settembre 2014
N°22
Lo "Sblocca Italia" e l'inerzia delle Regioni Laboratorio Servizi Pubblici Locali
Abstract L'Italia rischia sanzioni pesanti per le carenze della rete fognaria e della capacità di depurazione. Il nostro Paese non ha adeguato nei tempi previsti le prescrizioni di una Direttiva dei primi anni '90, che obbligava gli Stati Membri a dotarsi di sistemi di raccolta delle acque reflue urbane e a garantire opportuni trattamenti per rimuovere gli inquinanti dagli scarichi. Si è perso molto tempo e anche di recente le già esigue risorse pubbliche a disposizione per il finanziamento delle opere idriche sono rimaste in gran parte inutilizzate sopratutto a causa delle carenze e delle inerzie di Regioni ed Enti Locali. E’ una emergenza per le sanzioni economiche che si prospettano e soprattutto per le conseguenze per la salute delle acque superficiali e costiere. Il decreto "Sblocca Italia" tenta di recuperare il terreno perso, prevedendo il commissariamento delle Regioni che hanno dimostrato una scarsa efficacia nella gestione delle risorse pubbliche.
REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Federutility - Utilitatis, SMAT, IREN, Confcommercio - Imprese per l'Italia, CO.MO.I. Group, Veolia, Acquedotto Pugliese. Stesura: Donato Berardi, Lucia Quaglino e Samir Traini e-mail: laboratorio@refricerche.it
La missione del Laboratorio
Dal 1° dicembre 2013 ha iniziato la sua attività il Laboratorio Servizi Pubblici Locali (Lab SPL), un forum di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Nonostante questi avvenimenti, il comparto dei Servizi Pubblici Locali in Italia raramente è fonte di un dibattito “sistemico”: prevalgono nella discussione contrapposizioni e dicotomie (pubblico vs. privato, stato vs. mercato, locale vs. nazionale, …) quasi mai sorrette da analisi quantitative ed economiche. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.
Donato Berardi Direttore e-mail: dberardi@refricerche.it tel. 02 87078150
N°22
Lo "Sblocca Italia" e l'inerzia delle Regioni Risorse inutilizzate per le opere idriche: arriva lo "Sblocca Italia"
Entro il 30 settembre 2014 si attiva il potere sostitutivo da parte del Governo
Istituzione di un fondo finanziato con le risorse assegnate in passato e rimaste inutilizzate
Il nodo del decreto attuativo
Nel corso degli ultimi anni il Comitato Interministeriale della Programmazione Economica (CIPE) ha messo a disposizione risorse da destinare per interventi nel settore idrico, al fine di superare le criticità legate alle procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese per il mancato rispetto di adeguati livelli di depurazione delle acque reflue urbane imposti con la Direttiva 91/271 (si veda allegato). Una situazione che sottolinea il grave ritardo in cui versa il Paese e che riflette la cronica incapacità di pianificazione e spesa delle Regioni, segnatamente nel Mezzogiorno. Con il decreto "Sblocca Italia" approvato dal Consiglio dei Ministri del 29 agosto 2014, il Governo ha delineato un meccanismo di accellerazione delle procedure di progettazione e realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione che sono oggetto di procedura di infrazione o di condanna da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
Lo "Sbocca Italia" (ancora in fase di stesura definitiva) prevede che entro il 30 settembre 2014, il Governo possa esercitare su proposta del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (MATT), il potere sostitutivo con la nomina di commissari straordinari, da effettuarsi nelle successive due settimane, sempre su proposta del MATT, in tutte quelle situazioni di inutilizzo dei fondi assegnati dal CIPE, con delibera 60/2012, per finanziare le opere idriche. Su questo punto, alcune versioni in bozza del decreto assegnavano un potere di assenso alle Regioni per la nomina del Commissario: è evidente che una tale previsiome normativa depotenzierebbe inevitabilmente l'efficacia dell'intervento del Governo. Parallelamente, il decreto prevede l'istituzione presso il MATT di un apposito Fondo destinato al finanziameno degli interventi, le cui risorse deriveranno dalla revoca dei finanziamenti già individuati con la delibera CIPE 60/2012 per i quali al 30 settembre 2014 non risultino ancora assunti atti giuridamente vincolanti e per i quali, dopo specifiche verifiche tecniche da parte dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), risulteranno obbiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico. L'elenco delle opere che si troveranno in tali condizioni dovrà essere fornito entro il 31 ottobre 2014 dalle Regioni o dai commissari straordinari eventualmente nominati. Successivamente, entro due mesi ISPRA dovrà procedere alle verifiche dei progetti indicati e riferire al MATT.
Lo Sblocca Italia prevede che l'utilizzo del Fondo sia subordinato all'affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato secondo le prescrizioni del Codice dell'Ambiente (D.Lgs 152/06): il gestore è poi chiamato a cofinanziare le opere individuate con una quota a valere sulle tariffe del servizio proporzionale al valore degli investimenti da finanziare. I criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento delle opere dovranno essere definiti con un nuovo decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del MATT , di concerto (per quanto di competenza) con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT). In altre parole, con l'ipotesi del commissariamento e del ritiro dei fondi assegnati e non utilizzati appare chiara la presa di coscienza delle problematiche che attanagliano il corretto ed efficace utilizzo delle scarse risorse pubbliche a disposizione ma restano i soliti settembre 2014
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Lo "Sbocca Italia" e l'inerzia delle Regioni nodi legati al continuo procrastinare ad ulteriori decreti per rendere effettivo l'utilizzo delle eventuali risorse recuperate.
Le infrazioni comunitarie e le sanzioni Ritardi nel recepimento della Direttiva 91/271
Il ritardo nel recepimento della Direttiva 91/271 ha determinato nel tempo l’avvio di tre differenti procedure di infrazione, di cui le prime due sono già giunte a sentenza definitiva. In ordine di tempo le procedure sono le seguenti:
1) Procedura d’infrazione 2004/2034 Tale procedura è stata avviata nel 2010 dalla Commissione Europea per il mancato adempimento della Direttiva 91/271/CEE, riguardanti rispettivamente i sistemi di raccolta e trattamento non adeguato al carico negli agglomerati superiori ai 15 000 a.e. che scaricano in aree non sensibili (ovvero normali). In particolare la Commissione aveva rilevato che i dati a sua disposizione dimostravano una situazione di grave carenza infrastrutturale riguardo la realizzazione sia di impianti fognari di canalizzazione dei reflui, sia degli impianti destinati al trattamento secondario degli stessi. Dalla ricognizione risultava infatti che le strutture dotate delle caratteristiche richieste dalla Direttiva erano presenti soltanto in una parte minoritaria degli agglomerati. Per molti Comuni individuati nella procedura, la Commissione aveva addirittura ravvisato la mancanza di impianti di fognatura per la raccolta di tutti i reflui urbani, mentre per altri si riscontrano la mancanza di impianti capaci di trattamento secondario. Il 19 luglio 2012 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso sentenza di condanna per 101 agglomerati, la maggior parte dei quali localizzati nelle regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Campania e Calabria). Mancato adeguamento per le aree sensibili
2) Procedura d’infrazione 2009/2034 Tale procedura è stata avviata in seguito alle informazioni richieste dalla Commissione sul funzionamento e la conformità alla Direttiva delle reti fognarie e degli impianti che servono gli agglomerati con più di 10 000 a.e., che scaricano in aree sensibili o loro bacini drenanti, precisando per ciascun agglomerato le motivazioni alla base della designazione e le sostanze di cui si chiedeva la rimozione (azoto e/o fosforo). Oltre che provvedere con alcuni mesi di ritardo, la risposta italiana è stata anche incompleta. Livello di conformità alla Direttiva 91/271/CE (al 31/12/2009) Agglomerati numero %
Carico inquinante AE (Mln) %
Art.3 (Reti fognarie) Agglomerati conformi Agglomerati totali (target)
2.963 3.203
93% 100%
70,9 81,1
87% 100%
Art.4 (trattamento secondario reflui) Agglomerati conformi Agglomerati totali (target)
2.075 3.099
67% 100%
48,9 75,9
65% 100%
94 121
78% 100%
6,8 7,8
86% 100%
Art.5 (trattamento reflui in aree sensibili) Agglomerati conformi Agglomerati totali (target)
Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati Commissione Europea
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Lo "Sbocca Italia" e l'inerzia delle Regioni Alla conclusione dell’indagine la Commissione ha evidenziato che almeno 159 agglomerati italiani con più di 10 000 a.e., che scaricano in aree sensibili e loro bacini drenanti, continuavano a non essere conformi ai requisiti indicati dalla Direttiva a distanza di molti anni dal termine del 31 dicembre 1998. Il 10 aprile 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso sentenza di condanna per 41 agglomerati, la maggior parte dei quali localizzati nell’area settentrionale del Paese. Ancora ritardi su più fronti
Le sanzioni
I costi/benefici tra sanzioni e limite all’aumento tariffario
3) Procedura d’infrazione 2014/2059 Per quanto riguarda la procedura di infrazione 2014/2059, la Commissione Europea aveva richiesto dall’aprile 2011 al giugno 2013 una serie di informazioni riguardo l’attuazione della Direttiva in oltre 1 500 agglomerati urbani con carico superiore ai 2 000 a.e. che non risultavano conformi ai dettami della direttiva stessa (in particolare agli artt. 3, 4, 5 e 10). Nello specifico all'Italia veniva contestato: • l'assenza in alcuni agglomerati di un sistema di raccolta delle acque reflue; • la mancanza di un adeguato livello di trattamento dei reflui anche laddove gli impianti sono presenti; • il mancato trattamento dei reflui che scaricano in aree sensibili; • il mancato rispetto della riduzione richiesta per i parametri di azoto e fosforo totale.
Nei prossimi 12-18 mesi la Corte di Giustizia dovrebbe stabilire l’ammontare delle sanzioni che l’Italia, qualora non dovesse adeguarsi al dispositivo della sentenza, dovrà sostenere per le condanne già ricevute. In particolare, le sanzioni consistono di due parti: una somma forfettaria e una penalità di mora. Secondo l'art. 260 del Trattato Europeo, l’Italia potrebbe essere chiamata a pagare per ciascuna sentenza di condanna una somma forfettaria calcolata sulla base del PIL non inferiore a 9 milioni e 920 mila euro. A questa si unisce una penalità che va da un minimo di 11.904 euro a un massimo di 714.240 euro per ogni giorno di ritardo nell'adeguamento a decorrere dalla sentenza, cui si aggiunge la possibile sospensione dei fondi europei fino all'attuazione delle misure dovute. Secondo le stime della "Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche" dal 1° gennaio 2016 l'Italia rischia una sanzione del valore di 462 milioni di euro. In termini assoluti, a pagare il costo maggiore sarà la Sicilia (185 milioni di euro), seguita dalla Lombardia (74) e dal Friuli Venezia-Giulia (66).
Se questa è la situazione, da più parti è stato suggerito di valutare attentamente i costi/ benefici tra il rischio di pagare sanzioni giornaliere di centinaia di migliaia di euro per la carenza di adeguate infrastrutture idriche e la possibilità di elevare il limite all’aumento tariffario stabilito dalla regolazione AEEGSI1. va consierato infatti che i fondi pubblici assegnati dal Cipe per le opere idriche costituiscono solo una minima parte del fabbisogno annuale di cui necessita il sitsema idico italiano; del resto lo stesso "Sblocca Italia" richiede che il gestore benificario delle risorse pubbliche compartecipi al finanziamento delle infrastrutture con il gettito della tariffa e un limite alla sua crescita potrebbe compromettere la capicatà di investimento necessaria. In sostanza, si vorrebbe evitare di replicare gli errori del passato, in cui gli investimenti infrastrutturali sono stati troppo spesso sacrificati sull’altare del contenimento tariffario, almeno in alcune aree del paese. 1 Si ricorda che nell'attuale Metodo Tariffario (MTI), i limiti agli incrementi tariffari sono posti al 6,5% e al 9%, in funzione del rapporto tra investimenti programmati nel periodo 2014-2017 e il capitale investito netto regolatorio al 2011. settembre 2014
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Lo "Sbocca Italia" e l'inerzia delle Regioni Le carenze della depurazione in Italia Sistemi di collettamento e trattamento depurativo insufficienti
Il servizio di depurazione nel nostro paese è il segmento di attività che richiede interventi più urgenti. I sistemi di collettamento e di depurazione, in alcuni casi, non risultano sufficientemente idonei (potenzialità, livelli di trattamento, assenza di vasche di prima pioggia) ad abbattere il carico inquinante dei volumi di acque reflue e industriali prodotti da vasti agglomerati. Secondo i dati della Commissione Europea2, l'Italia registra un tasso di copertura del sistema di collettamento sul totale dei reflui urbani del 87%, tasso che scende al 64% per quanto concerne il trattamento depurativo dei reflui nelle zone normali e risale all'86% nelle zone sensibili. La Francia presenta una copertura dei sistemi di collettamento del 95%, percentuale che scende all'84% per il tratamento depurativo nelle aree normali delle zone normali dell'84% e si assesta all'86% per le aree sensibili, la Germania mostra una copertura pressochè totale per fognatura e depurazione, infine il Regno Unito, pur registrando una copertura quasi totale del sistema di collettamento del trattamento in aree normali, scende al 63% per il trattamento in aree sensibili.
Trattamento dei reflui: agglomerati sul territorio nazionale
(in blu gli agglomerati in linea con le prescrizioni comunitarie, in rosso quelli non adeguati)
Fonte: European Environment Agency
Le risorse del CIPE e l'inerzia di Regioni ed Enti locali Le Delibere CIPE del biennio 2011-2012
Per rispondere ai rilievi sollevati a seguito dell'avvio delle procedure di infrazioni ed evitare le sanzioni stesse, nel corso del biennio 2011-2012 il Governo è intervenuto con alcune Delibere CIPE finalizzate a finanziare risorse per determinati interventi nel settore idrico (Tabella allegata). 2 European Enviroment Agency, Waterbase-Urban Waste Water treatment Directive, dati 2001. Per la definzione di aree normali e sensibili secondo le prescrizioni della Direttiva 91/271 si rinvia all'allegato al presente contributo. settembre 2014
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Gli interventi si concentrano sulla progettazione preliminare
In particolare si segnala la Delibera CIPE n.60 del 2012, che ha messo a disposizione risorse cospicue (183 interventi per 1,7 miliardi di euro). La quasi totalità dei fondi è stata allocata su progetti che interessano l’area meridionale e insulare del Paese.
Secondo un’analisi elaborata da Invitalia sulla stato di attuazione degli interventi previsti (281 per un valore complessivo di oltre 2 miliardi euro) nelle delibere CIPE aggiornata al 31 maggio 2014, a distanza di qualche anno il numero degli interventi e le relative risorse spese si concentra ancora principalmente nella fase di progettazione preliminare. Settore Idrico, Delibere CIPE 62/2011 - 60/12 - 87/2012- 79/2012
Regione Sicilia Puglia di cui: Delibera CIPE 60/2012 Delibera CIPE 62/2011 Delibera CIPE 87/2012 Delibera CIPE 79/2012
Calabria Campania Sardegna Basilicata Totale
Totale Risorse
milioni di euro
1164,40 335,20
percentuale
96 96
percentuale
40% 40%
98,80 90,90 127,20 18,20
4,90% 4,51% 6,30% 0,90%
38 33 21 4
16% 14% 9% 2%
217,60 214,00 54,20 32,20
10,78% 10,61% 2,69% 1,60%
16 7 15 11
7% 3% 6% 5%
2017,60
100,00%
241
100%
Fonte: Invitalia e Unità Tecnica Specialistica del MATTM
Fondi assegnati sostanzialmente inutilizzati
57,71% 16,61%
Interventi
numero
In base alla verifica a cui sono sottoposti gli interventi deliberati da parte dell’Unità Tecnica specialistica del MATT, è risultato che solo per la Sardegna si è potuta espletare la verifica tecnica scientifica prima dei bandi di gara, mentre nessun intervento della regione Campania è stato verificato (i primi progetti sono stati inviati al MATTM il 29 maggio 2014). In termini di valutazione, il 63% dei progetti (in valore) verificati in Sicilia deve essere rielaborato e il 15% ha ottenuto un parere negativo. Anche la Calabria registra un 26% di interventi che deve essere rielaborato e addirittura un 29% per i quali deve essere formulato un parere. Questi pochi dati confermano le carenze nel meccanismo di governance delle risorse pubbliche che interessano anche il mancato utilizzo dei fondi strutturali comunitari con evidenti ripercussioni sui futuri assegnamenti. Una delle cause maggiori dell'inefficienza nell'utilizzo di tali risorse va ricercato nel difficile coordinamento tra Ministeri, Regioni e gli altri stakeholders (enti locali, associazioni degli utenti, etc.), in particolare nella fase progettuale e nel rispetto della tempistica di attuazione.
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Lo "Sbocca Italia" e l'inerzia delle Regioni Valore interventi per stato avanzamento verifica
Milioni di euro
2500 2000 1500 1000 500 0 Interventi deliberati
Verificati dall'UTS
Parere formulato
Fonte: Invitalia e Unità Tecnica Specialistica del MATTM
Valore interventi per stato avanzamento verifica
(in percentuale dei progetti verificati) Da formulare
Da rielaborare
Negativo
Positivo
positivo con prescrizioni
100% 80% 60% 40% 20% 0% Basilicata
Calabria
Campania
Puglia
Sardegna
Sicilia
Totale
Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati Invitalia e Unità Tecnica Specialistica del MATTM
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ALLEGATO La Direttiva 91/271 Direttiva 91/271: tutela ambientale e lotta all’inquinamento
La carenza di dotazioni infrastrutturali può causare inquinamento e danni economici
Norme sulla raccolta e sul trattamento delle acque reflue
Gli obblighi della Direttiva
I termini massimi della Direttiva...
Fin dai primi anni '90, l'Unione Europea ha imposto agli Stati Membri l'adozione di una disciplina in materia di qualità delle acque non solo nella fase di fornitura ma anche all'atto della sua reimmissione nell'ambiente. La Direttiva 91/271 prescrive precisi obblighi in materia di trattamento delle acque reflue urbane e rappresenta un tassello fondamentale per la protezione dell'ambiente e la tutela della salute umana.
Un livello carente di dotazione infrastrutturale può causare l'inquinamento organico dei corpi idrici superficiali, nonché l'accumulo di carichi di nutrienti eccessivi (eutrofizzazione1) che interessa soprattutto zone e siti sensibili dal punto di vista ambientale, quali laghi, fiumi, acque costiere e marine. L’inquinamento delle acque reflue può accelerare la perdita di biodiversità e deteriorare la qualità dell'acqua potabile o le acque di balneazione, con conseguenze negative per la salute umana e per le attività economiche legate al turismo.
La Direttiva impone ai centri urbani il rispetto di norme sulla raccolta e sul trattamento delle acque reflue, stabilendo precise scadenze per la loro realizzazione, fissate in funzione della rilevanza delle aeree2 in cui si riversano le acque reflue e della popolazione ivi residente In particolare, essa prescrive che tutti gli agglomerati con carico generato maggiore di 2 000 abitanti equivalenti (a.e.3) siano dotati di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che consentano di soddisfare specifici standard ambientali in merito alla qualità dei sistemi di raccolta e di trattamento delle acque. In particolare, gli artt. 4 e 5 prevedono che gli Stati Membri sottopongano a trattamento (secondario o equivalente e terziario, in base alle caratteristiche dell’acqua di destinazione4) le acque reflue che confluiscono nelle reti fognarie. La Direttiva fissa delle scadenze temporali entro le quali raggiungere gli obiettivi:
• entro il 31 dicembre 2000, gli Stati Membri provvedono affinché tutti gli agglomerati
con un numero di a.e. superiore a 15 000 siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane (art. 3); devono inoltre assicurare che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente (art.4); • entro il 31 dicembre 2005 (art.3), gli Stati Membri provvedono affinché tutti gli ag-
1 Per eutrofizzazione si intende il processo di arricchimento in nutrienti (soprattutto sali di fosforo e azoto) degli ecosistemi acquatici. 2 Le aree si suddividono in normali e sensibili: per queste ultime si intendono le aree individuate secondo i criteri contenuti all’Allegato II della Direttiva 91/271/CEE. 3 Per abitante equivalente si intende la quantità di sostanze organiche biodegradabili, derivate da un'utenza civile o assimilabile a questa, convogliate in fognatura nell'arco temporale di un giorno (24 ore) cui corrisponde una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (120 ore) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno. L'abitante equivalente rappresenta l’unità di misura basilare per il dimensionamento e la scelta dell’idoneo sistema di depurazione delle acque reflue domestiche e/o assimilate. 4 Per trattamento secondario si intende il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che comporta un trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o con un altro processo in cui vengano rispettati determinati requisiti stabiliti dalla direttiva stessa. Il trattamento terziario, o più avanzato, integra il trattamento secondario, qualora necessario, ed è essenzialmente mirato all’eliminazione di nutrienti per contrastare l’eutrofizzazione o ridurre l’inquinamento batteriologico che può avere conseguenze sulla salute umana. settembre 2014
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glomerati con numero di a.e. compreso tra 2 000 e 15 000 siano provvisti di reti fognarie per il collettamento delle acque reflue urbane; devono inoltre assicurare che negli agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 15 000 le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente (art.4); la scadenza è anticipata al 31/12/1998 per gli agglomerati con carico generato superiore a 10 000 a.e che scaricano in acque sensibili (art.5).
L’adozione della Direttiva era fissata entro il 30 giugno 1993, mentre erano previsti alcuni impegni secondo le seguenti tempistiche: • entro il 31 dicembre 1993 sia lo scarico delle acque reflue industriali nei sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane sia l’immissione di alcune sostanze industriali biodegradabili in acque recipienti dovevano essere subordinati a preventive autorizzazioni e/o regolamentazioni; • entro la medesima data, gli Stati Membri avrebbero dovuto elaborare un programma di attuazione della Direttiva e procedere all’individuazione delle aree sensibili; • ogni due anni, i paesi Membri erano chiamati a pubblicare un rapporto, da trasmettere alla Commissione, sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane e dei fanghi nelle aree di loro competenza; • entro il 31 dicembre 1998 i fanghi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovevano essere subordinati a norme generali, di registrazione o autorizzazione, cessando lo smaltimento in acque superficiali mediante immersione da navi, scarico attraverso condotte o altri mezzi; • infine, gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovevano essere preventivamente subordinati a regolamentazioni e/o autorizzazioni specifiche e a monitoraggi adeguati.
Il nostro Paese non ha rispettato tali scadenze, subendo dapprima una condanna da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (12 dicembre 1996), e successivamente, nel 1998 una messa in mora con parere motivato da parte della Commissione per mancata esecuzione della sentenza. Solo nel 1999, ultimo tra gli Stati Membri, si è adeguato alle indicazioni comunitarie con il D.lgs. 152/99, riuscendo però a rinviare fino al 2001 l’indicazione delle aree sensibili.
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