industriali single purpose stanno perdendo terreno a favore di robot e periferiche più convenienti e facili da utilizzare, che possono essere implementati in modo flessibile in un’ampia gamma di applicazioni. Ciò consente alle aziende manifatturiere di ottenere un maggiore incremento della produttività grazie agli investimenti in automazione. Proprio in quest’ottica OnRobot sta distribuendo il suo nuovo software. “Gli approcci tradizionali all’automazione industriale pongono il prodotto al centro, traducendosi in soluzioni costose e troppo complicate per risolvere semplici problemi,” evidenzia Enrico Krog Iversen, CEO di OnRobot. “OnRobot adotta un approccio più pratico, focalizzato sull’applicazione. Ciò significa fornire ai nostri clienti strumenti facili da usare e personalizzati in base alle specifiche esigenze di utilizzo, permettendone l’implementazione in nuovi ambienti applicativi, attraverso l’aggiornamento dei prodotti esistenti.” Le nuove funzionalità, che consentono al sistema Eyes di essere impiegato per applicazioni di controllo qualità e configurazioni mobili, includono il rilevamento one-shot di oggetti multipli, il rilevamento di colori e blob e strumenti di calibrazione automatica di punti specifici, progettati per velocizzare i tempi di configurazione mobile dei robot. “OnRobot è orgogliosa di potersi confrontare con i clienti e di offrire loro l’agilità necessaria per rispondere rapidamente attraverso nuove release e aggiornamenti dei propri prodotti,” sottolinea Iversen. “I nostri clienti hanno affermato di apprezzare la facilità d’uso di Eyes, e desiderano nuove funzionalità personalizzate per le comuni attività di controllo qualità. L’aggiornamento di oggi offre proprio questa capacità.”Le nuove funzioni di controllo di Eyes consentono al sistema di selezionare, ispezionare o prelevare e posizionare facilmente oggetti non strutturati utilizzando il rilevamento del colore e dei contorni, una capacità che supera la maggior parte dei sistemi di visione concorrenti. Questo metodo di rilevamento non richiede l’apprendimento del pezzo in lavorazione e individua gli oggetti in base alle informazioni sul colore e sulle dimensioni inserite dall’operatore.Le funzioni di ispezione di Eyes possono essere utilizzate per verificare le parti rimosse da macchine CNC, ad esempio, o per controllare i pezzi IMM per appurare che non ci sia materiale in eccesso o inadeguato dopo che il pezzo è stato plasmato. Gli strumenti supportano anche i controlli manuali: gli operatori possono impostare una telecamera e un programma di ispezione, posizionare manualmente un pezzo in visione ed eseguirne la verifica. Non è

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richiesto alcun robot.L’aggiornamento permette il rilevamento contemporaneo di più oggetti, consentendo al sistema di selezionare tutti i pezzi in lavorazione con una sola immagine, riducendo così la complessità e migliorando i cicli operativi. L’aggiornamento include inoltre strumenti che permettono agli utenti di richiedere parti specifiche e definire i parametri di presa della pinza. Una nuova funzione Landmark è stata aggiunta al già potente toolkit di Eyes, che consente una facile implementazione su robot mobili e configurazioni con carrelli, vassoi e pallet. Questa funzione permette di programmare facilmente i robot mobili affinché si spostino da una stazione all’altra utilizzando come guida i Landmark definiti dall’utente. I punti di riferimento possono anche essere usati per avviare specifiche operazioni del robot: ad esempio, quando Eyes rileva l’arrivo di un carrello mobile carico di pezzi per il prelevamento nel suo spazio di lavoro, può facilmente passare alle attività pick & place di routine. “Sono sempre più numerosi i produttori che stanno cercando di installare bracci robotizzati su piattaforme mobili per differenti applicazioni di fabbrica e magazzino. Questo aggiornamento offre ai nostri clienti la possibilità di implementare Eyes sui robot mobili, senza impatto sulla facilità d’uso, qualità che rende i nostri prodotti così di interesse per aziende di ogni dimensione,” conclude Iversen.

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Robotica

A cura della redazione

DA OMRON IL PRIMO CONTROLLORE ROBOTICO INTEGRATO AL MONDO PER IL CONTROLLO DI SISTEMI DI PRODUZIONE Omron ha annunciato il lancio di un innovativo Controllore Robotico Integrato, il nuovo NJ501-R, basato sulla serie di machine controller Omron, Sysmac NJ.

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Grazie al Controllore Robotico Integrato, è possibile automatizzare il lavoro manuale avanzato e complesso precedentemente svolto dagli operatori, nonché simulare la progettazione e la modifica degli impianti di produzione in un ambiente virtuale, predisporre le apparecchiature ed eseguire la manutenzione in remoto. Il nuovo controllore permette la sincronizzazione in tempo reale tra tutte le apparecchiature di automazione, compresi robot, componenti di visione, driver e apparecchiature di sicurezza. Migliorando la velocità e la precisione della produzione, gli operatori possono simulare intere linee di produzione senza dover ricorrere ad apparecchiature fisiche. Ciò semplificherà la manutenzione e ridurrà il time-to-market durante la progettazione, la pianificazione, la messa in servizio e i processi di cambiamento. Negli ultimi anni, numerose industrie si sono trovate a dover affrontare problemi di carenza di manodopera: il mondo stesso si trova di fronte ad un importante punto di svolta nel modo in cui la società conduce le proprie attività a causa dei recenti problemi sanitari a livello

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globale. La richiesta di un’automazione robotica più avanzata è di conseguenza in netto aumento, insieme ad una crescente domanda di digitalizzazione. Tradizionalmente le apparecchiature di automazione per gli impianti di produzione erano gestite da diversi controllori, il che costituiva una sfida importante per la configurazione e il coordinamento delle velocità e dei tempi dei diversi dispositivi. Inoltre, era estremamente difficile automatizzare attività complesse e sofisticate ed era molto complicato verificare la progettazione di un processo in anticipo e con una precisione elevata prima della costruzione di una macchina o di una linea di produzione più grande. Dopo la messa in funzione dell’apparecchiatura, occorreva effettuare le regolazioni in loco e spesso era necessario effettuare il backtracking e modificare le specifiche, il che richiedeva innumerevoli ore di lavoro. In qualità di produttore di sensori di movimento, robotica e apparecchiature di sicurezza per linee di produzione completamente automatizzate, Omron ha ora risolto questi problemi integrando senza soluzione di continuità le apparecchiature di controllo. Il Controllore Robotico Integrato opera in perfetta armonia con l’automazione classica ed automatizza i processi di inserimento e assemblaggio che richiedono procedure delicate e abilità specifiche. I robot e le apparecchiature sono controllati e completamente sincronizzati in tempo reale da un unico controllore, il che migliora le prestazioni del dispositivo e offre il più alto livello di produttività al mondo. Omron ha anche unificato i linguaggi di programmazione per il controllo di robot e macchine, semplificando la simulazione della linea di produzione con un unico software di programmazione. Il sistema visualizza il processo, riducendo fino al 50% le ore di lavoro necessarie per la progettazione dei processi e la verifica operativa. Con il vantaggio inoltre di eseguire il procedimento anche in remoto. Grazie infatti all’interfaccia utente di Sysmac Studio, gli utenti possono progettare, programmare, risolvere i problemi, azionare e manutenere i futuri sistemi di automazione in remoto da qualsiasi parte del mondo.

Caratteristiche e vantaggi principali del Controllore Robotico Integrato: •

Integrando il controllo di PLC, motion e robot in un unico controllore, le complesse attività manuali che solo gli esseri umani potevano svolgere possono ora essere eseguite dai robot. Questa integrazione automatizza le tecniche degli operatori qualificati in ambito di produzione ed offre apparecchiature e robot altamente sincronizzati. Il linguaggio di programmazione per PLC e robot è unificato nel linguaggio IEC generico, che consente ai tecnici che in genere si occupano di PLC di gestire anche i robot. L a tecnologia di simulazione di Omron consente di verificare le prestazioni delle apparecchiature fin dalle prime fasi della progettazione, permettendo a progettisti meccanici ed elettrici di operare in parallelo. Di conseguenza, la messa in funzione delle apparecchiature può essere completata in un periodo più breve ed è possibile raggiungere una maggiore capacità produttiva ed evitare errori e battute d’arresto durante la messa in funzione delle apparecchiature. Per eseguire la simulazione, l’utente può utilizzare la funzione di emulazione in Sysmac Studio. Il sistema non richiede alcun collegamento alla macchina fisica per la verifica del funzionamento e la capacità produttiva delle apparecchiature del robot può essere monitorata in modo digitale. Il riutilizzo delle precedenti risorse digitalizzate semplifica la creazione di successivi impianti. 

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utomazione Di Francesco Bruno

ROCKWELL AUTOMATION E L’ITALIANA ASEM INSIEME PER LA DIGITAL TRANSFORMATION DELL’INDUSTRIA

Dalla recente acquisizione dell’italiana Asem a tutte le novità di prodotto, come l’ultima versione (la quinta) del sistema di controllo (DCS) PlantPAx. Ma anche le storie di successo che hanno caratterizzato gli ultimi mesi in cui la pandemia del Covid-19 ha colpito duramente il business dell’automazione. Sono questi gli argomenti con cui è stata lanciata la nuova edizione di VirtualConnect, l’evento online di Rockwell Automation, la grande multinazionale nordamericana che ha nell’automazione e nella digital transformation il proprio business. “Durante la pandemia le nostre priorità sono state, da un lato, la sicurezza e la salute dei nostri lavoratori e clienti, dall’altro il mantenimento della business continuity”, spiega Susana Gonzalez, Presidente di Rockwell Automation per l’area EMEA, ricordando che anche nell’emergenza Covid-19 l’azienda è sempre riuscita a dare supporto alle proprie comunità locali. “Siamo anche riusciti a contribuire alla lotta al virus, come nella collaborazione con l’Università di Aalborg (in Danimarca), che ha portato alla realizzazione di un ventilatore polmonare in 17 giorni, un tempo brevissimo. Oppure con l’italiana IMA Group, attiva nel settore del packaging, in

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tre mesi abbiamo creato macchine in grado di produrre 400 mascherine al minuto”. La pandemia ha inoltre messo in discussione il modello di business di tutte le industrie globali, oltre ad averle avvicinate alle opportunità date da nuove soluzioni tecnologiche, come il controllo da remoto, ambito in cui i prodotti di Rockwell garantiscono numerose soluzioni. Sopratutto ora che nella “grande famiglia di Rockwell” (come la chiama Gonzalez) è entrata l’italiana Asem, rappresentata durante l’evento da Elia Guerra, Director and export sales manager.

Dall’unione con Asem i nuovi IPC VersaView3600

“Quella tra Asem e Rockwell Automation è un’unione tra


due realtà complementari in termini di prodotto, mercato e approccio”, spiega Guerra. Se infatti la clientela di Asem guarda sopratutto al mondo degli OEM (che in Europa si rivolgono principalmente a Italia e Germania), il mercato nordamericano e quello degli end user è una prerogativa dell’azienda d’oltreoceano. “Vogliamo tranquillizzare i nostri clienti: Asem continuerà la propria attività con i propri prodotti”, ha specificato Guerra. “Non ci sarà nessun cambiamento nei servizi di supporto che abbiamo sempre fornito. Quello che abbiamo fatto è portare in un’azienda più grande il nostro portfolio di prima classe”. Portfolio che include sopratutto gli IPC (Industrial PC), “il cuore dell’industria” come viene definito da Guerra, ricordando che in Asem si dedica un board e un design specifico ad ogni prodotto. Soluzioni hardware ottimali che ora si arricchiscono di software per ogni esigenza (dall’IIoT al remote control) con il contributo di Rockwell Automad’avanguardia per l’automazione industriale, sia per i nostri tion. “La flessibilità tipicamente italiana è un nostro punto clienti che per i nuovi mercati in tutto il mondo”. di forza”, continua Guerra. “Per ogni prodotto pensiamo a I primi prodotti VersaView 6300 lanciati sono stati i box PC quali siano le soluzioni migliori per il cliente tra le migliaia a e thin client, soluzioni compatte (non più grandi del palmo disposizione, dalla memoria al mass storage, fino alle extendi una mano, elemento che li rende i computer industriali sion capabilities”. più piccoli tra le offerte di Rockwell), durevoli e dal prezzo L’ingresso di Asem in Rockwell Automation ha permesso contenuto. Ovviamente sono tutti compatibili col software infatti di estendere l’offerta di hardware per ThinManager di Rockwell Automation e l’Industrial IoT. Da agosto è infatti dispopossono funzionare con un sistema operanibile VersaView6300, la nuova famiglia tivo IoT di Windows 10, garantendo ampia di computer industriali Allen-Bradley che flessibilità di utilizzo. garantisce una configurabilità migliorata Rockwell Automation ha annunciato la dispoe promette di fornire un più veloce time- nibilità dei VersaView 6300, una nuova gamma La nuova versione del DCS to-market, minori costi e più sicurezza. Il di PC industriali e dispositivi HMI a marchio Allen- PlantPAx pacchetto include infatti nuove soluzioni Bradley. Il 2020 per Rockwell Automation è nel campo della interazione uomo macchina Il lancio di questa famiglia di prodotti è la prima anche l’anno del lancio della versione 5 conseguenza industriale dell’acquisizione di Asem. (HMI) e dell’accesso da remoto IIoT. di PlantPAx, il sistema di controllo nato I prodotti sono stati specificamente progettati Ma non solo: l’acquisizione di Asem ha per resistere alle condizioni difficili presenti negli ormai più di 10 anni fa (nel 2009 la prima garantito a Rockwell Automation un centro ambienti industriali, ivi comprese le applicazioni di versione). Tra le novità più importanti del di eccellenza in ambito Ricerca & Sviluppo lavaggio previste nei processi food e life science. DCS le applicazioni firmware native inteche, come si è detto, ha nella customization Tra le prime novità disponibili un’estesa gamma di grate, la riduzione dell’impronta ambienmonitor, box PC, panel PC, thin client e dispositivi il suo punto di forza a livello di prodotto, per la connettività remota. Seguiranno, nel corso tale (meno server e controlli più potenti), pensato e disegnato per adattarsi al meglio del prossimo anno, nuove varianti di prodotto e la rinnovata cybersecurity, le diagnosi autoalle specifiche condizioni di ogni ambiente opzioni di personalizzazione che arricchiranno matiche (che non necessitano di programindustriale, compresi quelli del food e delle ulteriormente l’offerta di Rockwell Automation per mazione addizionale: la notifica arriva in l’industrial computing. VersaView 6300 mette i life sciences. modo automatico) e le analytics abilitate. dati a disposizione di chi deve prendere le deciI primi prodotti disponibili sono varie sioni al posto e al momento giusto, su dispositivi PlantPAx 5.0 permette di progettare con gamme di monitor, box PC, panel PC, intelligenti, su macchine e su tutto l’impianto. strumenti più veloci, produrre con flussi di thin client e prodotti per la connettività da lavoro più fluidi e una migliore integrazione remoto. “La famiglia di prodotti VersaView degli skid, sfruttare tecniche di diagnostica beneficia della più recente tecnologia con che migliorano l’esperienza dell’operatore tutto il patrimonio, la qualità e l’innovariducendo al minimo i tempi di fermo maczione che Asem ha sviluppato negli ultimi china e migliorare i processi con tecnologie 40 anni”, ha detto Renzo Guerra, CEO di analisi e MPC. e Presidente dell’azienda italiana. “Segna Grazie a PlantPAx, come ha sottolineato l’inizio di un nuovo capitolo nella storia Alain Hermanns, che in Rockwell si dedica di Asem, poiché la nostra produzione con proprio a questo progetto, il sistema di conbase ad Artegna continua a supportare e trollo, pur essendo il cuore della produzione, sviluppare la nostra tecnologia informatica ne rappresenta meno dell’1% del costo. 

Una nuova gamma di PC industriali basata su tecnologie Asem

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utomazione Di Valentina Repetto

COMUNICAZIONI INDUSTRIALI, ETHERNET INDUSTRIALE ANCORA IN CRESCITA (A SPESE DEI BUS DI CAMPO) HMS Networks presenta la propria analisi annuale sul mercato delle reti industriali, concentrandosi sui nuovi nodi installati a livello globale nel mondo dell’automazione industriale. Lo studio del 2020 include le quote di mercato stimate per bus di campo, Ethernet industriale e Wireless. Quest’anno non sono stati stimati i tassi di crescita, date le condizioni particolari del mercato in generale, dovute alla situazione del Coronavirus.Dall’analisi di HMS, si evince che l’Industrial Ethernet continua a sottrarre quote di mercato ai bus di campo. Le reti Ethernet industriali rappresentano ora il 64% del mercato globale dei nuovi nodi installati nella Factory Automation (rispetto al 59% dell’anno scorso). EtherNet/IP e Profinet condividono il primo posto con il 17% del mercato. EtherCAT continua a ricoprire il 7% del mercato a livello globale, ModbusTCP detiene il 5%, superando di poco Ethernet Powerlink al 4%. HMS stima un calo dei bus di campo al 30% dei nuovi nodi installati (rispetto al 35% dell’anno scorso). Profibus è ancora al primo posto (8%), ma per la prima volta rappresenta meno del 10% del mercato totale delle reti industriali. A seguire le reti Modbus-RTU al 5% e le reti CC-Link al 4%. “Prevediamo una crescita costante del mercato delle reti industriali nei prossimi anni, ma a causa della situazione particolare creatasi con il Coronavirus che sta avendo ripercussioni sulle condizioni generali di business a livello globale, abbiamo deciso di non inserire nella nostra analisi del 2020 le cifre di crescita, ma soltanto le quote di mercato”, afferma Anders Hansson, Chief Marketing Officer di HMS Networks.

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“Quindi, concentrandoci soltanto sulle quote di mercato quest’anno, vediamo che l’Industrial Ethernet continua a trainare la connettività industriale nelle fabbriche, con EtherNet/IP, Profinet ed EtherCAT al terzo posto.” Hansson continua affermando: “Profibus è ancora il bus di campo dominante ma ha perso quote di mercato; mentre continua il calo dei Fieldbus in generale. Inoltre risulta interessante notare come Modbus registri un buon andamento – sia che si tratti di Modbus RTU che di Ethernet basato su ModbusTCP, mostrando come le fabbriche continuino ad utilizzare tecnologie ben funzionanti nei loro nuovi impianti, anche se vengono utilizzate da un po’ di tempo.” Le tecnologie wireless rappresentano il 6% del mercato totale, con la tecnologia WLan che si conferma essere la più popolare, seguita dal Bluetooth. “Il Wireless mantiene la sua quota di mercato, in un settore in continua crescita, un risultato per niente male, visto che prevediamo un’ulteriore crescita dei Wireless prossimamente”, afferma Hansson. “Con tutte le attività in corso a livello mondiale relative alle tecnologie cellulari (ad esempio reti private LTE/5G) come fattori abilitanti per la produzione intelligente nelle fabbriche, la domanda di dispositivi e macchine connessi in modalità wireless aumenterà sempre più, in modo tale da integrarli nelle architetture d’automazione del domani, ovvero meno cablate e maggiormente flessibili”. 


D i V. R .

INDRADRIVE MI DI BOSCH REXROTH ORA CON NUOVE FUNZIONI DI RAFFREDDAMENTO E SICUREZZA Bosch Rexroth ha ampliato la gamma di applicazioni del suo sistema di azionamento elettrico cabinet-free IndraDrive Mi, dando la possibilità di raffreddare i moduli di alimentazione e di pilotaggio in modi alternativi. osch Rexroth è riuscita a trasferire l’intera tecnologia di azionamento dal quadro di controllo alla macchina stessa. In aggiunta al motore ad azionamento integrato e ai remotabili di IndraDrive Mi, l’azienda ha sviluppato moduli di alimentazione decentralizzati che consentono ai costruttori di macchine di installare tutti i componenti elettrici direttamente sulla macchina. Inoltre, ha equipaggiato questi moduli con nuove opzioni di raffreddamento da applicare a diversi settori di produzione e, così facendo, ha ampliato la gamma di applicazioni di IndraDrive Mi.Le innovazioni della tecnologia cabinet free IndraDrive Mi offrono nuove funzioni certificate per la sicurezza nelle macchine automatiche grazie al pacchetto SafeMotion. In questo modo le informazioni viaggiano su un bus di campo mediante il protocollo CIP safety on Sercos. Inoltre, grazie all’interfaccia Multi-Ethernet, IndraDrive Mi è in grado di gestire tutti i più comuni protocolli su uno stesso hardware garantendo una compatibilità perfetta con con la macchina. Bosch Rexroth, con le sue innovazioni nel campo della progettazione delle macchine modulari, garantisce soluzioni adeguate e sicure ai costruttori di macchine, puntando a funzioni di sicurezza complete per gli azionamenti cabinet free. Infatti, oltre al già presente Safe Torque Off, l’opzione SafeMotion copre una serie di funzioni certificate per movimenti sicuri: funzioni di sicurezza senza trasduttore, come SS1, SS1-ES oppure STO, sono certificate in Cat. 4 PL e secondo EN ISO 13849-1, nonché SIL 3 secondo EN 62061. IndraDrive Mi ha svariate funzioni di sicurezza con feedback trasduttore, come SS2, SOS, SLS, SMS, SMD, SLI oppure SDI. Tali funzioni sono conformi alla Cat. 3 PL d secondo EN ISO 13849-1 e a SIL2 secondo EN 62061. Per la sicurezza del protocollo, IndraDrive Mi utilizza lo standard CIP Safety on Sercos. In questo modo con un singolo cavo viene trasportato il bus DC, il bus di campo e le informazioni di sicurezza. Hardware e costi di installazione così diminuiscono in modo esponenziale. L’interfaccia Multi-Ethernet degli azionamenti Rexroth supporta su uno stesso hardware, oltre al bus Sercos, tutti i più comuni protocolli

B

su base Ethernet, come ProfiNet, EtherNet/IP ed EtherCAT. È inoltre possibile, tramite un semplice gate way, creare una connessione con protocollo Profibus. Nell’ottica di permettere la massima personalizzazione della macchina, IndraDrive Mi consente, anche per la funzione di sicurezza Safe Torque Off, di creare zone di sicurezza diverse all’interno della catena di azionamenti, attivabili separatamente dall’utente. In caso di interventi manuali, è sufficiente attivare la specifica zona di sicurezza per poter intervenire sull’impianto. Tutto ciò agevola la messa in servizio e riduce i tempi di riavvio della macchina. La tecnologia ad azionamenti cabinet free riduce la complessità dei cablaggi, volume del quadro elettrico e refrigerazione per il quadro stesso fino al 90% rispetto agli azionamenti convenzionali. Il sistema di azionamento IndraDrive Mi cabinet free consente la realizzazione di una soluzione di azionamento completamente indipendente, in modo che l’unità di alimentazione possa essere integrata direttamente nella macchina. Bosch Rexroth ha dotato i moduli di alimentazione di opzioni di raffreddamento aggiuntive, queste opzioni di raffreddamento sono a convezione o ad aria forzata, in aggiunta all’interfaccia termica per il montaggio a piastra fredda o isolato. I due tipi di raffreddamento non richiedono fluido per il processo di raffreddamento e possono quindi essere utilizzati in diversi ambienti, ad esempio a supporto della tecnologia di trasporto o movimentazione, nella tecnologia alimentare e per gli imballaggi. In una certa misura possono essere usati nell’industria della stampa e del legno, in questi casi specifici non richiedono la riaccensione aggiuntiva quando si utilizzano queste nuove opzioni di raffreddamento. Tutti i componenti che precedentemente erano posizionati nel quadro di controllo, adesso sono realizzati in IP65 nel sistema IndraDrive Mi e vengono installati direttamente nella macchina. Il filtro di rete, l’induttanza di rete e il contattore di rete sono integrati nel modulo di rete KNK03 per fornire alimentazione diretta dalla rete. Il modulo di alimentazione rigenerativo KMV03 con elettronica di controllo, resistenza e transistor di frenatura ha sostituito completamente l’alimentazione e l’elettronica di controllo nel quadro elettrico.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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STOR IA D I COPE RTI NA /di Thomas Holm e Nils Wigger | WAG O

Dal cloud ai nuovi modelli di business

creare

valore L’Industry 4.0 e i big data mostrano nuove possibilità per le aziende di produzione e allo stesso tempo gettano le basi per modelli di business dalle prospettive promettenti. In questo contesto è ancora più importante proteggere al meglio i propri dati. Le fondamenta di questa rivoluzione si basano su soluzioni tecnicamente intelligenti e flessibili per raccogliere dati sul campo e trasferirli nel cloud.

O

Osserviamo un incremento continuo della connettività. Dalle case, alla mobilità, alla produzione: la smart technology è sempre più connessa, e in questo modo ci fornisce sempre più dati sull’ambiente e sui processi. Gli aggiornamenti software vengono forniti attraverso l’etere, eliminando la necessità di lunghi interventi manutentivi o di portare l’apparecchio all’esterno per le riparazioni, come già possiamo osservare nell’innovativa eVehicle Tesla. Date queste premesse, lo sviluppo dei prodotti in futuro non si concluderà con la consegna del bene, ma si trasformerà in un processo costante, della durata anche decennale per l’industria software, e che va sotto la parola chiave di Continuous Delivery. La produzione si evolve quindi in un processo, che prosegue anche dopo la consegna del

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prodotto e quindi deve continuamente essere riconfigurata. L’infrastruttura che sostiene questo processo fornisce le basi per una lunga durata di vita del prodotto, senza interventi manutentivi, ma al contempo deve continuamente essere adattata e ottimizzata. Ogni giorno il mondo diventa un poco più digitale. Cicli produttivi sempre più rapidi richiedono soluzioni agili da parte delle aziende, per evitare che perdano competitività nel lungo termine. La flessibilità è la chiave per vendere!

IIoT – Il “Sistema dei sistemi”

Il concetto di digitalizzazione, di cui l’Industry 4.0 in produzione è un esempio, aiutano a creare questa necessaria flessibilità. Le richieste che prima erano elaborate in macchine e sistemi diversi, in futuro troveranno risposta grazie a un “sistema di sistemi”, la rete di prodotti, processi e risorse. Che cosa produrre e in quali quantità? Sono necessari componenti o materiali sostitutivi? Quando deve aver luogo


3.500.000.000.000

(3.500 miliardi di euro) è il potenziale economico annuo dell’Internet of things) (IoT) nel segmento produttivo. (Fonte: McKinsey)

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aziende su 10 considerano la sicurezza IT essenziale per il successo (Fonte: VDE)

Il 58%

è preoccupata per l’accesso non autorizzato a dati aziendali riservati. (Fonte: Bitkom/KPMG)

Il 65%

delle società coinvolte nell’ingegnerizzazione di macchine e impianti utilizza già il cloud computing. (Fonte: Bitkom/ KPMG)

L’1%

dei dati acquisiti è effettivamente utilizzato. (Fonte: McKinsey)

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STOR IA D I COPE RTI NA

la consegna? Possiamo persino fare un passo oltre. Nelle aziende del futuro, tutti i componenti della catena produttiva saranno in grado di comunicare autonomamente gli uni con gli altri, anche in diverse sedi. L’obiettivo è creare un sistema produttivo in rete: più veloce, più efficiente, più flessibile, in grado di creare prodotti personalizzati, con un alto contenuto di qualità. La classica piramide dell’automazione, che utilizza i controller centrali convenzionali, sta gradualmente scomparendo. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, come i servizi cloud, 5G, OPC-UA con TSN, e le soluzioni di automazione flessibile, sono il futuro dell’Industry 4.0 e dell’IIoT. Soluzioni oggetto di sempre maggiore interesse per la capacità di creare la comunicazione da macchina a macchina, ma anche di mettere in rete le macchine con l’intera impresa, e consentire così di processare e analizzare le informazioni appena acquisite, quale che sia la densità. Solo in questo modo possiamo sfruttare al massimo il potenziale di questa nuova ottimizzazione. Queste tecnologie di comunicazione consentono di monitorare, tracciare e controllare i processi produttivi da remoto. Alcuni esempi: il monitoraggio delle condizioni e la manutenzione predittiva.

Valore aggiunto attraverso nuovi modelli di business

In precedenza, i fattori critici di un’azienda erano personale, tecnologia e capitale. Ora è necessario includere anche i dati. E se la misurazione di valori singoli può essere di per sé poco significativa, combinando e contestualizzando migliaia di set di dati, nel quadro di analisi di grandi insiemi di dati, è possibile riconoscere uno schema comune. Il valore aggiunto che tutti auspicano nasce allora dalla combinazione di diversi set di dati, ad esempio, poiché da questa deriva la possibilità di rendere i processi più ottimizzati e più prevedibili. Le possibilità sono enormi: da soluzioni per la gestione dell’energia, a sistemi di diagnostica semplificata da remoto, fino alla manutenzione predittiva. Il potenziale di queste prospettive per le aziende supera il loro semplice uso interno. Il tasso di successo di soluzioni tecnologiche di questo tipo è già promettente in sé e potrebbe generare un’efficienza anche maggiore, oltre che tagliare i costi operativi. La valutazione e l’utilizzo dei dati si sono sviluppati in una forma di vantaggio competitivo esterno. Una cosa deve essere ben chiara ormai: il percorso per la creazione di valore aggiunto passa attraverso questi dati. Eppure, molte aziende usano solo una quota minima dei dati a disposizione. Secondo un esempio dello studio di McKinsey dal titolo “Come orientarsi nelle acque della digitalizzazione della produzione”, meno dell’1% dei dati generati dai 30000 sensori presenti su una piattaforma di perforazione 42

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viene utilizzato nel processo decisionale. E anche nel settore dell’automazione i dati a disposizione vengono utilizzati quasi esclusivamente per applicazioni in tempo reale o per il rilevamento di guasti. In ogni caso, prima ancora di essere utilizzati, devono essere disponibili. il percorso per la creazione di valore aggiunto passa quindi, anch’esso, attraverso il cloud. E come si collocano le aziende relativamente al cloud? Una risposta, relativa alla realtà tedesca, compare nel “Monitoraggio del cloud”, uno studio a cura di Bitko Research e KPMG: il 65% delle aziende monitorate nel settore dell’ingegnerizzazione delle macchine e dei sistemi sta già utilizzando il cloud computing. Per il 76% delle aziende osservate, la collocazione delle server farm in Germania è stato un criterio decisivo.

Sulla strada del successo, con soluzioni smart

Il cloud è un “fattore abilitante” tecnologico di importanza cruciale per l’Industry 4.0 e l’IIoT, poiché offre capacità di archiviazione ed elaborazione poco costose e facilmente scalabili, che vanno oltre il sistema IT di ciascuna azienda. Si tratta di un componente essenziale dell’infrastruttura tecnologica indispensabile, lo “stack tecnologico”. D’altro canto, ogni prodotto intelligente dell’Internet of things presenta tre elementi essenziali comuni: dei componenti fisici (l’elemento di meccanica o elettronica), dei componenti intelligenti (sensori, processi, unità di controllo), dei componenti per la connessione di rete (porte, antenne). “L’insieme di questi tre elementi apre a possibilità di applicazione completamente nuove: ad esempio alcuni prodotti potranno monitorare sé stessi e l’ambiente circostante, fornire informazioni sul loro utilizzo e sulle proprie caratteristiche, e potranno infine essere controllati dall’utente mediante accesso remoto, ad esempio attraverso dispositivi mobili”, spiega Leon Urbas, docente di Tecnologie di controllo dei processi all’Istituto per la Tecnologia dell’automazione del Politecnico di Dresda. Questa combinazione offre a sua volta la possibilità di ottimizzare e potenziare ulteriormente l’automazione, poiché grazie alla manutenzione da remoto è possibile apportare aggiustamenti ad hoc. Di conseguenza l’equazione sarà: Controllo dei dati + controllo a distanza + ottimizzazione = automazione. La gamma di controller PFC di WAGO collega il mondo reale con quello digitale. I controller WAGO offrono soluzioni, servizi e piattaforme software armonizzati, ciò di cui gli utenti avranno bisogno in futuro. In particolare la possibilità di acquisire dati decentralizzati a livello di campo e automazione, come pure la possibilità di fornire dati via cloud per agevolare nuovi modelli di business fondati sui dati. Le soluzioni di connettività al cloud di WAGO, come PFC100 e PFC200, con interfacce MQTT, offrono uno standard di sicurezza sufficientemente elevato e un percorso


sicuro per il cloud, sia per la produzione che per altri servizi.

Il cloud - Un fattore abilitante per Industry 4.0 e IIoT

Per l’Industry 4.0, il cloud è più che un punto di raccolta di dati: è la struttura portante della catena di produzione, collegata ai sistemi di produzione veri e propri. Supporta i database del prodotto e della produzione, le piattaforme di analisi per la valutazione dei processi produttivi e le applicazioni di produzione intelligenti, con cui è possibile controllare automaticamente e ottimizzare le macchine in produzione durante il funzionamento. Questo insieme di informazioni si arricchisce di dati esclusivi dell’azienda, provenienti dall’ERP, dal CRM e dal PLM, nonché di dati esterni, come costi delle materie prime e dell’energia, condizioni di traffico, dati meteorologici. Il vantaggio dei servizi cloud per l’industria, rispetto ai classici sistemi IT in-house, consiste nella maggiore flessibilità, in particolare per quanto concerne la scalabilità dei sistemi. Non solo: i costi vengono ridotti grazie alla semplificazione dell’amministrazione, poiché i fornitori di servizi in cloud offrono strutture di base standardizzate, come hardware, sistemi operativi, reti. In alcuni casi le applicazioni possono essere gestite dagli stessi fornitori di servizi, cosa che consente alle aziende produttive di dedicarsi esclusivamente ai loro ambiti di eccellenza più precipui. E ciò è vero a prescindere dalle dimensioni dell’azienda, dal numero di server esistenti, dalla quantità di dati coinvolti. Tuttavia, sul lungo termine, le aziende di successo saranno solo quelle in grado di collaborare, non a lottare l’una contro l’altra, nei singoli ecosistemi. Diminuisce al contempo la tendenza a creare piattaforme proprietarie. Le aziende iniziano a ricercare soluzioni cloud che offrono il maggiore valore aggiunto possibile, inclusa la possibilità di collaborare per progetti mirati con i concorrenti stessi. L’obiettivo è sviluppare servizi per ogni aspetto del prodotto utilizzabili da tutti i partecipanti.

Cloud sì, ma sicuro

Durante questa evoluzione verso la digitalizzazione, il cloud è stato “addomesticato”, per così dire, a costi significativamente inferiori, principalmente grazie alla grande varietà di servizi offerti. Tra i motivi di questo fenomeno, la costruzione di grandi server farm e la sempre maggiore standardizzazione, attraverso fornitori come Microsoft, IBM, Amazon e Google. Tuttavia sono numerose le aziende, in particolare nel settore della produzione industriale, ancora restie a utilizzare servizi in cloud nei processi aziendali. Il rapporto “Ingegneria elettrica e tecnologia delle informazioni 2015” su queste tendenze, pubblicato da VDE, mostra che le perplessità sulla sicurezza IT rappresentano un’importante barriera ai servizi in cloud, sia per l’utilizzo da parte delle aziende, sia per l’Industry 4.0 Come conferma anche Bernd Steinkühler, CEO del Correct Power Institute di Bochum (Germania), fornitore di servizi tecnici per le server farm, “in molte aziende è diffusa una certa diffi-

denza verso l’eccessivo impiego della rete. Tuttavia, spesso lo scetticismo è maggiore del rischio reale.” I problemi di sicurezza rimangono quindi il maggiore ostacolo contro l’uso della tecnologia del cloud; al contempo, l’Industry 4.0 rende la sicurezza IT ancora più complessa. “Quando si parla di sicurezza, spesso il problema si focalizza solo sulla riservatezza dei dati. Questo perché il legislatore ha insistito molto sul fatto che le informazioni - spesso definite dati personali - debbano essere “protette” dall’accesso non autorizzato. Tuttavia, se pensiamo all’Industry 4.0 e all’impressionante densità di informazioni e alla connessione dell’IT, l’ambito della protezione si estende oltre le competenze specifiche di un’azienda, come le informazioni sul prodotto e le configurazioni delle macchine”, sostiene Steinkühler. Proteggere questi fattori di vendita unici è la condizione essenziale da soddisfare per poter utilizzare i servizi cloud in produzione senza compromettere i processi e la qualità. Questa premessa si riflette nel rapporto VDE del 2016: il 58% delle aziende intervistate ha riferito di essere gravemente preoccupata sulla possibilità che si verifichino accessi non autorizzati a dati aziendali sensibili. Il 45% circa ha riferito che il rischio di perdere i propri dati rappresenta uno dei motivi del sempre maggiore scetticismo. In caso di connessione completa alla rete, i relativi concetti di sicurezza devono essere definiti come fondamento imprescindibile di ogni digitalizzazione aziendale. E la sicurezza si deve estendere oltre la responsabilità del reparto IT e deve essere pianificata in modo più ampio su tutta l’azienda. La sfida di introdurre strutture in cloud nei processi produttivi non è di natura tecnica, ma risulta essere una mossa strategica. Di conseguenza, è necessario definire un percorso che consente di utilizzare tutti i vantaggi della tecnologia cloud senza venire meno a solide garanzie di sicurezza . 3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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S O F T W A R E I N D U S T R I A L E / d i V. R .

È ufficiale l’ingresso di quattro nuove realtà, Breton Spa, Mandelli Sistemi Srl, Machining Centers Engineering Srl e Ps Mobile Srl, nell’associazione MindSphere World Italia, l’ecosistema aperto per lo sviluppo di soluzioni cloud e IoT industriali, che arriva ora a contare 28 membri complessivi.

dsphere rappresenti una delle piattaforme strategicamente più adatte per rendere disponibile il modulo iPredict per la manutenzione preventiva ed il monitoraggio da remoto di singoli macchinari ed impianti complessi”, afferma Saverio Gellini, Ceo di Mandelli. Machining Centers Engineering Srl (MCE) è la divisione software di MCM SpA azienda che progetta e produce di centri di lavoro e sistemi flessibili di produzione. Da 30 anni, all’interno del gruppo, sviluppa servizi software per il controllo supervisivo degli impianti MCM, e la gestione dei flussi informativi in ingresso e uscita dai moderni sistemi di lavorazione meccanica. “Abbiamo seguito l’evoluzione di Mindsphere nel corso degli ultimi anni, apprezzando il valore di una Platform as a Service (Paas) aperta basata su standard riconosciuti per la possibilità di elaborare i dati prodotti dalle nostre macchine con applicazioni fornite da terze parti, in un playground condiviso ma strutturato e sicuro; perché ci permette di offrire i nostri servizi ad una platea di macchine e impianti più estesa; infine perché da un contributo alla costruzione di un ecosistema dedicato alla digitalizzazione dei processi manifatturieri che impone non solo l’adozione delle tecnologie giuste, ma un cambio di mentalità nell’approccio alla soluzione dei problemi”, dichiara Giuseppe Fogliazza, Direttore MCE. PS Mobile Srl è nata come End-To-End Development Company con focalizzazione nell’implementazione di software per la raccolta dei dati dal campo e l’interconnessione tra sistemi. Lavorando con clienti della mechatronics valley, la società ha sviluppato una forte competenza nei programmi di Digital Transformation, specialmente incentrati nell’introduzione di applicazioni digitali per l’Industry4.0. “Da oltre 20 anni lavoriamo nel campo dell’automazione industriale su tematiche come la raccolta dei dati dal campo e l’interconnessione tra sistemi, utilizzando tecnologie commerciali e custom. Abbiamo trovato in MindSphere un vero acceleratore di soluzioni Industria 4.0 perfettamente in linea con la nostra Vision. MindSphere risolve tutte le complessità tecnologiche e di sicurezza e ci permette di concentrarci unicamente sul valore da dare al cliente. Far parte di MindSphere World Italia è molto importante per noi perché ci permette confrontarci con tutti gli attori della filiera (Siemens, utilizzatori finali e partner) e contribuire attivamente allo sviluppo del prodotto e di soluzioni perfettamente rispondenti alle necessità di mercato”, dichiara Gianluca Busi, Ceo di PS Mobile. 

MINDSPHERE WORLD ITALIA CRESCE CON QUATTRO NUOVI SOCI “ ’

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“L’arrivo nell’associazione di aziende leader nel business della macchina utensile conferma l’importanza crescente che l’ecosistema MindSphere guadagna in questo importante segmento di mercato. Presenteremo le ultime novità durante l’evento sui temi del digitale alla prossima fiera biennale della macchina utensile dal 14 al 17 ottobre a Milano” commenta Andrea Gozzi, Segretario generale MindSphere World Italia. Breton SpA, pioniere nello sviluppo di tecnologie e materiali avanzati, è leader internazionale dal 1963 nella progettazione e produzione di macchine e impianti industriali d’avanguardia. “Breton nel percorso continuo di innovazione, crede in una trasformazione data-driven sia nella governance delle macchine (interazione uomo macchina) che dei processi interni, in termini di processo e di lifecycle management. L’adesione a MindSphere World ci permetterà di proseguire nella visione data-driven, entrando in un contesto di open innovation caratterizzato da un network di esperti e specialisti di settore con la visione che la tecnologia cooperi nella stessa trasformazione digitale guidata dal dato”, dice Federico Milan, Intelligence Manager Software Division di Breton. Mandelli Sistemi SpA produce Centri di Lavoro Orizzontali a 4 e 5 Assi. Con oltre 80 anni di esperienza ed una spiccata propensione verso le innovazioni tecnologiche e la personalizzazione delle soluzioni, i Centri Mandelli, costruiti secondo la filosofia Industry 4.0, offrono prestazioni di eccellenza per potenza, velocità, versatilità e durata. “La nostra decisione di aderire a Mindsphere World si colloca all’interno della visione di crescita delle soluzioni digitali che stiamo sviluppando per i Centri di Lavoro Mandelli con iPum@suite4.0. Crediamo nei vantaggi offerti dai servizi Cloud e riteniamo che Min44

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UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE

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S OFTWAR E I N D U STR IALE /d i Francesco Bruno

Nonostante meno di un’azienda italiana su 4 utilizzi soluzioni di Cloud Computing, questa tecnologia convince quasi la totalità delle imprese che la scelgono. Ma non solo: il Cloud Computing permetterebbe alle nostre PMI di crescere ogni anno dello 0,22% (dal 2000 al 2019 la crescita complessiva è stata dello 0,4%) per un incremento del Pil di 20 miliardi di euro da qui al 2025.

IN ITALIA SOLO UN’IMPRESA SU QUATTRO SCEGLIE IL CLOUD

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Sono solo alcuni risultati emersi nello studio “L’impatto del Cloud Computing sul sistema-Paese e sul modo di fare impresa in Italia”, realizzato da The European House – Ambrosetti e Microsoft Italia: un’indagine sulla diffusione di questa tecnologia nel nostro Paese e sui suoi principali benefici in termini di crescita, oltre ai fattori che ancora ne limitano la diffusione. Lo studio (disponibile in PDF in fondo all’articolo) rivela infatti che in Italia il 22,5% delle aziende utilizza già soluzioni di Cloud Computing, e che il 97,1% delle aziende intervistate che utilizza questa tecnologia si è dichiarata soddisfatta. Inoltre, se l’83% del campione prevede un’estensione del suo utilizzo, le aree di miglioramento restano legate ai costi di migrazione e al nodo competenze. Sul totale di aziende intervistate nella realizzazione dello studio, è pari all’81,3% il numero di quelle che utilizzano

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il Cloud Computing. Nonostante ciò, è solo il 31,9% del campione la quota di chi lo considera una risorsa strategica, abilitante della trasformazione digitale, mentre il 49,4% utilizza servizi Cloud accessori adottati per lo più in modo tattico, per rispondere a necessità contingenti e non inseriti in un approccio strategico o facenti parte di progetti di digitalizzazione di più ampio respiro. Se invece si considerano unicamente le grandi aziende (pari a circa la metà del campione), si riduce al 6% la componente di chi non utilizza il Cloud. Al contrario, considerando le PMI, il 30,4% dichiara di non aver adottato alcun tipo di soluzione Cloud e solo il 17,4% considera il Cloud Computing una risorsa strategica per la propria crescita. Se, come abbiamo visto, il 97,1% di chi utilizza il Cloud si dichiara soddisfatto, questo lo si deve prevalentemente alla capacità di reagire rapidamente al cambiamento (20,8%), un’esigenza resa ancora più attuale dalle limitazioni alle attività produttive imposte dall’emergenza da Covid-19, che hanno provocato una crescita del lavoro da remoto che


seguito (con il 20,2%) dal tema della preparazione del personale. Il 60% delle aziende che hanno implementato il Cloud Computing, infatti, considerava le proprie risorse non sufficientemente preparate nel periodo pre-adozione (si sale al 62,1% tra le PMI). Interessante guardare invece alla principale motivazione indicata dalle aziende che ancora non hanno intrapreso la migrazione al Cloud: per il 21% si tratta di preoccupazioni per un non adeguato livello di prontezza della propria azienda e delle sue risorse.

Le tre proposte di Ambrosetti e Microsoft Italia

infatti, per l’83% del campione, è stato abilitato proprio dal Cloud. Tra i benefici principali apportati dal Cloud seguono una migliore gestione dei picchi di lavoro (16,5%), un maggiore controllo dei costi (16%) e un incremento della sicurezza informatica (15,9%). Come anticipato, ad ostacolare la diffusione del Cloud tra le aziende italiane vi sono soprattutto tre questioni: i costi di migrazione, il tema della gestione dei dati e quello delle competenze. Il 32,1% del campione indica infatti negli alti costi di transizione verso il Cloud come ostacolo principali alla sua implementazione (ma tra le PMI la quota sale al 42,9%). Più in particolare, questo si traduce prevalentemente nel fatto che, pur non essendo necessario fare un investimento iniziale, i costi derivano dalle spese di consulenza IT e di adeguamento, ridisegno e transizione dei processi sul Cloud. Le preoccupazioni sulla gestione dei dati (anche in ottica privacy) sono un ostacolo per il 25,1% del campione,

Lo studio pubblicato dal Gruppo Ambrosetti e Microsoft Italia è l’occasione anche per lanciare tre proposte in altrettante aree di intervento (PA, PMI e competenze digitali) per massimizzare i benefici delle nuove tecnologie Cloudbased in ottica di competitività e di rilancio del Paese e dei suoi attori pubblici e privati. Vediamole nel dettaglio: 1. Semplificare la Pubblica Amministrazione italiana e aumentare la sua efficacia nell’erogazione di servizi a cittadini e imprese sfruttando la leva della trasformazione digitale e le opportunità offerte dal Cloud Computing. In particolare, definire un Piano di Migrazione della Pubblica Amministrazione sul Cloud di orizzonte triennale, accelerando il consolidamento delle infrastrutture IT esistenti anche in modalità ibrida e facendo leva sulle piattaforme di mercato offerte da tutti i cloud service providers certificati da AGID. La residenza dei dati in Italia e regole appropriate di governance, trasparenza, privacy, sicurezza e interoperabilità saranno in grado di garantire la sovranità digitale 2. Incentivare l’adozione di soluzioni di Cloud Computing da parte delle Piccole e Medie imprese italiane con particolare attenzione per le funzioni strategiche e i servizi ad elevato valore aggiunto. In particolare, promuovere la transizione verso il Cloud come elemento di riferimento nelle scelte delle PMI che vogliono accedere alle risorse del recente decreto attuativo Piano Transizione 4.0, volto a incentivare e supportare la competitività delle nostre imprese e valorizzare il Made in Italy 3. Sviluppare le competenze digitali della popolazione italiana, con particolare attenzione alle skills necessarie per la Data Economy e l’Intelligenza Artificiale. In particolare, creare un Piano integrato per lo sviluppo delle competenze digitali a 360°, che benefici del supporto degli attori privati dell’innovazione e che si rivolga a studenti, lavoratori e cittadini, attraverso la costruzione di programmi ad hoc per le scuole, il potenziamento del ruolo degli ITS, l’incremento del numero di laureati STEM, l’incentivazione di iniziative per l’aggiornamento e la riqualificazione delle competenze da parte delle PMI e di pratiche di Lifelong Learning da parte dei lavoratori  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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PTC ha annunciato il rilascio dell’ultima versione di ThingWorx, la sua piattaforma dedicata al mondo delle applicazioni IIoT (Industrial Internet of Things).

CON THINGWORX 9.0 DI PTC L’INDUSTRIAL IOT ARRIVA IN TUTTA L’AZIENDA

P

Progettata per accelerare le implementazioni dell’Industrial IoT lungo tutta la catena del valore aziendale, ThingWorx 9.0 dispone di nuove ed estese funzionalità che supportano le aziende a creare, implementare, personalizzare e scalare le loro soluzioni in modo ancora più efficace. ThingWorx è stata la prima piattaforma al mondo dedicata esclusivamente ad indirizzare le esigenze derivanti dalla trasformazione digitale nel mondo industriale. Da quando è stata introdotta, migliaia di aziende operanti in ambito sia manifatturiero che di processo l’hanno utilizzata con successo per ottimizzare i propri processi, efficientare le operations, erogare nuovi servizi e molto altro ancora. ThingWorx è una piattaforma completa per la realizzazione di soluzioni IIoT a livello enterprise: usata dalle più disparate organizzazioni in tutto il mondo, consente di incrementare il vantaggio competitivo, nonché di ridurre sensibilmente i costi. Con il rilascio dell’ultima versione 9.0 ThingWorx ha introdotto una serie di funzionalità che permetteranno alle aziende di ottenere risultati ancora migliori. Essendo l’IIoT il fulcro attorno al quale ruota il paradigma della trasformazione digitale, ThingWorx 9.0 introduce una nuova funzionalità ottimizzata per la gestione di configurazioni di tipo clustered, che migliora significativamente la scalabilità orizzontale e la disponibilità della piattaforma. Grazie a ciò, ThingWorx estende le sue capacità 48

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di scaling, consentendo di gestire le più svariate tipologie di dispositivi, i più impegnativi requisiti di elaborazione dati, nonché un maggior numero di utenti. Questa nuova funzionalità di configurazione a cluster rafforza ulteriormente ThingWorx quale soluzione idonea per gestire attività, sistemi, servizi e asset critici che necessitano di essere sempre disponibili in qualsiasi circostanza. ThingWorx 9.0 amplia le funzionalità di cui è già dotato per l’implementazione rapida delle applicazioni introducendo formalmente i building blocks. Si tratta di configurazioni predefinite e pronte all’uso di connettori, modelli di dominio, logiche di processo ed elementi UI (User Interface) che permettono di semplificare l’implementazione dei più importanti casi d’uso IIoT come, ad esempio, quelli che riguardano il monitoraggio, la manualistica interattiva digitale e la gestione delle commesse di produzione. In tema di applicazioni IIoT, PTC e Microsoft condividono la stessa visione di apertura e interoperabilità che OPC UA è in grado di apportare. ThingWorx 9.0 supporta la piena integrazione di tutti i componenti OPC UA Microsoft, tra cui OPC UA Publisher, OPC UA Twin e OPC UA Global Discovery Server, dando la possibilità di trasmettere informazioni ancora più ricche di contenuti dall’edge al cloud. OPC UA consente di integrare ThingWorx Kepware e Microsoft Azure con ThingWorx, con data models automaticamente standardizzati che consentono il deployment di soluzioni semplificate. ThingWorx 9.0 si avvale di un avanzato sistema di analisi predittiva che, gestito a livello edge, consente di ridurre il traffico dati, migliorare la latenza ed effettuare previsioni più accurate. Queste caratteristiche di ThingWorx si rivelano molto efficaci a livello enterprise, poiché consentono di sfruttare al meglio le indicazioni di ThingWorx Analytics per supportare i processi

decisionali, ottimizzare le operations e ridurre i fermi macchina non pianificati. ThingWorx 9.0 semplifica la scalabilità delle applicazioni IIoT grazie ai miglioramenti apportati a Solution Central. Agli amministratori del tool è dato ora accesso a una gamma di funzioni molto più ampia con cui poter distribuire le soluzioni IIoT, gestire gli ambienti ThingWorx e abilitare il team di sviluppo ad operare in modalità collaborativa. Dalla sua introduzione nella release 8.5, Solution Central è stato adottato da centinaia di clienti e partner ThingWorx che sono stati in grado di estenderne l’implementazione all’interno delle loro organizzazioni.“L’introduzione di ThingWorx 9.0 rappresenta una pietra miliare nella strategia IIoT di PTC”, ha dichiarato Joe Biron, Divisional General Manager e Chief Technology Officer, IoT Segment di PTC. “I nuovi miglioramenti che sono stati apportati in termini di scalabilità, sviluppo delle applicazioni, supporto di OPC UA e potenza di analisi rappresentano un fondamentale passo in avanti per tutti i nostri clienti che necessitano di scalare le loro applicazioni IIoT in azienda. Questi risultati arrivano in un momento particolarmente importante, con le imprese che sono alla ricerca di nuovi modi per continuare ad innovare affrontando efficacemente le sfide che sono sorte a seguito dell’emergenza covid-19, come la necessità di monitorare, controllare, gestire attività o erogare servizi da remoto”. Oltre al successo legato all’ampia diffusione che ha riscosso in ambito industriale, ThingWorx continua ad essere indicato quale piattaforma leader IIoT da parte delle principali società di ricerca e analisi di mercato. In particolare, gli analisti hanno apprezzato le grandi potenzialità di ThingWorx alla luce delle alleanze strategiche che hanno recentemente portato PTC a collaborare con Rockwell Automation e Microsoft.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Additive

Di Nicoletta Pisanu

STAMPA 3D, ARRIVA SUL MERCATO LA DELTA WASP 4070 TECH

Una stampante 3D capace di gestire i materiali più richiesti e performanti nel mondo dell’industria: è con queste premesse che Wasp presenta il suo nuovo gioiello tecnologico, la Delta Wasp 4070 Tech, una stampante per lavorazioni in additive manufacturing che funziona con il 3D PEEK ed è in grado di stampare parti di grandi dimensioni. Nata per rispondere alle domande sempre più specifiche di un mercato che accoglie la stampa 3D nei cicli produttivi, la nuova stampante è dedicata al settore aerospaziale, automotive, medicale e dell’industria specializzata, ma anche ai centri di ricerca e ai laboratori avanzati. Per incentivare l’utilizzo di questa tecnologia, che offre prestazioni estreme, Wasp ha attivato il Service di stampa 3D PEEK. Lo staff tecnico assisterà le aziende nella fase di ottimizzazione del file e nella scelta del tecnopolimero più idoneo al processo di stampa sulle necessità del cliente. Dopo mesi di sviluppo interno, la nuova tecnologia WASP integra una serie di innovazioni completamente inedite sostenute dalla precisione della movimentazione e dalla

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solidità della meccanica delta. La macchina presenta il nuovo estrusore raffreddato ad acqua capace di estrudere filamenti termoplastici fino 500°, unito al sistema proprietario Firecap genera una camera calda fino 300°, che garantisce una stampa del pezzo priva di tensioni interne, eliminando il problema di delaminazione e di cristallizzazione non omogenea anche sul grande formato. Un’altra importante caratteristica è il rivoluzionario sistema proprietario di deumidificazione in linea con il controllo di temperatura che accompagna il filamento per l’intera fase di stampa, eliminando l’umidità al suo interno, migliorando la finitura superficiale e la qualità funzionale del pezzo stesso. Per quanto riguarda l’adesione al piano di stampa è stato introdotto un sistema a vuoto controllato in cui è possibile intercambiare la superficie di stampa in base al filamento utilizzato, assicurando una tenuta ottimale del pezzo e contemporaneamente una semplice rimozione. Inoltre è stato inserito il mesh auto calibration per una calibrazione ottimale del piatto. Delta Wasp 4070 Tech porta con sé un grande sviluppo firmware e introduce una serie di funzioni come il Continuous print (al termine del materiale del primo estrusore si attiva automaticamente la stampa del secondo), il Gcode analyzer (sistema di controllo errori dei gcode), l’Auto check system (sistema di autodiagnosi della stampante) e la connessione wi-fi per monitorare e controllare la macchina da remoto, questo rende possibile inoltre l’Assistenza remota dei tecnici Wasp i quali, in caso di necessità, possono operare anche a distanza . Inoltre presenta la Camera on board per il monitoraggio della stampa e il timelapse. 



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ecnologia

Di Stefano Casini

ROBOT, CLOUD, REALTÀ VIRTUALE: ECCO COME IL GRUPPO VOLKSWAGEN CORRE CON L’INDUSTRIA 4.0 Sistemi robotizzati del tutto autonomi e realtà virtuale. Impianti progettati, sviluppati e testati attraverso i loro gemelli digitali (digital twins). Sistemi cloud per connettere impianti produttivi collocati in ogni parte del mondo, in modo da condividere e scambiare dati e informazioni in tempo reale.

Nonostante per il mercato delle quattro ruote ormai da qualche anno non sia proprio una fase superlativa in termini di risultati – anche se ora in Italia un nuovo slancio arriva dai nuovi eco-incentivi –, il settore Automotive è uno di quelli in cui gli strumenti e le tecnologie dell’Industria 4.0 stanno avendo sempre più spazio, sviluppo e nuove applicazioni. La guerra del mercato, fatta di prezzi, qualità, efficienza, produttività, si combatte con le armi delle nuove tecnologie. E così, per analizzare alcuni tra gli esempi più recenti ed eclatanti, il Gruppo Volkswagen apre l’Industrial Cloud ai partner tecnologici e industriali. Mentre la controllata Škoda sviluppa impianti produttivi ad alta innovazione.

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Il Gruppo Volkswagen apre l’Industrial Cloud ai partner

Il Gruppo Volkswagen, insieme ad Amazon Web Services (Aws) e a Siemens in qualità di partner per l’integrazione, apre l’Industrial Cloud ad altre aziende manifatturiere e tecnologiche, che in futuro saranno in grado di connettersi alle fabbriche del Gruppo e di contribuire, all’interno dell’In52

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dustrial Cloud, con i propri software per ottimizzare i processi produttivi. Così facendo in breve tempo si creerà una serie di applicazioni software industriali per gli stabilimenti del Gruppo in rapida espansione. Ogni impianto avrà la possibilità di ottenere applicazioni per macchinari, strumenti e attrezzature direttamente dall’Industrial Cloud (con un approccio in stile App store). Il Gruppo Volkswagen prevede significativi miglioramenti in termini di efficienza e produttività nei propri siti. I partner potranno scalare e sviluppare ulteriormente le rispettive soluzioni all’interno di una delle reti di produzione automobilistica più grandi al mondo, ottimizzando anche processi e prodotti. In una prima fase undici aziende internazionali si uniranno all’Industrial Cloud: ABB, ASCon Systems, BearingPoint, Celonis, Dürr, Grob-Werke, Mhp, NavVis, Synaos, Teredata e Wago. “Con l’Industrial Cloud stiamo creando una piattaforma che consentirà ai partner di contribuire con le proprie soluzioni. Ciò aiuterà il Gruppo Volkswagen a ottenere efficienze globali negli stabilimenti e allo stesso tempo i partner potranno scalare le proprie applicazioni e ottimizzare le operazioni. In questo modo tutti ci guadagnano”, spiega Nihar Patel, vicepresidente esecutivo New business development del Gruppo Volkswagen. In futuro l’Industrial Cloud includerà tutte le fabbriche del Gruppo nel mondo e la relativa catena di approvvigionamento globale, e faciliterà lo scambio di dati tra sistemi e impianti. Si basa sulle tecnologie Aws nei campi dell’IoT, del machine learning, dell’analisi dei dati e dei computing services, ampliati specificatamente per soddisfare i requisiti di Volkswagen e dell’industria automobilistica.


IoT, robot autonomi e realtà virtuale nell’impianto Škoda

Škoda, il marchio boemo del Gruppo Volkswagen, per aumentare la produttività dei propri impianti sta puntando tutto sullo sviluppo tecnologico dei processi e delle piattaforme operative. In particolare, lo stabilimento di Vrchlabí, nella Repubblica Ceca, specializzato nella produzione di cambi, montati poi sulle automobili assemblate in altre fabbriche del marchio, sta diventando sempre di più un concentrato dei principi dell’Industria 4.0. È uno dei siti produttivi più all’avanguardia dell’intero Gruppo Volkswagen. Tra le ultime innovazioni realizzate, ne spiccano due: l’ordinazione automatica dei componenti necessari alle linee di lavorazione Cnc (ovvero Controllo numerico computerizzato), e l’installazione di una nuova stazione robot per la produzione, effettuata usando un ‘gemello digitale’, il Digital twin. Dopo essere stati ordinati automaticamente, i pezzi necessari per le lavorazioni Cnc vengono trasportati nel punto giusto da robot autonomi, guidati attraverso i sensori dell’Internet of Things (IoT). “In questo modo, ovvero mettendo insieme l’ordinazione automatizzata e la movimentazione di componenti attraverso robot, Škoda compie un ulteriore passo in avanti nel processo di digitalizzazione della produzione”, spiega Christian Bleiel, responsabile della produzione di componenti Škoda: “la collaborazione uomo-macchina è un concetto su cui stiamo lavorando assiduamente, e che permetterà di aumentare la produttività”.

Fornitura automatizzata e calibrata sulle reali necessità

Il processo che permette ai pezzi di arrivare automaticamente alle linee di lavorazione Cnc è semplice: nel magazzino, i collaboratori della logistica posizionano i componenti richiesti

su un apposito supporto, poi un robot automatico lo preleva e lo trasporta nel punto corretto, sulla linea Cnc. Dopodiché, durante il viaggio di ritorno, il robot raccoglie automaticamente un contenitore vuoto e lo riporta al magazzino ricambi. Attraverso le tecnologie IoT, il processo consente una fornitura automatizzata senza interruzioni e calibrata sulle reali necessità, aumentando la produttività e la sicurezza dei collaboratori del reparto logistico, che non hanno più bisogno di accedere alle aree di produzione. Grazie a questo sistema, le macchine a controllo numerico possono lavorare oltre 50mila componenti al giorno. Inoltre, si prevede che i costi dei nuovi sistemi siano recuperati in meno di tre anni.

Il gemello digitale per non interrompere le operazioni

Aggiungere una nuova stazione robot a una linea di produzione richiede una pianificazione approfondita, soprattutto se non si vogliono interrompere le operazioni. Per riuscirci Škoda ha utilizzato un ‘gemello digitale’, installando la nuova stazione senza contraccolpi per la produzione. Sono state utilizzate simulazioni delle attrezzature e della fabbrica per eseguire in anticipo i processi e prevedere i possibili scenari. Tutto ciò ha portato un risparmio di tempo di tre settimane rispetto ai metodi di installazione convenzionali. “Senza le tecnologie dell’Industria 4.0 non avremmo potuto procedere in questo modo. A causa della mancanza di spazio, non sarebbe stato possibile posizionare la nuova unità accanto a quelle esistenti, e provarla, senza interrompere la produzione”, rimarca Bleiel. Che sottolinea: “usando un ‘gemello digitale’, invece, abbiamo potuto crearne un’immagine virtuale estremamente dettagliata, simulando prima processi e procedure, così da completare l’installazione e la messa in opera senza problemi”.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Cybersecurity Di Nicoletta Pisanu

Alle aziende colpite ogni data breach costa in media 3,86 milioni di dollari a livello globale e 2,90 milioni di euro in Italia. Il dato emerge dalla quindicesima edizione dello studio annuale Cost of a Data Breach 2020, condotto da Ponemon Institute per conto di IBM Security.

In Italia

i data breach costano alle aziende 2,9 milioni di euro

L’

L’indagine è realizzata attraverso 3.200 interviste a responsabili della sicurezza di organizzazioni che hanno subito una violazione di dati nel corso dell’ultimo anno, per cinquecento aziende di cui ventuno italiane, nel periodo compreso tra agosto 2019 e aprile 2020. Tra le evidenze, si nota che la violazione dei dati dei dipendenti è quella più gravosa e che l’80% di questi attacchi ha portato all’esposizione di informazioni di identificazione personale (Personal Identifiable Information, PII) dei clienti, causando costi ingenti per le aziende.

Gli highlights del report

Di seguito, i principali risultati dello Studio 2020: • Il furto delle credenziali è un costo rilevante: le organizzazioni che hanno subito attacchi alle

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proprie reti aziendali attraverso l’uso di credenziali rubate o compromesse hanno speso quasi 1 milione di dollari in più rispetto alla media globale, raggiungendo i 4,77 milioni di dollari per violazione. Lo sfruttamento delle vulnerabilità di terze parti risulta la seconda voce di costo (4,5 milioni di dollari). Le tecnologie smart abbattono del 50% i costi legati al furto di dati: le imprese che hanno implementato le più avanzate tecnologie di sicurezza, basate su intelligenza artificiale, capacità di analisi


e orchestrazione automatizzata per identificare e rispondere agli attacchi, hanno sostenuto meno della metà dei costi di violazione di dati rispetto a quelle non dotate di tecnologie evolute (2,45 milioni di dollari contro 6,03 milioni di dollari, in media). Attacchi Nation-State – Le violazioni peggiori: nel periodo analizzato, le violazioni nation-state hanno causato la voce di costo più importante, determinando una spesa media di 4,43 milioni di dollari nel caso di furto di dati e superando i

costi generati dagli attacchi perpetrati da criminali informatici per finalità economiche. Il lavoro a distanza determinerà un aggravio di costi – La diffusione di modelli di lavoro ibridi rende gli ambienti meno controllati. Lo studio ha rilevato che il 70% delle aziende che hanno adottato il telelavoro durante la pandemia si aspetta un aggravio dei costi causati dalla violazione di dati. I CISO sono stati ritenuti responsabili delle violazioni, nonostante il potere decisionale limitato: il 46% degli intervistati ha dichiarato di ritenere il

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Cybersecurity CISO / CSO responsabile delle violazioni effettuate, nonostante solo il 27% abbia affermato che il CISO / CSO abbia potere decisionale in termini di policy e tecnologie. Secondo il report, la nomina di un CISO è stata associata alla possibilità di risparmiare 145.000 dollari rispetto al costo medio di una violazione. • La maggior parte delle aziende assicurate contro i rischi informatici chiede risarcimenti per le spese di terzi: lo studio ha rilevato che le violazioni di dati subite da organizzazioni che hanno sottoscritto polizze assicurative contro i cyber risk hanno speso quasi 200.000 dollari in meno rispetto alla media globale di 3,86 milioni di dollari. Di fatto, tra le organizzazioni che hanno stipulato un’assicurazione contro il cyber risk, il 51% l’ha utilizzata per coprire le spese di consulenza e i servizi legali di terzi, mentre il 36% delle organizzazioni l’ha utilizzata per risarcire le vittime di attacchi. Solo il 10% delle polizze hanno coperto i costi sostenuti a causa di ransomware o estorsioni. • Trend per area geografica e settore: mentre gli Stati Uniti si confermano il Paese con i più elevati costi di violazione dei dati, con una media di 8,64 milioni di dollari, il report ha inoltre rilevato che il settore healthcare ha registrato i costi medi più elevati, pari a 7,3 milioni di dollari, con un aumento di oltre il 10% rispetto all’edizione 2019 dello studio. “La capacità di mitigare gli attacchi informatici vede in netto vantaggio le organizzazioni che hanno investito nelle tecnologie più evolute – ha affermato Wendi Whitmore, Vice President, IBM X-Force Threat Intelligence -. Se da un lato il business nel mondo digitale sta crescendo a ritmi sostenuti, dall’altro persiste la carenza di esperti di sicurezza informatica. Inoltre, chi opera in questo ambito è sovraccarico di lavoro a causa della necessità di proteggere una moltitudine di dispositivi, sistemi e dati. Occorre dunque formare in cybersecurity e automatizzare alcuni processi per fornire risposte più rapide e risolutive in caso di attacco e garantendo efficienza in termini di costi”.

La situazione in Italia: migliora ma resta grave Per l’Italia, queste le principali evidenze:

In Italia il costo medio complessivo delle violazioni di dati è pari a 2,90 milioni di euro, in diminuzione del 4,9% rispetto al 2019; mentre, il costo medio relativo al 56

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furto o alla perdita di un singolo dato è pari a 125 euro, con una flessione del 3,8% rispetto al 2019. Il tempo medio per identificare una violazione di dati è passato da 213 a 203 giorni, contro la media globale di 207 giorni. Inoltre, il tempo medio per contenere una violazione è passato da 70 a 65 giorni, contro i 73 mediamente necessari a livello globale. In particolare, gli italiani impiegano mediamente: 229 giorni per identificare un attacco malevolo e 80 per contenerlo, 180 giorni per identificare un errore umano a e 49 per contenerlo, 168 giorni per identificare una falla nei sistemi e 49 per contenerla. Tra i settori maggiormente colpiti al 1° posto troviamo quello finanziario, seguito da quello farmaceutico e dal terziario. Le principali cause sono dovute agli attacchi malevoli (52%), agli errori umani (29%) e alle falle dei sistemi (19%). La spesa media complessiva generata da ciascuna causa è pari a 3,20 milioni di euro (attacchi malevoli); 2,62 milioni di euro (falle di sistema); 2,53 milioni di euro (errori umani) Un numero crescente di organizzazioni ha adottato tecnologie avanzate per automatizzare la sicurezza: 56% nel 2020, contro il 49% del 2019. La velocità e l’efficienza di risposta di un’azienda a una violazione ha un grande impatto sui costi: in Italia identificare un attacco in meno di 100 giorni fa registrare un costo medio di 2,18 milioni di euro, mentre impiegando oltre 100 giorni, il costo medio si assesta intorno ai 3,62 milioni di euro. Contenere un attacco entro i 30 giorni, invece, richiede una spesa di 2,23 milioni di euro, contro i 3,57 milioni oltre i 30 giorni. Ciò significa che poter contare su team dedicati, predisporre e testare piani di sicurezza, adottare le più innovative tecnologie in questo ambito consente alle aziende di essere più efficienti nel prevenire e contrastare gli attacchi, ridurre i costi e conseguire ROI in tempi minori nell’area della cybersecurity.

Le principali vulnerabilità

Dal report emerge che il furto e la compromissione delle credenziali, oltre alle configurazioni errate dei server cloud, rappresentano le vulnerabilità più comuni, che causano quasi il 40% dei cyberattacchi. Lo studio rivela che nel 2019 oltre 8,5 miliardi di record sono risultati vulnerabili e gli hacker, in 1 caso su 5, hanno sfruttato e-mail e password non adeguatamente protetti per sferrare i propri attacchi. Oggi le organizzazioni sono impegnate nella messa a punto di nuove strategie


di sicurezza e nell’adozione un approccio a Zero Trust, che impone di rivedere i criteri di autenticazione e di accesso degli utenti. Il report 2020 ha evidenziato che gli hacker hanno sfruttato proprio gli errori di configurazione dei server cloud per violare le reti quasi nel 20% dei casi, generando un aumento dei costi di oltre mezzo milione di dollari e portando a 4,41 milioni di dollari la spesa complessiva media, che si attesta quale terza voce di costo. Il report evidenzia il crescente divario tra i costi delle violazioni di dati sostenuti dalle aziende che investono nelle tecnologie di frontiera in ambito sicurezza e quelli delle aziende in ritardo su questo fronte: le prime vantano un risparmio di 3,58 milioni di dollari. Il divario di costo è cresciuto di 2 milioni di dollari, rispetto alla differenza di 1,55 milioni di dollari registrata nel 2018. La piena adozione di tecnologie in grado di automatizzare i processi di sicurezza incide sulla velocità e l’efficienza di risposta di un’azienda a una violazione, contribuendo a diminuire i costi. Il report ha rilevato che intelligenza artificiale, machine learning, analytics e altri tool per automatizzare la sicurezza permettono alle aziende di rispondere più velocemente – del 27% – rispetto alle aziende che non hanno ancora adottato tali misure e che, pertanto, impiegano 74 giorni in più per identificare e contenere un attacco. La preparazione nella risposta agli incidenti (Incident Response, IR) continua a impattare in modo significativo sulle conseguenze economiche di una violazione. Le aziende che non dispongono di un team di sicurezza dedicato e che non testano i propri piani sostengono una spesa media di 5,29 milioni di dollari, mentre le aziende che hanno adottato entrambe le misure, ed effettuano esercitazioni e simulazioni per testare i propri piani IR, spendono 2 milioni di dollari in meno

in caso di violazione. Preparazione e prontezza consentono di conseguire un ROI significativo nell’area della cybersecurity.

Attacchi collegati ad attività governative

Nonostante rappresentino solo il 13% delle azioni malevole, gli attacchi collegati ad attività governative sono quelli più dannosi, secondo il report, dimostrando che a quelli di natura finanziaria (53%), seppur di maggior numero, non consegue la maggiore perdita economica. Tattiche altamente sofisticate, durata e tipologia delle azioni perpetrate con l’obiettivo di sottrarre dati di alto valore, spesso inducono le vittime degli attacchi a scendere a compromessi, con un conseguente aumento dei costi di recovery, che si attesta mediamente a 4,43 milioni di dollari.

L’analisi delle cause

Se da un lato le tecnologie forti e mature hanno reso le organizzazioni sempre più resilienti, l’accesso ai dati sensibili attraverso il lavoro a distanza e le operazioni commerciali basate sul cloud, uniti alla mancanza di una adeguata formazione, hanno reso le organizzazioni più vulnerabili. Un altro studio recente di IBM ha rivelato che oltre la metà dei dipendenti che non lavorano da casa abitualmente, ma lo hanno fatto a causa della pandemia, non ha ricevuto linee guida aggiornate, volte a gestire in totale sicurezza le informazioni di identificazione personali dei clienti (PII). A fronte dei rischi di immagine e dei costi che le organizzazioni devono affrontare quando tali violazioni vengono perpetrate, gli investimenti in innovazione e capitale umano rappresentano i fattori più rilevanti per mitigare tali impatti e per garantire i migliori risultati anche in termini di sicurezza informatica. 

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Product news

DALLE AZ I E N D E /A cura della redazione

AMPIA VISUALIZZAZIONE E CONNETTIVITÀ I pannelli operatore GT25 WideScreen di Mitsubishi Electric offrono una combinazione ottimale di compattezza e visibilità, grazie al display widescreen LCD ad alta risoluzione. Con un ingombro di poco maggiore ai classici pannelli operatore 4:3, il nuovo formato garantisce circa il 40% di display in più, con una risoluzione fino a 5 volte maggiore. Le numerose funzioni avanzate integrate soddisfano le più svariate esigenze applicative. La doppia porta Ethernet integrata garantisce la separazione fisica tra la rete di macchina, o impianto, e la rete IT, o gestionale aziendale. Inoltre, grazie all’impiego di differenti indirizzi IP per ogni rete, l’intera architettura viene resa più sicura. Grazie alla connettività, il singolo pannello permette di monitorare la produzione da remoto, creando all’interno del GOT pagine web dedicate per ciascuna utenza. Le autorizzazioni di accessibilità permettono l’operatività sulle schermate operatore anche da remoto tramite VNC Server. In ottica Industry 4.0 l’interconnessione dell’impianto

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di produzione con il livello IT aziendale è garantita dal modulo software MES Interface, in grado di leggere e scrivere dati direttamente verso un qualsiasi database senza bisogno di programmazione. Un semplice tool di configurazione consente di parametrizzare lo scambio dati verso i software gestionali aziendali anche senza conoscenze di programmazione informatica specifica. Sono molteplici le applicazioni già pronte all’uso disponibili nelle librerie all’interno del software di gestione del pannello. Tra queste vi sono la totale gestione di parametri iniziali, il funzionamento e la manutenzione di tutti i dispositivi Mitsubishi Electric quali Inverter, Servo, Robot e PLC, connessi direttamente o indirettamente tramite le reti di campo. L’interattività dei pannelli GOT2000 non si ferma all’interfaccia a schermo touch: alla maggiore intuitività di utilizzo contribuisce anche la presenza di un’uscita audio integrata, che abilita l’implementazione di un sistema di notifiche, sonore, o come “Text to Speech Reader” e stampanti di rete per report ed allarmi. 


Il primo sistema brevettato per la ventilazione dei trasformatori in resina!

NUOVO SISTEMA DI VENTILAZIONE TRBH Trasformatori in resina per la distribuzione dell’energia elettrica durante il loro funzionamento producono calore.Il trasformatore per sua natura costruttiva smaltisce il calore nell’ambiente circostante per convezione termica.Quando le condizioni ambientali e di carico sono critiche, la circolazione naturale dell’aria non è sufficiente a garantire un adeguato raffreddamento della macchina.Per ovviare a tali inconvenienti Tecsystem negli anni ’90- ha presentato sistemi di ventilazione dotati di un supporto per il montaggio rapido sui trasformatori.Ma i sistemi di ventilazione tradizionali hanno poco che fare con le nuove opportunità offerte dell’industria 4.0 a causa dei limiti di connettività. Il nuovo sistema TRBH nasce sulla base di una filosofia e di un’esperienza che da anni Tecsystem sta promuovendo:dalla semplice ottimizzazione degli interventi fino al più raffinato concetto di manutenzione predittiva! Tutto ciò è possibile grazie ai dati che il sistema è in grado di fornire attraverso la comunicazione ETHernet o RS485.

I vantaggi dell’utilizzo del sistema TRBH:

Riduzione dei consumi elettrici:con la revisione della normativa Ecodesign 2009/125/EC per la riduzione delle perdite dei trasformatori del 2021,anche il consumo degli accessori elettrici entreranno nei conteggi

relativi al consumo energetico. Tecsystem ha tenuto in considerazione questa necessità durante la progettazione del sistema TRBH, obbedendo ad una normativa sempre più restrittiva e garantendo costi di esercizio più contenuti. Contenimento dello shock termico e meccanico del trasformatore: L’azione anticipata dello smaltimento del calore permette di iniziare a raffreddare il trasformatore prima del tempo. L’eliminazione dell’accensione immediata alla massima potenza consente un contenimento degli effetti dello shock termico deleteri per i materiali isolanti. L’attivazione del sistema di ventilazione e la regolazione della portata d’aria dei ventilatori sono gestite direttamente dalla centralina termometrica, che adatta la velocità di rotazione della coppia di ventilatori di ogni avvolgimento in funzione della temperatura rilevata dalla singola Pt100. La riduzione delle differenze di temperatura tra gli avvolgimenti consente di contenere gli stress meccanici dovuti alle dilatazioni e contrazioni termiche. Riduzione del rumore emesso dai ventilatori: La principale causa di rumore di un sistema di ventilazione è dovuta alle turbolenze generate dalla velocità e dalla pressione del flusso d’aria. La riduzione della velocità media di funzionamento permette di limitare la rumorosità del trasformatore raffreddato ad aria forzata.  3-4/2020 | INDUSTRY 4.0 DESIGN MAGAZINE

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Product news

DALLE AZ I E N D E /A cura della redazione

PANNELLI OPERATORE PER TUTTE LE ESIGENZE I pannelli operatore Smart Panel di VIPA sono compagni perfetti dei PLC della famiglia SLIO e MICRO. Ottimizzati per Movicon 11, rappresentano la scelta ideale per avere un’elevata facilità di utilizzo senza rinunciare alle prestazioni. Supportano la connettività OPC UA (con Movicon 11.5) e un vasto numero di driver di comunicazione. Dispongono di VNC client per la manutenzione e il controllo da remoto, il

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sistema operativo installato è Windows Embedded Compact7. Gli Smart Panel sono disponibili nei formati da 4,3”, 7” e 10”, con touch resistivo 4 fili, schermo widescreen, robustezza e grado di protezione IP66 che ne permette l’utilizzo anche in ambienti gravosi, processore ARM Cortex-A8 da 1 GHz, RAM da 512 MB, flashdisk interna da 4 GB, porta Ethernet, USB-A, RS232/422/485.



Industry Design Per progettare la Smart Industry

#2 Maggio Azionamenti Sistemi di visione #3 Settembre Telecontrollo Food

magazine

4.0 Industry 4.0 Design #TIME

M A N U FA C T U R I N G | I N D U S T R I A L I T | A U T O M AT I O N | M E C H AT R O N I C S #3 OTTOBRE 2019

#1 Marzo Robotica Safety

magazine

SENSITIVE NETWORKING

EVENTI

#4 Novembre HMI Taglio Laser

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CIBUS TEC PARMA L’ECCELLENZA MECCANOALIMENTARE

PUNTO E VIRGOLA

IL PERSONAL COMPUTER ENTRA IN FABBRICA

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