RAM newsletter #6

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Num. 6 Redazione: Via Conte Verde 15 - Roma - www.radioartemobile.it - info@radioartemobile.it Tel / Fax: +39 06 44704249

CAMERE #8 OLAFUR ELIASSON | GIULIO PAOLINI | ERWIN WURM pag. 4

ARTE FIERA BOLOGNA: MARIA THEREZA ALVES JIMMIE DURHAM pag. 2

ROMA THE ROAD TO CONTEMPORARY ART pag. 3

RAM LIVE L’arte è radiofonica pag. 8

CARLA ACCARDI NEW PAINTINGS AND SUPERFICIE IN CERAMICA LIMA - PERÙ pag. 7 MiArt 2009 LA MEMORIA DEL MITO pag. 6


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 2

ARTE FIERA BOLOGNA Pavilion 18 - Booth C24

special project

MARIA THEREZA ALVES - JIMMIE DURHAM January 2009 DI COMUNE ACCORDO (MARIA THEREZA E JIMMIE) Daniele Pieroni

MUTUAL AGREEMENT (MARIA THEREZA AND JIMMIE) Daniele Pieroni

L'antefatto. Una sera d'autunno, non sospinto da alcuna finalità che non fosse quella di conoscere, ho visto i "fiori" di Maria Thereza. Li ho osservati, uno ad uno, che riposavano quieti su grandi fogli di carta di riso. Sfogliandoli, si produceva l'unico rumore, peraltro assai sottile, nel regno silente dello studio di San Lorenzo. Io avevo scritto già numerose poesie intitolate a fiori diversi. Maria Thereza ne era al corrente ma ciò non apponeva alcun determinismo alla nostra azione. Capii subito che la prospettiva differiva dalla mia: i fiori di M. T. Alves Maria Thereza recavano precise origini geografiche, come se l'accidentalità d'esser stati rappresentati in Cina piuttosto che in Messico, rientrasse nella loro costituzione botanica. Credo che l'amica abbia voluto ipostatizzare il momento e l'occasione del disegno, anche solo perché non andasse perduta la loro storicità. Ed in effetti, come per altre creazioni, i "fiori" dell' Alves sono fiori politici, che abitano un mondo fatto di paesi, di terre identificate; fiori che dialogano con il mondo, che lo serbano, testimoniandolo. Ho ravvisato in essi un'attitudine all'amicizia, alla socievolezza. A tal proposito, non stupisce che la parola inglese per "boccio" sia "bud" che in americano familiare sta per "amico". Se penso poi ad un altro vocabolo per esprimere fiore in inglese, "bloom", vado subito al protagonista di quell'esemplare odissea politica (perché appunto situata in una città: Dublino) che è l'Ulysses di Joyce. I "fiori" di Maria Thereza sembrano così aver camminato a lungo e non solo per aver progredito ad una semina. Sono stati atomi di un viaggio particellare che oggi compongono una materia visibile sotto i nostri comuni occhi: si sono promessi, come deve essere, giacché ogni fiore è in fondo una promessa di vita, di continuità, di amicizia e cordialità.

Background. One autumn evening, motivated by nothing more than the quest for knowledge, I saw Maria Thereza's “flowers”. I observed them one by one laying still on large sheets of rice paper. Leafing through them produced the only sound, albeit subtle, in that silent kingdom of the San Lorenzo studio. I had already written several poems bearing the names of various flowers. Maria Thereza knew about them but that brought about no determinism in our actions. I understood immediately that the perspective was different to mine: Maria Thereza's flowers J. Durham recalled precise geographical origin, as if the randomness of being represented in China instead of Mexico should play a part in their botanical constitution. I believe that my friend wished to hypothesize the moment and occasion of design, even if merely so that their history is not lost. Indeed, as with other creations, Alves's “flowers” are political flowers which live in a world made of countries, of identified lands; flowers in dialogue with the world which they cherish, bearing witness to it. I perceived in them an attitude of friendship, of sociability. Indeed, it is not surprising that in English the word "bud" is used for flowers, which in familiar American also means “friend”. If I go on to think about another term used for flowers in English, “bloom”, what springs immediately to mind is the protagonist of that exemplary political odyssey, Joyce's “Ulysses”. Maria Thereza's “flowers” seem to have travelled far, beyond mere growth since being sowed. They have been atoms in a voyage of particles which now compose visible matter before our very eyes. This is as it should be, being as every flower is in reality a promise of life, of continuity, of friendship and cordiality.

Chi dietro di noi. Uno scrittore di Montréal, parlandomi in una lettera recente del suo passato, mi ha rivelato d'aver scoperto di possedere delle origini Mohawk. Questo lo ha non soltanto turbato ma gettato in una vorticosa ricerca dei suoi antenati. Ne sono conseguite numerose stranezze del caso ma soprattutto è mutata la sua cognizione del tempo. Ed è vero, in definitiva per gli Amerindi il tempo ha un valore diverso, se si pensa che noi tutti per essi siamo l'incarnazione di nostri rispettivi antenati. Dunque un tempo circolare, con il ritorno dell'antico e la reviviscenza dell'anima di chi ci ha preceduto. Desumo che per i Cherokee, la cosa non cambi. Ma vorrei chiedere conferma di ciò a Jimmie Durham. Quando lo osservo, nella sua placida espressione e negli occhi trasparenti, vi leggo storie annidate nel tempo, leggende, generazioni. Jimmie mi sembra una persona dotata di un tatto speciale: capacità di abitare lo spazio con tocco leggero, di espanderlo con pochi gesti della mano e reinventare le misure. Non riesco ad immaginarlo sperduto: credo possegga uno straordinario senso dell'orientamento. Nell'orizzontalità della mobilità terrestre e nella vertigine della dimensione temporale. Mi piacerebbe che Jimmie compisse un viaggio speciale, non assoggettato alle comuni leggi vigenti. Che incontrasse Pasolini e i poeti di Officina, che a Bologna fecero di questa rivista il perno di un rinnovamento della letteratura italiana. Perché, essendo a quel tempo Pasolini un rabdomante delle fioriture linguistiche nazionali, sarebbe assai interessante vedere i due (Jimmie e Pasolini) confrontare fonemi e idiomi, nel nome della tolleranza universale e del rispetto della diversità. Chissà, per uno Cherokee e uno scrittore corsaro, non pare un'eventualità così improbabile… J. Durham

Who is behind us. A writer from Montreal, speaking to me in a recent letter about his past, revealed that he discovered he was of Mohawk descent. Not only did this perturb him but it also cast him into a vortical search for his ancestors. Numerous oddities followed, but above all his perception of time mutated. And it is true, for American-Indians, that time has a different value if we consider that we are all the incarnation of our respective ancestors. Therefore time is circular, with a return to the past and the revival of the souls of those who came before. I assume that for the Cherokee this does not change. Nevertheless, I would like to ask for confirmation from Jimmie Durham. When I observe him, his placid expression and transparent eyes, I can see stories nestled in time, in legends, in generations. Jimmie seems to me to be a person with a special gift: the ability to live within time with a light touch, to expand it with a flick of the wrist and thus reinvent its proportions. I can't imagine him being lost. I believe that he possesses an extraordinary sense of orientation. In the horizontality of terrestrial mobility and in the vertigo of temporal dimensions. I would like Jimmie to go on a special journey, not one associated with common laws. I would like to him to meet Pasolini and the poets of the Officina, M. T. Alves who in Bologna made of this magazine a linchpin for the renewal of Italian literature. Being that at the time Pasolini was a diviner of national linguistic blossoming, it would be rather interesting to see the two of them (Jimmie and Pasolini) confront phonemes and idioms in the name of universal tolerance and respect for diversity. Who knows, for a Cherokee and a corsair writer perhaps this isn't such an improbable eventuality...


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 3

ROMA - THE ROAD TO CONTEMPORARY ART Stand 06 Palazzo delle Esposizioni, Rome

Sound Project RAM project curated by Federica Bueti In order of appearance:

Carsten Nicolai, Michael J. Schumacher, Annie Ratti, Liam Gillick, Luca Maria Patella, Luca Vitone, Elisabetta Benassi, Brandon La Belle, Stephen Vitiello, Etienne Chambaud, Valerio Tricoli, Riccardo Benassi, Tris Vonna-Michell, William Furlong, Achim Wollscheid, Cesare Pietroiusti, Vettor Pisani, Emilio Prini, Alvin Curran, Christina Kubisch, Martux_M April 2009

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l Progetto speciale realizzato in occasione della partecipazione alla Fiera d'Arte Contemporanea di Roma - The Road to Contemporary Art - prosegue l'obiettivo promosso da RAM radioartemobile, di dar spazio e costituire uno stimolo alla sperimentazione artistica in ambito sonoro. Il progetto indaga lo spazio acustico che per definizione è immateriale e che travalica con la sua presenza i confini del visibile. La natura performativa dell'evento sonoro è, infatti, un processo in cui il fruitore attiva fenomeni percettivi attraverso l'atto del muoversi nello spazio e attraverso la durata dell'evento stesso. I. Valbonesi, C. Tatò and F. Bueti Lo stand di RAM presso il Palazzo delle Esposizioni è stato trasformato in una camera di espansione sonora, che accoglie lo spettatore in un ambiente buio e del tutto vuoto, in cui le coordinate spaziali sembrano essere state annullate e ricostruite grazie ad un flusso sonoro continuo. 21 artisti provenienti dall'ambito delle arti visive così come dalla sperimentazione musicale, sono stati invitati a produrre un lavoro sonoro della durata di 2 minuti appositamente concepito per l'occasione. Il risultato, in linea con le differenze generazionali e di ricerca, è una molteplicità di punti di vista, di attitudini che aprono a una serie infinita di punti di fuga, un susseguirsi di visioni convergenti nell'esperienza fisica del fruitore. Con questi interventi sonori si focalizza l'attenzione sulla dimensione dell'ascolto, sulle potenzialità del suono di generare multiple modalità percettive. Il suono dilata lo spazio fisico della fiera lasciando traccia nella memoria. L'evento sonoro, infatti, non si esaurisce nella sua natura temporanea e sfuggente, diventa un intenso e a volte casuale scambio con il fruitore. L'architettura dello spazio di RAM alla Fiera d'Arte Contemporanea di Roma diventa così uno strumento espanso (Max Neuhaus) per la produzione di nuove esperienze sensoriali, mentre le diverse tracce sonore che lo compongono non sono altro che frammenti di narrazioni che si definiscono a partire da un'intensa relazione di scambio. Durante i giorni della Fiera, RAM, nella sua casa-stand, ha ospitato a Teatr'Arteria di Carlo Quartucci e Carla Tatò che hanno presentato il “Prologo” del loro nuovo Progetto 2009 di “Edificio Scenico con Tragedia Felice in quattro atti” all'ombra del mito di Don Chisciotte, progetto al quale RAM è felice di collaborare. C. Tatò

T

he special project set up to coincide with participation in the Rome Contemporary Art Fair - The Road to Contemporary Art – follows the aim, promoted by RAM radioartemobile, to give space to and stimulate artistic experimentation in sound. The project investigates acoustic space which, by definition, is immaterial yet which, with its presence, transcends the confines of the visible. The performative nature of sound is in fact a process in which the user activates perceptive phenomena through the act of moving within the space and throughout the duration of the event. The RAM stand at the Palazzo delle Esposizioni has been transformed into a sound expansion suite which welcomes the spectator into a dark and entirely empty environment in which the spatial coordinates appear to have been nullified and only to be rebuilt thanks to a continuous sonar flux. 21 artists from the world of visual art as well as that of musical experimentation have been invited to produce an aural track lasting 2 minutes and conceived especially for the occasion. The result, consistent with the differences in generation and research, shows a multiplicity of points of G. Paolini, J. Kounellis view, of attitudes, which open an infinite series of vanishing points converging in the physical experience of the user. With these sonar interventions, attention is focused on the dimension of listening, on the potential sound has to generate multiple perceptive modalities. Sound dilates the physical space of the Fair leaving its mark in the memory. The sonar event, indeed, is not exhausted in its temporary and fleeting nature. It becomes an intense and, at times, casual exchange with the user. The architecture of the RAM space at the Rome Contemporary Art Fair thus becomes an expanded instrument (Max Neuhaus) for the production of new sensorial experiences, while the different aural tracks that it is composed of are none other than fragments of narration which are defined by an intense relationship based on exchange. During the days of the Fair, the RAM house/stand hosted Teatr'Arteria by Carlo Quartucci and Carla Tatò who presented the “Prologue” of their new 2009 Project: “Scenic Structure with Happy Tragedy in four acts” in the shadow of the myth of Don Quixote, a production in which RAM is proud to have collaborated. L.M. Patella

C. Quartucci


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 4

CAMERE #8: Fuori gioco

OLAFUR ELIASSON | GIULIO PAOLINI | ERWIN WURM Curated by HELMUT FRIEDEL and GIOVANNI IOVANE April - May 2009

FUORI GIOCO

FUORI GIOCO

Helmut Friedel e Giovanni Iovane

Helmut Friedel and Giovanni Iovane

L

S

o spazio è il problema principale della modernità. Lo spazio sociale, politico, geografico, poetico ( e come poetica dello), lo spazio esterno e quello interno, insieme all' intérieur o le Weltinnenräume di Rainer Maria Rilke. Persino in questioni che riguardavano il tempo, come ad esempio la memoria, lo spazio ha assunto un ruolo dominante. Oltre che per i dittatori, il problema dello spazio è divenuto essenziale anche nell'esperienza artistica, a cominciare dalla distruzione della sua forma avverbiale, la spazialità, che Mondrian, sin dal 1917, elimina quasi completamente dai suoi quadri sostituendola con una rete (un network) di linee. Durante gli anni 60 la definizione e persino l'individuazione di una specie di spazio sembra essere stata contesa da un rigore spiritualstrutturale minimal o dall'illusionismo psicosensoriale dell'arte E. Wurm optical. Nel 1966 Giulio Paolini si chiama fuori da questa contrapposizione con una serie di opere; una di quelle s'intitola Ut Op. Con il suo abituale e oramai paradigmatico esprit de finesse (rara combinazione di geometrie e di sguardi che caratterizzano anche la sua scrittura), l'artista alludeva allo storico ut pictura poesis e alla allora contemporanea optical art. Ut Op non è, naturalmente, solo un gioco linguistico concettuale. L'opera si compone di tre superfici quadrate disposte in un angolo di una stanza. Si trattava (e ovviamente si tratta), per dirla con le parole di Paolini, di “lavori realizzati con tele preparate per la pittura, non erano cioè interventi astratti o 'ambientali' ma era pur sempre la tela a configurarsi nello spazio”.

E. Wurm

E. Wurm (detail)

Fuori gioco, per Camere #8, con opere e interventi di Olafur Eliasson, Giulio Paolini, Erwin Wurm è stata pensata in relazione al luogo, le camere appunto di RAM a Roma, al titolo e, con un salto temporale all'indietro, comincia ad essere in gioco ( e a finire naturalmente fuori) con Ut Op del 1966. Da quest'angolo, insieme concreto, presente e storico, Paolini interviene con una contemporanea rivisitazione; un supplemento ma forse anche e soprattutto un ampliamento di campo che rivendica, tra le altre cose, come l'opera sia sempre (o quasi) predestinata e circolare. Nondimeno, quell'opera di Paolini segnava un importante punto a favore della -rara-chiarezza critica; i suoi non erano interventi astratti e nemmeno ambientali (cosa non da poco se si pensa alla natura di migliaia di interventi ed installazioni da allora sino ad oggi). Specialmente quel “non essere ambientale”, quel negativo essere al di là del gioco comune, vale senz'altro come guida e come arbitro per una precisa definizione di opere di artisti di generazioni successive.

pace is the main problem of modernity. Social space, political space, geographical space, poetic space, external and internal space, together with the intérieur or the Weltinnenräume by Rainer Maria Rilke. Even in matters regarding time, such as memory for example, space has assumed a dominant role. The problem of space has become essential not only for dictators but also for the artistic experience, beginning with the destruction of its adverbial form, spatiality, which Mondrian, from 1917, eliminated almost completely from his paintings substituting it with a net (or network) of lines. During the 60s the definition and even the individualization of a type of space seems to have been contested by a rigorous spiritual/structural minimal and the psycho-sensorial illusionism of Optical Art. In 1966 Giulio Paolini rises from this conflict with a series of works, one of which named Ut Op. With his usual and by now paradigmatic esprit de finesse (a rare combination G. Paolini of geometries and glances which also characterize his writing), the artist was alluding to the historical ut pictura poesis and, what was at the time contemporary, optical art. Ut Op naturally is not just conceptual linguistic word play. The work is composed of three square surfaces set up in a corner of the room. It dealt (and still deals) with, to use Paolini's own words, “work made out of canvases prepared for painting, not therefore abstract or 'environmental' interventions, but rather the canvas configuring itself in space”. Fuori gioco (Offside), for Camere #8, with works and interventions by Olafur Eliasson, Giulio Paolini and Erwin Wurm was conceived in relation to its situation, the rooms of RAM in Rome. Stepping back in time, it begins onside (only to end naturally offside) with Ut Op in 1966. At this point, at once concrete, present and historical, Paolini takes part in a G. Paolini contemporary revisiting; a supplement but perhaps also and above all an extension claiming, among other things, that artwork is always (or nearly) destined to circulate. Not least, this work by Paolini made an important point in favour of rare/clear critique; his were not abstract interventions nor were they environmental (no small feat considering the nature of thousands of interventions and installations since then up to today).


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 5

O. Eliasson

E' il caso, così, di Olafur Eliasson che in tutte le sue opere degli ultimi anni affronta l'idea, e la sua materializzazione, di “panorama” come luogo in cui si gioca la realtà della nostra percezione del mondo (talora da un particolare angolo prospettico, che nelle traiettorie della storia dell'arte, possiamo rintracciare nell'osservatore di Caspar David Friedrich mentre in Paolini, secondo altre geometrie, si potrebbe rintracciare nel giovane che guarda Lorenzo Lotto ). Per localizzare esattamente quella specie di spazio che Olafur Eliasson sperimenta ( e ci fa sperimentare come osservatori) è utile e sintetico il titolo di una sua mostra personale del 2008 a Berlino: Inside of Outside. Di natura simmetricamente opposta, outside of inside, sono invece le sculture di Erwin Wurm. L'artista austriaco nelle sue opere persegue una costante definizione dell'idea stessa di scultura abbinata ad un campo in cui giocano sorprendenti e complesse manifestazioni psicologiche e comportamentali. Talora il richiamo alla letteratura e alla teoria freudiana sono ulteriore occasione per liberare una leggera ed acuta (angolare, benché si presenti sotto forma concettuale e concreta di piattaforma) piccola J. Durham in front of the work of E. Wurm psicopatologia della vita quotidiana e, insieme, un motto di spirito; uno “spirito di patata” come riflette benissimo una delle sue sculture in mostra.

Particularly this “not being environmental”, this negative essence beyond the c o m m o n w o r d p l a y, transform these positions into an arbiter and referee for a precise definition of works by artists in later generations. As such, it is the case that Olafur Eliasson, who in all his most recent work O. Eliasson confronts the idea, as well as the materialization, of “panorama” as a place where we play for the reality of our perception of the world (at times from a particular vantage point, within the trajectories of art history, we can make this out in the osservatore by Caspar David Friedrich while in Paolini, according to other geometries, it can be found in the giovane che guarda Lorenzo Lotto ). In order to localize exactly the type of space which Olafur Eliasson experiments with (and which he makes us, as spectators, experiment with) it is useful and concise to consider the title of one of his personal exhibitions in Berlin in 2008: Inside of Outside. The sculptures of Erwin Wurm are the exact symmetrical opposite of inside of outside . In his work the Austrian artist pursues a constant definition of the idea of sculpture combined with a field on which surprising and complex psychological and behavioural manifestations are played. Recalling literature and Freudian theory is further occasion to liberate a slight and acute (angular, despite D. Bianchi, A. Bonito Oliva and C. Sironi, E. Gandini and A. Pirri. being presented in the conceptual and concrete form of platform) psychopathology of everyday life and, at the same time, a mot d'esprit; slapstick humour, as reflected very well in one of the sculptures in the exhibition. Ps: Fuorigioco (Offside) is also clearly a term referring the game of football. To its secular and ample reading the authors of this brief text slightly allude.

Ps: Fuorigioco (Offside) è ovviamente anche un termine che si richiama al gioco del calcio. Alla sua secolare e ampia letteratura, gli autori di questo breve testo un pochino alludono.

H. Friedel and E. Wurm I. Valbonesi and D. Spaziani

J. Kounellis

L. Ontani

L. Perilli


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 6

RAM radioartemobile / Impronte Contemporary Art

MiArt 2009 LA MEMORIA DEL MITO with a text by VIKTOR MISIANO Carla Accardi - Getulio Alviani - Said Atabekov - Vadim Fishkin - Alberto Garutti Anastasia Khoroshilova - Jannis Kounellis - Vladimir Kupriyanov - Vettor Pisani Michelangelo Pistoletto - Andrei Roiter - Stas Shuripa - Donatella Spaziani Pad 4 - Stand I08 April 2009

LA MEMORIA DEL MITO

LA MEMORIA DEL MITO

Viktor Misiano

Viktor Misiano

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rt has its origins in myth and has never forgotten this. Although Nietzsche believed that innovation is born out of forgetfulness, he nevertheless came to this conclusion by studying the ancient myths and inventing new ones. This remembrance of myth and mythology appealed to Joyce, De Chirico and Artaud who were all captivated Nietzsche readers and who all in turn transformed European notions about art. And today's innovative creators of myth such as Kounellis, Pistoletto, Pisani and Atabekov all recall and remember this. Rejecting history has its own long history – the attempts by such artists as V. Fishkin at creating that which has never been and never can be, has been preserved in the archive registers for a long time now ( Fishkin ) . The cult of pure absolute forms and signs, devoid of any historical reference (Accardi, Alviani and Shuripa) is essentially yet another return to the ideal of the ancients, who dreamed of the art of the ideal form. We share with the ancients the notion of the elements and energy – air and fire, sound and music (Alviani, Pisani, Fishkin, Atabekov), and also the understanding that man has measured all things (Spaziani). And indeed Arianne's thread wasn't spun yesterday either (Garutti). Life without myth would be unbearably dull, its sole consolation being the perceptive and contemplative gaze. There is a remembrance of myth contained in each everyday object, and the more perceptive the gaze then the greater the gift of tranquillity and melancholy bestowed (Kupriyanov, Roiter, Khoroshilova). After all, the admission that from time immemorial we have been relating one and the same stories is both soothing and dispiriting. Indeed, the myth of “the eternal return of the same” is an idea that was also revived by Nietzsche.

’arte è nata dal mito, nessuno l'ha mai dimenticato. Benché Nietzsche fosse persuaso che l'innovazione scaturisse dall'oblio, tuttavia era giunto a questa conclusione indagando i miti dell'antichità e elaborandone di nuovi. È stato proprio il ricordo del mito a esortare appassionati lettori di Nietzsche come Joyce, De Chirico e Artaud a cambiare radicalmente la visione europea dell'arte. Ne sono memori tuttora gli innovatori della mitopoiesi (Kounellis, Pistoletto, Pisani, Atabekov). Anche il rifiuto della storia ha la sua propria storia: l'inventario dei tentativi di creare quel che non è mai stato e che non può essere è ormai conservato da tempo negli archivi (V. Fishkin). Il culto delle forme e dei segni puri, privi di un referente storico (Accardi, Alviani, Shuripa) è, in definitiva, l'ennesimo ritorno all'ideale degli antichi che sognavano un'arte dalle forme ideali. E con gli antichi noi condividiamo le suggestioni degli elementi e delle energie naturali – aria e fuoco, suono e movimento (Alviani, Pisani, Fishkin, Atabekov), insieme all'idea che l'uomo sia la misura di tutte le cose (Spaziani). Neppure il filo di Arianna è un'invenzione del presente (Garutti). Senza mito, la vita sarebbe insopportabilmente noiosa, l'unico conforto a esserci concesso è infatti uno sguardo attento. Ogni cosa quotidiana è pervasa dal ricordo del mito e perciò quanto più è ponderato lo sguardo, tanto maggiori sono la pace e la malinconia che dona (Kupryanov, Roiter, Khoroshilova). Perché l'ammissione che, dalla notte dei tempi, stiamo raccontando sempre la stessa storia, rappacifica con se stessi e rende malinconici. D'altronde, a recuperare il mito dell' “eterno ritorno dell'identico” era stato, ancora una volta, Nietzsche.

A

G. Felluga and L. Bulian


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 7

CARLA ACCARDI NEW PAINTINGS and SUPERFICIE IN CERAMICA (with sound elaboration by GIANNA NANNINI) Sala Luis Miró Quesada Garland, Perù (Lima) April - May 2009

O

i immagina l'artista come un creatore cieco, introdottosi nel labirinto dell'informe inconscio, un atleta che sbozza la materia inerte lungo le casuali metamorforsi, fino al parto della duplice forma: aurea e mostruosa. La “longa manus” della Accardi strapola i segni dell'ibrido magma. L'amnesia oscura della materia richiede all'artista uno sforzo luminoso pari a quello del gigante Atlante che sorregge il mondo. L'armonia geo metrica ristabilisce l'ordine. Forma e contenuto innamorati, attratti dal legame estetico.

S

ne imagines the artist as a blind creator plunging into the labyrinth of the shapeless unconscious, an athlete sketching inert matter along random metamorphoses until a duplicate is born: golden and monstrous. Accardi's “longa manus” extrapolates signs from hybrid magma. The dark amnesia of the subject requires a luminous effort from the artist equal to that of the the giant Atlas bearing the world. Geometric harmony reestablishes order. Form and content in love, bound by aesthetics.

Valentino Zeichen

Valentino Zeichen

A. Pavanel, D. Stiefelmeier and A. Trimani

E. Del Balzo, Amb. F. Rausi and M. P. Dradi

Unterwegstheater

M. Munive


RAM newsletter - January / April 2009, pag. 8

RAM LIVE http://live.radioartemobile.it/ SOUNDS LIKE RAM LIVE Ilari Valbonesi

SOUNDS LIKE RAM LIVE Ilari Valbonesi

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al 17 al 22 Marzo, RAM LIVE ha realizzato un reportage d'arte intitolato Sounds Like Dubai, che ha raccolto le testimonianze, i suoni e le voci della cultura mondiale provenienti dal cuore del Golfo Persico. Un luogo cruciale per il dibattito dell'arte contemporanea con l'inaugurazione di Art Dubai 2009, Al Bastakiya, fiera Official Inauguration Sharjah Biennial by H.H Dr.Sheikh dedicata alla scena emergente degli Sultan bin Mohammed Al Qasimi and Jack Persekian (artistic director) Emirati e Abraaj Capital Art Prize, premio annuale rivolto agli artisti che provengono dal Medio Oriente, Nord Africa e Sud Asia e l'opening della Biennale di Sharjah, strategica per l'apertura del Golfo nel dialogo interculturale che supera i confini delle nazioni in direzione “mondo”. Giorni in cui si festeggiava anche “Gerusalemme capitale della cultura araba” e il Naw Ruz, il capodanno del calendario iraniano, in cui il Presidente U.S.A. Barack Obama ha parlato alla Repubblica islamica dell'Iran in un videomessaggio «Superiamo trent'anni di conflitti». Fitte le conversazioni con H.D. Darwish, curatrice del Sharjah Museum for Contemporary Arab Art e con molti artisti, tra cui ricordo con piacere Reem Al Gaith, Giuseppe Moscatello, Madjid Asgari, Gita Meh, Nika Oblak, Primoz Novak, Rodin Hamidi, Firoz Mahmud. E Lara Favaretto, protagonista indiscussa della Biennale, con un'installazione che ha coronato la cena di gala di H.H. Dr. Sheikh Sultan bin Mohammed Al Qasimi. A Dubai ho incontrato il giovane sultano Al-Quassemi, Young Rodin Hamidi Arab Leader e collezionista sensibile che ha raccolto più di 140 opere d'arte mediorientali in poco meno di dieci anni, che oltre a costituire la sua collezione, esibiscono uno sguardo prezioso sull'arte locale. Su un divano in riva al mare ho conversato amabilmente con gli artisti Zakaria Ramhani e Majida Khattari, e Anil Bhimjiyani, mecenate e promotore di emergingworldart.com. E ancora tanti i mondi che si sono intrecciati al Global Forum con Joseph Backstein, Direttore della Moscow Biennale e Mikhail Piotrovsky Direttore dell' Hermitage di St. Petersburg che ha parlato del museo come patrimonio dell'umanità. Dopo il palinsesto sugli Emirati, RAM LIVE è tornata in Italia con Sounds Like MiART, in collaborazione con la Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Milano, giunta alla quattordicesima edizione a cura di Alessandro Cappello (Project Manager), con la consulenza artistica di Donatella Volontè per il Settore Moderno, e di Giacinto Di Pietrantonio per il Settore del Contemporaneo. Ennesima occasione ed evento d'arte nella modalità Vanessa Beecroft, VB65 performance, dell'ascolto, a cui hanno partecipato galleristi, 16 march 2009, Milano, Pac artisti, collezionisti, addetti ai lavori internazionali. Anche le conferenze - tra cui il Chisciotte di Alessandro Bergonzoni - hanno animato il dialogo tra la città, il sistema culturale, istituzionale ed imprenditoriale. La passeggiata sonora Miraggi 2009 insieme a Matteo Lorenzelli, Raffaella Cortese, Antonio Colombo, Paola Colombari, Riccardo Crespi, Stefano Contini, Antonio Battaglia, Fabrizio Dellotto; l'intervento di Getulio Alviani, per il 50° Anniversario Diners; le interviste che hanno impreziosito le giornate alla fiera: Giangi Fonti, Lorenzo Scotto di Luzio, Pietro Sartogo, Cesare Manzo e Massimiliano Finazzer Flory - Assessore alla Cultura del Comune di Milano che ha promosso VB65. E infine l'inizio. Del viaggio con Teatr'Arteria project nel primo edificio della Stagione 2009 “ Pezzi d'occasione” per la regia di Carlo Quartucci, Carla Tatò e la sua voce registrata, le lame di Jannis Kounellis, le parole di Samuel Beckett, il contrappunto sonoro di Henning Christiansen, il pubblico testimone, e le giovani figure attoriali del laboratorio universitario che hanno agitato i padiglioni della Fiera di Roma, The Road to Contemporary Art, amplificato lo Stand di RAM e messo in scena lo spazio radio RAM LIVE. “La parola ti nutre e ti rende visionaria là dove evoca, posizionandosi poeticamente nello spazio” mi ricorda Carla Tatò. Fine del prologo. Inizio della Tragedia Felice. Con l'apposizione dello stendardo Don Chisciotte di Carla Accardi. Perché souffrir, c'est donner à quelque chose une attention suprême, scriveva Valéry per la voce del Signor Teste.

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rom March 17 to 22 , RAM LIVE produced Sounds Like Dubai, a report comprising the sounds and voices of world culture from the heart of the Persian Gulf. This is a crucial place for the debate on contemporary art with the opening of Art Dubai 2009, Al Bastakiya, a fair dedicated to the emerging Emirate art scene, and the Abraaj Capital Art Prize, an annual award Global Forum Art Dubai 2009 for artists from the Middle East, Building on and Building with Biennials North Africa and South Asia, as well as the inauguration of Sharjah Biennale, a strategy for opening the Gulf to intercultural dialogue which transcends national frontiers and opens out to the “world”. These days also mark the celebration of “Jerusalem, capital of Arab culture” as well as the Naw Ruz, the Iranian New Year, in which the President of the United States, Barack Obama, spoke to the Islamic Republic in a video-message with the aim to “resolve thirty years of conflict”. Intense are the conversations with H.D. Darwish, curator of the Sharjah Museum for Contemporary Arab Art and with many artists, among which I fondly remember Reem Al Gaith, Giuseppe Moscatello, Madjid Asgari, Gita Meh, Nika Oblak, Primoz Novak, Rodin Hamidi, Firoz Mahmud, as well as Lara Favaretto, undisputed protagonist of the Biennale with an installation which crowned the gala dinner with H.H. Dr. Sheikh Sultan bin Mohammed Al Qasimi. In Dubai I met the young Sultan Al-Quassemi, Young Arab Leader and sensitive collector who has brought together more than 140 Middle Eastern works of art in little more than ten years, which, apart from constituting his private collection, exhibit a precious view on local art. On a divan on the seashore I amiably talked with the artists Zakaria Ramhani and Majida Khattari, as well as Anil Bhimjiyani, patron and promoter of emergingworldart.com. Many are the worlds which came together at the Global Forum with Joseph Backstein, Director of the Moscow Biennale and Mikhail Piotrovsky Director of the St. Petersburg Hermitage who spoke of the Madjid Asgari museum as a human heritage. After the Emirates programme, RAM LIVE returned to Italy with Sounds Like MiART, in collaboration with the Milan International Modern and th Contemporary Art Fair, now in its 14 year, curated by Alessandro Cappello (Project Manager), with the artistic consultancy of Donatella Volontè for the Modern sector and Giacinto Di Pietrantonio for the Contemporary sector. This was the umpteenth audience-based art event, with the participation of dealers, artists, collectors, and others involved in international art. Even the conferences – among which Alessandro Bergonzoni's Quixote – brought about dialogue between the city and the cultural, institutional and entrepreneurial systems; the sonar stroll that is Miraggi 2009 (Mirages 2009) together with Matteo Lorenzelli, Raffaella Cortese, Antonio Colombo, Paola Colombari, Riccardo Crespi, Stefano Contini, Antonio Battaglia and Fabrizio Dellotto; th Getulio Alviani's intervention for the 50 Diners Anniversary; the interviews that embellished the days of the fair: Giangi Fonti, Lorenzo Scotto di Luzio, Pietro Sartogo, Cesare Manzo and Massimiliano Finazzer Flory – Culture Councillor for the Milan City Council – who promoted the VB65. And finally, the beginning: of the voyage with the Teatr'Arteria project in the first “edificio scenico” of the 2009 Season “Pezzi d'occasione” (“Bargain Items”) directed by Carlo Quartucci, Carla Tatò and her recorded voice, the blades of Jannis Kounellis, the words of Samuel Beckett, the cultural counterpoint of Henning Christiansen, the audience as witness, and the young actorial figures from the university workshop which agitated the pavilions of the Roma - The Road to Contemporary Art fair, amplifying RAM's stand and putting on a show at RAM LIVE's space. “The word feeds you and makes you a visionary there where it evokes, positioning itself poetically in space” Carla Tatò reminds me. End of prologue. Beginning of the “Tragedia felice”. With the apposition of Carla Accardi's Distinctive Flag for Don Quixote. Because “souffrir, c'est donner à quelque chose une attention suprême”, wrote Valéry for the voice of Monsieur Teste.

RAM LIVE_Radio Programme Production: Ilari Valbonesi (Director). Luca Vitiello (Assistant Production) _E-mail: live@radioartemobile.it RAM NEWSLETTER #6 CREDITS Editorial Coordinator and Layout: Felix Monguilot-Benzal Photos: Mario Di Paolo, Marco Fedele di Catrano and Courtesy RAM Translations: Oliver Dorostkar Special thanks to: Antonio Trimani and Laura Bulian Circulation: 1000 copies


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