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Le città del Duemila

Se solo cinquant’anni fa avessimo chiesto a chiunque di darci un’immagine della città del futuro la risposta avrebbe delineato un panorama fi tto di torri di 100 piani, superstrade e macchine volanti. Trasportato dal treno superveloce della tecnologia industriale e pesante dell’epoca, l’attributo ‘del duemila’ era precisamente ciò che qualifi cava il progresso. Oggi che ci siamo ormai addentrati nel XXI secolo, la nuova etichetta che identifi ca il futuro è ‘Eco’. Il fulcro sono le città, ben analizzate da Alan Weisman, sempre affollate, enormi e dense di problemi, dove le città europee rappresentano un caso particolare. Interessate da una crescita relativamente modesta, appartengono a una realtà che negli ultimi 200 anni ha attraversato ogni genere di vicissitudini, precorso fasi e sviluppato anticorpi: una condizione che da un lato fa apparire le vecchie immagini del futuro tanto superate quanto pericolose, e dall’altro rivela che le città ecologicamente orientate del XXI secolo stanno rincorrendo gli schemi tipologici e funzionali della città tradizionale, aggiornandoli secondo alcuni denominatori comuni. Innanzitutto, la presenza dell’automobile nelle città – che per decenni ha condizionato l’urbanistica in modo pressoché totalizzante – al centro del libro anticipatore di Moshe Safdie del 1997 The City After the Automobile viene oggi considerata indiscutibilmente problematica, e pertanto da arginare. Contemporaneamente il recupero di una dimensione locale e di quartiere, tipica del passato, trova espressione nelle recenti iniziative ispirate ai principi della “ville du quart d’heure” pedonale e ciclabile e la notevole visione di una città organizzata in base ai tempi di percorrenza di Fabio Casiroli. La presenza infi ne di natura in città – un tempo così facile da raggiungere appena fuori le mura – viene oggi percepita sia come un polmone, necessario per respirare, che come un fegato, indispensabile per depurare. Questa nuova idea di paesaggio urbano, così ben affrontato nei progetti sullo spazio aperto pubblico di Martha Schwartz, capace metodicamente di produrre servizi ecosistemici, segue presupposti ben diversi da quelli ornamentali della tradizione e dal piano astratto dello spazio aperto modernista sul quale appoggiare edifi ci che, insieme ai confi ni, perde qualsiasi possibilità di essere identifi cato come luogo. Nel XX secolo l’attributo ‘del Duemila’ era ciò che più qualifi cava il progresso. Quali sono oggi le nuove etichette che identifi cano il futuro e quali le città che meglio lo rappresentano?

Moshe Safdie

Cittadino israeliano e canadese, già docente a Yale e Harvard, realizzò tra gli altri il masterplan e il progetto Habitat ‘67 all’expo di Montreal. IoArch 11/2007 - bit.ly/3HG7nXN

Joan Busquets

Già docente a Barcellona e Harvard, con il suo lavoro per le Olimpiadi di Barcellona 1992 è diventato una fi gura di riferimento per l’urbanistica. IoArch 30/2010 - bit.ly/3HBLVmG

Alan Weisman

Giornalista e scrittore, è l’autore di Conto alla rovescia (Einaudi). Insegna giornalismo internazionale presso l’Università dell’Arizona. IoArch 68/2017 - bit.ly/3Q7VsWJ

Martha Schwartz

Architetto paesaggista, urbanista, artista e attivista ambientale pluripremiata. Con il suo studio Martha Schwartz Partners ha realizzato progetti in tutto il mondo, da installazioni artistiche site-specifi c a spazi pubblici e parchi. È professore ordinario di architettura del paesaggio presso la Harvard Gsd, membro del gruppo di lavoro Gsd Climate Change e membro fondatore del gruppo di lavoro sulle città sostenibili presso l’Harvard University Center for the Environment. IoArch 17/2008 - bit.ly/3H9HgZf

Quale opera di architettura pensi che rappresenti meglio lo spirito del tempo?

“La città di Melbourne. Rob Adams è un genio che ha saputo realizzare la città più ecologica del mondo”

Martha Schwartz

Pensare ad un architetto del paesaggio del calibro di Martha Schwartz, autore di interventi riuscitissimi di riqualifi cazione dello spazio aperto pubblico, che nomina Melbourne come uno dei più brillanti casi contemporanei di progettazione urbana, off re fi nalmente una prospettiva diff erente rispetto alla visione eurocentrica in cui, in quanto europei, siamo letteralmente immersi. Melbourne è un caso eccezionale e non lo è diventato dall’oggi al domani. Già nel 1985 Rob Adams collaborò a una prima strategia di progetto urbano per la città focalizzata sul progetto dello spazio pubblico e di sistemi di trasporti multi-modali. Il piano comprendeva diversi progetti chiave di recupero di edifi ci inutilizzati in centro, come Postcode 3000, la creazione di strade pensate per i pedoni come Swanston Street, e un grande parco lungo il fi ume chiamato Birrarung Marr. Racconta Adams che, durante un viaggio di studio in Europa nel 1969, visitò le nuove città scandinave trovandole prive di anima. In Germania i grandi nomi dell’architettura non sembravano in realtà aver realizzato nessun ambiente urbano piacevole. Nei borghi italiani ebbe invece un’impressione diff erente: la gente viveva le strade e le piazze e questo lo portò a chiedersi perché mai non fosse possibile progettare le città in quel modo. La strategia di Adams si concentra su uno sviluppo a media densità, con edifi ci alti più o meno 5 piani, e con assi commerciali defi niti in relazione all’accessibilità con i mezzi pubblici, scoraggiando lo sprawl. Melbourne – che fa parte del network mondiale C40 Cities da quando venne istituito, nel 2005 – ha investito e investe tuttora in energie rinnovabili, forestazione urbana, facciate e tetti verdi, spazi pubblici e infrastrutture pedonali e ciclabili. Secondo un sondaggio della città di Melbourne nel 2013 circa 21.000 abitanti utilizzavano la bicicletta regolarmente per gli spostamenti casa-lavoro e nel 2017 più del 16 per cento del traffi co nelle ore di punta era costituito da biciclette. In fondo la formula di Melbourne parte da una considerazione semplice e forse troppo spesso trascurata: come dice Martha Schwartz, qualsiasi bella città non è fatta solo di edifi ci.

Melbourne, ph. courtesy Royal Botanic Gardens Victoria.

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