leggendo Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu
Leggere, fare e raccontare
Le mille possibilità di stare (bene) nella biblioteca di Barchetta Blu 28
10. Questo mese: Anch’io vado a scuola
Se mi insegni, io lo imparo Se mi parli, mi è più chiaro Se lo fai, mi entra in testa Se con me tu impari, resta. Nel libro Rime Raminghe ci sono cinquanta poesie raccolte e poi scritte da Bruno Tognolini in più di quindici anni. Tra queste ho scelto quella chiamata Diritto all’educazione che spiega in poche parole come i bambini rispondano agli imput degli adulti: se l’adulto insegna il bambino impara, se l’adulto parla il bambino ascolta e capisce con più chiarezza, ma solo se l’adulto sta con lui
il bambino interiorizza e assimila veramente, avendo bisogno di una serenità emotiva per apprendere. I bambini hanno bisogno di essere sostenuti, supportati, aiutati. Per genitori e bambini i primi giorni di scuola sono impegnativi e complessi. L’inizio dell’anno scolastico o ancor di più l’inserimento a scuola per un bambino adottivo che arriva in Italia ad anno iniziato, ha bisogno di una particolare attenzione. Si tratta infatti di un grande cambiamento e di un momento di crescita emotiva non priva di paure e difficoltà. Molte volte sento dire che i bambini devono essere responsabilizzati, devono essere autonomi e devono cavarsela da soli, magari riferendosi a bambini di seconda elementare. Sono convinta che ci sia tempo per mettere alla prova i bambini e per
sviluppare in loro autonomia e capacità di sapersi arrangiare. Come magistralmente viene espresso da Bruno Tognolini nella poesia, i bambini hanno bisogno di adulti che stiano con e insieme a loro. I libri, le storie illustrate, gli albi e i racconti possono venire in aiuto di genitori e insegnanti suggerendo situazioni in cui i bambini possano immedesimarsi. Per sdrammatizzare si possono trovare dei momenti per inventare rime e filastrocche sugli accadimenti dei primi giorni di scuola; con l’aiuto di albi illustrati e piccoli racconti si può dare la possibilità ai bambini di trovare le parole giuste per raccontare i momenti più difficili. Per strada, al ritorno da scuola, a pranzo o a merenda, in biblioteca o distesi sul divano del salotto di casa si può fare il gioco dell’inventarima e avere
la possibilità di parlare di ciò che è successo a scuola. All’inizio sarà l’adulto a suggerire gli argomenti e le rime ma poi i bambini diventeranno dei veri e propri poeti e inventori di filastrocche. Ecco alcune rime di bambini e genitori che hanno partecipato ad un incontro in biblioteca sui primi giorni di scuola: “Son tre notti che non dormo perché penso al primo giorno ai miei compagni cosa dire, senza aver paura “da moririe” “Colazione e zainetto, libri e anche un fazzoletto Sono pronto per uscire ma vorrei tornare a dormire” “Quando vedo la mamma andare via mi viene una grande malinconia Mi viene da piangere e sono disperato, mi sento solo e abbandonato” “C’è un bambino che mi dice ciccione, lui è un vero
mascalzone una bambina mi fa la linguaccia ma poi mi prende per mano e forte mi abbraccia” “Oggi ti ho detto all’entrata di scuola stai contento e buon divertimento Io al lavoro ti ho comunque pensato e son felice tu sia ritornato Ogni mattina a scuola ti porto per giocare e imparare Al pomeriggio poi stiamo insieme per raccontarci e ricordare”.
ma diretto della reazione di un gruppo di insegnanti davanti ad un nuovo modo di comportarsi di una intera classe. A dire il vero si tratta di una sorta di sfida fra marchi e femmine, fra bambini e adulti. I bambini della classe di Dave vengono chiamati gli inzittibili poiché sono la classe quinta più chiacchierona e rumorosa degli ultimi anni. Dave allora, ispirandosi a Gandhi, durante una ricerca sull’India, ha pensato di provare a stare in silenzio per un’ora, per un’intera giornata, senza dire una parola. Aveva letto che per molti anni, per un giorno alla settimana, Gandhi restava in assoluto silenzio. Era convinto che fosse un modo per rimettere ordine nella sua mente. Nell’ironico e divertente li- Il protagonista della stobro Il gioco del silenzio di ria rimane affascinato da Andrew Clements si rac- questa possibilità e lancia conta in modo semplice la sfida alla inarrestabile
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compagna di classe Lindsey. All’inizio la sfida è solo tra lui e lei per quattro ore; poi, sottolineando il fatto che i maschi parlano sempre meno delle femmine, la sfida diventa per due giorni e per tutti i bambini della classe. Non potendo dire niente a nessun adulto e non potendo proprio stare sempre in silenzio si stabilisce che a casa come a scuola si possono dire al massimo tre parole di seguito; ogni parola in più è un punto contro la propria squadra e ognuno segna i propri punti lealmente. Scorrendo fra le pagine di questo libro, la cosa che più mi ha sorpreso è la reazione degli adulti. Improvvisamente preside e insegnanti hanno ottenuto dai bambini di quinta quello che per tanti anni con grida e megafoni hanno sempre richiesto: il silenzio. Para-
dossalmente però, invece di esserne contenti ne vorrebbero fare a meno; anziché cogliere al volo questa nuova possibilità, gli adulti contestano i bambini e vogliono ancora un volta punirli e obbligarli a rientrare sotto il loro controllo. Per fortuna non tutti gli insegnanti reagiscono allo stesso modo. Alcuni adulti infatti si rendono conto che la proposta dei bambini può aprire nuovi e interessanti scenari didattici; qualche insegnante ha capito che la motivazione fa superare ogni difficoltà e che valorizzare l’intraprendenza dei bambini può essere utile in molte occasioni. La vita a casa e a scuola si intreccia in questo stravagante gioco che coinvolge allievi, insegnanti e genitori. Spesso chiediamo ai bambini di stare in silenzio in un
modo non proprio gentile e calmo, e così otteniamo al contrario ancora più confusione. Forse l’autore ci vuole anche spingere a riflettere su come ci dovrebbero essere ben altre occasioni di scambio e condivisione fra scuola e famiglia. Un piccolo spunto pratico può proprio essere quello di provare anche noi, con i nostri bambini a stare in silenzio per un po’. Non un silenzio di rimprovero o punitivo ma un silenzio magico che permette di sentire le gocce di pioggia, il vento, il respiro e il battito del cuore. A volte per grandi e piccoli lo stare in silenzio spaventa; stare in silenzio significa riflettere su se stessi e mettersi in una condizione di ascolto. Da un lato si chiede di non parlare, di non fare più niente ma dall’altro si chiede di concentrarsi e
prestare maggiore attenzione. I bambini sono così invogliati a dare maggiore ascolto al mondo che li circonda. Il vecchio e ingrato compito di segnare alla lavagna chi non sta in silenzio può essere sostituito con lo scrivere chi nel silenzio di base riconosce più rumori e suoni possibili.
mente questo è un libro sulla gentilezza: a casa e a scuola, con gli amici e con i familiari, dappertutto e in ogni momento la gentilezza ci dovrebbe sempre accompagnare. La storia di August è così intensa e profonda che coinvolge dalla prima all’ultima pagina. Commuove e fa sorridere, diverte e fa riflettere. August è un ragazzo normale ma con una faccia speciale, con un volto deforme dalla nascita. Per i primi dieci anni della sua vita viene protetto dalla sua famiglia che lo istruisce in casa e filtra tutti i rapporti con il mondo circostante. Quando compie Un libro davvero strabi- dieci anni, arriva però il liante ed emozionante, in- momento in cui deve antenso e divertente che ge- dare in una scuola vera e nitori, insegnanti e bam- propria e Auggie deve acbini dovrebbero assoluta- cettare questa inevitabile mente leggere è Wonder di decisione di frequentare R. J. Palacio. Essenzial- la prima media insieme a
tanti altri ragazzi. Il protagonista è tenace e ironico ma è anche schiacciato dalla paura: chi gli rivolgerà la parola? Chi si siederà vicino? Come dovrà comportarsi con gli altri? Riuscirà a convincere i suoi coetanei che nonostante le apparenze lui è proprio come loro? Fino a quel momento, l’unico giorno in cui August si era sentito come gli altri bambini era stato la festa di Alloween; in quel giorno August poteva liberamente aggirarsi con la sua maschera e con il suo costume di guerre stellari senza essere notato; poteva finalmente sentirsi un bambino come tutti gli altri. La sindrome di August gli ha deformato il viso e le molte operazioni non hanno riportato la faccia alla normalità. Quindi il suo aspetto esteriore condiziona fortemente qualsi-
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asi relazione con coetanei e adulti. Quando inizia a frequentare la nuova scuola, August si accorge che molti parlano di lui, a volte con disgusto, a volte con sorpresa. Per fortuna il protagonista scopre anche che c’è qualcuno, come la sua nuova amica Summer, che va oltre l’aspetto esteriore; con lei scherza, ride e compila la sua personale classifica di bulli e antipatici. La vita a scuola non è per niente semplice soprattutto quando scopre che il compagno di classe Julian, geloso dell’amicizia di Auggie con Summer, inventa la diceria secondo la quale toccare August significa prendersi la peste! L’autrice del libro racconta che ha deciso di scrivere questa storia poiché è rimasta sbigottita di se stessa e della sua reazione davanti ad un bambino con il viso deforme incon-
trato in un parco. Uno dei suoi figli, vedendo il viso di quel bambino così diverso, aveva iniziato a urlare fortissimo e lei, non sapendo cosa fare, era scappata portandosi via l’amara sensazione di aver reagito in modo sciocco e insensibile. Così ha deciso di scrivere questa sorta di diario raccontando August ma anche la sua famiglia e sua sorella adolescente, la sua scuola e i suoi compagni, lo sconforto iniziale e la forza di superarlo in una storia di affetto e amicizia. Ma come ho accennato, Wonder è soprattutto un libro sulla gentilezza, così rara e preziosa di questi tempi. Leggendo queste pagine si deve ammettere che sono per primi gli adulti ad aver difficoltà ad accettare le differenze, a non saper insegnare la gentilezza, a voler spesso dimostrare il loro bisogno di sopraffazio-
ne. Sono spesso gli adulti i primi a non sapersi rapportare con una diversità. La reazione di chi incontra August può essere descritta con wonder, lo stesso titolo del libro che indica una sensazione che non si riesce a tradurre in italiano con una sola parola: si tratta di un incrocio tra stupore, meraviglia e curiosità provocata da qualcosa di anomalo. So di non essere un normale ragazzino di dieci anni. Sì, insomma, faccio cose normali, naturalmente. Mangio il gelato. Vado in bicicletta. Gioco a palla. Ho l’Xbox. E cose come queste fanno di me una persona normale. Suppongo. E io mi sento normale. Voglio dire dentro. Ma so anche che i ragazzini normali non fanno scappare via gli altri ragazzini normali tra urla e strepiti ai
giardini. E so che la gente non li fissa a bocca aperta ovunque vadano. Così si descrive il protagonista, con la sua rarissima sindrome che non gli impedisce di essere molto intelligente e ironico, simpatico e determinato; naturalmente le sue incertezze sono tante e soprattutto la paura di non trovare il suo posto nel mondo lo accompagna in ogni istante. Ogni giorno, adulti e bambini, fanno i conti con le proprie incertezze e debolezze; ogni giorno è possibile cercare di superare le proprie paure confrontandosi con gli altri e cercando di conoscere meglio sé stessi e gli altri. In questo stupefacente libro si riesce a parlare di moltissimi temi: rapporti interfamiliari, scuola, amicizia, bullismo, ricerca della propria identità.
Lo spazio per ridere e per commuoversi, per gioire e per aver paura, per appassionarsi e per temere non toglie mai niente alla vera protagonista presente in ogni pagina: la gentilezza. Non intesa come un finto perbenismo ma come una necessità di prestare ascolto ai bisogni dell’altro. Il libro è consigliato dai 12 anni in su ma io lo suggerisco anche a genitori e insegnanti che abbiano la voglia e la pazienza di leggere ad alta voce, magari qualche pagina al giorno, anche con bambini più piccoli. Quando ti viene data la possibilità di avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile. Con questa affermazione, l’autrice, attraverso il suo libro, vuole convincerci che la gentilezza sia l’atteggiamento migliore per condizionare in meglio ogni cosa
che ci circonda. Anche io ne sono convinta e chiedo a tutti di condividere con me questo semplice ma prezioso pensiero.
Bibliografia per bambini e ragazzi che crescono Rime Raminghe. B. Tognolini, Salani Editore, 2013 Il gioco del silenzio. A. Clements, Rizzoli, 2010 Wonder. R. J. Palacio, Giunti, 2013 La maestra è un capitano. A. Ferrara, Coccole e Caccole, 2012 Fra i banchi. G. Rodari, G. Orecchia, Einaudi Ragazzi, 2013 Ascolta il mio cuore. B Pitzorno, Mondadori, 2010 Ladre di regali. A. Chambers, Giunti, 2004 Siti interessanti www.webalice.it/tognolini www.wonder.giunti.it
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