03 20 CNETO Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera
Organizzazione, tecnologia, architettura
SPECIALE
Efficienza energetica degli ospedali
ISSN: 17206642
Architettura e psichiatria si rinnovano a Bolzano / Ospedale di Camposampiero: terapia intensiva potenziata / Personalizzazione delle cure: il modello Nya Karolinska Solna / La gestione degli ospedali dopo il Covid / Cure rapide grazie alla telemedicina / La pandemia accelera la trasformazione digitale / Visione d’insieme nell’edilizia sanitaria / Un futuro sostenibile per le RSA / FSE e privacy dei pazienti
Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
CON ARIAPUR DI VALSIR NON SENTIRAI PIÙ CATTIVI ODORI abbinato alla cassetta tRoPea s: silenZiosa, aFFiDabile e Di GRanDe QUalitÀ
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www.valsir.it
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EDITORIALE
Un piano straordinario per rafforzare il SSN
Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
Il Commissario Straordinario
semi-intensiva e la relativa do-
La procedura è stata divisa in
per l’emergenza Covid19, Do-
tazione di attrezzature; il conso-
21 lotti geografici, ognuno dei
menico Arcuri ha bandito la
lidamento della separazione dei
quali corrispondenti a una Re-
procedura di gara di massima
percorsi e ristrutturazione dei
gione o Provincia autonoma,
urgenza per l’approvvigiona-
reparti di pronto soccorso con
con il preciso obiettivo di ga-
mento di lavori e servizi tecnici
l’individuazione di distinte aree
rantire la massima omogeneità
destinati alle strutture sanitarie
di permanenza per i pazienti
territoriale nella distribuzione di
impegnate in prima linea sull’e-
sospetti di COVID-19 o poten-
quell’ingente somma di denaro
mergenza. Si è così data l’ope-
zialmente contagiosi, in attesa
(pari a 713 milioni di euro) auto-
ratività all’articolo 2 del cosid-
di diagnosi; l’incremento dei
rizzata per l’anno 2020.
detto “decreto rilancio” recante
mezzi di trasporto dedicati ai
Un’occasione importantissima
le disposizioni necessarie per
trasferimenti secondari per i pa-
per adeguare e rendere più
rafforzare strutturalmente il Ser-
zienti COVID-19, per le dimis-
sicure le nostre strutture sani-
vizio sanitario nazionale (SSN)
sioni protette e per i trasporti in-
tarie. Alle stazioni appaltanti il
in ambito ospedaliero, al fine di
terospedalieri per pazienti non
compito di gestire in maniera
fronteggiare adeguatamente le
affetti da COVID-19; l’aumento
efficace la programmazione
emergenze pandemiche, come
del personale necessario ad
degli interventi e ai professioni-
quella da COVID-19 in corso.
assicurare l’erogazione dei li-
sti quello di proporre soluzioni
I Piani di Riorganizzazione ap-
velli essenziali di assistenza.
in grado di garantire l’efficienza
provati dal Ministero della Salu-
Si parla, complessivamente, di
operativa sia in condizioni di
te hanno come obiettivo il raffor-
ben 1.044 interventi che fanno
emergenza sia in condizioni di
zamento della rete ospedaliera
capo a 176 Aziende del SSN con
ritorno a una possibile (ma si-
nazionale tramite l’aumento dei
il coinvolgimento di 456 siti ospe-
curamente diversa) ordinarietà.
posti letto di terapia intensiva e
dalieri sul territorio nazionale.
Margherita Carabillò
Organo ufficiale del C.N.E.T.O.: Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera Direttore Responsabile Giorgio Albonetti Direttore Scientifico Margherita Carabillò Coordinamento Editoriale Chiara Scelsi Redazione Fabio Chiavieri redazione@progettareperlasanita.it Comitato scientifico Stefano Capolongo, Margherita Carabillò, Albert de Pineda, Eric de Roodenbeke, Gilles Dussault, Tiziana Ferrante, Giuseppe Manara, Maurizio Mauri, Paolo Pettinelli, Walter Ricciardi, Aymeric Zublena Comitato di redazione Architettura: Cristina Donati Nuove tendenze: Stefano Carera Impiantistica: Simone Cappelletti
ottobre 2020
Information Technoloy: Fabrizio Massimo Ferrara Organizzazione e management: Federico Lega Servizi e facility management: Arturo Zenorini
Hanno collaborato a questo numero: A. Borelli, C. Donati, D. Generali, E. Pizzi, E. Scarabel, F. Colafelice, F. Lavanga, F. Lega, F. M. Ferrara, F. Ruggiero, G. Egeo, G. Monti, G. Polifrone, L. Cavazzana, L. Chiappa, L. Moraca, M. Lombardi, N. Rizzi, P. Barbanti, P. Cascella, P. Magnoni, R. Cattani, S. Cappelletti, S. Pillon, S. Sacco, S. Stefanelli, T. Caputo, V. Caponnetto. Stampa & Produzione Paolo Ficicchia p.ficicchia@lswr.it Tel. 02 88184.222 Pubblicità Stefano Busconi (responsabile vendite) dircom@lswr.it - Tel. 02.88184.404
Archivio immagini Shutterstock Traffico Donatella Tardini d.tardini@lswr.it Tel. 02 88184.292 Stefania Bruno s.bruno@lswr.it Tel. 02 88184.261 Abbonamenti Tel. 02 88184.233 | Fax 02 56561173 e-mail: abbonamenti@quine.it Costo copia singola: euro 2,50 abbonamento annuale Italia euro 40,00 abbonamento annuale Europa euro 60,00
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Stampa Grafica Veneta Via Malcanton 2, 35010 Trebaseleghe (PD) ©2020 Quine Business Publisher Progettare per la sanità www.progettareperlasanita.it Reg. Trib. Milano n. 767 del 09/11/1998 Iscrizione al ROC n. 12191 del 29.10.2005
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Progettare per la Sanità
2 SOMMARIO
Sommario 8
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CENTRO DI RIABILITAZIONE PSICHIATRICA MODUSARCHITECTS Aperto alla comunità, permeabile e integrato al tessuto storico della città. Architettura e Psichiatria si rinnovano a Bolzano di Cristina Donati
POTENZIAMENTO DEL REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA DELL’OSPEDALE DI CAMPOSAMPIERO
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TORNARE ALLA “NORMALITÀ” DOPO L’EMERGENZA COVID
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ESISTE UN FUTURO POST COVID-19 ANCHE PER L’ASSISTENZA AI NOSTRI ANZIANI?
Aumento dei posti letto e miglioramento della gestione dei pazienti non infetti da Covid-19 al centro del potenziamento del reparto terapia intensiva del nosocomio veneto di Camposampiero in provincia di Padova di Tommaso Caputo, Emanuele Scarabel, Simone Cappelletti
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Le complesse problematiche da gestire nell’analisi della dott.ssa Laura Chiappa, direttore sanitario del Policinico di Milano di Laura Chiappa
L’ORGANIZZAZIONE PER TEMI DELL’OSPEDALE Il modello di Valued-Based Healthcare del NYA Karolinska Solna di Federico Lega, Laura Cavazzana, Pietro Magnoni
Un invito a committenti e progettisti a pensare a un futuro sostenibile post Covid-19 che coinvolga il mondo della residenzialità dei nostri anziani di Margherita Carabillò
Progettare per la Sanità
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3 SOMMARIO
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EDILIZIA SANITARIA, DALL’EMERGENZA AI PROGRAMMI ORGANICI Necessario innovare gestione e edilizia ospedaliera, con visione d’insieme e all’interno dei programmi UE di Pasquale Cascella
SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI OSPEDALI
50
LA TRASFORMAZIONE DIGITALE NELLA SANITÀ
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TELEMEDICINA SUBITO!
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L’IMPORTANZA DELL’INFRASTRUTTURA DIGITALE DI PROPRIETÀ PUBBLICA IN AMBITO SANITARIO
ENERGIA E OSPEDALI All’interno del settore terziario, gli ospedali e gli edifici di cura sono le più energivore. Per tale motivo il tema dell’efficienza energetica rappresenta uno dei principali obiettivi per le moderne strutture ospedaliere di Simone Cappelletti e Francesco Ruggiero
L’IMMAGINE ARCHITETTONICA DELL’ADATTABILITÀ La naturale evoluzione degli involucri degli edifici a destinazione ospedaliera di Emilio Pizzi
RUBRICHE
La pandemia da Covid-19 come fattore di accelerazione di alcuni processi già in atto nell’erogazione dei servizi ai pazienti di Giovanni Monti
L’epidemia Covid ha dimostrato sia la validità che la necessità di soluzioni di telemedicina, mediante le quali assicurare a distanza cure e assistenza ai pazienti specialmente se fragili, cronici e affetti da patologie di lunga durata, evitando il rischio di affollamenti e di contagi sia per i sanitari che per i pazienti stessi di Fabrizio Massimo Ferrara, Albacenzina Borelli, Piero Barbanti, Gabriella Egeo, Valeria Caponnetto, Simona Sacco, Roberta Cattani, Daniele Generali, Francesca Colafelice, Filomena Lavanga, Massimo Lombardi, Lucia Moraca, Nunzia Rizzi, Sergio Pillon, Silvia Stefanelli
Per poter sfruttare la ricchezza dei dati sanitari in ottica di svolgere una politica sanitaria inerente alle reali necessità del Paese, l’Italia deve svoltare in maniera decisa verso la digitalizzazione della sanità di Gianluca Polifrone
I PROGETTI IN GRANDE FORMATO DELLE ARCHITETTURE DI QUESTO NUMERO
63-67
News 4 Normativa commentata 68
Le aziende presenti in questo numero Cadolto www.cadolto.com DKC Europe www.dkceurope.com Georg Fischer www.georgfischer.com.
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IV cop. pag. 33 pagg. 29-46
Mita Group www.mitagroup.it Paradigma Italia www.paradigmaitalia.it Socomec www.socomec.it
pag. 47 pagg. 17-48
Tekna Chem www.teknachemgroup.com Valsir www.valsir.it
III cop II cop.
pag. 49
Progettare per la Sanità
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NEWS
LE BUONE PRASSI PER LA SANIFICAZIONE NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE IN AMBITO COVID-19 È ormai ampiamente dimostrato che il virus Sars-Cov-2, responsabile della diffusione del Covid-19 rimane attivo sulle superfici. Un tema da affrontare seriamente in tutti gli ambienti, in particolare in ambito sanitario. La prevenzione della trasmissione del virus passa pertanto anche attraverso l’applicazione di una rigorosa igiene dell’ambiente e attraverso la disinfezione delle superfici sia nelle aree definite a medio rischio (aree di degenza non Covid, laboratori esami, ambulatori ecc.) sia in quelle ad alto e altissimo rischio (reparti di degenza Covid, stanze di isolamento, terapie intensive, aree diagnostiche dedicate). Nasce da questa considerazione il progetto portato avanti da Afidamp, associazione che riunisce i principali operatori del mondo delle pulizie professionali, in collaborazione con Confcooperative Lavoro e Servizi, Fnip – Confcommercio, Legacoop Produzione e Servizi e Fondazione Scuola Nazionale dei Servizi. In questi mesi insieme hanno creato delle Linee Guida che riuniscono le “Buone prassi di sanificazione nelle strutture ospedaliere”, in particolare in presenza del virus Covid-19. Tutti i luoghi e le aree potenzialmente contaminate da SARS-CoV-2 devono infatti essere sottoposte ad accurata pulizia e successiva disinfezione, con detergenti e disinfettanti, prima di essere nuovamente utilizzate. Il virus ha infatti dimostrato una buona resistenza nell’ambiente, che varia a seconda delle condizioni di temperatura e di umidità (vedi tabella).
Il documento elaborato prevede quindi l’inserimento di tutte le indicazioni necessarie per lavorare in sicurezza, salvaguardando la salute dei pazienti, del personale sanitario e degli operatori della pulizia. Operare in sicurezza richiede infatti il rispetto integrale di tutte le precauzioni necessarie per prevenire la trasmissione del virus. Vengono quindi indicati i disinfettanti da utilizzare in ambienti contaminati da SARS-Cov 2, le attrezzature più idonee per applicarli e le indicazioni principali che ogni operatore deve seguire. Prima fra tutte la prevenzione di contaminazioni crociate. Questo significa che per operare una disinfezione è indispensabile applicare procedure che permettano la compartimentazione di tutte le aree che devono essere sanificate. Il protocollo parte quindi dalle indicazioni sulle azioni di detergenza (obbligatorie prima di procedere a una disinfezione) per poi analizzare la frequenza delle attività di disinfezione, il trattamento di materiali eventualmente riutilizzabili e i DPI (disposizioni di protezione individuale) di cui deve disporre il personale di pulizia che lavora in ambienti contaminati da Covid-19. Il documento illustra inoltre le indicazioni pratiche per le operazioni di pulizia ordinaria nelle strutture sanitarie, in assenza di casi accertati di Covid-19: comportamenti essenziali per prevenire in ogni situazione la diffusione di virus e malattie. Il protocollo integrale “Buone prassi di sanificazione nelle strutture ospedaliere” può essere scaricato dai siti delle rispettive associazioni.
Tempo di resistenza del virus Covid-19 nell’ambiente SUPERFICI
PARTICELLE VIRALI INFETTANTI RILEVATE FINO A
PARTICELLE VIRALI INFETTANTI NON RILEVATE DOPO
Carta da stampa e carta velina
30 minuti
3 ore
Tessuto
1 giorno
2 giorni
Legno
1 giorno
2 giorni
Banconote
2 giorni
4 giorni
Vetro
2 giorni
4 giorni
Plastica
4 giorni
7 giorni
Acciaio inox
4 giorni
7 giorni
Mascherine chirurgiche strato interno
4 giorni
7 giorni
Mascherine chirurgiche strato esterno
7 giorni
non determinato
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SOLUZIONI ROBOTIZZATE PER LA SANIFICAZIONE Da mesi tutto il mondo ha iniziato a adattarsi a una nuova realtà con restrizioni nelle attività commerciali e con il social distancing. L’automazione è diventata parte essenziale di questa nuova normalità, soprattutto quando si parla di processi di disinfezione, e la sanificazione degli ambienti tramite l’uso dei raggi UV è uno degli argomenti più discussi da qualche mese. È scientificamente provato che i raggi UV-C siano l’arma per prevenire e ridurre la diffusione delle malattie infettive, virus, batteri e altri tipi di microrganismi nocivi presenti nell’ambiente, disattivando la struttura del DNA e RNA. La disattivazione avviene in base alla dose di raggi UV-C, per esempio per il Coronavirus la dose è di 1218 mJ/cm2. La sanificazione ambientale non si limita solo all’ambito sanitario, ma è estesa a moltissimi settori: luoghi come supermercati, aeroporti, strutture e mezzi di trasporto pubblico, scuole, università e uffici, possono essere tutti sanificati rapidamente e in sicurezza grazie ai raggi UV-C. La diffusione di sistemi di sistemi di trasporto automatizzati quali i robot mobili autonomi (o AMR) ha senz’altro favorito un veloce sviluppo di questa applicazione come spiega Davide Boaglio, Area Sales Manager per l’Italia di MiR. «Gli AMR sono impiegati già da tempo nei vari settori industriali; la sanificazione tramite raggi UV-C rappresenta un tool efficace per combattere il Covid-19 e nel prossimo futuro diventerà parte integrante per garantire luoghi e spazi sicuri. La piattaforma robotica autonoma MiR, riduce il tempo di setup iniziale a poche ore, permette di scegliere la routine di sanificazione da un programma predefinito e di eseguire il controllo della checklist di sicurezza in modo semplice e intuitivo. I vantaggi che si possono avere per esempio nella sanificazione tramite l’uso di AMR, sono gli stessi
della logistica: risparmio di tempo e risorse per lo svolgimento dei compiti di disinfezione delle aree, controllo della sanificazione semplice (tramite app) e con un feedback/report di fine lavoro e la garanzia di avere ambiente sicuri». Attraverso gli incontri tra MiR e i suoi distributori italiani sono state messe a punto alcune soluzioni che meglio si adattano alle necessità: una dedicata a alla sanificazione microbica tramite raggi UV-C da parte di PHS (Raybotics, Klain Robotics), la quale ha sviluppato un sistema che coniuga una o più lampade UV in grado di sanificare gli ambienti e trasportate da un AMR MiR. Questa tecnologia utilizza raggi UV-C e ozono, generati da una lampada a scarica in vapore di mercurio a bassa pressione in grado di emettere radiazioni elettromagnetiche a lunghezza d’onda corta (UV-C), da 100 nm a 280 nm, con un alto potere disinfettante. Un’altra soluzione, sviluppata da BeFree (Leanproducts), prevede la disinfezione immediata di virus, batteri, spore e funghi agendo direttamente sull’aria presente negli ambienti. Le lampade LED emettono una lunghezza d’onda di 270nm con un ciclo di vita utile di oltre 20.000 ore. I LED si attivano immediatamente e generano una potenza costante nel tempo. Questa soluzione, rispetto alla disinfezione con lampade UV-C, è molto flessibile poiché può essere attuata anche in presenza di persone nelle aree da sanificare. L’uso dei dispositivi PHS e BeFree è poco invasivo e offre una garanzia di sicurezza di tutti gli ambienti che vengono sottoposti al trattamento. Da un punto di vista economico inoltre, tutte le aziende che scelgono la sanificazione automatizzata hanno la possibilità di optare per una formula di noleggio (così come avviene per le flotte logistiche) e quindi di soluzioni RaaS, Robotsas-a-Service beneficiando, inoltre, dei crediti di imposta previsti nel Decreto Rilancio.
██ BeFree prevede la disinfezione immediata di virus, batteri, spore e funghi agendo direttamente sull’aria presente negli ambienti
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NEWS
MASTER OSPEDALI Il Master raccoglie e consolida competenze nei campi della progettazione architettonica, della tecnologia dell’architettura, della fisica tecnica ambientale e della gestione dell’ambiente costruito. I “luoghi” preposti alla promozione e al recupero della salute vengono a collocarsi al centro del nuovo sistema sociosanitario che è sottoposto a profonde trasformazioni sia come istituzione, che come servizio e come struttura. Il Master si pone quindi l’obiettivo di esaminare sia la correlazione fra Edilizia Sanitaria e Sanità Pubblica, sia l’evoluzione delle tipologie sanitarie, per prevenire alla presentazione di sistemi di progetti di edilizia sanitaria all’avanguardia nei quali è possibile rintracciare i nuovi criteri progettuali. Questo sarà possibile attraverso l’analisi della normativa in materia di requisiti organizzativi, strutturali, tecnologici e impiantistici inerenti per l’architettura sanitaria, della letteratura nazionale ed internazionale su ruolo e funzioni degli ospedali nonché di interventi messi in atto in ambito nazionale e internazionale. La multidisciplinarietà e multiprofessionalità del Master, attivo dal 2008 e giunto alla sua XI edizione, definiscono un percorso formativo con pochi uguali in Italia per coloro che intendono seguire, su diversi fronti professionali, gli ambiti legati alla progettazione, orga-
nizzazione e gestione degli ospedali e delle altre strutture sociosanitarie, formando una figura altrove attiva con grande successo: l’Hospital Planner. Costituiscono garanzia di questo approccio i tre Atenei coinvolti – Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano e Università Cattolica del “Sacro Cuore” di Roma – nonché le numerose società scientifiche che, attraverso convegni e iniziative di formazione e aggiornamento supportano le attività del Master. Lo sviluppo di sinergie tra università e imprese è fornito ai partecipanti tramite l’integrazione dell’attività di stage al processo di apprendimento. Il Master è indirizzato in prima istanza ad Architetti e Ingegneri che aspirano alla carriera dirigenziale nel SSN; a coloro che intendono intraprendere la carriera di progettisti di strutture sociosanitarie; a Medici, ai Direttori Sanitari futuri o in ruolo, e ad altre figure professionali che intendono approfondire tematiche inerenti la progettazione di strutture sanitarie, resa sempre più complessa in funzione dei crescenti cambiamenti degli assetti organizzativi e gestionali e delle nuove esigenze riconosciute dall’utenza. Ciò anche al di là dei contenuti, necessariamente limitati, forniti in tale ambito nelle Scuole di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, quando frequentate. Le lezioni si svolgeranno il venerdì e il sabato (ore 9:00- 13:00 e ore 14:00-18:00) da novembre 2020 a luglio 2021 presso il Politecnico di Milano - sede Leonardo. Per informazioni: masterospedali-dabc@polimi.it
EDILIZIA GREEN, SIGLATA LA PARTNERSHIP TRA CHRYSO E SOLIDIA Ridurre le emissioni di CO2, accelerando il processo di decarbonizzazione dell’industria delle costruzioni, e offrire soluzioni sicure e innovative in ottica di sostenibilità ambientale. Sono questi gli obiettivi che hanno spinto Chryso, leader mondiale nei prodotti chimici per l’edilizia, a stringere un’importante partnership con Solidia, start-up americana specializzata nelle innovazioni tecnologiche rivoluzionarie in grado di rendere la produzione di cementi e calcestruzzi sempre più sostenibile. Le due realtà hanno deciso di collaborare, mettendo a disposizione reciproca l’ampio “knowhow” in ambito edilizio, per migliorare le performance di sostenibilità e le proprietà del calcestruzzo a CO2 ultraridotto. Una tecnologia già presente nel mercato dei prefabbricati, che permette di ridurre le emissioni fino al 70%, abbassando ulteriormente il consumo di energia e acqua. Ma non è tutto, perché è possibile migliorare la performance e la resistenza del calcestruzzo grazie a un’attenta miscela dei componenti di partenza. “La sensibilità del mercato verso soluzioni che abbiano un impatto ambientale sempre minore, unitamente a una coscienza sociale verso il tema della sostenibilità che fortunatamente ha raggiunto un livello importante, stanno stimolando i vari settori produttivi ad ideare
soluzioni che limitino in maniera consistente il carbon footprint – ha spiegato Paolo Novello, CEO di Chryso Italia – Chryso condivide questa ambizione da tempo, avendo già iniziato a focalizzare investimenti e attività R&D su tecnologie che rinforzino questo trend virtuoso. Per questo motivo la collaborazione con Solidia è particolarmente benvenuta in quanto ha il potenziale per favorire un’ulteriore accelerazione verso un futuro sempre più eco-friendly permettendoci, da industria manifatturiera, di apportare un valido contributo nella limitazione delle emissioni alla filiera e alla società civile che serviamo”.
██ Siglata la partnership tra chryso e solidia per ridurre del 70% le emissioni di CO 2 con una nuova tecnologia del calcestruzzo
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SANITÀ DIGITALE E NETWORK FRA GLI ENTI: QUESTE FRA LE PRIORITÀ DEL POST COVID-19 Un Ministero del Digitale per raccogliere deleghe oggi suddivise tra vari dicasteri e attuare un grande processo di digitalizzazione nazionale a partire dalla sanità, destinataria del “grosso” dei fondi europei, Recovery Fund e Mes. È l’obiettivo verso il quale si va indirizzando il dibattito sull’iter che nel suo libro Sanità digitale la rivoluzione obbligata edito da Edra Gianluca Polifrone, esperto informatico della PA, immagina, dati alla mano, possa portarci a “un modello sanitario omogeneo, efficiente e giusto”. Come premessa occorre prendere atto che in tema di informatizzazione dei servizi pubblici da una parte l’Europa è stata superata da grandi paesi come India ed Australia, che hanno affrontato i problemi connessi alla tutela della privacy senza precludersi la possibilità di utilizzarli e sono partite in quarta. Dall’altra parte, in Europa, l’Italia è stata superata non solo dalle “tigri baltiche” ma anche da Francia e Germania, artefici di un cloud costruito in comune nell’ambito del progetto Gaia-X. Il ritardo si misura oggi dalle piccole cose. «I seminari online che teniamo anche tra operatori della pubblica amministrazione sono consentiti dall’uso di piattaforme di proprietà di aziende della Silicon Valley Usa, e invece dovrebbero girare su piattaforma di proprietà nazionale. Francesi e tedeschi hanno unito le forze per conservare in mani “sicure” la proprietà dei dati dei loro cittadini e altrettanto potremmo fare noi, ma siamo in ritardo», ha spiegato Polifrone in un webinar Edra moderato da Ludovico Baldessin con ospiti Walter Ricciardi consigliere del Ministro della Salute, Nico Stumpo (LeU) presidente della commissione parlamentare per la semplificazione e Giovanni Scambia dell’Istituto Superiore di Sanità. «Per il futuro – sottolinea Polifrone – non è più pensabile spendere il grosso delle somme per il digitale nella manutenzione dell’esistente quando dovremmo lavorare su grandi investimenti strategici. Soprattutto, non è possibile pensare un digitale per la sanità disgiunto da una digitalizzazione di altri settori, come la scuola o la ricerca». Proprio di ricerca parlano Scambia e Ricciardi, il primo sottolinea come la digitalizzazione possa cambiare le sperimentazioni sui farmaci, grazie all’utilizzo dei big data che, consentendo di costruire bracci di controllo “sintetici”, permetterà di aumentare il numero di principi attivi coinvolti nei trial. Serve una forza che imponga alle regioni di tenere il passo nella digitalizzazione senza insistere su elementi di “rivalità”. E servono amministratori capaci. Il tempo stringe, come spiega Ricciardi, il Mission Board for Cancer europeo da lui presieduto sta per preparare un’autostrada digitale dove viaggeranno i dati sanitari dei cittadini trattati a fini di ricerca.
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di Mauro Miserendino
Occorre inoltre un grande coinvolgimento della società civile attivato da opinion leader che implichi pillole fondamentali di comunicazione. Spiega Polifrone: «Se mi si propone a 22 euro la Carta di Identità elettronica contro i 5 euro di una carta d’identità vecchio modello e non mi si spiega che con la prima potrò compiere una serie di operazioni, utilizzando tra l’altro il codice fiscale, e in prospettiva il codice cittadino europeo, viene a mancare un tassello fondamentale, l’educazione all’innovazione». Il primo cantiere da aprire è il fascicolo sanitario, oggi frenato – osserva Stumpo – dall’assenza di normative che indichino chi deve dare la liberatoria al trattamento dei dati del cittadino, per quali dati e chi deve inserire il dato sanitario (anonimizzato) nel sistema. Per il parlamentare LeU, la messa in rete delle disponibilità di un grande sistema come la sanità pubblica può ridurre i gap tra regioni, approfonditisi in periodi che hanno favorito il progressivo allontanamento di questi sistemi tra loro. In attesa di un Ministero della Digitalizzazione, l’obiettivo a breve, per Scambia, è l’istituzione di un workgroup che affronti il tema del digitale applicato alle aree strategiche del paese in modo sistematico, dai ministeri alle commissioni parlamentari, e vari – punto sottolineato anche da Ricciardi – un documento agile da mettere in mano a un nuovo dicastero e trasformare in “grande opera pubblica” a tutela in primo luogo di un bene prezioso come il Servizio sanitario nazionale.
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ARCHITETTURA
di Cristina Donati
Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
Aperto alla comunità, permeabile e integrato al tessuto storico della città. Architettura e Psichiatria si rinnovano a Bolzano Fotografie: Oskar Da Riz, René Riller
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ARCHITETTURA
DATI GENERALI SCHEDA CREDITI Luogo Provincia Autonoma di Bolzano Committente https://www.sabes.it/it/ospedali/ bolzano/2433.asp Progettista MoDusArchitects www. modusarchitects.com Sandy Attia, Matteo Scagnol Team Isabella Napolitano, Martina Salmaso, Rosa Sigmund Consulenti Studio di Ingegneria Bergmeister ITB (statica, impianto elettrico, impianto antincendio, sicurezza) Thermostudio (impianto termosanitario) Impresa costruttrice Costruzioni Iobstrabizer Srl Cronologia 2003 Risultato concorso 13/09/2011 Inizio lavori 17/09/2014 Inaugurazione Premi progetto nominato - European Union Prize for Contemporary Architecture, Mies van der Rohe Award 2015 SCHEDA DATI Dati dimensionali Superficie lotto 2.373,00 mq Superficie lorda complessiva: 4.703,00 mq Costi 7.510.769,87 € Dotazioni 24 posti (2 unità da 12 persone). Comunità protetta per 12 persone. Equipe: medico psichiatra, coordinatrice tecnico-assistenziale, psicologa, infermieri, operatori assistenziali, ergoterapista, tecnico della riabilitazione psichiatrica, falegname, musico-terapista, danza-terapista, artigiano esperto di cartapesta.
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ARCHITETTURA
Il nuovo Centro di riabilitazione psichiatrica con comunità protetta si inserisce all’interno del tessuto urbano di Gries, un sobborgo storico immerso nel verde, a nord del centro di Bolzano. Una collocazione strategica che già comunica le rinnovate linee guida dei luoghi di salute mentale di ultima generazione e cioè, aprirsi alla comunità con strutture integrate e permeabili dall’accoglienza residenziale più che ospedaliera. Il Centro, voluto dalla Provincia di Bolzano, è il risultato di un concorso che esprime lo stato della ricerca scientifica e le ultime teorie sul rapporto tra architettura e psichiatria. Un rapporto complesso, ancora non immune dalla scomoda eredità culturale di ottocentesca memoria, evocativa di trattamenti sperimentali e isolamento del paziente. Come anticipato da Basaglia, i principi per la riabilitazione psichica del Terzo Millennio si basano invece su apertura e integrazione: azioni che riducono i tempi di dimissione, migliorano l’assistenza e aumentano la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Su questi principi si rinnova la progettazione che sancisce il passaggio da un’architettura “per la cura” a un’architettura “che cura”. Con questa logica di intenti, MoDusArchitects interpreta la complessa comunicazione dello “spazio terapeutico” con un’architettura contestuale, accogliente e domestica, che non rinuncia però a una forte identità contemporanea che si manifesta fin dalla modellazione dei blocchi. La composizione volumetrica individua due parti distinte: un basamento compatto su cui si impostano i tre piani superiori che si dilatano in due corpi aggettanti (oltre sette metri) collegati da una scala centrale, percorsi, logge e terrazze che ani-
██ Vista della corte interna piano terra
mano la corte interna e diventano luoghi di socializzazione protetta da cui osservare il paesaggio aperto dell’orizzonte montano. Per valorizzare le vedute, ottimizzare l’irraggiamento solare e sottolineare l’integrazione con il contesto urbano, il corpo a sud ruota e si piega a cerniera assecondando la conformazione irregolare del lotto che segue l’andamento curvilineo di via Fago. Il volume basamentale è permeabile e flessibile; il piano terra, tagliato al centro dagli ingressi, ospita gli spazi di vita comune e cioè, la sala pranzo, la palestra, le stanze per i visitatori, un salotto e la falegnameria. I tre piani superiori sono organizzati in due corpi indipendenti, al primo piano si trovano le zone destinate alle terapie e all’amministrazione, ai piani superiori sono situate le camere per la degenza e la casa di riposo.
PRINCIPI PROGETTUALI
██ Vista Hall d’ingresso
Una struttura complessa che risolve le criticità dell’inserimento nel denso lotto urbano senza penalizzare l’organizzazione funzionale interna. Un risultato che rafforza il legame tra architettura e psichiatria attraverso i seguenti obbiettivi progettuali: 1. permeabilità urbana: il complesso non vuole essere un’isola chiusa, ma aprirsi alla città e alla comunità con legami urbani e architettonici con il quartiere; 2. verde integrato: spazi verdi ed alberati contribuiscono a umanizzare lo spazio interno ed esterno; 3. risparmio energetico: l’edificio è stato certificato “Casa Clima A” con un coefficiente energetico di 16kWh/mq anno, grazie all’impiego di pannelli solari e fotovoltaici sul tetto e un involucro ad alta efficienza. Un attento irraggiamento,
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ventilazione e illuminazione naturale guidano la distribuzione degli interni dove tutte le stanze ed i locali soggiorno si affacciano in direzione est o ovest. 4. co-abitare: il progetto propone camere ed alloggi protetti con un alto grado di riservatezza, ma anche generosi spazi di incontro per il benessere relazionale degli individui. Il 35% della superficie del Centro è destinato ad aree comuni, che sono di fondamentale importanza per incrementare la qualità di vita degli ospiti con disturbi psichici.
a nord per gli ospiti della comunità protetta. La chiara divisione in due aree, una per le attività e una per i servizi rende il piano terra efficiente e flessibile. Ampi spazi per la circolazione facilitano l’accoglienza, l’incontro e la socializzazione. In prossimità dell’ingresso è collocata una corte che porta luce naturale e verde all’interno dell’edificio.
Piano primo: amministrazione, settore terapie, settore occupazionale, giardino pensile
L’organizzazione funzionale è mirata a far dialogare la struttura con l’esterno affinché il Centro non sia più un enclave, ma un “universo umano” aperto alla società.
Il piano è diviso in due blocchi distinti che ospitano due diverse aree funzionali: quella di pertinenza dell’amministrazione e del personale sanitario e quella dedicata al recupero terapeutico e occupazionale. I due corpi di fabbrica, accessibili dal vano scala principale, sono collegati da un ampio terrazzo che diviene spazio relax all’aperto.
Piano terra: ingresso, sala polifunzionale, palestra, falegnameria, sala da pranzo, servizi
Piano secondo: Centro di Riabilitazione Psichiatrica (CRP) e 24 posti letto
Il lotto ha due accessi carrabili: uno su via Fago per la fornitura giornaliera della mensa ed uno su via Tripoli che porta al garage interrato con 15 posti auto oltre a depositi, servizi e locali tecnici. Il Centro ha due entrate: una principale a sud ed una secondaria
Entrambi i blocchi ospitano le camere di degenza con gli spazi comuni nelle parti terminali, dotati di soggiorno e cucina. L’organizzazione interna delle camere singole e doppie è simile: ingresso con armadio a muro in legno naturale, bagni e camera da letto. Sulla
PROGETTO FUNZIONALE
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██ Sezione generale ██ Stanza polifunzionale
corte interna si affacciano i percorsi a servizio delle camere rallegrati da vedute della città e delle pendici montuose. Tutti i locali di soggiorno dispongono di finestre apribili manualmente. Secondo le esigenze di sicurezza degli ospiti, alcune finestre possono essere chiuse a chiave, in modo che si aprano solo a vasistas.
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Piano terzo: 12 posti letto e servizi per la comunità protetta Il terzo piano ospita la comunità protetta per garantire agli ospiti maggiore autonomia e indipendenza. Autonomia ribadita dall’ingresso separato al piano terra. Per agevolare possibili sinergie, gli ospiti della comunità protetta possono usufruire di alcuni spazi per la terapia e le attività del Centro di Riabilitazione Psichiatrica. Progetto impiantistico La climatizzazione diviene parte importante del progetto perchè negli alloggi, a seconda della gravità della condizione dei pazienti e quindi anche per motivi di sicurezza, non è sempre possibile aprire completamente le finestre. Oltre agli accorgimenti sostenibili, l’areazione di tutti gli ambienti è quindi garantita dalla ventilazione controllata, con immissione di aria fresca nei locali di soggiorno e aspirazione dell’aria nei locali di servizio. Un impianto radiante a soffitto completa la climatizzazione. Il sistema ha un costo iniziale più elevato, ma un abbattimento dei costi di gestione e manutenzione notevole rispetto a soluzioni più economiche (ventilconvettori e/o radiatori) che avrebbero avuto lo svantaggio di poter essere manomesse dagli ospiti. ██ Piano terra
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SECTION DD
PIANO TERRA I SETTORE TEMPO LIBERO E OCCUPAZIONALE - SERVIZI GENERALI
INGRESSO SECONDARIO
CUCINA - MENSA
FALEGNAMERIA
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MENSA
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SAlA
PDI.IFtJNnONALE
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SALA VISITE
SEGRETERIA
SALE POLIFUNZIONALI
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██ Pianta del secondo piano
██ Distribuzione alloggi
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██ Interni al piano terra
██ Camera tipo
L’OPINIONE DELL’ARCH. SANDY ATTIA, MODUSARCHITECTS È scientificamente dimostrato che uno spazio ospedaliero asettico e anonimo non concorre né alla cura né al benessere dei pazienti e del personale, specialmente nel caso dei centri di salute mentale. La consapevolezza del valore terapeutico dello spazio è particolarmente importante per i centri psichiatrici che, rientrando nella tipologia sanitaria, sono governati da parametri ancora troppo rigidi. In particolare, l’integrazione della normativa di sicurezza e antincendio ha costituito la maggiore complessità che abbiamo affrontato durante la progettazione. Le scale, i filtri, le porte, i rivestimenti antincendio, le altezze, i carichi del parapetto, le rifiniture e tutta una lunga serie di dettagli si pongono come ‘problematiche aperte’ nel faticoso percorso verso un’architettura per la psichiatria. La condivisione degli obiettivi a lungo termine del Centro come luogo di benessere (nel senso completo della parola) tra progettisti, amministratori ed Enti è stato fondamentale per superare i numerosi ostacoli che abbiamo incontrato durante l’iter procedurale e realizzativo del Centro che ha richiesto oltre 10 anni. In effetti, come per molti progetti, la ‘buona architettura’ è il risultato di una costellazione fortuita di persone e avvenimenti, ma soprattutto nel nostro caso, del ruolo incrollabile del Dott. Luigi Basso e del suo Direttore operativo. Nel corso degli anni, ci hanno aiutato a comprendere a fondo la complessità del loro lavoro, i loro obiettivi e la visione dell’architettura per comunicare l’identità del Centro come luogo di apprendimento, socializzazione e scoperta di sé stessi. Visitare insieme altre strutture per la salute mentale, ci ha permesso di capire i pro e i contro delle varie strutture, ma soprattutto, abbiamo iniziato a vedere questi luoghi attraverso gli occhi l’uno dell’altro. La condivisione multidisciplinare e il “riunirsi” attorno ad un progetto è fondamentale per la sostenibilità culturale di un intervento, quello che io chiamo il “dopo vita” ... nessuno vuole che la committenza e la sua comunità restino delusi dopo la promessa di un rinnovamento!
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Forse una delle esperienze più gratificanti si è verificata durante una visita, circa 5 anni dopo l’inaugurazione del Centro, quando abbiamo avuto un gruppo di studenti dagli Stati Uniti in visita ad alcuni nostri progetti: il Centro brulicava di attività, gli spazi comuni erano salotti di vita, le stanze erano diventate mini-case e i laboratori erano veri e propri luoghi di auto-espressione, apprendimento e produzione artistica. Un architetto era responsabile della falegnameria, un artista specializzato in cartapesta era responsabile di uno dei laboratori di terapia occupazionale, la lavanderia offriva servizi al pubblico, le vetrine dell’ingresso avrebbero potuto essere esposte in un negozio di articoli da regalo. La visione del Dott. Basso del Centro come scuola di abilità e talenti di vita era evidente in ogni angolo dell’edificio. Il rapporto tra privacy e la sorveglianza è stato un aspetto importante durante lo sviluppo del progetto, è stato un fil-rouge che doveva essere costantemente verificato per ogni singola soluzione. Di norma i residenti tendono a chiudersi, nascondersi nelle loro stanze invece, come già accennato, il Centro ha una politica a porte aperte, i visitatori sono i benvenuti e gli ospiti sono liberi di entrare e uscire. Per sollecitare questo approccio, ci è stato chiesto di adottare dimensioni minime per le stanze in modo da incoraggiare i residenti a uscire e impegnarsi in una serie di attività disponibili negli spazi pubblici della struttura. Promuovere un senso di comunità in un ambiente protetto ma non isolato era una richiesta esplicita da parte dell’équipe medica e del personale. Più grande, più piccolo, aperto, chiuso, esterno, interno, davanti, adiacente a, trasparente o opaco, sono tutte espressioni associabili a soluzioni spaziali e scelte architettoniche che determinano la funzionalità di un edificio che ‘lavora’ insieme ai medici e, soprattutto, concorre alla comunicazione olistica dell’ambiente che collabora alla cura e al benessere dei propri utenti e fruitori.
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Progetto materico e cromatico L’involucro presenta due tipologie di rivestimento. L’esterno, più chiuso e protettivo, è caratterizzano da intonaco e pannelli continui su cui si inserisce una studiata geometria di aperture disposte in sequenza asimmetrica e sottolineate da cornici metalliche aggettanti con funzione di frangisole. Le facciate sulla corte interna, più aperte e luminose, sono caratterizzate da grandi vetrate, in parte ad ante scorrevoli che inondano di luce naturale gli spazi comuni, facilitando l’orientamento. I profili in legno delle vetrate armonizzano con parte dell’arredo fisso, in gran parte realizzato su misura con finiture in rovere e laminato. Il design degli interni si ispira a una atmosfera residenziale, grazie all’utilizzo di materiali naturali e tonalità tenui negli spazi comuni e a toni pastello nelle camere; occasionali accenti di colori più accesi si trovano nelle cucine e nei laboratori.
██ Esterno piano primo
L’OPINIONE DI LUIGI BASSO, PSICHIATRA RESPONSABILE DEL CENTRO DI RIABILITAZIONE PSICHIATRICA Il Centro di Riabilitazione Psichiatrica Bolzano-Gries ha 24 posti letto residenziali e accoglie fino a 50 utenti diurni nell’arco di una settimana, avvalendosi di uno staff professionale multidisciplinare. Le persone che lo frequentano sono affette da disturbi psichici che comportano compromissioni di vario grado del loro funzionamento personale e sociale. Il Centro persegue i propri obiettivi secondo un modello olistico bio-psico-sociale orientato al “recovery” della persona, ovvero ad un processo di cambiamento soggettivo che consenta non solo la riduzione dei sintomi, ma anche il potenziamento delle abilità personali e il recupero di un ruolo sociale attivo e soddisfacente. Presso il Centro vengono pianificati e messi in atto il più precocemente possibile progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati, negoziati e condivisi con le equipe esterne invianti del Centro di Salute Mentale, gli utenti stessi, i loro familiari e tutti i servizi coinvolti. Agli interventi svolti direttamente con la persona (psicoterapia, farmacoterapia, psicoeducazione, terapie espressive, training di abilità sociali, cognitive, pratiche, di riconoscimento e gestione delle emozioni, ecc.) si affiancano una serie di interventi miranti a favorire la massima integrazione e inclusione nel tessuto sociale attraverso lo sviluppo di risorse esterne (colloqui familiari, accesso facilitato e supportato a posti di lavoro, abitazioni, risorse per il tempo libero e la socializzazione, iniziative di lotta allo stigma, sensibilizzazione, informazione, multimedialità ecc.). In tal senso viene valorizzato al massimo il ruolo attivo svolto da utenti, familiari e loro associazioni, attraverso informazione, coinvolgimento, responsabilizzazione e promozione
dell’empowerment in qualità di “esperti per esperienza” che collaborano a svariate iniziative comuni. Di fondamentale importanza è quindi disporre di un ambiente idoneo dove da un lato ricevere cura, relazionarsi, socializzare, studiare e lavorare per il tempo necessario e con il supporto professionale adeguato per consentire alla persona un pieno reinserimento sociale, dall’altro offrire una serie di iniziative e spazi (sale multimediali, palestra, sala computer, falegnameria, lavanderia ecc.) che possano essere messi a disposizione non solo degli utenti ma anche dei cittadini del quartiere, in un ottica di mutuo scambio, reciprocità e collaborazione di “buon vicinato”. Il Centro è stato quindi fin dall’inizio progettato sia funzionalmente che esteticamente per avere una doppia valenza: da un lato come luogo transitorio di apprendimento, rifacendosi al modello “scuola”, “college”, più che alla tradizionale “residenza psichiatrica”; dall’altro come luogo di scambio, aggregazione, integrazione nel quartiere/ città/comunità, punto nodale della rete sociale, in una dimensione di permeabilità e osmosi tra interno ed esterno. Tali elementi si sono tradotti in una filosofia, una prassi operativa ed una gestione degli spazi che ha peraltro consentito di affrontare al meglio anche la condizione di isolamento (e in alcuni casi anche di vera e propria quarantena) determinata dalla pandemia da Covid-19. Il comfort e l’equilibrio generale fra spazi privati e collettivi, i flussi di passaggio adeguatamente garantiti tra i vari ambienti, la presenza di spazi ampi, aperti e luminosi anche all’interno dell’edificio hanno fatto sì che si percepisse molta più “normalità” dentro l’edificio che non fuori.
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IMPIANTISTICA
di Tommaso Caputo, Emanuele Scarabel, Simone Cappelletti
Potenziamento del reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale di Camposampiero Aumento dei posti letto e miglioramento della gestione dei pazienti non infetti da Covid-19 al centro del potenziamento del reparto terapia intensiva del nosocomio veneto di Camposampiero in provincia di Padova Il Decreto Legge n. 34/2020 “Decreto Rilancio”, all’articolo 2, stabilisce che le regioni e le province autonome, al fine di rafforzare strutturalmente il Servizio Sanitario Nazionale in ambito ospedaliero, tramite apposito piano di riorganizzazione volto a fronteggiare adeguatamente le emergenze pandemiche, come quella da COVID-19 in corso, garantiscono l’incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cure, rendendo strutturale la risposta all’aumento significativo della domanda di assistenza in relazione alle successive fasi di gestione della situazione epidemiologica correlata al virus SarsCoV-2, ai suoi esiti e a eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica. La disposizione prevede, per ciascuna regione e provincia autonoma, un incremento strutturale dei posti letto di terapia intensiva determinando una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti. La Regione Veneto, con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 782/2020, ha programmato le azioni attuative delle misure in materia sanitaria connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 previste dal decreto-legge n. 34/2020 prevendendo tra le altre, per l’ULSS6 Euganea di Padova, il potenziamento del reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Camposampiero (PD).
Nell’elaborazione del progetto di fattibilità tecnico ed economica l’Azienda ULSS6 Euganea si è posta come obiettivo non solo l’aumento dei posti letto ma anche la possibilità di gestire al meglio e simultaneamente i pazienti non infetti. Di seguito si illustrano i contenuti del progetto.
ARCHITETTURA GENERALE DEL REPARTO Come ben illustrato in figura 1, il progetto del reparto presenta una zona open con 5 posti letto accompagnata da ulteriori due posti isolati con filtro, un posto degente singolo e due posti per degenti coronarici, che vista la loro parziale autosufficienza ed il lungo periodo di ricovero nel reparto sono dotati di bagno in camera. La postazione di controllo e lavoro infermieri è collata baricentricamente nel reparto e assicura una buona vista e raggiungibilità dei ricoverati. È disponibile anche una shock room ed un locale di bonifica. Completano l’area sanitaria un deposito farmaci, deposito pulito, deposito sporco, tisaneria e un bagno; questi ultimi due posizionati in maniera che siano fruibili al personale senza dover lasciare l’area sanitaria.
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IMPIANTISTICA
Nella zona di supporto sono riscontrabili i percorsi di accesso del personale con filtri e bagni divisi per sesso, il filtro di accesso pazienti, ambulatorio e stanza del medico di guardia, l’attesa parenti con bagni dedicati, una stanza per i colloqui con i parenti, una grande sala per riunioni, ulteriori depositi. I vincoli dettati dalla ristrutturazione sono molto significativi ed hanno obbligato: alla eliminazione delle postazioni vuotatoio generalmente previste in corrispondenza dei filtri per infetti in favore di una postazione centralizzata; all’assenza di bagni e tisaneria in alcune delle progressive zone di contenimento infettivo (elemento che obbliga il personale alle complicate attività di preparazione anche per la sola consumazione del pasto); e, a causa di un interpiano particolarmente contenuto, alla creazione di numerose velette ribassate per l’alloggiamento dei canali dell’aria. Può a questo proposito essere utile mettere a disposizione della comunità tecnica il valore della superficie netta dei locali, pari a 995 m2 o, parametrizzando, 100 m2/posto letto; valore che, ricordate le premesse sui vincoli architettonici posti dalla ristrutturazione, va quindi considerato minimo in una eventuale programmazione e a cui vanno aggiunte tutte le superfici di servizio (connettivi principali, ascensori, spazi tecnici impiantistici, partizioni verticali) che implicitamente un’opera di questo tipo presuppone.
STRATEGIA DI PROGRESSIVO CONFINAMENTO Dal punto di vista funzionale una delle attenzioni maggiori è stata posta alla progressiva conversione del reparto ad infettivi, senza che questo ne comprometta la funzionalità nei confronti di pazienti non infettivi. Innanzitutto, il reparto prevede quattro posti letto dotati di filtro di cui due, quelli delle degenze cardiologiche, potranno essere convertiti a servizio infettivo in caso di necessità. Se non convertibili le degenze cardiologiche il progetto, come illustrato in figura 2, prevede comunque l’attuazione di una strategia di gestione epidemica articolata su più fasi. Nella prima dai due posti infetti isolabili nelle stanze dotate di filtro è possibile allargare la zona di confinamento alla degenza isolata e al relativo corridoio. La zona confinata “3 infetti” sarà accessibile dal deposito farmaci convertito a filtro e opportunamente già dotato di doppia porta e lavabo, mentre verranno impedite le altre due comunicazioni, rispettivamente verso la zona open su porta scorrevole e verso le degenze cardio, su porta tagliafuoco. Un ulteriore incremento nella capacità di accoglienza d’infetti potrà essere rappresentato dalla conversione dell’area open. In questo caso il transito di accesso avverrà sempre dal deposito farmaci convertito a filtro ma in senso contrario a quello della modalità “3 infetti”. Da ultimo è prevista la possibile conversione dell’intero reparto all’accoglimento di “soli infetti”. I materiali impiegati nella realizzazione delle finiture permettono la migliore sanificabilità, i controsoffitti metallici delle zone più critiche
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██ Fig. 1: Planimetria dell’intervento. Fatta eccezione per i collegamenti verticali e le partizioni murarie portanti il progetto prevede un completo rifacimento interno, oltre che la sostituzione di tutti i serramenti
sono comunque interrotti da partizioni stagne che raggiungono l’intradosso del soffitto. Per i pavimenti si ricorre a PVC antistatico con tutti gli accorgimenti per renderne efficace la pulizia e sanificazione. Ogni posto letto è infine dotato di dispositivo solleva-paziente.
L’IMPIANTO AERAULICO L’emergenza epidemica ha posto in evidenza quanto sia fondamentale l’impianto di ventilazione al fine di assicurare le migliori condizioni per pazienti ed operatori. Innanzitutto, l’impianto di ventilazione si prefigge di promuovere un tasso di ventilazione superiore a 12 Vol/h con aria elaborata in una Unità di Trattamento Aria rispondente, per miglior analogia, alle indicazioni della UNI 11425. In particolare, si prevede filtrazione assoluta ai terminali di ventilazione, sezione di umidificazione a vapore, recupero termico sull’aria espulsa a doppia batteria al fine di abbattere il rischio di contaminazione incrociata, materiali costruttivi resistenti agli agenti di sanificazione più aggressivi. Il contenimento delle aree ospitanti infetti è affidato a un forte incremento della portata di ripresa, senza compromissione alcuna dei tassi di immissione di aria nuova. Da una ordinaria sovrappressione (portata di mandata superiore a quella di ripresa), grazie a specifiche cassette di regolazione della portata o semplice attivazione o disattivazione di alcuni terminali, si potrà quindi convertire gli spazi alla depressurizzazione, contando su una sezione di ripresa dell’UTA opportunamente maggiorata.
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██ Fig. 2: Progressiva strategia di gestione epidemica nel caso in cui le due degenze cardiologiche permangano assegnate a pazienti non infetti. Sono evidenziate i varchi interdetti alla circolazione e il deposito farmaci convertito alla funzione di filtro. Nel caso di presenza di soli pazienti infetti vengono convertite anche le due degenze per pazienti cardiologici.
Ulteriore accorgimento dell’impianto di ventilazione consiste nello sforzo compiuto di abbassare al livello del pavimento una quota parte delle griglie di ripresa, al fine di meglio catturare gli agenti patogeni. Parte delle riprese mettono inoltre in depressione gli spazi nascosti al di sopra del controsoffitto a tenuta delle zone più critiche. Particolare attenzione è stata posta anche agli ambienti che ospiteranno i parenti e in cui le occasioni di contagio potrebbero risultare ancor più insidiose; in tali ambienti (attesa e colloqui, principalmente) si è preferita l’installazione di un impianto tutt’aria esterna con batteria di post-riscaldamento, al pari delle zone sanitarie. Tale impianto potrà quindi assicurare le migliori prestazioni in termini di diluizione delle cariche virali e, mediante un accurato studio del lancio dei diffusori d’aria, garantire che in nessuna delle aree occupate la velocità dell’aria superi i valori critici sopra i quali è acclarata una interazione con il getto di cariche virali emesse da un eventuale portatore infetto (a questo proposito si veda Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020). Alla espulsione è prevista la installazione di un contenitore filtri di sicurezza (canister) che permetta agli operatori la sostituzio-
ne in perfetta sicurezza con modalità bag-in/bag-out nel caso di emergenza epidemica. I locali ospitanti condotti in sovrappressione di espulsione (a valle dei ventilatori) sono inoltre mantenuti in depressione al fine di migliorare ulteriormente il loro livello di contenimento. La presa aria esterna è ricavata in quota su una facciata dell’edificio e si distanza di 10 metri rispetto al punto di espulsione.
RETE GAS MEDICALI La rete gas medicali è un ulteriore punto nevralgico della gestione di una crisi sanitaria e per renderla adatta alle condizioni più gravose, ci si è allineati alle più severe richieste della FD S 90-155 (Poste ou Lit de type E), con fattore di contemporaneità di reparto unitario. La consistente portata d’aria di immissione permette inoltre di mantenere sotto controllo il rischio di formazione di atmosfere sovra-ossigenate. Al capitolo successivo si presentano infine gli accorgimenti che la rete gas medicali presenta nei confronti di un guasto o evento incendiario.
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██ Fig. 3: Direzione dei flussi di esodo definitivo, eventuale e successivo al progressivo. La compartimentazione tra B e C permette in ogni caso di trovare una via di evacuazione più consona alle condizioni del paziente di terapia Intensiva, altrimenti costretto ad intraprendere l’esodo lungo la scala esterna.
CONTINUITÀ DI FUNZIONAMENTO E SICUREZZA ANTINCENDIO Il reparto, al fine di assicurare la organizzazione dell’esodo progressivo ai sensi del D.M. 18/09/2002 deve essere suddiviso in compartimenti che permettano da ogni punto di raggiungere un compartimento al fuoco attiguo con percorsi inferiori a 30 m. Disegnare una linea di compartimento che divida in due i posti letto e che risparmi la sala di controllo da articolate soluzioni tecniche (porte e visive trasparenti tagliafuoco, portoni tagliafuoco scorrevoli ecc.) è da subito risultato improbabile. Si è quindi optato per una suddivisione in tre compartimenti al fuoco che permettesse (con riferimento alla figura 3) agli occupanti del compartimento A, in caso di incendio nel compartimento B o C, di raggiungere le aree interne all’ospedale, senza avventurarsi in una evacuazione tramite la scala esterna. Quello appena descritto è lo scenario peggiore che conclude una fase di esodo orizzontale progressivo, quello in cui le fiamme non risultano domate o in cui comunque permangono condizioni di insicurezza che consiglino l’evacuazione definitiva. Nella fase iniziale dell’emergenza i degenti devono invece trovare sistemazione nel compartimento vicino e il caso certamente più avverso è quello che veda il compartimento A come origine dell’incendio. Questo evento metterebbe fuori servizio buona parte dei posti letto, fatta eccezione per la shock room, le due degenze cardiologiche e l’ambulatorio posto in corrispondenza dell’accesso al reparto. Al fine di aumentare la capacità ricettiva del compartimento B e C sono state quindi aggiunte prese gas medicali che permettano lo stazionamento temporaneo dei degenti in attesa delle sorti dell’incendio. Sulla continuità di funzionamento giocano inoltre un ruolo cruciale gli impianti elettrici, che prevedono innanzitutto una rigorosa suddivisione per compartimento, in maniera che nessun guasto e/o incendio o l’operazione di sgancio elettrico delle squadre di soccorso metta fuori uso i servizi dei compartimenti attigui. Gli eventuali e brevi tratti di linee elettriche in attraversamento su compartimenti non serviti sono inoltre protetti al fuoco con lastre tagliafuoco, elemento che
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permetterà al soccorritore di operare con le migliori garanzie. Infine, tutti gli impianti elettrici sono collegati alle alimentazioni di emergenza dell’ospedale, che assicurano attraverso gruppi elettrogeni e soccorritori/UPS di adeguata potenza ed autonomia la continuità di servizio anche nel caso l’anomalia provenga da fuori reparto.
CONCLUSIONI I reparti di terapia intensiva rappresentano la linea di contrasto ad emergenze epidemiche più avanzata e per questo il loro potenziamento assume una valenza di assoluta importanza. Mossi da questa considerazione si è definito un progetto di potenziamento del reparto dell’ospedale di Camposampiero che aderisse, seppur costretto dai numerosi vincoli dettati dalla struttura esistente, alle migliori prassi oggi accreditate, senza dimenticare la possibilità di continuare ad offrire senza interruzioni il servizio nei confronti dei pazienti non infetti.
BIBLIOGRAFIA REHVA COVID-19 guidance document, August 3, 2020 AICARR Protocollo per la riduzione del rischio da diffusione del SARS-CoV2-19 mediante gli impianti di climatizzazione e ventilazione in ambienti sanitari Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020 - Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2
Gli autori
ING. TOMMASO CAPUTO ULSS 6 Euganea – Direttore U.O.C. Servizi Tecnici e Patrimoniali ING. EMANUELE SCARABEL ULSS 6 Euganea – U.O.S. Gestione Impianti e Apparecchiature ING. SIMONE CAPPELLETTI Steam Srl – Direttore tecnico impianti meccanici
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MODELLI SANITARI
di Federico Lega, Laura Cavazzana, Pietro Magnoni
L’organizzazione per temi dell’ospedale Il modello di value-based healthcare del Nya Karolinska Solna Gli ospedali pubblici europei sono sempre stati un riflesso dei modelli sanitari: le istituzioni più grandi e complesse del sistema si sono adattate ai veloci ritmi delle scoperte cliniche, alle nuove pratiche di gestione, nonché alle mutevoli convenzioni e paradigmi dell’assistenza sanitaria. Si parla ormai da tempo di personalizzazione delle cure e di value-based healthcare (VBHC), di come massimizzare il valore per il paziente attraver-
so il raggiungimento del miglior rapporto possibile tra risultato clinico ottimale e la spesa sostenuta per ottenerlo: il profondo cambiamento che sta attraversando oggi la sanità vede stravolgere il vecchio modello in cui il paziente recepisce “passivamente” l’intervento medico, in favore della ricerca di una vera e propria partnership fra pazienti e familiari, operatori e professionisti della salute.
██ Nya Karolinska Solna: ingresso principale
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Questi obiettivi, per essere raggiunti, richiedono un cambiamento drastico nell’organizzazione interna degli ospedali che pochi hanno il coraggio di intraprendere. L’ospedale universitario Karolinska, centro d’eccellenza di Stoccolma, ha saputo porre questi obiettivi come principi guida nel lungo percorso che ha portato all’apertura del nuovo polo di Solna. Trasformando in opportunità la necessità di rinnovare le infrastrutture, anziché modificare una situazione preesistente si è progettato da zero un ospedale con un’impostazione innovativa, che favorisse la centralità del paziente, ribaltando i modelli tradizionali fondati sulle specialità in favore di una nuova organizzazione per temi.
IL NYA KAROLINSKA SOLNA: HUB PER L’INNOVAZIONE Il Karolinska nasceva proprio a Solna nel 1940, conquistando presto un posto di rilievo nel panorama nazionale e internazionale: basti pensare che qui ebbe luogo nel ’58 il primo impianto di pacemaker al mondo. Dalla fusione con l’ospedale universi-
tario di Huddinge, nel 2004, rappresenta il centro di riferimento per l’intera contea di Stoccolma: quasi 2,5 milioni di abitanti, che rendono conto di due milioni di visite (e centomila degenze) ogni anno. I bisogni sanitari crescenti della popolazione hanno reso necessario un consistente rinnovamento del sistema di offerta della capitale, con un progetto per la creazione di sei nuovi edifici per le cure avanzate a fronte dell’investimento di un valore pari ad oltre cinque miliardi di euro. Fra questi, il Nya Karolinska Solna (NKS), la cui costruzione è stata avviata nel 2010. Inaugurato ufficialmente il 25 maggio 2018 dalla coppia reale svedese, il nuovo policlinico universitario rappresenta una delle strutture sanitarie più all’avanguardia che esista. Fondendosi nel nuovo contesto urbano dell’area di Haga, NKS rappresenta una vera icona architettonica, con cinque torri sviluppate in altezza fino ad undici piani e una superficie estesa per circa 330.000 m2. Progettato con l’obiettivo di soddisfare i più elevati standard qualitativi e progettuali, ha ottenuto un’ambiziosa certificazione LEED di tipo Gold per quanto riguarda l’aspetto della sostenibilità.
██ Fig. 1 La matrice a incastro fra i sette temi e le cinque funzioni. A titolo esemplificativo, sono espansi il tema “Cardiovascolare” che ha al suo interno quattro aree e, a sua volta, l’area “Malattie coronariche e valvolare” che include tre diversi flussi
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DATI GENERALI NKS: fatti e numeri 630 camere di degenza singole (400 degenza ordinaria, 75 terapia intensiva, 50 cure intermedie, 75 post-operatorio) 114 stanze di day hospital/day surgery 36 sale operatorie (di cui 3 sale ibride) 8 sale di radioterapia 179 stanze ambulatoriali Superficie: 330.000 m2 Altezza: fino a 11 piani Prezzo per la costruzione: 14,5 miliardi di corone (1,3 miliardi di euro) Costruttore: Skanska Healthcare Architetto: Tengbom
██ Le cinque torri del nuovo policlinico universitario, parzialmente oscurate dal prestigioso Elite Hotel Carolina Tower
██ Fig. 2: Il patient flow management team, guidato dal suo “capitano” e formato da figure di diversa estrazione professionale per massimizzare la resa per il paziente
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MODELLI SANITARI
██ L’imponente struttura del Nya Karolinska Solna immersa nel contesto urbano di Haga
La sua mission è erogare cure altamente specializzate insieme a ricerca e formazione, su ampia scala e al più alto livello qualitativo, seguendo una filosofia fondata su due semplici parole: patient first. Tutto è stato progettato e costruito nell’ottica di creare le migliori condizioni per l’erogazione di cure sicure, accessibili, personalizzate. La stessa pianificazione dell’ospedale applica il lean thinking ed è basata su ciò che è meglio per il paziente garantendone autonomia, privacy, sicurezza e comfort:
██ stanze
singole standard per tutti i ricoveri, che abbattono i tassi di infezione nosocomiale e gli errori di somministrazione del farmaco, permettono di diminuire la movimentazione dei pazienti effettuando alcune procedure direttamente al letto del malato, offrono ai familiari la possibilità della permanenza per tutta la durata del ricovero; ██ design standardizzato dei reparti e delle stanze, che semplifica gli spostamenti e agevola il lavoro del personale;
██ Fig. 3: Rappresentazione schematica dell’organizzazione degli spazi nelle cinque torri che costituiscono il nuovo hub di cura
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██ trasporto
robotizzato di materiali con ordini elettronici, che riduce gli errori e gli sprechi legati allo stoccaggio; ██ cartelle informatizzate, per migliorare al contempo il rispetto della privacy e la condivisione di informazioni in qualunque momento fra diversi specialisti e in sedi diverse; ██ uso dell’e-health, per il coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura.
TRASFORMARE, NON TRASFERIRE Nel passaggio alla nuova struttura, l’innovazione sostanziale ha riguardato il modello organizzativo, che introduce una modalità rivoluzionaria di concepire la classificazione dei pazienti ed il loro ingresso nel percorso di cura. L’unità fondamentale di questo modello è il flusso, individuato sulla base della singola patologia: vi è ad esempio un flusso dedicato allo scompenso, uno all’infarto, uno alla patologia della valvola mitralica. I flussi sono raggruppati, per affinità, in aree, e queste ultime a loro volta in sette grandi temi, che costituiscono il più alto livello organizzativo: dei “macro-gruppi” aventi per comune denominatore la somiglianza del processo fisiopatologico che conduce alla malattia o il bisogno condiviso di un determinato setting assistenziale. Così, nel tema “Cardiovascolare” confluiscono le specialità di cardiologia, cardiochirurgia, chirurgia vascolare; il tema “Infiammazioni e infezioni” racchiude malattie di ambito pneumologico,
reumatologico, dermatologico, nefrologico, gastroenterologico, poiché diverse malattie infiammatorie condividono un simile meccanismo fisiopatologico sottostante, e, pertanto, simili possibilità di trattamento. A quest’impostazione fa seguito ovviamente un corrispettivo manageriale: per ogni flusso viene individuato un patient flow captain (PFC) e, risalendo la gerarchia organizzativa, vi sono un line manager per ogni area e un coordinatore per ogni tema, che sostituiscono il tradizionale ruolo del “primario” favorendo l’integrazione fra le professionalità all’interno dei temi stessi. L’organizzazione “orizzontale” per temi e flussi si interseca, in un sistema a matrice, con cinque funzioni “verticali”, che incanalano il percorso del paziente: medicina peri-operatoria e terapia intensiva, laboratorio, imaging, servizi d’emergenza, “para-medicina” / professioni sanitarie (fig. 1). Ragionando non più per specialità ma per patologia, l’organizzazione per temi permette di spostare l’enfasi sui bisogni clinici generali degli utenti: si pensi alla cura di un paziente oncologico, che impone la necessità di consultare diversi specialisti (chirurgo, oncologo, radiologo, dietista, fisioterapista, psicologo). L’esigenza di garantire una valutazione e intervento multidisciplinare dedicato trova risposta nell’assegnazione a ogni flusso di un proprio team con alto grado di autonomia: il patient flow management team. La multidisciplinarietà entra così a far parte dell’organizzazione quotidiana, e nel tavolo del singolo flusso
██ Fig. 4: Gli otto elementi caratterizzanti la trasformazione dal vecchio al nuovo modello organizzativo al NKS
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non rientra solo il processo clinico, ma anche la responsabilità economica: capitanata dal PFC, ogni squadra ha l’incarico di rendere il flusso performante nell’ottica di creare valore, riducendo i costi laddove possibile ma, soprattutto, aumentando la qualità. Risultato raggiungibile grazie alla collaborazione di tutte le figure coinvolte nel team, contraddistinte da ruoli ed esigenze diverse (fig. 2): ██ tutti i professionisti medici delle specialità richieste per la presa in carico complessiva della patologia; ██ un manager infermieristico, deputato a migliorare l’assistenza e il supporto al paziente; ██ una figura di supporto amministrativa, con background strategico ed economico e non scientifico, che ha il mandato di rendere possibile per il team il raggiungimento dei risultati prefissati; ██ un rappresentante dei pazienti, nell’ottica di garantire agli assistiti una posizione forte e la possibilità di fare richieste sull’assistenza sanitaria che ricevono, pretendendo sicurezza, flessibilità e un approccio rispettoso; ██ esponenti del mondo universitario e della ricerca, per permettere feedback rapidi fra ospedale e università e rafforzare la collaborazione fra cure mediche, ricerca clinica, ricerca di base e formazione (non a caso, l’ospedale sorge proprio di fronte alla sede del Karolinska Institutet che, vale la pena ricordarlo, secondo i QS World University Rankings 2019 è, fra le università mediche, la numero tre in Europa e numero sei al mondo; i due edifici sono collegati anche strutturalmente da un “academic passage”, la via più veloce per trasferire nuove conoscenze e risultati di ricerca al letto del paziente); ██ (nel prossimo futuro) ingegneri clinici, per garantire l’innovazione sistematica delle cure accelerando l’implementazione delle nuove tecnologie e creando una partnership fra professionisti sanitari e dell’HTA. Riunire attorno al “tavolo ovale” tutti gli attori coinvolti nel trattamento della patologia facilita la comunicazione, la definizione degli ambiti di lavoro e degli outcome attesi, la standardizzazione dei processi, l’applicazione di piani di trattamento condivisi. Alla frammentarietà del percorso del paziente fra specialità diverse si contrappone ora la visione olistica della patologia: si garantiscono così quell’omogeneità di diagnosi e di trattamento che mancavano nel vecchio Karolinska, la cui organizzazione per padiglioni e divisioni conduceva, sotto una dimensione fisica e psicologica, alla settorializzazione delle competenze in “silos” di attività e all’inevitabile variabilità nelle modalità di diagnosi e trattamento fra diversi professionisti. Chiaramente, la funzione del team include anche il continuo monitoraggio degli esiti e la spinta al miglioramento: monitoraggio
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██ La maestosa hall d’ingresso, da cui ha inizio il percorso dei pazienti in elezione
basato non più soltanto sulla semplice rilevazione quantitativa del numero di visite/ricoveri/interventi, ma su indicatori VBHC di processo e di risultato che misurano la qualità per il paziente, scelti sulla base dell’evidence-based medicine ed evidence-based practice. I dati sono registrati in continuo e monitorati giorno per giorno con scorecard digitali, che vengono portate e discusse al tavolo per un decision making proattivo. Ogni passaggio in ogni flusso viene analizzato per individuare aree di ottimizzazione: in un solo anno di lavoro sono state identificate oltre 200 azioni per il miglioramento, oltre alla necessità di individuare nuovi flussi originariamente non previsti, soprattutto in area geriatrica. E i risultati si vedono: nel flusso “Sepsi” il tempo medio per l’inizio della terapia antibiotica, variabile che principalmente determina le probabilità di sopravvivenza, si è ridotto da 247 a 74 minuti.
L’ARCHITETTURA AL SERVIZIO DEL MODELLO ORGANIZZATIVO La volontà di abbattere gli schemi tradizionali si esprime anche sul versante logistico e architetturale: nella progettazione da zero del nuovo polo, il leitmotiv diventa quello di facilitare percorsi differenziati in base alla tipologia di pazienti (adulti/bambini) e al setting assistenziale (degenza/attività ambulatoriale, emergenza/elezio-
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cose, evitando eccessive movimentazioni e riducendo i tempi fra visite, esami e diagnosi per un precoce inizio del trattamento (fig. 3).
UN SISTEMA COMPLESSO, MA NON COMPLICATO
██ L’ “academic passage” che collega i locali del NKS a quelli del Karolinska Institutet
ne), oltre a una marcata separazione delle aree professionali da quelle pubbliche. Delle cinque torri che costituiscono il core del nuovo ospedale, una è dedicata agli ambulatori; per la degenza sono stati invece predisposti due blocchi intimamente interconnessi, con la responsabilità di utilizzare i posti letto nel modo più appropriato. L’organizzazione dei percorsi di cura fondata sull’individuazione di temi si interseca così con la creazione di due macro-flussi: uno, elettivo, trova il suo punto di inizio nell’ingresso principale, dov’è localizzata la lobby, con la reception che indirizza alle scale edì ascensori sulla destra; l’altro, per l’acuzie, è invece localizzato nei due edifici ad est, dove si trovano i servizi di emergenza, traumatologia, chirurgia e terapia intensiva, imaging e diagnostica funzionale. Il dipartimento di emergenza non è ad accesso diretto per il pubblico (dirottato al sito di Huddinge), ma ristretto alle sole ambulanze e agli arrivi dagli elicotteri, che possono contare su ben due piattaforme di attracco, tenendo fede alla vocazione di Solna come ospedale ad elevata specializzazione; unica eccezione l’accesso al dipartimento materno-infantile, per cui, considerata la particolare casistica, si accettano arrivi con mezzi propri senza preventivo triage. L’organizzazione di tutti gli spazi è ottimizzata ed il posizionamento delle diverse aree operative e funzioni all’interno della struttura è assolutamente funzionale, seguendo un altro dichiarato principio ispiratore: “proximity to everything”. In ogni torre, la strategica collocazione in vicinanza fra i dipartimenti di terapia intensiva, imaging, chirurgia è fondamentale per una concatenazione efficiente delle attività di cura: si garantisce così un flusso ottimale di persone e
La trasformazione ha convertito la vecchia organizzazione settoriale, basata sui padiglioni e sui primariati, in un nuovo modello funzionale che incarna fattivamente tutto ciò che ci si aspetta dall’ospedale di domani: il focus sul paziente, la multidisciplinarietà, l’ambiente salutogenico, la connessione fra cura e ricerca. L’organizzazione tematica, elemento cardine del sistema di VBHC proposto dal Karolinska, offre indiscussi vantaggi: rivedendo completamente l’impostazione manageriale, consente di aumentare le cariche di responsabilità e i percorsi di sviluppo del personale; agevola la cooperazione fra professionisti di diverse branche, garantendo la semplificazione dei passaggi visite-consulenze-esami ed un uso flessibile degli spazi e delle risorse per una maggior costo-efficacia complessiva; favorisce il continuum of care grazie a percorsi strutturati e condivisi, ma al contempo fluidi, per una vera presa in carico complessiva sia del malato che della malattia (fig. 4). La storia del nuovo Karolinska è ancora giovane, e manca un riscontro a lungo termine degli esiti, in termini sia economici che di impatto sulla salute. Tuttavia, è certo che già da oggi non si potrà non tener conto di questo nuovo standard e modello virtuoso nella progettazione e riorganizzazione degli ospedali del futuro. Le figure sono state riadattate dalle seguenti fonti: Löfberg, Patient first – Together we create the best healthcare, 2017 (https://www.psshp.fi/documents/7796350/7865759/Karolinska.pdf/040ea021-c4ae-4dc686ce-8f6c9d48ca9a) ██ Nicke Svanvik, New Technologies – New Opportunities, 2018 (https://computersweden.event.idg.se/wp-content/uploads/ sites/11/2018/12/13.00-nicke-svanvik-ny-teknik-xxx-11-dec.pdf) ██ Erland
Gli autori
FEDERICO LEGA Professore Ordinario, Direttore Centro HeAd, Università degli Studi di Milano LAURA CAVAZZANA Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Milano PIETRO MAGNONI Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Milano
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ATTUALITÀ
di Laura Chiappa
Tornare alla“normalità” dopo l’emergenza Covid Le complesse problematiche da gestire nell’analisi di Laura Chiappa, direttore sanitario del Policlinico di Milano Tornare alla normalità dopo il picco della pandemia è quasi più complicato che rispondere all’emergenza. Un ospedale è un po’ come un treno in corsa: è più facile mantenerlo in movimento che farlo ripartire quando ha rallentato molto. Le complicazioni attuali riguardano la gestione degli spazi per rispettare il distanziamento sociale, ma anche il recupero delle prenotazioni per quei pazienti che hanno ██ Laura Chiappa dovuto rinunciare ad una prestazione a causa della pandemia e, non ultime, la stanchezza degli operatori che nell’emergenza non si sono risparmiati. La ripartenza passa anche attraverso la stratificazione dei pazienti: con i nostri collaboratori, la Gestione Operativa e tutti i primari stiamo identificando quali siano i malati che hanno necessità più di altri di recuperare interventi chirurgici o visite specialistiche non effettuati nel periodo del lockdown, in modo da poter dare loro una risposta completa e tempestiva. Nel frattempo, abbiamo riattivato progressivamente i reparti di degenza, anche se non è possibile sbloccare tutto subito: anche perché siamo stati identificati tra gli attuali 17 hub dedicati a Covid-19 di Regione Lombardia, e dobbiamo mantenere attive sia le strutture di ricovero ordinario sia quelle di terapia intensiva dedicate alla lotta contro il coronavirus. La Regione Lombardia, infatti, anche in ottemperanza a disposizioni ministeriali, ha identificato ospedali che hanno una serie di caratteristiche peculiari, come la presenza del DEA (Dipartimento
d’emergenza e accettazione) di secondo o primo livello, di una terapia intensiva esperta, di una Pneumologia strutturata e con l’Unità di Malattie Infettive. Abbiamo dunque identificato una nostra area dedicata proprio all’emergenza coronavirus, con una terapia intensiva e una struttura per i ricoveri ordinari da utilizzare specificamente per i pazienti positivi e in grado di funzionare per intensità di cura in base ai bisogni assistenziali. La qualità e la quantità di assistenza erogate saranno perciò in funzione del bisogno del singolo paziente: ad esempio, con la possibilità di essere seguiti dallo pneumologo, dall’infettivologo o dal rianimatore a seconda delle condizioni cliniche della persona. Questo permetterà di avere una grande capacità di risposta all’emergenza Covid in un periodo di relativa tranquillità come quello che stiamo attraversando, pur mantenendo una straordinaria reattività nel rispondere in modo immediato a un eventuale aumento della richiesta di ricoveri Covid.
RIPROGETTATA LA TERAPIA INTENSIVA E PRONTE LE EVENTUALI TRASFORMAZIONI IN OSPEDALI COVID Abbiamo pertanto dovuto riorganizzare l’Ospedale intorno a questo bisogno e ciò ha fatto sì che identificassimo un particolare reparto (che era in previsione di essere ristrutturato come degenza ordinaria) modificandone la progettazione e ottenendo una terapia intensiva aggiuntiva da 14 posti letto. Questi sono suddivisi in alcuni spazi “open” da quattro posti letto e in diverse stanze singole, quindi con una struttura molto modulare. Abbiamo inoltre sviluppato percorsi per prepararci ad una eventuale recrudescenza dei casi, andando quindi a definire le successive trasformazioni dei reparti Covid. A questo proposito è stata importante, durante la fase emergenziale, la riorganizzazione dei percorsi di vestizione e svestizione del personale; percorsi che ora che il picco dei contagi è alle spalle non sono stati eliminati né riportati alla situazione precedente, perché in questo modo potremo essere più veloci nel
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ATTUALITÀ
██ Rendering dell'ingresso del Nuovo Policlinico
riattivarli in caso di necessità. Inoltre, è sempre attivabile nel giro di un paio di giorni il Padiglione del Policlinico in Fiera Milano, che ci è stato affidato per la gestione clinica da Regione Lombadia e che può mettere a disposizione fino a 208 ulteriori posti letto di terapia intensiva.
IL RECUPERO DELLE PRESTAZIONI NON EFFETTUATE DURANTE IL LOCKDOWN Sul fronte non Covid, invece, abbiamo progressivamente riattivato le sale operatorie: adesso stiamo lavorando circa all’80% della nostra “potenza di fuoco” andando a stratificare i pazienti e lavorando per ridurre le liste d’attesa. Assieme ai chirurghi stiamo cercando di organizzare risposte che siano anche coerenti dal punto di vista della temporalità per ciascuna patologia. Durante il periodo del lockdown non abbiamo bloccato totalmente le attività chirurgiche, anche se per forza di cose abbiamo potuto dare una risposta tempestiva soltanto a categorie ben specifiche di pazienti, come i malati oncologici gravi. Sono stati mantenuti anche diversi altri percorsi che abbiamo sperimentato e che per noi molto importanti, come il Percorso Nascita: nella nostra Clinica Mangiagalli abbiamo spinto per mantenere sempre attiva l’offerta, tanto che ad oggi siamo un hub di riferimento anche per quanto riguarda la gestione delle donne gravide e dei neonati Covid positivi. Siamo anche molto soddisfatti per i risultati ottenuti con il contenimento del virus tra i nostri operatori: abbiamo posto grandissima attenzione a questo aspetto, e non a caso solo il 5% dei colleghi ha presentato un tampone positivo e, riguardo ai test sierologici, è sirultato positivo solo l’8%: numeri più bassi della media, ottenuti grazie a politiche di monitoraggio e prevenzione molto aggressive che hanno dato i loro frutti. Le problematiche che adesso ci stanno mettendo
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sotto pressione sono le risposte al bisogno ambulatoriale: anche se, durante il lockdown, abbiamo sperimentato nuovi percorsi per continuare a seguire i nostri pazienti cronici grazie a videoconsulti o contatti costanti via e-mail, in modo da non interrompere il percorso di presa in carico. E tutto questo ha funzionato molto bene. Nonostante una serie di prestazioni siano state per forza di cose sospese a causa del nuovo coronavirus, abbiamo già iniziato a recuperare il pregresso e stiamo programmando con i reparti un aumento della loro attività, in modo da smaltire in breve tempo tutte le prestazioni che sono state rimandate. Sugli interventi chirurgici dovremmo arrivare a recuperarne più di 2.000 entro la fine dell’anno; in particolare, gli interventi che hanno necessità di essere eseguiti entro tempi celeri verranno tutti soddisfatti, mentre qualche difficoltà si avrà forse nel recupero entro dicembre per i pazienti che hanno bisogno di una chirurgia di più basso livello. Per quel che riguarda l’attività ambulatoriale abbiamo già recuperato l’80% delle visite rimandate e stiamo programmando i controlli anche nel mese di agosto (per esempio la Mineralogia Ossea Computerizzata sarà sempre attiva), sperando che i pazienti accettino le chiamate in un mese tradizionalmente dedicato alle vacanze, così da riuscire a recuperare tutto l’arretrato tra settembre e ottobre.
LE NUOVE REGOLE DEL POST COVID Nella ripresa delle attività, per far rispettare il distanziamento sociale nelle sale d’attesa abbiamo dovuto distribuire esami e visite in una finestra temporale più ampia. Quello che stiamo cercando di fare ora è di mettere “in serie” gli ambulatori e non “in parallelo”, per evitare assembramenti di pazienti. Questo però fa sì che l’orario di lavoro del personale, soprattutto infermieristico, si debba per forza di cose dilatare, e ciò non sempre è compatibile con
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ATTUALITÀ
l’organizzazione di vita delle persone e delle famiglie. In tal senso si sta negoziando anche con le organizzazioni sindacali per trovare una soluzione condivisa con il nostro personale. Cerchiamo inoltre di reperire risorse che la Regione sta mettendo a disposizione per assunzioni temporanee, al fine di dare una risposta soprattutto all’arretrato. Questo problema della contemporaneità di presenze è particolarmente evidente nel Centro prelievi dove, per prassi consolidata, i pazienti accedevano senza prenotazione. Adesso abbiamo dovuto ripristinare un meccanismo di prenotazioni, soprattutto per distribuire nell’arco della mattinata l’arrivo dei pazienti e averne così in sala d’attesa il minor numero possibile. Questo all’inizio ha provocato qualche disagio e disorientamento, così come l’obbligatorietà della mascherina, che però è ancora più doverosa in un ambiente come quello ospedaliero. Per fortuna la collaborazione non è mancata. Sicuramente tutti abbiamo imparato a usare i gel idroalcolici e, in generale, l’Ospedale ha dovuto mettere in campo una flessibilità che in una struttura molto datata (i nostri Padiglioni risalgono alla Seconda Guerra Mondiale, in attesa che venga ultimato il Nuovo Ospedale) non è scontata.
IL NUOVO POLICLINICO IN COSTRUZIONE, MODIFICHE ALLA PROGETTAZIONE Al termine del lockdown è potuta ripartire anche la realizzazione del nostro Nuovo Ospedale, un cantiere che era già stato avviato ma che si era interrotto con l’emergenza. Occorreranno tre anni alla sua conclusione e in questa fase dobbiamo adeguare alcune parti del progetto, anche per recepire quello che la pandemia ci ha insegnato. La progettazione del Nuovo Ospedale era stata già fatta in maniera molto più modulare, quindi anche in caso di emergenze sanitarie come quelle da Covid-19 in futuro sarà più facile identificare percorsi dedicati. Attualmente il Policlinico è suddiviso in Padiglioni, e vista l’età delle sue strutture ha per forza di cose pochi ascensori: anche per questo non é stato semplice né scontato creare percorsi separati per confinare i reparti dedicati a Covid. Nel Nuovo Policlinico, invece, gli ascensori saranno tanti e saranno facilmente dedicabili a percorsi cosiddetti “puliti” o “sporchi”, e potremo anche separare gli accessi dei pazienti da quelli che saranno riservati alla movimentazione delle merci e dei materiali per le pulizie. Un grado di controllo e modularità, insomma, estremamente ampio e rapido da mettere in atto. La Covid-19 ha poi imposto anche una ulteriore modifica nella progettazione del Nuovo Ospedale: si è deciso di mantenere attivi alcuni Padiglioni che nel progetto pre-Covid avevamo in programma di dismettere. Così facendo potremo mantenere un’adeguata separazione anche fisica con reparti strategici come quello di Malattie Infettive e il Pronto Soccorso Generale, e potremo anche avere la possibilità di aumentare la nostra risposta anti-Covid interferendo il meno pos-
sibile sull’andamento delle degenze ordinarie. E ancora, nel Nuovo Policlinico le terapie intensive saranno per la quasi totalità disegnate come stanze singole; questo complica un po’ di più la gestione della vestizione per il personale, ma darà maggiore accoglienza ai pazienti. Infine, aumentando e avendo dislocato in maniera speculare le diagnostiche per immagini, avremo la possibilità di dedicare un percorso diagnostico al Covid e uno alla clinica tradizionale, senza che interferiscano minimamente tra loro.
LA COMPLEMENTARITÀ DI TRE ANIME: ASSISTENZA, RICERCA, INSEGNAMENTO Il Policlinico di Milano ha una serie di peculiarità: perché siamo un Ospedale che cura, ma anche il primo polo di ricerca pubblico in Italia per qualità e quantità della scienza prodotta, e siamo anche il principale polo di insegnamento universitario della Statale di Milano. Come Fondazione IRCCS, tra i filoni di ricerca che ci identificano c’è proprio la gestione dell’emergenza e dell’urgenza, all’interno della quale sono stati fatti confluire i nostri punti di forza come il Percorso Nascita. A questo si aggiunge la nostra alta specializzazione nella Medicina rigenerativa e dei Trapianti, che ci vede protagonisti nel governare la donazione di organi e la domanda di trapianto anche extra-Regione, anche perché siamo sede del Nord Italia Transplant program (NITp). Siamo inoltre Centro di riferimento per la diagnosi e cura di oltre 360 malattie rare, e siamo l’ospedale italiano con più ERN: queste sono le reti di riferimento per le malattie rare a livello europeo, e abbiamo un ruolo strategico in ben 8 di queste. Dunque, oltre a essere un Ospedale che risponde dal punto di vista assistenziale a praticamente tutte le branche della Medicina, per pazienti non solo milanesi ma provenienti da tutta Italia, abbiamo una forte radicazione nel territorio con i nostri tre Pronto Soccorso (Generale, Pediatrico e Ostetrico-Ginecologico). A cui si aggiungono tantissime competenze di alto profilo, ad esempio l’Urologia Pediatrica (i cui pazienti provengono per quasi il 50% da fuori Regione), la Nefrologia Pediatrica (con l’unica dialisi pediatrica in Regione Lombardia), i trapianti di rene, fegato e polmone, oltre alla Chirurgia fetale. Essere un ospedale completo vuol dire rispondere a più 40mila ricoveri e a oltre 2,8 milioni di prestazioni ambulatoriali all’anno nel pieno centro di Milano, coniugando l’assistenza con la ricerca scientifica e con l’insegnamento: ogni giorno, quindi, lavoriamo per rafforzare sempre più questa complementarità di tre anime, che devono procedure armoniosamente.
L’autrice
DOTT.SSA LAURA CHIAPPA
Direttore sanitario del Policlinico di Milano
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ATTUALITÀ
di Margherita Carabillò
Esiste un futuro post covid-19 anche per l’assistenza ai nostri anziani? Un invito a committenti e progettisti a pensare a un futuro sostenibile post Covid-19 che coinvolga il mondo della residenzialità dei nostri anziani In questo periodo di emergenza dovuta alla pandemia da Covid-19 abbiamo focalizzato molto l’attenzione sul tema dell’ospedale. Tutti noi, ognuno per la propria parte di competenze e specificità professionale, è stato coinvolto nella ricerca di efficaci risposte atte a contrastare la diffusione dell’infezione, anche attraverso la messa in opera di quelle che abbiamo capito essere armi semplici ma sicuramente efficaci: il tracciamento, il distanziamento, la separazione, l’isolamento.
Da qui ne è scaturito un importante lavoro di rivisitazione delle unità di degenza e delle terapie intensive destinate ai pazienti ricoverati ma soprattutto degli ambienti e dei percorsi del pronto soccorso, principale “porta di accesso” dal territorio verso i nostri ospedali. La riorganizzazione dei flussi che consente la gestione ottimale di spazi e operatori, è diventata pertanto una priorità al fine di garantire aree di permanenza separate e sicure per i pazienti in attesa di diagnosi.
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ATTUALITÀ
Oggi, a dispetto dei mesi passati, il ripensamento dei layout funzionali di queste aree ritengo vada affrontato in maniera più lungimirante rispetto a quanto fatto durante la fase emergenziale. Sebbene dal mondo medico-scientifico vi sia la comune consapevolezza della concreta possibilità che il futuro ci riservi scenari simili dovuti alle altre infezioni virali che potranno insorgere e che non dovranno coglierci impreparati, credo tuttavia che l’efficacia dei nostri progetti sarà tanto più concreta quanto più dotata di quella flessibilità e resilienza che permetterà, rapidamente e senza onerosi riadattamenti, di ritornare anche alla gestione ordinaria dei percorsi assistenziali. Tutto questo, non perdendo lungo la strada, quel grande impulso all’utilizzo di tutte quelle tecnologie che già in parte conoscevamo ma che abbiamo imparato a utilizzare in maniera diffusa anche grazie all’emergenza da Covid-19. Mi pare, tuttavia, che tutto questo acceso dibattito abbia purtroppo trascurato una larga parte di coloro che sono stati – ahimè – i veri protagonisti di questa brutta storia. In particolare, mi riferisco agli anziani (ma qualche ragionamento andrebbe rivolto anche ai malati psichiatrici) e cioè a quei pazienti fragili sfavoriti dall’età e dalla particolare condizione di vulnerabilità fisica, ma le cui strutture di accoglienza hanno probabilmente svolto un’azione di scarsa protezione verso i propri ospiti. Secondo un documento apparso sul sito del quotidiano svedese Aftonbladet, agli operatori sanitari del Karolinska Institute di Stoccolma sono state date specifiche indicazioni rivolte ad escludere l’accesso alle terapie intensive per i pazienti con più di 80 anni e per quelli compresi nella fascia 6070 anni con altre patologie. Alcune interviste rivolte al personale infermieristico hanno testimoniato la profonda tristezza nell’accompagnare questi pazienti verso percorsi di “eutanasia attiva”, nell’impossibilità di assisterli. Ma che ruolo può avere avuto il modello organizzativo-funzionale sulla propagazione delle infezioni? È possibile controllare il contenimento del contagio con la corretta progettazione degli spazi? Sicuramente la maggior parte delle RSA che oggi accolgono i nostri anziani riflettono una mentalità che interpreta la vecchiaia come una patologia: se pensiamo a come sono strutturati gli ambienti al loro interno è abbastanza immediata la rievocazione dello spazio ospedaliero. Oggi esiste un grande fermento progettuale sulle strutture residenziali di comunità volto a concepire moderni campus universitari, centri socioeducativi per minori e adolescenti, strutture per la detenzione, ecc.; eppure l’accoglienza dei nostri anziani sembra rifarsi ad una progettualità che risente di schemi organizzativi decisamente datati e che si sono oltretutto rivelati assolutamente nefasti in questa condizione di evento pandemico. Come è stato evidenziato in un interessante articolo di J. Davidson pubblicato sul New York Magazine, “…Le case di cura tradizionali, con le loro postazioni mediche e i lunghi corridoi, sono progettate per far circolare un personale che si alterna tra i residenti che, idealmente, rimangono inerti, confinati in letti che occupano la
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maggior parte della superficie. Come negli ospedali, due persone condividono una stanza e un mini-bagno con wc e lavandino. La vita sociale, i pasti, le attività e l’esercizio fisico sono per lo più irreggimentati e si svolgono in aree comuni, dove dozzine, anche centinaia, di residenti possono riunirsi e scambiare germi mortali. L’intero apparato è ideale per la propagazione di malattie infettive”. Personalmente è da un po’ si tempo che rifletto sulla necessità di ripensare a nuove modalità di ospitalità rivolta a persone avanti con gli anni ma spesso in buone condizioni di salute, autonome e autosufficienti che talvolta possono necessitare di periodi limitati di “presa in carico”. In altri Paesi europei e del nord-America esistono già alcune esperienze avanzate in tal senso che, oltretutto, hanno dimostrato la loro efficacia nel contenimento della pandemia. David Grabowski, professore di politica sanitaria presso la Harvard Medical School e a capo di un team di ricercatori americani che hanno analizzato l’impatto del coronavirus sulle case per anziani, ha constatato un fatto estremamente interessante e cioè che le strutture organizzative caratterizzate da una dimensione di maggiore intimità hanno avuto risultati molto più incoraggianti rispetto a quelle di più ampie dimensioni. Green House Project fa parte di un’organizzazione del Maryland che ha realizzato un network di nursing home “in miniatura” dimensionate per ospitare 10/12 residenti, ciascuno con la sua stanza privata, spazi comuni di soggiorno e pranzo, a stretto contatto con il giardino. Gli ospiti consumano assieme i pasti e condividono la giornata con pochi membri dello staff, secondo un modello che si ispira ad un nucleo familiare. Se pensiamo al mondo studentesco ma anche a quello del recupero di pazienti con disabilità psichiche non gravi, un simile approccio non costituisce certamente una novità. Al di là dei possibili immaginabili effetti positivi conseguenti alla realizzazione di strutture ad una “scala più umana” (il che non è comunque poca cosa), le organizzazioni di questo tipo si sono rivelate molto più efficaci nel contrastare l’infezione, determinando una casistica estremamente bassa nei contagi dovuta proprio a quella facilità nel tracciamento, confinamento, distanziamento e segregazione che abbiamo imparato ad applicare nelle nostre strutture sanitarie. Credo proprio che sia arrivato il momento, per committenti e progettisti, di promuovere una riflessione anche per un futuro sostenibile post Covid-19 che coinvolga il mondo della residenzialità dei nostri anziani e non solo quello incentrato sull’assistenza sanitaria ai nostri pazienti.
L’autrice
MARGHERITA CARABILLÒ
Vice Presidente Cneto - Architetto, ICMQ BIM Manager Direttore sede Milano e Responsabile progettazione sanitaria Tecnicaer Engineering
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ATTUALITÀ
di Pasquale Cascella
Edilizia sanitaria, dall’emergenza ai programmi organici Necessario innovare gestione e edilizia ospedaliera, con visione d’insieme e all’interno dei programmi UE L’emergenza ha messo a nudo una drammatica insufficienza di posti letto per terapie intensive e, in molti casi, anche carenze nell’accoglienza dei pazienti affetti da Covid-19 per inadeguato sistema di isolamento (percorsi e spazi-filtro) dal resto dell’ospedale. Queste mancanze hanno amplificato gli effetti della pandemia e anche reso palese un affollamento dei nostri ospedali che ne riduce la capacità di resilienza di fronte ad emergenze. A inizio pandemia, mentre la Germania disponeva di 29,2 posti di terapia intensiva ogni 100.000 abitanti, in Italia ne avevamo 8,5. Con piccole differenze, non migliore della nostra era la situazione in Francia, Spagna e Gran Bretagna. Non a caso, al momento, in Italia si registrano 34.000 morti causati da Covid-19, in Francia 29.200, in Spagna 27.100 e in Gran Bretagna 40.800. Mentre in
Germania sono 8.800, pur con discordanze nelle metodologie di registrazione delle cause di decesso. Durante l’emergenza, in Italia, negli ospedali in prima linea hanno dovuto adibire a rianimazione intensiva spazi e attrezzature destinati ad altre cure, col risultato che adesso incombe una nuova emergenza, quella dei malati, non di Covid-19, rimasti senza cure e senza esami, in liste d’attesa, già lunghissime prima, ora divenute ad alto rischio.
COVID-19 HA BLOCCATO GLI OSPEDALI Pierluigi Marini, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) e primario al San Camillo di Roma, ha spiegato che “Con la chiusura delle sale operatorie, con gli ospedali, almeno all’ inizio, non attrezzati a percorsi Covid o completamente occupati dall’emergenza del virus, il nostro lavoro si è interrotto quasi del tutto”. Molti appuntamenti sono stati cancellati o annullati direttamente dai pazienti per timore di contrarre il virus in ospedale. Secondo stime sarebbero saltati ben 500.000 interventi chirurgici. Quindi oggi dobbiamo affrontare due nuove emergenze: l’arretrato di cure ai pazienti no-Covid e il rischio di una nuova crescita dei contagi da Covid-19 in autunno.
GESTIONE MEDICA “DECENTRATA” Per contenere i rischi più gravi della pandemia in corso, ma non solo, potrebbe risultare di grande efficacia svolgere le fasi iniziali di diagnosi e cura a domicilio. Riducendo il numero dei ricoverati si facilita la gestione generale dell’ospedale e si consente, a molti pazienti che non necessitano di particolari medicalizzazioni, una permanenza in casa propria. Si possono cambiare le modalità di assistenza mediante monitoraggio clinico del paziente con dispositivi indossabili che in al-
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ATTUALITÀ
cuni casi consentono il bio-feedback immediato di chi li indossa. Queste forme di monitoraggio e vigilanza a distanza (anche dei sintomi) consentono di intervenire tempestivamente e con il supporto dei dati raccolti e archiviati in precedenza. Si tratta però di cambiare paradigma nella gestione generale della sanità, a partire dalle interminabili attese per un esame. Promuovendo un rapporto a distanza, ma immediato ed efficace, si assolve il sistema sanitario da un sovraccarico inutile di lavoro, oggi soppiantabile attraverso la tecnologia, con reciproco vantaggio per paziente e personale. Con la telemedicina è possibile offrire più efficienza e qualità della vita al paziente, ottenendo anche ricadute positive in termini di costi. In uno Stato suddiviso in regioni che vanno dai 126.000 abitanti della Val D’Aosta ai 10 milioni della Lombardia, non sempre è possibile garantire lo stesso livello di eccellenza in ambito strettamente regionale. Già esiste del resto una “migrazione” di pazienti, tra regioni, alla ricerca degli ospedali migliori. In periodi di emergenza può risultare “vitale” razionalizzare la possibilità di accoglienza di pazienti gravi, organizzando bene i trasporti, anche aerei. Serve quindi una programmazione di livello nazionale per poter offrire una sanità d’eccellenza in tutt’Italia. Programmare, progettare e realizzare i lavori bene e subito per essere pronti anche a una possibile nuova emergenza Covid-19 in assenza di vaccino, cogliendo l’occasione per avviare un processo di miglioramento qualitativo del patrimonio ospedaliero, quanto meno dei presidi più “arretrati” e più “a rischio” quali quelli destinati alla cura delle malattie infettive. È urgente uno screening generale degli spazi interni agli ospedali adibiti a pazienti Covid-19 per migliorali o riconvertirli alle destinazioni ante pandemia, secondo le necessità. Per poter recuperare i tanti spazi trasformati per l’emergenza, è però necessario costruire nuovi padiglioni, perfettamente isolati dal resto dell’ospedale, o nuovi nosocomi specializzati in malattie infettive. Del resto, quanto riscontrato all’ospedale Cotugno di Napoli, specializzato in malattie infettive, dimostra che è questa la strada da seguire: concentrare i malati ad alto rischio di contagio in strutture dove tutto è organizzato per questo genere di patologie, a partire dal “pronto soccorso infettivologico”. Gli stessi nuovi ospedali realizzati durante l’emergenza all’interno degli spazi fieristici di Milano e Civitanova Marche se solo fossero stati pronti a inizio pandemia, anche in altre regioni, avrebbero rappresentato una soluzione vitale per fronteggiare l’emergenza e si sarebbe evitata la conversione di tanti reparti penalizzando la cura delle altre malattie. Si sarebbe anche scongiurata una proliferazione dei contagi nosocomiali. Adesso questi ospedali dell’emergenza - sorti, come a Madrid o Londra, per fronteggiare un’eventuale “iperbole” del numero di contagi - possono costituire la “riserva” in caso di nuova risalita dei contagi in autunno, magari integrati con spazi per cure complementari e, possibilmente, con camerate più ridotte.
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NUOVE SEDI OSPEDALIERE E NUOVE PROCEDURE Si dovrebbe puntare anche ad individuare qualche nuova soluzione-tipo, mediante concorso di progettazione, per ricercare efficienza e innovazione attraverso il confronto tra più proposte. In passato era la regola, anche quando c’era fretta, e il sistema consentiva di far emergere tanti giovani poi rivelatisi dei maestri di architettura, basti pensare alla Stazione di Firenze di Michelucci. In passato esisteva anche l’appalto-concorso, procedura che può selezionare contemporaneamente progettista e impresa qualificata (con le dovute garanzie di qualificazione e terzietà della commissione giudicatrice). Infine, per non dover continuamente derogare alle norme vigenti per evitare il pantano burocratico, è ora di riformare integralmente il Codice degli appalti, tenendo come base la normativa comunitaria.
MES E RECOVERY FUND, SENZA ADEGUATI PROGRAMMI E PROGETTI, NEL BREVE PERIODO RESTERANNO “FINANZIAMENTI VIRTUALI” Siamo già in autunno, i contagi crescono, anche se molto meno che in quasi tutto il resto d’Europa, ma non si vedono segnali di grandi programmi innovativi. A livello di gestione, rispetto ai periodi ante-Covid, è cambiata sostanzialmente, ma in peggio, solo l’interminabile lista d’attesa. E niente di nuovo sul fronte burocratico. Ad esempio, almeno in talune parti d’Italia, si fa il tampone in una tenda fuori dell’ospedale per evitare i contagi, ma il sistema burocratico ancora non assolve, chi deve farselo, dal fare prima la fila in amministrazione, all’interno dell’ospedale, magari anche con la febbre. Di programmi - che non siano la pioggia di progetti che giacevano da anni nei cassetti dei ministeri o delle regioni - nessun segnale concreto. Si sa che, relativamente a tutti i campi previsti dal Recovery fund e dal Mes (digitalizzazione, infrastrutture, green, ricerca, istruzione, sanità), sono stati raccolti 534 “progetti” tra ministeri e grandi enti pubblici e privati. Per lo più si tratta di vecchie proposte, magari anche valide, ma certamente non concepite in funzione e all’interno di quel progetto unitario di sviluppo che è necessario affinché i finanziamenti europei diventino la grande occasione di un deciso miglioramento dei servizi e, in parallelo, di crescita economica. Di questo passo si rischia di veder allontanare anche la possibilità di utilizzare, in tempi brevi, almeno il 10% delle risorse del Recovery Fund, dato che gli Stati membri sono stati invitati a presentare i piani nazionali di riforme, seppur in modo informale, già per il 15 ottobre 2020.
L’Autore
PASQUALE CASCELLA Architetto, esperto in edilizia pubblica
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA
di Simone Cappelletti e Francesco Ruggiero
Energia e ospedali All’interno del settore terziario, gli ospedali e gli edifici di cura sono le più strutture energivore. Per tale motivo il tema dell’efficienza energetica rappresenta uno dei principali obiettivi per le moderne strutture ospedaliere Proprio per il fatto di essere strutture altamente energivore, i moderni ospedali devono raggiungere obiettivi sempre più elevati di produttività e di efficienza. La componente tecnologica rappresenta, pertanto, un aspetto fondamentale all’interno di un ospedale in quanto assicura il funzionamento dei macchinari e delle attrezzature elettromedicali e determina le condizioni necessarie non solo per la cura dei pazienti, ma anche per il benessere psicofisico di lavoratori e visitatori. Il tutto si traduce in consumi di energia specifici superiori di circa tre volte quello del settore residenziale e caratteristiche di continuità e di sicurezza paragonabili solo ad alcuni processi industriali.
Altro aspetto peculiare delle strutture sanitarie è la richiesta di diverse forme di energia a diversi livelli di entalpia e di rete per le quali è necessario che la produzione e la disponibilità siano per lo più coincidenti con i livelli di utilizzo al fine di evitare perdite termodinamiche di 2° principio, migliorando l’efficienza energetica e riducendo i consumi primari di energia. Secondo uno studio europeo sul settore ospedaliero [1] in Europa sono presenti oltre 15.000 ospedali che contribuiscono per il 5% alle emissioni globali di CO2 anche perché molti di essi non sono stati costruiti recentemente e non contemplano i moderni standard in tema di efficienza energetica. Questa caratteristica,
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA
al di là degli aspetti prettamente energetici, incide sui costi di gestione e, con le difficoltà dei bilanci delle strutture sanitarie aggravate dai costi aggiuntivi che l’attuale pandemia ha comportato, determina la riduzione degli investimenti in efficienza energetica sia per quanto riguarda le componenti impiantistiche ma, soprattutto, per quanto attiene l’involucro edilizio. L’ENEA nel suo RAEE 2019 [1] ha riportato il risultato di 230 diagnosi energetiche di strutture sanitarie private aventi come codice ATECO prevalente l’86.10 (Servizi Ospedalieri) così come riportato nella tabella 1. Aspetto rilevante è che, sebbene le strutture ospedaliere appartenenti al SSN rappresentino solo il 18% del totale, sono responsabili del 30% dei consumi complessivi analizzati. L’analisi dei dati ricavati dalle diagnosi presentate ha permesso di individuare dei parametri attendibili di riferimento dei consumi medi di un ospedale, al dato medio è stata aggiunto un range di variabilità frutto di un’analisi di sensibilità necessaria al fine di superare le imprecisioni legate alla complessità di tipologia edilizia ed impiantistica di queste strutture. I parametri di riferimento considerano comunque tutte le variabili operative contenute nella diagnosi quali: ██ superficie della struttura; ██ volume riscaldato; ██ posti letto. I dati riportati in tabella 2, rappresentano valori di benchmark utili per la progettazione e realizzazione di nuovi ospedali e per la riqualificazione energetica degli esistenti.
L’EFFICIENTAMENTO ENERGETICO DELLE STRUTTURE ESISTENTI I dati riportati pongono con evidenza la strategicità di pianificare interventi di efficientamento energetico delle strutture esistenti. Tra le situazioni più sfidanti vi è certamente il caso della produzione
termica effettuata con impianti ad acqua surriscaldata o vapore, soluzione che a fronte di indubbi vantaggi tecnologici, tra i quali la riduzione del diametro delle tubazioni e la capacità, con un’unica infrastruttura, di far fronte ai servizi di riscaldamento e umidificazione a vapore, dimostra enormi inefficienze energetiche: una rete ad acqua surriscaldata o vapore non può profittare delle comuni tecniche di recupero di calore a condensazione sui fumi di combustione, non può essere alimentata da sistemi in pompa di calore (che non possono generalmente raggiungere alte temperature), dimostra enormi perdite di calore lungo la linea. In queste situazioni è ragionevole perlomeno programmare la sostituzione della rete primaria ad acqua surriscaldata con una rete ad acqua calda abbinata alla sostituzione delle sottostazioni di scambio laddove esistenti, profittando inoltre di una fitta serie di accorgimenti a basso costo che permettano di abbassare il più possibile la temperatura dell’acqua di ritorno. Tale operazione permetterà di utilizzare al meglio degli eventuali impianti cogenerativi e di inserire nuovi generatori a condensazione e pompe di calore, perlomeno a preriscaldo dell’acqua di ritorno dalle centrali. Altro fronte di assoluta importanza per conseguire l’efficienza energetica degli ospedali esistenti è quello degli impianti di ventilazione e dei sistemi di regolazione. Per i primi, di recente gravati anche da un indubbio loro maggior impiego per meglio far fronte all’emergenza pandemica, sono l’assenza di efficienti sistemi di recupero termico e di ventilazione gli elementi generalmente più critici. La sostituzione delle unità di trattamento dell’aria con nuove unità dotate di recuperatori studiati per impedire la cross-contamination e profittare del free-cooling notturno e ventilatori regolati con inverter, permette generalmente di conseguire risultati immediati di risparmio a fronte di interventi poco invasivi. La sostituzione delle unità di trattamento dell’aria può inoltre essere una occasione per inserire sistemi più salubri di umidificazione e di filtrazione dell’aria. Gli investimenti in regolazione degli impianti, sia meccanici che elettrici, permette la riduzione al minimo degli sprechi e, se associata ad un moderno sistema di governo dell’edificio e ad un siste-
██ Tab. 1: Servizio Sanitario Nazionale: distribuzione delle strutture in Italia per natura e tipo di servizio erogato
NATURA DELLE STRUTTURE ASSISTENZA
TOTALE
PUBBLICHE
%
PRIVATE ACCREDITATE
%
561
52,4
509
47,6
1.070
Assistenza specialistica ambulatoriale
3.804
41,3
4.410
58,7
9.214
Assistenza territoriale residenziale
1.473
21,6
5.361
78,4
6.834
Assistenza ospedaliera
Assistenza territoriale semiresidenziale Altra assistenza territoriale Assistenza riabilitativa (ex art. 26 L833/78)
976
33,8
1.910
66,2
2.886
4.969
87,3
725
12,7
5.694
429
23,3
818
76,7
1.067
Fonte: Annuario statistico del SSN Assetto organizzativo, attività e fattori produttivi del SSN, anno 2013
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA
██ Tab. 2: Indici di benchmark strutture ospedaliere appartenenti al SSN
VARIABILE OPERATIVA (V.O.)
VALORE MEDIO [TEP/V.O.]
DEVIAZIONE STANDARD [TEP/V.O.]
%
VALORE MINIMO
VALORE MAX
[TEP/V.O.]
[TEP/V.O.]
Posti letto
5,50
2,37
43
3,13
7,87
Superficie
0,084
0,054
64
0,030
0,138
Volume riscaldato
0,023
0,013
57
0,010
0,036
Fonte: ENEA
ma di contabilizzazione dei consumi, permette di introdurre consistenti efficienze nella manutenzione e di porre nelle mani delle amministrazioni potenti strumenti di pianificazione degli interventi più opportuni di ulteriore efficientamento. Gli effetti di un completo sistema di gestione dell’edificio, che integri tutti i sistemi impiantistici, sono particolarmente significativi quando coordinati con sistemi di schermatura solare, permettendo interessanti possibilità di ulteriore ottimizzazione dei sistemi di illuminazione, quest’ultimi da considerare ormai indispensabilmente dotati di apparecchi illuminanti a LED e gestiti da sistemi capaci di compensare i flussi luminosi con il contributo dell’illuminazione naturale. Ultima considerazione merita il fenomeno della stratificazione impiantistica dei sistemi di condizionamento estivo, che si concretizza in una frequentissima serie di piccoli impianti indipendenti disseminati per tutto l’ospedale, con non secondarie problematiche manutentive, incapaci di profittare di più efficienti gruppi frigoriferi di taglia maggiore o di assorbitori associabili a sistemi di cogenerazione. Anche in questo caso la realizzazione di una rete di teleraffrescamento che faccia capo a efficienti sistemi di generazione può portare consistenti risparmi energetici e manutentivi.
L’UTILIZZO DI ENERGIA RINNOVABILE IN OSPEDALE Le elevate quantità di energia impiegata nelle strutture sanitarie ma, soprattutto, la necessità di continuità e sicurezza delle forniture energetiche rendono non facile l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile in grandi quantità a causa della loro discontinuità e della conseguente necessità di realizzare sistemi di accumulo con aggravi di costi e spazi aggiuntivi. Di contro, la recente Direttiva europea 2018/844/UE e le vigenti disposizioni legislative specifiche nel settore delle costruzioni promuovono ed impongono un utilizzo sempre più crescente delle fonti rinnovabili e una sostituzione pressoché totale delle energie fossili nell’ottica di realizzare edifici a zero energia. Tra gli aspetti controversi dei provvedimenti legislativi succitati si segnalano ad esempio l’impossibilità di trasferire l’energia rinnovabile tra mesi (la produzione in situ è considerata utile ai fini delle verifiche soltanto se non supera i consumi mensili per cui è destinata) e
la valorizzazione dell’energia elettrica fotovoltaica solo quando non sia impiegata in semplici resistenze. Questa seconda precisazione è certamente corretta ed in linea con il 2° principio termodinamico, anche se nel settore ospedaliero la produzione di energia termica ad alta temperatura con resistenze elettriche potrebbe essere interessante. In questo senso il caso più frequente è quello della produzione di vapore pulito sterile da impiegare nei processi di umidificazione ed in cui, fatta eccezione per la cogenerazione di vapore (soluzione che rimane comunque controversa), non vi è attualmente alcuna alternativa efficiente, se non l’impiego appunto di resistenze elettriche alimentate da energia elettrica fotovoltaica. L’utilizzo di energia termica da fonte solare, a causa della sua bassa densità energetica, comporta la necessità di prevedere utilizzatori a bassa temperatura sufficienti per soddisfare il fabbisogno termico ed evitando le conseguenti perdite nelle trasformazioni termodinamiche. Quindi ad esempio il ricorso ai collettori solari termici è sicuramente una soluzione intelligente (ed obbligata) per categorie di consumo stabili nel corso dell’anno, quali l’acqua calda sanitaria. La sua integrazione, per la riduzione dei consumi di riscaldamento, è in molti casi resa impossibile dalla tipologia edilizia della struttura sanitaria (edificio a sviluppo verticale) a causa della difficoltà di avere a disposizione superfici adeguate. Decisamente interessante è l’utilizzo della tecnologia fotovoltaica. Al di là degli obblighi normativi, la produzione di energia elettrica è decisamente più versatile della termica e necessaria a coprire gli elevati consumi elettrici ospedalieri negli impianti di produzione dell’energia e negli impianti di illuminazione. Il fotovoltaico ha anche la caratteristica, in alcuni casi, di sostituire sistemi edilizi opachi e trasparenti assumendo in tal caso anche una valenza architettonica non trascurabile. A questo si somma il vantaggio di una tecnologia ormai affidabile e disponibile sul mercato a prezzi sempre più competitivi. Da ultimo, la filiera costituita da energia fotovoltaica che alimenta una pompa di calore si dimostra generalmente più produttiva dell’equivalente superficie destinata a soli pannelli termici solari. Tralasciando l’utilizzo dell’energia eolica per ragioni prettamente legate all’impatto visivo e acustico ma, soprattutto, per l’intermittenza della produzione di energia legata alla disponibilità del vento, le fonti rinnovabili più interessanti rimangono lo sfruttamento me-
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA
diante pompe di calore dell’energia ambientale a bassa entalpia e l’impiego di biomasse. Il ricorso alla pompa di calore nel settore civile è un trend in continua crescita, anche grazie alla pressione normativa. L’impiego della pompa di calore in un ospedale si misura generalmente con alcune importanti limitazioni: il reperimento della sorgente da cui prelevare calore a bassa entalpia e i bassi livelli termici del calore prodotto. Per quanto riguarda le sorgenti, fatta eccezione per i fortunati casi in cui è presente una sorgente idrica naturale abbondate (con la quale poter addirittura fare free-cooling diretto estivo) e considerando il costo consistente delle sonde geotermiche, la scelta ricade spessissimo su sistemi ad aria, che nel corso degli anni stanno comunque guadagnando molto in efficienza grazie ad una continua serie di miglioramenti tecnologici. Continuano a permanere le limitazioni sulle temperature raggiungibili, ad esempio insufficienti a coprire completamente la produzione di acqua calda sanitaria senza incorrere in rischi di proliferazione della legionellosi. Una ulteriore fonte rinnovabile decisamente interessante in alcuni contesti territoriali è il ricorso alle biomasse solide e liquide che hanno come indubbio vantaggio quello di essere una tecnologia programmabile ed in grado di assicurare una continuità di utilizzo, con nessuna criticità per la rete di trasmissione e distribuzione, al netto della soluzione dei problemi legati all’abbattimento delle polveri, NOX, ecc.). Aspetto spesso dirimente nel suo impiego, è la sua disponibilità in ambito locale. In tal caso, laddove siano risolvibili i problemi legati allo stoccaggio e al trasporto anche in termini di costo e gestione, il loro utilizzo determina una sensibile riduzione dei costi energetici ed evidenti vantaggi ambientali, oltre ad una evidente ricaduta sociale ed economico per l’indotto agricolo del territorio. In generale, così come riportato nello studio europeo Reshospital [1] sono diversi i fattori che maggiormente influenzano i livelli di adozione delle fonti di energia rinnovabile negli ospedali nei Paesi europei e persino tra gli ospedali di uno stesso Paese, fattori che hanno sensibili variazioni a causa delle differenze territoriali e delle variazioni che gli stessi possono subire nel tempo. Tra questi i principali fattori individuati dallo studio sono rappresentati: ██ dalla disponibilità e dallo sfruttamento delle risorse naturali; ██ dalle politiche e dalla leadership dei Governi; ██ dai fattori economici dell’energia rinnovabile; ██ dalla maturità e dalla specializzazione della filiera di approvvigionamento delle energie rinnovabili.
CONCLUSIONI Gli ospedali sono la massima espressione di forma e funzione, somma di scelte formali e decisioni tecnologiche, senza che una
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delle due parti prevarichi sull’altra, per i quali è necessario un approccio di estrema interdisciplinarietà e collaborazione tra figure con diverse competenze. Nei paesi avanzati la loro gestione incide significativamente sui consumi energetici globali e del settore terziario in particolare, a causa del fatto che gran parte del patrimonio edilizio esistente è costituito da strutture esistenti che presentano gravi situazioni d’inefficienza anche per la loro tipologia edilizia ormai superata. Il ricorso alle fonti di energie rinnovabili, unito all’impiego delle migliori tecnologie disponibili per i sistemi edilizi e per gli impianti, rappresenta l’unica scelta possibile per ridurre i consumi energetici delle strutture sanitarie senza rinunciare al soddisfacimento delle loro particolarissime richieste prestazionali. È quindi indispensabile che la questione della realizzazione di strutture a zero energia, proprio in nome della interdisciplinarietà e multidisciplinarietà, non possa né debba essere più demandata esclusivamente agli impiantisti, bensì debba riflettersi in un modus operandi che interessi ognuno degli attori del processo decisionale e realizzativo di un ospedale e in ognuna delle fasi della vita dell’edificio; a cominciare dalla programmazione manageriale che inquadri le necessità presenti e future e individui le basi su cui si deve fondare una corretta progettazione, passando dal metaprogetto della struttura sanitaria e dai programmi di gestione e manutenzione e finendo con la dismissione della struttura. Le nuove esigenze di intensità di cura, di hospitality, di umanizzazione e la miniaturizzazione della tecnologia per il monitoraggio della salute rende parte delle strutture esistenti inadeguate dal punto di vista funzionale e prestazionale. È necessario pertanto concentrare le risorse economiche disponibili in nuove strutture ad alta prestazione ed efficienza che siano in grado di rispondere alle necessità di riduzione dei consumi e dei costi di gestione e manutenzione ma, soprattutto, rappresentare degli spazi confinati flessibili per affrontare la continua evoluzione della tecnologia medica e dell’esigenza territoriale dell’utenza. [1] Progetto europeo “ResHospitals” - Guida all’Energia Rinnovabile per gli Ospedali Europei - Co-founded by the Intelligent Energy Europe Programme of the European Tour [2] RAEE 2019 -Rapporto Annuale Efficienza Energetica – ENEA 2019
Gli autori
FRANCESCO RUGGIERO
Dipartimento di Ingegneria Civile e dell’Architettura – Politecnico di Bari SIMONE CAPPELLETTI Steam Srl
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI OSPEDALI
di Emilio Pizzi
L’immagine architettonica dell’adattabilità
La naturale evoluzione degli involucri degli edifici a destinazione ospedaliera Il progetto dell’involucro negli edifici a destinazione ospedaliera è sicuramente un tema che assume particolare complessità non solo per le aspettative di maggiore sostenibilità sul piano della efficienza energetica, della affidabilità e della durabilità delle soluzioni ma anche e soprattutto in relazione alle specificità che connotano la estrema particolarità dell’organismo sanitario. Specificità che richiedono un approccio assai diverso nella concezione rispetto alle tipologie di involucro che rinveniamo usualmente in edifici ad altra destinazione funzionale.
Esiste in primo luogo una esigenza di rappresentazione propria dei luoghi della sanità all’interno del territorio umanizzato che non può essere risolta con la indifferenza rispetto al contesto in virtù di non ben chiari assunti propri della complessità tecnologica degli organismi edilizi, né semplificata nella presunzione di una visione fortemente connotata nei suoi caratteri architettonici in relazione ad una immutabilità di strutture di per sé in continua trasformazione. E questo proprio in quanto l’organismo ospedaliero è di per sé vivente e in continua trasformazione: un organismo che più di
██ Ospedale dei Bambini Buzzi, Milano: l’involucro in copertura: uno spazio generalmente impiantistico ora trasformato in spazio di cura con un healing garden.
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI OSPEDALI
altre strutture funzionali si deve connotare nel tempo di continui adattamenti in relazione alla naturale evoluzione degli approcci clinici connessi agli obbiettivi sempre più avanzati di evoluzione del quadro delle prospettive di salute della comunità. Vi è in primo luogo l’esigenza che gli involucri possano divenire espressione di questo sforzo di assicurare il benessere di tutti gli utenti delle strutture rappresentandone in modo evidente la natura e le aspettative. Per questo dovrebbe sempre più prevalere l’attenzione a fare dell’involucro una struttura comunicante e aperta, testimonianza diretta del processo di continua evoluzione che vivono le strutture sanitarie. Si comprende quindi la complessità della sfida progettuale verso soluzioni di involucro che sappiano contemperare al meglio questo articolato quadro di esigenze. Una complessità che il più delle volte viene mortificata dalla condizione propria dei meccanismi che oggi connotano i processi realizzativi nei quali prevale una attitudine consolidata a riversare proprio sull’involucro le possibili economie di un intervento. In questa deriva che tende a mortificare in generale la ricerca di obbiettivi di qualità risulta di fondamentale importanza l’avvio di una riflessione sulle tempistiche di realizzazione degli interventi che scontano molto spesso la prolungata stasi di ingiustificate procedure autorizzative e di gara e fanno sì che a fronte dell’effettivo fabbisogno di nuove strutture trascorrano tempi inaccettabili tra la fase di programmazione e fattibilità alla fase realizzativa vera e propria con il risultato di una obsolescenza funzionale quando l’opera viene finalmente conclusa. La definizione dell’involucro non si sottrae a questa apparente ineluttabile realtà e non può quindi trascurare la possibilità di una propria rapidità realizzativa in modo da contribuire significativamente alla riduzione dei tempi di realizzazione dell’opera ai fini di una sua rapida messa in esercizio. Per questo motivo non è più possibile prescindere nella definizione dell’involucro, soprattutto per le strutture sanitarie, dalla adozione di soluzioni prefabbricate e dall’impiego di processi di automazione avanzati che appaiono nel momento attuale ormai pienamente disponibili e inseribili all’interno delle logiche costruttive di mercato ai fini di una accelerazione significativa delle fasi realizzative. Accanto a questo aspetto risulta importante riflettere sulla possibilità di poter attribuire all’involucro funzioni piu articolate e complesse oltre a quella principale di efficace separazione tra spazi interni ed esterni. Mi riferisco alla esigenza di completare le strutture sanitarie con percorsi esterni di servizio sia per la manutenzione ma anche per esigenze di adattamento funzionale come quelle che verifichiamo oggi alla luce della emergenza legata alla diffusione generalizzata di malattie infettive come il Covid 19 che impongono strette regole di accesso alle strutture per gli utenti esterni (parenti) e che in
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questi casi potrebbero fruire di percorsi privilegiati esterni senza interferire con le attività sanitarie. Un modello sperimentato con successo nella concezione dell’involucro della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Matteo di Pavia e sviluppato poi nelle torri delle degenze di medicina e chirurgia dello stesso Policlinico. (1) La riarticolazione dell’involucro con la integrazione di percorsi esterni porta in ogni caso notevoli vantaggi in relazione alla minore esposizione agli agenti atmosferici delle porzioni di chiusura che rimangono arretrate e meglio schermate rispetto alle usuali condizioni di soleggiamento con ricadute positive sulle condizioni di comfort e in generale sul bilancio energetico dell’edificio. La formazione di percorsi in facciata per la manutenzione è anche il presupposto per una differente riorganizzazione dei montanti delle reti impiantistiche che a maggiore ragione possono trovare una ideale collocazione all’interno del sistema di facciata liberando così gli spazi funzionali interni del loro ingombro migliorando al contempo la flessibilità distributiva dei layout ai piani. Proprio la sempre maggiore esigenza di flessibilità è oggi il motore di un processo di rinnovamento delle strutture per la sanità che
██ Ospedale dei Bambini Buzzi, Milano: la definizione di un angolo urbano assume nel progetto il ruolo di comunicazione dell’involucro al pari delle superfici in rete traforata con immagini
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI OSPEDALI
██ Ospedale Sant’Orsola di Bologna: un sistema di cellule opache e trasparenti è rivolta a favorire la differente articolazione degli spazi interni
sempre più si trovano a fare i conti con esigenze di riarticolazione funzionale degli spazi e conseguentemente della sempre più forte necessità di concepire soluzioni di facciata adattive e orientate ad un possibile continuo cambiamento. In relazione ai dubbi che spesso vengono avanzati nei confronti di una architettura che in considerazione dei continui cambiamenti si presenti con caratteri sfuggenti quasi antitetici alla visione di solidità propria della immagine architettonica, riporto di seguito alcune considerazioni pubblicate sulle pagine di Arketipo: “Ci accorgiamo, nostro malgrado, che gli edifici costruiti per rispondere ai nostri bisogni, in realtà costituiscono anche le più forti limitazioni alla nostra condizione di vita. Non vi è spazio che non porti irrimediabilmente con sé l’idea di un superamento delle condizioni d’uso. Gli spazi destinati all’istruzione sono soggetti al mutare dei principi pedagogici e organizzativi della didattica; gli spazi per la salute sono continuamente rimessi in discussione dal progresso della medicina; gli spazi del lavoro vivono le trasformazioni continue della evoluzione degli assetti organizzativi aziendali; lo spazio domestico si evolve al mutare dei fabbisogni connessi alle dinamiche del nucleo familiare. Si potrebbero imputare i limiti della resistenza alla trasformazione degli spazi alla tecnologia, all’uso di tecniche costruttive rigide non modificabili o modificabili solo a scapito di demolizioni rovinose e complesse. Siamo dunque in grado di prefigurare tali mutamenti e metabolizzarli nel processo progettuale prevedendo un ragionevole tasso di trasformabilità nel tempo salvaguardando nel contempo i valori di sempre della architettura nella costruzione del paesaggio e della città. È questa la sfida della flessibilità ma è anche la sfida della contemporaneità. Per accettarla dobbiamo saper rimettere in discussione alcuni principi. In primo luogo, l’immagine stessa dell’architettura di cui possiamo prefigurare le trasformazioni. Vuoti che possono diventare pieni, altezze che possono modificarsi, superfici che possono modellarsi in accordo con nuove geometrie. Non si tratta di intraprendere la strada della assenza di regole di
██ Policlinico di Milano: evoluzione delle tipologie a cellule come elementi prefabbricati facilmente intercambiabili grazie alla innovazione nei sistemi di fissaggio
governo sulla forma ma al contrario all’interno delle regole saper prefigurare alternative tutte legittime che possano attuarsi in fasi diverse nel tempo”. (2) La ricerca di soluzioni rivolta ad attribuire elevati gradi di flessibilità agli organismi ospedalieri passa necessariamente attraverso soluzioni che pur assicurando elevati standard di prestazioni sotto il profilo termico ed acustico, si prestino a facili modificazioni ed adattamenti. Tra queste sicuramente le soluzioni con aperture continue a nastro possono costituire una buona condizione di partenza così come soluzioni modulari a elementi discreti opachi e trasparenti tra di loro intercambiabili costituiscono oggi la migliore risposta al tema
██ Policlinico di Milano: esploso assonometrico che evidenzia le possibilità di riarticolazione dell’involucro alternando cellule opache a cellule trasparenti con differenti aperture
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI OSPEDALI
██ Policlinico di Milano: sezione verticale della facciata prefabbricata in cui sono riportati gli elementi di innovazione ai fini della flessibilità
della flessibilità o ancora manufatti tridimensionali in aggetto da aggregare a seconda delle esigenze in relazione a possibili incrementi locali delle superfici interne. Ovviamente affinché le trasformazioni siano realmente operabili nel tempo occorre indagare a fondo le potenzialità delle tecnologie disponibili operando anche attraverso innovazioni e principi evolutivi che richiedono un attento sforzo progettuale. Per esempio, le facciate a cellule attualmente disponibili sul mercato non presentano ancora un tale livello di duttilità qualora si volessero sostituire alcune o più cellule del sistema. Modificando tuttavia i meccanismi di sostegno e le condizioni di sigillatura tra gli elementi è possibile ipotizzare una nuova generazione di componenti in grado di rispondere adeguatamente a tale esigenza di flessibilità compositiva. Anche il sistema di copertura degli edifici destinati alla sanità può essere considerato parte di questa rivoluzione nella concezione dell’involucro a patto che si abbandoni la attitudine a considerarlo quale superficie adatta ad accogliere prevalentemente gli elementi del sistema impiantistico. Una riflessione attenta sulla organizza-
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zione del sistema impiantistico potrebbe facilmente liberare tali ambienti en plein air destinandoli a spazi funzionali alla cura come Healing Garden o giardini pensili per i degenti introducendo così una nuova condizione d’uso di oggetti edilizi che possano ritenersi effettivamente specchio della più avanzata ricerca sanitaria del nostro tempo. (1) Rapid response to COVID-19 outbreak in Northern Italy: how to convert a classic infectious disease ward into a COVID-19 response centre E. Asperges a, S. Novati a, A. Muzzi b, S. Biscarini a, M. Sciarra a, M. Lupi a, M. Sambo a, I. Gallazzi a, M. Peverini c, P. Lago d, F. Mojoli e,f, S. Perlini g, R. Bruno a,f, *, the COVID-RCCS San Matteo Pavia Task Forcey ELSEVIER Journal of Hospital Infection 105(2020) 477-479 (2) Emilio Pizzi, FLEXIBUIDING, in Arketipo n.32 Aprile 2009, 116-117
L’Autore
EMILIO PIZZI Professore, Architetto, EPTA Studio Pizzi
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA / SOLUZIONI
di Pasquale Cascella
UNA RIVOLUZIONE NELL’ AUTOMAZIONE DI IMPIANTI SANITARI Hycleen Automation System di GF Piping Systems è un moderno sistema di controllo per il ricircolo e il lavaggio negli impianti di acqua potabile. È particolarmente facile e veloce da installare e da mettere in funzione. Grazie all’unità di controllo centrale, l’Hycleen Automation Master, tutte le valvole integrate possono essere azionate, programmate e analizzate. Ciò garantisce un bilanciamento idraulico ottimale dell’intero impianto di acqua potabile rendendolo ineccepibile dal punto di vista igienico.
Un componente fondamentale del concetto di igiene Hycleen Negli immobili molto estesi con sistemi di distribuzione dell’acqua calda o nelle grandi proprietà con consumo d’acqua irregolare, i punti di ristagno, le superfici ruvide dei tubi e le temperature dell’acqua tra i 20 e 50 °C possono favorire la formazione di biofilm e quindi la proliferazione di Legionella. Con il concetto delle 4 fasi per l’igiene ottimale dell’acqua potabile (Prevenzione, Monitoraggio, Intervento e Valutazione del rischio), GF Piping Systems ha sviluppato un approccio completo per progettisti, installatori e operatori del settore. Grazie a misure appropriate, questo garantisce una qualità ottimale dell’acqua potabile: prevenzione della contaminazione microbica evitando gli spazi morti e il ristagno attraverso componenti realizzati con materiali che favoriscono l’igiene; monitoraggio delle temperature del sistema e della qualità dell’acqua; ripristino automatico della qualità desiderata dell’acqua potabile mediante misure di intervento e valutazione dei rischi relativi a tutti i parametri di rilievo.
Controllo semplice di tutte le valvole tramite Hycleen Automation Master Grazie a Hycleen Automation Master, la tecnologia sanitaria può essere gestita direttamente sul luogo di installazione attraverso un touchscreen centrale e un’interfaccia utente intuitiva. La regolazio-
██ Grazie a Hycleen Automation Master, la tecnologia sanitaria può essere gestita direttamente sul luogo di installazione attraverso un touchscreen centrale e un’interfaccia utente intuitiva
ne manuale di valvole o sensori viene eliminata. Il Master controlla fino a 50 valvole e sensori nel sistema di acqua potabile tramite controller integrati. I sensori di temperatura installati nelle valvole forniscono i valori rilevati necessari per il controllo.
Temperatura costante grazie al bilanciamento idraulico Hycleen Automation System offre diverse opzioni per il bilanciamento idraulico automatizzato. A seconda del valore di set point, i regolatori di circolazione con sensore di temperatura si aprono o si chiudono in modo autonomo e regolano automaticamente il flusso in base alla temperatura dell’acqua. Grazie al bilanciamento permanente in tutte le derivazioni, Hycleen Automation System regola la temperatura dell’acqua e la mantiene quindi costantemente sopra i 55°C. Gli operatori possono automatizzare le operazioni di manutenzione, ad esempio facendo avviare il processo di pulizia una volta alla settimana. Di conseguenza, sostanze come il calcare non si depositano.
Lavaggio automatico per un’acqua potabile igienicamente sicura Hycleen Automation System consente un lavaggio automatico delle linee di alimentazione dell’acqua calda e fredda in funzione della temperatura o di un’ora specifica del giorno.
Sicurezza per l’operatore
██ Hycleen Automation System di GF Piping Systems è un moderno sistema di controllo per il ricircolo e il lavaggio negli impianti di acqua potabile
Grazie alla registrazione continua dei dati relativi a tutti i valori rilevati e ai processi di lavaggio, i responsabili possono documentare l’adozione di tutti i provvedimenti necessari a garantire un rifornimento di acqua potabile calda e fredda impeccabile dal punto di vista igienico.
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA / SOLUZIONI
MASSIMA EFFICIENZA CON I RAFFREDDATORI OTTIMIZZATI MITA È sorprendente quanto un impianto HVAC possa guadagnare in efficienza configurando opportunamente la sezione di raffreddamento: soprattutto considerando che alcuni fornitori oggi utilizzano software avanzati per calcolare in anticipo consumi e ottimizzazione. E selezionare così la miglior tecnologia di raffreddamento per un dato progetto. Tra le tecnologie disponibili, la torre di raffreddamento rimane la soluzione più efficiente. Ma un dry cooler adiabatico è spesso l’ideale in termini di ottimizzazione acqua/energia. D’altra parte, il tema green si aggiunge oggi alle tradizionali richieste degli ingegneri che operano per strutture ospedaliere: rumorosità basse (dato il contesto civile), ingombri contenuti, facile manutenzione per abbattere i costi di gestione e configurazioni versatili per adattarsi alle caratteristiche architetturali dell’edificio. MITA Cooling Technologies, che quest’anno compie sessant’anni di consulenza per il raffreddamento, ha all’attivo diverse referenze in Italia e in Europa con le strutture sanitarie: dall’Ospedale Maggiore di Bologna al SMZ Ost di Vienna, al Bambin Gesù di Roma. I raffreddatori forniti sono tutti facilmente manutenibili grazie agli ampi portelloni d’accesso. La selezione della migliore soluzione viene inoltre operata dai consulenti MITA col supporto di Eco Cooler: il software per la comparazione anticipata di diversi raffreddatori, evaporativi o adiabatici, quanto a performance, impatto acustico ed ottimizzazione energetica.
██ Raffreddatori ottimizzati MITA
L’Efficienza negli Ospedali ottobre 2020
grazie ai Raffreddatori MITA
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA / SOLUZIONI
SOLARE TERMICO PARADIGMA: TECNOLOGIA BREVETTATA PER UNA SCELTA DI EFFICIENZA E ECOSOSTENIBILITÀ Paradigma Italia S.p.A. è specialista del solare termico con una proposta semplice, efficace e testata. Il risultato nasce dalla combinazione di più soluzioni tecniche, tra loro sinergiche e concatenate: l’uso dell’acqua come fluido termovettore (AquaSolar System), i collettori sottovuoto ad alta efficienza modello Aqua Plasma e il sistema a secchio per la gestione del flusso.
Tecnologia esclusiva brevettata Aqua Solar System L’utilizzo dell’acqua come fluido vettore, anziché miscele contenenti glicole, consente: una facile reperibilità e minor prezzo; alta capacità termica che migliora gli scambi di calore; bassa viscosità che diminuisce le perdite di carico e di conseguenza l’energia assorbita dai circolatori; alta resistenza chimica che elimina il problema dei depositi solidi e dell’inacidimento caratteristici del glicole e che possono portare a spese di manutenzione importanti, vanificando parte del risparmio prodotto dal sistema solare. A supporto di questa importante scelta è imprescindibile proteggere le tubazioni dalle basse temperature esterne, ma è fondamentale farlo prelevando la minima quantità di energia dall’accumulo che dia comunque la massima sicurezza. Gli accorgimenti in fase di montaggio si affiancano a un avanzato sistema elettronico di controllo delle temperature e dei flussi del sistema. Paradigma ha sviluppato Aqua Plasma, collettore a tubi sottovuoto, i cui tubi hanno prestazioni senza eguali grazie allo speciale trattamento con tecnologia Plasma, che garantisce elevatissimi rendimenti e dispersioni termiche quasi nulle. La gestione “a secchio” è caratterizzata dal trasferimento del calore ad alta temperatura di mandata verso l’accumulo (circa 80°C). Per sfruttare a pieno il vantaggio dell’alta temperatura, senza risen-
██ L’impianto solare installato sul tetto della struttura sanitaria “La Residenza” che impiega la tecnologia brevettata Aqua Solar di Paradigma
tire di perdite di efficienza del sistema, risulta necessario utilizzare un collettore particolarmente performante, non solo nella stagione estiva, ma in tutte le condizioni annuali, come il modello Aqua Plasma. Lavorare ad alte temperature rende possibile connettere l’impianto solare nella parte più alta dell’accumulo (stessa zona della caldaia), mantenendo una perfetta stratificazione interna delle temperature, che garantisce un ottimo utilizzo del calore ed un notevole risparmio sulle accensioni della caldaia a supporto.
Impianto solare presso “La Residenza” di Rodello (CN) “La Residenza” di Rodello in provincia di Cuneo è una struttura sanitaria e assistenziale certificata per la qualità del proprio operato, che offre i propri servizi dal 1969. Da allora mette a disposizione servizi sanitari di riabilitazione motoria e assistenza per anziani, con 56 camere per un totale di 100 posti letto più una palestra di 1500 mq a servizio degli ospiti, sviluppata su due piani. A fronte di un fabbisogno di acqua calda sanitaria molto elevato, con una media di 16.000 litri al giorno, la Direzione Generale ha deciso di installare un impianto solare termico a supporto dell’esistente sistema di produzione di acqua calda sanitaria, composto da due bollitori da 2000 litri ciascuno. Grazie allo studio di ingegneria Forte di Guarene, sono stati progettati e realizzati due impianti solari gemelli da 45 mq, ognuno a servizio di un bollitore, per una superficie solare totale di 90 mq. Il tetto inclinato della struttura, esposto perfettamente a sud, ospita i collettori solari sottovuoto Paradigma STAR 19/33 e 19/49, con acqua come fluido termovettore come previsto dalla tecnologia brevettata Aqua Solar System di Paradigma. Completano il sistema le stazioni solari STAaqua XL II 60 con regolazione integrata per la circolazione dell’acqua all’interno dell’impianto. A pochi minuti dall’avviamento, gli impianti Paradigma già scaldavano i due bollitori di acqua calda ad oltre 70°C in modo naturale, grazie al sole! L’impianto è stato realizzato dalla ditta CFG Impianti Termoindustriali di Treiso, che grazie all’elevata preparazione e professionalità del proprio personale ha portato a termine il lavoro in breve tempo. Una scelta che ha permesso di aumentare l’efficienza energetica della struttura, riducendo i costi energetici e i costi di manutenzione ordinaria, grazie alla tecnologia del sistema Aqua, che permette anche alla struttura di contribuire al rispetto dell’ambiente con una soluzione 100% ecosostenibile. L’intervento ha beneficiato inoltre dell’incentivo del Conto Termico 2.0, con un contributo di quasi 30.000 €.
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SPECIALE EFFICIENZA ENERGETICA / SOLUZIONI
DISPONIBILITÀ DI ALIMENTAZIONE IN APPLICAZIONI OSPEDALIERE CRITICHE Nel 2006 Socomec si è aggiudicata un contratto con lo University Hospitals Trust di Strasburgo, volto alla realizzazione di una piattaforma ospedaliera al New Civil Hospital, uno dei sei siti del complesso. Come parte del progetto di realizzazione della nuova Unità muscoloscheletrica e di tecnologia medica e del nuovo Istituto oncologico regionale nel sito di Hautepierre, Socomec ha fornito 39 quadri medicali per garantire la continuità dell’alimentazione elettrica nelle sale operatorie. La nuova unità muscoloscheletrica e di tecnologia medica ospita dipartimenti specializzati in ortopedia, chirurgia del trauma e chirurgia maxillofacciale. Include 39 sale operatorie per un costo totale di implementazione pari a 150 milioni di euro. Questa unità è strettamente connessa al nuovo Istituto oncologico regionale. L’ospedale di Hautepierre ha inoltre equipaggiato il proprio reparto di angiografia con due nuove sale operatorie. I lavori sono stati completati a metà del 2017 e la nuova infrastruttura è operativa dal 2018.
Requisiti stringenti In un contesto ospedaliero è di estrema importanza la disponibilità ininterrotta di alimentazione in una sala operatoria. A Hautepierre, le sale operatorie sono alimentate da due linee provenienti dal quadro elettrico di bassa tensione alimentato a sua volta da due trasformatori MT /BT; questa ridondanza permette di ridurre qualsiasi possibilità di guasto. Se si verifica un’interruzione di alimentazione a monte dei trasformatori, i gruppi elettrogeni di backup subentrano. Tra i requisiti richiesti, la configurazione IT richiedeva che il quadro avesse un dispositivo di controllo dell’isolamento per proteggere gli operatori da contatti indiretti. Infine, l’installazione elettrica della nuova Unità muscoloscheletrica e di tecnologia medica doveva essere conforme alla norma NFC 15-211, che definisce il design, l’implementazione e i metodi operativi per l’alimentazione in bassa tensione in strutture sanitarie. Questa norma e lo standard HD 60364-7-710 richiedono un sistema IT medicale di gruppo 2 e almeno un trasformatore per ogni sala operatoria o sito medico. Per il Trust, il quadro elettrico che alimenta una sala operatoria deve soddisfare i livelli di criticità 1 e 2 dello standard NFC 15-211. La soluzione installata doveva anche avere un ingombro ridotto, permettere un uso semplice e intuitivo dell’impianto elettrico, assicurare la sicurezza dello staff che si occupa della manutenzione (tutte le installazioni devono essere conformi alla classe di protezione IP2x), garantire la disponibilità dell’impianto, consentire di azionare manualmente la sorgente di alimentazione in caso di
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emergenza, integrare funzioni di misura di corrente ed energia in accordo con RT 2012.
Una soluzione completa La soluzione implementata include trentanove MEDSYS 60, realizzati interamente da Socomec, che equipaggiano le sale operatorie della nuova Unità muscoloscheletrica e di tecnologia medica e le due sale operatorie di angiografia. L’armadio modulare MEDSYS è equipaggiato con un trasformatore d’isolamento totalmente estraibile, un controllore d’isolamento ISOM, specifico per le applicazioni medicali, un UPS NETYS per assicurare il livello di criticità 1 senza interruzioni ed un commutatore ATyS per assicurare la ridondanza tra le due alimentazioni a monte. Il quadro Medsys può supportare fino a due circuiti ITm ognuno dotato di un trasformatore di isolamento fino a 10 kVA: per ogni circuito vi è un dispositivo di monitoraggio di isolamento HMD420. Per assicurare il livello di criticità 2 (interruzione < 15 s), a monte di tutto vi è un commutatore ATyS p M che interviene in modo del tutto automatico qualora una delle due sorgenti dovesse presentare un malfunzionamento. In caso di guasto di isolamento o di surriscaldamento del trasformatore, l’interfaccia di monitoraggio RA 780L avvisa il ██ L’armadio modulare MEDSYS è equipaggiato con un trasformatore d’isolamento totalmente estraibile, un personale di chirurgia controllore d’isolamento ISOM, specifico per le con un allarme visivo e applicazioni medicali, un UPS NETYS per assicurare il livello di criticità 1 senza interruzioni ed un commutatore sonoro. ATyS per assicurare la ridondanza tra le due alimentazioni a monte
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ATTUALITÀ
di Giovanni Monti
La trasformazione digitale nella Sanità La pandemia da Covid-19 come fattore di accelerazione di alcuni processi già in atto nell’erogazione dei servizi ai pazienti Con la pandemia da coronavirus, evento drammatico e imprevisto per tutto il mondo, ci siamo tutti trovati a dover utilizzare di più la tecnologia per molti aspetti della nostra vita: dagli acquisti online, al lavoro e scuola da casa, alla gestione della salute. Dovendo restare a casa, con le interazioni di persona ridotte al minimo, abbiamo tutti fatto ricorso al cellulare e a internet, oltre che parlare con i dottori di ██ Giovanni Monti, Senior Vice President of Healthcare fiducia, per capire di più e Services, Walgreens Boots Alliance affrontare i problemi legati alla nostra salute. In questo modo, si è consolidata una tendenza che si osservava già da tempo e che con il Covid-19 ha subito un’accelerazione decisiva.
PRIMA E DOPO Secondo uno studio Pew Internet & American Life Project di luglio 2020, negli Stati Uniti l’80 per cento degli utilizzatori di internet (pari a circa 93 milioni di americani) ha ricercato online informazioni relative alla salute; era il 62 per cento nel 2011. Una ricerca Accenture mostra che in quattro anni (2014-18) l’uso di applicazioni per il monitoraggio della salute “indossabili” e via telefonino è triplicato: dal 16 al 48 per cento degli utilizzatori dei servizi sanitari. In Italia, una recente indagine Iqvia su 1.000 adulti ha rivelato che ormai solo il 3 per cento non cerca informazioni sulla propria salute su internet.
Allo stesso tempo, la pandemia Covod-19 ha fatto aumentare repentinamente la domanda di accesso alla salute, proprio mentre molte strutture mediche tradizionali chiudevano. Di conseguenza, i canali digitali di accesso alle cure, fino a quel momento un’opzione ancora poco utilizzata, hanno acquisito grande rilevanza. Società di telemedicina, network di medici, laboratori di analisi hanno avuto l’improvviso problema di attrezzarsi per potenziare l’offerta in questo campo e rispondere al picco di domanda da parte dei cittadini. Pensando in particolare all’accesso ai medici via internet, a inizio 2019 le previsioni davano in crescita il mercato globale della telemedicina (teleconsulti, monitoraggi ecg ma anche tele radiologia e tele dermatologia) del 17 per cento, per un valore di oltre 50 miliardi di euro entro il 2025. La pandemia ha invece fatto crescere la telemedicina di svariati anni in pochi mesi. Il governo statunitense, per esempio, ha adottato misure d’emergenza per facilitare l’accesso a questi servizi, rivedendo le regole sull’offerta e sulla rimborsabilità dei servizi in telemedicina e riducendo i vincoli geografici. I provider di servizi sanitari hanno rapidamente potenziato la loro offerta, riuscendo a gestire una quantità di visite in telemedicina dalle 50 alle 175 volte maggiore rispetto a prima del Covid-19 secondo quando rilevato da McKinsey a maggio 2020. E la percentuale di utenti di servizi in telemedicina è balzata dall’11 per cento nel 2019 al 46 per cento lo scorso aprile. McKinsey stima che a seguito di questi cambiamenti, fino a 250 miliardi di dollari di spesa sanitaria americana possa essere “virtualizzata”. Inoltre, per diffondere informazioni attendibili sul Covid-19 e consentire una valutazione del rischio adeguata, si sono moltiplicati gli strumenti “chatbot” basati su linee guida del Center for disease control and prevention (Cdc). In contemporanea, sono aumentate le analisi diagnostiche point of care, vale a dire eseguite direttamente vicino al paziente, pur con alcuni limiti legati alla disponibilità. In pratica, in poche settimane è successo quanto in condizioni normali avrebbe richiesto anni.
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ATTUALITÀ
L’ESEMPIO DELLA FARMACIA In questo quadro, la farmacia ha dato conferma di essere uno dei canali più accessibili e flessibili. Walgreens Boots Alliance, leader globale della farmacia e della distribuzione farmaceutica con 440.000 dipendenti, presenza in 25 Paesi e 18.750 punti vendita, è un osservatorio privilegiato per queste evoluzioni, oltre che uno dei protagonisti principali. In Usa e in Uk, Walgreens e Boots sono state scelte dai rispettivi governi per la realizzazione dei test per il Covid-19, e in Europa continentale Wba ha svolto un ruolo determinante attraverso la distribuzione all’ingrosso e le farmacie indipendenti. Gli investimenti fatti dal gruppo negli ultimi anni per la trasformazione digitale hanno consentito di lanciare soluzioni innovative, in grado di rispondere alle nuove esigenze di salute dei cittadini e dei sistemi sanitari, potenziandone la portata e consentendo di gestire meglio i momenti di maggior carico. Ad aprile su Find Care sono state introdotte nuove funzionalità per la telemedicina, oltre a nuovi medici e sistemi ospedalieri per il trattamento di oltre cento patologie e la gestione di problematiche comuni come tosse e raffreddore, gestione di malattie croniche, servizi per la salute mentale e altro. È stato aggiunto anche un servizio per la valutazione del rischio Covid-19 in base alle linee guida del Cdc, realizzato con Microsoft Healthcare Bot su Azure. Solo nel trimestre aprile-giugno, l’utilizzo di Walgreens Find Care è aumentato del 50 per cento.
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Anche nel Regno Unito negli ultimi mesi le farmacie Boots hanno sviluppato e reso disponibili nuovi servizi per accedere al medico in modo virtuale, direttamente dalla farmacia o tramite applicazioni, anche attraverso partnership con provider di medici come Livi. Lo stesso hanno fatto le farmacie indipendenti del network Alphega in tutta Europa, che beneficiano direttamente dell’innovazione promossa da Wba.
IN PROSPETTIVA Questi alcuni esempi di ciò che è stato realizzato nell’immediato, in risposta all’emergenza. Ma come evolverà adesso l’offerta di salute, quali misure d’emergenza verranno adottate in maniera strutturale? Come cambierà l’accesso alle cure primarie nel mondo post Covid-19, ora che abbiamo potuto constatare ciò che è possibile fare, andando oltre agli schemi a cui eravamo abituati? Un tema che merita un approfondimento e che affronteremo in un prossimo articolo.
L’autore
GIOVANNI MONTI
Senior Vice President of Healthcare Services, Walgreens Boots Alliance
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INFORMATICA
di Fabrizio Massimo Ferrara, Albacenzina Borelli, Piero Barbanti, Gabriella Egeo, Valeria Caponnetto, Simona Sacco, Roberta Cattani, Daniele Generali, Francesca Colafelice, Filomena Lavanga, Massimo Lombardi, Lucia Moraca, Nunzia Rizzi, Sergio Pillon, Silvia Stefanelli
Telemedicina subito!
Piattaforme comuni e non proprietarie per assicurare rapidamente cure ed assistenza ai pazienti L’epidemia Covid ha dimostrato sia la validità che la necessità di soluzioni di telemedicina, mediante le quali assicurare a distanza cure e assistenza ai pazienti specialmente se fragili, cronici e affetti da patologie di lunga durata, evitando il rischio di affollamenti e di contagi sia per i sanitari che per i pazienti stessi
Nell’ “Instant Report COVID-19 n. 15” pubblicato dall’ALTEMS il 9 luglio, sono state censite oltre 170 iniziative basate sulla telemedicina, avviate dalla singole aziende a partire dall’inizio di marzo 2020, oltre il 70% delle quali dedicate all’assistenza dei pazienti “non Covid” (fig. 1). Questa esigenza non solo permarrà, ma sarà addirittura amplificata nei prossimi mesi. Garantire l’accesso alle cure a tutti i
pazienti rappresenterà la sfida principale, sia per la necessità di recuperare le prestazioni che non è stato possibile erogare nei mesi della crisi, sia per i maggiori tempi (fino al raddoppio) che sono adesso necessari per rispettare le misure di prevenzione, e che riducono sensibilmente la possibilità di offerta da parte delle aziende, con il conseguente ulteriore allungamento delle liste di attesa. Associazioni mediche (cfr. AIOM, SIC, Reumatologia ecc.)
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INFORMATICA
██ Fig. 1: L’Instant-Report ALTEMS COVID-19
e di pazienti hanno già evidenziato come questa situazione potrà determinare conseguenze sulla salute anche più drammatiche di quelle causate dall’epidemia Covid. Il documento di “Linee guida nazionali per la telemedicina” del Ministero della Salute ed approvato dalla conferenza Stato Regioni nel 2014 definisce già il quadro di rifermento. Il DL 34 del 19-5-2020 (“Decreto Rilancio”) evidenzia fin nell’Art.1 l’obiettivo strategico di implementare soluzioni di telemedicina. Alcune Regioni (cfr. Toscana, Veneto, Lazio, Lombardia, PA Trento, Piemonte ecc.) hanno già formalmente deliberato come soluzioni di telemedicina debbano essere considerate l’approccio preferenziale per l’erogazione di visite di controllo e di prestazioni che non richiedano necessariamente il contatto diretto con il paziente. Per la salute dei pazienti e l’efficienza del sistema sanitario, due sono gli aspetti essenziali: la rapidità di attuazione e l’integrazione delle prestazioni di telemedicina nell’ambito dei processi clinico-organizzativi attualmente in essere nell’ambito delle strutture sanitarie.
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Bisogna infatti considerare che la “telemedicina” non è una cosa diversa dalla “medicina”. I sistemi informatici non possono imporre modelli organizzativi e strumenti di registrazione dei dati diversi e separati da quelli in presenza, né a livello aziendale, né a livello regionale. Come per qualunque altra applicazione sanitaria, devono piuttosto basarsi sia sulle caratteristiche organizzative della singola azienda, sia sulle esigenze clinico-assistenziale nelle diverse patologie, in modo da integrarsi nella struttura, senza richiedere overhead di lavoro e strutture/personale diverso e dedicato. In altre parole, un ambulatorio non deve essere costretto ad organizzarsi e a consultare due liste di lavoro giornaliere separate, una delle visite in presenza ed una per quelle in telemedicina, magari incoerenti fra loro e con i conseguenti problemi in caso di variazione e/o di esigenze contingenti. Nuove piattaforme specializzate possono costruire strumenti aggiuntivi, utili per l’erogazione di nuovi servizi e per la collaborazione della rete assistenziale sul territorio, purché siano però accompagnate da una strategia per la organizzazione e condivisione dei
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dati, già frammentati in archivi, sistemi e cloud distinti, non accessibili e non collegati fra loro. Richiedono però tempi lunghi per la progettazione, l’acquisizione, l’implementazione e l’adozione nel contesto operativo. Inoltre, se non opportunamente disegnate e manutenute in termini di apertura, flessibilità e scalabilità possono diventare facilmente una causa di ulteriore frammentazione dei dati e - in definitiva - un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi, oltre che motivo di dipendenza da singoli fornitori e di limitazione delle possibilità di crescita e di autonomia delle aziende. Per ottenere delle soluzioni rapide e - soprattutto - utilizzabili nei contesti esistenti la strategia migliore può essere individuata partendo “dal basso”, analizzando i processi esistenti sotto il profilo sanitario, organizzativo e amministrativo, e definendo se/come gli stessi processi possano essere eseguiti in tutte le fasi, sostituendo il contatto in presenza con i pazienti mediante interazioni a distanza attraverso una piattaforma di comunicazione. Il tutto continuando a fare uso delle strutture organizzative e degli strumenti informatici (cartelle cliniche, CUP, sistemi di programmazione, procedure di interazione fra i servizi ecc.) già in uso.
La piattaforma di comunicazione diventa quindi solo lo strumento tecnologico di abilitazione alla interazione con il paziente, senza determinare condizionamenti tecnici e/o organizzativi negli scenari esistenti. Seguendo questo approccio sono molte le piattaforme già diffuse sul mercato che assicurano le necessarie garanzie di sicurezza e che possono essere utilizzate, con il vantaggio di non richiedere tempi ed impegni per l’installazione e la formazione degli utenti - in particolar modo i pazienti -, oltre che di presentare costi molto ridotti se non addirittura nulli. È necessario però che l’utilizzo di questi strumenti sia formalizzato e strutturato in un quadro organico che permetta: a) l’integrazione nei processi clinico-assistenziali esistenti, senza richiedere significative variazioni organizzative; b) l’utilizzo dei sistemi informatici esistenti e già in uso, senza determinare ulteriori frammentazioni dei dati necessari alla cura del paziente, fra archivi e cloud distinti, proprietari e non connessi; c) la protezione dei dati personali secondo quanto previsto dal GDPR, sia sotto il profilo tecnologico che organizzativo;
██ Fig. 2: Il passaggio dalla visita in presenza alla televisita
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██ Fig. 3: I manuali realizzati tramite la collaborazione, disponibili sul sito www.dati-sanita.it
██ Fig. 4: Le tipologie di prestazioni erogate
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d) la registrazione e la tracciabilità delle attività effettuate, sia nell’ottica della sicurezza del paziente che della rendicontazione amministrativa.
LA COLLABORAZIONE “TELEMEDICINA SUBITO!” Con questo approccio, durante il periodo di emergenza, è stata avviata una collaborazione volontaria fra l’ALTEMS e alcune aziende sanitarie per studiare alcuni specifici contesti clinico-organizzativi e per definire dei manuali operativi dettagliati, secondo i quali erogare, nelle singole organizzazioni, prestazioni in telemedicina facendo uso di piattaforme di comunicazione disponibili, conosciute e gratuite. La struttura comune a tutti i manuali è schematizzabile in quattro capitoli, come segue: 1. analisi dello specifico processo clinico-organizzativo usuale, basato sull’erogazione delle prestazioni in presenza; 2. definizione dello stesso processo gestendo l’interazione con il paziente facendo uso di una piattaforma di uso comune 1, adeguata al tipo di prestazione erogata e che presentasse le
necessarie garanzie di sicurezza, dettagliandone le modalità d’uso, le eventuali criticità e le relative soluzioni (fig. 2); 3. definizione degli adempimenti necessari ai fini della rispondenza, dal punto di vista organizzativo e tecnologico, a quanto prescritto dal Regolamento UE 2016/619 (GDPR); 4. definizione dell’informativa per il paziente, in termini di protezione dei dati personali, di modalità operative del servizio e di modalità d’uso della piattaforma di comunicazione selezionata. I manuali prodotti sono liberamente disponibili sul sito www.datisanita.it. (fig. 3). Gli scenari formalizzati nei manuali sono in corso di implementazione da parte delle varie organizzazioni. Alla fine di giugno erano stati coinvolti oltre 250 pazienti; essendo le registrazioni anonime non è possibile definire il numero esatto, e questo valore è calcolato (necessariamente per difetto) sulla base della distribuzione degli indicatori raccolti, in particolare l’età, il genere e il comune di residenza del paziente. A questi pazienti erano state erogate oltre 1.100 prestazioni (fig. 4) per diverse patologie e in diversi setting assistenziali,
██ Fig. 5: Il gradimento del paziente è alto in tutte le fasce di età
1 Skype, Zoom, JitsiMeet, Microsoft Teams, Gmeet, etc.
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██ Fig. 6: Il gradimento del paziente è alto in tutte le fasce di età
██ Fig. 7: L’utilizzo della telemedicina per aumentare la possibilità di erogazione di servizi
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compresa la teleassistenza domiciliare con la guida e il supporto al care-giver nella medicazione di ulcere e piaghe 2. In media, ogni paziente è stato quindi seguito più volte in modalità di telemedicina.
L’ESPERIENZA SUL CAMPO Per ogni prestazione viene registrato un insieme di indicatori -anonimi ed invarianti rispetto alla piattaforma tecnologica utilizzata- in modo da costruire di una base informativa omogenea mediante la quale misurare la validità e l’efficacia della modalità di telemedicina (anche dal punto di vista del gradimento del paziente), in modo da fornire dati oggettivi e attendibili anche alle Direzioni e alle Istituzioni, a supporto della programmazione dei servizi. Le comunicazioni con i pazienti si sono basate in massima parte basate su collegamenti mediante smartphone molto spesso in aree non urbane, spesso attraverso la rete telefonica e senza disponibilità di collegamenti cablati. Anche in questo scenario, la qualità della interazione è stata valutata “bassa” solo nel 3% dei casi. Grazie alle prestazioni della Neuropsichiatria infantile, e dell’Assistenza domiciliare, l’età dei pazienti è molto diversificata, da meno di 10 anni, a oltre gli 80. Tutti hanno espresso il loro gradimento per la prestazione erogata in telemedicina, in massima parte dichiarato come “molto elevato”, anche nel caso dell’assistenza domiciliare, nei casi di supporto al care-giver (familiare o badante) nell’assistenza alle medicazioni (fig. 5). Per valutare anche l’applicabilità dell’interazione a distanza per la specifica prestazione, i professionisti sanitari hanno anche indicato la “complessità del caso” e la “difficoltà di interazione” riscontrata (fig. 6). Per la minore età dei pazienti e per la natura stessa delle prestazioni, le maggiori difficoltà si riscontrano ragionevolmente nelle sedute di logopedia, di psicomotricità e di educazione.
CONCLUSIONI Sulla base dell’esperienza, ancora ridotta ma comunque significativa in termini numero di pazienti, prestazioni e contesti organizzativi, si possono trarre alcune conclusioni, senz’altro incoraggianti vero un sempre maggiore potenziamento della telemedicina come valido complemento delle prestazioni erogate in presenza. L’interazione a distanza con il paziente non può ovviamente essere considerata una sostituzione completa della prestazione in presenza, in quanto -specialmente nei primi contatti e nei casi più complessi- è necessaria l’interazione diretta con il paziente anche
2 un video di una videochiamata è disponibile su https://www.dati-sanita. it/wp/videochiamata-adi/
per una visita fisica. Al momento della pianificazione il medico è in grado di valutare questo scenario, proponendo quindi al paziente - cui spetta comunque la scelta finale sul tipo di servizio - la modalità di telemedicina solo in quei casi in cui le condizioni del paziente stesso e della prestazione prevista la rendano possibile. Nella diversità delle patologie affrontate e delle prestazioni effettuate fino adesso, è stato stimato che la televisita rappresenti una valida alternativa per oltre il 50% delle visite di controllo, in cui l’obiettivo principale è quello di verificare con il paziente l’evoluzione del suo stato di salute, prendere visione di esami ed accertamenti compiuti nel periodo e dare indicazioni sul prosieguo della terapia e del trattamento. Nelle procedure definite è stato comunque previsto che, qualora nel corso della teleprestazione emergano condizioni tali da rendere necessario un contatto diretto, la televisita venga interrotta e -con la stessa impegnativa/prenotazione- venga programmata una visita in presenza. Nello scenario complessivo analizzato, questa situazione si è verificata in una percentuale inferiore all’uno per cento dei casi. Nel caso dell’assistenza domiciliare, ulteriori videochiamate sono state effettuate al solo scopo di interagire più frequentemente con il paziente, rassicurandolo psicologicamente e valutando l’esigenza di interventi diretti. Dal punto di vista organizzativo è stata riscontrata l’utilità dell’invio, da parte del paziente, dei documenti e dei risultati prima della televisita, preferibilmente il giorno prima al momento della conferma del tele-appuntamento. In questo modo, il centro ha la possibilità di verificare la completezza della documentazione, evidenziando preventivamente al paziente eventuali dimenticanze, chiedendo le integrazioni necessarie ed evitando il rischio di incompletezza delle informazioni necessarie durante la visita. Compatibilmente con i singoli contesti organizzativi, può risultare opportuno proceduralizzare questa fase di verifica preliminare da parte del servizio di accoglienza del centro. Come per l’attuazione di qualsiasi processo organizzativo, non va in ogni caso sottovalutata l’importanza di gestire correttamente la fase iniziale di implementazione. In tutti i contesti si è proceduto mediante un primo periodo di sperimentazione, con il coinvolgimento di un nucleo ristretto del personale del centro e selezionando quei pazienti con maggiore familiarità con gli strumenti informatici, per poi gradualmente estendere il servizio. Una attività, sia pur ridotta, di formazione diretta al personale del centro in aggiunta al solo manuale si è dimostrata utile per facilitare l’avvio del processo. Per quanto riguarda la formazione dei pazienti, al momento della proposta di interazione in telemedicina, insieme alla lettera di informativa sugli aspetti inerenti alla protezione dei dati personali, è stata fornita una breve guida su come utilizzare il servizio facendo uso della piattaforma selezionata, mediante un telefono, un tablet o un personal computer. Questo ha permesso di minimizzare le difficoltà del paziente e di ridurre sensibilmente la necessità di sup-
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INFORMATICA
porto. All’aumentare della diffusione del servizio nei confronti di una sempre più ampia platea di pazienti, può comunque risultare conveniente prevedere, a livello aziendale, un servizio centralizzato di supporto (ad esempio nell’ambito dell’URP o del CUP) al quale il paziente possa rivolgersi per eventuali problemi. Un’ultima considerazione in relazione al tempo necessario per l’erogazione delle prestazioni. Dalle registrazioni effettuate risulta come il tempo impegnato sia analogo a quello relativo alle analoghe prestazioni effettuate in presenza: non viene quindi in alcun modo ridotta l’attenzione e l’interazione con il paziente. D’altra parte, va evidenziato come - mediante l’interazione a distanza - a questo tempo non debba sommarsi quello che sarebbe necessario per le attività logistiche, di contingentamento delle sale di attesa e di sanificazione degli ambienti (valutabile in media in almeno 20 minuti dopo ogni prestazione), permettendo quindi di sfruttare appieno la capacità produttiva del centro per l’erogazione delle prestazioni nell’interesse dei pazienti. Senza contare il vantaggio in termini di riduzione dei tempi e disagi per lo spostamento tanto per il paziente, nella maggior parte residente anche in comuni diversi dal centro sanitario, che -nel caso dell’assistenza domiciliare- per l’operatore ADI per raggiungere il domicilio del paziente. Relativamente ai tempi è opportuno sottolineare come l’approccio di telemedicina possa essere vitale per ridurre i problemi derivanti dall’attuazione delle misure di protezione previste per i prossimi mesi (sanificazione degli ambienti, contingentamento delle sale di attesa ecc.) che determineranno necessariamente una riduzione della possibilità di erogazione di servizi sanitari da parte delle organizzazioni. Nella recente inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera3, è stato stimato come, per questi motivi, entro la fine del 2020 il tempo di attesa per le visite specialistiche potrà allungarsi fino a raggiungere il triplo di quello attuale. Questa stima può essere confermata dalle valutazioni “sul campo” delle organizzazioni che stanno direttamente collaborando nello studio descritto in questo articolo. Il tempo aggiuntivo dovuto alle procedure di sicurezza per le visite in presenza nelle patologie considerate (oncologia, neurologia, neuropsichiatria infantile, home care) erogate in questo ultimo mese è stato misurato in media dell’ordine dei 15-30 minuti, rispetto al tempo di 20-30 minuti necessario per l’interazione con il paziente. Come descritto, il protocollo di telemedicina si può ritenere validamente applicabile in circa la metà dei casi delle visite di controllo, che non richiedono la verifica dello stato del paziente mediante un contatto fisico o un esame strumentale.
Sulla base dei dati dello scorso anno, ogni centro ha -nelle varie patologie- stimato che nello scorso anno sono state erogate in media fra sei ed otto visite di controllo ogni giorno, corrispondenti quindi ad un impegno in termini di tempo dell’ordine di circa quattro ore. Mantenendo inalterato questo tempo complessivamente disponibile, le misure di protezione richieste per i prossimi mesi riducono a quattro-cinque il numero delle visite erogabili nell’arco della giornata. L’erogazione di quattro televisite al giorno lascerebbe circa due ore disponibili per effettuare in sicurezza tre visite in presenza. Il totale delle visite erogate sarebbe quindi pari a sette, con la conseguente possibilità di erogare due visite aggiuntive rispetto alla sola modalità in presenza, riducendo quindi sensibilmente il divario rispetto a quanto possibile in caso di sola modalità in presenza. Nel caso in cui fosse poi disponibile una stanza ulteriore nella quale poter erogare le televisite, si potrebbe procedere in parallelo, impiegando il tempo della sanificazione per l’erogazione da parte del medico di una televisite, arrivando quindi ad un totale di nove visite al giorno, tre in presenza e sei in telemedicina, contribuendo quindi anche al recupero del backlog accumulato per le visite cancellate nel periodo dell’emergenza (fig. 7).
Gli autori
FABRIZIO MASSIMO FERRARA
Docente di Informatica presso il Corso di Laurea in Economia e Gestione delle Aziende e dei Servizi Sanitari e Coordinatore del “Laboratorio sui sistemi informativi sanitari” presso l’ALTEMS - Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore ALBACENZINA BORELLI Servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ASL di Foggia PIERO BARBANTI E GABRIELLA EGEO IRCCS San Raffaele Pisana VALERIA CAPONNETTO E SIMONA SACCO UOC di Neurologia e Stroke Unit – Ospedale SS. Filippo e Nicola di Avezzano ROBERTA CATTANI E DANIELE GENERALI Istituti Ospitalieri di Cremona Area Donna FRANCESCA COLAFELICE E FILOMENA LAVANGA ADI distretto 60 ASL di Foggia MASSIMO LOMBARDI, LUCIA MORACA E NUNZIA RIZZI Centro di orientamento oncologico Ospedale di San Severo SERGIO PILLON San Camillo-Forlanini, CNR-ICAR
3 https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/sanita-covid-allungaliste-d-attesa-ecco-esami-visite-che-rischiano-saltare/1d5de8ea-b57411ea-b746-d1aa0702042a-va.shtml
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SILVIA STEFANELLI Studio legale Stefanelli & Stefanelli
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GESTIONE
di Gianluca Polifrone
L’importanza dell’infrastruttura digitale di proprietà pubblica in ambito sanitario Per poter sfruttare la ricchezza dei dati sanitari in ottica di svolgere una politica sanitaria inerente alle reali necessità del Paese, l’Italia deve svoltare in maniera decisa verso la digitalizzazione della sanità
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GESTIONE
Per “infrastruttura digitale” deve intendersi un centro elaborazione dati (CED), ossia un vero e proprio “luogo dedicato” ai sistemi informatici nell’ambito del quale vengono condotte le operazioni di manutenzione nel loro complesso. Custodire, proteggere e monitorare tutti i dispositivi digitali, gli archivi in modalità digitale, il sistema di connettività e quanto di più indispensabile per garantire il giusto funzionamento dell’intera architettura informatica che, in via del tutto generale, è in grado di ospitare un numero indefinito di applicazioni, siti internet, portali e software. Quanto appena detto potrebbe, meglio dovrebbe, essere quell’infrastruttura di Stato che, omogena e aggregante, contribuirebbe a rafforzare il nostro “sistema paese” anche in termini di sovranità digitale a oggi per lo più concessa ai colossi dell’informatica d’oltre oceano. Questa però è anche la precondizione da cui partire per parlare di un Paese che voglia aprire i cantieri della sanità digitale e gestire la ricchezza immane che i dati sanitari rappresentano per la politica sanitaria del nostro Paese. Attualmente in Italia operano un numero indefinito di CED, a servizio degli oltre 100 presidi ospedalieri pubblici; per non calcolare le strutture convenzionate accreditate che ovviamente hanno i loro sistemi informativi che ovviamente non sono interoperabili con quelli pubblici. Questa disaggregazione comporta una serie di aspetti negativi che vanno dai costi elevati di manutenzione a CED poco sicuri, non soltanto da un punto di vista puramente informatico (software), ma anche di sicurezza materiale, protezione dei server e del loro funzionamento (hardware). Questo perché i CED sono quasi sempre situati in luoghi non idonei. Se si prende in riferimento la relazione DESI (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), che rappresenta lo strumento mediante cui la Commissione Europea monitora il progresso digitale degli Stati membri dal 2014, nell’edizione 2020 l’Italia si colloca al 25º posto fra i 28 Stati membri dell’UE. A questo si aggiunga che in Italia i livelli di competenze digitali di base e avanzate sono molto bassi. Proprio nello stallo in cui versa il nostro Paese trova legittimazione la proposta di costituire una nuova entità pubblica che possa operare da aggregatore e valorizzare i CED distribuiti sul territorio che rispondono ai requisiti minimi individuati da un’entità statale come l’Agenzia per l’Italia Digitale. Sul piano finanziario la newco, di proprietà pubblica, potrebbe avere una quota riservata a soggetti privati, da selezionare, ma soprattutto coinvolgere le Regioni favorendo quindi la partecipazione al progetto dei territori e porre fine al moltiplicarsi di CED di piccole dimensioni, che di fatto rappresentano un freno ai progetti di trasformazione digitale in ambito sanitario. Sul piano operativo la newco opererebbe come fornitore di servizi cloud per la sanità pubblica, in particolare per quelle aree che per criticità varie, dalla
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privacy, alla sicurezza, alla valenza strategica non possono essere affidate a operatori di mercato. Una possibile roadmap: ██ federare come asset strategico per l’avvio delle attività i CED più rilevanti attualmente disponibili nelle varie regioni e a livello centrale; ██ attivare la costruzione di 2 o 3 data center di nuova generazione distribuiti strategicamente sul territorio nazionale, in grado di svolgere funzioni primarie, di load balancing, continuità operativa e disaster recovery; ██ sviluppare azioni di federazione degli altri data center tecnicamente validi, al fine di creare una rete di centri armonizzata, procedendo alla dismissione dei data center superati e dei vari centri di calcolo presso le amministrazioni sanitarie. Inutile girarci attorno: il vero perno della sanità digitale sono le informazioni. Il dato rappresenta la moneta di scambio tra Stato e cittadino e diventa l’elemento centrale del rapporto. È grazie al dato digitale che diventa possibile effettuare monitoraggi in remoto dei pazienti, visite a distanza con reale valore diagnostico eccetera. Si tratta comunque di saper gestire migliaia di dati per paziente che devono per forza di cose essere gestibili e fruibili in maniera tale che abbiano un reale valore per i medici e, dunque, anche per il paziente, ma non solo: posto che i cittadini devono avere la possibilità di limitare l’accesso ai dati sensibili laddove non necessario, esiste comunque la possibilità di ottenere big data realmente anonimi che possono servire per le indagini di tipo epidemiologico, statistico, economico e che, quindi, sono di grande valore per la ricerca e la messa a punto di PDTA, protocolli te-
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rapeutici e quant’altro. La condivisione dei dati sanitari su tutto il territorio nazionale, qualora disponessimo di banche dati sicure e interoperabili, consentirebbe alle strutture sanitarie di sfruttare la ricchezza di una mole di informazioni (in forma anonima) che può contribuire alla ricerca scientifica e a una migliore comprensione di molti aspetti legati alla salute (su scala geografica, sociale, per fasce di età ecc.). Ciò significa che nell’interesse generale e del cittadino, lo Stato dovrebbe continuare a garantire il rispetto di queste informazioni, senza lasciare che esse stesse siano di fatto in mano al mercato degli operatori privati. Ecco perché qualsiasi tipo di investimento reso necessario dall’implementazione dell’e-health finisce comunque con il generare un valore aggiunto di incomparabile importanza. Quella che si pone è una sfida cruciale ma al contempo necessaria in un contesto digitale in cui lo Stato deve detenere e gestire quantità rilevanti di dati personali. Ancor più rilevante lo è quando i dati di cui parliamo si riferiscono allo stato di salute dei cittadini. Non vi è dubbio alcuno che grandi risultati si possono ottenere solo se si costruiscono sane alleanze con il mercato privato. Ma è evidente che la parte pubblica deve avere una strategia di politica sanitaria altrettanto chiara. Questa è precondizione necessaria per chiedere al mercato dell’ICT, ad esempio, di sostenere le analisi approfondite della mole di informazioni sanitarie a disposizione per costruire algoritmi predittivi appositi (in base ai risultati diagnostici) che possono contribuire e condizionare le scelte di politica sanitaria pubblica futura. Tutto questo va affrontato in un quadro giuridico di riferimento al fine di evitare, per esempio, la cessione di dati alle aziende private, in assenza di un preventivo consenso da parte dei singoli interessati. Questo spiega come sia necessario l’investimento pubblico nella costruzione di banche dati proprie per evitare – ciò che oramai succede sistematicamente – che la raccolta e la gestione di moli massicce di dati continuino a essere nelle mani dei colossi privati, ponendo un problema rilevante anche da un punto di vista sociale. I poteri privati arrivano a eguagliare e superare i poteri pubblici in un’epoca in cui le banche dati, gestite in modo sistemico, sono in grado di condizionare non solo la scelta di politiche sanitarie di uno stato, ma banalmente la vita quotidiana delle persone sotto diversi profili. È noto ai più come questo strapotere sia nelle mani dei colossi digitali della Silicon Valley, al punto tale che qualche Paese europeo, spiace dirlo, più lungimirante come Francia e Germania ha dato vita al c.d. progetto Gaia-X per la creazione di una piattaforma di cloud computing tutta europea. Questa iniziativa nasce con un principio di partenza molto forte, ossia garantire alle aziende europee una maggiore autonomia dai colossi americani per quanto riguarda la conservazione e la gestione dei propri dati in cloud. A oggi nel progetto Gaia-X sono coinvolte oltre 100 aziende europee e vari istituti di ricerca di 17 Paesi. Si tratta di creare
un ecosistema in grado di garantire una completa interoperabilità anche con piattaforme digitali diverse, il tutto fornendo un’alternativa alle soluzioni che sono essenzialmente frutto del lavoro imprenditoriale statunitense o cinese. Ci sono pochissimi attori, oggi, in grado di agire sul mercato del cloud. Bisogna dunque raccogliere una sfida tecnologica proprio nel momento in cui anche le grandi aziende della Silicon Valley stanno dislocando i loro data center nel nostro continente, intuendo come la digitalizzazione in ambito UE, in un mercato che è destinato a diventare estremamente importante anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione (che renderà l’uso del digitale sempre più pervasivo, in sanità), sia una prospettiva assolutamente attraente dal punto di vista economico e anche politico. La Germania, capofila insieme alla Francia del progetto, ha da tempo intuito come il possesso dei big data sia anche una precondizione di sovranità e di forza contrattuale nei confronti delle aziende che saranno chiamate a erogare servizi. Il tutto, peraltro, ben sapendo che ogni piattaforma implementata e realizzata all’interno dell’Unione sarà comunque realizzata da subito nel rispetto degli standard europei di sicurezza. Se l’Italia perderà questo treno verso la modernità, perderà due volte. Subirà di fatto una limitazione della propria sovranità da un lato, perderà la possibilità di rimanere competitiva in termini di progresso tecnologico dall’altro. Non è pensabile traccheggiare o perdere tempo: l’occasione non si ripresenterà. L’auspicio è che il progetto Gaia-X, i cui servizi potrebbero partire nei primi mesi del 2021, sia sostenuto dalla Commissione europea e che sarà aperto a tutti i Paesi dell’Unione che decideranno di contribuire al suo sviluppo. Ora vi è da chiedersi: l’Italia ci sarà? E con quali aziende? Un progetto di tale portata, che si pone l’obiettivo di creare nel settore del cloud un attore europeo in grado di contrastare il potere delle principali aziende americane (Amazon e Microsoft e Google solo per citare le più significative), non può non vedere l’adesione del nostro Paese. Noi in questa Europa dobbiamo stare e dobbiamo essere in grado di dire la nostra visto e considerato che questo progetto rappresenta con molta probabilità il possibile sviluppo di un mercato digitale tutto europeo che in modo leale si controbilancerà al mercato americano sia per quanto riguarda i servizi offerti sia per quanto riguarda i costi. Per cui se si vuole e si ha una visione industriale del proprio Paese c’è tanto da lavorare e poco da chiacchierare; di certo i soldi non mancano anzi dobbiamo essere bravi a saperli spendere.per un modello sanitario omogeneo, efficiente e giusto”
L’autore
GIANLUCA POLIFRONE
Autore del libro Sanità Digitale: “La rivoluzione obbligata per un modello sanitario omogeneo, efficiente e giusto”
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Le schede di architettura
Uno strumento di consultazione pensato per progettisti e health planner: la pubblicazione dei disegni di progetto in grande formato assicura la completa leggibilitĂ e comprensione degli schemi grafici a corredo delle realizzazioni presentate nella rivista Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects pag. 8
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Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
PIANO TERRA I SETTORE TEMPO LIBERO E OCCUPAZIONALE - SERVIZI GENERALI Piano terra INGRESSO SECONDARIO
CUCINA - MENSA
FALEGNAMERIA
◄
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MENSA
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SAlA
PDI.IFtJNnONALE
► PALESTRA
SALA VISITE
SEGRETERIA
SALE POLIFUNZIONALI
◄
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Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
Primo piano
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Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
Secondo piano
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Centro di riabilitazione psichiatrica MoDusArchitects
Terzo piano
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NORMATIVA COMMENTATA
di Antonella Crugliano, Sara Capizzi, Arianna Laurenti Ufficio Legale e Appalti Dipartimento Tecnico Patrimoniale AUSL di Bologna
Appalti, sentenze e aggiornamenti normativi Ufficio Legale e Appalti Dipartimento Tecnico Patrimoniale AUSL di Bologna
MODIFICHE ALLA NORMATIVA IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI STABILITE NEL DECRETOLEGGE 16 LUGLIO 2020, N. 76, RECANTE “MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DIGITALE”, PUBBLICATO SULLA G.U.R.I N.178 DEL 16/7/2020 - SUPPL. ORDINARIO N. 24) In data 16/7/2020 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il cd. “Decreto Semplificazioni”, che apporta importanti modifiche alla normativa in materia di appalti pubblici ancorchè – per la maggior parte – di carattere temporaneo, in quanto connesse direttamente all’emergenza sanitaria in atto. Le modifiche al codice appalti sono inserite proprio nei primi articoli del decreto.
MODIFICHE ALLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO SOTTO-SOGLIA Per quanto riguarda gli affidamenti di importo inferiore alla soglia comunitaria, avviati entro il 31/7/2021, all’art. 1 si prevede: a) l’affidamento diretto degli appalti di importo inferiore a euro 150.000,00; b) l’affidamento con procedura negoziata previo interpello di 5 operatori economici, per appalti di importo pari o superiore alla lett. a), e sino a euro 214.000 (soglia UE) per servizi e forniture, e sino a euro 350.000 per lavori; per tali affidamenti, il criterio di aggiudicazione è liberamente determinabile dalla stazione appaltante: se opta per il prezzo più basso, si fa luogo all’esclusione automatica delle offerte anomale; c) l’affidamento con procedura negoziata previo interpello di 10 operatori economici per appalti di lavori di importo superiore alla lett. b) e sino ad un milione di euro; d) l’affidamento con procedura negoziata previo interpello di 15 operatori economici per appalti di lavori di importo superiore alla lett. c) e sino a euro 5.350.000 (soglia UE).
MODIFICHE ALLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO SOPRA-SOGLIA Per quanto concerne gli affidamenti sopra-soglia, avviati entro il 31/7/2021, all’art. 2 si prevede l’impiego delle procedure ordinarie, salva la possibilità di riscorrere alla procedura negoziata per ragioni di “estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi”, introducendo così un ipotesi ulteriore di “estrema urgenza” rispetto alla previsione dell’art. 63, c.2, lett. c) del Codice dei Contratti. La ratio principale dell’intervento normativo – consistente nel fronteggiare gli effetti negativi della pandemia globale e la crisi economica conseguente – emerge in particolar modo nella deroga generale introdotta con riferimento a settori particolarmente strategici e rilevanti per il rilancio del paese (quali l’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali e autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche), per i quali le stazioni appaltanti incontrano soltanto il limite delle norme penali, del cd. “codice antimafia” (D. Lgs 159/2011) e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea: tra questi, i principi fondamentali per l’affidamento dei contratti pubblici, i criteri di sostenibilità ambientale ed energetica e la prevenzione di conflitti di interesse.
DEFINIZIONE TEMPISTICHE DI CONCLUSIONE DELLE PROCEDURE I citati artt. 1 e 2 del decreto introducono termini in capo alle stazioni appaltanti per la conclusione delle procedure di affidamento: per gli affidamenti di contratti di importo inferiore a euro 150.000, la procedura deve concludersi entro due mesi dall’avvio; per importo superiore, sino alla soglia comunitaria, il termine è di quattro mesi; per contratti di importo superiore, il termine è di sei mesi.
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NORMATIVA COMMENTATA
CONSEGUENZE DEL MANCATO RISPETTO DELLE TEMPISTICHE Il mancato rispetto delle tempistiche stabilite per l’aggiudicazione, o di tardiva stipulazione del contratto o tardivo avvio dell’esecuzione, se imputabili alla stazione appaltante possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale; se imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dello stesso dalla procedura, o di risoluzione del contratto per inadempimento.
NORME SULLA STIPULAZIONE DEI CONTRATTI L’articolo 4 del decreto procede nel modificare i termini di stipulazione del contratto previsti all’art. 32 del Codice dei Contratti, introducendo l’obbligatorietà del rispetto del termine massimo dei sessanta giorni dall’aggiudicazione efficace: l’eccezione, costituita dall’eventuale accordo con l’aggiudicatario, resta esclusa se non giustificata dall’interesse alla sollecita esecuzione del contratto. Si continua stabilendo che “La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto”.
NORME ACCELERATIVE DEL CONTENZIOSO E SALVAGUARDIA DELLA SOLLECITA REALIZZAZIONE DELL’OPERA Inoltre, in tema di stand still (rectius: in tema di sospensione della stipulazione del contratto conseguente alla domanda cautelare proposta contestualmente all’impugnazione degli atti di gara), si dispone che: ██ in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure (disposizione stabilita dal Codice del Processo Amministrativo per le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento); ██ salvi i casi di inefficacia del contratto d’appalto e di sanzioni alternative previsti nel C.P.A., la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già
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stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente (ossia mediante corresponsione di una somma di denaro, con esclusione del risarcimento del danno in forma specifica, ossia dell’obbligo di stipulare il contratto con il ricorrente).
NORME ACCELERATIVE DEI PAGAMENTI – TUTELE PER L’ESECUTORE Concludiamo questa breve disamina di alcune delle innovazioni contenute nel decreto con una disposizione di particolare interesse per gli operatori economici (art. 8, comma 4), riguardante i lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto (17/7/2020): a) il direttore dei lavori adotta, in relazione alle lavorazioni effettuate alla medesima data e anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, il SAL entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso; il certificato di pagamento viene emesso contestualmente e comunque entro 5 giorni dall’adozione del SAL; il pagamento viene effettuato entro 15 giorni dall’emissione del certificato di pagamento; b) sono riconosciuti, a determinate condizioni, i maggiori costi derivanti dall’adeguamento/integrazione dei PSC in attuazione delle misure di contenimento dell’epidemia; c) il rispetto delle misure di contenimento stabilite dai DL 6/2020 e 19/2020 e s.m.i. e dai relativi provvedimenti attuativi, ove impedisca, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture costituisce causa di forza maggiore; qualora impedisca di ultimare i lavori, i servizi o le forniture nel termine contrattualmente previsto, costituisce circostanza non imputabile all’esecutore ai fini della proroga di detto termine, ove richiesta.
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Perché associarsi al C.N.E.T.O. Il CNETO è un’associazione culturale che riunisce architetti e ingegneri interessati ai problemi dell’edilizia e della tecnica ospedaliera, tecnici, igienisti, amministratori ed economi di direzioni ospedaliere. Il CNETO ha come obiettivo primario la promozione dell’informazione e della conoscenza nello specifico settore della sanità, settore in continua e rapida evoluzione, che richiede il costante aggiornamento di tutti gli operatori. È proprio con questa finalità che l’Associazione organizza convegni nazionali e internazionali, viaggi di studio presso le strutture all’avanguardia sia italiane che estere, attiva contatti ufficiali con le altre associazioni e le istituzioni più rappresentative, anche straniere. Il CNETO è stato fondato quale Associazione multidisciplinare proprio perché la progettazione ospedaliera e socio-sanitaria esige la sinergia tra le diverse figure professionali coinvolte nella valutazione e risoluzione di tutti gli aspetti che concorrono a definire il progetto. La presenza delle Aziende, in qualità di soci collettivi, permette di stabilire uno stretto legame anche con il mondo della produzione e del mercato, le cui tendenze in atto costituiscono un indispensabile strumento di cultura tecnica.
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NOTIZIE DAL CNETO A conclusione delle votazioni del CNETO per il triennio 2019-2021, sono risultati eletti i seguenti consiglieri: Presidente: Maurizio Mauri Past President: Giuseppe Manara Segretario Generale: Stefano Capolongo Vice Presidenti: Margherita Carabillò e Roberto Righini Direttore Rivista Progettare per la Sanità: Margherita Carabillò Tesoriere: Roberto Righini Vice Segretario Generale: Marco Gola • GIUNTA ESECUTIVA ARK.ING.81 SrL - Roberto Righini Susanna Azzini Gilberto Bragonzi Stefano Capolongo Margherita Carabillò Tiziana Ferrante Marco Gola Monica Ingaglio Giuseppe Manara Maurizio Mauri
Gabriella Peretti Stefano Sibilla Andrea Taddia Chiara Tognolo Marco Vitali Revisori dei conti Giuseppe Chiota Cesare Taddia Gaetano Ingaglio
• CONSIGLIO NAZIONALE In rappresentanza dei Soci ordinari Maurizio Mauri Susanna Azzini Valentina Bettamio Federica Meoli Gilberto Bragonzi Grifone Oddi Baglioni Margherita Carabillò Daniela Pedrini Gianfranco Carrara Gabriella Peretti Luigi Colombo Roberto Ravegnani Morosini Nicoletta Dubini Stefano Sibilla Tiziana Ferrante Andrea Taddia Marco Gola Chiara Tognolo Egisto Grifa Manuela Torti Monica Ingaglio Marco Vitali Lino Ladini Gabriele Zingaretti Giuseppe Manara In rappresentanza dei Soci collettivi ACOTEC SrL - Massimo Cremonini AHSI SpA - Renato Biffi AIRNOVA - Antonio Zotti ARK.ING.81 SrL - Roberto Righini BININI & PARTNERS SrL - Tiziano Binini CAIREPRO - Mauro Nasi POLITECNICO DI MILANO - Dipartimento ABC - Stefano Capolongo PROGER SpA - Diana Tamburi SAGICOFIM SpA - Roberto Merici TECNICAER ENGINEERING SrL - Fabio Inzani
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ESTRATTO DALLO STATUTO Art. 1 Denominazione Il “C.N.E.T.O. - Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera” è una Associazione culturale, apartitica e senza scopo di lucro, nata sotto gli auspici dell’ANIAI. L’Associazione è retta dal presente statuto la cui attuazione operativa è demandata, se necessario, ad appositi regolamenti operativi.
Art. 2 Sede La sede legale del C.N.E.T.O. è stabilita in Roma. L’Associazione può aprire sedi operative periferiche.
Art.3 Scopo L’Associazione ha come scopo, a beneficio della collettività: la promozione dello studio dei problemi organizzativi, gestionali e progettuali connessi con l’edilizia socio sanitaria; di stabilire e mantenere contatti in campo nazionale e internazionale fra esperti italiani e stranieri e altre Associazioni che si interessano ai problemi attinenti allo scopo sociale; di porre a disposizione e di favorire la diffusione delle conoscenze e del progresso delle arti dello specifico settore anche attraverso l’uso dei propri mezzi e strutture; la promozione e/o la partecipazione al capitale sociale di società e/o associazioni che abbiano il fine statutario di approfondire, diffondere la cultura tecnico – architettonica, gestionale e organizzativa dell’edilizia socio-sanitaria, anche a scopi didattici ed editoriali. la qualificazione e il riconoscimento delle professionalità, svolgendo un ruolo di formazione e di informazione degli operatori. Per il raggiungimento dello scopo sociale il C.N.E.T.O. indice, promuove e organizza convegni, seminari, giornate di studio, viaggi, visite tecniche, pubblicazioni proprie o di terzi e diffonde la rivista organo ufficiale dell’associazione.
Art.4 – Ammissione e Soci Sono ammessi a far parte del C.N.E.T.O. le persone fisiche e giuridiche che, condividendone gli scopi, ne faranno domanda scritta, o tramite il sito ufficiale, alla Giunta Esecutiva e la cui domanda sarà dalla stessa accettata. I soci C.N.E.T.O. si distinguono in ordinari, studenti, collettivi, sostenitori, onorari. Soci ordinari, le persone fisiche esperte nel campo oggetto dello scopo associativo che ne fanno richiesta e che corrispondono annualmente la quota sociale ordinaria. Soci studenti e neo laureati, gli iscritti a corsi di studio universitari attinenti le materie interessanti lo scopo sociale che ne fanno richiesta e che corrispondono una quota associativa pari al 50% della quota sociale ordinaria. La qualifica di studente decade dopo tre anni dal termine degli studi e comunque entro il 30° anno di età. Soci collettivi, le persone giuridiche, gli Enti pubblici e privati, le Associazioni scientifiche e tecniche che ne fanno richiesta e che operano nel campo oggetto dello scopo associativo e che corrispondono la quota sociale collettiva pari a tre volte l’ordinaria; hanno diritto a tre voti. Soci sostenitori, i soggetti individuati alle lettere precedenti che si impegnano a corrispondere, per almeno cinque anni, una quota sociale annua pari a due volte la quota collettiva; hanno diritto a tre voti. Soci onorari, le personalità che per merito scientifico o professionale o per aver acquisito particolari meriti verso l’associazione vengono nominati tali. La loro nomina è proposta dalla Giunta Esecutiva, approvata dal Consiglio Nazionale e ratificata dall’Assemblea dei soci; i Soci Onorari non pagano la quota associativa e non hanno diritto di voto.
Art. 5 Organi del C.N.E.T.O. Sono: l’Assemblea dei Soci, Il Consiglio Nazionale, Il Presidente, La Giunta esecutiva, Il Collegio dei revisori
ABBONAMENTI
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Organo ufficiale del C.N.E.T.O Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica ospedaliera
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