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Duran Duran in Italia per i 40 anni di Rio

DURAN DURAN

IN ITALIA PER I 40 ANNI DI RIO

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A cura di RANUCCIO BASTONI

bello, dopo due anni di segregazione a causa del covid, ritrovarci sul palco, davanti ad un pubblico vero, in carne e ossa, e soprattutto in Italia. Adoriamo l’Italia, dove migliaia di fan ci seguono e ci amano da tempo immemorabile. Abbiamo portato vecchie canzoni e successi mondiali, tratti dal nostro secondo album “Rio”, ma anche qualcosa di nuovo e di inedito, dal nostro ultimo disco “Future past”. Sì, stasera nel Parco Bussoladomani a Lido di Camaiore (Lucca), per il Festival “La Prima Estate”, festeggeremo il nostro ritorno in mezzo alla gente e il quarantesimo compleanno dalla nascita di “Rio”». Simon Le Bon, il “capo” dei Duran Duran, il gruppo inglese che quarantadue anni fa conquistò il mondo, parla dal gigantesco palcoscenico costruito in mezzo al

«È parco a un centinaio di metri dal mare, in Versilia, davanti a una folla oceanica che lo ascolta attenta, mentre migliaia di telefonini lampeggiano in una specie di rutilante balletto di luci. Accanto a lui il gruppo storico: John Taylor, Nick Rhodes e Roger Taylor. È l’unico concerto in Italia del gruppo musicale che finalmente ha ripreso il suo girovagare per mezzo mondo tornando a cantare dal vivo, sempre attenti però alla prevenzione:

la pandemia è sempre in agguato e se venissero colpiti dal coronavirus, anche se in modo superficiale, la conseguente micidiale quarantena manderebbe all’aria la prosecuzione del tour. In Italia sono arrivati preceduti dalla notizia che erano entrati a far parte della celebre “Rock and roll Hall of Fame”, fondazione nata a Cleveland negli USA nel 1986 e che, come è noto, raccoglie singoli artisti, o gruppi, solamente dopo che sono trascorsi almeno 25 anni dalla pubblicazione della loro prima incisione. Le nomine sono rivolte esclusivamente a coloro che hanno giocato un ruolo di significativa influenza nella storia del rock. A Los Angeles, per la presentazione del calendario della band per l’estate 2022, a chi gli chiedeva di commentare questo importante riconoscimento, Simon aveva risposto scuotendo la testa. «Sì - aveva ammesso - i Duran Duran hanno fatto molto e bello, ma non hanno mai cercato di ottenere premi importanti. Se arrivano, siamo felici, ma noi siamo una band di tutti, della gente. E per noi è sempre stato fondamentale fare musica che ci raccontasse, per regalare momenti indimenticabili a tante persone. Non abbiamo mai creato con l’obiettivo di avere targhe importanti, ma solo perché ci piaceva suonare, divertirci e trasmettere questo nostro entusiasmo alla gente». Per quasi due ore Simon Le Bon canta e dialoga col pubblico. Salta da un capo all’altro dell’immenso palcoscenico, duetta coi compagni, senza sosta. Quando le luci sulla platea gremita si abbassano e sfavillano le centinaia di riflettori che sparano lame di luci sul palco, dagli altoparlanti si levano le note dell’attacco della canzone “Wild boys”, un profondo boato sale dal pubblico e cominciano a scattare i flash dei cellulari. Ragazze e ragazzi giovanissimi ballano nella fitta folla mischiandosi a più attempati ammiratori ed eleganti signore: la macchina del tempo della musica ha riportato tutti agli anni Ottanta e Simon Le Bon avverte il profondo brivido che sale dalla pista e lo travolge mentre sull’enorme fondale scorrono potenti immagini coloratissime. È la rivoluzionaria coreografia voluta dai Duran Duran per questa esibizione: nessun ingombro sul palco, nessuna infrastruttura, solo dei giganteschi schermi dove una intelligenza artificiale dà vita a uno spettacolo nello spettacolo, ispirandosi ai testi ed alle note della band. A Los Angeles Simon aveva già annunciato che la band non sarebbe rimasta insensibile ai momenti tragici che sta vivendo e stanno insanguinando l’Europa: la guerra in Ucraina… «Vogliamo dedicare la prossima canzone, “Ordinary world”, al popolo ucraino, colpito dalla guerra» dice infatti dal palco prima di intonare la celebre canzone, a circa metà concerto. «Nonostante tutto quello che sta accadendo, non dobbiamo mai rinunciare alla speranza. Cerchiamo sempre la pace». Uno stormo di colombe bianche si materializza sul palco e fluttua sulle note della canzone; il battito delle ali le sottolinea e volano, volano le colombe entrando ed uscendo dalla scena, inseguendosi. È la speranza della pace, la fine del conflitto, il ripudio della guerra, secondo Simon Le Bon e i Duran Duran.

LA PRIMA ESTATE Questo insolito festival a Lido di Camaiore, ideato da Mimmo D’Alessandro con Alessandro Galli, titolari dell’agenzia di spettacolo fra le più importanti d’Europa, è al debutto, in mezzo al Parco Bussoladomani, dove negli anni Settanta Sergio Bernardini, dopo aver lanciato il music-hall in Italia alla celebre Bussola di Focette, aveva fatto sorgere uno “chapiteau” dedicato ai grandi eventi musicali e artistici. Coraggioso esperimento che in breve tempo fece diventare Lido di Camaiore e la Versilia un polo di attrazione internazionale proponendo i nomi più famosi delle sette note, del teatro e del varietà da Donna Summer a Barry White, a Renato Zero. Fu qui che nel 1978 Mina dette l’addio ai concerti dal vivo con una serie di recital rimasti nella memoria di tutti.

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