IoArch 103 Jan/Feb 2023

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COSTRUIRE ATMOSFERE

LUOGHI DELLA CURA

CARLANA MEZZALIRA PENTIMALLI | PARK ASSOCIATI | 967ARCH | L22 | ARG STUDIO APOSTOLI | THDP | PIERO CASTIGLIONI | ANDRÉS CASILLAS DE ALBA WESPI DE MEURON ROMEO | PNEUHAUS | XU TIANTIAN | BININI PARTNERS ioArch F ONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano Anno 17 | Gennaio 2023 euro 9,00 ISSN 2531-9779 103
AMBIENTI PER LA SALUTE E IL BENESSERE INVOLUCRO RIVESTIRE E RIQUALIFICARE
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SOMMARIO ioArch 103

DESIGNCAFÈ

12 Arte | PUNTA DELLA DOGANA E GAMEC

14 Capitale italiana della cultura 2023 | BERGAMO BRESCIA

16 Anima rurale | SWISS ARCHITECTURAL AWARD 2022

20 Le Storie di LPP | SERGIO MUSMECI

28 Ambienti di transizione | STUDIO LA MONACA

30 Progettare in Dekton | COSENTINO

32 Sicurezza e performance | W-TECH

146 Mostra in Triennale | ANGELO MANGIAROTTI

80 / 134 Libri

REPORT

22 Rigenerazione urbana di Aldo Norsa

WORK IN PROGRESS

34 Milano | PARK ASSOCIATI, PALAZZO SISTEMA

36 Conegliano | C+S, SCUOLA PRIMARIA

38 Padova | POLITECNICA, POLO SALUTE

40 Modena | CARLO RATTI E ITALO ROTA, EX OSPEDALE

42 Casoria | ALVISI KIRIMOTO, EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

44 Bari | ATELIER(S) FEMIA E LAND, PARCO DELLA GIUSTIZIA

46 Bruxelles | EUROPARC, NUOVA SEDE PARLAMENTO EUROPEO

48 Tulum | PININFARINA, NUOVA GATED COMMUNITY

50 Seattle | LMN, AQUARIUM OCEAN PAVILION

52 Singapore | ZAHA HADID ARCH, SCIENCE CENTER

54 Chengdu | ZAHA HADID ARCH, MUSEO FANTASCIENZA

ARCHIWORKS

56 NUOVA BIBLIOTECA CIVICA, BRESSANONE Complessità culturali | CARLANA, MEZZALIRA, PENTIMALLI

62 RESTAURO, SALENTO Un hortus conclusus di famiglia | STUDIO ARCHETYPO

66 ACCENTURE PEOPLE HUB, ASSAGO Trasparenza e accoglienza | PARK ASSOCIATI, 967 ARCH

72 ENERGY PARK, VIMERCATE Mirai Building di Mitsubishi Electric | L22, TETRIS ITALIA

ARCHITETTI ITALIANI

76 Lorella Fulgenzi di Luigi Prestinenza Puglisi

COSTRUIRE ATMOSFERE di Carlo Ezechieli

82 Testimone illustre | ANDRÉS CASILLAS DE ALBA

86 Edifici che imparano | WDMRA, WESPI, DE MEURON, ROMEO

92 Luce solida | PNEUHAUS

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56

SOMMARIO io Arch 103

LUCE

116 Cosa farebbe Piero? di Jacopo Acciaro

INVOLUCRO

120 Ricoprire e rivestire l’Architettura

121 Geometria, colore, tecnologia | ALPAC

122 L’involucro per nuove centralità urbane | PICHLER

124 Sistemi per facciate | SCHÜCO

126 La leggerezza del legno | UNIFORM

LUOGHI DELLA CURA

94 La cura comincia dagli ambienti | STEFANO CAPOLONGO

96 L’importanza dei presidi di prossimità

97 CLINICA ST-CHARLES, LONGUEUIL, QUEBEC Glass House sanitaria

98 IRCCS GALEAZZI SANT’AMBROGIO, MILANO

L’ospedale verticale | BININI PARTNERS

106 Il colore che cura | ARG STUDIO

108 Dalle Terme alle Spa | ALBERTO APOSTOLI

112 TERME DI SATURNIA, GROSSETO Radici nella storia | THDP, THE HICKSON DESIGN PARTNERSHIP

128 Innesti creativi | BRIANZA PLASTICA

129 Tamponamenti efficienti | XELLA

130 Il cappotto traspirante | BAUMIT

131 Un palaghiaccio al Circolo Polare | PREFA

132 Un gioco di volumi | ALPEWA

ELEMENTS a cura di Elena Riolo

135 Colore

Direttore editoriale

Antonio Morlacchi

Direttore responsabile

Sonia Politi

Comitato di redazione

Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi

In copertina Luis Barragán, casa Gálvez, Città del Messico, 1955 (Ph. Armando Salas Portugal, ©Barragán Foundation/Siae).

Contributi

Jacopo Acciaro, Luisa Castiglioni

Carlo Ezechieli, Roberto Malfatti

Aldo Norsa, Luigi Prestinenza Puglisi

Elena Riolo

Grafica e impaginazione

Alice Ceccherini

Marketing e Pubblicità

Elena Riolo elenariolo@ioarch.it

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it

Fotolito e stampa Errestampa

Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00

Abbonamenti (6 numeri)

Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it

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Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004.

Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779

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© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi non verranno restituiti.
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ICÔNES A PUNTA DELLA DOGANA

OPERE DELLA COLLEZIONE PINAULT IN MOSTRA A VENEZIA

In un tempo in cui anche un rubinetto corre il rischio di essere definito ‘iconico’ è meritevole e meraviglioso ricordare il significato autentico del termine Icona nella sua accezione di modello, figura emblematica e nella sua capacità di rappresentare una presenza, tra apparizione e sparizione (iconostasi), ombra e luce, di raffigurare uno spazio fisico e di generare un’emozione empatica nel fruitore.

Dal 2 aprile al 26 novembre la mostra

SALTO NEL VUOTO

ARTE AL DI LÀ DELLA MATERIA

Ben prima che gli Nft, con un salto logico di almeno due secoli tra l’open source e la proprietà privata, certificassero l’esistenza e l’esclusivo possesso di opere e beni immateriali, numerosi artisti si interrogavano sulla percezione della dimensione materiale e indagavano la dimensione del vuoto, anticipando così i temi emersi con la rivoluzione digitale.

Con una mostra che si articola in tre sezioni tematiche: vuoto, flusso e simulazione, Lorenzo Giusti presenta i lavori di alcuni protagonisti dell’arte del XX secolo insieme ad autori delle generazioni più recenti. Salto nel vuoto, fino al 28 maggio alla Gamec di Bergamo, è il terzo e ultimo capitolo del progetto espositivo pluriennale Trilogia della Materia

Icônes, negli spazi veneziani di Punta della Dogana, invoca tutte le sfaccettature dell’immagine nel contesto artistico – pittura, video, suono, istallazione, performance – attraverso una selezione di opere emblematiche della Collezione Pinault e di dialoghi inediti tra artisti rappresentando sia la fragilità sia la potenza delle immagini e il loro carattere polisemico: le opere diventano apparizioni, illuminazioni, rivelazioni, fino alla trasfigurazione.

Josef Albers

Maurizio Cattelan

Edith Dekyndt

David Hammons

Arthur Jafa

Donald Judd

On Kawara

James Lee Byars

Sherrie Levine

Agnes Martin

Paulo Nazareth

Camille Norment

Roman Opalka

Lygia Pape

Michel Parmentier

Philippe Parreno

Robert Ryman

Dayanita Singh

Rudolf Stingel

Danh Vo

Chen Zhen

[ 12 ] IOARCH_103 › DESIGNCAFÈ
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L’ANNO DI BERGAMO BRESCIA

L’ASSENZA DELLA CONGIUNZIONE UNISCE LE DUE CITTÀ IN UN’UNICA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2023 E NE SOTTOLINEA L’OMOGENEITÀ E LE ANALOGIE

Un’area metropolitana ‘possibile e futura’ che a una straordinaria capacità manifatturiera, alla tradizionale disciplina del lavoro e alla vocazione imprenditoriale unisce rilevanti patrimoni culturali ancora poco esplorati. Da valorizzare come gli spazi pubblici e quelli funzionali ad essi destinati.

Bergamo, Lights on piazza della Libertà Inaugurata il 23 gennaio, l’opera d’arte pubblica Lights on che interagisce con la facciata della Casa della Libertà di Bergamo (progetto del 1936 di Alziro Bergonzo) accoglierà residenti e visitatori per tutto il 2023. Disegnata dallo studio Objects of Common Interest (Atene, New York) di Eleni Petaloti e Leonidas Trampoukis, la sinuosa scultura luminosa che si intreccia ai pilastri in marmo di Zandobbio del porticato si estende nella piazza, poggiando su una pavimentazione sopraelevata realizzata con pneumatici riciclati. Completa l’allestimento una serie di sedute-sculture realizzate con marmi policromi recuperati e resina riciclata. Ciascun elemento dell’installazione, promossa dal Comune di Bergamo e dalla Gamec e sostenuta da Confindustria Bergamo, è concepito per essere riciclato e riutilizzato. Sia gli elementi luminosi che le sedute potranno essere riassemblati con modalità differenti e in altri contesti.

Brescia, il nuovo museo del Risorgimento Se Bergamo è la città dei Mille, con le dieci giornate del 1849 Bresca guadagnò l’appellativo di Leonessa d’Italia, oggi il nome del nuovo museo del Risorgimento, che riapre in un allestimento fortemente connotato da un design immersivo e dal datatelling sviluppato dallo studio Limiteazero. Gestito dalla fondazione pubblico-privata Brescia Musei presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov e di cui fanno parte anche il Museo di Santa Giulia-Brixia, il Parco Archeologico di Brescia romana e la Pinacoteca Tosio Martinengo, il nuovo museo si sviluppa negli spazi ristrutturati e recuperati del Grande Miglio e del Piccolo Miglio nel Castello di Brescia. Museo di collezione e museo di narrazione, Leonessa d’Italia si articola in otto sezioni – rivoluzione (che ripercorre la breve storia della Repubblica Bresciana del 1797), dissenso, insurrezione, guerra, unità, partecipazione, mito, eredità – nelle quali manufatti, cimeli e dipinti

– tra cui la monumentale tela di Jean Adolphe Beaucé dedicata alla battaglia di San Martino e Solferino acquisita dalla Fondazione nel 2021 –si alternano a sei installazioni multimediali. Il percorso si sviluppa nella grande sala al primo piano del Grande Miglio, un ambiente cinquecentesco che l’intervento di restauro ha mantenuto intatto introducendo solo un nuovo pavimento flottante e gli impianti a vista. Accoglienza e bookshop si trovano invece negli ambienti ristrutturati del Piccolo Miglio, dove sono stati creati nuovi spazi con pareti in cartongesso e realizzata una nuova scala per l’accesso al soppalco e un portale di ingresso in metallo inserito in quello esistente in pietra che elimina le barriere architettoniche tra la Fossa e l’edificio.

Foto grande, Bergamo, la scultura Lights on (ph. ©FTfoto). Sotto, una sala del museo del Risorgimento a Brescia (©Civici Musei di Brescia).

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› DESIGNCAFÈ

La vincitrice

Xu Tiantian (Fujian, 1975) ha conseguito il Bachelor alla Tsinghua University di Pechino e il Master of Architecture in Urban Design alla Harvard-Gsd. Dopo un’esperienza professionale negli Stati Uniti e in Olanda da Oma, ha fondato a Pechino lo studio DnA Design and Architecture. Nel 2006 ha ricevuto il WA China Architecture Award e nel 2008 il Young Architects Award della Architectural League New York. Nel marzo 2018 l’Aedes Architecture Forum di Berlino le ha dedicato la mostra Rural Moves - The Songyang Story.

SWISS ARCHITECTURAL AWARD 2022 ANIMA RURALE

Il prossimo 4 maggio a Mendrisio Xu Tiantian riceverà il premio di 100mila franchi svizzeri dello Swiss Architectural Award, il premio biennale promosso dalla Fondazione Teatro dell’architettura con il sostegno organizzativo e operativo dell’Università della Svizzera italiana - Accademia di Architettura.

Le opere presentate dalla fondatrice dello studio DnA Design and Architecture (Cina), situate in un’area rurale della provincia di Zhejang caratterizzata da un paesaggio preservato nella sua struttura tradizionale ma minacciato dall’abbandono indotto dalla migrazione dei giovani nei centri urbani, hanno convinto la giuria “per il felice connubio tra le istanze civiche che le animano, volte a servire le comunità locali, e la qualità dell’architettura proposta, caratterizzata da una spiccata attenzione al contesto, da un’attitudine precisa e poetica al tempo stesso, e dall’operare al crocevia di scale e temi diversi, tra architettura e infra-

struttura, tra permanente e effimero, tra riuso e intervento ex-novo”.

Lo Swiss Architectural Award, che si conferma uno dei premi di architettura contemporanea più importanti al mondo, viene assegnato ad architetti di età non superiore ai 50 anni, senza distinzione di nazionalità, che abbiano realizzato almeno tre opere significative. Opere e architetti vengono segnalati da un comitato internazionale di 11 advisor e valutati da una giuria presieduta da Mario Botta e che per questa ottava edizione comprendeva Walter Angonese (direttore, Usi-Accademia di architettura), Stéphanie Bru (Studio Bruther, Parigi, vincitrice dell’ultima edizione del Premio), Dieter Dietz (direttore, Epfl-Enac, Section d’Architecture) e Tom Emerson (decano, EthzDepartement Architektur).

In occasione della cerimonia, verrà inaugurata l’esposizione dei progetti presentati da tutti i candidati.

Secondo il poeta Han Yu (768-824, periodo della dinastia Tang) “la montagna della conoscenza si può scalare solo attraverso la diligenza”. E le terrazze costruite sui lati di questa ex-cava – profonda 50 metri e alta fino a 40 – si sviluppano su cinque livelli fino a un’altezza di 12 metri, che visitatori e studenti solo con un certo sforzo possono salire per raggiungere scaffali di libri e ambienti dove immergersi nel mondo delle iscrizioni e della calligrafia su pietra. La Montagna dei libri è uno dei tre interventi operati da Xu Tiantian con il suo studio DnA_ Design and Architecture nel villaggio di Jinyun (municipio di Lishui, provincia del Zhejiang), che seguendo la topografia casuale generata dall’attività estrattiva hanno trasformato tre cave di pietra abbandonate in altrettanti luoghi di interesse culturale (le ex-cave vicine sono diventate luogo di rappresentazioni teatrali e spazio di performance dal vivo).

La pianta quotata e una foto della cava recuperata (ph. ©Wang Ziling).

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Cave di Jinyun Intervento di riuso (2021-22)
› SWISS ARCHITECTURAL AWARD 2022
Ph. © Xu Meng

Ponte sul fiume Songyin Riuso e trasformazione (2016-17)

Da quando se ne ha memoria il villaggio di Shimen è collegato a Shimen-yu, sull’altra sponda del fiume Songyin, da un ponte che la crescente motorizzazione dell’area aveva reso obsoleto, sostituito nel 2010 da un nuovo collegamento. Invece di demolirlo, Xu Tiantian propose di trasformarlo in una piattaforma panoramica sul fiume e sulla vicina diga creando una struttura di legno coperta con tetto a due falde, come gli edifici del posto. Le aperture riprendono il ritmo degli archi del ponte storico.

Al centro del collegamento pedonale l’opera, utile anche come elemento di valorizzazione turistica del Songyin River Scenic District, si allarga dando luogo a una piattaforma scoperta e alberata che diventa un nuovo spazio pubblico per la comunità e che può ospitare eventi pubblici, parate o mercati. L’opera, lunga 260 metri, è stata completata nel 2017.

Sezione trasversale e viste del ponte di Shimen (ph. ©Wang Ziling).

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› DESIGNCAFÈ

Fabbrica di tofu

Villaggio di Caizhai (2017-18)

Caizhai è un tipico villaggio di montagna nella provincia del Zhejiang, contea di Songyang, costruito negli ultimi 200 anni lungo le sponde di un torrente ed è sempre stato famoso nella regione per la produzione artigianale di tofu. Il progetto, completato nel 2018, è una struttura di legno di 1.200 metri quadrati che dall’ingresso del villaggio si estende lungo un versante del fiume e, configurata come uno stabilimento alimentare organizzato in sei

funzioni produttive che si susseguono – preparazione, macinazione, bollitura, frittura, asciugatura – è un luogo di produzione collettiva equipaggiato con attrezzature certificate dove confluiscono le famiglie che in questo modo possono continuare a produrre il tradizionale formaggio di soia secondo i criteri di sicurezza alimentare necessari per la vendita nei normali circuiti distributivi.

Sezione prospettica e immagini della fabbrica collettiva (ph. © Wang Ziling).

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› SWISS ARCHITECTURAL AWARD 2022

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SERGIO MUSMECI La forma segue il calcolo

di Luigi Prestinenza Puglisi illustrazione di Roberto Malfatti

le storie di lpp

Sergio Musmeci amava osservare il cosmo e nei suoi progetti ne perseguì il disegno invertendo il processo ingegneristico. La struttura del ponte sul Basento si regge per forma con 30 cm di spessore di calcestruzzo anziché travi spesse 3 metri.

Musmeci era un genio. Lo sapeva l’accademia che non aveva voluto dargli la cattedra, per favorire qualcuno più inquadrato e spalleggiato. Aveva mostrato un’intelligenza precoce e fuori dal comune sin da ragazzo. Non c’era campo dello scibile che non lo interessasse. Era una bella persona, gentile e aperta al mondo. E frequentava un ambiente culturale portentoso. Era il circolo che riuniva Francesco Palpacelli, Luigi Pellegrin, Manfredi Nicoletti, Bruno Zevi e altri. Tra tutti Musmeci era il più mite, scientificamente il più dotato. Aveva una moglie geniale come lui che condivideva le fatiche dello studio, Zenaide Zanini, e quattro figli. Era affascinato dal cielo che gli mostrava quanto il cosmo fosse distante dal tranquillizzante equilibrio che immaginavano altri. Vicino a quanto mostrava l’arte contemporanea.

Come può il progettista avvicinarsi a quanto la natura fa di meglio? Semplice: evitandogli di inventare le forme, invertendo il processo di calcolo. Gli ingegneri, prima di Musmeci, partivano da una forma. Che costituiva il dato di partenza da verificare. Data questa, le incognite da calcolare sarebbero state le tensioni. Se le tensioni trovate fossero state ritenute accettabili, la forma lo sarebbe stata, viceversa la si sarebbe dovuta dimensionare in modo diverso o cambiarla con un’altra più efficiente. Musmeci inverte il processo. Ad essere imposte sono le tensioni, mentre la forma diventa l’incognita da ricavare. Esattamente come farebbe la Natura. Il minimo di materia, quindi, non è un esercizio di pura eleganza, ma è assumersi la responsabilità di perseguire il disegno del cosmo.

Il Ponte sul Basento è una struttura equicompressa studiata con le bolle di sapone e materiali elastici

sperimentati a trazione invece che a compressione. Il risultato è un oggetto organico, un animale preistorico, una forma della natura. Una struttura che si regge per forma e non richiede più di trenta centimetri di spessore di calcestruzzo, quando i ponti hanno travi alte metri. Ha resistito benissimo negli anni (il progetto è del 1967 e fu completato nel 1975), terremoti compresi. La seconda opera, la sua più importante, non è stata purtroppo realizzata. È il progetto per il ponte sullo stretto di Messina. Fu uno dei cinque premiati al concorso del 1970. L’unico che ebbe l’ardine di proporre una campata unica. Musmeci pensa a una catenaria da pilone a pilone. Ma questa ha i pendini che sorreggono il ponte solo per la parte centrale per circa due chilometri. Il resto funziona come se fosse un ponte strallato, un po’ come se la mano del progettista avesse inserito all’interno del ponte due piloni virtuali. L’impalcato lavora infine come una tecnostruttura. Detto a parole è difficilissimo, ma, vista l’immagine, non si può non restare colpiti dalla naturalezza e dall’eleganza dell’ipotesi.

La terza opera della quale vorrei parlare, Musmeci la progetta con Manfredi Nicoletti. È un grattacielo elicoidale composto da tre corpi che, torcendosi, si sostengono a vicenda e che, grazie alla forma curva, sono tanto aerodinamici da resistere con facilità alle forti tensioni indotte dal vento.

Osservate la data: 1968. E notate quanto le forme siano attuali. Di più di quelle oggi realizzate con opere mirabolanti e, a volte, estetizzanti dagli studi Foster, Hadid, Calatrava.

Nella storia, si sa, chi arriva troppo presto ha sempre torto ■

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› DESIGNCAFÈ

Aldo Norsa

Già professore ordinario di tecnologia all’università Iuav di Venezia, associato al Politecnico di Milano, incaricato all’università di Firenze, a contratto all’università di Chieti e ricercatore all’università di Montréal, Aldo Norsa, master all’università di Princeton, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che anima l’annuale conferenza Tall Buildings e cura i Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e il Rapporto Classifiche - le Prime 50 Imprese dell’Edilizia Privata www.guamari.it

Come gli studi di architettura affrontano il tema della Rigenerazione urbana

Nel solco dell’insegnamento che la nostra generazione di architetti ha ricevuto (e in alcuni casi impartito) come reazione (ovviamente colta) al Movimento Moderno e al connesso ‘funzionalismo/razionalismo’ si muovono molti dei più apprezzati progettisti italiani che si misurano con i grandi temi che segnano il territorio. Essi hanno introiettato la parola d’ordine che per intervenire significativamente nelle città si debba valorizzare il binomio ‘tipologia architettonica - morfologia urbana’ e oggi sono sempre più impegnati nell’adeguamento/aggiornamento di questa impostazione, culturale e operativa al contempo. Affinché questo approccio, dalla scala architettonica all’urbanistica, incontri

le esigenze dei committenti il progetto deve nutrirsi di un’ipotesi il più comprensiva possibile di rigenerazione urbana a completamento e a contorno del progetto, pena il rischio di punteggiare le città di ‘prove di architettura’ avulse dal contesto socio-culturale, una sorta di ‘macchine celibi’ nella famosa definizione di Marcel Duchamp ripresa come titolo della Biennale di Venezia del 1975. Con una conseguente cacofonia più adatta ad alcune città mondiali che hanno i ‘soldi’ ma non la ‘cultura’. Quali esempi (ovviamente rivisitati a arricchiti) di questo approccio culturale possono illustrare la recente esperienza progettuale di alcuni tra i nostri architetti/ingegneri più sensibili al tema?

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di Aldo Norsa
› REPORT

Studio Marco Piva Marco Piva

Ripensare e riprogettare i luoghi dell’abitare per immergersi in un contemporaneo racconto di forme, materiali, colori ed emozioni è la chiave per una rigenerazione sostenibile del territorio della città. Studio Marco Piva con il progetto del masterplan urbano di via dei Rospigliosi a Milano e l’annesso complesso residenziale Syre intende contribuire alla riqualificazione e al rilancio del quartiere di San Siro, contraddistinto da due luoghi simbolo dello sport milanese: lo storico stadio di calcio e il complesso dell’ex-ippodromo. Le strutture architettoniche destinate a funzioni residenziali si raccontano attraverso un linguaggio di forme fluide e organiche: un primo edificio di otto piani, protetto da un nuovo filare di alberature che definiscono il boulevard lungo via dei Rospigliosi, e una più snella sezione a torre di 22 piani, quale elemento di spicco affacciato su largo Pessano, che viene riorganizzato in una nuova piazza verde di fronte alla stazione della metropolitana. L’intera area di progetto – di forma triangolare – si inserisce in un contesto di paesaggio che reinterpreta la morfologia residenziale e la riporta alla logica del quartiere: un vasto territorio verde articolato in percorsi pedonali attrezzati e arricchito da zone di sosta e relax, aree per bambini e famiglie, stazioni di allenamento all’aperto, scenografie luminose.

Syre descrive uno stile di vita residenziale innovativo e contemporaneo attraverso la selezione di finiture e materiali di alto livello, un’estrema cura per ogni dettaglio in un design degli spazi esterni finalizzato alla miglior vivibilità. I lastrici solari, le terrazze, le logge e i balconi a nastro saranno veri e propri giardini pensili, luoghi ideali per raccordare esteticamente gli ambienti privati con quelli comuni del nuovo parco.

Il progetto si manifesta in un rapporto osmotico fra la città e il paesaggio, tra dimensione pubblica e intimità domestica: luogo di socialità

CZA Cino Zucchi

In una giornata di pioggia chi lavora nella sede di Lavazza a Torino e voglia pranzare con un ospite deve aprire l’ombrello e fare un breve percorso tra gli alberi e i fiori della nuova piazzagiardino. Questa condizione è del tutto voluta e in un certo senso incarna il senso di questo progetto di rigenerazione dell’ex-centrale Enel. I vecchi uffici aziendali a Settimo Torinese avevano una mensa interna che nella nuova sede diventa un bistrot aperto agli abitanti del quartiere e agli studenti del vicino Iaad. Lavazza ha sposato l’idea che la riforma di quello che era un recinto aziendale impenetrabile lo trasformasse in un nuovo luogo collettivo su nozioni di urbanità, compresenza di funzioni, inclusività, qualità ambientale e scambio sociale. Il concetto stesso di rigenerazione urbana nasce dalla fusione di due elementi complementari: l’idea che la struttura della città esista già all’interno e all’intorno dell’area su cui si interviene e la necessità di una rinascita attraverso una metamorfosi della forma, degli usi e degli spazi collettivi e connettivi. Quest’impostazione si

urbana diffusa. È sostenibile ed efficiente anche mediante specifiche dotazioni per ridurre il consumo di energia quali strutture, rivestimenti, materiali da costruzione e fotovoltaico. In conclusione progettare la rigenerazione urbana non riguarda fattori esclusivamente estetici ma è un atto di riorganizzazione funzionale del territorio e soprattutto di responsabilità verso le generazioni future.

distingue da una pura operazione immobiliare nel contenuto, nel metodo e nell’articolazione delle competenze per dar vita a un luogo capace di suscitare il consenso subliminale che si prova al cospetto dei centri urbani consolidati. Spazi di lavoro, sale riunioni, luoghi di incontro e ricreazione, palestre, showroom, un factory shop, un caffè e una terrazza verde con viste della Mole Antonelliana e delle colline rispondono ai bisogni di un’azienda internazionale fortemente radicata. Il progetto comprende anche il recupero di due edifici industriali che contengono il museo storico aziendale, ristoranti, un centro eventi e congressi e una scuola di design. La piazza-giardino centrale aperta alla città con i suoi percorsi verdi è il cuore del complesso e il luogo di scambio con il quartiere.

In una tradizione architettonica volutamente ‘torinese’ le facciate non sono solo membrane osmotiche dalle alte prestazioni energetiche – il progetto è certificato Leed Platinum – ma quinte urbane, sfondo alla vita quotidiana. La città proiettata nel futuro deve accogliere ogni struttura esistente e donarle nuovi usi e sensi: crediamo che il successo popolare del progetto stia nella peculiare miscela di innovazione e capacità di reinterpretare il luogo e il suo carattere.

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Studio Marco Piva, render del nuovo complesso residenziale Syre.
› REPORT
Cino Zucchi Architetti, Lavazza Campus, 2017.

Studio Transit Alessandro Pistolesi

Il complesso residenziale Monti della Breccia sorge all’estremità nord del cerchio delimitato dal Grande Raccordo Anulare di Roma. Si tratta di un contesto urbano marginale e per questo, nel concepire il progetto, siamo partiti dal chiederci: come appare la periferia romana? Come è stata progettata gran parte della sua edilizia residenziale? Troppo spesso quella dei quartieri periferici è una realtà iperdensa dove gli edifici non hanno respiro. Una realtà seriale, con architetture che si ripetono identiche e diventano quasi indistinguibili. Una realtà anonima, dove il grigio dei palazzi contribuisce a creare luoghi privi di identità. Alla domanda “esiste un’alternativa?” ci siamo guardati alle spalle, alla storia dell’edilizia popolare romana degli anni Venti del Novecento. Abbiamo studiato l’esempio della Garbatella, dove la grande varietà tipologica e la singolare caratterizzazione delle facciate danno vita a uno stile architettonico profondamente eterogeneo. I progetti più significativi portano il segno dell’impronta creativa dell’architetto Innocenzo Sabbatini. Il suo lavoro di sperimentazione e ricerca sul tema della residenza popolare si contrappone in maniera evidente al binomio economicità-serialità.

Monti della Breccia reinterpreta in chiave contemporanea la lezione di Sabbatini: eterogeneità, colore, carattere identitario sono gli elementi caratterizzanti di queste architetture e non possono che infondere un senso di

appartenenza in chi le vive. Il complesso di 43.700 metri quadrati (Sul) e circa 700 alloggi si sviluppa lungo una linea sinuosa disegnata in base all’orografia del terreno. Ogni edificio si compone di più blocchi che giocano con colori, materiali e forme diverse. Le vivaci scelte cromatiche si integrano con gli elementi materici scelti, tra cui il legno, il metallo e il vetro. L’eterogeneità dell’esterno, data dalla diversa caratterizzazione dei balconi e dalla creazione

di blocchi di differente altezza, si contrappone alla semplicità e regolarità dell’impianto interno. Il layout si fonda infatti su principi di flessibilità e modularità che permettono di combinare tipologie di appartamento diverse in base alle reali esigenze del mercato.

Scandurra Studio Architettura Alessandro Scandurra

L’idea di rigenerazione urbana affronta i temi dei grandi cambiamenti epocali e sociali in ambito urbano. A causa della mancanza di linee guida che delineino una visione chiara della vocazione della città pubblica, gli architetti sono chiamati a interpretarne intere porzioni. Nelle migliori delle ipotesi l’intervento si configura come una proposta calata nel territorio, nelle peggiori il rischio è di ripetere uno slogan vuoto, privo di legami con il genius loci.

Il contesto specifico che accoglierà Torre Futura, torre residenziale di 90 metri in via Calvino 11 a Milano, è quello compreso tra la città consolidata e l’area dell’ex-scalo Farini: si tratta di un sistema urbano interstiziale dalla particolare configurazione di enclave che racchiude in sé un potenziale di trasformazione urbanistica che va al di là di ogni singolo intervento architettonico. Torre Futura è stata pensata e progettata per incarnare la particolare natura ibrida del paesaggio residuale sorto a ridosso dello scalo ferroviario.

La scelta tipologica è stata dettata dalla volontà di evitare la situazione planimetrica chiusa

a fondo cieco dell’isolato e di offrire un nuovo riferimento urbano ordinatore. La sua presenza ambisce a integrarsi nel panorama tipicamente milanese dello sviluppo urbano ‘a piccola torre’, aggiungendosi alla serie di edifici che dal secondo dopoguerra hanno tracciato il profilo della città. Allo stesso tempo Calvino 11 vuole diventare capofila di una nuova tipologia di edificio alto che appartiene linguisticamente al repertorio dello scalo ferroviario, presentandosi con una sequenza di piani impilati ‘colonizzati’ da volumi matericamente e geometricamente derivati da preesistenze infrastrutturali che sopravvivono in loco. Questa postura nei riguardi del paesaggio urbano specifico dello scalo impone anche una particolare attenzione nei confronti della natura spontanea che negli ultimi anni si è impossessata dell’area, preservando le alberature su via Calvino.

In un’ottica di apertura alla città Torre Futura non rinnega quindi il passato che contraddistingue la porzione di territorio che è destinata a occupare e si propone come edificio precursore di un arcipelago di torri per l’intera area.

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Scandurra Studio Architettura, render dell’edificio residenziale Torre Futura.
› REPORT
Studio Transit, complesso residenziale Monti della Breccia 2013-in corso.
SISTEMI DI RIVESTIMENTO PER L’ARCHITETTURA SOSTENIBILE WWW.PREFA.IT

Open Project

Francesco Conserva

L’esperienza emiliana della rigenerazione urbana affonda le radici nella sperimentazione urbanistica condotta, a partire dagli anni ’70, da figure come Giuseppe Campos Venuti e Pierluigi Cervellati. Ideatori e fautori di esperienze politiche e urbanistiche che hanno contribuito a creare un modus operandi nella e per la città, promotori di un riformismo attento ai temi della salvaguardia e della vivibilità urbana. La conoscenza scientifica delle tipologie promossa da Adolfo Cesare Dell’Acqua ha anche portato a formulare ipotesi di recupero edilizio secondo processi compatibili con tecnologie e obiettivi di sostenibilità energetica e sismica ante litteram. Oggi queste basi culturali si evolvono integrandosi a concetti di rigenerazione urbana che vedono nel sociale il principale fattore di innovazione. Si sviluppano processi sempre più comprensivi (si ristruttura la ‘fabbrica’ e si rigenera il luogo) e sempre più connessi alla capacità di essere placemaker, secondo la definizione di Elena Granata, ossia in grado di trasformare con successo il luogo del progetto. Open Project si caratterizza per una progettazione non autoriale ma in costante ascolto pluridisciplinare. Il nostro progetto più ambizioso è il landmark urbano di Bologna: un polo direzionale con quattro corpi di fabbrica su cui

svetta la torre UnipolSai (alta 125 m) costruita nel 2012 su un’ex-area industriale il cui cambio di destinazione d’uso e riqualificazione dura ormai da un ventennio.

La torre, certificata Leed Gold NC2.2, è ambiziosa su più fronti: consumo energetico, comfort, qualità architettonica. Inoltre si apre al pubblico per l’inserimento agli ultimi piani del museo d’impresa Cubo. Inoltre, grazie all’interramento della linea ferroviaria metropolitana e alla realizzazione di connessioni ciclopedonali, si sta trasformando la percezione del luogo da industriale a cittadino con prospettive di nuo-

vi insediamenti di qualità. Un altro progetto riguarda un parco urbano nell’area dell’exMercato del Bestiame a Modena, su una superficie di 7.500 metri quadrati, attualmente spazi interstiziali tra gli edifici. La proposta di Open Project vuole ribaltare questa visione definendo un connecting ground, sorta di ‘linfa verde’ che si espande organicamente nell’intera area oggetto di rigenerazione. Un gesto progettuale su diverse scale che stabilisce e regola le connessioni urbane, definisce le relazioni funzionali e accoglie centri di interesse e catalizzatori sociali per un parco, infrastruttura verde inclusiva.

Park Associati

Pensiamo che l’architettura contemporanea debba essere giudicata con parametri ed elementi di scala nuovi. Quello che dobbiamo sempre chiederci di fronte a un nuovo edificio è quale sarà il suo contributo all’organismo urbano o territoriale in cui si colloca e quale visione di società futura si propone di delineare. Se ancora pensiamo che l’architettura debba avere un ruolo centrale nella nostra vita dobbiamo creare edifici in grado di attivare e stimolare le attività sociali e di confronto della città. L’architettura ha senso e sopravvive a se stessa solo se riesce a interpretare i desideri di una comunità e diventare luogo sociale condiviso. Abbiamo sempre cercato di tenere a mente questi concetti nei nostri progetti, dedicando la massima attenzione all’aspetto relazionale dell’edificio con il contesto anche quando questo era molto difficile (e persino non richiesto dalla committenza). Solo recentemente abbiamo però avuto l’occasione di lavorare su alcuni progetti che per scala e programma permettessero di sviluppare questo approccio in modo chiaro ed efficace. Il primo è sicuramente il progetto Mic, una nuova torre

per uffici progettata parallelamente alla ridefinizione dell’ampio spazio su cui si affaccia: piazza Luigi di Savoia, adiacente alla Stazione Centrale di Milano. Una piazza che adesso è un non-luogo privo di identità e qualità, disor-

dinato e inospitale che (non) accoglie chi arriva con il treno. La sfida qui è progettare un edificio che faccia da sfondo a un nuovo luogo urbano, organizzato per convogliare i complessi flussi attorno alla stazione, ma anche pensato per creare una realtà accogliente e vitale. La progettazione dell’architettura in questo caso è pensata insieme a quella della piazza, creando un continuo scambio di relazioni tra le due. Vorremmo alla fine ottenere un intervento urbano che non possa essere letto se non in continuità tra i due temi.

Anche più recente è il progetto vincitore del concorso per Palazzo Sistema, sempre a Milano: una proposta che vive di relazioni con le aree limitrofe e che si pone l’ambizione di creare una nuova polarità urbana al posto dell’attuale edificio dalla facciata lineare fatto di chiusura e isolamento. Abbiamo voluto ribaltare questa situazione proponendo un approccio caratterizzato da permeabilità e nuovi spazi pubblici.

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› REPORT
L’area del polo direzionale di Bologna con la torre Unipol di Open Project (2012). Render del Mic in Piazza Luigi di Savoia a Milano.

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AMBIENTI DI TRANSIZIONE

Il progetto di Orazio La Monaca per Agrigento mette in discussione la rigida separazione tra l’ambito privato della residenza e quello pubblico della strada individuando, all’interno del volume edilizio, uno spazio cuscinetto che può essere destinato a funzioni diverse. Per esempio può diventare un giardino pensile verde con terrazzamenti curati dagli abitanti degli alloggi adiacenti. Oppure una terrazza all’aperto che aumenta la dotazione di servizi del fabbricato. O un prolungamento dello spazio pubblico, particolarmente prezioso nel meridione, dove in alcune aree urbane è latitante. Oppure altro ancora. L’idea ha precedenti illustri. Per esempio quello delle zone cuscinetto ipotizzate da John Habraken durante gli anni Sessanta, a partire dal libro Supports: an Al-

ternative to Mass Housing. Il metodo, come si ricorderà, prevedeva un habitat disegnato con supporti fissi funzionalmente ben individuati e altri che sarebbero cambiati in funzione delle mutevoli esigenze degli abitanti.

Il progetto di Orazio La Monaca deve anche qualcosa al Bosco Verticale di Stefano Boeri in cui si ipotizza un rilevante spazio destinato al verde. Con due rilevanti differenze: evita di ipotizzare una distribuzione di piante e arbusti che circonda l’edificio sin quasi a soffocarlo. E ipotizza cuscinetti verdi lungo gli spazi destinati alla distribuzione che, pur essendo in quota, sono facilmente accessibili e quindi gestibili in ragionevoli termini economici.

Pensato per un lotto ad Agrigento, il progetto residenziale di Studio La Monaca prevede due palazzine di 4 piani ciascuna (altezza 12,80 metri) con un’impronta al suolo di 616 metri quadrati e una volumetria di 7.893 mc. Il team di progettazione è formato da Orazio La Monaca, Massimiliano Agostino Allegra, Germano La Monaca, Giulio La Monaca, Vincenzo Mangiaracina. Collaboratori Linda Di Giovanni e Francesco Polizzi

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› DESIGNCAFÈ
TERRAZZI A SBALZO TRASFORMANO LE PARTI COMUNI IN OASI VERDI DOVE INCONTRARSI E CONVERSARE. UN’IDEA DI STUDIO LA MONACA PER UN NUOVO MODELLO ABITATIVO

Let’s Design, progettare in Dekton

i vincitori del concorso di idee di Cosentino

SONO STATI PROCLAMATI I VINCITORI DELL’INIZIATIVA DI COSENTINO LET’S DESIGN, IL CONCORSO DI IDEE PER DESIGNER E ARCHITETTI D’INTERNI. A BREVE SARÀ ANNUNCIATA LA NUOVA EDIZIONE PER IL 2023

Se per composizione e processo produttivo (sinterizzazione e alta pressione) Dekton ha tutte le caratteristiche della pietra, tuttavia la sua struttura molecolare è più compatta di quella del marmo. Si tratta di un prodotto bidimensionale, fornito in lastre (spessore massimo 30 mm) utilizzato sia per facciate, pavimentazioni e rivestimenti esterni, sia per superfici interne per top di cucine e piani di tavoli. Per promuovere nuovi progetti di arredi e complementi in Dekton, Cosentino ha inaugurato il concorso Let’s Design-progettare in Dekton, iniziativa che ha ricevuto molteplici proposte, selezionate da una giuria e sottoposte poi a giudizio popolare attraverso un’applicazione in realtà aumentata messa a punto da Dos, Design Open Spaces. La classifica finale, determinata aggiungendo alle altre valutazioni quella di Joe Bastianich, l’imprenditore della ristorazione testimonial di Cosentino, ha individuato quattro oggetti, uno per ogni categoria di concorso, che i vincitori hanno potuto realizzare in scala 1:1. Si tratta, per l’ambiente cucina, di Convivio, disegnato dall’interior designer Giorgia Monta-

nari: una cantinetta per vini anche integrabile nell’isola cucina provvista di un’app per la scelta del vino e il corretto abbinamento con i cibi. Nella categoria bagno è stato scelto il lavabo freestanding Cover disegnato dall’architetto Angelo Ferrucci, nel quale Dekton è utilizzato per modellare la base su cui poggiano le diverse possibili cover in ceramica che personalizzano l’ambiente.

Una lastra verticale e mobile di Dekton come superficie riflettente è al centro del progetto Luminosa, il sistema di illuminazione a luce indiretta progettato dall’architetto Massimo Mussapi e vincitore del primo premio nella categoria living.

Nella categoria outdoor infine, premiata un’altra idea di lampada: Arch. Progettata dalle interior designer Silvana Barbato e Yulia Pyanzina, è un incavo ricavato nello spessore del Dekton a cui viene applicata una striscia di Led. Arch può essere integrata in facciata o usata come elemento singolo.

Tutti i prototipi sono esposti presso il City showroom Cosentino, piazza Fontana 6, Milano.

LA GIURIA

Luca Fois Creative Advisor

Antonio Morlacchi IoArch

Loredana Mascheroni Domus

Carlotta Marelli Elledecor

Roberto Franceschin Cosentino

Joe Bastianich Imprenditore

LE CATEGORIE

• Cucina

• Bagno

• Living

• Outdoor

DEKTON

Una superficie che nasce da una sofisticata miscela di vetro, materiali porcellanati e quarzo, dotata di particolarità tecniche eccezionali che la rendono adatta a molteplici applicazioni.

Categoria Outdoor

Progetto vincitore Arch

Design Silvana Barbato e Yulia Pyanzina

Lampada modulare in Dekton Laurent e Natura 22, può essere integrata nella facciata di uno stabile in continuità con il rivestimento o utilizzata come applique. Il concept trae ispirazione dalla forma dell’arco dell’Antica

Roma per dare ritmo e movimento alla parete dell’edificio. Di facile installazione, è in grado di aggiungere valore alla superficie su cui è applicata con effetti di luce ed elementi di design.

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› LET’S DESIGN
Foto ©Costantino Bedin

Categoria Living

Progetto vincitore Luminosa

Design Massimo Mussapi

Suggestivo sistema di illuminazione a luce indiretta che impiega una lastra di Dekton Natura 22 come superficie riflettente. Un complemento d’arredo modulabile, con varianti dimensionali e compositive, funzionale a illuminare e dividere gli spazi.

Categoria Cucina

Progetto vincitore Convivio

Design Giorgia Montanari

Cantinetta per vini freestanding in Dekton Liquid Sky 22, progettata per rivoluzionare l’esperienza di degustazione enologica. Automatizzata da una app sviluppata ad hoc, permette di personalizzare ogni aspetto del

tasting, dalla scelta di un vino, al controllo della temperatura di servizio, fino alla selezione dell’abbinamento con i cibi.

Categoria Bagno

Progetto vincitore Cover Design Angelo Ferrucci

Lavabo freestanding. Dekton Kelya è utilizzato per modellare la base portante e la vasca del lavabo concepiti come un unico volume aggettante dalle linee squadrate che può essere personalizzato con un anello scultoreo disponibile di diversi materiali da inserire a incasso e sostituibile a piacere.

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Foto ©Costantino Bedin Foto ©Costantino Bedin
› DESIGNCAFÈ
Foto ©Costantino Bedin

Aperture e serramenti valorizzano l’estetica dell’edificio. Tutte le finestre sono a vasistas con apertura automatizzata.

W-Tech, sicurezza e performance per il

comfort residenziale

Ciò che per primo emerge dal progetto dell’ingegnere e architetto Angelo Velo, che per questa residenza privata riprende con linguaggio contemporaneo i temi che caratterizzano le abitazioni rurali della campagna veneta, è la qualità dei sistemi e dei materiali impiegati per garantire prestazioni di alto livello e di massima sicurezza.

Grande attenzione è stata dedicata al tema delle aperture e dei serramenti, con profili essenziali e lineari che valorizzano l’estetica dell’edificio, e per la cui definizione Velo si è avvalso della consulenza di W-Tech, l’azienda fondata nel 2010

da Loris Scapin dopo una lunga esperienza nel settore della progettazione e della produzione di serramenti in Pvc. È stato così scelto il sistema da 88 mm di Kömmerling, con telaio a L e ferramenta antieffrazione, che insieme all’impiego di un triplo vetro antivandalico garantisce la massima sicurezza. La finitura bianca del profilo valorizza per contrasto l’intonaco grigio dell’edificio.

Tutte le finestre dell’abitazione sono a vasistas con apertura automatizzata, con un impianto domotico che controlla anche la motorizzazione di teli oscuranti e delle zanzariere motorizzate.

W-Tech ha scelto il sistema da 88 mm di Kommerling, con telaio a L e ferramenta antieffrazione, che insieme all’impiego del triplo vetro antivandalico garantisce la massima sicurezza.

Per garantire la massima permeabilità tra interno ed esterno nel fronte rivolto verso il giardino è stato installato un grande scorrevole, sistema 88, con vetro antivandalico, che crea continuità tra il living e il terrazzo.

La qualità del processo costruttivo – customizzato, puntuale e costantemente monitorato – di W-Tech ha consentito così di dare vita a una soluzione dall’elevato valore aggiunto che raggiunge i più alti standard prestazionali.

www.wtech.eu

www.kommerling.it

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› DESIGNCAFÈ
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MILANO

PALAZZO SISTEMA DI PARK ASSOCIATI

Già oggi il lotto su cui sorgerà Palazzo Sistema, a pochi passi dalla sede della giunta regionale, è occupato da enti e società che fanno capo a Regione Lombardia, prima tra tutte Aria, l’azienda regionale per gli acquisti che aveva indetto il concorso vinto da Park Associati con Esa Engineering e Redesco Progetti. Anche se l’aspetto più evidente del complesso sarà l’edificio di 26 piani di altezza verso via Rosellini, il termine Palazzo appare riduttivo per definire quel che si configura come un intervento a scala urbana nel quale edifici a prevalente sviluppo orizzontale faranno da cornice a un grande parco, ampliando, valorizzando e rendendo meglio accessibile ma protetto il sistema del verde attualmente esistente. Progettato secondo i principi del Dry Garden, il giardino è autosufficiente

e richiederà bassa manutenzione. Avvallamenti nel terreno permetteranno la raccolta di acque piovane che verranno successivamente drenate lentamente, prevenendo il fenomeno del flash flooding e favorendo la mitigazione climatica. Dal parco, il verde si innesta sull’architettura e diventa elemento fondativo degli spazi interni dell’edificio a tutti i livelli: la verticalità della torre è enfatizzata da una spina dorsale costituita da terrazze verdi a doppia e tripla altezza, riconoscibile dall’esterno grazie a specchiature modulari di vetro fotovoltaico, e si estende in un grande tetto giardino pensile sulla copertura del corpo basso. Il continuo rapporto con la natura genera un edificio biofilico dove un’architettura sostenibile e la qualità degli spazi interni favoriscono il benessere degli utenti ■

A sinistra dall’alto, vista da via Pola e il parco visto dalla copertura verde dell’auditorium.

Sotto, una vista aerea dal lato di via Taramelli (render ©Park Associati).

Località Milano (tra le vie Pola, Rosellini, Abbadesse, Taramelli)

Committente Aria - Regione Lombardia

Progetto architettonico e del paesaggio Park Associati

Team Filippo Pagliani, Michele Rossi (Founding Partners) Elisa Taddei (Associato), Davide Cazzaniga (Project Leader), Marianna Merisi (Landscape Director), Caterina Aquili, Giulia Bartoli, Gaia Calegari, Antonio Cavallo, Nicola Colella, Giorgia Dal Bianco, Ana Hebborn, Daniele Ferrari, Marinella Ferrari, Andrea Manfredini, Emanuele Moro, Xhensila Ogreni, Irene Ricciardi, Giulia Tamburini, Simone Tolosano, Stefano Venegoni

Progetto impianti, illuminazione, antincendio e acustica Esa Engineering

Progetto Strutture Redesco Progetti

Consulenza tecnica, geologia, bonifiche, invarianza idraulica Pro Iter Group

Concorso 2022

Area 55.000 mq edificio + 14.000 mq parco

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› WORK IN PROGRESS

CONEGLIANO

LA SCUOLA PRIMARIA RODARI DI C+S ARCHITECTS

A firmare il progetto della nuova scuola primaria che sorgerà a Parè di Conegliano (Treviso) è lo studio C+S Architects di Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini, che da più di vent’anni lavora su progetti di edilizia scolastica.

L’ingresso principale della scuola, a pianta circolare e su un unico livello, conduce a un ampio atrio illuminato da una serie di lucernari ricavati nel volume di copertura. Dall’atrio, un generoso sistema di spazi collettivi, sviluppato intorno a due corti centrali, si espande in tutte le direzioni. Le dieci aule si dispongono lungo il perimetro dell’edificio, articolando l’involucro in un profilo frastagliato e smaterializzato al di sotto della copertura aggettante che definisce un ampio portico perimetrale. In

questo modo ogni aula gode di un accesso diretto al giardino e di uno spazio coperto antistante, utilizzabile anche per attività all’aperto.

Le pareti perimetrali, costituite da uno strato di policarbonato alveolare traslucido all’esterno e di vetro stratificato all’interno, fanno filtrare e diffondono morbidamente la luce all’interno delle classi.

La sostenibilità ambientale è perseguita attraverso la realizzazione di un involucro edilizio altamente performante, di un sistema impiantistico in grado di minimizzare i fabbisogni energetici e con l’installazione di un’estesa superficie di pannelli fotovoltaici in copertura. Il progetto esecutivo è stato approvato per

un costo di 5,3 milioni di euro (finanziato per 3 milioni da fondi Pnrr e 2,3 milioni dal Comune) si sviluppa su 2.119 mq, su un lotto di 6.800.

Località Parè di Conegliano

Committente Comune di Conegliano

Progetto architettonico C+S Architects

Project Manager Federica De Marchi, C+S Architects

Team C+S Architects Tu Bui, Stefano Di Daniel, Federica De Marchi, Nina Pilapil

Strutture e piano di manutenzione F&M Ingegneria

Mep Silla e Luca Clementi, Rdc

Acustica Andrea Breviario

Superficie 2.119 mq

Render Daniele Spina

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› WORK IN PROGRESS

Immaginiamo il futuro

Ci sono idee che devono essere realizzate perché il futuro ne ha bisogno. Amiamo realizzare progetti straordinari in acciaio e facciate che superano i limiti dell’immaginazione. Il futuro è adesso. www.pichler.pro

© Pierer

Committenti Comune e Provincia di Padova, Regione Veneto Cronologia progettazione fattibilità tecnicoeconomica Novembre 2022-Aprile 2023 Superficie 192.000 mq

PADOVA POLITECNICA GUIDA IL RAGGRUPPAMENTO PER IL FUTURO POLO DELLA SALUTE

Il raggruppamento temporaneo tra Politecnica Ingegneria e Architettura (capogruppo), Ati Project, Cooprogetti e Techint ha avviato il progetto di fattibilità tecnico-economica del nuovo polo della salute di Padova Est che si concluderà ad aprile 2023. Si tratta del primo tassello per la realizzazione del più grande polo sanitario del Veneto, uno dei principali in Italia. Sarà adibito alla cura, alla ricerca, alla didattica e al trasferimento tecnologico. Il progetto prevede la costruzione di un polo della salute di oltre 192mila mq, di cui circa 144mila destinati alle funzioni sanitarie e di supporto, con 963 posti letto e 58 primari in servizio.

Oltre 48mila mq saranno destinati a edifici dove si svolgerà la ricerca e la didattica. Fanno parte del progetto anche un’area verde e opere pubbliche per l’integrazione con la mobilità e con il contesto urbano circostante.

Il progetto di fattibilità tecnico-economica vede al lavoro un team di oltre 100 professionisti, che porteranno le loro competenze a confronto con i bisogni espressi e inespressi della committenza, con i budget di spesa, con le esigenze della comunità che fruirà dell’opera, valutando le possibili soluzioni tecniche e tecnologiche per coniugare al meglio le necessità.

L’affidamento dell’incarico, del valore di 2,2 milioni di euro, potrà poi essere esteso anche alle fasi successive, ovvero alla progettazione definitiva ed esecutiva, fino alla direzione lavori per un importo complessivo a base di gara di 35,5 milioni di euro.

L’iter prevede, una volta conclusa la progettazione di fattibilità, la realizzazione del progetto definitivo e di quello esecutivo a valle del quale sarà possibile indire la gara per la realizzazione dei lavori e la designazione dell’impresa per l’inizio dei lavori di costruzione entro il 2025 ■

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› WORK IN PROGRESS C M Y CM MY CY CMY K
Render e masterplan del futuro Polo della Salute di Padova (courtesy Politecnica).

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Nei render, uno degli spazi interni e il meccanismo cinetico che agisce sulla copertura della corte centrale (courtesy Cra-Carlo Ratti Associati).

MODENA

CARLO RATTI E ITALO ROTA TRASFORMANO L’EX-OSPEDALE

Nacque nella seconda metà del Settecento come ‘Grande spedale degli infermi’.

Oggi l’ex ospedale Sant’Agostino diventa

Ago Modena fabbriche culturali, uno dei più grandi poli culturali in Italia, con il progetto di Cra-Carlo Ratti Associati e Italo Rota. L’intervento punta a riattivare un sito storico molto articolato, già oggetto di un progetto di recupero di Gae Aulenti, trasformandolo in spazio di dialogo tra sapere scientifico e sapere umanistico.

Cuore del complesso di 22.000 metri quadrati è la nuova piazza di forma triangolare con una copertura cinetica, realizzata in collaborazione con l’ingegnere e artista americano

Chuck Hoberman, esperto di strutture dinamiche. Hoberman e Cra hanno disegnato una struttura leggera, pieghevole e trasparente: un origami capace di aprirsi e chiudersi, trasformando

in piazza e area di ritrovo un luogo a lungo dimenticato.

Il progetto dà vita a una serie di stanze flessibili e riconfigurabili. Dopo il grande foyer comune a doppia altezza, il percorso si snoda lungo i corridori delle ‘tenaglie’, restaurati per ripristinarne la monumentalità originaria. Entrando nel cuore dell’isolato, dalla corte del museo anatomico si raggiunge la corte del camino e il sistema di edifici non monumentali, ulteriore porzione del complesso restituita alla città. Da qui si arriva alla nuova terrazza: un giardino sospeso sopra i tetti di Ago. Da questo spazio pubblico, dove si incontrano naturale e artificiale, la vista si allarga sulle cupole e i campanili del centro storico di Modena.

L’hub culturale – il cui cantiere è già avviato – ospiterà numerosi enti culturali. Il restauro è lasciato volutamente

incompiuto in alcuni punti. Questo lascia all’edificio lo spazio per vivere ulteriori evoluzioni in una costante tensione tra il vecchio e il nuovo ■

Località Modena

Progetto architettonico Cra-Carlo Ratti Associati e Italo Rota

Restauro Studio Associato Architetti

Francesco Doglioni e Renata Daminato

Ingegneria strutturale, meccanica, elettrica e sicurezza Politecnica

Acustica Vibes

Prevenzione incendi Gae Engineering

Tetto cinetico Hoberman Associates

Struttura cinetica del tetto Ingembp

Consulente costi Marco Figazzolo

Illuminazione Light Follows Behaviour

Paesaggio Studio Laura Gatti

Superficie 22.000 mq

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› WORK IN PROGRESS

La facciata traspirante

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Le elevate prestazioni termoisolanti e la rispondenza ai requisiti C.A.M. rendono il sistema open ideale per l’impiego in progetti di riqualificazione energetica degli edifici.

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ALVISI KIRIMOTO RIQUALIFICA UN COMPLESSO DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

Realizzati in seguito al terremoto in Irpinia del 1980, i 48 alloggi di edilizia residenziale pubblica si ergono su un’area di quasi 6.800 mq all’interno di un parco recintato oggi in stato di abbandono. Creare aree verdi pubbliche, migliorare l’accessibilità, prevedere interventi di efficientamento energetico e implementare le aree esterne di ciascuna abitazione rispondendo ai requisiti di prestazione statica e sismica: sono alcuni dei punti salienti dell’intervento dello studio Alvisi Kirimoto. La corte fra i due edifici, attualmente usata come parcheggio, costituirà il nuovo centro nevralgico del sistema, con una piazza libera, aree gioco, prati e alberi. Sul lato esterno saranno invece installati orti urbani, filari alberati e un giardino comunitario.

Una nuova struttura esterna, costituita da un telaio in acciaio, modificherà totalmente l’aspetto del complesso architettonico attraverso una immagine unitaria e coerente. Gli elementi di chiusura del telaio saranno costituiti da parapetti o da pannelli a tutta altezza in lamiera stirata. Negli angoli, in prossimità dei vuoti, sarà presente una griglia metallica di supporto alla crescita di rampicanti. Il colore di tutti gli elementi costruttivi e architettonici riprende il rosso mattone del rivestimento esterno esistente. Sul lato interno, che guarda la corte centrale, le terrazze occuperanno tutta la lunghezza della facciata, aumentando lo spazio esterno disponibile per alloggio da 4,5 a 30-32 mq. Sul fronte esterno degli edifici le logge sostituiranno

i balconi esistenti, raddoppiando la superficie calpestabile esterna. Previsto infine l’adeguamento impiantistico e il miglioramento energetico con strategie attive, come il fotovoltaico e il solare termico, e passive, come la raccolta delle acque meteoriche e un cappotto termico.

Località Casoria (Napoli)

Committente Comune di Casoria

Progetto architettonico Alvisi Kirimoto

Project leader Sara Ciarimboli

Strutture Milan Ingegneria

Impianti ia2 studio associato Paesaggio Greencure

Superficie 3.866 mq

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› WORK IN PROGRESS

Alubel, green for passion.

www.alubel.com

Alubel dal 1958 realizza sistemi metallici per le coperture e i rivestimenti degli edifici. L’azienda è cresciuta ponendo attenzione ai vari aspetti della sostenibilità ambientale incrementando negli anni la quota d’energia proveniente da fonti rinnovabili. Oggi Alubel è sempre più green, i suoi prodotti:

• sono dotati di dichiarazione EPD (Environmental Product Declaration)

• contribuiscono ai crediti LEED (Leadership in Energy and Environmental Design)

• rispettano i requisiti CAM (Criteri Minimi Ambientali).

LEED
CAM

Superficie edificio 37.000 mq

Superficie parco 105.000 mq

IL PROGETTO DI ATELIER(S) ALFONSO FEMIA

E LAND PER IL PARCO DELLA GIUSTIZIA

Ospiterà le sedi dei tribunali, della procura penale e un parco che coprirà tre quarti dell’intera area. Molto più di un polmone verde, il Parco della Giustizia di Bari potrà diventare un luogo di aggregazione intergenerazionale e un importante corridoio verde, di ricucitura, che collegherà l’area a margine di Bari sino al centro della città e al mare. È quanto prevede il progetto vincitore del concorso di progettazione indetto dall’Agenzia del demanio per la riqualificazione del quartiere Carrassi. A vincere la competizione Atelier(s) Alfonso Femia (mandataria) con Proger, Magnanimo Ingegneri Associati e Land Italia. Il contesto è formato da un costruito eterogeneo con fronti compatti alternati a

spazi aperti ed edifici di altezza contenuta, edilizia economica e popolare a media e alta densità, affiancati a residenze unifamiliari: questo è lo scenario di riferimento, dove la rete viabilistica è stata costruita in modo disordinato a servizio delle diverse lottizzazioni.

In questo senso, il Parco della Giustizia è un progetto che riunisce e mette in correlazione parti frammentate della città. Su un’area complessiva di quasi 150.000 metri quadrati impegnata dalle casermette esistenti, l’edificio per il nuovo tribunale si svilupperà su 37.000 mq. La superficie del parco sarà di 105.000 mq con una porzione di 7.500 mq dedicata a un lago artificiale.

L’estensione dell’area piantumata è ancora più ampia, considerando le coperture

e le corti a verde: natura e costruito si bilanciano in un rapporto in cui la presenza della vegetazione caratterizzerà la quasi totalità della superficie di progetto.

Il Parco della Giustizia è uno dei siti, insieme all’ex caserme Milano, Magrone e Capozzi e all’ex ospedale militare Bonomo, sui quali l’Agenzia del demanio sta promuovendo una strategia urbana di riqualificazione per rendere la città più vivibile.

Le aree verdi a integrazione degli interventi contribuiranno con più di 24 ettari di superficie allo sviluppo di Bari in chiave eco-sostenibile

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BARI
Concept del piano di sviluppo (©AF517) e render del parco (©AF517 ‹Diorama). Progetto architettonico Atelier(s) Alfonso Femia Ingegneria Proger, Magnanimo Ingegneri Associati Paesaggio Land Italia
› WORK IN PROGRESS

SENZ’ALTRO.

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BRUXELLES

LA NUOVA SEDE DEL PARLAMENTO EUROPEO

All’ultimo livello una grande agorà verde aperta al pubblico e affacciata sull’emiciclo del parlamento; la parziale demolizione dell’edificio Spinelli, sul fronte in asse con la Gare d’Europe, per collegare il ‘Paul-Henry Spaak’ alla città e l’implementazione del parco pubblico circostante. È il progetto vincitore della gara – indetta nel 2020, sull’onda dell’entusiasmo del Next Generation Eu, poi è arrivata la guerra in Ucraina – per la nuova sede del parlamento europeo a Bruxelles vinta dal collettivo di progettazione internazionale Europarc, costituito da Jds Architects, Coldefy, Cra-Carlo Ratti Associati, Nl Architects, Ensamble Studio con le due società di ingegneria Util e Ramboll. La proposta vincente, distintasi tra i

15 progetti presentati, si concentra sul rinnovo dell’edificio Paul-Henri Spaak con un approccio circolare per ridurre al minimo rifiuti e sprechi. Si stima infatti che la metà dell’impatto ambientale di un edificio sia legata alla fase di costruzione. Da qui la scelta di non demolire l’attuale sede e di riutilizzare la maggior parte della struttura esistente, ripensandola per migliorare le condizioni di lavoro degli utenti e soprattutto l’apertura verso il pubblico.

Rispetto a questo ultimo punto, la proposta di Europarc rafforza il legame dell’edificio con la città, ampliando lo spazio pubblico con diverse soluzioni. Aprendo l’isolato, migliora la continuità dei flussi pedonali nell’area e crea una connessione tra place du Luxembourg

Concept e render del progetto. A sinistra una vista dell’agorà verde che si affaccia sull’emiciclo (©Europarc).

e parc Léopold. All’interno dell’edificio uno degli interventi principali riguarderà l’emiciclo, la sala delle assemblee del Parlamento, che sarà riposizionata al livello superiore dell’architettura. Il soffitto aperto della grande sala sarà visivamente collegato con il soprastante rooftop verde aperto al pubblico. Il parco riunirà la vegetazione autoctona di tutti i paesi membri, costituendo un esempio tangibile della sinergia che riunisce gli stati europei ■

Raggruppamento vincitore del concorso di progettazione Jds Architects (Danimarca), Coldefy (Francia), Nl Architects (Paesi Bassi), Cra-Carlo Ratti Associati (Italia), Ensamble Studio (Spagna), Util (Belgio), Ramboll (Danimarca) Cronologia concorso maggio 2020-luglio 2022

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› WORK IN PROGRESS

TULUM, MESSICO PININFARINA ARCHITECTURE DISEGNA UNA NUOVA GATED COMMUNITY

Aldea Uh May è un nuovo insediamento in Messico nell’anello esterno di Tulum. L’intervento, progettato da Pininfarina Architecture e guidato dal gruppo immobiliare Aldea Uh May, configura una gated community per la classe agiata inserita nel contesto della foresta tropicale circostante, che viene parzialmente conservata e integrata nella rete dei collegamenti e dei servizi previsti per i futuri residenti.

La società di progettazione italiana ha curato la direzione artistica del masterplan di 20 ettari, progettando una rete di trasporto e di mobilità privata, oltre a vari ambienti pubblici orientati alla salute e alla socialità, per supportare gli oltre 120 lotti residenziali plurifamiliari

e monofamiliari disposti su oltre 22.000 metri quadrati di costruito. Nella comunità immaginata da Pininfarina Architecture i servizi e i comfort calibrano le funzioni residenziale, commerciale e ricreativa. Il focus si concentra sull’accoglienza e sugli spazi comuni dedicati al benessere e all’intrattenimento. I servizi del complesso includono così un orto condiviso, giardini botanici, una piscina fluviale e una a corsie, un centro benessere, una Spa di medicina alternativa e aree per il lavoro, il ristoro, l’apprendimento e la cultura.

Nel dettaglio, la grande entrata è uno spazio poroso che crea continuità tra la giungla e l’insediamento urbano, da

cui si raggiungono i giardini ricchi di piante aromatiche ed erbe medicinali, il centro benessere e la spa dedicati alla salute e alla cura della persona e gli spazi pubblici, che possono adattarsi in modo flessibile a ospitare eventi e promuovere artisti locali.

Località Tulum (Messico)

Committente Aldea Uh May

Progetto architettonico Pininfarina Architecture

Chief architect Samuele Sordi

Paesaggio Andres Pineda

Superficie costruita 22.000 mq

Superficie terreno 20 ettari

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› WORK IN PROGRESS
Oltre lo standard
www.alpewa.com Progetto RESIDENZA GORIZA 30 (TN) Architetto RICCARDO PEDRAZZOLI BONVECCHIO Installatore EUROCOPERTURE Materiale STACBOND ANODIC DARK
Rivestiamo l’architettura
Foto Stefanie Andolfato

SEATTLE

LMN ARCHITECTS AMPLIA L’ACQUARIO CITTADINO

Lo studio di architettura di Seattle

Lmn Architects è stato incaricato della progettazione del nuovo Aquarium Ocean Pavilion della città. Il progetto, attualmente in costruzione, è il primo ampliamento sostanziale dal 2007 dell’acquario aperto nel 1977. L’ampliamento comprende circa 4.600 metri quadrati di spazi per esposizioni immersive, esplorazioni pratiche, eventi e viste sul paesaggio circostante.

Il padiglione integrerà nel nuovo lungomare centrale di Seattle un complesso programma edilizio incentrato sul coinvolgimento del pubblico. L’Ocean Pavilion si unisce alle strutture esistenti dell’acquario per creare un nuovo campus guidato dalla missione di ispirare la conservazione dell’ambiente marino.

Il progetto è stato sviluppato intorno all’idea di creare una rete di connessioni accessibili e inclusive che collegano la città, il lungomare e l’oceano, integrate

con le esperienze fornite dal nuovo ampliamento. L’intervento integra l’ambiente pubblico e le esperienze espositive dell’acquario in un gesto estroverso di coinvolgimento del pubblico. Una serie di percorsi pubblici fornisce connessioni verticali tra più livelli di piazze, intrecciate tra loro da giardini e spazi pubblici. I percorsi di circolazione offrono una varietà di viste sopra e sotto l’acqua degli acquari, oltre la piazza e l’oceano. Orientato verso il lungomare è il lato ovest del padiglione con ampie vetrate posizionate in modo strategico, che permettono di gettare sguardi all’interno del padiglione.

Il cantiere in corso verrà completato nel 2024.

Località Seattle

Committente Seattle Aquarium Society

Progetto architettonico Lmn Architects

Sviluppatore Shiels Obletz Johnsen

Contractor Turner Construction Company

Ingegneria civile e strutturale Magnusson Klemencic Associates

Acustica Stantec

Illuminazione Horton Lees Brogden Lighting Design

Paesaggio James Corner Field Operations

Superficie 4.645 mq

Cronologia Progettazione 2016-2020. Cantiere 20212024

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› WORK IN PROGRESS
Render dell’ampliamento progettato da Lmn e una vista del cantiere in corso (render courtesy Lmn Architects, ph. ©Adam Hunter).

Campus SDA Bocconi, Milano

San.Co, brand del gruppo Zanini Italia, da più di 30 anni sviluppa e fornisce soluzioni tagliafuoco e tagliafumo in legno e vetro secondo i più alti standard di sicurezza.

Gli edifici moderni sono progettati con particolare attenzione verso l’ambiente: i prodotti San.Co sono certificati FSC, PEFC e VOC Leed v4.1

Per lo studentato milanese di Bocconi, San.Co ha fornito tutte le porte degli alloggi, garantendo un risultato estetico di altissimo livello.

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LA PORTA APERTA AI

Committente Science Centre Board, Singapore

Progetto architettonico Zaha Hadid Architects

Local architect Architects 61

Ingegneria strutturale Web Structures

Consulente ambientale Atelier Ten

Ingegneria delle facciate Koltay Facades

Illuminazione Nipek

Consulente acustico Shen Milsom & Wilke

Consulente per i trasporti Vertix Asia-Pacific

Consulente per il paesaggio Grant Associates

Cronologia apertura prevista 2027

Render Negativ

SINGAPORE

PROGETTO DI ZAHA HADID ARCHITECTS PER IL NUOVO SCIENCE CENTER

Inserito nel paesaggio dei Jurong Lake Gardens di Singapore, il nuovo Science Center è un progetto di Zaha Hadid Architects in collaborazione con lo studio locale Architects 61. Il centro proseguirà nella missione dell’istituzione, fondata nel 1977, di stimolare la curiosità e l’innovazione in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico e con la nuova sede punta a raggiungere un bacino di utenti più ampio ed eterogeneo.

Il polo culturale è composto da cinque volumi rettangolari a incastro, che sembrano fluttuare al di sopra del parco circostante. Con grandi vetrate che fungono da cannocchiali sul lago,

ognuno dei cinque volumi è orientato in modo da migliorare le relazioni tra gli spazi interni ed esterni del centro che ospita una varietà di funzioni: gallerie espositive, laboratori interattivi e spazi per eventi oltre agli uffici amministrativi e agli archivi. L’intento di educare i visitatori alle pratiche di sostenibilità prevede anche l’installazione di sistemi di agricoltura verticale. L’articolazione volumetrica definisce una serie di corti e giardini interni collegati con l’adiacente stazione della metropolitana.

In linea con il Singapore Green Plan 2030, l’architettura incorpora principi di progettazione sostenibile e strategie

energetiche per ridurre le emissioni di anidride carbonica.

La ventilazione naturale e la luce diurna controllata ridurranno il consumo energetico, migliorando al contempo l’esperienza e il benessere dei visitatori. Il fotovoltaico sul versante delle strategie attiva e giardini pensili su quello delle strategie passive contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi di ecosostenibilità dell’edificio, per conseguire la certificazione Green Mark Platinum Super Low Energy della Bca – la Building and Construction Authority di Singapore.

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› WORK IN PROGRESS

CHENGDU IL MUSEO DELLA FANTASCIENZA DI ZAHA HADID ARCHITECTS

Dall’Occidente, anche la Sci-Fi sembra essersi spostata in Cina: furono due romanzi di fantascienza cinesi a vincere l’Hugo Award, il nobel della fantascienza, nel 2015 e nel 2016. In particolare la capitale del genere in Oriente pare sia Chengdu, forse per la particolare cultura del luogo che include visioni mistiche e intravede presenze extraterrestri nelle incisioni e nelle maschere della civiltà Sanxingdui risalente all’età del bronzo. Proprio a Chengdu è in corso di completamento il primo museo cinese della fantascienza. Progettato da Zaha Hadid Architects, il complesso di 59.000 metri quadrati che sta sorgendo nel distretto scientifico-tecnologico di Pidu, a nord-ovest della città, all’interno è un’architettura-sistema che integra spazi aperti e costruiti con collegamenti pedonali che attraverso il parco raggiungono il cuore dell’edificio principale. Questo a sua volta si presenta con una pianta a stella e un sistema di terrazze su più livelli, coperte da

una vasta cupola ondulata, quasi una nebulosa galattica in espansione con un grande vuoto – in realtà una copertura trasparente – al centro. Il museo sorge in riva a un piccolo lago che diventa sia parte integrante del progetto di paesaggio, sia elemento del sistema di filtrazione e riuso delle acque grigie e di drenaggio delle acque piovane, mitigando i fenomeni di flash-flooding. Un’accurata modellazione digitale ha permesso di affrontare al meglio tutti gli aspetti ambientali permettendo all’edificio di raggiungere il punteggio più elevato del China Green Building Program: la copertura ondulata è attrezzata con pannelli fotovoltaici; la sua estensione è funzionale all’ombreggiamento estivo delle pareti vetrate; un sistema ibrido di ventilazione naturale si avvantaggia del mite clima subtropicale del luogo per migliorare il comfort degli ambienti interni. Si svolgerà qui, in ottobre, il prossimo Worldcon, l’81esima convention annuale della World Science Fiction Association.

Il nuovo museo della fantascienza in costruzione a Chengdu è anche un intervento ambientale e di paesaggio che valorizza l’area (render Atchain).

Progetto architettonico Zaha Hadid Architects: Patrik Schumacher (principal), Yang Jingwen (associate), Satoshi Ohashi, Paulo Flores (drettori del progetto), Sven Torres (capo-progetto), Juan Liu, Magda Smolinska (architetti)

Local architect, ingegneria strutturale, facciate, Mep, antincendio China South West Architecture Design Institute

Paesaggio Hangzhou Landscape Design Institute

Lighting Design Lightdesign, Bpi

General contractor China Construction Third Engineering Bureau Group Visual Atchain

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› WORK IN PROGRESS

Carlana Mezzalira Pentimalli

Michel Carlana (1980), Luca Mezzalira (1982) e Curzio Pentimalli (1982) si laureano presso l’Università Iuav di Venezia, dove attualmente svolgono attività di collaborazione e ricerca. Lo studio, fondato a Treviso nel 2010, ha l’ambizione di fare dell’urbanistica e dell’architettura una cosa semplice e duratura, organica, precisa e necessaria. Cercando di costruire con la tradizione una relazione di interazione e considerando il progetto come un’opportunità per reinterpretare un luogo. Tra i principali progetti realizzati la Scuola di musica di Bressanone e il centro sportivo di Les Bois in Svizzera. La Biblioteca di Bressanone ha ricevuto una menzione d’onore al Premio Architetto Italiano 2022. Attivi anche in campo editoriale, il volume Quirino De Giorgio: An Architect’s Legacy nel 2020 ha vinto il Dam Architectural Book Award. www.carlanamezzalirapentimalli.com

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› BIBLIOTECA DI BRESSANONE

UN INNESTO E UN RECUPERO

ESEMPLARI CHE CONFERMANO

IL RUOLO CULTURALE DELLA PIÙ

ANTICA CITTÀ DEL TIROLO. DOPO

LA SCUOLA DI MUSICA, UN NUOVO

INTERVENTO DELLO STUDIO

CARLANA MEZZALIRA PENTIMALLI

In alto, il nuovo volume visto dal giardino della lettura, un tempo giardino privato. A sinistra, vista da via Bruno e lo spazio del foyer ottenuto inglobando le facciate est della vecchia sede della Guardia di Finanza e sud dell’ex-Tribunale (ph. ©Marco Cappelletti).

NUOVA BIBLIOTECA CIVICA DI BRESSANONE

COMPLESSITÀ CULTURALI

Guardando al possibile sviluppo del progetto e all’impianto planimetrico gli architetti l’hanno chiamato Kulturbaum, albero della cultura, ma l’idea dell’albero assume anche significati simbolici: come gli alberi la nuova biblioteca di Bressanone affonda le sue radici nel passato dell’antica città vescovile, intreccio di culture nel crocevia della valle dell’Isarco, e come un albero si insedia silenziosa nella città odierna contribuendo a ridefinire lo spazio pubblico con due nuove aree pedonali e l’apertura del giardino un tempo di proprietà del vescovo. Il complesso unitario, che accoglie un patrimonio di oltre 36mila volumi ma nelle intenzioni di Michel Carlana, Luca Mezzalira

e Curzio Pentimalli è soprattutto un luogo di «relazioni umane, scambi, intrecci di culture, pratiche ed età differenti», comprende un nuovo manufatto e il recupero e l’annessione degli edifici esistenti dell’ex sede della Guardia di Finanza, una porzione dell’ex-Tribunale e parte del piano terra e del primo piano dell’excarcere cittadino.

Il nuovo volume che connette quelli esistenti e riqualificati si inserisce a sud dell’edificio dell’ex-Tribunale, nel vuoto generato dalla demolizione di un corpo di fabbrica in precedenza appartenente alla Diocesi.

Il manufatto si appoggia ai due edifici esistenti, che parzialmente ingloba, instaurando

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› ARCHIWORKS

Piante e sezioni del complesso. A sinistra dal basso piano terra, piano primo e piano secondo. Sopra, dall’alto, sezioni AA’, BB’, EE’ e II’.

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› BIBLIOTECA DI BRESSANONE

L’area al primo piano dedicata alla narrativa. Sotto, lo spazio a tripla altezza dell’erker Est (ph. ©Marco Cappelletti).

una relazione indissolubile tra nuovo e antico. Leggére pendenze compensano le differenze di quota dei fabbricati cui si collega.

L’analogia con l’albero prosegue a livello planimetrico, con un doppio guscio perimetrale, una sorta di ‘corteccia’ che avvolge gli interni e dove trovano posto la maggior parte degli spazi serventi.

Il nuovo volume contiene due collegamenti verticali, una scala antincendio chiusa che oltre alla funzione attribuita dalle norme connette il piano terra con il sottotetto, e una scala aperta baricentrica rispetto alle masse funzionali per i collegamenti rapidi tra i piani. Percorrendola si possono apprezzare scorci particolari della nuova spazialità.

In tutto il progetto è stata data speciale attenzione all’illuminazione naturale, fondamentale sia per la lettura sia per la conservazione dei libri. La parete sud, priva di viste interessanti,

è cieca e attrezzata nella parte interna con un ‘muro-libreria’ che come una boiserie continua occupa l’intera altezza dell’edificio. Due grandi lucernari posti alla sommità della copertura a falda complessa consentono ai raggi del sole di attraversare l’intero edificio e di giungere fino al piano terra, grazie a un articolato sistema di arretramento dei solai che gioca un ruolo fondamentale nel sistema di introspezioni tra i diversi piani dell’edificio.

L’accesso al nuovo edificio è un generoso spazio a quadrupla altezza con le aree dell’accoglienza, l’infoteca e un’emeroteca. Dall’open space dell’area della narrativa, al primo piano, è possibile poi accedere agli ambienti realizzati negli edifici dell’ex-finanza e dell’ex-tribunale oppure ai piani superiori attraverso scala e ascensore.

Il secondo piano è occupato principalmente dall’area saggistica/trattatistica, direttamente

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› ARCHIWORKS
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La scala principale. Sul fondo l’erker ovest del secondo piano (ph. ©Marco Cappelletti).
› BIBLIOTECA DI BRESSANONE
La grande complessità geometrica dell’edificio rende ogni scorcio differente.

A destra, illuminato dall’alto, il sottotetto dell’ultimo piano del nuovo edificio è inteso come un luogo dal molteplice uso, a disposizione delle diverse pratiche culturali della città. Sotto, la sala affreschi del primo piano dell’ex Tribunale è un’area relax. Sul fondo, la zona bambini (ph. ©Marco Cappelletti).

CREDITI

Località Bressanone

Committente Comune di Bressanone

Progetto architettonico Carlana Mezzalira Pentimalli

(Michel Carlana, Luca Mezzalira, Curzio Pentimalli)

Team di progetto Michel Carlana, Luca Mezzalira, Curzio Pentimalli, Marco Carraro, Alessio Oliviero

DL generale Carlana Mezzalira Pentimalli, 3M

Engineering

Progetto e DL strutture, impianti, antincendio e coordinamento sicurezza Bergmeister

Consulente lluminotecnico Von Lutz Studio Associato

General contractor Unionbau

Serramenti esterni Askeen

Arredi su misura Erlacher

Arredi in serie Arte

Superficie del lotto 2.378 mq

Superficie costruita 3.013 mq

Cronologia 2010 (concorso); 2017-18 (progettazione); 2019-21 (costruzione); 2022 (completamento)

Costo 7 milioni di euro

connessa con l’edificio ex-finanza, dove questa funzione si estende. Al terzo piano, un’ulteriore zona di accoglienza funge da elemento di snodo tra la sala polivalente e lo spazio destinato agli eventi letterari.

Nella ristrutturazione degli edifici esistenti, che contengono le altre funzioni – tra cui l’area bambini e una ludoteca – e dove sono disposti altri ingressi al complesso, tra cui quello del fronte principale dell’ex-finanza, che si apre su piazza Duomo, è stato valorizzato il carattere antico.

Del contesto sono stati riletti in chiave contemporanea gli erker, tipici bovindi che caratterizzano il centro storico. Due di questi, di ordine gigante, nel nuovo edificio privilegiano le viste sui due fronti principali di Bressanone, la Torre Bianca e il campanile

del Duomo da un lato e il Palazzo Vescovile dall’altro, tracciando una linea di continuità con i punti di riferimento della città. All’interno, i due erker ricreano la spazialità tipica della cultura nordica, formando alcove dove è possibile leggere o ammirare il paesaggio. Le grandi vetrate, che tracciano il limite tra interno ed esterno, sono state studiate per favorire l’irraggiamento indiretto nei punti in cui vi è maggiore afflusso e permanenza di persone.

Pensato come insieme di comparti indipendenti, accessibili per intero o solo parzialmente mediante il controllo di alcuni punti strategici di accesso, l’intero complesso si informa al principio della flessibilità, per assolvere a più funzioni ed eventi con tempi e modalità di volta in volta differenti ■

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› ARCHIWORKS

A

UN HORTUS CONCLUSUS DI FAMIGLIA

Nelle foto, dall’alto in senso orario, l’edificio novecentesco visto dal giardino storico, la quinta architettonica di fronte al palazzo, il sistema terrazzoscala che raggiunge il tetto e il pergolato del giardino storico (ph. ©Antonio Coccioli).

È un intero pezzo di centro storico il lotto di 2mila mq, comprendente una casa dell’Ottocento e un palazzo dei primi del Novecento, che lo studio di architettura Archetypo di Cutrofiano ha trasformato in un complesso di quattro abitazioni per una grande famiglia. Tra loro indipendenti, le residenze convergono in uno spazio aperto, direttamente collegato alla grande cucina della casa padronale, che diventa luogo di riunione e di convivialità.

Il recupero di ciò che, abbandonato da mezzo secolo, era diventato un rudere, prende le mosse da una bonifica generale dell’area e dall’analisi – mediante rilievi diretti – degli elementi costruttivi, dalla struttura portante alle finiture,

dal sistema dei vialetti interni al giardino e dei pergolati al censimento delle alberature da frutto, per costruire un quadro conoscitivo il più completo possibile come base di partenza del progetto preliminare di restauro e rifunzionalizzazione degli spazi.

Il nuovo organismo che riunisce i due corpi edilizi di epoca diversa e nel quale trovano spazio quattro abitazioni autonome dispone di due distinti ingressi: un accesso pedonale per la casa padronale ricavata nel vecchio palazzo ottocentesco di due piani e alle abitazioni ricavate al primo piano del palazzo del Novecento; un androne coperto con doppia volta ‘a stella salentina’ che conduce, attraversando una corte

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RESTAURO A USO RESIDENZIALE, MAGLIE
MAGLIE, IN SALENTO L’INTERVENTO DI RESTAURO DI UN ARTICOLATO COMPLESSO EDILIZIO, REALIZZATO SU PROGETTO DELLO STUDIO ARCHETYPO, DIMOSTRA CHE L’ARCHITETTURA È PRIMA DI TUTTO UN’OPERAZIONE CULTURALE
› CASA A MAGLIE

interna, all’abitazione posta al piano terra nonché, attraverso un cancello in ferro, al giardino condiviso da tutta la famiglia.

Su strada, il complesso è completato da un secondo giardino di pertinenza della casa padronale e da un parcheggio privato con cinque posti auto.

La pianta della casa padronale conserva l’originaria impostazione ottocentesca ‘a cannocchiale’ con ambienti di grande semplicità compositiva e spaziale che si susseguono gli uni agli altri: dall’ingresso principale, con copertura a doppia falda, si accede alla zona pranzo e da lì alla cucina e al soggiorno, dove una scala in pietra leccese conduce alla camera da

letto padronale con bagno e cabina armadio. Sempre dall’ingresso un’altra scala conduce a una seconda camera da letto. La zona del pranzo e della cucina si apre sul giardino interno dove in estate si pranza all’aperto, all’ombra di un noce secolare e con il profumo dei gelsomini. Un giardino che rappresenta il fulcro dell’intero complesso e della vita che vi si svolge, dove sono stati recuperati un antico pergolato a colonne in pietra leccese – ampliato con una struttura in corten a sostegno dei rampicanti – e i vialetti con cordoli laterali pavimentati in pietra locale.

Una nuova vasca d’acqua, realizzata con bordo in chianche di recupero in pietra leccese con

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› RESTAURO

fuga in malta di cocciopesto e rivestimento interno in intonaco, crea un fresco microclima durante le calde giornate estive salentine. Le abitazioni ricavate al primo piano del secondo edificio, che presentano caratteri stilistici e di finitura dell’architettura locale di inizi Novecento, dispongono di terrazze e sono collegate al giardino da un nuovo sistema di scale esterne realizzate con pietra di recupero. Il progetto riserva particolare attenzione al recupero, restauro e valorizzazione del sistema costruttivo tradizionale, caratterizzato dai sistemi voltati in pietra locale, dai paramenti murari, dagli infissi in legno ridisegnati secondo le linee stilistiche della tradizione locale, dai pavimenti in cementine rimosse e recuperate per poi posarle come tappeti incastonati su un nuovo pavimento in pietra di Trani. Per le finiture delle pareti e dei sistemi voltati sono state utilizzate malte naturali e traspiranti Calchèra San Giorgio a base di calce idraulica pozzolanica: Tonachino Cocciopesto dal caratteristico colore rosato; Tonachino Pietra Leccese, una finitura formulata espressamente a imitazione della tradizionale pietra leccese; intonaco di finitura Materico lolla di riso

Per le pareti e i soffitti con volte a padiglione e a ‘stella salentina’ è stata utilizzata una finitura materica liscia ma opaca di antica ricetta, il Vetus Marmorino di Calchèra San Giorgio, che crea un rimando stilistico alla natura storica del palazzo novecentesco prima dell’intervento di restauro.

La stessa attenzione è stata adottata per la formulazione della malta Rasosasso - Calchèra San Giorgio con cui si è proceduto alla stilatura dei giunti durante il restauro delle facciate esterne in pietra leccese facciavista.

Dal punto di vista impiantistico, le abitazioni sono riscaldate da un sistema radiante a pavimento e raffrescate mediante ventilconvettori alimentati da pompa di calore. Per l’irrigazione sono state recuperate e rimesse in funzione vecchie cisterne interrate dove convergono le acque meteoriche ■

CREDITI

Località Maglie (Lecce)

Committente Privato

Progetto di architettura e restauro Archetypo (Andrea

Piscopo, Iride Filoni)

Progetto strutturale di consolidamento statico

Alessandro Rizzo

Progetto di arredo a verde attrezzato Iride Filoni e Andrea

Piscopo

Progetto impianti Ivan Macchia

Direzione dei lavori e Coordinamento della Sicurezza

Archetypo

Impresa di Restauro Perrottagroup

Malte e intonaci per il restauro Calchéra San Giorgio

Cronologia 2017 - 2021

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› STUDIO ARCHETYPO
La casa padronale nel palazzo ottocentesco: l’esterno e il soggiorno visto dall’ingresso (ph. ©Antonio Coccioli).
[ 66 ] IOARCH_103 › ACCENTURE

ACCENTURE PEOPLE HUB, ASSAGO

TRASPARENZA E ACCOGLIENZA

COME UNA PRUA RIVOLTA VERSO LA CITTÀ, IL BUILDING U1 DI PARK ASSOCIATI COMPLETA LA PARATA DI MODERNI VOLUMI ARCHITETTONICI CHE CARATTERIZZANO LO SVILUPPO DIREZIONALE DI MILANOFIORI NORD

GLI INTERNI SONO DI 967ARCH

Il progetto urbanistico era di Federico Oliva e di Studio Cappelli, il masterplan di Erik van Egeraat (che ha firmato anche quattro edifici direzionali, gli altri sono di Cino Zucchi Architetti, Gbpa e Park Associati per l’U27). Dallo scorso anno l’Accenture People Hub, nome in codice U1, completa l’area di 360mila metri quadrati del più ampio parco direzionale di Milano, sede di multinazionali del largo consumo, della consulenza e della pubblicità. Ottimamente servita da collegamenti di trasporto pubblico e privato, l’area è

circondata dal verde e la vista dall’interno dei palazzi si allarga su ampi orizzonti.

Con 15 piani e 31.500 metri quadrati di superficie utile, è una delle realizzazioni più rilevanti del comparto (e la maggiore tra le sedi europee della multinazionale della consulenza).

Nell’edificio trasparenza e opacità si alternano, con le superfici vetrate della facciata continua esposta a sud-ovest serigrafate, a proteggerlo dall’irradiazione solare, e quelle del lato rivolto verso il vicino bosco trasparenti,

così da rendere la percezione del paesaggio il più diretta possibile.

Dalla piastra su cui poggia l’edificio si genera, in corrispondenza dell’ingresso, una nuova piazza sopraelevata in diretto collegamento con la vicina stazione della metropolitana. La hall a doppia e tripla altezza rappresenta l’elemento di connessione percettiva tra la piazza esterna, il bosco e l’interno dell’edificio. La continuità materica con l’esterno la trasforma in un’estensione coperta della piazza, in grado di convogliare tutti i flussi del complesso, oltre

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› ARCHIWORKS

a contenere gran parte delle funzioni comuni: area formazione, foyer, auditorium, caffetteria. Il progetto degli interni, sviluppato da 967arch in accordo con Accenture, si fonda sui criteri di accoglienza, formazione continua e integrazione.

Oltre al necessario supporto quotidiano alle attività produttive, con spazi dedicati al relax – tra cui lo spettacolare sky-bar all’ultimo piano – aree break e coffee corner, specifici ambienti sono destinati a training center, dedicati all’apprendimento e alla valorizzazione di nuovi talenti.

Il concetto di benessere nell’ambiente di lavoro trova la sua concreta espressione in aree dedicate alle neomamme, in un’infermeria con personale sanitario specializzato e nell’Ac-

Park Associati

Aperta nel 2000 da Filippo Pagliani (a sinistra nelle foto) e Michele Rossi, con 90 professionisti che operano nella sede di Milano Park Associati è oggi una delle maggiori società di progettazione architettonica e urbanistica in Italia. Opera in modo pluridisciplinare soprattutto alla scala urbana e dell’edificio e negli anni ha condotto progetti di notevole qualità negli ambiti direzionale, residenziale e dell’ospitalità (ad esempio Salewa a Bolzano, con Cino Zucchi). Esempi di rigenerazione urbana e retrofitting sono gli interventi milanesi di Gioiaotto, gli Hq di Engie e la nuova sede de Il Sole24Ore. Tra i progetti recenti o in corso le sedi milanesi di Luxottica, il Mi.C con la riqualificazione della piazza antistante, la torre di Palazzo Sistema e il progetto di trasformazione del quartiere Bovisa MoLeCoLa, vincitore di un C40 Reinventing Cities. www.parkassociati.com

cessibility Lab, uno spazio attrezzato con strumenti e tecnologie a supporto della disabilità. Un’altra delle linee-guida del progetto di interni è stata la flessibilità, con intere aree completamente riconfigurabili a seconda delle esigenze. I valori dell’accoglienza sono stati tradotti esteticamente con la scelta accurata di finiture, mentre quelli legati all’innovazione sono rappresentati formalmente da dotazioni tecnologiche come le postazioni di lavoro elevabili e da arredi selezionati, all’interno di una scatola neutra con accenti di colore, di verde, di luci e di grafica. L’Accenture People Hub, che può ospitare fino a 3.800 persone, è certificato Leed Gold e Well Gold ■

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L’atrio di ingresso e, a destra, la scala che lo collega alla piazza esterna interpretano il concetto di accoglienza di Accenture (Courtesy Accenture). Foto ©Andrea Martiradonna
› ACCENTURE
Foto ©Ciro Frank Schiappa

CARDEX

Cardex, società che opera da più di vent’anni nel campo del contract di arredo per gli spazi del lavoro, è la sintesi della collaborazione tra due architetti milanesi, Pietro Carullo e Paolo Della Salda. Cardex collabora con studi di architettura e ingegneria, progettisti e aziende per fornire supporto in qualsiasi fase della progettazione proponendo specifiche soluzioni d’arredo per ogni tipologia di uffici, spazi collettivi, informali, indoor e outdoor. www.cardex.it

967arch

Fondato nel 1999 a Milano da Cesare Chichi e Stefano Maestri, che lo dirigono, 967arch sviluppa progetti architettonici, di interior e di design in Italia e all’estero con una grande attenzione ai dettagli e al controllo dei costi. Lo studio affronta ogni progetto in modo diverso considerando il sito, le richieste del cliente e l’esperienza acquisita. Tra i lavori più recenti le sedi italiane di Google, Cisco, Amplifon, FC Internazionale, Campari, Wpp, Petronas; tra quelli in corso progetti per Ferrero, Alfa Romeo e – alla scala urbana – la nuova sede del comune di Rozzano e un museo a Pietrasanta. Lo studio opera anche nel campo del design collaborando con aziende dell’arredo e dell’illuminazione. 967Arch ha assistito Accenture anche nel progetto di interior design del Corporate Center di Milano Bonnet di circa 14.000 mq www.967arch.it

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› ARCHIWORKS

Accurata scelta delle finiture, dotazioni tecnologiche, accenti di colore caratterizzano il progetto degli interni (ph. ©Ciro Frank Schiappa, courtesy Accenture).

CREDITI

Località Assago (Milano)

Committente del building Milanofiori Sviluppo (Gruppo Brioschi Sviluppo Immobiliare)

Progetto architettonico edificio Park Associati

Progettazione impianti e strutture, direzione lavori, coordinamento, sicurezza, Bim General Planning

General contractor Nessi & Majocchi, Impresa Percassi

Facciate Focchi

Tenant e committente degli interni Accenture

Progetto degli interni 967arch

Project management Cushman & Wakefield Project & Development Services Team

Pavimento sopraelevato Liuni

Rivestimenti acustici Topakustik

Pareti mobili Anaunia

Partizioni vetrate Mangini

Serramenti interni standard Cipriani

Arredi su misura Principle

Arredi di design Cardex

Arredi standard Sedus

Illuminazione decorativa Artemide, Davide Groppi

Slp 31.500 mq

Cronologia 2018-2022

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› ACCENTURE

Oltre alle break-area (foto sotto) il People Hub comprende un training center, uno spazio per le neomamme e un’infermeria (ph. ©Ciro Frank Schiappa, courtesy Accenture).

PRINCIPLE

Un tempo puramente funzionale, il progetto dello spazio di lavoro assume oggi rilevanza strategica per la capacità di conciliare esigenze diverse ed esprimere nel concreto i valori aziendali: azione che implica un’attività di consulenza come premessa alla definizione degli ambienti. L’Accenture People Hub ne è un esempio: si tratta di uno dei tre ‘Forward Building’ italiani rappresentativi del programma ‘A-Way of Working’ messo a punto dalla multinazionale della consulenza, luoghi dove la sfera personale e quella lavorativa possano connettersi e stimolare la collaborazione e il pensiero creativo. Il programma prende forma nel concept layout, che alterna aree open space e aree di supporto informali e nelle tipologie di arredo custom innovative, multifunzionali e flessibili allestite da Principle Italy. Specializzato in programmi di rebranding ufficio e collettività e con capacità complete di ingegnerizzazione, qui Principle ha prodotto 336 arredi custom per allestire gli spazi comuni: bancone reception, bar client, le pareti delle aree break, guardaroba, network cafè, coffee corner, le mensole dei phone booth, il bancone front-end e il bancone pick-up. La commessa è stata seguita da Angelo Todisco come account director di Principle e dal key account manager Alberto Tagliabue. www.principleglobal.com

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› ARCHIWORKS
[ 72 ] IOARCH_103 › MITSUBISHI

Il piano terra è dedicato alla formazione e allo showroom aziendale in cui sono esposti i prodotti di tutte le aree di competenza della multinazionale giapponese (foto ©Carola Merello).

MIRAI BUILDING LA SEDE DI MITSUBISHI ELECTRIC

UNO SPAZIO DI LAVORO DIFFUSO, UN LUOGO DI INNOVAZIONE CHE INTEGRA TECNOLOGIA, COMFORT LUMINOSO, ACUSTICO E CLIMATICO NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE

Per rispondere alle esigenze di un mondo del lavoro in evoluzione, la filiale italiana di Mitsubishi Electric Europe B.V ha inaugurato una nuova sede denominata Mirai, che in giapponese significa Futuro. Futuro che si esprime in due aspetti: sia nell’attività della multinazionale asiatica impegnata a fornire soluzioni, tecnologie e competenze all’avanguardia sia nell’organizzazione degli spazi di lavoro.

Si tratta di 5.200 metri quadrati distribuiti su 4 piani, all’interno dell’Energy Park di Vimercate, già sede di altre aziende tecnologiche. Il trasferimento degli uffici, in precedenza al centro

direzionale Colleoni di Agrate Brianza su una superficie maggiore ma distribuita su 9 piani, ha comportato un ripensamento complessivo delle modalità di lavoro.

Il piano terra del nuovo edificio è quasi interamente dedicato allo showroom dove visionare e sperimentare i prodotti delle diverse aree di competenza del marchio giapponese: Climatizzazione, Factory Automation, Automotive e Semiconduttori. Un’ampia zona è inoltre dedicata a laboratori e training room, in grado di ospitare 80 persone.

Gli interni dell’edificio sono stati progettati

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ENERGY PARK, VIMERCATE (MB)
› ARCHIWORKS

Lombardini22

Lombardini22 nasce nel 2007 grazie all’iniziativa dei soci, appartenenti a background differenti con l’obiettivo di proporre una progettazione orientata al servizio e ai bisogni dei clienti, non vincolata a un’autorialità, creare valore e generare fiducia nei progetti in cui è coinvolta e stimolare così crescita e sviluppo in tutta la filiera, per l’intera comunità del real estate. Organizzata in diverse unità specializzate, Lombardini22 raggiunge questo obiettivo grazie a una progettazione multi autoriale, basata su un’attività di analisi e consulenza strategica preprogetto. Al progetto del Mirai Building hanno lavorato le unità Degw e Fud. www.lombardini22.com

Gli spazi ufficio sono disegnati sulla base delle attività (foto ©Carola Merello).

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› MITSUBISHI

Tétris, società del Gruppo JLL, guidata in Italia da Philippe Sourdois (nella foto), è un’azienda leader di design & build la cui ambizione è quella di progettare e costruire spazi dinamici che ispirano le persone a pensare, lavorare e vivere meglio. Con un team globale di ingegneri, architetti e designer, Tétris è in grado di offrire una gamma completa di servizi per soddisfare le esigenze del cliente, dalla progettazione alla costruzione e alla selezione degli arredi (FF&E). A livello globale, dalla sua creazione nel 2003, l’azienda si è affermata in 13 Paesi e tre continenti, con un team di oltre 900 persone dislocate in 30 sedi. www.tetris-db.com/it

Numerose le aree break e le zone dedicate alla collaborazione e all’interazione tra colleghi (foto ©Carola Merello).

da Degw, con la collaborazione di Fud, brand del gruppo Lombardini22 specializzato in grafica e comunicazione visiva, e di Tétris Design & Build, società del gruppo Jll, che ha eseguito il progetto nel ruolo di general contractor coordinando le attività di construction management e realizzando il fit-out interno degli spazi.

Al centro della progettazione del nuovo building sono le persone: gli spazi sono pensati per favorire la concentrazione, la socializzazione e la possibilità di alternare agevolmente lavoro in sede e da remoto. In un’ottica di desk sharing, i 270 dipendenti sono ora invitati a prenotare via app la propria postazione di lavoro. Fulcro dell’intervento è stata la distribuzione flessibile e funzionale degli spazi disegnati

sulla base delle attività lavorative. Gli open space, concepiti per incoraggiare la collaborazione e l’interazione, sono affiancati da diverse tipologie di supporti, come sale riunioni e chat sofa, che favoriscono privacy e concentrazione. Insieme compongono un ambiente informale, pratico e rilassato, grazie anche all’alternarsi di tematiche istituzionali ed evocative e suggestioni italiane e giapponesi, calibrate in base alle diverse aree e funzioni della superficie di lavoro.

Coerentemente con l’identità del committente, grande attenzione è stata posta, infine, ai temi della sostenibilità, dell’accessibilità, del comfort luminoso, acustico, climatico e, in prospettiva futura, della facilità di manutenzione ■

CREDITI

Località Vimercate (Monza e Brianza)

Commitente Mitsubishi Electric

Progetto esecutivo civile elettrico e meccanico, interior design Degw – Lombardini22

General contractor Tétris Design & Build

Grafica e wayfinding Fud – Lombardini22

Investment, asset management Coima Sgr

Servizi immobiliari, investment management Colliers Italia

Superficie complessiva 5.200 mq

Cronologia 2021-2022

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Tétris Italia
› ARCHIWORKS

Il volume grigio è la casa nella casa, contiene tutti i servizi dell’abitazione: la cucina e i bagni.

La casa ‘Nella casa’

Progettare una casa che non ha fine, che ha sempre un modo nuovo organizzativo e distributivo da offrire, una casa dinamica, per una committente che ha bisogno di cambiamenti. Non potendo lavorare su una diversa disposizione funzionale dei servizi, si parte proprio dalla loro posizione distaccata dal perimetro. Un taglio nello spesso muro di tamponamento, già inglobato nella casa, permette un distacco totale dei bagni che, uniti alla dispensa della cucina, divengono un volume unico di servizi a sè stante cui girare attorno attraverso una percorrenza distributiva continua per gli spazi che vi ruotano attorno. Il volume viene trattato come una massa entro cui ricavare spazi attraverso un’operazione di sottrazione. Il volume grigio diviene la casa ‘Nella casa’ dei racconti dove poter cambiare disposizione distributiva, storie da raccontare e percezione della luce.

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› LORELLA FULGENZI

Lo studio Lorella Fulgenzi architetto/ O+, a Roma, opera alle varie scale di intervento – sia in ambito realizzativo che concorsuale – con una particolare attitudine verso il progetto degli interni, che si spinge sempre fi no alla scala del dettaglio: nella defi nizione degli spazi il design è sempre parte integrante del progetto.

A ogni realizzazione Lorella assegna un titolo, una sintesi progettuale da interpretare, che si esprime per metafora o rimando ad altre espressioni artistiche.

www.fulgenzi-architect.com

INTERNI CHE NASCONO DAL SERRATO CONFRONTO TRA LO SPAZIO E IL CORPO, IN CERCA DELLA LIBERTÀ DI MOVIMENTO. PIANTE CHE LASCIANO TRAGUARDARE LA VISTA, TENDE COME SIPARI, ARREDI ‘DANZANTI’ E COLORI USATI PER METTERE IN SCENA SPAZI CANGIANTI

LORELLA FULGENZI

di Luigi Prestinenza Puglisi

Per Lorella Fulgenzi il discorso architettonico è un continuo e serrato confronto dello spazio, cioè in prima istanza dei vuoti, con il corpo. Un atteggiamento che implica, nel campo della realizzazione di interni in cui Fulgenzi prevalentemente opera, una rivoluzione della distribuzione. Che avviene mettendo in discussione la separazione tra funzioni privilegiate e di servizio. Anche un bagno, una doccia possono trasformarsi in elementi nodali. D’altra parte è ben strano che nella vita dedichiamo tanta attenzione alla nostra fisicità e poi la recludiamo in loculi nascosti, spesso residuali. Motivo per il quale è spesso il nucleo dei servizi che struttura l’organizzazione delle zone servite e non viceversa. Con la conseguenza che si genera un gioco di volumi e di trasparenze che rendono inusuali ed affascinanti gli spazi. Il vetro fa intravvedere la doccia nel soggiorno? Bene, se sabbiato o acidato, diventa una parete luminosa e una trasparenza vibrante che non intacca l’esigenza di pudore e riservatezza degli abitanti. E aggiunge sensualità, soprattutto in termini di percezione tattile. La rivalutazione spaziale del nucleo dei servizi al centro della casa o, comunque, in posizione strategica (nel progetto Sliding doors, per esempio, attraversa in diagonale lo spazio abitativo), permette di liberare le pareti di confine, esaltando la luce proveniente dalle finestre, spesso modulata da sottili lamelle, e realizzare un continuum architettonico di sequenze spaziali che ritmano l’intero appartamento. E inoltre di avere uno spazio centrale che, poiché necessita di altezze minori, lascia lo sguardo libero di attraversarlo. Le case, piccole o grandi che siano, hanno inoltre visuali lunghe, che lasciano intravvedere l’intero appartamento: non ci si trova mai soffocati dentro le pareti di una stanza chiusa. Chiari i riferimenti. In primo luogo alla promenade architecturale lecorbusieriana che poi non è altro che un modo privilegiato per fare spazio al corpo consentendogli di muoversi liberamente e – se gli ambienti

attraversati hanno qualità e ritmo – musicalmente. In secondo luogo alle ricerche degli anni Sessanta e Settanta. Non è difficile intravedere l’insegnamento e la frequentazione con Luigi Pellegrin, un importante personaggio dell’architettura romana e italiana che aveva mutuato il tema della dialettica tra corpo e spazio da Louis Sullivan e Frank Ll. Wright. Se la casa è pensata, come dicevamo, in funzione del movimento, può diventare essa stessa un luogo magico, a partire dai mobili che possono muoversi come se fossero danzanti. Può essere ripresa una tradizione dell’architettura moderna trascurata: di Pierre Chareau e di Eileen Gray. Cioè di due outsider, autori di opere di interni indimenticabili per la loro musicalità quali la Maison de Verre a Parigi e la casa E-1027 a Roquebrune-Cap-Martin.

L’eredità implica una attenzione minuziosa per i dettagli. E, infatti, se osservate le case che in questo numero presentiamo, sono disegnate sino al particolare. Una esecuzione inadeguata correrebbe il rischio di distruggere la musicalità dello spazio come una stecca può mettere in crisi una intera sinfonia. Ogni lavoro è quindi un corpo a corpo con il cantiere, alla ricerca di soluzioni semplici ed efficaci: mobili e tavoli che si aprono inaspettatamente, armadi su ruote, oggetti che si ribaltano, accorgimenti per nascondere la scala o il tavolo da stiro. Mentre sedie, poltrone, tavolini e accessori di arredamento hanno la funzione di introdurre un ultimo tema importante della ricerca: il colore. Una casa che danza non può farne a meno, se no corre il rischio di trasformarsi in un balletto meccanico interessante ma algido, non sensuale.

Da qui anche l’utilizzo di tende, spesso con rossi corposi e violenti, che a volte scorrono lungo binari e si trasformano in sipari che mettono in scena spazi cangianti. Ogni danza, suggerisce Lorella Fulgenzi, richiede un proprio palcoscenico. E lei tra gli architetti italiani è sicuramente una dei più attrezzati per realizzarlo ■

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ph.©Costantino Di Domenico
› I PROFILI DI LPP / ARCHITETTI ITALIANI

La pianta di Sliding

Doors è attraversata in diagonale da pannelli a bilico in vetro traslucido che filtrano la luce e rendono reversibili gli ambienti dell’abitazione

Casa Vescovio

Il progetto di Casa Vescovio, abitazione e studio di circa 150 metri quadrati nel quartiere Trieste, a Roma, nasce da un’esigenza di movimento, di vivacità e di colore, risolti con una curva che si sviluppa nella zona più sociale della casa fino all’area dello studio e segna un dentro e un fuori. Dentro sono disposte le camere, la zona padronale e quella dei figli, secondo una organizzazione seriale dello spazio. Un nocciolo funzionale centrale si apre a un circuito di percorrenza lungo tutto il perimetro dell’abitazione. Questa organizzazione permette viste rinnovate dalla presenza costante della luce che nasce nella zona padronale, passa per le camere e termina nel soggiorno in assoluta continuità.

Sliding doors

L’abitazione di 110 metri quadrati alla Camilluccia è caratterizzata dalla presenza di un giardino e, sul lato opposto, di un grande terrazzo, uniti attraverso un segno trasversale capace di governare l’organizzazione funzionale degli spazi. La linea diagonale è formata da pilastri cruciformi che portano pannelli a bilico in vetro traslucido per filtrare e marcare la luce, sia naturale sia artificiale.

La galleria trasversale cui tutto è addossato è struttura portante cui fare riferimento per definire la cucina e la zona giorno, dove le camere diventano zona giorno e viceversa. Anche i servizi, come le armadiature con letti a ribalta e i pannelli di legno e vetro che dividono e aprono gli ambienti, si riferiscono a tale struttura sia a livello funzionale che strutturale e ideale.

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› LORELLA FULGENZI
Una tenda curva separa gli ambienti di Casa Vescovio.

A destra, il grande volume di Ovo Sodo che caratterizza l’abitazione e che è allo stesso tempo mobile cucina, contenitore, scultura e elemento architettonico.

Ovo sodo

Il progetto prevede un volume importante, scultoreo, all’interno di un’abitazione di 100 mq, per avere i giusti rapporti visivi, i giusti spazi e la massima privacy tra la zona dei genitori e quella dei figli. La casa è attraversata da un muro maestro: da un lato la zona giorno, dall’altro, nei restanti 50 mq, le tre camere da letto con altrettanti servizi. Divise in spazi autonomi, serviti da corridoi che attraversano il muro piegandosi in sezione e in pianta, le camere hanno in comune la fascia dell’acqua. Dal lato opposto il muro viene inspessito da una armadiatura continua, curva, che accoglie la zona giorno caratterizzata dalla presenza scultorea di Ovosodo, volume che contiene l’indispensabile per essere cucina e si espande verso l’ingresso alla casa, per nascondere e nascondersi a una prima vista. Ovosodo è presenza, ingombrante ma indispensabile, attorno cui ritrovarsi.

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› I PROFILI DI LPP / ARCHITETTI ITALIANI

FARE MOLTO CON POCO

Disclosure: abbiamo grande stima dell’architettura di TAMassociati. Uno studio speciale, autoriale senza apparire tale, forse per troppo tempo associato a Emergency tanto da far dimenticare i numerosi progetti sinteticamente illustrati nella seconda parte di questo volume, preceduti da un apparato teorico che ne mette in luce l’atlante culturale e architettonico di riferimento. L’etica del fare per TAMassociati si fonda sul concetto di responsabilità dell’architettura verso il mondo, sulla necessità della cura e sulla concretezza del reale: non è tempo di teorie astratte e di forme non necessarie. Centrali, nell’orizzonte teorico e nell’operare pratico dello studio, sono i principi di parsimonia, radicamento e composizione. È quest’ultima, che come scrive Francesca Serrazanetti “fa riferimento ai concetti di archetipo, di morfema, al ricorso a elementi primari, all’equilibrio tra anonimato e connotazione”, a riuscire, nelle loro opere, a “far risuonare un universo simbolico e rispondere a un bisogno di significato e di connessione con le strutture dell’inconscio collettivo”. Acquistano così senso termini ahimè finiti nell’indistinto mainstream del nulla cosmico: sostenibilità, resilienza, genius loci, partecipazione.

ARCHITETTURA PERFORMATIVA

Esito di un progetto di ricerca finanziato dal Mibac, il volume ricostruisce per la prima volta la storia del gruppo di studenti della facoltà di architettura di Firenze – Carlo Bachi, Lapo Binazzi, Patrizia Cammeo, Riccardo Foresi, Titti Maschietto e all’inizio Sandro Gioli – che tra il 1967 e il 1978 operò con la sigla del gruppo Ufo. Esponenti dell’Architettura Radicale ma meno conosciuti dei contemporanei Archizoom, Superstudio e 9999 per la loro stessa volontà d rifiutare qualsiasi spiegazione, l’opera di ‘liberazione’ del gruppo arrivò a liberare l’architettura anche dalla connotazione di arte per creare spazi per proteggere gli esseri umani e a distruggere l’idea stessa di ‘progetto’ a favore di una ‘azione sulla realtà’ che a sessant’anni di distanza – sebbene con tutt’altri protagonisti e assorbita dall’esecrato sistema capitalistico – è uno dei temi di dibattito quando si parla di spazio pubblico, architetture temporanee e progetti condivisi. Arricchito di un’antologia di scritti e progetti del periodo e articolato in tre sezioni – storia, contesto e lascito –il libro illustra anche, con i contributi di False Mirror Office, Andrew Kovacs, Traumnovelle, Jimenez Lai, Peter Behrbohm & Sonder, (ab)Normal, Parasite 2.0, possibili esiti di quell’ermetica eredità.

UFO Unidentified flying object per l’architettura contemporanea Aa.Vv. Actar Publishers, New York, Barcellona, 2022 pp. 387, Ill. 40 euro

ISBN 978-1-63840-023-3

INCOGNITA È LA FORMA NON LE TENSIONI

Elementarismo

moderno Francesca Serrazanetti Electa, Milano, 2022 pp. 128, Ill. 20 euro

ISBN 978-88-928-2312-9

MA QUALE ARCHISTAR!

Se non sappiamo nominare l’autore di opere pur di notevole qualità – due su tutte, la Biblioteca Sormani e la stazione Amendola della linea 1 della metropolitana milanese – è perché sono state realizzate dall’Ufficio Tecnico del Comune. Di Milano nei casi citati, e dall’architetto Arrigo Arrighetti, come ricorda la Fondazione dell’Ordine Architetti di Milano in questo volume a lui e alle sue opere dedicato. Iniziativa editoriale meritoria non solo per la conoscenza delle opere del Moderno che caratterizzano la città – obiettivo della collana ‘Itinerari’ di cui questa è la nona uscita – ma per valorizzare l’opera di un civil servant, scrivono nella

Nel 1991 Marco Peroni si laurea in ingegneria con una tesi su Sergio Musmeci (di cui scriviamo anche a pagina 20 di questo numero). Relatore era Massimo Majoviecki e il tema era la proposta progettuale di Musmeci per il ponte sullo Stretto di Messina, con una luce libera di 3mila metri. Da allora lo studio di Peroni ha avviato una ricerca sui ponti sospesi, il cui esito è riassunto in questo volume, e ha sviluppato proposte per lo stesso ponte di Messina, che riprende la soluzione di Musmeci per la conformazione delle funi del sistema portante e i relativi effetti ‘aerolastici’, e per un futuribile ponte sullo stretto di Gibilterra (luce sospesa di 6mila metri). Superare i limiti è sempre stata l’ambizione dell’umanità – il pontefice, figura rispettata da un miliardo di persone, è letteralmente costruttore di ponti – prima ancora che degli ingegneri, e ha dato vita, con i materiali disponibili, a incredibili infrastrutture. Un tempo erano le liane, oggi sono i polimeri rinforzati in fibra di carbonio (Cfrp).

Ponti sospesi

Marco Peroni Silvana Editoriale, Milano, 2022 pp. 264, Ill. 28,50 euro

ISBN 978-88-3664-937-2

prefazione Marco Biraghi e Adriana Granato, “capace di mettere la propria competenza professionale al servizio della collettività all’interno di una struttura pubblica”, con tutti i limiti che una simile posizione comporta, a cominciare dalla scarsità dei mezzi di cui il Comune disponeva, specie nel periodo – gli anni Cinquanta – nel quale Arrighetti operò più intensamente. Servitore del pubblico, Arrigo Arrighetti agiva non tanto (o non solo) per senso del dovere quanto per il piacere dell’architettura, con l’ambizione di raggiungere esiti comparabili con quelli di altre opere, realizzate in condizioni e contesti ben diversi.

Arrigo Arrighetti a Milano Collana ‘Itinerari’ Fondazione Oami, 2022 pp. 112, Ill. 18 euro

ISBN 978-88-31942-16-4

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› DESIGNCAFÈ

COSTRUIRE ATMOSFERE

L’ARCHITETTURA E IL COINVOLGIMENTO EMOTIVO CHE DERIVA DA UNA MISURATA COMBINAZIONE DI ELEMENTI È SPESSO DEFINITA CON IL TERMINE DI ATMOSFERA

Ingresso su strada dell’abitazione Romeo (ph. ©Giacomo Albo). a cura di Carlo Ezechieli
› COSTRUIRE ATMOSFERE

ARCHITETTURA,

SPAZI E

PERCEZIONE:

IL

RUOLO DELL’ARCHITETTURA NELLA DEFINIZIONE DI UNA CONNESSIONE EMOTIVA CON I LUOGHI

Anni fa Peter Zumthor, allora vicino alla cinquantina e architetto non ancora noto a livello internazionale, tenne una conferenza notevole, basata su alcune delle sue opere prime e articolata secondo capitoli. Ogni capitolo conteneva un riferimento al suo vissuto, agli spazi di cui aveva avuto esperienza e all’insieme di situazioni ambientali, in breve all’atmosfera, che li definiva. Atmosfera, per l’appunto, un termine che nel suo lavoro sarebbe in seguito diventato ricorrente. Zumthor raccontava delle qualità percettive dei materiali, come il profumo e lo scricchiolìo del legno che rivestiva le pareti della casa di famiglia. Dell’ambiente creato dalla luce all’interno degli antichi fienili, tradotto poi in un’opera rivoluzionaria come i Padiglioni degli scavi romani a Coira. Dei particolari di superfici, di arredi, perfino di lampade e di grandi e piccoli oggetti che nel complesso davano origine a un complesso armonico e a una dimensione del tutto particolare, capace di generare emozioni. Effettivamente una delle qualità principali dell’architettura è la capacità di rendere tangibile ciò che immediatamente non lo è. Di trasportare l’abitante o il frequentatore in una dimensione differente, coinvolgendolo emotivamente prima ancora che intellettualmente. E questa dimensione è sempre legata non semplicemente all’abitare, inteso come lo stare in un luogo, ma anche e soprattutto alla vita e a tutto ciò che ci circonda. Sono poche le opere che riescono in questo proposito, ma forse sono proprio queste che possono sinceramente essere definite architettura.

Andrés Casillas de Alba Andrés Casillas de Alba (1934) è un architetto messicano laureato nel 1956 all’Universidad Nacional Autónoma de México (Unam) di Città del Messico. Ha frequentato dal 1957 al 1961 la Ulm School of Design, in Germania, lavorando nel 1959 a Milano presso lo studio Mangiarotti e Morassutti. Di ritorno in Messico ha lavorato con Augusto H. Álvarez e dal 1964 al 1968 con Luis Barragán per poi iniziare una carriera indipendente nel 1969. La sua prima opera in Messico è stata la Galería de Arte Mexicano, realizzata in collaborazione con Augusto Álvarez.

TESTIMONE ILLUSTRE

INTERVISTA A ANDRÉS CASILLAS DE ALBA, PER ANNI ASSISTENTE DI LUIS BARRAGAN

SUL RUOLO DELL’ARCHITETTURA NELLA COSTRUZIONE NON SOLO DI SPAZI MA ANCHE DELLE ATMOSFERE CHE NE DEFINISCONO LA QUALITÀ

La cultura architettonica Moderna ha avuto origine in Europa e negli Stati Uniti, la parte di mondo che per prima ha conosciuto lo sviluppo industriale. Tuttavia alcune idee moderne hanno trovato più frequentemente sviluppo teorico che non applicazione pratica. Aspetti del tutto rivoluzionari come la cosiddetta ‘rottura della scatola’ formulata da F. L. Wright ormai cent’anni fa, la continuità spaziale, o spaziotemporale, tra interno e esterno, l’ideale assenza di distinzione progettuale tra edificato e paesaggio si sono rivolti prevalentemente agli edifici, coinvolgendo solo marginalmente l’intervento sullo spazio aperto.

Questo prima che pochi autori, molti dei quali provenienti dall’America latina, primo tra tutti Luis Barragàn, indubbiamente favoriti da particolari condizioni sia culturali sia climatico-ambientali, furono capaci di riprendere

questi concetti proiettando l’attenzione verso il paesaggio. In un momento storico in cui la progettazione degli spazi aperti rappresenta un aspetto chiave del dibattito in architettura queste fondamentali esperienze, sviluppate in paesi non-industrializzati, stanno finalmente riscuotendo un grande e inedito interesse anche in Europa. E, tra i Paesi che più hanno contribuito a questa evoluzione, il Messico, forse per via dell’antica combinazione tra civiltà molto differenti tra loro, emerge quale contesto culturale in grado di assimilare criticamente concetti provenienti dall’esterno rielaborandoli in modo ingegnoso.

Andrés Casillas de Alba è uno dei maggiori custodi e testimoni di questa tradizione. Testimone perché è stato per anni allievo di Luis Barragàn, custode perché il suo lavoro si sviluppa consacrando la continuità di un approc-

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C.E
› ANDRÉS CASILLAS DE ALBA

cio, di una maestria e di un’etica che hanno saputo influenzare generazioni di architetti in tutto il mondo. Questa intervista raccolta alcuni anni fa nella sua casa a Cuernavaca, un luogo distante dal turbinio caotico della capitale, racconta una storia e un’attitudine al progetto, agli spazi e alla capacità dell’architettura di costruire atmosfere.

Qual è il suo concetto di architettura? Esiste una quantità infinita di definizioni, una più strampalata dell’altra, perfino quella di Le Corbusier. “L’Architettura è il gioco sapiente dei volumi sotto la luce del sole” non credo spieghi niente di particolare. In realtà una definizione che mi piace abbastanza è quella di un mio maestro di università, Ignacio Diaz Morales, pessimo architetto ma senza dubbio un grande teorico. La sua era molto complessa,

ma anche precisa, credo comunque la si possa riportare in questo modo: “L’architettura è l’arte di costruire spazi che spingono l’uomo a compiere l’attività per cui questi spazi sono stati creati”, concetto che vi posso esemplificare in questo modo: una sala da pranzo è quello spazio dove anche solo entrando viene appetito, viene voglia di parlare con gli amici, con persone care. Per arrivare a questo risultato non c’è nessun bisogno di pensare a forme stravaganti.

Quali sono i problemi principali dell’architettura recente?

Credo che molta dell’architettura attuale sia troppo succube a logiche come la pubblicità e il commercio per produrre qualcosa di serio. Nella maggior parte dei casi l’obiettivo non è fare un buon progetto, ma fare qualcosa il

più strambo possibile per distinguersi, farsi fotografare e pubblicare. Il problema é che le forme diventano spesso arbitrarie e gratuite, prive di fondamento e infine, assolutamente banali. Una determinata soluzione in architettura deriva da secoli di prove ed errori, da una comprensione e identificazione profonda con i luoghi e dalla conoscenza delle possibilità e dei limiti delle risorse disponibili. Chiaramente sono condizioni che non si cambiano dall’oggi al domani. Qualsiasi processo di evoluzione rispetto alla tradizione richiede molto, molto lavoro e molto tempo e solitamente dipende, più che dalla pura inventiva del progettista, da

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› COSTRUIRE ATMOSFERE
Il celebre corridoio che conduce alla piscina di Casa Gilardi, Città del Messico, 1977, Luis Barragàn (ph. Armando Salas Portugal, ©Barragan Foundation, Switzerland / Siae).
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› ANDRÉS CASILLAS DE ALBA
La cappella del convento di Las Capuchinas Sacramentarias, Tlalpan, Città del Messico, 1963, Luis Barragán (ph. Armando Salas Portugal, ©Barragan Foundation, Switzerland / Siae).

condizioni mutate a livello contestuale. Basti pensare a una casa delle isole greche: la casa del figlio è identica a quella del padre, nessuna intenzione di pubblicarla su riviste o di passare alla storia. O come nei villaggi Dogon dell’Africa, più o meno la stessa cosa: la forma e le dimensioni hanno caratteristiche che coincidono esattamente con il profilo di deformazione e resistenza dei materiali di copertura. O come alcune parti di Città del Messico costruite negli anni Venti e Trenta che, sebbene con un certo stile ‘francesizzato’, sono di altissima qualità. Insomma, tutto il contrario delle forme facilone e arbitrarie degli architetti attuali.

Pensa che esista uno ‘stile messicano’ in architettura?

Non saprei. Più che altro riconosco situazioni che rivelano uno stile che alla fine si riverbera in architettura e di cui mi sono reso conto in qualche occasione. Ad esempio, fino a qualche decennio fa ogni volta che prendevo una nuova automobile facevo una gita di inaugurazione. Una volta decisi di andare a Patzquaro nel Michoacan (a circa 400 chilometri da Città del Messico, ndr). Mi preparai una 24 ore con il necessaire, una copia del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e una bottiglia di whisky. Ricordo di essermi letto tutto il Gattopardo, seduto nella piazza di Patzquaro, ai tempi praticamente disabitata, sorseggiando il mio whisky on the rocks. Era un luogo e uno spazio davvero speciale e non credo che gli stessi spazi e le stesse atmosfere siano rintracciabili altrove. O come del resto l’atmosfera dell’hacienda di San Gabriel de Las Palmas, poco lontano da qui, ora un ristorante, dove fino a poco tempo fa era possibile pranzare sotto un albero meraviglioso. Quando l’albero fu abbattuto perché vecchio e pericolante era come se avessi perso una persona cara.

Come si colloca la figura di Luis Barragàn rispetto a queste considerazioni?

Luis era una persona autenticamente geniale: non solo era un architetto incredibile, e già questo non è poco, ma era anche un ottimo uomo d’affari, un manager di altissimo livello, un ingegnere eccellente, un artista e un inventore. Il suo lavoro ha avuto inizio come architetto ‘immobiliarista’, con un’architettura definibile come commerciale, ma pur sempre di qualità. Era geniale non solo per quanto riguarda l’architettura, ma anche per la gestione delle risorse economiche che gli ha permesso di potersi dedicare alle opere poi diventate note. Credo comunque che il

suo capolavoro, la sua casa a Tacubaya, sia il risultato di tutto quello che è venuto prima. Era una persona molta generosa. Ho lavorato da lui per diversi anni. È curioso che il nostro rapporto, formale sul lavoro, era assolutamente amichevole. Il personale dell’ufficio era in sostanza costituito unicamente da me, volentieri passavamo del tempo in compagnia al caffè, durante le pause, o fermandomi da lui a pranzo o a cena.

Com’era il suo e vostro metodo?

Stava e stavamo sempre molto attenti a non fare cose ‘da architetti’, e questo gli è sempre riuscito benissimo tranne, credo, nella casa Gilardi. È un’opera d’arte fantastica, ma non riesco proprio a immaginare una cena in compagnia di una bella signora in quella sala da pranzo, appestata com’è dall’odore del cloro della piscina. Il patio è praticamente inaccessibile, la piscina è reclusa, mentre il bello di una piscina è proprio stare in acqua e alla luce del sole. Il corridoio è spettacolare ma alla fine, c’è sempre la penombra, per non parlare di quel micidiale odore di cloro. Credo proprio che quello sia uno dei rarissimi casi in cui si sia fatto prendere la mano.

È vero che Luis, anziché disegnare, descriveva il progetto in forma verbale ai collaboratori, che lo restituivano sotto forma di disegno? O è solo un mito?

No, questo è un mito. Luis faceva in genere degli schizzi, credo molto brutti ma altrettanto efficaci, che mi passava per lo sviluppo di soluzioni alternative. Facevamo una quantità impressionante di disegni, schizzi e modelli, finché una soluzione non era ritenuta soddisfacente. Ricordo ad esempio che per un muro del progetto di Los Clubes avrò sviluppato almeno una trentina di soluzioni diverse. Alla fine ci siamo risolti per quella con i due tagli in verticale, quella infine realizzata, anche se anni dopo Luis mi disse qualcosa del tipo: “…qui ci siamo andati a complicare troppo la vita, sarebbe stato molto meglio tenerci il muro pieno”.

Nella sua carriera quali sono le sue opere favorite?

Le esperienze con Luis. … No, non è del tutto vero. Una in particolare è per me molto viva tuttora. All’inizio del 1969 frequentavo abitualmente un americano: un professore di inglese che viveva in una soffitta, in sostanza in un locale di servizio, a Città del Messico. Possedeva lo stretto necessario per campare, ma

ogni tanto ci offriva certe lemon pie veramente spettacolari. Ad un certo punto Gene Flynt, questo era il suo nome, eredita dalla zia 37 milioni di dollari: un autentico colpaccio per uno che sbarcava a malapena il lunario. Passa del tempo e vengo a sapere che Gene, forte dei soldi della zia, ha intenzione di sviluppare un intervento turistico-alberghiero sull’isola di Corfù. Dal canto mio, appena tornato dalla Germania, mi trovavo praticamente in miseria. Con l’intenzione di propormi a Gene come progettista del suo intervento, mi feci prestare 200 pesos da mio zio e invitai Gene a pranzo. Il bello è che una volta a tavola ci immergemmo in una conversazione così fitta che quasi dimenticai il mio intento iniziale. Me ne ricordai solo alla fine trovando il coraggio per dire qualcosa del tipo “Gene, sarei molto felice di poter sviluppare per te questo progetto”. Mi aspettavo chissà quale scusa, sintomatica di un rifiuto, invece mi disse: “Ma Andrés è fantastico! Ti manderò subito i disegni”.

L’architettura é l’arte di costruire spazi che spingono l’uomo a compiere l’attivita per cui sono stati creati

Lì per lì ho pensato fosse un sistema elegante per liquidarmi. E invece, quindici giorni dopo, ecco tutta la documentazione necessaria per sviluppare il progetto. Lavorai come un matto, di giorno e di notte per un mese e mezzo. Alla fine il risultato era una meraviglia. Una volta finito lo presentai a Barragan. Stette ad ascoltami molto attentamente, e in silenzio, per tutto il tempo. Alla fine mi disse soltanto: “Hai visto la Grecia”. Punto e basta. Conoscendo bene Luis posso dire che questo commento laconico rivelava un apprezzamento al là di ogni possibile immaginazione.

È stato realizzato?

Purtroppo no. Il terreno era diviso tra diversi proprietari che, quando fiutarono odore di soldi, incominciarono a litigare e a pretendere sempre di più. Alla fine Gene Flynt decise di lasciar perdere. Nonostante tutto, in quell’occasione misi a punto una serie di idee, una specie di stile, che mi ha accompagnato per tutta la vita ■

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EDIFICI CHE IMPARANO

UN DIALOGO TRA SPAZI, LUCE E MATERIALI NELLA CASA DI SAN NAZZARO IN CANTON TICINO REALIZZATA DA E PER LA FAMIGLIA DI LUCA ROMEO DELLO STUDIO WESPI, DE MEURON, ROMEO

“Una casa come me” diceva Curzio Malaparte di casa sua: un bunker, una casamatta, un elemento del paesaggio e una delle opere di maggiore rilievo del xx secolo. Anche pensando a Casa Romeo – completata nell’autunno del 2021, progettata per Luca Romeo, dello studio Wespi, De Meuron, Romeo – la prima cosa che viene in mente è l’idea di una casa che riflette in modo profondo l’impronta dei suoi abitanti, dando origine a un’opera inedita e meravigliosa.

Situata nel tipico contesto di case unifamiliari che in Canton Ticino, come in Italia, ha finito per occupare ampie porzioni di paesaggio, anche pregiato, spesso intaccandolo pesantemente, casa Romeo con il suo sistema di patii, di luce e di visuali controllate, anziché aprirsi, nel modo più ovvio, verso il paesaggio del Lago Maggiore, ne controlla la percezione, rendendolo ancora più prezioso.

Progettata per una famiglia di quattro persone la casa ha una forma esterna irregolare, corrispondente alla forma del lotto e alle rispettive distanze dai confini. Entro questo perimetro è inscritto un chiaro rettangolo, che coincide con lo spazio abitativo interno. Il programma e il tipo la configurano come una casa unifami-

WDMRA

Lo studio Wdmra, con base a Caviano, un piccolo centro del Canton Ticino, è stato fondato da Markus Wespi e Jérôme De Meuron nel 2002, ai quali nel 2012 si è affi ancato Luca Romeo. Lavorano sia in Svizzera che a livello internazionale con una particolare attenzione all’architettura residenziale. Le loro opere, ispirate all’architettura tradizionale del luogo, si distinguono per la cura nella scelta dei materiali, dei dettagli e per un’eccezionale coerenza geometrica e costruttiva. www.wdmra.ch

liare, ma la forma poligonale, astratta, e l’incredibile utilizzo dei materiali, ruvide superfici in cemento lavato, placidamente incise dagli agenti atmosferici e dai rampicanti, la rendono una vaga combinazione tra una piccola fortezza medievale e un masso erratico. Qualcosa di contemporaneo, ma anche, indecifrabilmente, senza tempo.

Di fronte alla presenza sempre più diffusa in edilizia di materiali perfetti, che non invecchiano mai o che invecchiano malamente, uno degli aspetti notevoli di quest’opera, oltre all’incredibile controllo della luce e degli spazi, è la presenza di materiali a vista, arricchiti da trame e orditure, ma vivi tanto da rendere le macchie della ruggine e gli aloni della fuliggine un segnale del sereno adattamento dell’edificio al modo in cui viene abitato.

Verso la strada privata antistante l’edificio si presenta come una struttura chiusa, discreta, a un piano. L’unica apertura su strada è il cancello in acciaio corten che immette nel cortile d’ingresso. Un patio largo 3 metri con tradizionale pavimentazione in pietra naturale e alberato collega la casa alla strada e valorizza questo spazio. Sul lato della valle invece è percepita come un volume più ampio, a gradini. La casa

Nelle immagini: viste dell’involucro e delle superfi ci in cemento lavato (Foto ©Giacomo Albo).

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› WESPI, DE MEURON, ROMEO

Sezione longitudinale dalla quale è visibile il patio di ingresso principale, soggiorno e pranzo al livello superiore, il piano delle camere al livello intermedio e il piano seminterrato, di ingresso secondario con lavanderia e vani tecnici.

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Il patio della zona pranzo/soggiorno, visibile sulla sinistra l’ingresso alla scala che porta al belvedere sul tetto (n.18 nella legenda della planimetria a pag. 90). Foto ©Giacomo Albo.

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Planimetria piano ingresso principale

1 Piazzale d’ingresso e parcheggio

2 Ingresso

3 Patio principale

4 Camino esterno

5 Tavolo esterno

6 Fontana

7 Deposito

8 Ingresso principale all’abitazione

9 Armadi

10 Dispensa

18 Scale verso il tetto

Planimetria piano inferiore camere

1 Scale

2 Patio coperto

3 Patio aperto

4 Camera da letto principale

7 Corridoio

9 Camera da letto

10 Pozzo di luce

Località San Nazzaro, Canton Ticino

Cliente Famiglia Ornella e Luca Romeo

Architetti Wespi, de Meuron, Romeo architects

Collaboratori Pianifica Ingegneri Consulenti

Fisica tecnica edificio Ifec Consulenze

Impresa di costruzioni Walzer costruzioni

Fotografie Giacomo Albo architect/photographer

Infissi in metallo Soreg

Infissi in legno Huber Fenster, Carpenteria Romeo Buss GmbH

Allestimento cucina Cea

Doccia Vola

Bagno Gessi

Superficie lotto 415 m2

Superficie edificata 180 m2

Superficie utile 135 m2

Cortili coperti 30 m2

Patii 65 m2

Completamento autunno 2021

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4 1 2 3 3 5 5 5 5 6 6 7 8 9 9 10 a 10 m a a ca 35 11 12 2 1 1 3 4 5 6 8 7 9 9 10 7 13 14 15 16 17 18 a a 1 2 3 4 5 m 0 10 m › WESPI, DE MEURON, ROMEO

In alto, il soggiorno con vista sul patio. Sotto, viste delle camere da letto (Ph. ©Giacomo Albo).

è progettata su tre livelli. Al piano superiore si trova l’ingresso e il soggiorno-pranzo con cucina a vista: due lati hanno facciate completamente chiuse; gli altri due sono completamente vetrati verso patii a monte e a valle. Quello di ingresso, sul lato della montagna, protegge la casa dalla vista dalla strada e allo stesso tempo fornisce un’illuminazione ottimale e luce solare diretta per lo spazio abitativo. Le pareti chiuse del patio sul lato del lago riflettono la luce del sole verso l’interno. In uno spesso muro c’è una scala esterna che conduce a una piccola terrazza sul tetto, che offre una vista illimitata sul lago e sul paesaggio. Lo spazio soggiorno-pranzo con la cucina aperta funge da spazio esterno in dialogo con i patii interni parzialmente verdi sui lati della montagna

e della valle, ulteriormente valorizzati da vari lucernari, e trasmette così l’atmosfera e la luce mutevoli in un modo insolitamente intenso. Le quattro camere e i bagni si trovano al piano intermedio. L’illuminazione naturale qui è assicurata anche da cortili interni sporgenti verso valle. Il piano più basso contiene un ripostiglio, magazzini e locali tecnici, oltre a un ingresso secondario e un’uscita dal giardino. Nell’insieme Casa Romeo è una meravigliosa combinazione tra complessità e coerenza. La sua fondamentale introversione è in realtà la chiave per una percezione dinamica ed estremamente ricca degli spazi, dove ogni angolo è rivelatore di sorprese. Ed è forse uno dei migliori esempi recenti della capacità dell’architettura di costruire atmosfere ■

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› COSTRUIRE ATMOSFERE

Lo spazio all’interno della struttura. Come una sorta di meridiana inversa, i fasci di luce che vi penetrano cambiano assetto e angolazione nel corso della giornata.

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› PNEUHAUS

Pneuhaus

Pneuhaus è uno studio nordamericano di arte e design specializzato in trasformazioni dello spazio pubblico. Le loro sculture e ambienti immersivi guidano i visitatori in un universo percettivo sia individuale che condiviso nell’ambito di installazioni del tutto inedite. Il lavoro del gruppo si ispira alla fisica, alla biologia e all’artigianato e si sviluppa attraverso l’esplorazione della forma e della funzione delle strutture presenti in natura.

www.pneu.haus

LUCE SOLIDA

TRASFORMARE I RAGGI DEL SOLE IN UNO SPAZIO ARCHITETTONICO NELL’INSTALLAZIONE ATMOSPHERE DELLO STUDIO PNEUHAUS di Carlo Ezechieli

Con base a Rhode Island, nel New England, costa Est degli Stati Uniti, Pneuhaus è uno studio di arte e design che in questi anni ha saputo realizzare opere, quasi sempre inflatable, di grandissimo interesse.

Atmosphere è una di queste, ed è un ambiente dove luce e aria, due elementi fondamentali dell’ambiente in cui siamo immersi, vengono isolati e amplificati.

Dall’esterno, Atmosphere è una grande struttura gonfiabile di forma vagamente conica, tale da massimizzare l’esposizione della superficie esterna alla luce solare. La luce del sole, colpendo la sottile nebbia prodotta all’interno della struttura, diventa una presenza fisica, tanto da indurre i visitatori a toccare e attraversare intenzionalmente i raggi.

Come una sorta di meridiana inversa, queste pareti luminose cambiano assetto e angolazione nel corso della giornata, con il mutare cicli-

Vista assometrica e prospetti di Atmosphere. La sua forma è tale da massimizzare l’esposizione della superficie esterna alla luce solare.

co della posizione del sole.

Atmosphere è formata da elementi gonfiabili in tessuto opaco uniti tramite cuciture in Pvc trasparente. Ispirata alle forme di continuità presenti nei legami del carbonio, la struttura si compone di 200 esagoni, 4 ettagoni e 4 pentagoni, con questi ultimi posizionati sulla punta del cono per creare un concavità, mentre gli ettagoni sono collocati nel punto di intersezione tra il tunnel di ingresso e la sala principale consentendo la formazione di una giunzione convessa.

In quest’opera è interessante il modo nel quale la luce del sole, componente ambientale fondamentale dell’architettura, viene finalmente celebrata attraverso la sua trasformazione in un’entita geometricamente e fisicamente tangibile: un principio arcaico, ma in questo caso restituito in forma incredibilmente attuale ■

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30' 30'
58'
› COSTRUIRE ATMOSFERE

ARCHITETTURA PER LA SALUTE E IL BENESSERE

LUOGHI DELLA C U R A

Architetto, direttore del dipartimento Abc del Politecnico di Milano, professore ordinario del corso di Hospitality Design e Urban Health e presidente del Centro nazionale per l’edilizia e la tecnica ospedaliera (Cneto).

FORMA, FUNZIONE, BENESSERE LA

CURA COMINCIA DAGLI AMBIENTI

STEFANO CAPOLONGO CI PARLA DEL RUOLO DELL’ARCHITETTURA NELLA

PROGETTAZIONE DEI LUOGHI PER LA SALUTE E DELL’EVIDENCE BASED DESIGN UNA METODOLOGIA SCIENTIFICA CHE MISURA GLI EFFETTI FISICI E PSICOLOGICI

DELL’AMBIENTE COSTRUITO E DI COME INFLUISCE SUL BENESSERE DEI PAZIENTI

Stefano Capolongo, architetto, dirige il dipartimento Abc (Architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito) del Politecnico di Milano, dove è professore ordinario del corso di Hospitality Design e Urban Health. Capolongo è anche presidente del Centro nazionale per l’edilizia e la tecnica ospedaliera (Cneto). A lui abbiamo rivolto alcune domande sul ruolo dell’architettura nella progettazione dei luoghi per la salute.

Professor Capolongo, quale ruolo svolge l’architettura nella progettazione dei luoghi della cura e della salute?

Exit strategy

Quando non servirà più come ospedale, il Martini Hospital di Groningen potrà essere trasformato in appartamenti, blocchi per uffici, laboratori di ricerca o università.

50 anni: il ciclo di vita di un edificio mal si concilia con i progressi della medicina se tra dieci anni l’80 per cento delle pratiche mediche sarà diverso da come le conosciamo oggi. Ciò che non cambierà sarà la qualità dello spazio, considerando la luce e la bellezza degli ambienti come strumenti di guarigione, oltre all’orientamento, alla razionalità e alle dotazioni di sicurezza. Progettato per blocchi flessibili e totalmente intercambiabili di 16x60 metri, dimensioni che precise analisi hanno dimostrato essere i più funzionali anche per migliorare l’apporto di luce naturale, l’ampliamento – 560 degenze e

Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità definì la salute “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. E abbiamo ormai imparato che almeno un terzo della nostra salute dipende da fattori ambientali. Perciò la cura comincia dagli ambienti nei quali viviamo quando siamo in salute e l’architettura, che di solito progetta per le persone sane, può fare molto. Trascorriamo il 90 per cento della nostra vita confinati in ambienti chiusi quindi c’è una responsabilità etica e sociale dell’architettura per rendere questi ambienti luoghi di benessere. Come dice Renzo Piano,

15 sale operatorie – del Martini Hospital di Groningen progettato da Dutch Hospital Design, in collaborazione con Seed Architects e con l’architetto Bart Vos per gli interni, si sviluppa concettualmente in elementi disposti a zig-zag, come una catena di Dna, rivolti verso il paesaggio. Le partizioni metalliche interne sono completamente smontabili e le prese impiantistiche riposizionabili.

Quando non sarà più funzionale, l’intera struttura o parte di essa potrà essere trasformata in altro: appartamenti, uffici, laboratori o una scuola. Bart Vos non aveva mai progettato interni ospedalieri ma ciò è stato considerato un vantaggio, per rompere la routine, ad esempio la logica dei lunghi corridoi, sostituita da ambienti e uso del colore che nel Martini genera speciali atmosfere e invita alla scoperta dello spazio.

STEFANO CAPOLONGO

l’architettura contribuisce a rendere felici le persone. Avvicinarsi alla felicità allontana dai fattori di stress che innnescano condizioni di malessere che possono degenerare in malattia.

È necessario sviluppare un’architettura ‘protesica’, dalla città all’abitazione, perché la cura comincia con ambienti confortevoli e promuovendo stili di vita salubri

E questo vale anche per gli spazi aperti e per i progetti a scala urbana, progettando spazi per camminare e parchi e giardini per respirare. Una ricerca del benessere che può aiutare anche a guarire?

L’Evidence Based Design è una metodologia scientifica ormai consolidata che misura gli effetti fisici e piscologici dell’ambiente costruito. La possibilità di entrare in contatto con il verde o solo di osservarlo dalla finestra se infermi aiuta i pazienti a recuperare più rapidamente.

Il verde è di grande aiuto nelle patologie neurologiche e anche per il personale sanitario: 20 minuti al giorno a contatto con il verde aiutano a ridurre lo stress. Secondo una ricerca della Johns Hopkins University anche solo un paesaggio che occupi la parete di fronte alla quale i pazienti consumano i pasti in camera riduce la percezione del dolore.

Quindi sì, anche dettagli di arredo o l’uso del colore, oltre naturalmente a un’ottima luminosità delle stanze di degenza e qualche forma di contatto con la natura possono aiutare a guarire. In un ospedale benessere e comfort sono funzionali alla cura al pari degli impianti. Per esempio, se le stanze di degenza sono singole e le postazioni infermieristiche sono vicine è

in camera che si può svolgere gran parte della cura, riducendo così l’impegno di altri spazi dedicati.

Ma è raro trovare ospedali che rispondano a questi criteri, perlomeno in Italia.

È raro anche all’estero. Gli ospedali sono organismi che crescono su sé stessi perché sono vecchi e gli spazi progettati all’epoca mancano di flessibilità. Consideri che tra dieci anni l’80 per cento delle tecniche di diagnostica, prevenzione e terapia che conosciamo oggi cambierà. Adattare ai nuovi strumenti un ospedale esistente è difficile, è molto meglio demolirlo o destinarlo ad altri usi e costruire un nuovo ospedale, e anche quello nuovo dovrà essere prima di tutto flessibile per rimanere efficiente per un ciclo di vita medio di 50 anni.

I nuovi ospedali in genere sorgono ai margini delle città

È sempre stato così fin dal medioevo, e poi la città li ha inglobati. Un ospedale, che a sua volta è una città perché al suo interno si svolgono una molteplicità di funzioni molto diverse tra loro (pensi solo alla cucina o alla lavanderia o alla complessità dei sistemi per lo smaltimento dei rifiuti), è il primo fondamentale elemento di rigenerazione urbana perché trascina tutto con sé, dai trasporti alla residenza, dal commercio agli spazi pubblici e al verde. La città inoltre – dove l’aspettativa di vita è più alta proprio perché gli ospedali sono più vicini – offre le risorse intellettuali e scientifiche indispensabili per i moderni poli di eccellenza sanitaria che si fondano su quattro fattori: assistenza, ricerca, formazione e incubatori di impresa.

Abbiamo approfondito con il progettista il nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio, che si sviluppa in altezza, al contrario delle strutture a padiglioni.

Oggi si lavora per dipartimenti, quindi gli ospedali in genere sono molto orizzontali ma connessi. Il padiglione del secolo scorso riflet-

teva l’idea del corpo umano come una macchina mentre oggi il concetto di salute si sposta verso un aspetto più sociale. Le esigenze di isolamento sorte con la pandemia hanno riportato per un momento in auge l’idea del padiglione ma per il resto non funziona; anche il tema del confinamento va affrontato ragionando per nuclei, compresi gli impianti, da isolare in caso di necessità. E alla fine anche il Covid, con la domanda di posti in rianimazione della prima ondata, ha messo in luce soprattutto l’esigenza di spazi flessibili, in grado di adattarsi alle emergenze, e di ambienti più confortevoli per gli operatori.

Oggi si parla di un nuovo modello di sistema sanitario territoriale.

Coincide con la concezione sociale della salute di cui parlavo prima ed è quello previsto dalla missione 6 del Pnrr: case di comunità diffuse

Tra dieci anni l’80 per cento delle tecniche di diagnostica, prevenzione e terapia sarà cambiato e abbiamo necessità di spazi ospedalieri flessibili, in grado di adattarsi ai nuovi strumenti della scienza medica

sul territorio dove ci sia il medico di famiglia, l’infermiere e tecnologia diagnostica di base, alleggerendo la pressione sulle strutture ospedaliere e riducendole di numero. Ma anche le residenze private dovrebbero essere adattate a questo genere di supporto, per esempio dotandole di sensoristica utile alla nuova telemedicina e di ausili che oltre a supportare infermità momentanee le rendano più adatte al grande tema dell’invecchiamento della popolazione ■

Il Martini Hospital è stato progettato fin dall’inizio in funzione della possibile evoluzione nel tempo, con ipotesi di smantellamento o rifunzionalizzazione (©Dutch Hospital Design, ph. ©Rob Hoekstra).

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LUOGHI DELLA CURA

I PRESIDI DI PROSSIMITÀ AL CENTRO DELLA RIORGANIZZAZIONE SOCIOSANITARIA DEL PAESE

LA PRESENZA DI UNA VASTA RETE DI STRUTTURE SANITARIE TERRITORIALI CAPACE DI SOSTENERE IL SISTEMA OSPEDALIERO NAZIONALE SARÀ AL CENTRO DELLA

TRASFORMAZIONE DELLA SANITÀ ITALIANA SUPPORTATA DAI FONDI DEL PNRR PREVISTI NELLA MISSIONE 6 SALUTE

Storicamente, alle pandemie sono seguiti stravolgimenti sociali che hanno modificato comportamenti, costumi e sensibilità nei confronti della salute. Così è stato anche con la pandemia da Covid-19, che ha messo in evidenza il tema della resilienza degli ospedali, delle loro strutture e organizzazioni. I vari sistemi sanitari regionali hanno reagito in maniera diversa di fronte all’emergenza in base alla presenza di una rete più o meno ampia di strutture sanitarie territoriali in grado di aiutare i nosocomi a reggere l’urto della crisi. L’insufficienza o l’assenza di queste strutture ha dato origine a rapide riconversioni di luoghi deputati a ben altre attività e all’allestimento in aree prossime agli ospedali di tensostrutture debitamente attrezzate. Anche questo è un argomento che può e deve far riflettere chi progetta edifici ospedalieri o sanitari.

Partendo da questo presupposto, cioè dell’importanza del fattore resilienza nell’intero Ssn, è bene pensare a come investire i fondi della Missione 6 Salute del Pnrr in grado di aiutare l’Italia a compiere quel cambiamento epocale in termini di Sanità divenuto oramai imprescindibile, promuovendo nuove strutture fondamentali all’integrazione tra ospedale e territorio quali le Case di Comunità (CdC), gli Ospedali di Comunità (OdC) e modelli organizzativi più adatti a strutture come le Rsa. La prima componente fondamentale su cui verrà investita buona parte dei circa 16 miliardi di euro della Missione 6 Salute del Pnrr riguarda le reti di prossimità, ovvero una maggiore attenzione al territorio rispetto al passato; mentre la seconda è focalizzata sulla digitalizzazione del Ssn. Entrando nel dettaglio della prima componente, gli obiettivi sono molto ambiziosi: l’attivazione di ben

1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026 per un importo di 2 miliardi di euro e di 381 Ospedali di Comunità per un importo di un miliardo di euro, a cui si aggiungono 4 miliardi di euro per il potenziamento della rete di assistenza domiciliare.

A tal proposito non si può trascurare la valutazione di Mauro Cappello, già ispettore del Mef sugli investimenti pubblici, secondo il quale per aprire questo ampio numero di strutture servirebbero circa 22mila medici e 32mila infermieri, senza dimenticare l’attuale divario di

65mila medici rispetto all’effettivo fabbisogno: una questione da affrontare urgentemente se non si vogliono costruire nuovi edifici e strutture che poi rimarrebbero vuote.

Un secondo problema riguarda l’endemica difficoltà del nostro Paese a basarsi su standard di progettazione comuni: in Italia ci sono normative di accreditamento diverse per ciascuna Regione e questo non favorisce la soluzione di problemi che sono di ampiezza nazionale.

Buona parte dei circa 16 miliardi di euro della Missione 6 Salute del Pnrr riguarda le reti di prossimità

Le Case di Comunità

Le CdC sono state pensate per assistere i cittadini affetti da malattie croniche o che necessitano di assistenza continuativa. In altri termini, questi modelli sanitari richiedono investimenti strutturali e architettonici, ma anche organizzativi e produttivi, che puntino a mettere i pazienti e i loro caregiver al centro dell’attenzione, attraverso servizi fruibili, coordinati e adatti alle esigenze di alcuni specifici target. Come accennato, attualmente non esistono regole progettuali comuni per le CdC, tuttavia alcune Regioni hanno fornito indicazioni utili a un eventuale piano di sviluppo nazionale su come devono essere progettati gli spazi di una struttura di prossimità partendo dalle esigenze di flessibilità e dinamicità dell’erogazione dei servizi.

L’obiettivo generale è quello di rendere i percorsi di accesso alle varie aree funzionali i più chiari possibile per i pazienti e i caregiver. La scelta degli arredi, dei colori e delle finiture di ciascuno spazio possono essere differenti e congruenti alla funzione per cui è stato progettato.

Gli Ospedali di Comunità

A differenza delle CdC, gli Ospedali di Comunità sono strutture sanitarie territoriali per il rafforzamento dell’assistenza cosiddetta

intermedia che prevedono, pertanto, degenze brevi destinate a pazienti che necessitano di interventi definiti a bassa-media intensità di cura. Fungendo da anello di congiunzione tra ospedali e assistenza a domicilio si capisce come la loro presenza risulti particolarmente preziosa in situazioni di emergenza come quelle vissute durante il Covid-19. La degenza breve, infatti, per sua natura più snella, evita in taluni casi il lungo percorso delle ospedalizzazioni ma, soprattutto, permette di accogliere pazienti dimessi dagli ospedali che ancora non possono per varie ragioni fare ritorno al proprio domicilio.

Anche per gli OdC non esiste un piano nazionale di implementazione, per cui sono ancora poche le Regioni che hanno una visione chiara sull’opportunità offerta da queste strutture. Va anche ammesso che, mentre a livello europeo gli OdC sono regolamentati già da molti anni, in Italia solo il 20 gennaio 2020 in Conferenza Stato-Regioni è stata sancita l’intesa sull’Ospedale di Comunità che “definisce i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio degli Ospedali di comunità pubblici o privati”.

Gli OdC nascono, come già detto, per dare seguito alla necessità di maggiore collaborazione tra rete sanitaria territoriale e nosocomi, per cui la loro progettazione deve contemplare l’accoglienza dei casi meno acuti provenienti dalle strutture ospedaliere proprio nei casi di emergenza sanitaria, da cui spazi flessibili e facilmente riconfigurabili.

La necessità di rendere gli OdC diffusi capillarmente sul territorio nazionale si sposa con la possibilità di utilizzare strutture sanitarie in disuso (e ce ne sono molte) o edifici destinati ad altre attività ma ciò implica un elevato grado di indipendenza dalle strutture territoriali. Un tema architettonico di rilievo è legato alla compattezza delle strutture che, se ben si adegua alle esigenze di ottimizzazione delle risorse pubbliche, alla diffusione capillare degli OdC e alla necessità di sfruttare gli spazi spesso ridotti di vecchie strutture, non sempre è altrettanto allineata alla qualità del servizio richiesto. Anche per questa ragione la flessibilità degli OdC, ovvero la loro capacità di modificarsi in base alle situazioni emergenziali contingenti, è un requisito fondamentale. In aiuto dei progettisti ci sono i cosiddetti strumenti di metaprogettazione finalizzati a fornire all’utenza e alla committenza una sfera di modifiche progettuali – spaziali, dimensionali, tecnologiche, organizzative – in linea con le sue esigenze ■

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CASE E OSPEDALI DI COMUNITÀ

GLASS HOUSE SANITARIA

Non solo sanitario e sociale. Quello della medicina territoriale è un tema di qualità urbana e di architettura. Perché non sia solo uno slogan, nella ‘città a 15 minuti’ non possono mancare presidi sanitari con ambulatori dei medici di base e laboratori di prima diagnostica. Presidi che potrebbero occupare strutture obsolete riqualificate per le nuove funzioni. E un tema di architettura perché la bellezza e la luminosità degli spazi sono il primo passo per una vita in salute (e felice). Pur consapevoli delle differenze che corrono tra la vecchia Europa e il nuovo continente, la clinica odontoiatrica che presentiamo, progettata dallo studio Jean Verville architectes e realizzata a Longueuil, a pochi chilometri da Montréal, è un interessante esempio di come potrebbe essere una casa di comunità: aria e luce, minimo impiego di mezzi per ottenere i massimi risultati, forte connessione con la città e viste aperte sugli spazi verdi, un fattore che riduce lo stress psico-fisiologico. Incorniciata dalle strutture in acciaio e dai

profili delle facciate continue trasparenti, all’interno dell’edificio di 2.500 metri quadrati su due livelli aperti la luce crea giochi di ombre che ‘arredano’ gli ambienti e fornisce un’atmosfera rilassante. 35 ambulatori disposti lungo il perimetro mantengono operatori e pazienti in costante contatto con l’esterno verde e naturale, mentre lo spazio centrale è destinato all’accoglienza, con spazi di attesa attrezzati come in un ambiente di ritrovo, e i collegamenti verticali.

L’illuminazione artificiale, che di sera attraverso le pareti trasparenti segnala al quartiere la rassicurante presenza del presidio sanitario, è realizzata con sistemi lineari che formano come un’orditura secondaria della griglia strutturale in acciaio.

Anziché opache, le parti che richiedono maggiore protezione sono realizzate con un’economica rete metallica colorata di bianco, il colore dominante negli interni, sul quale risalta il verde esterno visibile da tutti gli ambienti ■

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Le facciate vetrate della clinica vicino a Montréal. Sotto, gli interni molto luminosi (ph. ©Maxime Brouillet, Maryse Béland). CLINICA ST-CHARLES, LONGUEUIL (QUEBEC)
LUOGHI DELLA CURA

Binini Partners

Binini Partners è un’organizzazione professionale fondata a Reggio Emilia nel 1996 dall’ingegnere Tiziano Binini (nella foto), che opera tra urbanistica, architettura e ingegneria, grazie a professionalità multidisciplinari integrate, per realizzare con creatività, eleganza e competenza opere pubbliche e private, edifici e infrastrutture. I progetti nascono dalla continua ricerca di un design innovativo e soluzioni avanzate in grado di rispondere alle esigenze complesse della città e del territorio, coniugando funzionalità e bellezza. Tra i progetti in corso il nuovo ospedale di Andria, con Cino Zucchi Architetti e Paisà, un nuovo padiglione per il Policlinico Gemelli di Roma e il futuro ‘Mire’ (maternità e infanzia Reggio Emilia). www.bininipartners.it

OPERATIVO NELL’AREA DI MIND-MILANO INNOVATION

DISTRICT, L’OSPEDALE PIÙ

ALTO D’ITALIA È UN MODELLO DI EFFICIENZA E FLESSIBILITÀ

PRONTO AD ACCOGLIERE LE

INNOVAZIONI DELLA SCIENZA

MEDICA E A FAR FRONTE A

POSSIBILI EMERGENZE. UN COMPLESSO CHE PROMUOVE LE SINERGIE TRA CURA, DIDATTICA E RICERCA

INTERAMENTE PROGETTATO IN BIM DA BININI PARTNERS

L’OSPEDALE VERTICALE

In alto, concept di Tiziano Binini del nuovo GaleazziSant’Ambrogio. Nelle altre immagini, dettaglio delle facciate concave e di un ambiente interno (ph. ©Vegetti e ©Antinori).

Come sempre accade in architettura i vincoli si trasformano in opportunità, non soltanto per la conformazione fisica ed estetica di un edificio ma, specie nel caso di una struttura che deve rispondere a un programma fondamentale come quello di un istituto di cura e di ricerca, per l’organizzazione delle funzioni. Se la scelta di costruire in altezza il nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio è dovuta alle limitate dimensioni del lotto disponibile sul bordo ovest dell’area di Mind, d’altra parte la densità ha permesso al Gruppo San Donato di concentrare in 16 piani per 90 metri di altezza competenze differenti e di aprire la strada a sinergie medico-scientifiche per un polo multispecialistico (ortopedia e traumatologia, malattie cardiovascolari e neurochirurgia) moderno e di

alta qualità. Ma anche, più semplicemente sebbene non banalmente, di abbreviare i tempi accorciando i percorsi, serviti da ben 51 elevatori organizzati in molteplici colonne montanti che separano i flussi (pubblico e staff, pazienti, emergenza e pronto soccorso, merci pulite e cucina, merci sporche e lavanderia).

Un secondo limite – le norme di sicurezza che vincolano l’altezza delle strutture ospedaliere a 24 metri – è stato affrontato con l’invenzione del ‘piano calmo’: un piano intermedio tra il sesto e l’ottavo per l’evacuazione verticale in caso d’incendio, con tutti gli ausili a servizio dei vigili del fuoco. Ma si tratta di un piano – anche in questo caso, i limiti diventano opportunità –che nel giro di un’ora può essere trasformato in ospedale di emergenza con 100 posti letto.

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IRCCS GALEAZZI SANT’AMBROGIO, MILANO
OSPEDALE GALEAZZI

Alle funzioni ospedaliere si aggiungono quelle didattiche e di ricerca: la piastra di base, alta 4 piani e 24 metri, ospita un auditorium, spazi destinati all’Università degli Studi di Milano e un intero piano (5.000 metri quadrati) di laboratori di ricerca.

Ai piani immediatamente superiori trovano posto gli ambulatori medici, la bassa intensità chirurgica, la cardiochirurgia, la terapia intensiva e un blocco operatorio con 16 sale. Le degenze, per un totale di 600 posti letto, sono collocate dal nono al sedicesimo piano, e l’altezza favorisce la luminosità degli ambienti. Nel complesso un’organizzazione estremamente razionale, messa a punto in stretta collaborazione tra Binini Partners e Gksd Edile, la società di costruzioni specializzata in strutture

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LUOGHI DELLA CURA
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OSPEDALE GALEAZZI
Il nuovo Irccs si staglia per 90 metri di altezza nell’area urbanizzata di Mind (ph. ©Visualdron).

La facciate favoriscono l’accesso di luce naturale nelle stanze di degenza

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LUOGHI DELLA CURA

ospedaliere di Gruppo San Donato, che favorisce la sicurezza e l’igiene, l’ottimizzazione del lavoro e dell’erogazione dei servizi e la flessibilità della struttura nel tempo, con la capacità di accogliere le future tecnologie mediche. Con un forte carattere stereometrico, il volume bianco del nuovo edificio, visibile a grande distanza, si impone sul paesaggio, mitigato dai tagli d’ombra delle facciate leggermente concave, rivestite in pannelli di alluminio come la fasce lineari piane che schermano il curtain wall e le balconate esterne imprimendo al parallelepipedo un ritmo orizzontale che ne sottolinea la lunghezza.

Il progetto comprende anche l’intero complesso delle centrali tecnologiche che alimentano l’edificio. Le centrali gas medicali, la centrale termica e frigorifera, le vasche di decantazione, di accumulo idrico, di laminazione e quelle per la geotermia si trovano ai margini del lot-

to. La centrale elettrica, invece, è contenuta in un fabbricato prossimo all’edificio per ridurre al massimo le cadute di tensione. La struttura ospedaliera viene servita principalmente attraverso collegamenti impiantistici interrati a livello -1. Le dorsali afferiscono a cavedi verticali dedicati a ciascuna tipologia d’impianto e da qui servono i diversi livelli viaggiando nei controsoffitti lungo i corridoi.

Al fine di ottimizzare l’efficienza dell’impianto e ridurre i costi, il sistema aeraulico è diviso in tre aree: la piastra, servita dalle Uta contenute nel corpo basso; i piani dal quarto al sesto, serviti dal vano tecnico intermedio del ‘piano calmo’ (settimo); e i piani dall’ottavo in su, che sfruttano il vano tecnico in copertura. Sempre a livello impiantistico vi sono poi la centrale di produzione e accumulo acqua calda sanitaria e diversi gruppi di pompaggio, vasi d’espansione a volume variabile e pressione

Sezioni della facciata continua a cellule. Schüco Italia, messa in opera Gualini.

GUALINI – GRUPPO COSTIM

Il progetto di facciata e la ricerca di trasparenza del progetto di Binini Partners, fondamentali sia dal punto di vista dell’architettura sia per il benessere di pazienti e operatori sanitari, è stato interpretato, sviluppato in Bim e realizzato da Gualini, che per il Galeazzi-Sant’Ambrogio ha progettato, prodotto e messo in opera 30.000 mq di facciate continue, 24.000 mq di rivestimenti metallici e 9.500 di pareti opache. L’aspetto architettonico dell’edificio è fortemente caratterizzato dai rivestimenti metallici dei nuclei d’angolo e dalle vele frangisole. Particolare attenzione è stata rivolta al coordinamento progettuale, che vedeva una forte interazione tra le sottostrutture in carpenteria metallica e i rivestimenti metallici esterni. Le soluzioni tecniche messe in atto sono state valutate e definite tenendo in considerazione le fasi operative di cantiere, condizionate da tempistiche particolarmente serrate. Gualini è un prezioso interlocutore nel settore dell’involucro edilizio: l’ufficio tecnico interno, in grado di operare con le tecnologie di progettazione più evolute e lo stabilimento con linee produttive automatizzate permettono all’azienda di gestire la realizzazione di soluzioni customizzate nel rispetto di vincoli temporali sfidanti, come nel caso del progetto Galeazzi-Sant’Ambrogio.

www.gualini.eu

costante per circuiti di acqua calda e refrigerata, la centralina impianto solare termico e la centrale di trattamento dell’aria. Il sistema si completa da una parte con l’impiego della geotermia e, dall’altra, con l’adozione del sistema fotovoltaico e del solare termico, distribuendo pannelli sull’intera superficie della copertura del fabbricato alto e sul tetto delle centrali, con potenza di circa 300 kW/p.

Un sistema integrato di Building Management System e un Energy Management System garantiscono l’ottimale controllo, gestione e manutenzione dell’intera struttura.

Di fatto sono state adottate una serie di soluzioni di grande qualità tecnica e basso impatto ambientale che riducono al minimo possibile le emissioni di anidride carbonica del complesso e che hanno fatto diventare il nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio primo ospedale certificato Leed Gold V4 in Italia ■

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OSPEDALE GALEAZZI

La pianta del ‘piano calmo’ (courtesy Binini Partners). I sistemi di risalita di tutti i piani sono distribuiti agli angoli e nel core centrale dell’edificio.

SCHÜCO ITALIA

Il sistema costruttivo, progettato del custom engineering Schüco, per l’involucro del Galeazzi è del tipo ‘a cellule’. Si tratta di una facciata ad elementi prefabbricati, posati in opera finiti. La struttura portante di ogni elemento è costituita da un sistema di profili in alluminio a taglio termico progettato ad hoc in base alle esigenze architettoniche e prestazionali. Il taglio termico è stato posizionato verso il lato interno della facciata al fine di ottenere ante apribili complanari alle finiture delle stanze, evitando sporgenze. Le ante Schüco Aws Block System minimizzano le cornici offrendo maggiori superfici visive. La parte portante delle facciate è stata posizionata verso l’esterno per creare gli aggetti architettonici completati dai rivestimenti metallici. Questo conferisce all’edificio un aspetto compositivo tradizionale a strisce orizzontali e al contempo un’elevata funzionalità, combinata ad un alto valore tecnologico di un involucro moderno. Valore del calcolo termico Uf = 2,04 W/m²K. www.schueco.it

Gli ingressi perimetrali del nuovo ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio adottano il sistema ad abbattimento meccanico dall’interno GE50N Break In ingegnerizzato da Geze per fronteggiare le emergenze. Con sezioni di profilo da 50 mm con ante – sia fisse sia mobili – complanari, in caso di emergenza il sistema consente, con una leggera spinta dell’anta mobile, di sgomberare interamente la via d’esodo. In condizioni normali l’automazione ECdrive assicura un’operatività delle doppie ante mobili adeguata al traffico ininterrotto dell’ospedale e degli spazi universitari (auditorium, laboratori di ricerca) ospitati nella piastra di base.

www.geze.it

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GEZE
LUOGHI DELLA CURA

Fit-out e arredo dell’auditorium da 450 posti del nuovo Galeazzi-Sant’Ambrogio sono stati curati interamente da Lamm che, oltre all’installazione di 446 poltrone imbottite L213 in ecopelle rossa e struttura in legno Fsc, ha allestito anche il palco relatori, la tribuna gradonata con balaustra in vetro extra-chiaro e la pavimentazione in grès porcellanato Florim con superficie naturale antibatterica.

Le poltrone sono elettrificate con presa da 230V. La disposizione alternata – interasse 60 cm – consente un’eccellente visibilità da ogni punto della sala.

Il fit-out si completa con la fornitura e posa di pannelli fonoassorbenti a parete di Caruso Acoustic. Realizzati in due differenti varianti, entrambi presentano materiale fonoassorbente interno in fibra minerale. Nella parte superiore della sala i pannelli sono in stoffa tesata mentre nella parte inferiore sono rivestiti in legno. www.lamm.it

CREDITI

Località Mind Milano Innovation District

Committente Gsd Real Estate

Progettazione architettonica, strutturale e impiantistica, Bim Binini Partners

Responsabile di progetto Tiziano Binini

Coordinamento e direzione Cecilia Morini e Raffaele Ramolini (Binini Partners)

Impresa di costruzioni Gksd Edile

Facciate continue e rivestimenti metallici di facciata Gualini

Profili Schüco Italia

Ascensori Kone

Schermature Pellini

Porte automatiche esterne Geze

Porte interne Piva Group Ceramiche Florim

Auditorium (allestimento e gestione) Lamm

Auditorium (pannelli fonoassorbenti) Caruso Acoustic

Illuminazione iGuzzini

Tetti verdi Harpo

Giardini esterni Peverelli

Superficie del lotto 50.000 mq

Impronta al suolo dell’edificio 20.000 mq

Superficie costruita 180.000 mq

Altezza 90 m per 16 piani fuori terra

Sale operatorie 32

Posti letto 600

Cronologia 2017-2022

Importo dei lavori oltre 341 milioni di euro

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OSPEDALE GALEAZZI
LAMM E CARUSO ACOUSTIC

IGUZZINI

iGuzzini illumina con oltre 21.000 apparecchi gli spazi del nuovo Galezzi-Sant’Ambrogio. Gli apparecchi a incasso Easy Space illuminano con le loro ottiche performanti gli spazi dedicati all’accoglienza e al transito come l’ingresso, i corridoi e le sale d’attesa, mentre nell’aula magna apparecchi lineari iN60 forniscono illuminazione generale che si articola e modula poi nei diversi scenari creati grazie all’uso di sistemi di controllo. Le stanze di degenza – di giorno ampiamente illuminate dalla luce naturale – sono attrezzate con incassi Laser Blade

Per l’illuminazione delle sale operatorie, dei laboratori e delle terapie intensive iGuzzini ha potuto integrare la propria offerta con apparecchi disponibili all’interno del Gruppo Fagerhult, di cui iGuzzini fa parte dal 2019.

Le sale operatorie, secondo la normativa vigente

al momento della progettazione (EN 12464-1 “Illuminazione dei posti di lavoro-posti di lavoro in interni, rif. tab. 54 - Health care)” richiedono un’illuminazione che ha come requisiti principali un illuminamento medio pari a 1000 lux e un indice di resa cromatica (CRI) pari a 90.

In questo contesto specifico è stato applicato un innovativo approccio per cui si è utilizzata anche luce colorata. In particolare, per gli interventi in laparoscopia una luce verde, fortemente dimmerata, è stata utilizzata sulle pareti che fanno da sfondo ai monitor, in modo da migliorare il contrasto rispetto a una parete bianca. La luce arancione per il lavoro di sfondo invece riduce il rischio di immagini residue sulla retina quando si passa alla luce bianca.

In ambienti come le sale operatorie, dove la luce naturale è del tutto assente, una luce artificiale a

cromia variabile aiuta la concentrazione. L’altro aspetto innovativo utilizzato soprattutto negli ambienti comuni è l’infrastruttura digitale creata attraverso gli apparecchi di illuminazione.

Ben 3.000 prodotti iGuzzini presenti all’interno del complesso ospedaliero sono infatti dotati di beacon Ble: sistemi versatili compatibili con i protocolli più diffusi per le applicazioni smart creano una infrastruttura flessibile, in grado di adattarsi al continuo evolversi dei servizi dell’organizzazione ospedaliera.

www.iguzzini.com

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LUOGHI DELLA CURA

Arg Studio ha scelto una colorazione piena per definire le diverse zone dell’area ricreativa del reparto. Nei corridoi immagini stilizzate dell’aquilone posto in ingresso accompagnano il percorso dei pazienti (ph. ©Ivo Tavares Studio).

OSPEDALE SÃO JOÃO, PORTO

IL COLORE CHE CURA

LE SCELTE PROGETTUALI E CROMATICHE MIGLIORANO BENESSERE E COMFORT

E CONTRIBUISCONO AL PROCESSO DI GUARIGIONE. COME DIMOSTRA LA NUOVA ALA PEDIATRICA DELL’OSPEDALE SÃO JOÃO DI ARG STUDIO

Fin dall’ingresso del reparto pediatrico dell’ospedale di Porto, in Portogallo, un gioco di forme elementari, che rappresenta un aquilone, punteggia il soffitto del corridoio principale. Questa installazione dà il via al percorso che conduce allo spazio ricreativo di 350 metri quadrati, progettato da Arg Studio, dove i giovani pazienti possono giocare e rilassarsi tra un trattamento e l’altro.

Il reparto pediatrico serve bambini e adolescenti, quindi la configurazione e le caratteristiche di ogni spazio, dalla biblioteca alla sala studio, dalla palestra alle sale giochi, tiene conto delle esigenze delle diverse età. Ogni area ha una differente combinazione di colori monocromatici, omogenei e pastosi per cre-

are un ambiente sereno. La soluzione dà vita ad aree di comunione e condivisione e altre di maggiore isolamento.

Arg Studio ha collaborato con l’artista Francisca Ramalho di Lisbona. L’illustratrice ha realizzato un aquilone stilizzato in 3D sopra il banco della reception, che si trasforma in un’illustrazione bidimensionale che serpeggia lungo i corridoi per guidare la circolazione e introdurre all’atmosfera vivace della zona ricreativa.

L’elemento grafico dell’aquilone è stato scelto come rappresentazione simbolica del desiderio di volare al di sopra della sofferenza e del dolore che i bambini e i ragazzi provano durante la degenza in ospedale ■

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ALA PEDIATRICA OSPEDALE
SÃO JOÃO
[ 107 ] IOARCH_103 LUOGHI DELLA CURA

La carica curativa e rituale dell’acqua ne fa un tema di architettura importante. All’aspetto ludico come valore aggiunto dell’ospitalità si sommano funzioni curative basate su un concetto olistico di benessere che rendono necessaria una progettazione capace di integrare qualità spaziali e tecnologie evolute. Ne parliamo con Alberto Apostoli che con il suo studio opera in questo settore da più di vent’anni.

Salus per Aquam: lei è stato tra i primi progettisti a riprendere un concetto caro ai Romani facendone un elemento di attrattività della moderna ospitalità. Quali evoluzioni ha potuto osservare in questo settore nel corso del tempo?

Quella della visita alle terme per i Romani era una pratica quotidiana, di importanza fondamentale: le terme erano tra i primi elementi architettonici dei nuovi insediamenti e al loro interno era condotta la vita pubblica, gli affari, gli scambi. Per molto tempo in Occidente si è smarrita la cultura del termalismo e in generale della cura del benessere psico-fisico – a differenza dell’Oriente, dove la tradizione è sempre rimasta viva – ma ora ci stiamo riappropriando di questi concetti. Il mercato è cambiato in maniera radicale e da luoghi mar-

Studio Apostoli

Wellness Creators through Architecture: questo il payoff dello studio fondato nel 1997 dall’architetto Alberto Apostoli (Verona, 1968, laureato all’Università Iuav nel 1993): un atelier dove oggi operano più di 30 professionisti fra architetti, ingegneri, interior designer ed esperti del settore. In oltre venticinque anni Studio Apostoli ha realizzato centinaia di progetti in quasi tutti i continenti ricevendo più di 60 premi italiani e internazionali. Riconosciuto a livello internazionale per le Spa realizzate e per l’innovazione, la ricerca, la divulgazione e la formazione sul tema del wellness, lo studio progetta anche hotel, abitazioni, negozi, uffici e oggetti. Tra i premi più recenti ricevuti il World’s Best New Resort Spa 2022, il Best Spa & Wellness Design Specialist nel 2021, il Best Destination Spa nel 2022 e il Best Wellness & Spa Design Studio nel 2019. www.albertoapostoli.com

BENESSERE E CURA DALLE TERME ALLE SPA

UN INCONTRO CON ALBERTO APOSTOLI

ginali legati a un benessere elitario o a un tema curativo (retaggio dell’Ottocento) le Spa sono diventate più ‘democratiche’, ricercate, variegate, al punto da essere oggi la ragione di una visita in un determinato luogo o addirittura la motivazione ultima di una vacanza. Il ritmo veloce e stressante della città rende ancor più preziosa e attrattiva, a contrasto, la lentezza di questi luoghi, non più solo per rilassarsi e divertirsi – leisure – ma anche per rimettersi in forma dal punto di vista mentale e spirituale.

Quali sono le specificità del lavoro di progettazione per una Spa che deve essere in grado di integrare elementi estetici e genericamente di ‘comfort’ con aspetti tecnologici indispensabili per la qualità del risultato?

Oggi come ieri, non si può progettare una Spa se non si conosce il territorio, la storia locale, le specificità, se non si ha ben chiaro in mente il concept del benessere che si vuole proporre al pubblico, e questo vale ovunque. Una Spa può nascere per offrire divertimento ma anche per scopo curativo, rigenerativo (pensiamo al remise en forme per pazienti oncologici, o dopo il parto, o dopo gravi infortuni), educativo (per imparare come mangiare correttamente, ma

anche come gestire i ritmi circadiani del sonno), finanche al semplice scopo dissociativo dallo stress quotidiano. Ci sono poi declinazioni in termini pratici, progettuali, stilistici…Insomma, progettare le Spa viene da un insieme di discipline e conoscenze che si maturano sia con base teorica sia sul campo, con l’esperienza. Per questo mi piace immaginare la figura dell’architetto come quella di un regista. Pensiamo poi ad esempio alla cura degli aspetti gestionali e di servizio, che nelle Spa è di gran lunga superiore rispetto agli alberghi: il personale qui non è un semplice somministratore di servizi, ma una persona con cui l’ospite si confida, ha un dialogo, una relazione, a cui affida la propria salute, mente e corpo. Le dinamiche che animano questi luoghi sono di carattere filosofico, culturale e operativo. E la tecnologia? In questo ambito è estremamente importante, e lo è quanto il motore per un’automobile. Faccio un breve esempio: si è sempre parlato di gestione dell’aria (il vero comfort di uno spazio è dato dalla quantità di umidità e di calore, e questo si sa), ma oggi più che mai si parla di qualità dell’aria, in rapporto al ricambio, alla salubrità, sia in contesti naturali sia

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ALBERTO APOSTOLI

L’hammam in verde Guatemala e, a sinistra, il parco e la sala Kotatsu (ph. ©Chiara Grossi).

Nerò Montegrotto Terme

Al piano nobile dell’hotel Terme Preistoriche di Montegrotto Terme, affacciata sul parco secolare interno, la Spa di 1.200 mq si aggiunge alle piscine termali esterne e alle piscine coperte e offre trattamenti estetici, rituali con prodotti di fitocosmesi selvatica, medicina ayurvedica – a cui è dedicata un’intera area – Private Spa e un’ampia offerta fitness.

Due le novità qui introdotte da Studio Apostoli: il Temazcal ispirato a antiche pratiche precolombiane, particolare calotta sferica con sedute in legno di cedro, al cui centro vi è un braccio che diventa il punto di connessione tra corpo e spirito; e – dalla tradizione culturale giapponese – il Kotatsu, composto da una panca circolare e da un tavolo centrale dal quale bere tisane e infusi mantenendo le gambe nella bassa vasca centrale. Dal punto di vista architettonico l’uso predominante del vetro offre agli ospiti la sensazione di immergersi nel paesaggio del parco dei Colli Euganei, mentre materiali naturali come il legno, declinati in elementi di design, sono in continuo dialogo con ambiente e territorio.

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LUOGHI DELLA CURA

artificiali. Senza la tecnologia non potremmo di sicuro soddisfare questo aspetto, così come molti altri.

Possiamo dire che in anni recenti la sua ricerca sul benessere si stia estendendo anche all’outdoor per includere nel concetto di Wellness una relazione più stretta con la natura?

Il benessere non può esulare dal rapporto tra uomo e natura. I pazienti – permettetemi di dirlo, con chiaro approccio scientifico – sono animali che sebbene vivano in contesti specifici conservano dentro di loro un forte legame con la natura. È biologico e, mi piace pensare, spiritualmente innato. Per questo motivo il rapporto tra le Spa e i contesti outdoor è di carattere primario e indissolubile, perché riporta all’attenzione emotiva dell’uomo quelle sensa-

Gargnano,

Per il restyling della ‘Spa Destination’ del lago di Garda, completato nel 2022, Studio Apostoli ha previsto tra l’altro l’ampliamento della zona Spa con la creazione di un’area ‘Adults Only’ con sauna panoramica affacciata sul lago e una piscina idromassaggio ‘Infinity’. Introdotta anche una nuova categoria di camere di ampia metratura – 130 mq – dotate di piscina idromassaggio e sauna privata.

zioni impossibili da provare in spazi confinati.

La natura è la madre di ogni benessere e, letta e decodificata attraverso i sensi, incarna la nostra vera essenza.

Può approfondire il concetto delle Medical Spa come moderna evoluzione delle Terme ottocentesche?

Dopo l’epoca classica, il diciannovesimo secolo determina sicuramente una seconda età dell’oro del termalismo europeo, ma anche asiatico. Se in precedenza l’esperienza delle terme aveva carattere anche sociale, nell’Ottocento diventa invece chiaro e diffuso il suo stretto legame con l’ambito sanitario, per la cura di patologie dermatologiche, respiratorie, ecc. Oggi le terme fondono queste due visioni in un’unica idea ibrida e l’acqua termale non è più vista come

un valore assoluto. La capacità curativa delle acque termali è ancora oggetto di studio in forma empirica, perciò il termalismo non può che essere considerato una pratica integrativa e non sostitutiva della medicina. Nonostante questo l’idea dell’acqua come mezzo di cura portatore di benefici è ormai consolidata, al punto che le terme (e qui si torna ai Romani) sono diventate nuovamente punti di incontro, di scambio, di leisure, di intrattenimento e di condivisione. Il sociale incontra dunque il desiderio di rigenerazione in spazi sempre più poliedrici, dove la creatività del progettista si esprime sempre nel rispetto della natura e con un elegante silenzio. Il termalismo chiaramente non è finito qui, è ancora in evoluzione. Bisogna solamente continuare a comunicarlo ■

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Lefay Resort Spa Lago di Garda
ALBERTO APOSTOLI
Due ambienti del resort di Gargnano (courtesy Studio Apostoli).

Terme di Grado Grado

Attualmente in corso, la Spa delle Terme di Grado di Studio Apostoli si inserisce nella riqualificazione dell’intero polo termale, importante tassello turistico per la città. Vi si accede dall’atrio principale della struttura, salendo al piano superiore dove si incontra la zona fitness (260 mq) seguita dall’area beauty, di circa 320 mq, con otto cabine massaggi. L’area umida, di circa 650 mq, è contenuta all’interno di un volume vetrato posto sulla terrazza.

Il planimetrico delle future terme di Grado (courtesy Studio Apostoli).

Lefay Resort Dolomiti

Pinzolo

Al centro del complesso, che si sviluppa su nove livelli e comprende 86 suite e 23 residenze, la Lefay Spa di 5.000 mq, una delle più estese dell’arco alpino. Da un epicentro acquatico che ricorda le atmosfere delle terme antiche, la Spa si snoda in ampie aree a tema, frutto di filosofie già elaborate da Studio Apostoli in collaborazione con il team project Lefay Resorts per la struttura Lefay di Gargnano e qui ulteriormente arricchite e sviluppate.

Pareti e arredi della Spa, come la maggior parte degli altri ambienti del resort, sono rivestite con legni naturali tinti e multilamellari di Tabu (courtesy Studio Apostoli).

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LUOGHI DELLA CURA
[ 112 ] IOARCH_103 TERME DI SATURNIA

TERME DI SATURNIA

RADICI NELLA STORIA

SI APRE UN NUOVO CAPITOLO DELLA STORIA CENTENARIA DELLE TERME DI SATURNIA CON IL PROGETTO DI INTERNI A OPERA DELLO STUDIO LONDINESE THDP (THE HICKSON DESIGN PARTNERSHIP) SPECIALIZZATO IN PROGETTAZIONE ALBERGHIERA

Terme di Saturnia Natural Destination sorge in Maremma, attorno alla millenaria sorgente termale dalla quale scaturisce un’acqua unica al mondo che, dalle pendici del monte Amiata, viaggia sotterranea per quarant’anni prima di riemergere dalla sorgente.

Ora lo studio Thdp ha rinnovato integralmente tutte le camere e le aree comuni del complesso turistico, aperto fin dal 1919. Il risultato di rinnovo evidente e percepito è stato ottenuto conservando la struttura architettonica interna originaria. Per mantenere un’idea di continuità con lo stile classico ed elegante del complesso e per aderire a un approccio sostenibile alla ristrutturazione si sono conservati alcuni arredi in legno, parte del progetto iniziale dell’architetto Lorenzo Bellini.

Il concept di progetto è stato stimolato dal contesto naturale; il linguaggio visivo ed emozionale del progetto di interni, coerente con il paesaggio termale, si è così sviluppato intorno

A giocare un ruolo centrale nell’opera di ristrutturazione sono i colori, selezionati dopo un’attenta osservazione dei dintorni del resort (foto ©Giorgio Baroni).

a immagini come riflessione, corrosione, erosione, stratificazione, increspature.

In particolare le cascate del Mulino di Saturnia sono state l’ispirazione per la reception per la quale sono stati realizzati da artigiani locali tavolini ossidati, maniglie in bronzo ed elementi metallici dall’aspetto corroso che riprendono gli effetti dell’acqua sulfurea.

Dall’osservazione dell’ambiente circostante sono state selezionate le palette colori che connotano gli spazi: quella eterea delle cascate che connota l’area reception, quella della natura circostante ripresa nel patio e i toni freddi del turchese e del blu petrolio delle piastrelle in cotto smaltato. Uno degli obiettivi del progetto è stato quello di esaltare il senso dell’arrivo, rinnovando l’ingresso e il portico creando una maggiore trasparenza tra il dentro e il fuori e migliorando l’illuminazione con lanterne e installazioni luminose che riproducono sul soffitto i riflessi dell’acqua.

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LUOGHI DELLA CURA
di Elena Riolo

È stato creato un cannocchiale prospettico che conduce alla lobby, caratterizzata da un salottino e un welcome desk. È stato realizzato anche uno spazio multifunzionale e flessibile, una zona ristoro con un social table per degustazioni enogastronomiche.

Le 124 camere per gli ospiti sono state sottoposte a un intenso programma di ristrutturazione con focus sul comfort, sui servizi e su un design che riflette lo stile narrativo delle aree comuni. Tessuti e imbottiti sono stati completamente rivisti utilizzando le sfumature del turchese per riprendere i colori della sorgente ed evocare la sensazione di benessere data dall’acqua. L’ispirazione per il design degli arredi deriva in parte dalla tradizione toscana della valigeria, con particolari in cuoio

e rinforzi metallici agli angoli, ma anche dal mondo agreste ripreso dai motivi Toile de Jouy disegnati ad hoc per il resort.

La moquette è stata sostituita da parquet in rovere, rinnovati i tendaggi e la rubinetteria.

I rivestimenti in travertino di cava locale sono stati restaurati e integrati con soluzioni continue. Alcuni bagni sono stati completamente rinnovati con rivestimenti ceramici, in una combinazione di colori che evoca i fanghi e i colori delle terme.

Dettagli creativi personalizzano le stanze, come la nuova tappezzeria che riveste gli armadi, disegnata in esclusiva per il resort da Thdp e il progetto artistico dei quadri, evocativi dei colori della Spa, realizzati dagli artisti Duealberi di Roma ■

Thdp (The Hickson Design Partnership Ltd)

Lo studio, specializzato nella progettazione di hotel, è stato fondato nel 2004 da Nicholas Nickson, interior designer londinese, e Manuela Mannino, architetto torinese. Thdp ha sviluppato numerosi progetti alberghieri e ristrutturazioni per importanti catene internazionali, investitori privati e fondi immobiliari.

Lo studio è responsabile della selezione etica dei materiali e dei fornitori, che vengono coinvolti direttamente nel controllo della qualità e del budget nel corso dello sviluppo del progetto. Nel 2019 Thdp ha vinto il Gold Key Award per Indigo Venezia. Nello stesso anno il loro Aurt Restaurant all’Hilton Diagonal Mar di Barcellona è stato nominato Best restaurant Europe. www.thdpdesign.com

Località Saturnia

Operatore Terme di Saturnia Natural Destination

Interior design Thdp, The Hickson Design Partnership

Consulente Mip/Hvac Lombardini22

Progetto del paesaggio Paolo Pejrone

Consulenti artistici Agostinelli Arte, Duealberi

Imprese edili Balocchi, Staredil

Impianti Bardelli

Arredi su misura Ramiro Contract

Illuminazione Bover, Gomiero, Il Fanale, Lumis

Tessuti Abitex, Delius, Flukso, Mariaflora, Panaz, Rubelli

Sunbury Design

Letti Dorelan, Simmons

Carte da parati Jannelli&Volpi, Londonart

Sedute Divania, Emu, Talenti, Tekhne

Finiture, rivestimenti Cosentino Silestone, Marazzi

Marca Corona, Mapei

Bagni (sanitari, rubinetteria, specchi) Globo, Kaldewei

Margaroli, Monteleone, Zucchetti

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CREDITI eliberitem aut quo es
TERME DI SATURNIA
Foto ©Linda Scuizzato

Per i tavolini, i top dei bagni e altre finiture di questa struttura è stato scelto di utilizzare Silestone di Cosentino per ragioni legate sia all’estetica che alla funzionalità di questo materiale, che offre prestazioni e funzionamento immutati nel tempo in termini di durevolezza, resistenza e igiene. www.cosentino.com

I tessuti e le tappezzerie sono stati tutti rinnovati con tonalità di turchese, petrolio e blu, per evocare la sensazione di benessere data dall’acqua sorgiva (foto ©Giorgio Baroni). Pagina di sinistra, la piscina che circonda il resort (foto ©Terme di Saturnia).

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LUOGHI DELLA CURA

Jacopo Acciaro

Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Collabora per alcuni anni con Piero Castiglioni prima di fondare Voltaire Lighting Design, uno studio professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made.

www.voltairedesign.it

JACOPO ACCIARO INCONTRA

L’ARCHITETTO PIERO CASTIGLIONI, SUO GRANDE MAESTRO E TRA I PRIMI LIGHTING DESIGNER IN ITALIA E IN EUROPA. UNA FIGURA CHE HA APERTO LA STRADA E INSEGNATO IL MESTIERE A TANTI GIOVANI ALLIEVI CHE DA LUI HANNO IMPARATO MOLTO. AD ESEMPIO LA CAPACITÀ DI ASCOLTO E DI DIALOGO CHE CARATTERIZZA IL SUO PERSONALE APPROCCIO AL PROGETTO

COSA FAREBBE PIERO?

La vita professionale di un progettista è caratterizzata da momenti in cui si devono raccogliere le idee, costruire un percorso decisionale e fare delle scelte che comportano delle responsabilità. Il lighting designer come qualunque professionista lascia un segno indelebile nel contesto in cui opera e conseguentemente l’essere responsabili richiede momenti di raccoglimento e di riflessione. In questi momenti capita di chiedersi come avrebbe fatto il proprio maestro, mentore o colui che ti ha introdotto nel mondo della progettazione. Personalmente, avendo iniziato la mia professione nello studio dell’architetto Piero Castiglioni, uno dei primi lighting designer in Italia e in Europa, mi chiedo: “cosa farebbe Piero?”. Una domanda che mi consente di ripercorrere l’esperienza vissuta nello studio ma soprattutto di ipotizzare una risposta da parte di una figura così ricca di esperienza e razionalità. Con questo articolo vorrei rendere omaggio a una figura che ha aperto le porte alla professione del lighting design in Italia e soprattutto ripercorrere quegli insegnamenti e principi che ho colto durante la mia permanenza nel suo studio e nei vari incontri che ho avuto con lui durante il mio percorso professionale. Ritengo fondamentale ripercorrere la mia memoria storica culturale, fatta di esperienze e di condivisione con figure più esperte e sagge,

per cercare punti in comune, visioni con un comune denominatore, così da ottenere delle conferme e un conforto quando devo assumere decisioni che comportano la mia responsabilità progettuale.

Ho incontrato l’architetto Piero Castiglioni nel suo studio-laboratorio, ambiente ricco di simboli, oggetti e ricordi, condiviso agli albori con il padre Livio, per un confronto, per ripercorrere con lui una serie di esperienze legate alla sua visione, al suo modo di essere progettista e soprattutto cogliere nuove conferme su tematiche senza tempo che probabilmente rimarranno pilastri fondamentali per chi si avvicina al mondo della progettazione illuminotecnica.

Ascoltandolo raccontare la sua storia incuriosisce notare come Castiglioni segnali subito, tra le prime manifestazioni della sua passione per la luce, il progetto di un apparecchio di illuminazione dei primi anni ‘70 che, in antitesi con la definizione del tempo di apparecchio di illuminazione, nacque come contraddizione, l’anti lampada o la ‘non lampada’ come lui stesso la definisce. Mi riferisco alla Scintilla (nome derivante da un esplosivo aneddoto vissuto con Gae Aulenti), che nacque dal concetto rivoluzionario di svestire una sorgente luminosa, andare contro lo stereotipo di apparecchio illuminante con

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› PIERO CASTIGLIONI
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› LUCE
Nello studio di Piero Castiglioni sono ancora oggi presenti i modelli costruiti per trasformare l’architettura stessa in corpo illuminante nell’intervento di Gae Aulenti al Museo D’Orsay, 1980-1986 (Ph. ©Piero Castiglioni).
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› PIERO CASTIGLIONI
Palermo, Palazzo Branciforte, 20072012. Progetto architettonico Gae Aulenti, progetto illuminotecnico Piero Castiglioni (ph. ©Ezio Ferreri).

una forma e una sorgente al suo interno. To be different, non solo in maniera provocatoria ma con lo spirito di generare un nuovo rapporto tra corpo illuminante e architettura. L’apparecchio Scintilla, non avendo un design, poteva essere inserito in qualsiasi contesto senza alterare la percezione dello spazio; la luce rimaneva la vera protagonista del progetto, costruendo un nuovo rapporto tra luce e architettura.

Troviamo di nuovo il concetto di non mostrare la lampada, con l’intento di far lavorare la luce, in un’altra grande sfida che Castiglioni intraprese poco dopo insieme a Gae Aulenti per il Museo D’Orsay, a Parigi. In seguito a un dialogo e a un confronto con la Aulenti, che non voleva vedere apparecchi di illuminazione all’interno dell’allestimento museale, Castiglioni iniziò a lavorare con l’architettura per far diventare essa stessa corpo illuminante, trasformando quello che inizialmente veniva visto come un limite in un’opportunità progettuale.

Ripensare a questi aneddoti mi porta a pensare come sia possibile trovare la propria strada professionale in un’idea diversa, che possa mettere in discussione qualcosa di consolidato generando dibattito, nuovi approcci, nuove visioni progettuali e nuove coniugazioni di un elemento essenziale.

L’incontro prosegue su un tema fondamentale che caratterizza e contraddistingue l’approccio al progetto di Castiglioni: l’ascolto e il dialogo. Ascolto e dialogo che hanno caratterizzato il suo lavoro e che si sono consolidati e rafforzati

nel corso della sua carriera grazie anche alla possibilità di operare con personalità di spicco del mondo dell’architettura. La capacità di separare il ‘cosa fare’ da ‘come farlo’ ha ampliato in Castiglioni la consapevolezza della forza del dialogo e dell’ascolto che sono i cardini del ‘cosa’, preliminare e propedeutico al ‘come’. Non si può iniziare a sviluppare un progetto facendo, disegnando e costruendo ma dialogando e cercando di chiarire in maniera precisa tutti gli intenti progettuali, il ‘cosa fare’. Seguendo questo approccio, Piero sostiene che ogni progetto trova delle soluzioni; dialogo e condivisione sono il percorso scelto per finalizzare la strada progettuale. Altro concetto che durante il nostro incontro è stato spesso citato è la comprensione. Cercare di comprendere il contesto, le caratteristiche del team di progetto e soprattutto gli intenti della committenza. Questa attitudine di Castiglioni alla comprensione porta a costruire un percorso progettuale analitico, in cui le variabili di natura soggettiva, spesso di non facile interpretazione e gestione, trovano una linea guida in grado di portare a compimento il progetto senza grandi sorprese o fraintendimenti nei risultati finali. Per il progettista illuminotecnico affrontare temi in cui i valori numerici, che governano la scienza dell’illuminotecnica, hanno un peso relativo e possono essere fortemente interpretati dalla soggettività, rappresenta una difficile sfida. Spesso l’approccio indicato da Piero Castiglioni, orientato alla comprensione di tutte le variabili

e di tutte le figure coinvolte, in primis della committenza, risulta l’unica chiave per lo sviluppo del progetto.

L’ultimo tema emerso durante il nostro incontro è la capacità di creare qualità attraverso parametri non solo quantitativi ma percettivi. Castiglioni cita il titolo di un articolo di trent’anni fa, “non solo misurare ma anche illuminare”, ancor oggi attuale e valido per il futuro: i numeri, che possono essere misurati e definiti, si rivelano relativi e non tengono in considerazione gli aspetti che riguardano la percezione soggettiva che invece è influenzata dalle caratteristiche dei singoli individui, dai contesti, dagli intenti della committenza e da altre variabili che pongono il progettista sempre di fronte a nuove sfide e a nuovi obiettivi.

Mi piace concludere questo racconto sottolineando come le considerazioni emerse durante il nostro dialogo rappresentino una conferma delle caratteristiche che ancor oggi un progettista deve fare proprie se vuole avere successo. Gli insegnamenti e i racconti esperienziali di maestri e mentori rappresentano sempre una fonte preziosa e insostituibile nella vita di un professionista e, come direbbe Piero, “bastano 5 lux per leggere il giornale” ■

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› LUCE
Milano, Expo 2015. Il Decumano illuminato da Piero Castiglioni (ph. ©Federico Brunetti).

RICOPRIRE E RIVESTIRE l’Architettura e l’involucro edilizio

l’IN VO LU CRO

Dal caro energia alle sempre più esigenti normative relative alle prestazioni energetiche fino ai programmi di riqualificazione degli edifici esistenti – che inevitabilmente coinvolgono requisiti sempre più spinti di isolamento termico – quello dell’involucro edilizio e di come isolarlo è diventato negli ultimi anni per gli architetti un tema prioritario. La questione non è ovviamente limitata alla fisica tecnica dell’edificio ma coinvolge il tema delle facciate, della loro articolazione architettonica, del rapporto, mediato dalle pareti, tra lo spazio interno e lo spazio esterno.

In bioarchitettura l’involucro edilizio viene anche definito ‘terza pelle’: uno strato protettivo ulteriore rispetto all’epidermide e al vestiario. E proprio come per gli abiti, anche per un edificio non si tratta semplicemente di coprire assicurando protezione e comfort ma anche, propriamente, di vestire, rappresentando un’identità e dei principi relazionali.

Con riferimento all’intervento sull’esistente, le soluzioni tecniche e architettoniche sono infinite e coinvolgono questioni ricorrenti riferite ad ambiti specifici, in particolare:

Il patrimonio edilizio storico. Come intervenire sull’involucro migliorando la qualità dell’isolamento senza alterare la qualità architettonica di edifici storici dove la muratura rappresenta un elemento caratterizzante primario?

L’edificato recente. Come migliorare le prestazioni di isolamento di edifici recenti e anonimi, cogliendo l’opportunità per innalzarne allo stesso tempo la qualità architettonica?

Le facciate. Come ‘vestire’ un edificio con facciate capaci di rappresentare e dichiarare un ruolo sociale o istituzionale?

Focalizzando l’attenzione su questi argomenti e spingendosi oltre le pure questioni tecniche, questo dossier di IoArch individua soluzioni, casi, esempi recenti e architettonicamente significativi, utili ai professionisti per inquadrare possibilità di intervento rispetto al grande tema dell’involucro edilizio.

a cura di Carlo Ezechieli

GEOMETRIA, COLORE E TECNOLOGIA

ALL’ORIGINALITÀ IN PIANTA E NEI PROSPETTI IL PROGETTO DI STUDIO TRANSIT A MEZZOCAMMINO UNISCE TECNOLOGIE SMART COME IL SISTEMA DI VMC INTEGRATA AL

Completato nel 2019, il complesso residenziale progettato da Studio Transit a Mezzocammino, nel Municipio IX di Roma, emerge nel panorama piuttosto convenzionale dell’edilizia residenziale della capitale per le scelte planimetriche, formali e costruttive. Due corpi di fabbrica per un centinaio di alloggi si fronteggiano con uno sviluppo Est-Ovest ad arco con prospetti alternativamente concavi e convessi.

Vuoti e pieni si alternano a superfici di lamiera macroforata sui toni del grigio, del bianco e del verde per dare vita, sui fronti concavi, a una composizione che richiama alla mente i quadri di Mondrian. Per la realizzazione dell’intero complesso sono state utilizzate tecnologie costruttive a secco, con l’assemblaggio in opera di elementi realizzati off-site, con una significativa riduzione dei tempi di cantiere, un’efficace verifica della qualità dei componenti edilizi e un controllo puntuale sui costi di costruzione. Tra le strategie adottate per le prestazioni termoacustiche di facciata e il benessere indoor la scelta di Ingenius Vmc Alpac, un sistema di Vmc integrato ai monoblocchi per avvolgibile installato su tutti i 410 fori finestra del complesso. «La soluzione monoblocco – spiega Alessandro Pistolesi di Studio Transit – ci ha permesso di isolare i fori finestra migliorando le prestazioni energetiche. La tecnologia integrata della linea Ingenius a sua volta combina le elevate performance termoacustiche con i vantaggi del ricambio d’aria continuo»

L’installazione di unità ventilanti puntuali Ingenius di

Alpac all’interno dei singoli ambienti elimina la necessità di installare condotti dedicati all’interno dell’abitazione e rende ogni singolo ambiente autonomo per quanto riguarda la regolazione delle funzionalità. In particolare, ogni macchina può essere dotata di un sistema indipendente che consente il controllo stanza per stanza di umidità, CO 2 e Voc. Per il trasferimento del calore si utilizza un recuperatore di calore entalpico a doppio flusso (con efficienza di recupero tecnico pari al 91%, certificata Tüv Süd) con filtro G4 in estrazione e filtro fine F7 in immissione.

L’impianto – con un’emissione acustica molto ridotta –non richiede l’adozione di sistemi di attenuazione del rumore.

www.alpac.it

In alto una vista del complesso residenziale di Mezzocammino. Sopra, lo schema di funzionamento delle bocchette di presa e ripresa del sistema Ingenius Vmc di Alpac.

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MONOBLOCCO ALPAC CHE RENDE OGNI AMBIENTE AUTONOMO ALPAC

INVOLUCRO

PICHLER PROJECTS QUANDO L’INVOLUCRO DISEGNA NUOVE CENTRALITÀ URBANE

L’INTERVENTO DI PICHLER PROJECTS PER IL CENTRO

COMMERCIALE ALEJA A

LUBIANA, ESEMPIO DI UN INVOLUCRO FORTEMENTE

CARATTERIZZANTE E CHE

RIVELA LE INCREDIBILI POTENZIALITÀ NELLA

PRODUZIONE DI SISTEMI INTEGRATI PER FACCIATE ARCHITETTONICHE

Il termine facciata sta spesso a indicare un manto superficiale, qualcosa che copre ma allo stesso tempo può nascondere una sostanza forse meno attraente. Questo trascurando che in un edificio la facciata, oltre ad essere un indispensabile elemento di mediazione tra interno ed esterno, è anche ciò che ne dichiara l’utilizzo sociale e il ruolo urbano. Una prerogativa quest’ultima che in molte opere recenti, grazie a tecniche di controllo di procedure estremamente complesse di gestione dati, lavorazione, gestione, qualità e costo, permette di ottenere realizzazioni uniche e fortemente caratterizzanti.

È questo il caso del centro commerciale polifunzionale Aleja di Lubiana, di fatto un nuovo attrattore per un’area di recente sviluppo della città e il cui involucro, l’elemento

più visibile e iconico dell’intervento, è stato curato da Pichler projects a partire dall’idea architettonica di Atp Architekten Ingenieure di Innsbruck. L’azienda di Bolzano ha realizzato un notevole sistema di pannelli romboidali di facciata in acciaio inossidabile, integrati a vetricamera di sicurezza, formando un sistema a embrici che permette livelli multipli di curvatura. Le lamiere e i nodi fresati sono stati saldati in officina, mentre l’assemblaggio tra elementi è avvenuto con saldature in opera, seguite dal montaggio delle guarnizioni e dalla realizzazione delle sigillature. Per evitare problematiche derivanti dalle deformazioni termiche, sono stati studiati supporti scorrevoli alla base della struttura. Per l’intera facciata sono state impiegate circa 120

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Località Lubiana

Committente Ses Spar European Shopping Centers

Progetto integrato ATP architekten ingenieure, ATP sustain, Mint Architecture Consulenti locali Elea iC (adeguamento alla normativa locale, progetto strutturale)

Progetto facciate Fog Fassaden Consulting Group, Ruggell Costruzione facciate, ingegnerizzazione, progetto d’officina e installazione in loco Pichler Projects

Foto Atp / Pieter

tonnellate di acciaio verniciato in qualità S355. La stessa configurazione romboidale è stata utilizzata anche per i cinque lucernari presenti in copertura, 800 metri quadrati realizzati con circa 80 tonnellate di acciaio S355 verniciato. In questo caso la struttura portante in acciaio è stata completamente assemblata e saldata in opera prestando particolare attenzione alla bassa tolleranza dell’integrazione con le superfici in vetro. Quanto realizzato da Pichler projects nel centro commerciale Aleja è un’efficace dimostrazione di un processo molto sofisticato di progettazione integrata, grazie alla quale è stato possibile realizzare lavorazioni estremamente articolate dal punto di vista tecnico e strutturale. Oltre che funzionale ed esteticamente

significativo, l’involucro in effetti svolge un ruolo importante anche dal punto di vista energetico: i vetri e le superfici prevengono la dispersione di energia verso l’esterno. Il sistema vetrato garantisce alta efficienza con basse potenze di riscaldamento e raffreddamento richieste. Il consumo di acqua viene inoltre ridotto utilizzando l’acqua piovana per raffreddare i sistemi di raffrescamento e per irrigare le aree verdi sul tetto delle attività. Il centro Aleja di Lubiana è un esempio significativo di come la tecnica e un’adeguata capacità di controllo possano dare forma e vita ad idee architettoniche in precedenza quasi irrealizzabili.

www.pichler.pro

Pannelli romboidali in acciaio inossidabile, parte opachi e colorati e parte trasparenti, caratterizzaano il centro commerciale di Lubiana. Risultato di sistemi di calcolo che hanno permesso di ottenere molteplici curvature, sono stati creati off-site da Pichler projects e assemblati in opera.

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Nei render esempi di possibili personalizzazioni di curtain wall realizzati con i sistemi in alluminio Schüco. Elementi fissi o apribili possono raggiungere dimensioni importanti ed essere integrati con schermature solari o parapetti trasparenti inseriti in facciata. A destra, dettagli dei profili con triplo vetrocamera.

SCHÜCO ITALIA SISTEMA IN ALLUMINIO PER FACCIATE A CELLULE AF UDC 80

Gli edifici odierni si distinguono spesso per dimensioni e per necessità di articolazione e rappresentatività di facciata ancor più importanti che in passato, cui si aggiunge l’esigenza di raggiungere elevati livelli di efficienza energetica. Rispetto a questi temi il nuovo sistema in alluminio Schüco AF Udc 80 (Aluminium Façade Unitized Dynamic Construction) è il sistema dinamico per facciata a cellule, basato su un impianto costruttivo modulabile e scalabile, che oltre a una varietà di applicazioni standardizzate si presta alla massima possibilità di personalizzazione grazie all’integrazione con materiali e componenti funzionali differenti, come la ventilazione o le schermature solari, oppure tra elementi fissi e apribili a scomparsa totale. Schüco AF Udc 80 consente di dare forma a innovative geometrie variabili per edifici con performance ai massimi livelli di resa termica e acustica e, grazie a una produzione semplificata dei componenti, è caratterizzato da tempi di produzione e di consegna notevolmente ridotti, con la conseguente riduzione dei costi per la committenza. Molti anche i vantaggi per l’installatore,

dal momento che l’uniformità della componentistica consente una grande facilità di assemblaggio off-site e una successiva posa in cantiere veloce e semplificata. Il modulo base Schüco AF Udc 80 può essere declinato nella versione AF Udc 80 CV (Concealed Vent) per l’integrazione di elementi apribili e nella versione AF Udc 80 SG (Structural Glazing) con vetro strutturale. Il sistema si distingue per profili ridotti da 80 o 65 mm con incredibili valori Uf fino a 0,81 W/m 2K, con la possibilità di utilizzare vetri fino a 70 mm di spessore. Le specchiature realizzabili possono raggiungere dimensioni importanti, fino a 3000 x 4000 mm e 1000 kg di peso. In combinazione con la protezione solare Schüco ZIP Design Screen – resistente al vento e dotata di binari guida completamente integrati nel profilo – consente di ridurre significativamente i carichi solari e di conseguenza l’utilizzo degli impianti di raffrescamento dell’edificio. In caso di aperture a tutta altezza, il sistema può essere integrato a un parapetto trasparente inserito in facciata.

La variante CV si integra con elementi fissi o apribili e

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con il sistema di ventilazione pur mantenendo l’efficienza energetica della costruzione. In questo caso gli elementi apribili possono raggiungere valori Uf fino a 1,3 W/m2K. La versione strutturale Schüco AF Udc 80 SG offre estetica e design ‘tutto vetro’ per ambienti in cui la luce naturale è protagonista e grande libertà progettuale grazie alle unità sfalsate orizzontalmente e alla possibile accentuazione con sezioni opache e barre diagonali realizzabili con un’ampia varietà di materiali (tra cui metallo, vetro stampato e pietra naturale). Gli elementi possono raggiungere 500 kg di peso massimo e dimensioni fino a 3000 x 4000 mm, assicurando allo stesso tempo una prestazione termica con valori Uf fino a 1,3 W/m 2K.

La compatibilità con la serie di finestre Schüco Aws 114 SG consente di inserire finestre sporgenti sospese o ad apertura parallela. Il design con vetro isolante sfalsato (a gradini) garantisce un’eccellente integrazione della facciata.

www.schueco.it

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Sopra, vista dell’ampliamento del corpo uffici. Il sistema di facciata uni_therm di Uniform unisce la qualità degli ambienti interni tipica del legno con l’anima in pvc che assicura eccellenti prestazioni di isolamento. A sua volta, la protezione esterna in alluminio protegge adeguatamente il materiale dalle intemperie.

UNIFORM LA LEGGEREZZA DEL LEGNO

LE SOLUZIONI UNIFORM PER FACCIATE IN RETICOLO STRUTTURALE IN LEGNO PER L’HEADQUARTER DI TECNOSYSTEMI A VITTORIO VENETO

La Tecnosystemi di Vittorio Veneto è un’azienda che si occupa della fabbricazione di condizionatori domestici fissi e di attrezzature per la refrigerazione e la ventilazione. La crescita costante degli ultimi anni, l’aumento significativo della produzione e la conseguente necessità di espansione degli uffici amministrativi, tecnici e commerciali, hanno convinto la proprietà a pensare e progettare un ampliamento della struttura esistente.

Il nuovo volume sorge nella medesima posizione del vecchio edificio, integrando nella parte centrale il corpo uffici esistente che oggi si sviluppa longitudinalmente grazie a due nuove ali lungo l’asse est che, quasi

completamente vetrate, si articolano su due livelli fuori terra. Il progetto architettonico, a cura di Idrogeo in collaborazione con l’architetto Luigi Zanette, ha definito un involucro che ben esprime i concetti di tecnologia, innovazione e trasparenza che caratterizzano l’azienda. La soluzione, interessante dal punto di vista compositivo, è stata realizzata impiegando il sistema di facciata continua uni_therm di Uniform, con reticolo strutturale in legno lamellare di rovere. L’utilizzo di telai strutturali in legno uni_therm, oltre alle qualità di caratterizzazione degli ambienti proprie di questo materiale, presenta diversi vantaggi a livello tecnico ed estetico. Questo sistema è infatti composto da una

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INVOLUCRO

struttura portante in rovere lamellare con taglio termico in pvc e finiture esterne in alluminio che offrono una alta resistenza agli agenti atmosferici. I telai a sezione ridotta consentono la massima permeabilità visiva con l’ambiente esterno.

La struttura lignea migliora il livello di comfort termico dell’edificio rispetto a una tradizionale struttura in alluminio, riducendo il surriscaldamento per irraggiamento solare nei mesi estivi e il consumo energetico nei mesi invernali, assicura un maggior isolamento acustico e minori dilatazioni dovute alle escursioni termiche nel tempo.

La soluzione con uni_therm ha permesso di realizzare

un involucro continuo, prestando particolare attenzione al raccordo di facciata tra pavimento e soffitto, ottenuto tramite un sistema di giunzione che evita la presenza di coprifili, soluzione che alleggerisce notevolmente la composizione. Un accurato intervento di progettazione combinato con la precisione propria di questo sistema hanno consentito di allestire 80 infissi, per circa 1000 metri quadrati di facciata, in otto settimane e con una squadra di soli tre operatori.

www.uniform.it

Località Vittorio Veneto (TV) – Polo

Industriale di San Giacomo

Progetto architettonico

Idrogeo (ing. Da Re e geom. Bessega) con arch. Luigi Zanette

Completamento maggio 2020

Facciata continua uni_therm di Uniform spa - Minerbe (Verona)

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Nelle foto, l’ampliamento completato, realizzato con struttura in acciaio e rivestito, sia in parete che in copertura, di pannelli Isotec Parete di Brianza Plastica.

BRIANZA PLASTICA INNESTI CREATIVI

Nonostante requisiti sempre più severi di isolamento dell’involucro edilizio, è interessante notare come nuove soluzioni tecniche possano consentire un’incredibile libertà compositiva. È questo il caso di un intervento di sopraelevazione di una villetta del 1985, nelle colline del Monferrato. Al corpo di fabbrica esistente, caratterizzato da un linguaggio architettonico tradizionale, anziché procedere con una convenzionale sopraelevazione, è stato letteralmente soprapposto un nuovo corpo di fabbrica. Tipologicamente una nuova casa, con tanto di tetto a doppia falda, le cui estremità si estendono, aggettando rispetto all’edificio preesistente: una condizione che, pur rendendo l’intervento architettonicamente interessante, comporta un inevitabile incremento delle superfici disperdenti. Per realizzare la sopraelevazione, i progettisti strutturali hanno scelto di operare totalmente a secco, partendo da una struttura in acciaio. Dopo la rimozione di una porzione di copertura esistente, è stato realizzato lo scheletro dell’ampliamento utilizzando un’orditura primaria in profili Ipe e Hea. L’orditura secondaria ha poi permesso l’allestimento, tramite ancoraggio meccanico, di pannelli Isotec Parete di spessore 120 mm e passo 400 mm, sia in parete che in copertura. I pannelli, composti da un’anima in poliuretano

espanso rigido rivestito su entrambe le facce da una lamina di alluminio goffrato, accostati perfettamente grazie agli incastri laterali sigillati con schiuma poliuretanica e nastro butilico, permettono di realizzare un impalcato isolante continuo, portante e privo di ponti termici, in grado di accogliere qualsiasi tipo di rivestimento, sia in copertura che in facciata. La combinazione tra struttura a telaio e pannelli Isotec, oltre alla notevole leggerezza della nuova costruzione, tale da minimizzare i carichi sulla struttura sottostante, ha permesso di ottenere prestazioni termiche notevoli che, migliorate dall’intercapedine ventilata tra l’isolante e il rivestimento esterno in lamiera aggraffata, è stato in grado di compensare efficacemente lo svantaggio nel rapporto area/volume. Sul lato interno, il pacchetto è stato completato con l’installazione di 16 cm di lana di roccia e da una doppia lastra in cartongesso come finitura interna. La stratigrafia completa si distingue per una trasmittanza di U=0,094 W/m 2K, uno sfasamento di 10 h 32’ e una classe energetica A4+, tale che per il riscaldamento del nuovo volume è stata sufficiente la stessa caldaia che era in uso nell’edificio prima dell’ampliamento.

https://isotec.brianzaplastica.it

Intervento Ampliamento Committente Privato

Progettazione architettonica Studio Cmt Carpani, Masoni e Tasso Architects

Progettazione strutturale 3I Engineering Fausto Daquarti

Direzione lavori Fabio Savio

Impresa esecutrice 3I Building

Isolamento copertura e facciata Isotec

Parete di Brianza Plastica - spessore 120 mm, passo 400 mm

Rivestimento copertura e facciata

Rivestimento metallico in nastro aggraffato

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LA SOLUZIONE ISOTEC PARETE DI BRIANZA PLASTICA APPLICATA A UN INTERVENTO DI SOPRAELEVAZIONE DI UN FABBRICATO RESIDENZIALE NEL MONFERRATO
INVOLUCRO

XELLA

TAMPONAMENTI EFFICIENTI

Per le pareti esterne di tamponamento di una palazzina residenziale in un quartiere di Bari ricco di vegetazione mediterranea lo studio Labinar Architettura Ingegneria ha scelto il sistema costruttivo Ytong in calcestruzzo aerato autoclavato, che a parità di trasmittanza termica della stratigrafia, rispetto ad altri sistemi presenta un minore spessore delle murature perché non è necessario ricorrere a isolanti termici aggiuntivi. Caratterizzato in facciata da un giardino verticale, l’edificio plurifamiliare è composto da tre livelli fuori terra, con 4 unità immobiliari per piano, e un interrato destinato ad autorimessa. Gli appartamenti al piano terra dispongono di una pertinenza esterna con giardino di proprietà, quelli del primo e secondo piano sono dotati di balconi e logge di pertinenza. Le unità del secondo piano dispongono anche di un collegamento diretto con un roof garden in copertura. Le fasi di progettazione e realizzazione hanno seguito un efficiente cronoprogramma: il progetto si è concluso nel secondo semestre 2020 e la costruzione ha richiesto 18 mesi: una rapidità esecutiva facilitata dalla scelta dei materiali, tra cui il sistema costruttivo Ytong, con blocchi Ytong ClimaPlus e ClimaGold con finitura perimetrale M/F, ideali per realizzare murature monostrato perfettamente isolate.

Grazie alla sua natura completamente naturale, derivata da materie prime quali sabbia, calce e cemento e acqua, mescolate con un agente aerante e maturate tramite vapore mediante un ciclo produttivo efficiente, Ytong possiede un bilancio di ecosostenibilità altamente positivo, attestato dalle Epd (dichiarazioni ambientali di prodotto). I blocchi Ytong abbinano proprietà di estrema leggerezza, maneggevolezza, facilità di lavorazione e sagomatura in cantiere a caratteristiche tecniche fondamentali per la sicurezza e salubrità degli ambienti abitativi, quali l’incombustibilità (Euroclasse

A1 di reazione al fuoco), ottima traspirabilità al vapore, assenza di Voc e sostanze nocive. La posa dei blocchi, eseguita secondo la tecnica a giunto sottile, è stata effettuata con la malta collante Ytong Fix N200, che si applica sui giunti orizzontali e verticali per realizzare pareti perfettamente planari, prive di ponti termici. Ytong ha contribuito in maniera importante al rispetto degli standard e dei criteri previsti dal Protocollo Itaca Puglia in riferimento alla sostenibilità ambientale degli edifici, rispetto al quale ha raggiunto un punteggio pari a 2,77. (Certificato n. 085-A662-PI17R-2022 del 23/06/2022). www.xella-italia.it

Tamponamenti in blocchi Ytong Climaplus e Climagold: solo componenti naturali e, a parità di trasmittanza termica, minore spessore delle murature.

Località Bari

Committente Cosfer Immobiliare Progetto architettonico e strutturale Labinar Architettura Ingegneria (Vincenzo Rafaele, Pasquale Cappiello)

Progettazione energetica e sostenibilità Biagio Matera, Angela Martino

Direzione lavori Vito Antonicelli, Leonardo Dall’Aglio

Realizzazione Cosfer Immobiliare

Tamponamenti esterni blocchi Ytong ClimaPlus e ClimaGold

Unità immobiliari 12

Livelli 3 fuori terra + 1 interrato

Cronologia 2020 (progetto) - giugno 2022 (consegna)

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LA LEGGEREZZA E LE ELEVATE PERFORMANCE DI ISOLAMENTO DEI BLOCCHI IN CALCESTRUZZO AERATO AUTOCLAVATO YTONG

BAUMIT IL CAPPOTTO TRASPIRANTE

NUOVE SOLUZIONI COSTRUTTIVE RENDONO GLI EDIFICI ENERGETICAMENTE EFFICIENTI, SALUBRI E CONFORTEVOLI

L’edilizia contemporanea sempre più è chiamata ad offrire soluzioni costruttive che rendono gli edifici energeticamente efficienti, poco energivori, ma anche altamente confortevoli e salubri, in grado di offrire miglior comfort e la migliore qualità di vita possibile. Oltre alla temperatura, un altro fattore fondamentale per creare un clima abitativo confortevole è l’umidita relativa. A temperature interne che oscillano tra 19 e 22°C, l’umidità dovrebbe essere compresa tra il 40 e il 60 per cento. Un’umidità eccessiva può causare la produzione di funghi e muffe ed aumentare il rischio di sviluppo di patologie come allergie e asma, mentre un’aria troppo secca può creare fastidi respiratori. Baumit openTherm air 031 è stato il primo pannello in Eps sul mercato dotato di fori di 2/3 mm di diametro e si caratterizza per le elevate proprietà termoisolanti ( λ = 0,031 W/mK) e traspiranti (μ = 7), che assicurano un’alta permeabilità al vapore

acqueo permettendogli di essere liberato all’esterno.

Il pannello è conforme ai Criteri Ambientali Minimi (Cam) ed è il componente caratterizzante di Baumit openSystem, il sistema di isolamento termico per applicazione a cappotto Etics, altamente permeabile al vapore.

Il sistema Baumit open è composto da elementi complementari – isolante, collante, rasatura armata e finiture – perfettamente integrati fra loro, studiati per offrire la massima traspirabilità del sistema, grazie ai quali l’umidità presente negli ambienti interni riesce a dissiparsi verso l’esterno, mantenendo salubrità e comfort interno tutto l’anno.

www.baumit.it

I vantaggi del sistema Baumit open

• Sistema certificato Etag

• Pannello isolante conforme ai Cam

• Traspirante e altamente permeabile al vapore

• Previene fenomeni di condensa e la formazione di muffe

• Assicura un confortevole clima ambientale interno

• Riduce il tempo di costruzione poiché la muratura asciuga velocemente

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INVOLUCRO

UN PALAGHIACCIO AL CIRCOLO POLARE

CON UNA FACCIATA COMPOSTA DA 26.000 SCANDOLE ROSSE PREFA L’EDIFICIO CONTRIBUISCE A COSTRUIRE UNA NUOVA IDENTITÀ URBANA PER GÄLLIVARE

Da più di un decennio nel nord della Svezia lo studio Maf Arkitektkontor lavora a un progetto su vasta scala che, a causa dell’ampliamento delle locali attività estrattive, prevede il trasferimento dei quasi 5.000 abitanti di Malmberget nella vicina località di Gällivare. Un delicato processo collettivo, che coinvolge gli abitanti di entrambi i centri urbani e che richiede segni architettonici identitari e unificanti, con luoghi di aggregazione capaci di riunire tutta la città, gli abitanti esistenti e i nuovi costretti a trasferirsi. Il nuovo palaghiaccio assume dunque un significato e un valore simbolico che vanno al di là della semplice funzione sportiva: un luogo dove ritrovarsi e condividere interessi e passioni comuni. Con una struttura in legno tecnico lamellare e rivestito in legno all’interno, l’edificio di 6.500 metri quadrati di superficie utile – che oltre al palaghiaccio include un padiglione per eventi pubblici – presenta spigoli arrotondati e facciate leggermente inclinate verso l’alto e affida la propria riconoscibilità al

rivestimento esterno, realizzato con 26.000 scandole di alluminio Prefa in quattro vivaci tonalità di rosso, che da un lato comunica energia e dall’altro ricorda il minerale di ferro estratto dalla cava di Malmberget. Oltre alle caratteristiche di elevata qualità ed eccellente resistenza del materiale contro rottura, ruggine e gelo, che lo rende particolarmente indicato per proteggere a lungo l’involucro anche in climi estremi, la scelta del sistema di facciata Prefa era legata ai tempi di cantiere: la posa per piccole sezioni ha permesso di proseguire i lavori anche in inverno, quando le temperature scendono fino a -30°C e i lavori di norma si interrompono a novembre, con l’inizio della notte polare. La luce bluastra dell’inverno rende difficile anche riconoscere i colori, e per seguire l’alternanza prevista dal progetto ogni diverso colore è stato numerato e riportato nel disegno esecutivo che guidava l’installazione. www.prefa .it

Sopra, Mats Jakobsson che con il suo team di Maf Arkitektkontor ha progettato il nuovo palaghiaccio di Gällivare. (Foto ©Croce & Wir, courtesy Prefa).

Località Gällivare, Norrland, Svezia

Progetto architettonico

Maf Arkitektkontor

Project leader Mats Jakobsson

Installatori Hala Byggplåtslageri (capo lattoniere Magnus Rahkola)

Facciata Scandole Prefa

Colori P.10 rosso ossido, P.10 rosso cotto, colore speciale Ral 8012 (marrone rossiccio), colore speciale Ral 3011 (rosso marrone)

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PREFA

Il volume edilizio si inserisce nell’area urbana reinterpretando in chiave contemporanea il tema assai diffuso della falda inclinata (ph. courtesy Alpewa/ Stefanie Andolfato).

Località Trento

Progetto architettonico Riccardo Pedrazzoli Bonvecchio con Angela Spinelli

Involucro Pannelli StacBond

Anodic Dark commercializzati da Alpewa

Installatore Eurocoperture

Trasformatore Alltech

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INVOLUCRO

NUOVI MATERIALI

PERMETTONO SOLUZIONI

ARCHITETTONICHE INEDITE

SENZA COMPROMETTERE LA

QUALITÀ ABITATIVA E TECNICA

DELL’INVOLUCRO EDILIZIO: IL

CASO DELLE RESIDENZE DI VIA

GORIZIA A TRENTO

ALPEWA UN GIOCO DI VOLUMI

Sorto su un’area un tempo occupata da un’impresa storica del Trentino, l’intervento consiste nella realizzazione di una ventina di appartamenti di varie metrature e di un’autorimessa interrata per circa cinquanta posti. La necessità di armonizzare l’intervento con un quartiere residenziale ormai consolidato ha portato alla composizione di due corpi accostati, simmetrici e identici che, reinterpretando il tema della falda inclinata, ricorrente nel contesto, si sviluppano su una pianta quadrata per poi allargarsi nel coronamento. Tecnicamente l’involucro è realizzato con un sistema a facciata ventilata scandito da una griglia regolare di fasce orizzontali e verticali che includono portici, logge, finestre e terrazze permettendo così una serie pressoché infinita di variazioni. L´organizzazione strutturale e funzionale dei due corpi è impostata su due nuclei centrali contenenti scale e ascensori, e si attesta su un

perimetro ben definito.

L’involucro dell’edificio è realizzato con pannelli in alluminio composito StacBond con finitura in ottone scuro opaco che richiama gli infissi delle finestre, le persiane ed altre finiture metalliche. StacBond, commercializzato in Italia da Alpewa, è un materiale versatile e riciclabile, leggero e di facile installazione, resistente alle intemperie e ai raggi UV e può essere posato sia in verticale che in orizzontale creando così un involucro omogeneo sia in facciata che in copertura.

Il risultato è la possibilità, inedita e non concessa dalle tecniche tradizionali, di astrarre dalla sintassi compositiva convenzionale, articolata secondo basamento, facciata e coronamento, conferendo massima enfasi alla composizione volumetrica.

www.alpewa.com

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Tessuto connettivo, nutrimento e processo vitale che accompagna tutte le esperienze della vita umana, la sottile crosta del pianeta che abitiamo è la dimensione originaria nella quale risiede, prima ancora che la sostanza dei luoghi abitati, il senso stesso della nostra esistenza. Perciò il suolo, questa la tesi del volume di Fondazione

Benetton curato da Luigi Latini e Simonetta Zanon, è già paesaggio, ancor prima di qualsiasi intervento che lo modifichi per coltivarlo, abbellirlo, scavarlo o degradarlo a discarica. Una tesi esplorata secondo i diversi orientamenti disciplinari e culturali dei 15 autori i cui contributi formano le tre sezioni nelle quali Suolo come paesaggio si articola: le mani nella terra; suolo come progetto; suolo, territorio e società.

Suolo come paesaggio a cura di Luigi Latini e Simonetta Zanon

Fondazione Benetton Studi

Ricerche-Antiga, Treviso 2022 pp. 180, Ill, 30 euro

ISBN 978-88-8435-341-2

DELLA MOBILITÀ

È possibile tracciare una nuova strada per cambiare radicalmente il modo in cui ci spostiamo?

In questo libro Federico Parolotto, a capo di Mic-Hub, delinea le coordinate utili a orientarsi nella grande trasformazione della mobilità contemporanea, che coinvolge le città ma anche i territori urbanizzati a bassa densità. La rincorsa all’accelerazione continua a sedurci ma il costante consumo di spazio attraverso la compressione del tempo non è più tollerabile, come sostiene John Whitelegg. Frequenza e velocità del movimento vanno nella direzione opposta a quella tracciata dalla transizione ecologica e, con l’automobile, hanno determinato il fenomeno dello sprawl, con il conseguente consumo di suolo e la perdita delle relazioni di prossimità, contribuendo a sviluppare una progressiva atomizzazione sociale. Ecco perché dobbiamo radicalmente cambiare il modo in cui ci spostiamo.

CANTINE STORICHE D’ITALIA

Recentemente molte tenute vinicole hanno trasformato le proprie cantine con interventi di arte e architettura contemporanea ma i casi illustrati in questo volume parlano di storia. Margherita Toffolon, architetto e giornalista, e il sommelier professionista Paolo Lauria hanno selezionato, da una rosa di più di 500 antiche cantine, trentotto edifici che testimoniano il genius loci del loro territorio. Luoghi spesso segreti, datati tra il X e il XIX secolo, dove un magico connubio tra le pietra, i frutti e la sapienza dei vignaioli dà vita, oltre a vini meravigliosi, all’unicità del paesaggio italiano. Il racconto delle cantine, corredato da splendide immagini che documentano la bellezza delle architetture e dei luoghi, si intreccia con quello di famiglie, ordini religiosi, produttori –sperimentatori, visionari o autentici imprenditori –che al vino e al suo mondo dedicano da generazioni rischio, fatica e passione.

LA GRANDE BELLEZZA

Cantine storiche d’Italia. Un viaggio tra architettura ed enologia

Margherita Toffolon e Paolo Lauria

24Ore Cultura, Milano, 2022 pp. 272, Ill. 70 euro

ISBN 978-88-6648-621-3

Muoversi in uno spazio stretto

Federico Parolotto

Quodlibet, Macerata, 2022 pp. 144, 16 euro

ISBN 978-88-229-0882-7

Il prezioso volume in grande formato, primo di una nuova collana Treccani, è il racconto di Roma in 300 immagini spettacolari, la metà delle quali inedite, del fotografo Massimo Listri. Le immagini di Listri sono metafisiche: ritraggono i luoghi come interni silenziosi, vuoti e illuminati da una luce che crea un’atmosfera surreale e ne idealizza la bellezza. Lo sguardo penetra i luoghi, ne coglie l’anima cercandovi intimità: così trasforma tutti gli spazi in interni. Il libro è un viaggio letterario attraverso venti secoli di storia organizzato in sei sezioni indifferenti alla catalogazione cronologica o topografica: segni del classico, palazzi del potere, spazi sacri, scrigni di cultura, paesaggi immaginati, volti. Per non perdere l’orientamento al collezionista si suggerisce di osservare le foto con il terzo occhio, quello dell’arte.

Dentro Roma

Fotografie di Massimo Listri, volume a cura di Cristina

Renata Mazzantini

Treccani, Roma, 2022 pp. 400, 300 immagini, Ita/En 700 euro formato cm 23 x 30,5

ISBN 978-88-12-01060-8

[ 134 ] IOARCH_103 BENE COMUNE
› DESIGNCAFÈ

CODICE CODICE Colore

elements

La progettazione percettiva del colore sta assumendo sempre più importanza come strumento capace sia di trasformare e sottolineare le gerarchie degli ambienti e modulare gli effetti dell’illuminazione, sia come contributo al benessere psicofisico delle persone. Anche gli arredi in questo senso regalano orizzonti di possibilità come parte dinamica emozionale profonda di ogni spazio, che in questa prospettiva non è mai neutro. Come parte della progettualità, il colore è uno strumento per esprimersi e per vivere meglio.

a cura di Elena Riolo

COLORE

CASSINA

SOFT CORNERS. Il pouf della designer olandese Linde Freya Tangelder è una composizione fresca e versatile di volumi. Sul cuore strutturale in legno vengono apposte delle soffici gomme imbottite, fissate in maniera da consentire la disassemblabilità di tutti i componenti, che quindi sono riparabili e sostituibili nel tempo. Nell’immagine, i pouf in verde e in giallo si accostano alle poltrone Antropus di Marco Zanuso e alla libreria Nuvola Rossa di Vico Magistretti, nelle rispettive versioni di Cassina Pro, la collezione per gli spazi lavorativi e il settore dell’ospitalità.

www.cassina.com

B-LINE

MULTICHAIR. Disegnato da Joe Colombo nel 1970 come sedia, poltrona da conversazione o da relax, il sistema è trasformabile attraverso la combinazione dei suoi due elementi, utilizzabili anche singolarmente. I cuscini hanno struttura in acciaio imbottita in poliuretano espanso e rivestita in tessuto elasticizzato, mentre il gioco di forme è ottenuto grazie alle cinghie riposizionabili in cuoio e alle boccole in acciaio cromo-satinato. La Special edition veste il tessuto Sprinkles di Bertjan Pot per Kvadrat.

www.b-line.it

CARUSO ACOUSTIC

L’ampia gamma di pannelli e elementi fonoassorbenti, disponibili in differenti forme e dimensioni, consente grande flessibilità nella messa in opera, grazie alle diverse tipologie di applicazione: a soffitto, a parete o free-standing. Il rivestimento, in tessuto e sfoderabile, è disponibile in una vasta cartella colori, recentemente rinnovata con nuove tonalità vivaci, neutre e pastello, con la possibilità di pannelli bicolore e stampe realizzate ad hoc. È inoltre prevista l’integrazione di sistemi di illuminazione a Led. www.carusoacoustic.com

NARDI

NET LOUNGE. È disegnata da Raffaello Galiotto la poltrona outdoor in polipropilene fiberglass completamente riciclabile. La seduta, generosa e profonda, si distingue per il profilo che evoca le ondulazioni del mare. L’assetto ribassato del sedile e l’inclinazione dello schienale favoriscono ergonomia e relax. Proposta in sei colori (salice, senape, bianco, antracite, tortora, corallo), Net Lounge completa la vasta collezione Net, che comprende sedute, poltrone, loveseat, tavoli e sgabelli.

www.nardioutdoor.com

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Foto ©Salmaso Fotografia

MOROSO

PEBBLE RUBBLE. Simili a sassi levigati dal vento e dalla pioggia, le sedute sono state progettate dallo studio svedese Front Design. A rivestirle è il tessuto realizzato assieme a Kvadrat Febrik a partire dalla scansione e dalla trasposizione fotografica di pattern e superfici naturali. Il sistema è costituito da 15 moduli multi-elemento (seduta e schienali) completati da 3 pouf in 16 colori, 3 dei quali in esclusiva per Moroso.

www.moroso.it

HERMAN

MILLER

ZEPH. Colorata, personalizzabile ed ergonomica, la seduta disegnata da Studio 7.5 si ispira in modo giocoso ai classici della metà del xx secolo. La monoscocca cinematica in plastica offre una reclinazione naturale, che sfrutta i punti di perno del corpo per creare il giusto contrappeso e cambiare la postura con facilità. Zeph è disponibile in 8 colori brillanti e uniformi con 20 opzioni di rivestimento del cuscino e della monoscocca.

www.hermanmiller.com

KENNETH COBONPUE

DRAGNET. Lo schienale si ispira alle reti dei pescatori e alle lavorazioni a maglia. L’ordito è realizzato con tessuto acrilico, sia in versione indoor sia outdoor, ritorto e avvolto intorno a un telaio in acciaio inossidabile che costituisce la struttura creando una seduta avvolgente. Dragnet è disponibile in due colori, rosso brillante e nero, e in tre versioni: Swing (a dondolo), Hanging Lounge Chair e, nell’immagine a sinistra, Lounge Chair.

www.kennethcobonpue.com

PEDRALI

LAMORISSE. La poltroncina di CMP Design si caratterizza per la struttura leggera in estruso di alluminio, con gambe a sezione ovale saldate a un bracciolo a sezione rotonda, che accoglie un cuscino avvolgente in schiumato poliuretanico, composto da più sezioni unite da una zip e piegate a creare un guscio.

Il rivestimento è in tessuto adatto per l’utilizzo outdoor.

Finiture: alluminio verniciato bianco, sabbia, arancio, verde, terracotta.

www.pedrali.com

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elements Colore

LIVING DIVANI

FROG LOUNGE. Adatta a interni e esterni, la chaise-longue incordata disegnata da Piero Lissoni associa ai materiali naturali la pregiata manifattura dell’intreccio. Per l’indoor la struttura portante è in acciaio cromato lucido oltre che satinato opaco o verniciato con polveri epossidiche nei colori grigio canna di fucile, brunito, bianco, nero. Acciaio inox invece per la struttura della versione outdoor. Nell’immagine, l’intreccio in pvc satinato verde è disponibile in entrambe le versioni. www.livingdivani.it

MILANI

MI CHAIR. Il designer Giovanni Ingignoli ha concepito la seduta intorno alle forme dell’uomo, richiamata nel profilo della scocca imbottita, unica per sedile e schienale, che si assottiglia al centro. La poltroncina è disponibile in 240 rivestimenti, inclusi i tessuti sostenibili Reviva e Seaqual Yarn, e in 12 diverse configurazioni, con o senza braccioli e con 5 differenti tipologie di basi.

www.sm-milani.com

LUXY

CLUSTER. La collezione firmata da Luigi Vittorio Cittadini, qui nella versione a quattro piedi in legno naturale, in tessuto con braccioli, consente un alto grado di personalizzazione grazie a una molteplice scelta di versioni, finiture e materiali tessili. Le strutture in metallo sono verniciate a polveri epossidiche e sono previste nei colori avorio, bianco, cipria, verde, acqua, grigio, nero; un’ampia scelta di rivestimenti in ecopelle, poliestere, fibre naturali, tessuto (trevira) e pelle bovina di alta qualità. www.luxy.com

HAWORTH

TIJO. Di Haworth Design Studio, il nuovo sistema modulare di contenitori e sedute è realizzato con scarti di truciolare melaminico e cuscini rivestiti con tessuti riciclati, in una grande varietà di colori. Disponibili in due diverse dimensioni, i moduli leggeri e resistenti – il cui nome deriva da tijolo, che in portoghese significa mattone – sono pensati per realizzare composizioni flessibili fino a tre livelli di altezza.

www.haworth.com

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COLORE

La sua carriera è cominciata nel 2009 a fianco del padre Paolo, fondatore dello studio. Oggi, come direttore creativo dello studio Favaretto&Partners, ne ha ampliato le attività: dal product all’interior design, dall’art direction fino al business development. Molteplici i prodotti di successo, tra questi le sedute Fender per True Design e Waffle per Infiniti Design.

www.favarettoandpartners.com

Nella qualità della vita quotidiana. Di fronte a un nuovo brief, l’idea giusta, inedita e diversa arriva dal quotidiano. Per me si tratta sempre di mettersi in discussione; il mestiere del progettista è proprio questo: saper catturare gli input e le ispirazioni che fluttuano intorno nell’aria per poi concretizzarli in progetti tangibili.

Qual è il tratto distintivo dello studio Favaretto&Partners?

Siamo progettisti industriali, non inseguiamo le mode, ma la funzionalità. Viviamo il design come un processo: l’oggetto nasce quindi come risultato di una ricerca tecnica. Il nostro obiettivo è dare vita a prodotti essenziali all’apparenza molto semplici e lineari in cui convivono comfort, funzionalità ed estetica. Dove trovi ispirazione per il tuo lavoro?

Quanto è importante il colore nella tua progettualità?

È il sale della vita, è fondamentale! Per me, un involucro architetturale deve essere o bianco o nero, non ci sono scale di colore. Mentre tutto ciò che è all’interno della scatola architettonica deve essere colorato e pop. Sono contrario ai tono-su-tono, ai mimetismi, alle scelte light. Sono una persona eclettica e frizzante: mi identifico quindi molto nel colore, anche esagerato.

TRUE DESIGN

FENDER. A partire dal caratteristico bracciolo dell’omonimo sofa, la famiglia di sedute si è ampliata con diverse declinazioni di poltrone sempre disegnate da Favaretto&Partners. La struttura in acciaio è avvolta da schiume poliuretaniche che favoriscono una corretta postura e comfort nel tempo e rivestita con tessuti preziosi o tecnici. Nell’immagine, la poltrona lounge con base a 4 gambe in alluminio e schienale alto.

www.truedesign.it

INFINITI DESIGN

WAFFLE. Il progetto di Favaretto&Partners gioca con il perimetro squadrato della struttura, che si combina con sedute e divanetti della stessa famiglia, per un’estrema libertà compositiva. Fianchi, schienale e cuscino sono progettati come elementi distinti, possono essere acquistati separatamente e si assemblano attraverso un pratico sistema di aggancio.

Il telaio è in bianco o nero; vasta la gamma di tappezzeria disponibile.

www.infinitidesign.it

MATTIAZZI

BRANCA CHAIR. Il progetto essenziale e funzionale, firmato da Sam Hecht e Kim Colin di Industrial Facility, si ispira alla natura. Come il tronco di un albero sostiene rami e foglie, nella sedia è la gamba posteriore, ottenuta da un singolo pezzo di legno, a sostenere i giunti critici del bracciolo, della seduta e dello schienale. Nell’immagine, la versione in legno di frassino in verde cerato.

www.mattiazzi.eu

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Francesco Favaretto Form follows function
COLORE
Foto ©Dario Brigge
elements Colore COLORE
Foto ©Marco Rossetto

COLORE

CALEIDO

BRASILIA. Massimo Iosa Ghini si è ispirato a Oscar Niemeyer e alle forme dinamiche e curve delle sue architetture con il grafismo scultoreo del radiatore caratterizzato dai profili estrusi alternati in alluminio, riciclabile a fine vita, in un gioco di luci e ombre. Disponibile in numerose finiture, cromie e configurazioni, Brasilia si avvale di un accessorio portaasciugamano e di un gancio-appenderia verticale, singolo o doppio, integrabili alla struttura. Nella foto il modello Brasilia Wide, caratterizzato da un’ampia apertura sul lato.

www.caleido.it

FORMA AQUAE

OASI. Disponibili anche nel modello ad angolo, sia destro sia sinistro, la vasca dalle forme morbide si caratterizza per l’apparenza leggera, i bordi sottili e la capienza interna notevole, nonostante le dimensioni standard. Le 80 tonalità sono suddivise in 16 aree di gusto, tra cui Young Generation ritratta nell’immagine. A catalogo, inoltre, molteplici motivi ornamentali firmati da studio Bojola.

www.formaaquae.it

GESSI

ORIGINI. Una delle 5 triadi della collezione è Nature: in metallo nero spazzolato, chrome e verde agave opaco, è pensata per chi vive in sintonia con la natura. L’azienda suggerisce di abbinarla sia con i materiali naturali sia quelli sostenibili di nuova generazione. Ad accompagnare la triade vengono proposti due lavabi di forma rotonda, da appoggio e freestanding a stelo, in Cristalplant dall’effetto soft touch.

www.gessi.com

FANTINI

NICE. La collezione di rubinetteria è disegnata da Matteo Thun & Antonio Rodriguez all’insegna della ricca palette di colori che, insieme a elementi traslucidi, crea sorprendenti effetti ottici e piacevolezza al tatto. Il progetto nasce dalla ricerca sugli effetti cromatici combinati di trasparenza e traslucidità che permette alla luce di passare attraverso la materia in modo diffuso. Le maniglie sono in metacrilato colorato trasparente in sei diverse cromie. Disponibile anche in versione total black

www.fantini.it

[ 140 ] IOARCH_103 COLORE

Artefice di un tratto stilistico altamente riconoscibile, Elena Salmistraro è interessata allo sviluppo di un lavoro di ricerca tra illustrazione, design e arti visive, mediante il quale codificare un linguaggio espressivo e cromatico in grado di stimolare emozione ed empatia. Qui due suoi prodotti: Spire per Ceramica Flaminia e Miya per Cappellini. www.elenasalmistraro.com

Tutto inizia con il disegno e con il colore

Quanto conta la sperimentazione cromatica e materica nel tuo lavoro?

Il colore è per me una componente fondamentale del progetto, qualcosa di profondo e complesso. La mia formazione mi ha permesso di comprenderne le peculiarità, il valore e la capacità emozionale ed empatica. Mischiare i colori, crearne di nuovi, affiancarli, valutarne le infinite tonalità in relazione alla luce sono test fondamentali per permettere a un oggetto, o parte di esso, di esprimersi al massimo delle sue potenzialità. Ovviamente un buon progetto rimarrà comunque un buon progetto, anche oltre il colore, ma quest’ultimo è quello che lo renderà unico, completandone l’essenza. Questo vale anche per le architetture: penso alle grigie periferie che riprendono vita con meravigliosi quanto semplici interventi di street art. Come ti relazioni con la committenza?

Il rapporto di collaborazione, ascolto e dialogo è fondamentale. Il progetto è sempre un lavoro di squadra, e una squadra funziona quando c’è perfetta sintonia. Il rapporto umano e di stima reciproca viene prima di ogni cosa.

Quali caratteristiche deve avere un prodotto di successo?

Non credo esista una formula o un metodo, il progetto è sempre mutevole. Se davvero esistesse una formula, questa si troverebbe a dover fare i conti con infinite variabili in costante cambiamento. Quindi preferisco indagare la complessità dell’immaginazione. L’unica cosa che conta veramente è l’onestà intellettuale: gli oggetti hanno anche e soprattutto la capacità di raccontare chi li ha disegnati.

CERAMICA FLAMINIA

SPIRE. Il lavabo diventa un oggetto scultoreo concepito a partire da una riflessione formale sulla struttura a spirale. La sua forma doppio conica e asimmetrica richiama le forme sinuose della conchiglia. Rimando ancora più chiaro nella nuova versione Spire+ con decoro tridimensionale, che valorizza l’idea iniziale di movimento, leggerezza e fluidità di Elena Salmistraro. Entrambi i modelli sono disponibili circolari e ovali. 8 le finiture lucide, 2 le opache. www.ceramicaflaminia.it

CAPPELLINI

MIYA. Una grande botte in vetro trasparente accoglie una struttura in vetro soffiato colorata in blu avio o verde smeraldo e un piano a incastro in lastra di cristallo extralight accoppiato con una pellicola al centro. Disponibile in due dimensioni e altezze, il tavolino prende spunto dall’armatura indossata dagli antichi samurai ed esprime la carica creativa di Elena Salmistraro attraverso una sapiente perizia costruttiva.

www.cappellini.com

ANTRAX

SERIE T. Il radiatore prende il nome dall’estruso metallico utilizzato nelle costruzioni, reinterpretato da Matteo Thun & Antonio Rodriguez nelle forme e nei materiali: in alluminio 100% riciclabile, garantisce estrema flessibilità compositiva a partire dal classico profilo a T, proposto nella versione singola o doppia. Ampie le possibilità di personalizzazione: la sua lunghezza è dimensionabile al centimetro e la colorazione è in oltre 200 varianti a catalogo. www.antrax.it

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elements Colore
Foto ©Giovanni Gastel
COLORE

SIMONSWERK

TECTUS. Le cerniere per porte sono pensate in una moltitudine di finiture superficiali per essere perfettamente integrabili in ogni contesto di architettura di interni. Tra le più innovative, le superfici metalliche come il nichel lucido, l’ottone lucido e il nuovo oro rosa (nell’immagine), le cromie del nero lucido e opaco, il bronzo in varie tonalità e l’antracite. Inoltre, è possibile richiedere soluzioni cromatiche personalizzate.

www.simonswerk.com

FRASCIO

LOFT. Dal disegno evergreen, Loft fa parte della collezione Technical Line che comprende maniglie con forme basiche che possono offrire una lettura aggiornata, con l’abbinamento di rosette tonde e quadre su uno stesso articolo. Disponibile in acciaio satinato o, a richiesta, verniciata in vari colori tra cui azzurro polvere e verde chiaro pastello, come nell’immagine. Oltre che per design e qualità, Frascio è riconosciuta per la capacità di produrre con tecniche di lavorazione e finiture inedite tra cui il Pvd. www.frascio.com

VENUS. La collezione di porte per interni in legno laccate, lisce o con decoro, si distingue per la grande trasversalità dei suoi disegni e colori. È disponibile in numerose varianti e colorazioni, dove la geometria è padrona e si esprime in un gioco di rettangoli, quadrati e linee, e in una vasta gamma di pantografature e incisioni semplici o elaborate.

www.gd-dorigo.com

TIMELESS. Una linea e un cerchio si intersecano in maniera centrale e simmetrica nel design della maniglia di Marco Pisati; il corpo centrale accoglie e cela al suo interno il sistema della rosetta trasformandolo da elemento tecnico a elemento estetico. L’ampia palette dei colori di Timeless in alluminio è un invito alla personalizzazione e alla creatività. Nove le finiture disponibili a catalogo, tra cui le novità turchese, giallo oliva, violetto pastello, blu colomba. www.dndhandles.it

AURORA. La porta filo muro ha il telaio, con battuta 43 cm, integrato nella parete. Molteplici le combinazioni possibili di materiali e colori per l’anta e per il telaio.

Produzione made in Italy e verniciatura a base d’acqua sono le costanti dei diversi modelli. A sinistra, la versione in telaio noce e anta laccata giallo senape, a destra la porta con telaio e anta in frassino laccato semi-coprente giallo. www.fbpporte.com

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DND FBP
COLORE
GD DORIGO
COLORE

PARÀ

TEMPOTEST HOME. La linea di tessuti studiata per il giardino, il terrazzo e il bordo piscina abbina la resistenza e le performance del tessuto acrilico tinto in massa allo stile e al colore, attraverso più di 400 disegni. Grazie all’innovativo finissaggio Teflon Extreme for Parà i tessuti sono idro e oleo-repellenti, imputrescibili, immuni alla formazione di funghi e muffe, resistenti alle macchie, alla salsedine e alla perdita di colore dovuta ai raggi solari.

www.para.it

MOTTAINAI. I cuscini d’appoggio per esterno, design Crs, compongono una serie di pezzi unici realizzati attraverso il recupero degli avanzi di lavorazione prodotti in azienda come ritagli di tessuti, scampoli e cimosse. L’imbottitura è in fibra di poliestere, la fodera interna fissa in poliestere idrorepellente, il rivestimento esterno fisso in maglia rasata, le cui tonalità sono ottenute mischiando filati in poliolefine avanzati dalla tessitura di tessuti per esterno.

www.paolalenti.it

WARLI

FINISTERRE. Il tappeto decorativo è disegnato da Paolo Zani con elementi concentrici di forma irregolare, scelti come espressione del limite del mondo fisico, come suggerisce l’espressione latina Finis terrae da cui la collezione prende il nome. Ricco di colori e texture, il tappeto è realizzato con filati vari, lana e viscosa, retro in cotone, in 5 diverse versioni di forme, colori, dimensioni. Disponibile anche su misura.

www.warli.it

G.T.DESIGN

HULA HOOP. I nuovi tappeti per l’outdoor sono un progetto di Deanna Comellini, fondatrice e direttrice creativa del marchio.

La collezione è realizzata a mano in un filato tecnico, non tossico, sviluppato per resistere all’usura, in particolare ai raggi solari, alla contaminazione batterica e per essere anti-macchia. Hula Hoop è disponibile in tre configurazioni, due circolari (circle e frame) e una ovale (track), e sette varianti colore.

www.gtdesign.it

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PAOLA LENTI
elements Colore
Foto ©Hoepke
COLORE

ISOPLAM

PLAMINA. Il rivestimento decorativo permette di creare superfici dai suggestivi effetti metallici in un’ampia gamma di versioni. La collezione, infatti, è in grado di riprodurre il calore del bronzo, la brillantezza dell’ottone, la lucentezza del rame e i bagliori di ferro, stagno e zinco. Facilmente applicabile su pareti, soffitti e complementi come mensole, tavoli e piani cucina, il rivestimento è a base di acqua, leganti privi di solventi e pregiate polveri metalliche.

www.isoplam.it

VALCHROMAT. Il pannello si compone di fibre di legno colorate individualmente grazie a coloranti organici e legate chimicamente tra loro con una resina speciale. Disponibile in 5 spessori e 11 colorazioni, il pannello ha caratteristiche specifiche di resistenza fisica e meccanica. Atossico, impermeabile e, su richiesta, ignifugo, garantisce isolamento acustico, comfort termico e, grazie alla forte resistenza all’usura, può essere adoperato come pavimento. www.gruppobonomipattini.com

KERAKOLL COLOR COLLECTION Tra le texture materiche della collezione di colori e superfici per la decorazione di interni, Cementoresina è una finitura omogenea con spatolate e increspature, marezzature cromatiche e vibrazioni materiche riportate dall’applicazione artigianale. 150 le diverse tonalità. Ideale per pavimenti e scale; per la sua impermeabilità è anche adatta per rivestire piatti doccia, vasche e bagni turchi. www.kerakoll.com

IPM ITALIA

IPM AQUAPERM DESIGN. Il sistema idrodisperso traspirante decorativo a effetto spatolato, specifico per pavimentazioni in calcestruzzo e dalle buone caratteristiche meccaniche ed estetiche, è adatto a condizioni di traffico medio-elevato. L’innovativa tecnologia di idrodispersione permette finiture brillanti e satinate, assenza di ritiri e alte resistenze chimiche e meccaniche. Nell’immagine, il prodotto utilizzato presso La Città dei Bambini e dei ragazzi all’Acquario di Genova. www.ipmitalia.it

COLORE

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GRUPPO BONOMI PATTINI Foto ©Salva López

JANNELLI&VOLPI

JWALL STRAW. La collezione si compone di proposte grafiche con soggetti botanici e di trame che richiamano lavorazioni a intreccio con giunchi e bamboo esaltando la matericità della fibra in composizioni geometriche di grandi dimensioni. Ad arricchire la serie di carte da parati ci sono poi le proposte di unito in 20 varianti di colore in trama orizzontale, con finezza di goffraggio inciso. Nell’immagine, il disegno Palme Tahiti ispirato alla vegetazione polinesiana.

www.jannellievolpi.it

LA CALCE DEL BRENTA

RIVA. In equilibrio fra natura, bellezza e colore, la finitura a calce compone una tavolozza armoniosa, ricca di sfumature e assonanze. Semplice da applicare, versatile nelle sue numerose cromie dall’effetto liscio al tatto ma dall’aspetto irregolare, la pelle materica è adatta sia agli ambienti interni sia agli ambienti esterni a seconda del colore scelto.

www.lacalcedelbrenta.it

SPAGHETTIWALL

AUSTRALIAN DOTS. Ispirata all’arte del puntinismo aborigeno, la carta da parati disegnata a mano da Claudio Meninno in 9 varianti cromatiche fa parte della collezione Decor. Le grafiche della linea possono essere personalizzate su richiesta e selezionate su undici supporti con proprietà differenti, da quelli con caratteristiche fonoassorbenti a idrorepellenti, o in materiali naturali e riciclabili, a elevata resistenza meccanica o con superficie materica. www.spaghettiwall.it

CALCHÈRA SAN GIORGIO

VETUS MARMORINO COLORE. La malta di finitura ecocompatibile dall’effetto decorativo, di antica ricetta di origine romana, è composta da calce pozzolanica Pantheon, sabbie silicee, polveri di marmo e pigmenti inorganici. La finitura a basso spessore per interni è particolarmente indicata per ottenere superfici colorate, lisce ma non lucide, a effetto opaco. Disponibile in colorazioni personalizzabili per rispondere a ogni esigenza estetica e creativa.

www.calcherasangiorgio.it

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COLORE elements Colore

Angelo Mangiarotti, Deposito industriale Splügen Bräu, Mestre, 1967, (courtesy Università Iuav, Archivio progetti, fondo Giorgio Casali). A destra, disegno per la scultura Divenire da posizionare presso lo stabilimento UniFor di Turate (courtesy Archivio UniFor).

ANGELO MANGIAROTTI IN TRIENNALE

QUANDO LE STRUTTURE PRENDONO FORMA È UNA DELLE PIÙ COMPLETE RETROSPETTIVE MAI REALIZZATE SULLA FIGURA DELL’ARCHITETTO MILANESE

Secondo il curatore Fulvio Irace, «se è vero che Mangiarotti ha, per così dire, reinventato l’eterno archetipo della trave e del pilastro, declinandolo per tutta la vita in una strabiliante gamma di variazioni, è altrettanto indubbio che nella sua opera sia contenuta una vena espressiva di grande potenza plastica e scultorea, che lo colloca nel dominio dell’arte oltre che dell’architettura e del design».

Quando le strutture prendono forma, in Triennale fino al 23 aprile, fa parte del ciclo avviato alcuni anni fa dall’istituzione milanese sui grandi maestri del dopoguerra e ripercorre oltre 60 anni di attività di Angelo Mangiarotti

attraverso un’ampia selezione di opere, progetti, documenti e materiali, molti dei quali mai esposti prima. La mostra si concentra sull’attitudine di Mangiarotti nell’affrontare ogni singolo problema progettuale all’interno di una visione globale molto più ampia, in cui la sperimentazione, le caratteristiche del materiale e le funzioni statiche vanno ben oltre le leggi della struttura, attraverso sperimentazioni dei materiali come cemento, marmo e vetro.

Il progetto di allestimento – sviluppato da Ottavio Di Blasi & Partner con la partecipazione di Renzo Piano – è composto da una serie di piattaforme e da grandi tavoli, quasi fluttuanti nella

sala, che ospitano i nuclei tematici della mostra: dal nodo al giunto, dalla scultura all’assemblaggio, dall’astrazione alla sensualità.

L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Fondazione Angelo Mangiarotti, che ha messo a disposizione le risorse del suo archivio, è curata da Fulvio Irace con Francesca Albani, Franz Graf (sezione architettura), Luca Pietro Nicoletti (sezione scultura), Marco Sammicheli (sezione design), e con il supporto di Giulio Barazzetta.

Quando le strutture prendono forma è realizzata con il sostegno di UniFor (Molteni Group) e di Vetreria Vistosi ■

[ 146 ] IOARCH_103
La chiesa di Baranzate di Bollate, progetto di Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, 1957 (foto ©Filippo Romano).

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