giugno 2016
Acqua N°63
L'efficienza nel settore idrico italiano: punti fermi e questioni aperte Laboratorio SPL Collana Acqua Abstract L’efficienza è uno degli obiettivi che la regolazione incentivante è chiamata a perseguire. L’efficienza come leva per coerenziare l’elevato fabbisogno di investimento e la sostenibilità della tariffa. L’efficienza come spartiacque nel percorso di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche e di crescita delle dimensioni gestionali. Ci sono ampi margini di recupero di produttività e i “costi standard” possono giocare un ruolo decisivo nell’orientare le scelte in materia di affidamento (in house providing) e aggregazione. Efficiency is one of the goals that incentive regulation has to pursue. Efficiency as a lever to conciliate the huge need of investments and tariffs sustainability. Efficiency as a divide in the process of rationalization of publicly owned firms and operational dimensions growth. There are wide margins of productivity gains and "standard costs" can play a crucial role in guiding the choices in terms of entrustment (in house providing) and aggregations.
REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, CO.MO.I. Group, Veolia, Acquedotto Pugliese, HERA, Metropolitana Milanese, CRIF Ratings, Cassa per Servizi Energetici e Ambientali, Cassa Depositi e Prestiti, Viveracqua, Romagna Acque, Water Alliance Il presente lavoro è frutto di una collaborazione tra il Laboratorio REF Ricerche e il Dipartimento di studi per l'economia e l'impresa dell'Università del Piemonte Orientale. Il paragrafo "Efficienza e frontiere nel settore idrico: una rassegna degli studi sull’Italia" e relativo allegato è stato curato dalla ricercatrice Clementina Bruno. Le opinioni espresse nel resto del testo riflettono esclusivamente la posizione del Laboratorio REF Ricerche. Gruppo di lavoro: Graziano Abrate, Donato Berardi, Clementina Bruno, Fabrizio Erbetta, Giovanni Fraquelli, Anna Menozzi, Samir Traini e-mail: laboratorio@refricerche.it
Gli ultimi contributi n. 62 - Acqua - La gestione industriale del servizio idrico: scenari di crescita, maggio 2016 n. 61 - Acqua - Investimenti nel SII: 2 miliardi di euro il "potenziale inespresso", maggio 2016 n. 60 - Acqua - Il grossista industriale: da garante dell’approvvigionamento idrico a finanziatore delle opere, maggio 2016 n. 59 - Acqua - Alla ricerca dell'efficienza, aprile 2016 n. 58 - Acqua - Qualità contrattuale rinforzata: arrivano standard minimi, rimborsi automatici, premi e penalità, marzo 2016 n. 57 - Acqua - Gli affidamenti nel tempo della responsabilità e delle scelte, marzo 2016 n. 56 - Acqua - La nazionalizzazione dell'industria idrica è una proposta irresponsabile, febbraio 2016 n. 55 - Acqua - Regolazione indipendente e scala provinciale: un progetto industriale per i SPL, febbraio 2016 n. 54 - Acqua - Partecipate pubbliche: le nuove regole dimenticano i servizi a rete di rilevanza economica, febbraio 2016 n. 53 - Acqua - Diffide, impugnative e poteri sostitutivi: la “stretta” via al riassetto della governance, gennaio 2016 Tutti i contributi sono liberamente scaricabili, previa registrazione, dal sito REF Ricerche
La missione
Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese. Donato Berardi Direttore e-mail: dberardi@refricerche.it Editore: REF Ricerche srl Via Saffi 12 - 20123 Milano tel. 0287078150 www.refricerche.it ISSN 2531-3215
Acqua N°63
Efficienza nel settore idrico italiano: punti fermi e questioni aperte
Efficienza e crescita dimensionale nella regolazione incentivante La promozione dell’efficienza è un obiettivo della regolazione
La promozione dell’efficienza è uno degli obiettivi che la regolazione è chiamata a perseguire.
L’efficienza ha ispirato la riforma del SII
Il perseguimento dell’efficienza ha ispirato l’intera riforma del servizi idrico integrato sin dalla Legge Galli, laddove la riorganizzazione del servizio idrico doveva manifestarsi in primis con l’aggregazione delle gestioni e l’integrazione delle diverse fasi del ciclo, al fine di conseguire economie di scala e di scopo.
Misurare l’efficienza fa emergere buone pratiche e gestioni che beneficierebbero di processi di aggregazione Benchmarking per incentivare la riduzione dei costi operativi Unbundling contabile propedeutico ai costi standard
E’ una questione che si pone per il settore idrico, interessato negli anni recenti da interventi legislativi ispirati dalla volontà di raggiungere una scala efficiente e dall’avvento della regolazione indipendente, che ha il compito di indicare gli strumenti per perseguire l’efficienza e di misurarne i progressi.
La riduzione del grado di inefficienza è il “dividendo” che le collettività locali possono e debbono esigere in esito ad un processo di aggregazione, in termini di minori tariffe o di migliore qualità del servizio.
Misurare l’efficienza delle gestioni è poi un modo per fare emergere le buone pratiche e segnalare le gestioni che non hanno le condizioni per assicurare un servizio di qualità ad un costo congruo. In questi ultimi casi, in particolare, emerge come gli operatori di dimensioni ridotte beneficerebbero di processi di aggregazione, generando un risparmio di risorse legato allo sfruttamento di economie di scala. Per questi motivi la promozione dell’efficienza è tra gli obiettivi perseguiti dal regolatore AEEGSI, che ha intrapreso iniziative finalizzate ad incentivare la riduzione dei costi operativi del servizio, anche attraverso il benchmarking.
Tuttavia, solo di recente il regolatore ha promosso l’avvio di criteri per la separazione contabile1, un tassello fondamentale e propedeutico alla definizione dei “costi standard”, i quali permetteranno di implementare meccanismi di efficientamento migliorati e più efficaci. Il presente contributo si propone di esaminare i più recenti lavori che hanno analizzato il grado di efficienza del settore idrico italiano.
1 Delibera AEEGSI 137/2016/R/Idr.
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Efficienza nel settore idrico italiano: punti fermi e questioni aperte
Efficientamento e benchmarking: le lezioni della letteratura Evidenze ambigue per alcune determinanti dell’efficienza, conseguenza anche di metodologie e dati diversi L’individuazione delle determinanti serve a fornire basi conoscitive migliori per l’applicazione della regolazione incentivante
Scala gestionale ottimale ampiamente indagata a differenza della scala finanziaria efficiente
I costi standard rimangono la tecnica più robusta e invalsa
Sintesi delle evidenze della letteratura
Le evidenze non forniscono indicazioni univoche riguardo ad alcune delle determinanti dell’efficienza, anche perché riflettono approcci metodologici diversi (frontiere deterministiche vs stocastiche, parametriche vs non parametriche), unità di analisi non coerenti (singoli gestori o interi Ambiti), e prospettive temporali diverse (dati di consuntivo vs dati di pianificazione). A tale proposito, infatti, si vedrà come il dibattito, più oltre riassunto, sia fortemente orientato ad individuare il legame tra il possesso di taluni attributi e l’efficienza produttiva (la natura proprietaria della gestione, la natura congiunta o meno del processo produttivo, il grado di integrazione della filiera, ecc.). Tale orientamento non deve tuttavia essere interpretato dal lettore come un approccio volto a fornire una “giustificazione” esogena, e quindi non controllabile, al livello di efficienza (o di inefficienza) operativa delle imprese. Al contrario, lo studio e l’individuazione delle determinanti dell’efficienza ha l’obiettivo di raffinarne la misurazione, per fornire migliori basi conoscitive ai fini dell’applicazione della regolazione incentivante, da tempo indicata dalla teoria economica come lo strumento per promuovere l’efficienza stessa, in presenza di asimmetrie informative e fallimenti del mercato.
Vi è poi il tema della scala gestionale ottimale, ampiamente trattato nella prospettiva del dimensionamento operativo. Assai meno indagata è la questione relativa alla scala finanziaria efficiente, ossia la dimensione che permette di negoziare condizioni contrattuali tali da minimizzare il costo del capitale, coerentemente con l’elevata intensità di investimenti che il settore esprime. Per quanto tale tematica esuli dal campo dell’efficiency analysis in senso stretto2, essa rappresenta un interessante spunto per futuri approfondimenti in un settore in cui la necessità di investimenti assume un ruolo centrale, per la necessità di affrontare le sfide del cambiamento climatico, i flussi migratori e la crescente antropizzazione del pianeta. Date queste premesse appare utile riportare una sintesi delle evidenze presenti nella letteratura analizzata, nella convinzione che i “costi standard”, definiti sulla base di frontiere efficienti, pur nei loro limiti, continuino a rappresentare la tecnica più robusta e invalsa nella regolazione incentivante. La letteratura che si è occupata di efficienza del servizio idrico ha dimostrato che:
• le dimensioni del bacino servito contano: il conseguimento di economie di scala è significativo per i micro e piccoli operatori che avrebbero ricadute benefiche da un processo di crescita dimensionale; • le economie di densità impattano in modo significativo sui costi operativi; • la proprietà delle gestioni non è una determinante dell’efficienza: non emergo no risultati univoci, così come per la localizzazione geografica; • è fondamentale tenere conto delle peculiarità del bacino servito: le caratteri- 2 In quanto è collegata alla capacità dell’impresa di agire sul prezzo di uno dei fattori della produzione, più che sul loro consumo o sul loro mix. Si veda in proposito l’Allegato sulle metodologie di stima.
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Presenza di guadagni di efficienza potenziali tra il 10% e il 30%
Approcciare il tema efficienza in termini di costi operativi e di capitale, trasferendo parte dei risparmi all’utenza
stiche del bacino di utenza servito (distribuzione e numero delle utenze, scarsità/ disponibilità della risorsa, area rurale/urbana, eccetera) giocano un ruolo centra- le nel determinare le condizioni di costo. La maggior parte degli studi sembra tuttavia offrire indicazioni convergenti circa la presenza di guadagni di efficienza potenziali compresi tra il 10% e il 30%. Sono indicazioni che appaiono coerenti con i divari di costo operativo documentati anche da AEEGSI e che sembrano suggerire che l’efficientamento deve rappresentare uno degli ingredienti per conciliare l’ingente volume di investimenti necessari con la sostenibilità degli sviluppi tariffari.
Si tratta di sostanziare un percorso di regolazione che incentivi l’efficienza. Una possibilità sembra essere quella delineata da altre esperienze internazionali (Ofwat su tutte), in cui ci si approccia al problema non solo in termini di costo operativo ma anche di costo del capitale, con meccanismi che permettono alle aziende più efficienti di trattenere i guadagni nei periodi infra-regolatori, trasferendone una parte agli utenti finali, in concomitanza delle revisioni tariffarie, sotto forma di minori tariffe.
Efficienza e frontiere nel settore idrico: una rassegna degli studi sull’Italia L’efficienza nelle metodologie di frontiera è data dalla distanza dalle migliori pratiche
Per i servizi di pubblica utilità l’efficienza è espressa in termini di riduzione degli input a parità di output
Contributi della letteratura eterogenei per metodologia, oggetto d’analisi e natura dei dati utilizzati
Il concetto di efficienza basato su metodologie di frontiera è legato alla valutazione della distanza di una data impresa (o unità) rispetto ad un luogo ideale (o “frontiera”, da cui il nome) di imprese che adottano best practices e che costituiscono per questo il benchmark di riferimento. Maggiore è la distanza dell’impresa dalle migliori pratiche (frontiera), minore sarà il suo livello di efficienza. I punteggi (scores) che misurano il grado di efficienza di ciascuna impresa sono compresi tra 0 a 1, dove 1 indica l’efficienza massima3.
L’efficienza può essere espressa sia come potenziale crescita dell’output (prodotto/i) a parità di input del processo produttivo (quanto di più potrei produrre utilizzando gli stessi fattori della produzione, ad es. capitale, lavoro, energia, ecc.), o come potenziale riduzione degli input, a parità di output (si veda ad esempio Coelli, 1996). La scelta tra i due approcci è legata alla maggiore o minore capacità di controllo che l’impresa o i suoi manager esercitano sull’una o sull’altra categoria di variabili. Generalmente nel caso dei settori di pubblica utilità si tende a preferire la seconda definizione, in quanto il livello di output che deve essere fornito (e.g. mc di acqua erogata di una certa qualità) è spesso giudicato non controllabile. Qui di seguito verranno analizzati i principali risultati di alcuni recenti lavori.
I contributi sono piuttosto eterogenei, sia dal punto di vista metodologico (anche se con prevalente utilizzo del metodo DEA), sia in termini di unità oggetto di analisi (impresa, intero Ambito Territoriale Ottimale4 ), sia dal punto di vista della natura dei dati utilizzati (generalmente dati storici, in un caso dati prospettici). Inoltre, gli studi considerati non
3 Tuttavia, è consolidata anche la prassi opposta, in cui gli scores sono espressi all’inverso e variano da 1 a infinito, con 1 che indica sempre l’efficienza massima. I lavori analizzati qui di seguito adottano il primo approccio. 4 Gli ATO sono le aree in cui il territorio italiano è stato suddiviso con l’implementazione della riforma introdotta dalla Legge 36/1994. Idealmente, essi erano stati definiti affinché in ogni area operasse un solo gestore.
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Romano e Guerini (2011): bassa efficienza media con grande variabilità
Le imprese più vicine alla scala ottima sono quelle di media dimensione, mentre la miglior efficienza pura è conseguita dalle imprese piccole
Cruz et al.(2013): larghi margini di miglioramento dell'efficienza
Lo Storto (2013): efficienza media di scala piuttosto e effetto benefico delle economie di densità
si pongono solo l’obiettivo di pervenire ad una determinazione di valori di efficienza, ma anche di individuare o misurare l’eventuale impatto di particolari caratteristiche dell’impresa stessa o dell’ambiente in cui opera, che possono influenzarne le performance.
Il primo studio considerato (Romano e Guerrini, 2011) analizza un campione di imprese italiane attive nel solo settore idrico, impiegando il metodo DEA. Si considerano sia un modello a rendimenti costanti (CRS) che un modello a rendimenti variabili (VRS), e dal loro confronto viene ricavata l’efficienza di scala. I risultati mostrano una bassa efficienza media del campione considerato, con forte variabilità, soprattutto in relazione al modello a rendimenti costanti (CRS): 2 imprese presentano massima efficienza, mentre 36 imprese hanno scores inferiori al 20%. Per gli indicatori a rendimenti variabili (VRS) e di efficienza di scala (SE) la distribuzione è, invece, più omogenea.
Il contributo si propone di valutare l’impatto sull’efficienza di alcune variabili di interesse. La localizzazione geografica sembra essere favorevole, in termini di efficienza CRS, alle imprese centro-meridionali, rispetto a quelle settentrionali. Tuttavia, è opinione degli autori che tale differenza sia parzialmente giustificata da una maggiore dimensione delle prime, che favorisce una maggiore efficienza di scala (anche se la differenza non è significativa), e dal fatto che nel Nord si registri un maggiore tasso di depurazione dei reflui, con conseguente aggravio di costi operativi. Le imprese pubbliche appaiono più efficienti (modelli CRS e VRS) di quelle a proprietà mista. Inoltre, l’efficienza di scala più bassa riguarda le imprese piccole (che però mostrano un buon recupero in termini di VRS), mentre quelle medie (che servono tra i 50.000 e i 250.000 utenti) sono le più vicine alla scala ottima. Simili risultati sono ottenuti da Cruz et al. (2012) che, in un campione di 33 imprese italiane e 55 portoghesi, effettuano un confronto internazionale tra due paesi che hanno attraversato a partire dagli anni ’90 importanti riforme, anche se con esiti diversi: tendenza verso l’integrazione dell’intero comparto per l’Italia e propensione alla separazione verticale (tra “wholesale” e “retail”) per il Portogallo. I risultati mostrano anche in questo caso larghi margini per il miglioramento di efficienza (vicini o superiori al 30% per entrambi i paesi, nell’ipotesi CRS, per i due modelli considerati), anche se le imprese italiane sembrano presentare performance migliori in termini di efficienza pura (VRS), mentre le portoghesi mostrano più alta SE. Dal punto di vista della struttura proprietaria, le imprese pubbliche sembrano essere le più efficienti, mentre quelle private mostrano le performance peggiori. Tuttavia, gli autori sottolineano che giudizio più completo sull’effetto della proprietà dovrebbe basarsi su un’analisi della produttività su un periodo di tempo di una certa durata, oltre che, probabilmente, sulla qualità del servizio.
Lo Storto (2013) applica modelli DEA a un campione di 53 operatori. L’efficienza media si attesta tra 0.6 e 0.8 con i modelli CRS e VRS, con le imprese private e miste che mostrano performance migliori rispetto alle imprese pubbliche. L’efficienza media di scala appare piuttosto buona, pari al 90% per entrambi i gruppi. Inoltre, in entrambi i gruppi si evidenziano sia casi di sottodimensionamento (rendimenti di scala crescenti), che di sovradimensionamento (rendimenti decrescenti). Per le imprese pubbliche il secondo problema sembra essere più frequente. In un secondo stadio, un modello di regressione
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Lo Storto (2014): efficienza media dei bacini ATO piuttosto elevata
Abrate et al.(2011): l'analisi dei piani d'ambito mostra un moderato miglioramento prospettico ma con situazioni molto differenziate
(two-limit Tobit) permette di verificare l’impatto di alcune variabili di interesse sui punteggi di efficienza. Dai risultati emerge una maggiore efficienza degli operatori privati o misti rispetto alle imprese completamente pubbliche, e delle utilities operanti nel Nord rispetto al Centro-Sud. Infine, l’efficienza è influenzata positivamente dal rapporto tra numero di connessioni e comuni serviti, suggerendo la presenza di economie di densità. Lo Storto (2014) focalizza l’analisi, anziché sulle singole imprese, su 36 ATO, applicando modelli DEA che tengono conto anche della qualità del servizio in termini di perdite di rete. I risultati evidenziano un’efficienza media piuttosto elevata (prossima al 90% o più alta), per tutti e tre gli indicatori (CRS, VRS e SE). L’autore dimostra che l’affidamento di contratti a imprese con capitale privato o misto aumenta l’efficienza, così come l’utilizzo di forme contrattuali coerenti con il nuovo framework legislativo, rispetto a vecchie forme contrattuali permesse con il regime transitorio (ad esempio gestioni in economia, gestioni salvaguardate, etc.). Questi ultimi punti emergono da analisi empiriche effettuate sulla base di “super-efficiency scores”, calcolati con un modello che non vincola il valore di efficienza a valori minori o uguali a uno, permettendo così di differenziare anche le performance delle imprese che si trovano sulla frontiera.
Abrate et al. (2011) adottano un approccio differente rispetto ai precedenti contributi. Anche in questo caso l’analisi di efficienza si focalizza sull’intero ATO come unità di osservazione, ma viene effettuata sui piani di 46 ambiti. I piani d’ambito sono documenti di programmazione degli investimenti e delle operazioni su di un orizzonte temporale pluriennale. In Abrate et al. (2011), i piani considerati si riferiscono all’ultima versione disponibile nel Dicembre 2007 e hanno durata compresa tra i 12 e i 30 anni. Da essi, quindi, sono stati ricavati dati di tipo prospettico e non storico. Gli autori adottano un approccio basato sulla stima di una frontiera di costo (totale) translogaritmica, e testano 4 differenti modelli. Il primo modello testato è di tipo deterministico mentre gli altri sono di tipo SFA. L’efficienza media calcolata varia tra 0.67 e 0.95. Valori di efficienza sensibilmente più alti sono ottenuti in modelli (di tipo SFA) che separano i fattori di “eterogeneità” non osservata costanti nel tempo dall’inefficienza stimata, assunta invece time-varying. Tali modelli forniscono valutazioni più “ottimistiche”. Il rischio sotteso all’utilizzo di questi modelli è una sottostima dell’inefficienza nel caso essa includa un’eventuale componente strutturale che non presenta variazioni temporali. Viceversa, nei modelli che non tengono conto dei fattori di eterogeneità non osservati (nell’articolo, un modello SFA ed un modello deterministico), l’inefficienza può risultare sovrastimata. Riguardo alle variabili ambientali che impattano sul costo, la dimensione dell’area servita, il numero di comuni e la localizzazione geografica nel Centro-Nord sembrano avere un effetto positivo (incrementativo del costo), mentre la montuosità dell’area ha un effetto negativo (che, come gli autori suggeriscono, potrebbe essere legato alla vicinanza delle fonti di approvvigionamento). Infine, i costi pianificati tendono ad aumentare nel tempo, coerentemente con l’aspettativa di miglioramenti qualitativi nel servizio, ma l’effetto è non lineare, probabilmente a causa della tendenza a concentrare la maggior parte degli investimenti nei primi anni di piano. L’efficienza stimata invece presenta andamenti disomogenei tra i diversi piani (miglioramenti, peggioramenti o situazioni di sostanziale stabilità), ma mediamente presenta un moderato miglioramento (su un orizzonte temporale di 20 anni).
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Efficienza nel settore idrico italiano: punti fermi e questioni aperte Allegato - Le metodologie di stima Per la stima della frontiera sono disponibili diverse metodologie. La classificazione più comune è tra frontiere parametriche e non parametriche (Farsi et al., 2007):
-
frontiere parametriche: la stima econometrica si basa sull’ipotesi che la frontiera di efficienza, che identifica la migliore pratica, assuma una forma esplicita. General- mente la frontiera è rappresentata da una funzione di produzione, dove a partire dalla quantità dei fattori produttivi impiegati (capitale, lavoro, beni e servizi acqui- siti dall’esterno, ecc.) si determina l’output, oppure da una funzione di costo, dove si determina il costo necessario a produrre una certa quantità di output, dati i prez- zi degli input. In un contesto con input e output multipli ed assenza di informazio- ni sui prezzi, può essere utilizzata una funzione degli input e degli output detta distance function1. Spesso, anche se non necessariamente, la stima presuppone la separazione del grado di reale inefficienza dalla componente stocastica (effetto di noise statistico): si parla in questo caso di analisi delle frontiere stocastiche (Sto- chastic Frontier Analysis, SFA);
-
frontiere non parametriche: generalmente vengono stimate attraverso tecniche di programmazione matematica ed hanno il vantaggio di basarsi esclusivamente sui dati osservati senza imporre una forma funzionale predefinita, oltre ad essere di semplice applicazione ed a poter essere utilizzate anche con basi dati relati- vamente contenute. Questi benefici sono controbilanciati dalla natura determini- stica del modello, che definisce come inefficienza ogni deviazione dalla frontiera, non considerando alcuna componente di errore. Tra i metodi non parametrici, il più conosciuto è la Data Envelopment Analisys (DEA), che utilizza un approccio di programmazione lineare e stima una frontiera che costituisce un “inviluppo” delle imprese osservate, che quindi giacciono sulla frontiera, se sono efficienti, o al suo interno. In ambito DEA, per la definizione della frontiera, si possono definire di- verse ipotesi in relazione ai rendimenti di scala. Le più comuni (Coelli, 1996) sono quelle di rendimenti costanti (CRS), che assume che tutte le imprese stiano operando sulla scala ottima, e di rendimenti variabili (VRS), che invece permette un calcolo di efficienza tecnica pura, non inficiata da un eventuale effetto di scala, quando si assuma che qualche tipo di vincolo non permetta alle unità osservate di collocarsi sulla scala di produzione migliore. Peraltro, tale effetto di scala (scale efficiency, SE) può essere calcolato per ogni impresa come rapporto tra gli scores di efficienza CRS e VRS, mentre ulteriori analisi permettono di identificare il sovra/ sottodimensionamento delle imprese con efficienza di scala inferiore a 1.
Entrambi gli approcci (parametrico e non-parametrico) possono essere implementati con modelli che tengono conto della sola efficienza tecnica (riferita, in un orientamento agli input, alla minimizzazione dell’utilizzo dei fattori produttivi o, in un orientamento all’output, alla massimizzazione del prodotto) o anche dell’efficienza allocativa (cioè, dell’ottimizzazione del mix di fattori dati i loro prezzi, in un contesto di valutazione della cost efficiency oppure, all’ottimizzazione del mix produttivo, dati i prezzi dei prodotti, se si vuole misurare la revenue efficiency). La componente allocativa dell’efficienza può essere inclusa nel modello di stima se sono disponibili i dati sui prezzi dei fattori e dei prodotti, che risultano però spesso difficili da reperire.
1 In questo contesto, si fa riferimento ad una distance function parametrica. Acqua n. 63- giugno 2016
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Contributo
Romano e Guerrini (2011)
Cruz, Marques, Romano, Guerrini (2012)
Lo Storto (2013)
Lo Storto (2014)
Abrate, Erbetta, Fraquelli (2011)
La tabella seguente sintetizza gli elementi principali dei lavori analizzati.
Unità di Periodo di riferimento riferimento
43 imprese
88 imprese (33 Italiane, 55 Portoghesi)
53 imprese
38 ATO
46 ATO (piani d’ambito –dati prospettici)
2007
2007
Nd
Nd
Metodo/i impiegato Efficienza media stimata Fattori che impattano sull’efficienza (modelli considerati)
DEA
CRS: 0.15 VRS: 0.38 SE: 0.52[1]
Imprese italiane: CRS: 0.62-0.72 DEA VRS: 0.76-0.77 (1° modello con input SE: 0.82-0.93 monetari; 2° modello Imprese Portoghesi: con input fisici e CRS: 0.64-0.71 monetari) VRS: 0.73-0.75 SE: 0.88-0.95 Imprese pubbliche: CRS: 0.64 VRS: 0.71 (0.64 con bootstrapping) SE: 0.90 DEA Imprese private o miste: CRS: 0.71 VRS: 0.80 (0.72 con bootstrapping) SE: 0.90 DEA
CRS: 0.88 VRS: 0.93 SE: 0.94
12-30 anni (secondo SFA (4 modelli diversi, l’ultima di cui 1 modello Range efficienza media di versione del deterministico), basati su costo stimata con i 4 piano una funzione di costo modelli: 0.67 – 0.95 disponibile a totale translogaritmica dicembre 2007)
[1] Valori medi calcolati sui valori puntuali riportati nell’Appendix A (p. 208) dell’articolo.
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La localizzazione geografica nell’area Nord sembra essere penalizzante in termini di efficienza CRS (rispetto all’area Centro-Sud), mentre non si riscontrano differenze significative rispetto agli altri due indicatori. Le imprese pubbliche mostrano performance significativamente migliori delle imprese a proprietà mista, anche se queste ultime presentano una migliore efficienza di scala (differenza non significativa). Le imprese più vicine alla scala ottima sono quelle di media dimensione (50.000 – 250.000 clienti), mentre la miglior efficienza tecnica pura (VRS) è conseguita dalle imprese piccole (<50.000 clienti).
Le imprese pubbliche risultano essere le più efficienti in base a tutti gli indicatori, seguite dalle imprese miste, mentre le private registrano le performance più basse (anche se queste ultime sono quasi tutte portoghesi, quindi gli autori non possono esprimere un giudizio in relazione a questa categoria sul sotto-campione italiano). Le differenze di efficienza tra imprese italiane e portoghesi non sono statisticamente significative, eccetto che per l’efficienza di scala nel modello 1. In base all’analisi di regressione condotta sugli scores di efficienza, l’autore riscontra che le imprese pubbliche sono significativamente meno efficienti delle private, mentre la collocazione geografica al Nord è associata a maggiore efficienza. Infine, il rapporto tra numero di connessioni e comuni serviti impatta positivamente sull’efficienza, suggerendo un effetto benefico di economie di densità. I contratti di gestione affidati a imprese private o a capitale misto sembrano avere un impatto positivo sull’efficienza, così come l’utilizzo di forme contrattuali coerenti con il nuovo framework legislativo (rispetto a vecchi schemi contrattuali permessi con il regime transitorio). I costi operativi dipendono positivamente dall’estensione dell’area e dal numero di comuni serviti, e negativamente dalla percentuale di zone montuose. La localizzazione geografica ha un impatto, evidenziando costi maggiori per gli ATO del CentroNord. Infine, i costi pianificati da autorità di regolazione con forma associativa consortile sono più alti (rispetto alle Autorità costituite con convenzione). I risultati dimostrano che fattori time-invariant non osservati sono la fonte prevalente delle differenze di costo, che potrebbero includere sia differenze strutturali in termini di ambiente operativo, sia inefficienza persistente nel lungo termine. Tuttavia non è possibile distinguere i due fattori. Complessivamente, i costi previsti tendono ad aumentare con il tempo, probabilmente in relazione alla necessità di miglioramenti qualitativi della risorsa o del servizio, con un effetto non lineare, probabilmente dovuto alla tendenza a concentrare gli investimenti nei primi anni di piano. Dal punto di vista dell’efficienza vera e propria, sembra che i dati prospettici incorporino in media un moderato miglioramento, ma con situazioni molto differenziate (casi di assenza di miglioramento o anche di riduzione di efficienza).
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Bibliografia Abrate, G. Erbetta, F., Fraquelli, G. (2011). Public utility planning and cost efficiency in a decentralized regulation context: the case of the Italian integrated water service. Journal of productivity analysis, 35, pp. 227-242.
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Acqua n. 63- giugno 2016
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Efficienza nel settore idrico italiano: punti fermi e questioni aperte