L'ambiente e le istanze autonomiste: evoluzione o involuzione?

maggio 2019 rifiuti N°119

L'ambiente e le istanze autonomiste: evoluzione o involuzione?

Laboratorio SPL Collana Rifiuti

Abstract Con il “federalismo differenziato” Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto chiedono che venga riconosciuto il primato della loro esperienza di governo in materia ambientale. La posta in gioco non sono tanto le risorse economiche piuttosto la possibilità di continuare ad essere di buon esempio.

Una rincorsa al rialzo nell’interesse della tutela dell’ambiente e del Paese. L’alternativa è una convergenza al ribasso, verso equilibri centrali e territoriali fallimentari e insoddisfacenti.

Emilia-Romagna, Lombardia and Veneto, through the so-called "differentiated federalism", are asking their preeminence in environmental management to be acknowledged. The stakes are not much economic resources, but rather the chances of keep setting the bench-mark.

A run-up in the interest of environment's protection and Nation. The alternative is a race to the bottom, toward central and local equilibria, ruinous and unsatisfactory.

Gruppo di lavoro: Andrea Ballabio, Donato Berardi, Francesca Casarico, Nicolò Valle

REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, Veolia, Acquedotto Pugliese, HERA, Metropolitana Milanese, CRIF Ratings, Cassa per Servizi Energetici e Ambientali, Cassa Depositi e Prestiti, Viveracqua, Romagna Acque, Water Alliance , CIIP, Abbanoa, CAFC, GAIA, FCC Aqualia Italia, A2A, Confservizi Lombardia, FISE Assoambiente.

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Gli ultimi contributi n. 118 - Rifiuti - L'end of waste primo tassello di una politica industriale, maggio 2019 n. 117 - Acqua - Investimenti nell'acqua: la vera "manovra espansiva" per l'economia italiana, marzo 2019 n. 116 - Acqua - Trasparenza e consapevolezza: proposte per uscire dallo stallo, marzo 2019 n. 115 - Rifiuti - Rifiuti urbani e regolazione economica: il ruolo delle regioni, marzo 2019 n. 114 - Acqua - I finanziamenti “green” nei servizi ambientali, febbraio 2019 n. 113 - Rifiuti - L'assimilazione: ostacolo alla concorrenza o opportunità per la gestione integrata?, febbraio 2019 n. 112 - Acqua - Le aziende multi-servizio: avamposto industriale nei servizi pubblici locali, gennaio 2019 n. 111 - Rifiuti - Economia circolare: senza gli impianti vince sempre la discarica, dicembre 2018 n. 110 - Acqua - Pdl Daga: l’acqua ha bisogno di “Industria”, dicembre 2018 n. 109 - Acqua - Pdl Daga: rinunciare alla regolazione indipendente è una scelta sbagliata, novembre 2018

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La missione Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente.

Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.

ISSN 2531-3215 Donato Berardi Direttore dberardi@refricerche.it

Editore: REF Ricerche srl Via Saffi 12 - 20123 Milano tel. 0287078150 www.refricerche.it

laboratorio@refricerche.it @LaboratorioSPL Laboratorio REF Ricerche

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FEDERALISMO DIFFERENZIATO: I TERMINI DELLA «CONTESA» IN MATERIA DI AMBIENTE

3

Le Regioni coinvolte, 23 le materie su cui vertono le istanze

151

Mln di euro, le risorse economiche in materia ambientale nel bilancio statale

1,4%

L’incidenza della materia ambientale sulle risorse totali

Le istanze regionali afferenti il ciclo dei rifiuti: • I criteri per la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti

• I parametri di end of waste • L’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura • L’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani • L’export regionale di rifiuti urbani indifferenziati

L’ammontare delle risorse economiche in gioco è trascurabile Le Regioni chiedono il riconoscimento di best practice Una corsa al rialzo nell’interesse dell’ambiente e del Paese

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La nozione di “federalismo differenziato” Federalismo differenziato italiano: 15 RSO, 5 RSS ciascuna diversa dalle altre, 2 Province Autonome

Il concetto di “federalismo differenziato”, noto anche con i termini di “regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico”, individua un equilibrio di public governance nel quale amministrazioni pubbliche decentrate di pari livello (le Regioni) sono dotate di poteri amministrativi, legislativi e fiscali diversi.

Un primo grande ambito di differenziazione è sancito dalla Costituzione italiana che al primo comma dell’articolo 116 recita: “Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”.

Su queste basi, in Italia 15 Regioni a Statuto Ordinario (RSO) coesistono con 5 Regioni a Statuto Speciale (RSS), ciascuna delle quali è dotata di forme di autonomia differenti dalle altre. Il secondo comma dell’articolo 116 riconosce, poi, per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol la partizione in 2 Province Autonome, quella di Trento e quella di Bolzano.

La differenziazione e il Regional Authority Index

Il controllo fiscale determina la differenza in termini di RAI tra le RSS (19 su 30) e le RSO (18 su 30)

Come misurato nei punteggi attribuiti alle 10 dimensioni del Regional Authority Index1 (RAI), riconosciuto dall’OCSE e dalla Commissione Europea, le amministrazioni regionali italiane esercitano un diverso grado di autorità, superiore per le RSS (punteggio pari a 19 su 30, nel 2016), anche se non così distante da quello delle RSO (punteggio pari a 18 su 30, sempre nel 2016). Il RAI è un indicatore che restituisce un’ottima proxy dell’effettivo livello di potere di cui sono dotate le amministrazioni regionali, andando oltre i semplici parametri fiscali, per 81 Nazioni al mondo. Le distanze tra le Regioni italiane sono ascrivibili principalmente alla dimensione del controllo fiscale, che misura l’autorità regionale nella gestione delle entrate fiscali. In materia fiscale, le RSS ottengono un punteggio di 1 su 2, a differenza del caso delle RSO laddove tale parametro registra un punteggio pari a 0. Alle RSS è, infatti, permesso di incidere parzialmente sul volume delle risorse assegnate all’amministrazione regionale, previa negoziazione con lo Stato. La tabella che segue mostra il confronto tra i punteggi del RAI delle RSO e delle RSS italiane per l’anno 2016, dettagliando il singolo punteggio per ogni dimensione dell’indice. A rilevare, nel caso italiano, è la dimensione del controllo fiscale, quand’invece tutte le altre coincidono.

1 “Measuring Regional Authority: A Postfunctionalist Theory of Governance”, L. Hooghe, G. Marks, A. H. Schakel, S. C. Osterkatz, S. Niedzwiecki and S. Shair-Rosenfield, Oxford University Press (2016).

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CONFRONTO TRA I PUNTEGGI DEL REGIONAL AUTHORITY INDEX (RAI) DELLE RSO E DELLE RSS

Dimensioni Spessore istituzionale Perimetro delle politiche Autonomia fiscale Autonomia nell'indebitamento Rappresentanza Attività legislativa Controllo del potere esecutivo Controllo fiscale Controllo dell'indebitamento Riforma costituzionale Totale

Punteggio delle RSO 3 3 3 2 4 0 1 0 0 2 18

Punteggio delle RSS 3 3 3 2 4 0 1 1 0 2 19

FONTE: Hooghe et al. (2016)

Per il RAI, è possibile costruire due misure di sintesi: il differenziale, calcolato come la differenza tra la Regione con il punteggio più alto e quella con il punteggio più basso, e la media nazionale, che pondera il punteggio di ciascuna Regione per la popolazione che vi risiede. I risultati riferiti al 2016, che è l’anno più recente per cui sono disponibili i dati di partenza, sono riportati nella tabella sottostante. La prima misura fornisce una stima della varianza interna della devolution, mentre la seconda consente di evincerne il grado medio complessivo.

MISURE DI SINTESI DEL REGIONAL AUTHORITY INDEX (RAI) Nazioni Germania Italia Francia Spagna Regno Unito Canada

Differenziale* 0,0 1,0 2,5 4,0 20,5 7,5

Media nazionale 27,0 18,1 10,0 23,4 4,4 23,3

*Differenza tra la Regione con il RAI più alto e quella con il RAI più basso

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati RAI

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Il Regno Unito ha il differenziale RAI più elevato, la Germania la media nazionale più alta

Operando un confronto tra i principali Paesi dell’Unione Europea (UE), vale a dire Italia, Germania, Francia e Spagna, si ha quanto segue. Nel complesso, la distribuzione interna del potere risulta fortemente simmetrica, come testimoniano i bassi valori in termini di differenziale che ottengono i vari Stati.

Il differenziale italiano pari a 1 discende dalla differenza tra 19, il punteggio che conseguono le Province Autonome di Trento e Bolzano e le altre RSS, e 18, il punteggio di tutte le RSO, ed è totalmente imputabile alla dimensione del controllo fiscale, come dettagliato in precedenza. Maggiori differenze emergono, invece, se si analizza il livello effettivo di devoluzione. Si hanno, infatti, Paesi fortemente decentrati come la Germania, dove tutte le Regioni (i Länder) esercitano un’autorità estremamente forte con un punteggio RAI uguale a 27 su 30, o la Spagna, che presenta una media nazionale di 23,4 su 30. Al tempo stesso, la Francia è una Nazione fortemente centralizzata, dove mediamente le amministrazioni regionali dispongono di un’autorità pari a 10 su 30. L’Italia appare essere uno Stato normalmente decentrato, con una media nazionale pari a 18,1 su 30 che risente notevolmente del peso della popolazione presente nelle RSO. Allargando il campo di analisi al Regno Unito, uno dei grandi Paesi europei ma ormai avviato all’uscita dalla UE, e al Canada, una Nazione da sempre federale, emergono diversi spunti di riflessione. Per quanto riguarda il Regno Unito, si tratta dello Stato dove sono presenti le maggiori discrepanze interne, con una variazione della devolution estremamente elevata pari a 20,5 nel 2016. Tale numero si deve alla differenza tra il punteggio di 20,5 della Scozia e lo 0 delle Regioni inglesi, in quanto quest’ultime sono state abolite a partire dal 2012, eccezion fatta per quella di Londra (la Greater London Authority) che mantiene il punteggio precedente pari a 10,5. La struttura decisamente centralizzata dell’Inghilterra è anche il fattore che determina il più basso valore per quanto afferisce la misura della media nazionale nel campione considerato. Il Canada denota una varianza interna della devoluzione superiore a quella dei Paesi precedenti, sebbene sia anch’essa decisamente distaccata da quella britannica. Inoltre, le Regioni canadesi sono dotate in media di un forte potere di governance, tipico di un’architettura istituzionale federale, come provato da una media nazionale pari a 23,3 sostanzialmente coincidente con quella spagnola.

La “clausola di asimmetria” La “clausola di asimmetria” prescrive maggiore autonomia per le RSO su 23 possibili materie, inclusa la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema

Il “regionalismo differenziato” italiano propriamente detto fa, tuttavia, riferimento alla cosiddetta “clausola di asimmetria”, contenuta al terzo comma dello stesso articolo 116 della Costituzione che ammette le RSS, laddove recita: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119".

La norma in questione offre la possibilità di un riconoscimento di maggiore autonomia alle RSO, mediante legge ordinaria da parte del Parlamento, sulla base di un’intesa tra lo Stato e la Regione stessa.

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Gli ambiti di possibile maggiore autonomia fanno riferimento a 23 materie. Nel perimetro di potenziale applicazione, si trovano i 20 ambiti appartenenti alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni2 e 3 materie rientranti invece nella potestà legislativa esclusiva statale, e tra queste le tematiche che rilevano per questa Collana, ovvero la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema3.

L’ambiente e le potestà legislative L’ambiente ha visto, dal 2001 in poi, un forte conflitto istituzionale tra Stato e Regioni

L’ambiente appartiene alla categoria delle c.d. “materie trasversali”: lo Stato ha potestà legislativa esclusiva per quel che concerne la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, mentre la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” sono di competenza concorrente di Stato e Regioni. La tematica ambientale è stata segnata da un conflitto istituzionale dal 2001 in poi, testimoniato da oltre 200 pronunce della Corte Costituzionale.

Il confine tra legge statale e regionale è sempre stato piuttosto labile. Si è assistito ad un moto oscillatorio, con ampliamenti e riduzioni delle sfere d’azione dello Stato, da un lato, e delle Regioni, dall’altro.

Un conflitto che si è tradotto in una serie di ritardi e inerzie. Una chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità dei tanti livelli di governo avrebbe certamente giovato allo sviluppo dei settori industriali che si collocano naturalmente a valle di queste scelte, e in particolare la gestione del ciclo idrico integrato e dei rifiuti.

A differenza del tentativo di Riforma costituzionale fallito nel 2016, che andava a rafforzare costituzionalmente il ruolo dello Stato, l’attuazione del federalismo differenziato segnerebbe un riparto legislativo e amministrativo più favorevole alle Regioni in materia di competenze ambientali.

Riquadro - La genesi delle istanze autonomiste Introdotta con la Riforma costituzionale del Titolo V del 2001, la clausola di asimmetria non ha, ad oggi, trovato applicazione.

La devoluzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia è diventata argomento di discussione in seguito alla bocciatura referendaria della Riforma del Titolo V tentata nella passata legislatura, che andava a rafforzare costituzionalmente il ruolo dello Stato centrale. Il 28 febbraio 2018 EmiliaRomagna, Lombardia e Veneto hanno sottoscritto un’intesa preliminare con il Governo riguardante 5 delle 23 materie. Nell’ultimo anno le pre-intese sono state superate, mentre il regionalismo differenziato è stato inserito nel contratto di Governo.

Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono prossime all’attuazione per 16, 20 e 23 materie, rispettivamente

Sulla scia delle iniziative avviate da queste Regioni, altri 7 consigli regionali4 hanno conferito al Presidente regionale l'incarico di attivare il negoziato con il Governo. Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2019, il Ministro per gli Affari regionali ha illustrato i contenuti delle nuove intese. La parte di testo concordato annovera linee guida e principi di carattere prettamente generale, da cui si evince che la differenziazione interessa 16 materie per l’Emilia-Romagna, 20 per la Lombardia e 23 per il Veneto. I dettagli sui singoli ambiti materiali, ancora in fase di definizione, sono contenuti in alcune bozze circolate informalmente.

2 Ai sensi dell’art. 117, comma 3 della Costituzione: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Su tali materie la potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

3 Ai sensi dell’art. 117, comma 2 della Costituzione: l) organizzazione della giustizia di pace; n) norme generali sull'istruzione; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

4 Campania, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria.

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Le richieste avanzate dalle Regioni si possono ascrivere a tre ordini di argomentazioni5.

In primo luogo, si sostiene che l’intervento pubblico decentrato è maggiormente in grado di cogliere le preferenze dei cittadini e le istanze che giungono dai territori.

Secondariamente, si sottolinea il livello di eccellenza raggiunto dalle Regioni in ambiti quali, ad esempio, la ricerca scientifica e tecnologica. Un rafforzamento del presidio regionale potrebbe generare esternalità positive anche per il resto del Paese.

Da ultimo, si sottolinea la maggior efficacia di queste Regioni in altre aree dell’intervento pubblico di competenza regionale, quale la sanità.

Le istanze regionali afferenti il ciclo dei rifiuti: cosa cambia?

Dalle bozze di intesa disponibili, il novero di competenze in materia di gestione dei rifiuti interessate dal regionalismo differenziato è piuttosto ampio. Le principali sono le seguenti: • • • • • Lombardia e Veneto avrebbero concordato l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani

l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani; i criteri per la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti; i parametri per la cessazione della qualifica di rifiuto (EoW); la disciplina dell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura; gli accordi tra le Regioni per il trattamento dei rifiuti urbani non differenziati.

Per quanto concerne l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, Lombardia e Veneto hanno concordato con il Governo che tali competenze vengano attribuite alle amministrazioni regionali, pur con carattere di “cedevolezza” rispetto al recepimento statale della Direttiva UE 851/2018. Attualmente, tale funzione è svolta dai singoli Comuni6 e l’accentramento a livello regionale potrebbe garantire maggiore uniformità, riducendo le divergenze territoriali. Sebbene un chiarimento sia atteso da decenni, i tentativi precedenti di disciplinare la materia non hanno portato i risultati auspicati7. Sull’argomento, nella primavera del 2017 si è espresso il TAR del Lazio8 che ha intimato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) l’emanazione di un decreto entro 120 giorni. Diffida, quella del tribunale amministrativo, che non ha avuto seguito.

A ulteriore riprova della delicatezza della tematica, due sentenze9 della Corte Costituzionale sono intervenute ribadendo la preminenza della normativa statale, violata da provvedimenti della Regione Puglia e della Regione Lombardia. Il primo legislatore regionale ha violato la competenza esclusiva statale nel tentativo di delineare i criteri per l’assimilazione, nelle more della determinazione degli indirizzi nazionali. Pur in assenza di una normativa statale di riferimento, la Corte ha sancito che non sono ammesse iniziative delle Regioni al riguardo. Per il secondo, invece, l’illegittima operazione è consistita nell’essersi discostato da quella classificazione delle categorie di rifiuti che spetta in via esclusiva al legislatore statale, prevedendo che con il termine "rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale" si intendono anche i rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani ed, in particolare, in uscita dagli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), a tutti gli effetti rifiuti speciali (capitolo CER 191212).

5 “Autonomie regionali: specialità e differenziazioni”, A. Zanardi, Convegno Astrid-Cranec, Roma, Palazzo Altieri, 27 giugno (2017).

6 Secondo quanto prescritto dall’art. 198, comma 2, lettera g) del Testo Unico Ambientale, in attesa di un apposito decreto che stabilisca dei criteri generali per l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.

7 Si veda il Contributo n.113 “L'assimilazione: ostacolo alla concorrenza o opportunità per la gestione integrata?” del Laboratorio REF Ricerche, febbraio 2019.

8 Sentenza n.426/2017.

9 Sentenza n.373/2010; sentenza n.101/2016.

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Le 3 Regioni avrebbero ottenuto di poter definire i criteri per la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti

Le 3 Regioni dovrebbero poter delineare i criteri EoW, con l’intento di rilanciare l’economia circolare

Con riferimento ai criteri per la distinzione tra sottoprodotti e rifiuti, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno ottenuto di poter individuare i criteri da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. I sottoprodotti sono scarti di un processo di produzione che possono essere gestiti come beni, anziché come rifiuti, con indubbi benefici in termini di minori oneri amministrativi. Tale funzione è ora esercitata, ai sensi dell’art. 184 bis del TUA, dal MATTM10. In materia, si segnala una sentenza11 della Corte Costituzionale che ha affermato la violazione da parte della Regione Veneto di un ambito di legislazione esclusiva dello Stato. Nello specifico, l’amministrazione regionale aveva approvato le procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo, vale a dire materiali da scavo che la normativa statale assoggetta al regime dei sottoprodotti, originate da cantieri di piccole dimensioni (produzione inferiore ai 6.000 metri cubi).

Per quanto riguarda i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, il cosiddetto end of waste (EoW), tutte e 3 le Regioni hanno concordato con il Governo di affidare all’amministrazione regionale tale competenza. La tematica è più che mai attuale e di fondamentale importanza nel settore dei rifiuti, dato che afferisce la trasformazione di un costo (il rifiuto) in un valore (il prodotto). Le bozze di intesa del regionalismo differenziato vanno a riaprire una questione su cui il Consiglio di Stato12 si è espresso poco più di un anno fa, ribadendo che tale competenza spetta in maniera esclusiva allo Stato e negando, perciò, la competenza concorrente con le Regioni13. La sentenza ha bloccato la possibilità, di fatto affermatasi nella pratica, di autorizzazioni “caso per caso” delle Regioni e delle Province nel disciplinare i processi di EoW. Il punto è stato recentemente confermato anche da una sentenza della Corte di Giustizia Europea14, che è intervenuta per dirimere una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nell’ambito di una controversia tra un’azienda estone e l’Agenzia dell’ambiente del medesimo Paese, avente a che fare con la cessazione della qualifica di rifiuto dei fanghi di depurazione dopo il trattamento di recupero. Entrambe le pronunce fanno tuttavia riferimento alla precedente Direttiva UE 98/2008, e al momento rimangono dubbi interpretativi circa il fatto che tale possibilità di autorizzazione “caso per caso” possa invece essere ammessa sulla base della più recente Direttiva UE 851/2018.

L’incertezza venuta a crearsi dà origine a problemi nello sviluppo delle iniziative di riciclo in Italia, in termini di rinnovo delle autorizzazioni degli impianti già attivi e di nuovi impianti15.

La richiesta avanzata dalle Regioni potrebbe essere coerente con il nuovo pacchetto sull’economia circolare, la Direttiva UE 851/2018, di cui la stessa Corte di Giustizia Europea non ha potuto tener conto in sede di giudizio. Le istanze delle Regioni chiedono di riconoscere alle stesse un ruolo di avvio del processo di regolamentazione del settore, fornendo ad esempio gli input dei decreti per le singole filiere16.

La logica è quella di riconoscere alle amministrazioni regionali un ruolo di istruttoria preliminare, per un tempo limitato e in attesa di una validazione da parte del MATTM, al fine di superare l’impasse e rilanciare gli investimenti alla base dell’economia circolare.

Una situazione che appare coerente con il mantenimento del ruolo di Regioni e Province delegate, nell’incentivare la ricerca e l’innovazione nel campo dei prodotti recuperati. Al fine di prevenire nuovi ritardi, si segnala che la Città Metropolitana di Milano si è recentemente attivata preannunciando au-

10 D.M. n.264/2016.

11 Sentenza n.232/2014.

12 Sentenza n.1229/2018.

13 Tale parere ha cancellato la nota n.10045 del 1 luglio 2016 del MATTM, con cui veniva confermato il potere per le Regioni o “gli Enti da queste individuati” di delineare tali criteri, in caso di mancanza di decreti comunitari o nazionali, in sede di rilascio delle autorizzazioni ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 del TUA. 14 Sentenza del 28 marzo 2019, C-60/18.

15 Dalla normativa europea vengono regolati i seguenti prodotti: rottami di ferro, acciaio e alluminio; rottami di vetro; rottami di rame. Dalla legislazione italiana, invece, sono normati i seguenti prodotti: combustibile solido secondario; conglomerato bituminoso.

16 Si veda in tal senso il Contributo n.118 “L’End of Waste primo tassello di una politica industriale” del Laboratorio REF Ricerche, maggio 2019.

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Alle 3 Regioni spetterebbe la disciplina dell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura

torizzazioni per l’avviamento degli impianti di produzione di biometano, anticipando la legislazione nazionale.

Altro ambito oggetto di discussione è quello dell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, laddove si chiede che tale competenza venga attribuita alle 3 Regioni, nell’ambito del federalismo differenziato. È, questa, una tematica che ha vissuto l’anno scorso una forte incertezza normativa, a cui il Decreto “Genova”17 ha offerto una soluzione tampone18. Nel luglio 2018, il TAR Lombardia ha cancellato una delibera della Giunta regionale lombarda del settembre 2017, con cui si elevavano i livelli di concentrazione massima di alcuni inquinanti per il riutilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura, mediante l’introduzione del riferimento anche ad un parametro sugli idrocarburi, non previsto dalla normativa nazionale. Il tribunale amministrativo ha così ribadito la competenza esclusiva dello Stato, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n.99/1992 e dal TUA. A ulteriore riprova del conflitto di attribuzione che attanaglia le tematiche ambientali, si segnala che nel giugno 2018 il TAR Toscana era giunto a conclusioni opposte, riconoscendo all’amministrazione regionale la facoltà di riparametrare i valori indicati nel TUA per le sostanze non presenti nel D.Lgs. n.99/1992.

L’Emilia-Romagna potrebbe ora intervenire sugli accordi regionali per il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati

Per quel che è inerente agli accordi tra le Regioni per il trattamento dei rifiuti urbani non differenziati, alla Regione Emilia-Romagna sarebbe stata concessa la competenza di intervenire nella materia del commercio extra-regionale del rifiuto. Gli aspetti innovativi di tale accordo sarebbero principalmente due. In primo luogo, il fatto che verrebbe riconosciuta all’amministrazione regionale la possibilità di intervenire in merito all’autorizzazione del conferimento in regione dei rifiuti urbani indifferenziati extra-regionali (capitolo CER 200301). In secondo luogo, l’eventualità di modulare il corrispettivo (fissato in 20 euro per tonnellata dal Decreto “Sblocca Italia”19) per lo smaltimento del rifiuto urbano indifferenziato fuori regione, quale contributo alla Regione di destinazione degli impianti di smaltimento.

Verrebbe così superata la sentenza20 della Corte Costituzionale che ribadiva la competenza esclusiva statale, a fronte di un provvedimento della Regione Lombardia che vincolava il trattamento dei rifiuti urbani prodotti in altre regioni al “previo accordo tra le Regioni interessate”21.

Le 3 Regioni avrebbero conseguito ulteriori competenze

In aggiunta alle competenze di cui sopra, le intese in fase di discussione abbracciano diversi altri ambiti. Nel dettaglio, alle 3 Regioni vengono demandate l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e la definizione dei criteri per determinare le garanzie finanziarie in favore delle Regioni per la gestione dei rifiuti.

Gli accordi con Lombardia e Veneto prevedono, poi, che vengano affidate alle Regioni la determinazione di ordini di preferenza nell’ingresso negli impianti di smaltimento dei rifiuti decadenti dalla attività di trattamento intermedio (catalogo CER 191212), la semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni e l’adozione di misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio di rifiuti.

L’intesa con l’Emilia-Romagna includerebbe la devoluzione a livello regionale delle seguenti competenze: • modalità di gestione dei rifiuti speciali, includendo la possibilità di ridurre la capacità impiantistica al reale fabbisogno regionale e garantire la piena attuazione del principio dell’autosufficienza su base

17 D.L. n.109/2018.

18 Si veda nel dettaglio il Contributo n.107 “I fanghi della depurazione: l’acqua entra nell’economia circolare” del Laboratorio REF Ricerche, ottobre 2018.

19 D.L. n.133/2014, convertito dalla L. n.164/2014.

20 Sentenza n.101/2016.

21 L.R. n.26/2003, art. 14, comma 3.

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regionale; • sottoscrizione di accordi e contratti di programma per la gestione di rifiuti e acque reflue ai fini di una loro valorizzazione; • intesa sui provvedimenti statali che hanno ricadute dirette sull’attuazione delle misure contenute nella pianificazione regionale in materia di rifiuti; • individuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), per la gestione integrata dei rifiuti urbani;22 • criteri e condizioni per applicare le procedure semplificate di cui agli artt. 214, 215 e 216 del TUA; • controllo e verifica degli interventi di bonifica e monitoraggio in materia di gestione dei rifiuti; • individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti; • controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, compreso l’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla Parte IV del TUA; • ispezione preventiva ai fini dell’avvio delle attività di incenerimento e co-incenerimento dei rifiuti; • controllo sulle attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi di depurazione; • irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia di gestione dei rifiuti.

Lo Stato conserverebbe comunque una serie di funzioni generali

Negli accordi con Lombardia e Veneto, viene riportata una serie di competenze che vengono confermate in capo allo Stato, in quanto finalizzate ad individuare i livelli essenziali di tutela da garantirsi su tutto il territorio nazionale, quali: • la definizione di linee guida sui contenuti minimi delle autorizzazioni, ai sensi dell’art. 195, comma 1, lettera b-bis) del TUA; • l’individuazione degli impianti di recupero e di smaltimento, di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese; • la determinazione di criteri generali per l’elaborazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti; • l’individuazione delle iniziative e delle azioni per favorire il riciclaggio e il recupero dai rifiuti e per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici; • la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato; • l’adozione delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure semplificate di cui all’art.

195, comma 2, lettera b) del TUA; • l’indicazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi; • la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto; • la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi dei rifiuti; • la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti; • la definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione del rifiuto e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti; • l’individuazione delle tipologie di rifiuti che possono essere smaltiti direttamente in discarica; • l’adozione di un modello uniforme del registro di carico e scarico e la definizione delle modalità di

22 Similmente a quanto accade con il servizio idrico, la Regione già individua gli ATO.

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tenuta dello stesso, così come degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso; • l’individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici; • l’adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio; • l’organizzazione del catasto dei rifiuti; • la predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento, da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti; • l’individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi ai sensi dell’art. 195, comma 2, lettera u) del TUA; • la predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi; • le attività di vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti.

Le istanze afferenti la tutela delle acque e dell’ambiente La tutela delle acque e dell’ambiente è toccata in misura minore dalla riforma

Rispetto al settore dei rifiuti, quello della tutela delle acque e dell’ambiente appare interessato in misura minore dalla possibile attuazione del federalismo differenziato, in termini di riparto delle competenze legislative e amministrative tra i vari livelli di governo. A richiedere maggior autonomia è soprattutto la Regione Emilia-Romagna, con una discussione concentrata principalmente su sei competenze.

L’Emilia-Romagna vedrebbe confermata l’individuazione degli ATO del SII

Nel dettaglio, la bozza di intesa informale prevede che alla Regione venga attribuita la competenza in merito all’individuazione degli ATO per la gestione del servizio idrico integrato (SII). Parimenti a quanto visto per il caso dei rifiuti, tale competenza è già regionale, tanto per l’Emilia-Romagna quanto per tutte le altre Regioni italiane. Tutto questo avviene nel pieno rispetto della normativa statale, che ne fissa la dimensione minima a livello provinciale o di Città Metropolitana. Nello specifico, l’ATO individuato per la gestione del servizio idrico coincide con il territorio regionale.

In secondo luogo, la Regione riceverebbe la competenza per l’approvazione delle varianti dei piani di bacino distrettuale, di natura non sostanziale, riguardanti il territorio regionale. La materia è disciplinata dagli artt. 57 e 66 del TUA, dove il ruolo principale è svolto dal Governo e dalla Conferenza Stato-Regioni. Con la possibile devoluzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, all’amministrazione regionale verrebbero attribuite funzioni secondarie.

L’Emilia-Romagna inciderebbe sulle attività di pianificazione delle autorità di bacino distrettuale

Vi è, poi, nel contesto delle attività di pianificazione delle autorità di bacino distrettuale, l’espressione del parere per definire gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque regionali, così come le priorità degli interventi e il parere ai fini dell’adozione del piano di tutela delle acque. Si tratta di funzioni amministrative per cui lo Stato attribuisce alle Province l’espressione di un parere23 che la Regione vorrebbe ora accentrare, allargando il raggio d’azione.

L’Emilia-Romagna avrebbe la programmazione triennale degli interventi per attuare il piano di tutela delle acque

Inoltre, la Regione vedrebbe riconosciuta in via esclusiva la programmazione triennale degli interventi finalizzati all’attuazione delle misure previste dal piano di tutela delle acque. Secondo quanto prescrive la normativa statale24, le Regioni provvedono all’elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione del piano di tutela delle acque. In aggiunta, la normativa regionale25 attribuisce all’amministrazione

23 D.Lgs. n.152/2006 (TUA), art. 121.

24 D.Lgs. n.152/2006 (TUA), artt. 61 e 121.

25 L.R. n.13/2015, art. 17.

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regionale, in materia di risorse idriche, le funzioni di indirizzo, pianificazione e programmazione, includendo anche l’erogazione di contributi e benefici economici. La richiesta avanzata appare, dunque, un’estensione dei poteri previsti dalla legislazione statale, conforme al solco tracciato da quella regionale.

L’Emilia-Romagna dovrebbe poter individuare i criteri tecnici per il riutilizzo delle acque reflue e favorirne la loro valorizzazione

Delicata è, anche, la competenza di individuare i criteri tecnici per il riutilizzo delle acque reflue. Si tratta, attualmente, di una funzione statale, secondo quanto prescritto dall’art. 99 del TUA. La Regione potrebbe accrescere il proprio ruolo, in quanto alle amministrazioni regionali già compete l’adozione di norme e misure volte a favorire il riciclo dell’acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate. Alla luce delle crisi idriche e dei crescenti fenomeni siccitosi, la richiesta avanzata appare coerente con un maggior margine di manovra per prevenire tali situazioni in futuro e promuovere la transizione verso un’economia circolare.

Da ultimo, si ha la sottoscrizione, con Enti pubblici, imprese, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria, di accordi e contratti di programma che abbiano ad oggetto la gestione, anche sperimentale, di attività ed impianti con lo scopo di trattare le acque reflue ai fini di una loro valorizzazione.

Per quanto riguarda la Lombardia, all’amministrazione regionale vengono assegnate le funzioni di regolazione e vigilanza sugli Enti pubblici “Consorzio dell’Adda”, “Consorzio dell’Oglio” e “Consorzio del Ticino”26, nonché la disciplina delle relative modalità d’esercizio. Per quanto concerne, invece, il Veneto, viene disposto il trasferimento della potestà statale sulla Laguna di Venezia e sul suo bacino scolante alla Regione. Le aree toccate da tale cessione sono la gestione del demanio marittimo; la programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale o interregionale; la programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri; la sorveglianza sulla Laguna.

Federalismo differenziato: evoluzione o involuzione?

Sulla base delle considerazioni esposte, sembra opportuno cercare di tracciare un bilancio dei cambiamenti prospettati in seguito all’attuazione del federalismo differenziato.

Al momento gli ostacoli sembrano essere più di carattere politico che tecnico, motivo per cui nessuna opzione può essere esclusa anche alla luce dei toni del confronto in vista delle elezioni europee di fine maggio.

Si tratta inevitabilmente di un bilancio parziale, in quanto la portata effettiva dei cambiamenti sarà manifesta solamente nel momento in cui le intese dovessero essere approvate. L’analisi, basata sulle bozze informali più recenti disponibili, sconta delle asimmetrie informative dovute al fatto che poco è lasciato trapelare circa l’aggiornamento dei documenti di lavoro e il preciso avanzamento della trattativa.

26 Gestiscono le acque dei rispettivi fiumi e ne tutelano l’ambiente.

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La differenziazione è più una questione di public governance, che di risorse da trasferire, anche nel settore ambientale

Nel complesso, la differenziazione risulta essere un tema trasversale che si pone essenzialmente in termini di public governance, più che di risorse finanziarie da quantificare e trasferire dal centro alla periferia. Con riferimento agli aspetti economici è assodato che la parte prevalente riguarda la dotazione di risorse per l’istruzione, ovvero la spesa per il personale scolastico. Le stime più accreditate27 quantificano i costi massimi del regionalismo differenziato, sotto l’ipotesi che tutte le materie vengano devolute a tutte e 3 le Regioni. I valori ricavati ammontano a circa 5,2 miliardi di euro per la Lombardia, poco meno di 3 miliardi per il Veneto e quasi 2,6 per l’Emilia-Romagna, con l’istruzione scolastica che incide rispettivamente per 4,8 miliardi di euro, oltre 2,7 miliardi e 2,4 rispettivamente nelle 3 regioni.

Come dimostrato dallo studio effettuato, anche i settori dei rifiuti e della tutela delle acque e dell’ambiente non fanno eccezione in tal senso, avendo per lo più implicazioni sulla governance dei settori piuttosto che sulle risorse in gioco. Sempre facendo affidamento sulla stima precedente, la tutela dell’ambiente vale poco meno di 73 milioni di euro per la Lombardia, quasi 42 milioni per il Veneto e va oltre i 36 per l’Emilia-Romagna.

Indubitabilmente, vi possono essere altre ricadute economiche più o meno dirette. Basti pensare alla possibilità che aumenti il costo massimo a tonnellata dello smaltimento extra-regionale del rifiuto urbano indifferenziato.

Tuttavia, non è questo il punto focale della questione.

Le 3 Regioni mostrano già una serie di best practice, che verrebbe rafforzata dalla differenziazione

Nella materia ambientale, le 3 Regioni vantano una lunga storia di best practice che le rende indubbiamente le più virtuose del Paese. Lombardia ed Emilia-Romagna sono, ad esempio, le uniche due Regioni autosufficienti nella gestione del rifiuto urbano, avendo combinato efficacemente differenti modelli di raccolta con un’adeguata capacità impiantistica28. La Regione Veneto è la prima in termini di percentuale di raccolta differenziata, con quasi il 74% nel 201729, laddove Lombardia ed Emilia-Romagna presentano comunque percentuali tra le più alte in Italia. La Regione Emilia-Romagna è, ad oggi, l’unica tra le grandi regioni italiane a non avere nessuna procedura di infrazione in corso nel settore della tutela delle acque, in virtù di una dotazione di reti fognarie e depuratori aderente alle direttive europee. Per quanto concerne, invece, le perdite idriche dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile per regione, le 3 Regioni si attestano su valori inferiori al dato nazionale a testimoniarne l’impegno nei confronti della tutela dell’ambiente.

Vi sarebbe un avanzamento per le Regioni di riferimento, senza accrescere gli squilibri territoriali interni, superando gli ostacoli esistenti

Alla luce di questi dati, la maggiore autonomia che il federalismo differenziato potrebbe portare in dote sembra preludere alla possibilità di migliorare ulteriormente una governance già di buon livello.

Le Regioni vedrebbero rafforzato il proprio ruolo nei confronti degli Enti locali e degli altri enti e agenzie che operano nel campo ambientale. Verrebbe garantito un margine di manovra più ampio a delle amministrazioni regionali che hanno dato prova di buon governo e che costituiscono un riferimento nel settore, senza per questo accrescere gli squilibri del Paese che viaggia da tempo a velocità diverse. Viene, dunque, prospettato un possibile avanzamento per alcune Regioni, che non determina il regresso delle altre, ma che, anzi, dovrebbe auspicabilmente fungere da stimolo all’adozione capil-

27 “I costi del federalismo asimmetrico: alcune ipotesi”, A. Filippetti e F. Tuzi, in LA FINANZA TERRITORIALE Rapporto 2018, Rubbettino Editore (2018).

28 Si veda il Contributo n.115 “Rifiuti urbani e regolazione economica: il ruolo delle regioni” del Laboratorio REF Ricerche, marzo 2019.

29 Dati ISPRA.

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lare delle pratiche e dei modelli migliori in essere. È, questo, un fine implicito nella nozione stessa di regionalismo differenziato che, se da un lato favorisce lo sviluppo delle peculiarità e dei punti di forza di ciascun territorio, dall’altro, incentiva il miglioramento nella gestione delle prestazioni pubbliche, ispirandosi a quelle giurisdizioni che hanno implementato policy efficienti.

Parimenti, si andrebbero a colmare lacune normative e i ritardi nella risposta delle amministrazioni centrali, permettendo il superamento dell’attuale stallo come è per il caso della disciplina di end of waste, e assicurando uniformità come dovrebbe essere per il caso dei criteri regionali di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani. Motivo per cui, le richieste avanzate appaiono essere ben motivate e giustificate.

L’applicazione della clausola di asimmetria costituisce, infatti, un tentativo di risolvere l’inerzia derivante dai continui conflitti di attribuzione che hanno segnato la materia ambientale dal 2001 in avanti.

La logica della riforma risiede nel desiderio di superare gli ostacoli che impediscono alle Regioni virtuose di sfruttare pienamente le potenzialità di cui dispongono. Non si tratta dunque di sottrarre risorse economiche piuttosto di liberare quello spatium deliberandi coerente con la possibilità di promuovere e accompagnare le grandi sfide ambientali di questa epoca.

A dispetto di come è si è imposto il dibattito presso l’opinione pubblica, le istanze autonomiste insistono sulla facoltà concessa alle Regioni virtuose di continuare ad essere di buon esempio.

Il tentativo di consentire una ricorsa tra Regioni, un equilibrio al rialzo nell’interesse del Paese.

L’alternativa è accettare una convergenza al ribasso, verso equilibri centrali e territoriali fallimentari e insoddisfacenti.

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