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Il progetto come scoperta | MANUEL AIRES MATEUS
L’ultima frontiera del lusso
Secondo la definizione di Cristina Mittermeier, biologa e fotografa naturalistica: “Enoughness (dall’inglese enough: abbastanza) è una condizione di completezza che deriva dal nostro rapporto con l’ambiente naturale anziché dai beni materiali; un senso di connessione alle nostre amicizie e alla nostra famiglia, alla nostra spiritualità e alla nostra cultura”. Racconta Mittermeier che l’ispirazione per questo concetto, in italiano vagamente corrispondente a “essenzialità”, le venne incontrando popolazioni che nonostante fossero prive di ricchezza materiale, vivevano serenamente e felicemente, consapevoli di avere a disposizione tutto ciò che serve. Pensando alla società postindustriale odierna – immersa nel mito della moltiplicazione tecnologica, esponenziale e all’infinito, salvo poi simulare orientamenti ambientalisti – è difficile immaginare una condizione più distante da questi principi. Ed è un contesto dove il termine “abbastanza” possiede un potenziale sovversivo. Il tema, oggi rivoluzionario, non è infatti solamente rivalutare la razionalità rispetto a schemi dati per scontati, ma soprattutto riscoprire il valore dell’esperienza rispetto all’accumulo. Enoughness è un atteggiamento che si manifesta con sempre maggiore evidenza in molti campi. Trova espressione in esperienze che vanno dalla possibilità di disporre liberamente del proprio tempo alla capacità di soddisfare ogni esigenza con i mezzi più appropriati. Coincide con la perfezione che deriva da equilibrati criteri di ottimizzazione, e probabilmente corrisponde all’ultima frontiera di un lusso immateriale. L’esperienza, che torna ad essere un tema centrale, corrisponde a concetti che trovano traduzione in vari ambiti, in particolare in architettura: una disciplina che, dalla notte dei tempi, permette di proporre e di costruire non solo atmosfere, ma soprattutto un’esperienza diversa dei luoghi e dell’abitare.
C.E. Aires Mateus Manuel e Francisco Aires Mateus sono entrambi laureati presso la Facoltà di Architettura di Lisbona. Collaborano con Gonçalo Byrne fino al 1988, quando fondano lo studio Aires Mateus. Dal 1986 insegnano in diverse università: dall’Accademia di Architettura di Mendrisio fino alla Harvard Graduate School of Design. Conosciuto a livello internazionale, lo studio ha ricevuto diversi premi, loro progetti sono stati nominati per il Premio Mies Van der Rohe. Nel 2017 hanno ricevuto il Premio Pessoa. Si sono sempre occupati del ruolo della memoria e della conoscenza, del rapporto tra il mondo fisico e quello culturale. www.airesmateus.com
CON LE LORO OPERE ECCEZIONALI, ESPRESSIONE DI UN MISURATO EQUILIBRIO TRA ESPRESSIONE CONCETTUALE E QUALITÀ FORMALE, AIRES MATEUS SONO PROTAGONISTI E MAESTRI INDISCUSSI DELL’ARCHITETTURA DA PIÙ DI VENT’ANNI. UN CONTRIBUTO SENZA CLAMORI MA RIVOLUZIONARIO
MANUEL AIRES MATEUS IL PROGETTO COME SCOPERTA
di Carlo Ezechieli
Anni fa Alberto Campo Baeza scrisse un bellissimo pezzo sulla capacità delle Casas na Areia di Aires Mateus non solo di realizzare un’opera di notevole qualità architettonica, ma anche di creare un’esperienza abitativa inaspettata. Un’atmosfera estesa ben oltre l’oggetto architettonico e letteralmente parte, come la stessa vita del pescatore che vive del mare e nel mare, dell’ambiente in cui è immersa. È l’architettura che raggiunge la perfezione quando si arriva al punto in cui non c’è più niente da aggiungere, né niente da togliere. E forse è questa una costante del lavoro silenzioso ed eccezionale dei fratelli Aires Mateus e che emerge nel racconto di Manuel in questa intervista.
Qual è l’anima del vostro lavoro? Lavoriamo a partire da una domanda iniziale, tenendo sempre in considerazione che ogni progetto ha caratteristiche uniche. Lavoriamo andando alla ricerca, analizzando fino al limite l’origine e la fine di ogni sfida progettuale.
Quali sono le caratteristiche chiave che identificano la vostra architettura? Questa è una domanda difficile. Di solito lascio la risposta ad altri, ma mi piace sottolineare che nel nostro lavoro quello che conta è che ogni progetto corrisponde a un’idea differente. Ogni progetto è una scoperta.
Mi hanno sempre affascinato alcuni vostri lavori come Casas na Areia o Cabanas no Rio. Tutto è ridotto all’essenziale non solo architettonicamente ma anche dal punto di vista etico e abitativo. Qual è la loro storia e da cosa sono state ispirate? L’intenzione di questi progetti era quella di ricercare e rivisitare archetipi e modi di abi-
Tre viste delle Casas na Areja, 2010. La sabbia di Grândola entra anche nelle abitazioni (ph. ©Aires Mateus).
tare. Nel caso di Casa na Areia cercavamo di riabilitare, di riscattare una cattiva costruzione partendo da una reinterpretazione della tradizione. Abbiamo ripreso la forma dei tetti, le pareti in legno, abbiamo recuperato il tetto in paglia. Abbiamo portato questo principio al limite, rendendolo ancora più radicale ed evidente con la realizzazione della stanza con il pavimento di sabbia: un ambiente dotato di tutti gli elementi costruttivi e le infrastrutture e che si estende nello spazio che lo circonda, inclusa la sabbia sulla spiaggia. Ciononostante, tutto questo è progettato in modo che le stanze sono costruite in modo convenzionale, dato che la presenza della sabbia in camera da letto sarebbe ovviamente stata un problema. In fondo, l’idea in questo caso era quella di recuperare delle capanne tradizionali ren-
CASA EM LEIRIA Alla periferia di Leiria, in un contesto di scarsa qualità urbana ma in una posizione elevata che domina la città, l’abitazione è un archetipo riconoscibile svuotato del suo centro dalla luce disegnata da un cortile a tre altezze che si apre poi orizzontalmente al di sotto del giardino. Le zone private si trovano al livello inferiore, con le camere che si aprono su patii privati intorno a una corte centrale. Ai livelli superiori gli ambienti di soggiorno si sviluppano intorno a un vuoto che riceve luce dall’alto e traguarda in lontananza il castello verso il centro della città. Progettata tra il 2005 e il 2008, la casa è stata completata nel 2010. Nelle foto gli ambienti privati che si aprono sulla corte posta al primo livello, al di sotto del giardino e in basso uno scorcio sul vuoto intorno al quale si aprono gli ambienti pubblici di soggiorno (ph. ©Fernando Guerra).
Le Cabanas no Rio (2013, Comporta, Grândola), abitazioni turistiche costruite in legno sostituendo preesistenti capanne per il ricovero di attrezzi da pesca (ph. ©Nelson Garrido).
dendo evidente l’esperienza di vita al loro interno, mettendo questo concetto al servizio di un’esperienza differente. Nel caso di Cabanas no Rio, ciò che intendevamo fare era ‘sostituire’. Esiste una continuità nella forma tradizionale delle capanne che si trovano nei porti su palafitte di origine medioevale. Proprio come questi sono stati progressivamente rimpiazzati nel corso dei secoli, noi abbiamo sostituito due capanne che servivano da deposito per le attrezzature da pesca con due cabanas abitabili. Il tutto è costruito in legno, dalla struttura a ogni dettaglio. E anche qui sempre portando all’estremo l’utilizzo del legno: costruendo con legno riciclato; utilizzando del legno bruciato dal sole all’interno, meno esposto alla luce diretta, e un legno più recente all’esterno. Qui l’esperienza è stata quella di lavorare in modo completo con il legno e di vivere in una sorta di riduzione in modo da costringerci a confrontarci con questa spazialità e con il paesaggio.
Quali pensate siano le qualità fondamentali di un capolavoro di architettura? Ciò che definisce la qualità di un’architettura è la coerenza della sua risposta. Siamo consapevoli che esistono opere straordinarie alla piccola scala, altre alla grande scala, come costruzioni in pietra, legno o cemento, con geometrie e in contesti geografici il più possibile diversificati. In tutti ciò che li definisce è la coerenza nell’insieme.
Pensate che l’architettura possa fare qualcosa di buono per il mondo? Penso che un architetto possa e debba proporre una visione di qualità del mondo. Dovrebbe essere uno strumento di diffusione culturale che possa elevare la qualità del nostro livello di percezione degli spazi.
Che consiglio dareste a un principiante nel mondo dell’architettura? Il consiglio che darei a un giovane architetto è: pazienza. L’architettura è l’arte della resistenza, è l’arte della permanenza nel tempo. Questa è una condizione che si impara con il tempo ed è questo il motivo per cui è necessario dedicare del tempo a questa possibilità. Il lavoro di architettura è un modo stupendo per guardare il mondo. Questa pazienza può permetterci di ottenere questa qualità. Ecco il mio consiglio ■