La lotta al cambiamento climatico è entrata tra le priorità dell’agenda politica UE, con la promozio

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L’UNIONE EUROPEA ALL’ALBA DEL NUOVO DECENNIO: IL GREEN DEAL PER IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO Laboratorio SPL Collana Ambiente

Abstract La lotta al cambiamento climatico è entrata tra le priorità dell’agenda politica UE, con la promozione di un percorso di definizione di regole comuni per gli operatori economici destinate a perimetrare l’ambito green degli investimenti e dei relativi finanziamenti.

In questo contesto, i servizi pubblici locali si candidano ad essere protagonisti del nuovo paradigma economico, sociale e industriale a livello europeo ed italiano.

The fight against climate change has become one of EU political agenda priorities, with the promotion of a process to define common rules for economic operators and to identify the green boundary of investments and related financing.

In this context, local public services are candidates to be protagonists of the new economic, social and industrial paradigm at the European and Italian level.

Gruppo di lavoro: Donato Berardi, Jacopo Misiti, Samir Traini

REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, Siram, Acquedotto Pugliese, HERA, MM, CSEA, Cassa Depositi e Prestiti, Viveracqua, Romagna Acque, Water Alliance, CIIP, Abbanoa, CAFC, GAIA, FCC Aqualia Italia, GORI, Veritas, A2A Ambiente, Confservizi Lombardia, FISE Assoambiente, A2A Ciclo Idrico, AIMAG, DECO

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Gli ultimi contributi n. 145 - Istituzioni - Costruire Prossimità: il ruolo delle istituzioni locali nella prevenzione dei NIMBY, marzo 2020 n. 144 - Acqua - Sviluppo del Sud: partiamo dall'acqua, febbraio 2020

n. 143 - Rifiuti - Gestione dei rifiuti: per le imprese costi in aumento, febbraio 2020

n. 142 - Rifiuti - Rifiuti e responsabilità estesa del produttore: imparando dall'Europa, febbraio 2020 n. 141 - Clima - Green deal: cose da fare nell’acqua e nei rifiuti, gennaio 2020

n. 140 - Rifiuti - La responsabilità delle scelte: i fabbisogni impiantistici e il ruolo delle regioni, gennaio 2020

n. 139 - Acqua - Concorrenza per il mercato nel servizio idrico: a Rimini la prima vera gara dall’avvento di ARERA, gennaio 2020 n. 138 - Rifiuti - Metodo Tariffario Rifiuti: un "salto di qualità" per il futuro settore, dicembre 2019

n. 137 - Rifiuti - La responsabilità estesa del produttore (EPR): una riforma per favorire prevenzione e riciclo, dicembre 2019 n. 136 - Acqua - Dialogo e informazione: gli ingredienti della partecipazione, dicembre 2019

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La missione Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente.

Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.

ISSN 2531-3215 Donato Berardi Direttore dberardi@refricerche.it

Editore: REF Ricerche srl Via Saffi 12 - 20123 Milano tel. 0287078150 www.refricerche.it

laboratorio@refricerche.it @LaboratorioSPL Laboratorio REF Ricerche

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PREMESSA Il cambiamento climatico è il tema più dibattuto

Tra i temi più dibattuti del decennio che si è appena aperto, il cambiamento climatico ricopre senz’altro un ruolo di primaria importanza. L’eco mediatica ha difatti raggiunto ogni angolo del globo, con punte nei paesi europei, storicamente più attenti e sensibili alla “questione ambientale”.

L’Europa approva il Green Deal verso un’economia sostenibile a zero emissioni

Il 15 gennaio 2020 il Parlamento Europeo si è espresso favorevolmente circa il Green Deal 1 presentato un mese prima dalla Commissione Europea (da ora in poi CE), un piano strategico per traghettare i Paesi Membri dell’Unione Europea verso un’economia sostenibile e a zero emissioni. Si tratta di un importante traguardo e, almeno negli intenti, un ideale follow-up politico all’Accordo di Parigi sul Clima (COP 21) del 2015. L’obiettivo ambizioso è quello di contenere entro fine secolo l’incremento della temperatura mondiale al di sotto di 1,5°C rispetto all’era pre-industriale2 .

La transizione verde richiede fino a mille miliardi in 10 anni

Per raggiungere questi obiettivi, il Parlamento Europeo ha deciso di ridurre la quantità di emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, con l’intento di raggiungere un’economia a zero emissioni entro il 2050. Per realizzare la auspicata transizione verde, occorre mobilitare finanziamenti fino a mille miliardi di euro in 10 anni, grazie al contributo di 45 miliardi provenienti dal fondo InvestEU3 , 25-30 miliardi dal bilancio UE e, infine, 7,5 miliardi corrispondenti al valore del Just Transition Fund 4 . Quest’ultimo rientra nel “meccanismo per la transizione giusta”, una strategia pensata per accompagnare le aree e i settori industriali più impattati dalla transizione, perché più dipendenti dall’utilizzo di combustibili fossili nei processi di produzione. L’Italia beneficerà di risorse per 364 milioni di euro che andranno spese in iniziative per sostenere biodiversità, energia pulita, riduzione dell’inquinamento, industria e mobilità sostenibile, bio-edilizia, filiera alimentare5 .

L’Italia beneficerà di 364 milioni di euro Il Piano d’Azione del Green Deal deve fare i conti con la sensibilità dell’opinione pubblica

Per la prima volta nella storia europea, il Green Deal definisce un Piano d’Azione, un’opportunità unica per i Paesi Membri di operare una rivoluzione verde, all’insegna di un nuovo modello economico “circolare” basato sulla riduzione degli sprechi e sull’utilizzo di energia rinnovabile. Un Piano non esente da ostacoli. Una ricerca condotta dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) in collaborazione con YouGov ha infatti mostrato il diverso grado di sensibilità dell’opinione pubblica dei Paesi europei nei confronti di queste tematiche.

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Per approfondire, si veda il contributo del Laboratorio REF Ricerche n. 141: Green Deal. Cose da fare nell’acqua e nei rifiuti, gennaio 2020.

All’interno del report (Impacts of 1.5°C of Global Warming on Natural and Human Systems, 2018 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ) viene spiegata la differenza in termini di impatti ambientali tra uno scenario in cui si prevede un aumento di 1,5°C e 2°C. Sebbene si tratti solamente di mezzo grado in più, le previsioni dell’IPCC lasciano intendere, nel caso di un aumento di 2°C, un impatto esponenzialmente più dannoso (un esempio potrebbe essere il numero di persone che non potranno accedere all’acqua potabile, in aumento del 4% nel caso di un aumento della temperatura di 1,5°C e dell’8% in caso dello scenario dei 2°C). Maggiori informazioni sono contenute all’interno del report.

Il Fondo InvestEU è parte integrante del Programma InvestEU. Si tratta di un nuovo programma comunitario per sostenere gli investimenti e l’accesso ai finanziamenti europei per il periodo 2021-2027. Oltre al Fondo, il Programma InvestEU comprende un polo di consulenza e un portale. Il Fondo si propone di mobilitare investimenti pubblici e privati, offrendo contestualmente una garanzia di bilancio dell’UE di 38 miliardi di euro. Tra le principali aree di interesse del Fondo si possono citare l’attenzione verso le infrastrutture sostenibili, con progetti che interessano l’energia rinnovabile, la connettività digitale, i trasporti, l’economia circolare, acqua, rifiuti e altre infrastrutture ambientali.

Per quanto riguarda il Just Transition Fund, esso si inserisce all’interno del “meccanismo per la transizione giusta”, che è parte integrante della politica di coesione europea. I 7,5 miliardi di euro contenuti in questo fondo, ripartiti su tutti gli stati dell’UE, permetterebbero di mobilitare risorse fino a 100 miliardi di euro (il 10% del totale dei finanziamenti attivabili previsti) che andrebbero a supporto delle Regioni, dei lavoratori ed dei settori economici maggiormente colpiti dal processo di transizione verso la green economy.

Per approfondire, si veda il contributo del Laboratorio REF Ricerche n. 141: Green Deal. Cose da fare nell’acqua e nei rifiuti, gennaio 2020.

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BEI, banca del clima europea: +50% di investimenti climatici e ambientali entro 2025

La stessa BEI è destinata a divenire una sorta di Banca del clima europea nell’ambito dell’architettura comunitaria votata al cambiamento del paradigma economico, sociale e industriale, con un aumento fino al 50% degli investimenti con finalità climatiche e ambientali entro il 2025.

I Paesi del Sud Europa sono più sensibili

Ne emerge una distinzione netta tra il Nord Europa caratterizzato da una sensibilità al cambiamento climatico piuttosto moderata e i Paesi del Sud Europa (tra cui l’Italia) in cui tale percezione è assai più accentuata.

La questione climatica è anche culturale, serve approccio bottom-up

La questione climatica non è dunque (solo) politica, ma anche e soprattutto culturale: il percorso di consapevolezza verso le questioni ambientali deve seguire un approccio bottom-up, lungo un filo rosso che, partendo dalla sensibilizzazione dei cittadini rispetto ai rischi e alle opportunità del cambiamento climatico, arrivi ai principali portatori di interessi e alle istituzioni nazionali e sovranazionali.

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Moody’s: le implicazioni finanziarie del cambiamento climatico sono sempre più chiare

Del resto, secondo una delle principali agenzia di rating internazionali, Moody’s, nei prossimi anni aumenterà significativamente l’interesse del pubblico a preservare le risorse naturali, tra cui l’acqua.

Dal punto di vista del credito, questioni come la scarsità d’acqua, la biodiversità, l’uso del suolo, la deforestazione accenderanno i riflettori sulla gestione delle risorse da parte delle aziende. In questo contesto, gli investitori sono alla ricerca di maggiori informazioni da parte delle aziende su come stanno affrontando questi rischi mentre le implicazioni finanziarie del cambiamento climatico stanno diventando sempre chiare.

Quali investimenti possono definirsi sostenibili? L’UE cerca di dare una risposta

Quello che manca all’appello però è una risposta ad un quesito fondamentale: quali investimenti possono chiaramente e realmente definirsi sostenibili?

Una domanda a cui l’UE sta tentando di dare una risposta con la costruzione di un framework solido ed efficace che permetta al sistema finanziario di allocare correttamente il risparmio e la liquidità disponibile in investimenti votati effettivamente alla lotta al cambiamento climatico e alla difesa dell’ambiente.

UN FRAMEWORK EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI SOSTENIBILI All’approccio bottom-up serve affiancare una strategia top-down

La consapevolezza dei cittadini sulla questione climatica è una condizione necessaria ma non sufficiente perché la transizione verde possa realizzarsi. All’approccio bottom-up deve essere affiancata una strategia top-down, con le istituzioni che fungano da “direttore d’orchestra” per la molteplicità di attori pubblici e privati in gioco.

Servono regole chiare su “dove” e “come” investire

La traduzione in fatti del Green Deal, infatti avrebbe poco valore senza la definizione di regole chiare.

Per questo motivo occorre indicare agli operatori economici “dove” investire e “come” investire, ovvero rispondere alle seguenti domande.

Quali attività possono essere considerate sostenibili da un punto di vista ambientale? In base a quali criteri possono essere reperite le risorse per effettuare gli investimenti “verdi”? Come selezionare o essere selezionati dai finanziatori?

Gruppo di esperti CE (TEG) per suggerire percorso di finanziamento di attività sostenibili, no greenwashing

Per rispondere a queste domande, la CE, nel luglio del 2018, ha istituito un gruppo di esperti (Technical Expert Group, da ora in poi TEG)6 , incaricato di studiare e proporre un percorso in grado di facilitare il finanziamento di progetti e attività sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale, in particolare nel settore privato, di sovente autore e vittima di pratiche di greenwashing7 .

Il TEG ha fornito una serie di suggerimenti alla CE, focalizzandosi su tre principali pilastri: • la definizione di una tassonomia europea comune delle attività economiche sostenibili; • la definizione di standard europei per l’emissione di Green Bond; • la definizione di benchmark finanziari europei coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

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Il TEG è composto da 35 professionisti espressione del mondo della finanza e dell’accademia e 10 professionisti designati dalle Autorità di vigilanza finanziaria del sistema europeo (European Banking Authority), dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e dall’Agenzia Europea per l’Ambiente.

Per greenwashing si intende quel fenomeno per cui, in mancanza di regole chiare e trasparenti, un’organizzazione tende ad esaltare a fini comunicativi il proprio operato e le proprie iniziative a cui non corrispondono azioni concrete realmente orientate alla sostenibilità.

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6 obiettivi ambientali driver…

Sei obiettivi ambientali sono stati considerati come driver per lo sviluppo delle metodologie di cui sopra. Se ne offre di seguito una sintesi grafica.

…non limitati a mitigazione e adattamento climatico

È interessante osservare come, nel processo di definizione degli obiettivi ambientali, il TEG non si sia limitato a considerare solamente la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico 8 , ma anche altri obiettivi quali la tutela delle risorse idriche e marine, l’economia circolare, il controllo dell’inquinamento e la conservazione degli ecosistemi; elementi che in parte si intrecciano, talvolta sovrapponendosi, con i settori chiave di intervento del Green Deal.

Base sulla quale costruire strategia comunitaria

L’indirizzamento degli investimenti verso le attività che soddisfano almeno uno dei 6 obiettivi ambientali proposti senza ostacolare tutti gli altri 9 è la base sulla quale costruire la strategia di politica economica comunitaria 10 .

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Una differenza, quella tra mitigazione e adattamento, non particolarmente innovativa ed anzi più volte ribadita in ambito accademico. La mitigazione afferisce, infatti, al contributo di un’attività economica all’abbattimento delle emissioni inquinanti (generalmente in termini di riduzione di CO2), mentre l’adattamento è legato ad uno specifico contesto geografico e territoriale e si riflette nel contenimento di un rischio fisico (ad esempio, il contributo di un’attività alla limitazione dell’innalzamento del livello del mare in una zona costiera).

Nella Tassonomia adoperata dal TEG viene coniata la sigla “DNSH” (acronimo di do not signicant harm).

Si rimanda all’Allegato per la cronistoria dell’iter legislativo europeo a seguito della COP 21 di Parigi.

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VERSO UNA TASSONOMIA EUROPEA DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE GREEN Eccessive regole, leggi, trattati, consuetudini hanno “atrofizzato” i mercati finanziari

Quando si parla di investimenti sostenibili, una delle criticità lamentate da gran parte dei principali stakeholder (pubblici o privati) è l’eccessiva mole di regole, trattati, consuetudini, leggi più o meno vincolanti che in molti casi hanno avuto un effetto ”atrofizzante” per i mercati finanziari. Infatti, la mancanza di linee generali e comuni su che cosa è “green” ha di sovente portato gli operatori finanziari ad adattarsi ai differenti contesti nazionali.

Il mancato coordinamento nazionale è un freno e aumenta divari

La mancanza di coordinamento delle politiche nazionali può rallentare il processo di transizione verde, oltre che accrescere i divari già esistenti. Per averne un’ idea si consideri la diversa quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili illustrata dalla figura allegata.

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Senza entrare nel merito delle scelte energetiche dei singoli Paesi, la forbice tra Svezia (maggiore quota di energia prodotta da fonti rinnovabili) e Paesi Bassi (minore quota) mostra una distanza di 47 punti percentuali. Con la definizione di obiettivi ambientali condivisi quali la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico e il controllo dell’inquinamento, l’attenzione sull’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili (ad esempio solare, eolica e geotermica) sarà posta in primo piano, con l’intento di favorire una convergenza.

Tassonomia UE di settori e attività sostenibili

In questo cammino gli investimenti dovranno essere indirizzati verso attività economiche unanimemente riconosciute come “sostenibili” sulla base di criteri tecnici trasparenti e misurabili. Il riconoscimento di tali settori e attività dovrà essere l’humus su cui mettere in pratica la strategia di decarbonizzazione entro il 2050. Di qui la necessità di costituire una tassonomia europea, un primo passo di responsabilità condivisa rispetto alla questione climatica ed ambientale.

Nel dettaglio, il TEG si è focalizzato sulle attività economiche che potrebbero contribuire al raggiungimento del primo obiettivo ambientale proposto (attinente alla mitigazione del cambiamento climatico). Lo strumento utilizzato per la selezione dei settori e delle attività è la classificazione NACE delle attività economiche operata da EUROSTAT, in cui sono compresi (a piramide) 21 settori, 88 divisioni, 272 gruppi e 615 classi.

I 7 settori che forniscono un sostanziale contributo agli obiettivi di mitigazione climatica sono di seguito illustrati11 .

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I settori descritti in figura comprendono, in totale, 67 attività economiche che possono contribuire in maniera significativa a mantenere costante, se non addirittura a ridurre e/o azzerare, la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. A seconda del tipo di attività, vengono definiti dei criteri tecnici minimi per la misurazione degli impatti ambientali.

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Per le attività che sono già allineate agli obiettivi di carbon neutrality del 2050 (i.e. la generazione di energia elettrica da fonti al 100% rinnovabili oppure la mobilità sostenibile), si prevede un monitoraggio delle prestazioni ambientali, senza alcun miglioramento. Per quelle attività che si pongono in un percorso di transizione verso lo stato di decarbonizzazione, i criteri si porranno in un’ottica migliorativa (ad esempio mantenere il consumo di CO2 delle automobili al di sotto dei 50 g CO2/Km).

Infine, rientrano nella tassonomia una serie di attività che contribuiscono a rendere maggiormente sostenibili altre attività a loro affini (per esempio l’istallazione di caldaie non a gasolio all’interno delle abitazioni). I criteri tecnici in questo ultimo caso dipendono dai risultati ambientali conseguiti da chi beneficia di questi interventi.

3 declinazioni della capacità di adattamento climatico

Le linee-guida sull’identificazione delle attività economiche che possono apportare un contributo alla mitigazione del cambiamento climatico sono il cuore della proposta del TEG12 . Il contributo di un’attività economica all’adattamento al cambiamento climatico è declinato in: • capacità di ridurre i rischi fisici; • capacità di non ostacolare l’adattamento da parte di altre attività; • capacità di generare dei risultati misurabili.

L’esempio dell’attività di trattamento delle acque reflue

La resilienza al cambiamento climatico, per le attività economiche comprese nella Tassonomia, include la capacità di arginare gli effetti negativi. In altre parole, il TEG ha proposto il contenimento dei rischi utilizzando come strumento una matrice ad hoc che fornisce una serie di informazioni circa l’esposizione dell’attività a eventi classificati come rischi fisici (temperatura, vento, acqua e legati al movimento del suolo), suddivisi in acuti e cronici. Un esempio per l’attività di trattamento delle acque reflue è riportato di seguito.

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Per quanto attiene all’osservanza del secondo obiettivo ambientale (connesso con l’adattamento al cambiamento climatico), non sono stati (ancora) individuati dei criteri tecnico-quantitativi univoci che possano misurare la resilienza delle attività, in quanto è il contesto fisico in cui un’attività economica viene svolta a dettare i criteri con cui misurare gli impatti antropici sull’ambiente.

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Come è possibile osservare, le principali minacce per il servizio di fognatura originano dalle oscillazioni della temperature (rischio acuto), ovvero da precipitazioni pesanti e impaludamento (rischio cronico) che possono portare allo straripamento dalle reti fognarie. Sulla base di queste problematiche, il gestore, a seconda del contesto geografico in cui opera, deve mettere a punto delle misure di prevenzione e contenimento dei rischi fisici.

Criticità della tassonomia e suo ruolo nell’ambito della finanza green

Alla luce delle considerazioni in merito ai criteri per la classificazione delle attività in grado di apportare un contributo significativo alla mitigazione o all’adattamento al cambiamento climatico, una ulteriore riflessione riguarda le criticità della tassonomia e il suo ruolo nell’ambito della finanza green.

Alcune transizioni intermedie non sono riconosciute dalla tassonomia TEG

La sfida da affrontare riguarda la capacità delle istituzioni e dei principali stakeholder di considerare una serie di obiettivi intermedi nella transizione. Tra questi, ad esempio il passaggio da forme altamente inquinanti come la produzione di energia con l’utilizzo del carbone ai biogas meno inquinanti.

Un passaggio che, all’interno della tassonomia adoperata dal TEG, non trova alcun riconoscimento.

Una questione che potrà essere posta nell’agenda di lavoro della futura Piattaforma sulla Finanza Sostenibile la cui istituzione è attesa nel corso del 2020 in sostituzione del TEG, il cui mandato è scaduto lo scorso dicembre, con l’intento di fornire suggerimenti ai policy maker sullo stato dell’avanzamento dei lavori e monitorare i flussi finanziari a sostegno degli obiettivi di finanza sostenibile.

In attesa di un’approvazione ufficiale occorre riflettere su ricadute economiche e istituzionali

Lo stato dei lavori in ambito di definizione di una tassonomia delle attività economiche sostenibili si collocherà lungo un percorso di continuo auto-miglioramento. In attesa di un’approvazione ufficiale da parte del Parlamento Europeo, è necessario porsi l’interrogativo delle possibili ricadute in termini impatti economici ed istituzionali, in ambito europeo e italiano, sul sistema delle imprese. Una domanda a cui i gestori dei servizi pubblici locali dovranno trovare risposta, cimentandosi in un confronto su due livelli: uno nazionale con il regolatore, ed uno sovranazionale con il legislatore europeo.

Il servizio idrico integrato nella mitigazione del cambiamento climatico Concentrandosi sulle raccomandazioni del TEG riguardo al ruolo svolto dai servizi pubblici locali sulla mitigazione del cambiamento climatico, si prenda a riferimento il settore ”Fornitura di acqua: reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento”: alcune delle attività che soggiacciono a questa nomenclatura afferiscono al servizio idrico integrato e al trattamento dei rifiutia . Le operazioni di adduzione, distribuzione, trattamento e distribuzione dell’acqua sono racchiuse all’interno della categoria Raccolta, trattamento e distribuzione delle acque, escludendo quindi la parte legata alla gestione dei reflui, che confluisce in altra sezione. I criteri tecnici proposti dal TEG mirano a rendere più efficienti dal punto di vista energetico le fasi della filiera dell’acqua: gli standard proposti definiscono delle metriche di efficienza, identificate su un consumo medio di energia (nelle fasi di captazione, trattamento e distribuzione) di massimo 0,5 kW/mc di acqua fatturata. Altri standard di efficienza, in termini relativi, propongono una riduzione dei consumi energetici medi nelle fasi di captazione, trattamento e distribuzioni pari al 20% rispetto allo status quo (in termini di kWh/mc). Un

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ultimo indicatore di efficienza relativa considerato è l’Infrastructure Leakage Index (ILI)b , fissato pari 1,5 (soglia massima da non superare) per una buona gestione delle perdite idriche, col conseguente risparmio di energia elettrica e riduzione delle emissioni di gas serra. Livelli di efficienza inferiori a 0,5 kW/mc rappresentano un traguardo che per l’Italia non è stato ancora raggiunto. Così riporta la Relazione Annuale ARERA (2019) sullo stato dei servizi, in cui viene illustrato un dato medio aggregato per area geografica e non per singolo gestore.

I valori di consumo specifico di energia elettrica del servizio idrico integrato descrivono scostamenti significativi di efficienza tra le aree del Nord Italia (0,71 KWh/mc) e quelle del Sud e delle Isole (1,25 KWh/mc). Un tema che ha di recente trovato spazio nel nuovo metodo tariffario idrico per il terzo periodo regolatorio (MTI3)c . Anche se la tassonomia europea adottata dal TEG non impone di seguire gli standard proposti, essa indica comunque un benchmark. Nella transizione al nuovo paradigma economico per il caso specifico del servizio idrico integrato le opportunità appaiono superiori ai rischi. a

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Di seguito si offre l’elenco delle principali attività comprese all’interno del settore NACE Fornitura di acqua: reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento: - Raccolta, trattamento e distribuzione delle acque; Sistemi di trattamento centralizzati delle acque reflue; - Digestione anaerobica dei fanghi; - Raccolta e trasporto separati dei rifiuti non rischiosi; - Digestione anaerobica dei rifiuti organici; - Compostaggio dei rifiuti organici; Recupero del materiale da rifiuti; - Storage del gas da discarica per uso energetico; - Cattura delle fonti di CO2 nell’aria; - Cattura delle emissioni antropogeniche; - Trasporto di CO2; - Sequestro permanente di CO2.

Canfora P., Antonopoulos I. S., Dri M., Gaudillat P., Schönberger H. (2019), “Best Environmental Management Practice for the Public Administration Sector”. JRC Science for Policy Report Si veda la deliberazione ARERA 580/2019/R/idr

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I GREEN BOND PRINCIPLES: VERSO CRITERI CONDIVISI Necessità di criteri univoci per delineare i requisiti per definire i progetti sostenibili e finanziabili con i Green Bond

Il lungo e articolato processo di definizione di principi tassonomici comuni delle attività economiche “verdi” coordinato dal TEG è andato di pari passo con l’esigenza di stabilire dei criteri univoci che delineassero, in maniera più approfondita, i requisiti per cui un progetto possa essere considerato sostenibile e dunque finanziabile attraverso i Green Bond.

I Green Bond Principles definiti dall’ICMA si basano su 4 fondamenti

I Green Bond Principles (da ora in poi GBP) sono definiti dall’International Capital Market Association (ICMA) e si basano su quattro fondamenti, come illustrato dalla figura allegata.

I green bond (da ora in poi GB), o obbligazioni verdi, sono titoli di debito la cui emissione e finalità sono legate a progetti che possono avere un impatto positivo sull’ambiente in termini di abbattimento delle emissioni inquinanti, efficienza energetica ed utilizzo delle fonti rinnovabili. Il primo GB, il “Climate Awareness Bond”, è stato emesso nel 2007 dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI): 600 milioni di euro per realizzare progetti legati specificamente alle energie rinnovabili.

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Gli EU-GBS sono uno strumento volontario in alternativa ad altre pratiche e fonti di finanziamento

I quattro fondamenti dell’ICMA sono stati presi come punto di riferimento da parte del TEG nella costruzione degli standard per il ricorso a questa particolare leva finanziaria. Si tenga conto che, in questa fase transitoria, l’Unione Europea non impone di ricorrere a questo strumento finanziario in maniera forzosa; vi è invece un atteggiamento volto ad incentivare una “spinta gentile”, incoraggiando il ricorso a GB attraverso regole chiare, trasparenti e scevre da ambiguità. Gli standard europei (da ora in poi EU – Green Bond Standard o EU-GBS) sono dunque uno strumento volontario, da adottare in alternativa ad altre pratiche o forme di finanziamento parimenti riconosciute e legali. Seguire gli EU-GBS significa, nel concreto, essere soggetti al controllo di un verificatore esterno accreditato dall’UE che ne certifichi il corretto uso.

Possibile punto di riferimento internazionale e applicazione a tutte le tipologie di Green Bond

Altri elementi che caratterizzano gli EU-GBS sono l’allineamento con i GBP e la possibilità di essere adottati non solo nel territorio europeo, ma anche al di fuori dei confini dell’Unione, un tentativo ambizioso di uscire da una (possibile) nicchia e di porsi come punto di riferimento internazionale.

Infine, ma non meno importante, gli EU-GBS possono essere applicati per qualunque tipologia di GB (corporate, GB pubblici o project GB) che rispetti i GBP.

Le 4 componenti fondamentali: Green Project, Green Bond Framework, Report delle allocazioni e la verifica

Le componenti fondamentali degli EU-GBS sono 4: • Green Project: rappresentano l’iniziativa (o la pluralità di iniziative) grazie a cui l’emittente di GB può ottenere i finanziamenti. I Green Project devono ricadere all’interno della Tassonomia definita e rispettare i 6 obiettivi ambientali. Non vi sono delle indicazioni specifiche su quali asset (fisici o finanziari) sono compresi all’interno dei Green Project. L’emittente, tuttavia, deve indicare all’interno del Green Bond Framework(si veda il punto successivo) in che modo distribuire le risorse; • Green Bond Framework(GBF): è una dichiarazione pubblicata dall’emittente prima dell’emissione, in cui viene confermato l’allineamento dei GB con gli EU-GBS e viene altresì specificato in che modo verranno allocate le risorse. Il GBF include al suo interno gli obiettivi ambientali del Green Project, un approfondimento di come esso si allinei alla Tassonomia ed ai criteri tecnici minimi; • Report delle allocazioni: è una relazione che viene stilata almeno una volta all’anno a seguito dell’emissione dei GB. Si tiene traccia dell’avanzamento negli investimenti e si verifica l’allineamento del Green Project agli EU-GBS. Si differenzia dal Report sugli Impatti, che può avere cadenza annuale od essere redatto una volta sola, una volta restituito il debito. Su quest’ultimo vengono fornite informazioni sugli impatti ambientali degli investimenti e si dimostra l’impegno rispetto alle premesse contenute nel GBF; • Verifica: è una fase che avviene sia al momento dell’emissione dei GB, per confermare la coerenza tra GF e EU-GBS, sia al termine del finanziamento, con l’analisi del Report Finale dell’allocazione degli Impatti. La verifica viene effettuata da un ente esterno indipendente e accreditato.

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IL MERCATO INTERNAZIONALE DEI GB Emissioni di green bond in aumento: oltre 250 miliardi nel 2019, più 122 miliardi di prestiti collegati a criteri di sostenibilità

Le emissioni dei GB nel corso del tempo hanno conosciuto un notevole incremento. Nel 2019, secondo le stime diffuse da Bloomberg, il valore delle emissioni ha superato i 250 miliardi di dollari.

I GB rappresentano, rispetto a tutti gli strumenti di “debito verde” attualmente in circolazione, quello più impiegato. Altre forme di debito riguardano i prestiti collegati a criteri di sostenibilità che hanno raggiunto quota 122 miliardi di dollari nel corso del 2019, un incremento del 168% rispetto all’anno prima. Il valore totale di debito verde nel 2019 si attesta dunque a 465 miliardi di dollari (una crescita del 78% rispetto a quello del 2018).

Emissioni GB accolte favorevolmente dal mercato

L’accoglienza del mercato, alla luce dei dati esposti, è dunque positiva. Le ragioni afferiscono ai vantaggi, ancor prima reputazionali che economici, che tale strumento porta agli emittenti, chiamati a rendere costantemente conto agli investitori del corretto impiego delle risorse. Nonostante la sempre maggiore complessità su “che cosa sia green”, il successo dei GB si dimostra come uno strumento per adottare una strategia orientata alla sostenibilità e svincolata dal fenomeno del greenwashing.

Problematiche emergenti: possibili distorsioni di mercato e/o asimmetrie informative

Malgrado l’andamento crescente degli investimenti, si possono riscontrare – tuttora – delle problematiche connesse con l’utilizzo dei GB, quali distorsioni di mercato e/o asimmetrie informative.

Questioni che vanno dal disequilibrio tra domanda e offerta (la domanda dei finanziatori è maggiore della capacità degli emittenti di identificare progetti con tali caratteristiche), scarsa convenienza dal lato dell’emittente a causa della complessa gestione dell’investimento (in particolare, per quanto riguarda la fase di reporting agli investitori), fino ad includere situazioni di incertezza legate “a che cosa” vada finanziato con i GB. Problematiche che, grazie agli standard definiti dal TEG, dovrebbero essere mitigate.

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Le multiutility italiane si sono dimostrate particolarmente ricettive in materia di Green Bond

Un sguardo di particolare interesse in materia di emissioni di GB va proiettato sul nostro paese. Il comparto delle multiutility (gestori titolari di servizi idrici, ambientali ed energetici, quali elettricità, gas e teleriscaldamento) si è dimostrato particolarmente ricettivo a cogliere questo strumento di finanziamento. Lo dimostrano i dati sul valore delle emissioni di GB per 3 dei 4 gestori multiutility quotati presso la Borsa di Milano.

L’informazione più rilevante, osservando il grafico, può essere rappresentata dal valore aggregato dei 3 GB emessi da Hera, A2A e Iren nel corso del 2019, per un valore complessivo di un miliardo e mezzo di euro. Una dimostrazione ulteriore della crescita dei bisogni del mercato per questa particolare tipologia di finanziamento “verde”, correlata ad una sempre maggiore sensibilizzazione degli attori economici verso le questioni afferenti alla sostenibilità ambientale.

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UNA METODOLOGIA EUROPEA PER ALLINEARE I BENCHMARK FINANZIARI ALL’ACCORDO DI PARIGI Inclusione delle componenti ESG nelle metodologie di costruzione di benchmark finanziari e costruzione di 2 benchmark climatici europei

Il terzo punto su cui il TEG ha concentrato la propria attenzione può essere declinato in due aspetti: da una parte, l’inclusione delle componenti ESG (environmental, social e di governance) all’interno delle metodologie di costruzione dei benchmark finanziari13 ; dall’altra, la creazione di due benchmark climatici europei (EU CTB ed EU PAB14 ). In realtà, queste due iniziative sono collegate tra loro.

Entrambe rappresentano, almeno negli intenti, una prima forma di inclusione del rischio ambientale, ed in particolare di quello climatico, all’interno dei principali parametri di riferimento per gli investimenti.

Allineamento dei benchmark finanziari con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi

La dichiarazione (o disclosure) delle componenti ESG all’interno dei benchmark finanziari ha l’intento, così come illustrato nella classificazione delle attività economiche più sostenibili e nella definizione degli investimenti “green”, di allineare la costruzione di nuovi benchmark con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

l’Italia non è esente dalla carenza di benchmark sostenibili

Rispetto a quanto appena illustrato, l’Italia non è esente dalla carenza di benchmark sostenibili. Lo dimostra uno studio di Carbonsink, che ha analizzato le componenti di disclosure dei rischi climatici su cinque aree tematiche attinenti alle più importanti società comprese nel paniere FTSE-MIB, principale indice di Borsa italiano: governance, individuazione degli impatti (effettivi e potenziali) dei rischi e delle opportunità climatici sulla strategia e sulla pianificazione finanziaria, misurazione e gestione dei rischi climatici, diclosure di metriche e obiettivi per misurare correttamente i rischi e le opportunità relativi al clima e, infine, l’advocacy, cioè l’utilizzo, da parte delle imprese, di strumenti orientati alla sensibilizzazione di tutti i principali stakeholder (in primis consumatori e fornitori) ai cambiamenti climatici15 .

Allo stato attuale, la maggior parte degli indici finanziari esistenti non è orientata a raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e, più in generale, non si allinea con le ambizioni dell’Accordo di Parigi, perseguendo, d’altro canto, logiche business as usual orientate al mero rendimento finanziario.

Come mostrato dal grafico, per le 5 aree descritte, la presenza di una disclosure trasparente e chiara è ancora molto limitata. Il segnale che le principali aziende quotate a tale indice dovrebbero, nel futuro prossimo, rivedere le loro politiche in materia di sostenibilità, sfruttando il quadro internazionale favorevole.

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In linea con quanto espresso all’interno della relazione del TEG in materia di benchmark finanziari “sostenibili”, le parola “benchmark” e “indice” saranno utilizzate come sinonimi.

Nella relazione del TEG in materia di benchmarking e divulgazione dei requisiti ESG, un benchmark climatico è definito come un indice di investimento che incorpora al suo interno, al di là degli obiettivi di ordine finanziario, specifici intenti ambientali legati alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla transizione verso un’economia a più pulita. La sua utilità è molteplice: può essere un riferimento per le operazioni di asset allocation, servire come parametro sia per gli investimenti attivi che passivi, oppure essere considerato come indice di performance per la scelta di strategie che incorporano al loro interno basse emissioni di CO2.

Per un maggior approfondimento, è possibile consultare il report di Carbonsink al seguente indirizzo: https://www. eticanews.it/wp-content/uploads/2019/10/CS_Report_11.pdf

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Raccomandazioni agli index provider: classificare le categorie di asset che compongono i panieri e indicare il contributo delle attività al raggiungimento degli ESG

Nell’ottica della definizione delle componenti ESG per i benchmark climatici, la relazione tecnica del TEG fornisce una serie di raccomandazioni agli index provider in merito ad alcuni aspetti:

Gli EU CTB e gli EU PAB si configurano come “benchmark per gli altri benchmark”

In quest’ottica , occorre sottolineare che gli EU CTB e gli EU PAB si configurano come “benchmark per gli altri benchmark”. In altre parole, una serie di standard verso cui, ove possibile, approssimare il più possibile gli altri indici finanziari costruiti dagli index provider. Questi due indici sono differenti per ambizioni: laddove, infatti, il primo è per lo più utilizzato da investitori istituzionali (fondi pensione, compagnie assicurative) che mirano a tutelare i loro investimenti da potenziali rischi climatici, il secondo è progettato per allinearsi agli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi (connessi con il limite massimo di innalzamento della temperatura). La seguente tabella riporta le differenze, mostrate sulla base di molteplici aspetti (come il minimo percentuale di riduzione di carbonio necessario per gli asset misurati da questi indici o le categorie di attività economiche escluse dal benchmarking).

• La classificazione delle diverse categorie di asset che compongono i panieri (vengono esclusi da questo insieme i benchmark privi di attività sottostanti che incidono sul cambiamento climatico, come quelli legati alle oscillazioni dei tassi di rendimento ed al valore della moneta); • Una serie di metodologie per indicare in che modo le attività che compongono gli indici contribuiscono al raggiungimento delle componenti ESG, nonché il loro allineamento rispetto ai benchmark climatici europei EU CTB ed EU PAB.

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Appare chiara l’urgenza dell’UE di tracciare un percorso credibile

Alla luce delle considerazioni in merito ai benchmark europei EU CTB ed EU PAB, appare chiara l’urgenza dell’UE di tracciare un percorso credibile. I nuovi indici “green” definiti dagli index provider dovranno basarsi su asset realmente sostenibili e su panieri che comprendano aziende che adottino strategie ambientali in termini di mitigazione ambientale e adattamento al cambiamento climatico.

Strategie che pongano le attività economiche incluse all’interno della Tassonomia, e che siano – quindi – un incentivo al ricorso di strumenti di debito “verde” quali i GB.

Grado di complessità molto elevato nell’applicazione dei nuovi framework di finanza sostenibile nei diversi contesti europei

Emerge tuttavia un grado di complessità molto elevato nell’applicazione dei nuovi framework di finanza sostenibile all’interno dei differenti contesti europei. Non da ultimo quello italiano, in cui le differenti configurazioni del mercato potrebbero influenzare in termini strategici il ricorso alle pratiche “green”. Ad esempio, per chi opera nel libero mercato, data la mancanza di regole, occorrono iniziative di auto-regolazione o una struttura legislativa capace di impedire il ricorso a pratiche di greenwashing. Nei settori dove prevalgono operatori pubblici e di monopolio regolato, invece, a fronte di una minor probabilità da parte dei gestori di ricorrere al greenwashing, le opportunità da cogliere in ambito finanziario sono comunque ampie. In questo contesto, il regolatore potrebbe giocare un ruolo importante nel definire i percorsi di mitigazione degli impatti ambientali.

ARERA può giocare un ruolo importante nel definire precorsi all’insegna della sostenibilità, soprattutto ambientale

In particolare , nel caso dei servizi pubblici locali potrebbe essere l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) a fungere da cartina al tornasole rispetto alle future direttive europee sul clima, definendo una regolazione sempre più all’insegna della sostenibilità. Un argomento, quello dell’attenzione ambientale, che ARERA non ha trascurato, quando ha definito i 6 macro-indicatori di qualità tecnica per il settore idrico16 , un primo necessario passo a fronte di un percorso ancora lungo.

Se, da una parte, il regolatore sarà da stimolo allo sviluppo di assetti gestionali-organizzativi industriali necessari al miglioramento degli standard di qualità del servizio in un’ottica di sostenibilità, dall’altra l’appetibilità finanziaria delle utilities sarà raggiungibile solo attraverso l’adozione di efficienti sistemi di rendicontazione degli impatti ambientali e di indicatori di performance realmente “green” necessari a rendere conto a tutti gli stakeholder degli obiettivi effettivamente raggiunti.

CONCLUSIONI La lotta al cambiamento climatico è entrata tra le priorità dell’agenda politica UE, con la promozione di un percorso di definizione di regole comuni per gli operatori economici destinate a perimetrare l’ambito green degli investimenti e dei relativi finanziamenti.

La BEI sta assumendo sempre più i contorni di Banca Europea del Clima con un mandato chiaro di incrementare fino al 50% gli investimenti in progetti di sostenibilità ambientale entro i prossimi cinque anni.

Tutto il sistema bancario e finanziario è in fibrillazione alla ricerca di una “guida” che faccia chiarezza sulla corretta definizione.

In questo contesto, i servizi pubblici locali si candidano ad essere protagonisti del nuovo paradigma economico, sociale e industriale a livello europeo ed italiano.

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Delibera 917/2017/R/idr, ARERA

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Nel servizio idrico integrato, in particolare, la necessità di investimento sarà crescente, sia per ridurre il gap infrastrutturale rispetto agli altri Paesi UE, sia per far fronte alla esigenze legate al cambiamento climatico stesso. Un ulteriore forte impulso arriverà anche dalla nuova Direttiva Acque Potabili con un aumento degli standard qualititativi dell’acqua fornita ai cittadini.

In questo contesto, per quanto il SII possa essere considerato per definizione un settore 100% “verde”, emerge l’esigenza di una maggiore accountability riguardo ai risultati che i gestori dovranno raggiungere attraverso l’implementazione degli ingenti investimenti richiesti, guidati principalmente dagli obiettivi di qualità tecnica imposti dalla regolazione ARERA. Riduzione delle perdite di rete e delle interruzioni di servizio, aumento della qualità dell’acqua erogata e di quella depurata restituita all’ambiente, sviluppo di una rete fognaria resiliente, riduzione dello smaltimento dei fanghi in depurazione, costituiscono le linee guida portanti di indirizzo del futuro del nostro sistema idrico: l’efficacia dell’azione dei gestori si misurerà sulla loro capacità di pianificare e realizzare effettivamente interventi in queste direzioni e rendere conto del loro operato a tutti gli stakeholder, tra cui assumono un ruolo chiave il sistema bancario e finanziario, a sua volta chiamati a supportare un settore chiave per lo sviluppo sostenibile.

E’ in questo contesto che si inserisce un nuova iniziativa del Laboratorio REF Ricerche che, in linea con le raccomandazioni di matrice comunitaria, si prefigge di far incontrare la domanda di finanziamento da parte dei gestori del servizio e l’offerta “green” di credito del sistema bancario e finanziario, attraverso l’implementazione di un indicatore di performance che permetta da un lato di certificare la matrice ambientale degli investimenti e dall’altro di misurare i miglioramenti effettivi nella qualità tecnica del servizio fornito.

Un indicatore trasparente, di cui descriveremo i dettagli in un prossimo contributo del Laboratorio, basato su dati certi e validati nell’ambito della regolazione del servizio idrico, con il quale promuovere la diffusione di una cultura della finanza sostenibile anche tra i gestori non quotati e supportare l’innovazione finanziaria per mezzo dell’introduzione di parametri di sostenibilità (non solo economico-finanziaria) nel framework contrattuale di finanziamenti e di altri strumenti di debito.

Parametri che potranno permettere ai gestori del servizio idrico di concordare con i finanziatori condizioni contrattuali progressivamente più favorevoli (Green Discount Factor) in funzione dell’evoluzione positiva delle performance ambientali sintetizzate dall’indicatore e al tempo stesso ai finanziatori di usufruire di un benchmark caratterizzato da terzietà e trasparenza nel misurare effettivamente i progressi ottenuti dai gestori con le risorse finanziarie concesse.

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ALLEGATO

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