Coniugare sviluppo e tutela dell’ambiente: la “Consapevolezza” di essere un’industria

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maggio 2019 Acqua N°120

Coniugare sviluppo e tutela dell’ambiente: la “consapevolezza” di essere un’Industria Laboratorio SPL Collana Ambiente

Abstract Grazie alla regolazione della qualità tecnica, il settore idrico compie un passo epocale nella direzione di accrescere l’efficacia degli investimenti. Da qui in avanti dovranno essere valutati gli impieghi alternativi di ogni euro speso in conto capitale, la cui allocazione dovrà tenere conto di precise priorità, e del quale ex post potrà persino essere valutato il beneficio. Le gestioni industriali accettano di misurarsi, assumono impegni e responsabilità. Le altre rimangono nell’ombra. Thanks to the thecnical quality regulation the water sector makes an important step in the direction of increasing the effectiveness of investments. From here on, the alternative use of each euro spent as a capital cost must be assessed, its allocation must take into account specific priorities, and even its benefits may be evaluated ex post. Industrial operators accept to measure themselves, they take on commitments and responsibilities. The other operators remain in the dark.

Gruppo di lavoro: Donato Berardi, Samir Traini, Michele Tallarigo

REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, Veolia, Acquedotto Pugliese, HERA, Metropolitana Milanese, CRIF Ratings, Cassa per Servizi Energetici e Ambientali, Cassa Depositi e Prestiti, Viveracqua, Romagna Acque, Water Alliance , CIIP, Abbanoa, CAFC, GAIA, FCC Aqualia Italia, GORI, Veritas, A2A., Confservizi lombardia, FISE Assoambiente


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Gli ultimi contributi n. 119 - Rifiuti - L'ambiente e le istanze autonomiste: evoluzione o involuzione?, maggio 2019

settembre 2018

n. 118 - Rifiuti - End of Waste primo tassello di una politica industriale, maggio 2019 n. 117 - Acqua - Investimenti nell'acqua: la vera "manovra espansiva" per l'economia italiana, marzo 2019 n. 116 - Acqua - Trasparenza e consapevolezza: proposte per uscire dallo stallo, marzo 2019 n. 115 - Rifiuti - Rifiuti urbani e regolazione economica: sui flussi decidono le regioni, marzo 2019 n. 114 - Acqua - I finanziamenti “green” nei servizi ambientali, febbraio 2019 n. 113 - Rifiuti - L'assimilazione: ostacolo alla concorrenza o opportunità per la gestione integrata?, febbraio 2019 n. 112 - Acqua - Le aziende multi-servizio: avamposto industriale nei servizi pubblici locali, gennaio 2019 n. 111 - Rifiuti - Economia circolare: senza gli impianti vince sempre la discarica, dicembre 2018 n. 110 - Acqua - Pdl Daga: l’acqua ha bisogno di “Industria”, dicembre 2018

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La missione Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.

ISSN 2531-3215 Donato Berardi Direttore dberardi@refricerche.it

Editore: REF Ricerche srl Via Saffi 12 - 20123 Milano tel. 0287078150 www.refricerche.it

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Qualità tecnica: l’ambiente al centro di una strategia di sviluppo A fine 2017, ARERA ha fissato obiettivi di RQTI per i gestori del SII

Sul finire del 2017, l’Autorità per l’energia, l’ambiente e le reti (ARERA) ha fissato obiettivi di riduzione dell’impatto sull’ambiente che dovranno essere rispettati da tutti gli operatori del servizio idrico integrato del Paese nei prossimi lustri: la cosiddetta regolazione della qualità tecnica (RQTI). Il provvedimento segue gli analoghi provvedimenti in materia di qualità commerciale avviati a fine 2015.

Obiettivi recepiti nei PdI come rimodulazione della spesa già programmata

Il recepimento di questi nuovi obiettivi da parte delle gestioni è avvenuto con l’aggiornamento dei programmi degli interventi nella primavera 2018. Tale breve finestra temporale è stata colta dagli EGATO e dai gestori per rivedere la programmazione degli investimenti. Parliamo di tentativo perché, anche a causa dei tempi ristretti tra la pubblicazione della RQTI (dicembre 2017) e la scadenza del termine per l’aggiornamento tariffario (aprile 2018), si è trattato piuttosto di una rimodulazione della spesa funzionale a cogliere il segnale.

Limitato l'impatto della RQTI sul volume degli investimenti:+8%

Analizzando i Piani degli Interventi (PdI) di un campione di 80 gestori, per una popolazione servita di circa 38 milioni di abitanti, emerge chiaramente come l’impatto della nuova regolazione sia stato limitato in termini “quantitativi”, con un rialzo di poco superiore all’8% del valore degli interventi programmati per il biennio 2018-2019, rispetto a quanto precedentemente previsto.

REVISIONE INVESTIMENTI PROGRAMMATI

(Investimenti in euro/ab/anno)

Inv.Prog. MTI-2

Inv.Prog. Agg. MTI-2

56

51

+8%

2018-2019

Dati disponibili per un campione di 80 gestioni per una popolazione servita di 38 milioni di abitanti.

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori

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Incremento ascrivibile alla qualità tecnica, che assorbe il 79% degli interventi

Seppur contenuto, tale incremento è comunque ascrivibile alla finalizzazione di interventi sul fronte della qualità tecnica, visto che il 79% degli investimenti programmati è specificatamente rivolto al miglioramento degli standard imposti dalla regolazione. Nello specifico, le risorse programmate sono state convogliate principalmente alla riduzione delle perdite idriche (macro-indicatore M1), con una quota del 28%, e al miglioramento dei processi depurativi dei reflui (M6), con una quota d’investimento del 22%1. A seguire, gli investimenti programmati per innalzare l’adeguatezza del sistema fognario (M4, 19%) e per limitare le interruzioni del servizio di fornitura (M2, 16%). Più distanti invece risultano le spese dedicate al miglioramento della qualità dell’acqua erogata (M3), con una quota del 7%, e alla riduzione dello smaltimento dei fanghi in discarica (M5), con appena il 3%. Infine, si rileva una quota marginale (5%) dedicata ad interventi tesi al rispetto dei requisiti indicati da ARERA per accedere agli incentivi per il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento indicati.

Aumentano le risorse destinate all' approvvigionamento idrico

Operando un confronto tra la nuova ripartizione degli investimenti per ciascun macro-indicatore di qualità tecnica e le voci di dettaglio degli interventi programmati due anni prima2, emerge un incremento delle risorse destinate a migliorare la qualità e la sicurezza dell’approvvigionamento idrico (M1, M2 ed M3), rispetto a quelli dedicati a superare le criticità relative ai comparti di fognatura (M4) e depurazione (M5 ed M6). GLI INVESTIMENTI NELLA QUALITÀ TECNICA 2018-2019 (in % del totale degli interventi) Acquedotto (distribuzione/ approvvigionamento) 44%

33%

Fognatura 28% 25%

Depurazione 24% 19% Acquedotto (potabilizzazione) 7% 3%

Investimenti MTI2

Investimenti M1 + M2

Investimenti MTI2

Investimenti M4

Investimenti MTI2

Investimenti M5 +M6

Investimenti MTI2

Investimenti M3

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati ARERA e gestori

1 Si tratta di un importante segnale di cambiamento, anche a fronte della procedura d’infrazione 2014/2059 avviata dalla Commissione Europea nel 2014 e motivata dall’inadeguatezza del trattamento delle acque reflue urbane. Il 7 marzo u.s. la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia Europea, a seguito del mancato adeguamento alle direttive comunitarie sull’ambiente nei tempi prestabiliti. La procedura d’infrazione riguarda oltre 850 agglomerati. 2 “Gli obiettivi ambientali nella regolazione della qualità tecnica”, E. Gallo, Direzione Sistemi Idrici (DSID), Convegno: fanghi di depurazione, da rifiuto a risorsa, 2018.

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La geografia della qualità tecnica: la situazione attuale Sono ancora diverse le gestioni non conformi: riflettono l'arretratezza dello sviluppo industriale e di trasparenza di alcuni territori

Uno dei principi cardine della regolazione RQTI è costituito dal monitoraggio e dall’obbligo di tenuta dei registri da parte dei gestori, ovvero di raccolta e trasmissione dei dati rilevanti ai fini del calcolo degli indicatori di qualità tecnica. Ad oggi, tuttavia, sono ancora molti i casi di gestioni non conformi alla normativa vigente, che insistono in prevalenza nel Mezzogiorno, anche se non mancano casistiche nell’area centro settentrionale del Paese; a questi si aggiungono soggetti per i quali i dati relativi all’ultima predisposizione tariffaria non sono ancora disponibili pubblicamente o in attesa di approvazione da parte dell’EGATO. Un quadro poco confortante che riflette l’arretratezza di alcuni territori in termini di sviluppo industriale del servizio e di trasparenza nei confronti degli utenti. Giova sottolineare che le “gestioni non conformi” sono in prevalenza gestioni dirette dei Comuni e gestioni non titolate ad esercitare il servizio (decadute ex lege).

LA GEOGRAFIA DELL'ACCOUNTABILITY E DELLA TRASPARENZA

Fonte: elaborazioni laboratorio REF Ricerche Alcune gestioni non raggiungono ancora una rilevazione affidabile

A questa arretratezza si aggiungono le criticità di natura tecnica: molte gestioni hanno infatti segnalato che le grandezze sottese al calcolo dei macro-indicatori di qualità tecnica non venivano rilevate prima dell’introduzione della RQTI e che le condizioni attuali non ne permettono ancora un’affidabile rilevazione3.

3 Osservazioni al DCO 748/2017/R/IDR.

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Le maggiori criticità riguardano i prerequisiti per elaborare ciascun macro-indicatore

Le maggiori criticità insistono sui cosiddetti prerequisiti che “rappresentano le condizioni necessarie all'ammissione al meccanismo incentivante associato agli standard generali”4; si tratta delle condizioni minime necessarie per elaborare ciascun macro-indicatore e accedere ai meccanismi di incentivazione. L’adeguatezza dei prerequisiti riguarda tutta la rosa degli indicatori, sebbene ARERA si sia maggiormente focalizzata sui macro-indicatori delle perdite e della qualità dell’acqua erogata (M1 e M3), maggiormente vicini al vissuto degli utenti finali. Più nello specifico, i prerequisiti identificati dall’Autorità vertono sulla disponibilità e affidabilità dei dati di misura per la determinazione del volume delle perdite totali, l’adozione degli strumenti attuativi necessari per adempiere agli obblighi di verifica della qualità dell'acqua destinata al consumo umano, ovvero sui controlli minimi previsti dalla legge5, l’assenza di agglomerati interessati da condanne della Corte di Giustizia Europea6, nonché la disponibilità e affidabilità dei dati necessari al calcolo di tutti gli indicatori.

Solo 5 gestioni su 92 non rispettano le soglie dei prerequisiti del macro-indicatore M1

Analizzando le relazioni presentate dagli EGATO è possibile valutare la situazione relativa ai prerequisiti previsti per il macro-indicatore M1, i quali valutano, da un lato, la capacità di misurare almeno il 70% dei volumi di processo, e, dall’altro, la capacità di misurare almeno il 90% dei volumi di utenza. Sotto questo profilo, il quadro emerso è decisamente positivo: su 92 gestioni censite, solo 5 non rispettano le soglie previste.

Gestioni e ambiente: la fotografia al 2016 Luci ed ombre: gestori ed EGATO devono impegnarsi per un miglioramento

Nel suo complesso, l’analisi del campione restituisce una situazione nazionale fatta di luci ed ombre, con alcuni indicatori che segnalano elementi di criticità per alcuni territori. Un quadro che individua un impegno inderogabile da parte di gestori ed EGATO al miglioramento per i prossimi anni. Oltre il 50% della popolazione servita si colloca nelle classi di punteggio meno performanti, con la sola eccezione del macro-indicatore relativo allo smaltimento dei fanghi in discarica, per il quale si osserva una buona performance nazionale: il 54% della popolazione è servita da gestori posizionati in classe A, e solo il 20% ricade in classe D7.

RIPARTIZIONE DELLA POPOLAZIONE NELLE CLASSI DI QUALITA' TECNICA

A

B C

D E

Perdite idriche

Interruzioni del servizio

Qualità acqua erogata

Adeguatezza sistema fognario

Smaltimento fanghi

Qualità acqua depurata

8%

n.d.

8%

11%

54%

14%

32%

18%

27%

42%

64%

-

23%

n.d.

25%

n.d.

18%

n.d.

26%

n.d.

0%

18%

3%

4%

0%

23%

19%

58%

5% -

Dati disponibili per un campione di 97 gestioni per una popolazione servita di 39 milioni di abitanti. Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

4 Deliberazione ARERA 917/2017/R/IDR, pag. 7 punto 2.1. 5 D.lgs. 31/01. 6 In particolare, sono esclusi dal meccanismo di incentivazione i gestori operanti negli agglomerati oggetto delle condanne della Corte di Giustizia Europea - pronunciate il 19 luglio 2012 (causa C-565/10) e il 10 aprile 2014 (causa C85/13) o successive - e non ancora dichiarati conformi alla direttiva 91/271/CEE, alla data del 31 dicembre di ciascun anno. 7 Una classe “residuale” prevista dall’Autorità, che tuttavia non riesce a discriminare correttamente tra gestori più o meno virtuosi; alcune gestioni, infatti, si caratterizzano per una percentuale di smaltimento fanghi in discarica nell’intorno del 45%, vicina alla soglia della classe C (<=30%). Questa “virtuosità” nel difetto viene penalizzata al pari di altre gestioni del Centro del Mezzogiorno, caratterizzate da una incidenza superiore all’80%.

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Per M3 ed M4, le difficoltà sono nazionali; per M1, M5 ed M6 riguardano il Sud e le isole

I valori medi nazionali nascondono differenze piuttosto marcate tra le aree geografiche; mentre per la qualità dell’acqua erogata (M3) e l’adeguatezza del sistema fognario (M4) le difficoltà coinvolgono in maniera trasversale tutto lo stivale, per qualità dell’acqua erogata (M6), perdite di rete (M1) e soprattutto fanghi smaltiti in discarica (M5) il Nord e il Centro mostrano valori significativamente migliori rispetto alle regioni meridionali e insulari. Considerando che la maggior parte delle gestioni del Sud sono “in economia” e/o non conformi alla normativa, ovvero esterne al perimetro di indagine per mancanza di dati pubblicati, si intuisce una situazione infrastrutturale del Mezzogiorno fortemente deficitaria.

LA FOTOGRAFIA DELLA QUALITA' TECNICA Nord-Est Nord-Ovest

M1a

Perdite idriche lineari (mc/km/gg)

M1b Perdite idriche percentuali (%) M2

Interruzioni di servizio

M3a

Incidenza ordinanze di non potabilità (%)

M3b Campioni da controlli interni non conformi (%) M3c

Parametri da controlli interni non conformi (%)

M4a

Allagamenti/sversamenti fognatura (n/100 km)

M4b Scaricatori di piena non adeguati (%)

Centro

Sud e Isole

C

C

D

D

E

E

E

E

E

E

E

E

Nord-Est Nord-Ovest

Centro

Sud e Isole

16,75

24,53

47,22

47,39

37,3%

29,1%

47,5%

52,1%

0,0068%

0,0101%

0,2090%

1,0812%

4,0%

2,8%

5,8%

4,9%

0,3%

0,2%

0,7%

0,2%

7,23

5,49

22,04

41,14

38,7%

10,8%

48,6%

25,4%

36,8%

22,7%

55,9%

25,4%

M4c

Scaricatori di piena non controllati (%)

M5

Smaltimento fanghi in discarica (%)

A

A

C

D

14,3%

2,1%

27,6%

84,1%

M6

Qualità dell'acqua depurata

C

C

D

C

7,4%

9,3%

12,7%

9,3%

Nota: valori ponderati per la popolazione servita dai gestori Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori

M3 non delinea a pieno la “qualità” dell’acqua fornita, penalizzando in particolare Nord e Centro

L’indicatore relativo alla qualità dell’acqua erogata (M3), e in particolare la componente che esprime l’incidenza percentuale delle ordinanze di non potabilità (M3a), non riesce a cogliere le differenze territoriali nella “qualità” dell’acqua fornita alle utenze. L’Autorità ha infatti stabilito che venga attribuita la classe E (la peggiore) in presenza di una incidenza delle ordinanze di non potabilità superiori allo 0,005% dell’utenza servita8, un valore assai contenuto che relega in classi di qualità basse anche gestioni che presentano episodi occasionali e sporadici di non potabilità, anche dovuti ad eventi accidentali. Questo impedisce al Nord e Centro di far valere la discreta performance nei sotto indicatori relativi alla maggiore conformità di campioni (M3b) e di parametri (M3c) alle prescrizioni di legge, per i quali verrebbero attribuite rispettivamente le classi B e C.

8 Come si vedrà più nel dettaglio in seguito, tale indicatore è misurato come il numero di utenze coinvolte dall’ordinanza moltiplicato per i giorni complessivi di interruzione, rapportato al numero di utenze complessivamente servite dal gestore.

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Anche M4 attenua le differenze territoriali, penalizzando soprattutto il Nord

Una simile considerazione può essere condotta in riferimento all’adeguatezza delle infrastrutture fognarie (M4): in questo caso è sufficiente un solo episodio di sversamento ogni 100 km di rete (M4a) per essere confinati in classe E. Per questi motivi le differenze tendono ad attenuarsi: così i territori del Nord, ove si registrano appena 6 episodi di sversamento ogni 100 km di rete fognaria, finiscono per essere accomunati alle altre aree del Paese, ove gli allagamenti salgono rispettivamente ai 21 episodi del Centro agli oltre 40 del Sud e Isole.

CRITICITA' Il terzo periodo regolatorio vedrà una maggiore attenzione alla riduzione degli impatti ambientali L’approccio output-based è equo se si riferisce sia all’esito che al processo della misurazione

Dal breve quadro delineato emerge come il terzo periodo regolatorio, che entrerà in vigore a partire dal 2020, sarà caratterizzato da una maggiore attenzione alla riduzione degli impatti ambientali, nella direzione dei quali saranno orientati gli sforzi di investimento. Per le gestioni sarà decisivo perseguire gli obiettivi assegnati dall’Autorità9 e monitorarne i progressi, per evitare di incorrere nelle penalità, secondo un meccanismo che entrerà in vigore dal 2020. Diviene cruciale disporre di regole uniformi per tutte le gestioni del Paese, in modo che le performance dei livelli di servizio riflettano unicamente l’intensità e la qualità degli investimenti realizzati, e non differenti modalità di calcolo di ciascun macro-indicatore. L’approccio output-based che informa l’attività dell’ARERA può ritenersi equo solo se in grado di garantire omogeneità nella rilevazione dell’output stesso. In questo senso, gli standard non dovrebbero unicamente riferirsi all’esito della misurazione (output), ma anche al processo di misurazione con cui tale output è ricavato.

ANEA ha sottolineato criticità operative, dovute alle tempistiche e all’inadeguatezza dei dati dei gestori

Già l’Associazione Nazionale degli Enti di governo d’Ambito (ANEA), in risposta al documento di consultazione 748/2017/R/IDR, aveva segnalato che “la disciplina proposta presenta criticità dal punto di vista operativo”10, riconducibili a due fattori: le tempistiche ristrette per poter effettuare tutte le attività richieste per portare a regime il pacchetto RQTI, e l’inadeguatezza dei sistemi informativi e di rilevazione dei dati dei singoli gestori. Il secondo limite si riflette sulla possibilità di identificare con precisione l’output in base al quale viene attribuita la classe per ciascun macro-indicatore; ed è, inoltre, una delle cause principali dell’elevato numero di ricorsi a stime in luogo di misurazioni di processo.

I gestori chiedono l’utilizzo di diversi indicatori per spiegare le eterogeneità delle caratteristiche territoriali

Un aspetto sottolineato nelle risposte dei gestori al documento di consultazione11, i quali riferivano criticità “riguardo la tassonomia delle grandezze tecniche, la disponibilità di dati e, in generale, la possibilità di collegare le ricadute, in termini di output, sia ambientale che fornito agli utilizzatori del servizio, con la performance gestionale dell’operatore interessato”12. Più nello specifico, i gestori segnalavano la necessità di utilizzo di differenti indicatori, a complessità variabile, al fine di tenere in dovuta considerazione l’eterogeneità delle caratteristiche territoriali che possono essere causa di disomogeneità nel valore dell’output individuato, e non attribuibili a inefficienze influenzabili dal singolo gestore13. In aggiunta, l’Autorità segnalava14 che numerose osservazioni ponevano “in evidenza l’importanza dell’aspetto dell’affidabilità del dato per la valutazione del macro-indicatore”. Di seguito vengono esaminate le principali criticità.

9 L’Autorità ha identificato, per ciascuna classe di appartenenza, un obiettivo fisso di miglioramento nei prossimi 2 anni. 10 Osservazioni dell’ANEA al documento dell’AEEGSI – DCO 748/2017/R/IDR, pag. 1. 11 DCO 748/2017/R/IDR. 12 DCO 748/2017/R/IDR, pag. 4 punto 1.3.

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La perdite di rete: la tutela della “quantità” di risorsa (M1) La tutela della risorsa idrica, è un obiettivo fondamentale

La tutela della risorsa idrica, sia quantitativa che qualitativa, rientra tra i principali obiettivi della RQTI deliberata dall’Autorità. Sono diversi gli studi a livello interazionale che hanno messo in luce come la garanzia di un uso sostenibile della risorsa idrica costituirà un obiettivo chiave da perseguire nel prossimo decennio; negli ultimi anni le conseguenze del cambiamento climatico hanno fatto chiaramente emergere la fragilità del sistema idrico nazionale, come anche ampiamente emerso durante la crisi idrica dell’estate 201715.

M1a misura le perdite idriche lineari, M1b l'acqua persa su quella immessa nella rete

A tale fine, ARERA ha definito un macro-indicatore che si articola in due sotto componenti: una finalizzata a misurare le perdite idriche lineari (M1a)16 e l’altra deputata a rilevare la quota di acqua perduta rispetto a quella immessa nella rete (M1b)17. E’ un indicatore che viene applicato a tutti i soggetti che gestiscono il servizio di acquedotto, inclusi dunque i grossisti responsabili della rete di adduzione.

13 14 15 16 17

DCO 562/2017/R/IDR. DCO 748/2017/R/IDR, pag. 14 punto 4.8. Si veda “Cambiamento climatico e nuovi inquinanti: urge una strategia idrica nazionale”, Contributo n.86, Collana Acqua, Agosto 2017. 917/2017/R/IDR, punto 7.1. 917/2017/R/IDR, punto 8.1.

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Buona parte del Paese registra perdite tra il 35 e il 55%, più contenute in alcune aree del Centro e del Nord

Per il 2030 si prevede una generale convergenza in classe B

La fotografia restituisce una situazione in linea generale poco rosea, visto che buona parte del territorio nazionale registra perdite idriche comprese fra il 35% e il 55%. Le perdite sono più contenute in alcuni territori del Centro e del Nord, seppur anche in queste aree si rintracciano livelli lineari e percentuali piuttosto elevati. Emerge una spaccatura non trascurabile tra il Nord e il Sud del Paese, visto che i differenziali di performance non sono visibili solo in termini di perimetro territoriale, ma anche di popolazione interessata dalle perdite: 17 milioni di abitanti, circa la metà del campione, ricadono in territori con perdite idriche superiori ai 40 mc/km/gg, mentre solo 3 milioni circa di abitanti (meno del 10% del campione) risiede in territori con performance da classe A. Guardando alle proiezioni di perseguimento degli obiettivi per il medio periodo (2030), le gestioni prevedono una generale convergenza verso la classe B, ossia in prossimità del valore ottimale. Il tasso di miglioramento è uniforme lungo tutta la penisola, sebbene si percepisca una traiettoria più lenta nel Centro Italia.

Occorre cautela, poiché vi è disomogeneità nel determinare le perdite da parte dei gestori

I dati riportati dai gestori, tuttavia, devono essere interpretati con cautela in quanto, dall’analisi delle singole relazioni RQTI, si rileva una disomogeneità non trascurabile nella determinazione delle perdite del sistema; disomogeneità che è in parte ascrivibile alle peculiarità dei software di rilevazione, e in altri casi all’effettiva assenza di misuratori di portata. Sono infatti diversi i gestori che lamentano tale assenza, vincolandoli a dover stimare i flussi rilevanti ai fini del calcolo dei sotto indicatori. Già l’Autorità stessa, affrontando il tema dell’affidabilità del dato nell’ambito dell’indagine sull’efficienza e qualità del SII del 2015, aveva rilevato che un numero considerevole di gestioni segnalava l’assenza dei “misuratori di processo” precisando che “emerge una insufficiente presenza di misuratori di processo nei punti dell’acquedotto rilevanti ai fini del calcolo del macro-indicatore M1, con una media del 53% di punti misurati. Simili carenze, riguardanti principalmente la misura di processo, si riflettono inevitabilmente sull’attendibilità dei dati utilizzati che, in assenza di misure adeguate, si basano almeno in parte su stime”18.

Diversi metodi di stima dei volumi d’acqua, qualora manchino i misuratori di portata

E’ opportuno specificare che ARERA non ha definito linee guida univoche da seguire riguardo le modalità di stima dei volumi di acqua che compaiono nelle formule del macro-indicatore nei casi di assenza dei misuratori di portata. Nelle relazioni RQTI si riscontrano diverse metodologie di calcolo (per i volumi in entrata, ad esempio, c’è chi considera i flussi di piovosità nell’anno, e chi tiene in considerazione anche i dati storici di portata naturale), che determinano difformità nell’output considerato. Questa forte variabilità era già stata rilevata dalla stessa Autorità in occasione dell’indagine del 2015, laddove si legge che “l’analisi dei valori delle perdite totali su km di rete relativi alle singole gestioni analizzate, mostra un contesto di partenza molto eterogeneo, dove a fronte di un valore medio nazionale pari a circa 28 mc/km al giorno, si rilevano realtà con perdite che vanno da valori relativamente contenuti (inferiori a 10 mc/km al giorno) fino a valori molto elevati (oltre i 50 mc/km al giorno)”19. Occorre precisare anche che l'attuale computo di estensione della rete non tiene in considerazione il tratto relativo alle derivazioni d’utenza (o condotte di allaccio) che spesso rappresenta una grandezza considerevole della rete e alla quale però sono riconducibili buona parte delle perdite; in alcuni casi dunque si andrebbe a creare l'effetto di ridurre la lunghezza di rete effettiva, con una incidenza percentuale delle perdite più elevata. Un aspetto non semplice, visto che molti gestori non dispongono dei dati puntuali relativi all'ultimo "miglio".

18 DCO 748/2017/R/IDR, pag. 16 punto 4.18. 19 DCO 748/2017/R/IDR, pag. 15 punto 4.12.

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Si auspicano regole di rilevazione omogenee con il nuovo metodo tariffario

E’ auspicabile che ARERA nell’ambito della definizione del nuovo metodo tariffario per il terzo periodo regolatorio possa rendere omogenee le regole di rilevazione delle grandezze sottostanti ai valori dell’indicatore M1.

Le interruzioni di servizio (M2) Non è stato possibile ricostruire il quadro nazionale delle interruzioni di servizio

L’indicatore M2 è finalizzato a catturare la capacità di garantire la continuità della fornitura di acqua per l’utente finale20.

Durata dell'interruzione influenzata dalla distanza tra adduzione e erogazione

Un ulteriore elemento segnalato dai gestori riguarda il computo della durata dell’interruzione del servizio che, a opinione di alcuni, può essere influenzato dalla distanza tra il punto di adduzione e di erogazione della risorsa. Alcuni gestori hanno stimato la durata dell’interruzione del servizio come differenza tra l’inizio della manovra di apertura e la fine della manovra di chiusura, operazioni che portano ad includere i tempi di svuotamento della condotta e quelli successivi di riempimento. Questa metodologia di calcolo, obbligata dall’assenza di rilevatori lungo la rete e presso ciascuna utenza, può comportare una sovrastima della durata effettiva del disservizio.

La disponibilità di risorse idriche è di difficile computo, per i gestori che si alimentano da fonti extra territoriali

Un ulteriore elemento di criticità segnalato da alcuni gestori che si riforniscono da grossisti per la fase di adduzione riguarda il sotto-indicatore che misura la disponibilità di risorse idriche, calcolato rapportando il volume massimo derivabile dal sistema delle fonti di approvvigionamento nel territorio nel giorno di massimo consumo al volume necessario da soddisfare nel medesimo giorno di massimo consumo (G2.1). Per quei gestori in cui il sistema di approvvigionamento è alimentato da fonti extra territoriali, e non sotto il controllo del gestore stesso (grossisti), tale monitoraggio risulta essere difficoltoso e in alcuni casi impossibile, data l’assenza dei dati relativi alle fonti di approvvigionamento. I gestori in questi casi sono ricorsi a stime che considerano il valore di picco istantaneo registrato nell’anno dai misuratori in ingresso al sistema acquedottistico gestito, ipotizzando che quel livello fosse erogabile per l’intero arco della giornata (24 h).

ARERA ha rinviato l’applicazione del meccanismo premi/ penalità per l'M2

L’Autorità ha compreso che per la misurazione di tale macro-indicatore le problematiche sono molteplici e non di immediata soluzione; per questa ragione ARERA ha deciso di rinviare l’applicazione del meccanismo premi/penalità.

Le osservazioni raccolte dall’Autorità nella fase di consultazione concordano sulla difficoltà di calcolo e stima delle grandezze sottese all’indicatore, in particolare per la quantificazione delle utenze coinvolte dall’interruzione. A seguito delle difficoltà segnalate dai gestori e dell’incidenza dei valori stimati, non è stato possibile ricostruire il quadro nazionale delle interruzioni del servizio. I gestori segnalano che, al fine di superare le difficoltà incontrate nel calcolo dell’indicatore, si dovranno compiere investimenti specificatamente rivolti a rendere idonei i sistemi informativi e di raccolta dei dati.

La qualità dell’acqua potabile erogata (M3) M3 misura la qualità dell’acqua potabile erogata con 3 sottoindicatori

Un ulteriore indicatore sintetizza l’aspetto organolettico, chimico e microbiologico della qualità dell’acqua erogata (M3). Si articola in 3 sotto-indicatori che misurano l’incidenza delle ordinanze di non potabilità (M3a) e il tasso di non conformità dell'acqua distribuita, espressa rispettivamente in termini di campioni

20 L’indicatore quantifica il numero di interruzioni programmate e non programmate che si sono verificate nel periodo di riferimento, tenendo conto delle utenze coinvolte da tali interruzioni.

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maggio 2019

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(M3b) e di parametri (M3c)21. Le poche gestioni virtuose sono al Nord, ma per il 2030 il 62% delle gestioni entrerà in classe A

Il quadro che emerge delinea una performance mediocre; oltre il 60% dei gestori analizzati ha un’incidenza delle ordinanze di non potabilità superiore al limite dello 0,005%, il che comporta l’attribuzione della classe E indipendentemente dalla performance negli altri sotto-indicatori. Prescidendo dall’indicatore M3a, tuttavia, il quadro non migliora; 35 gestioni non rispettano il limite della percentuale di campioni da controlli interni non conformi, valore corrispondente alla classe D del macro-indicatore. Poche le gestioni virtuose, e concentrate interamente nelle regioni del Nord del Paese, in particolare in Lombardia, Piemonte e tra le gestioni del Nord-Est. Le prospettive di miglioramento al 2030 sono confortanti: si osserva un buon tasso di convergenza verso la macro-classe migliore, con il 62% del campione posizionato in classe A e il rimanente 38% in classe B.

21 Identificati dall’Allegato I, Parte A e/o B e/o C del d.lgs. 31/2001 e s.m.i..

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La situazione qualitativa dell’acqua è peggiore al Sud, per via della forte intensità di superamento dei parametri

Un dato interessante emerso dalle analisi condotte dall’Autorità sui dati ricevuti dai gestori22 riguarda il confronto tra l’incidenza delle ordinanze di non potabilità (M3a) e il tasso di campioni non conformi (M3b) a livello nazionale; si osserva che l’area del Sud e Isole dichiara un tasso di campioni non conformi molto al di sotto della media nazionale (0,5% contro una media del 3,5%), ma allo stesso tempo si caratterizza per una incidenza delle ordinanze al di sopra della media (0,047% contro una media dello 0,022%).

Il risultato di tale analisi suggerisce, secondo l’Autorità, “una situazione qualitativa della risorsa fornita peggiore” nel Sud Italia; ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che, sebbene i campioni non conformi siano meno numerosi, l’intensità del superamento dei parametri è tale da determinare l’immediata sospensione della potabilità dell’acqua. Ciò vale in quanto un campione non conforme non comporta automaticamente un’ordinanza di non potabilità; è la gravità del superamento dei parametri a determinarne l’emanazione. La lettura delle relazioni sulla qualità tecnica predisposte dai singoli gestori, tuttavia, mette in luce alcuni elementi di criticità, emersi nel momento della misurazione. Per alcuni gestori, l’articolazione della rete di distribuzione penalizza o avvantaggia alcune situazioni

Alcuni gestori ritengono che il modo in cui la rete di distribuzione è articolata possa penalizzare o avvantagiare alcune situazioni: per esempio, all’interno della relazione RQTI dell’ATO 6 Alessandrino in Piemonte, predisposta per più gestori, l’EGATO sottolinea come per il gestore Gestione Acqua il peso delle ordinanze di non potabilità nel 2017 risulta maggiore rispetto al gestore Comuni Riuniti (sebbene entrambi abbiano ricevuto 5 ordinanze nell’anno) in quanto il primo è caratterizzato da

22 Memoria ARERA 8 gennaio 2019, 1/2019/I/IDR: “Memoria dell’autorità di regolazione per energia Reti e ambiente in merito alle proposte di legge Recanti “disposizioni in materia di gestione pubblica e Partecipativa del ciclo integrale delle acque” (AC52) e “principi per la tutela, il governo e la gestione Pubblica delle acque” (ac 773)”.

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“un’infrastruttura del servizio costituita da grandi centrali di approvvigionamento a servizio di più centri abitati”, e di conseguenza una singola ordinanza interessa una porzione di popolazione più ampia. Un’altra criticità rilevata dai gestori è la procedura con cui un’ordinanza viene emessa e revocata

Altro elemento di criticità rilevato dai gestori riguarda la procedura tramite cui un’ordinanza viene emessa e revocata; nel caso di un’ordinanza, il gestore deve confrontarsi con l’Azienda Sanitaria Locale (ASL), responsabile di redigere la nota sulla base della quale il sindaco decide di revocare l’ordinanza. L’ASL si avvale di laboratori di analisi esterni, aventi il compito di effettuare le rilevazioni e le analisi nei punti di distribuzione. I gestori sostengono che, non essendovi omogeneità a livello territoriale sulle tempistiche del procedimento, vi è il rischio che la durata dell’ordinanza ne sia inevitabilmente influenzata. Ad esempio BIM GSP, gestore del servizio idrico integrato di Belluno, ha segnalato che le tempistiche di campionamento, analisi e rilascio dell’esito richiedono in media 10 giorni; di conseguenza, situazioni di non potabilità che il gestore riesce a risolvere in 24-48 ore, possono protrarsi per diversi giorni prima della revoca ufficiale dell’ordinanza, sebbene l’acqua fornita sia già rientrata nei parametri. A tali tempistiche di natura tecnica rischiano di aggiungersi i tempi amministrativi (chiusura degli uffici, firma dei provvedimenti, protocollo, ecc.) che in taluni casi si allungano ad emergenza superata, ma che nel complesso vanno a incidere sulla durata rilevante ai fini della determinazione della classe dell’indicatore M3.

L’adeguatezza del sistema fognario (M4) M4 misura l’adeguatezza del sistema fognario con 3 sotto-indicatori

La qualità e adeguatezza del sistema fognario viene monitorata dall’indicatore M4, che si articola anch’esso in 3 sotto-indicatori, i quali misurano la frequenza degli allagamenti o sversamenti da fognatura (M4a), l’adeguatezza normativa degli scaricatori di piena (M4b) e la quota di scaricatori che non sono stati oggetto di ispezioni e controllo nel periodo sottoposto a monitoraggio dalla regolazione (M4c).

24 gestioni sono in classe B o A, 50 in classe E

Dalla mappa nella pagina seguente emerge una situazione nazionale che suggerisce ampi margini di miglioramento; oltre 50 gestioni rilevano sversamenti superiori all’unità per 100 km di rete, il che li confina in classe E a prescindere dalla performance degli altri sotto-indicatori. Le realtà virtuose, posizionate in classe B o A, sono 24.

Nell’arco di dieci anni, la prevalenza delle gestioni rimarrà in classe E, esibendo una complessiva inadeguatezza

Le proiezioni al 2030 non prospettano ancora il raggiungimento di una situazione ottimale; sono poche le gestioni che riescono a compiere un salto importante, risalendo di almeno 2 classi (20%). Il rimanente 80% rimane confinato nella medesima classe; tale dato è indicatore di una situazione alquanto critica sul fronte del sistema fognario nazionale. Se nell’arco di 10 anni, la prevalenza delle gestioni rimane confinata in classe E, ciò testimonia che i livelli attuali di tali indicatori sono piuttosto lontani dal livello ritenuto adeguato.

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Il macro-indicatore intercetta gli allagamenti da fognatura e l’inquinamento dell’acqua

In merito a questo indicatore, ARERA ha recepito il suggerimento dei gestori di valutare la diversa incidenza delle reti di fognatura mista e nera; ARERA ha così strutturato un indicatore composito che, da un lato, intercetta gli allagamenti da fognatura (applicabile ai gestori che operano solo su fognature separate) e, dall’altro, monitora l’inquinamento della risorsa idrica, misurando l’adeguatezza impiantistica e il corretto funzionamento degli scaricatori di piena.

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Non esiste un parametro che tenga conto della gravità dello sversamento e/o della sua entità

La metodologia di calcolo di tale indicatore, tuttavia, può dar vita a disparità. Infatti, lo sversamento di fognatura nera tipicamente identifica una “situazione di disagio e pericolo”, mentre per gli sversamenti di fognatura bianca o mista ARERA richiede di tenere in considerazione solo quelli “che abbiano determinato situazioni di disagio o di pericolo per l’ambiente e/o per l’utenza servita23”. Diverse gestioni, tuttavia, segnalano di non aver effettuato rilevazioni nei casi in cui uno sversamento, avvenuto nel 2017, abbia determinato situazioni di pericolo o disagio. In aggiunta, potrebbe crearsi una disparità di trattamento anche in considerazione dell’articolazione delle infrastrutture del gestore. Ad esempio, un gestore con numerosi sversamenti da fognatura mista potrebbe ricadere nella medesima classe di un gestore che sperimenti sversamenti in tutte e tre le categorie. Non esiste, quindi, un parametro che tenga conto della gravità dello sversamento e/o della sua entità, lasciando senza risposta il quesito se numerosi sversamenti di mista o bianca, ma di lieve entità (in termini quantitativi), possano paragonarsi ad un unico sversamento di fognatura nera ma di considerevole entità.

Lo smaltimento dei fanghi in discarica (M5) Il decreto Genova ha temporaneamente fissato i parametri per smaltire i fanghi in agricoltura

Il tema dello smaltimento dei fanghi di depurazione ha acquisito una notevole rilevanza a livello nazionale a seguito dell’incertezza normativa causata dalla sentenza n. 27958 del 6 giugno 2017 della Corte di Cassazione, che aveva determinato un vero e proprio blocco del mercato nazionale dello smaltimento dei fanghi in agricoltura24. Dopo mesi di incertezza, la situazione si è finalmente sbloccata con il decreto Genova25, che ha temporaneamente (in attesa che venga predisposta una disciplina organica) messo un punto sulla diatriba in merito a quali parametri impiegare, per ritenere un fango idoneo ai fini dello smaltimento in agricoltura.

M5 completa la normativa ancora parziale

Il modo in cui l’ARERA ha definito il macro-indicatore M5 va nella direzione del completamento della normativa (ancora parziale) che disciplina lo smaltimento dei fanghi; l’indicatore è definito come il rapporto, espresso in termini percentuali, tra la quota di fanghi di depurazione (misurata in sostanza secca, SS) complessivamente smaltita in discarica dal gestore nell’anno di riferimento e l’ammontare complessivo di fanghi prodotti (tonnellate di SS) da tutti gli impianti di depurazione gestiti nel medesimo anno.

Al 2016, la situazione appare rosea, in particolare al Nord, ma meno al Centro

Fatta questa doverosa premessa, al 2016 la situazione appare rosea: poco più del 20% delle gestioni smaltisce oltre il 30% dei fanghi di depurazione in discarica. Queste gestioni sono prevalentemente concentrate nell’area geografica del Centro, ove solo 5 gestioni su 25 monitorate si collocano in Classe A, presumibilmente a causa della minore possibilità di un riutilizzo dei fanghi in agricoltura e per l’assenza di altri sbocchi di mercato. Il Nord mette a segno una buona performance, caratterizzandosi per una percentuale di gestori che non smaltiscono i fanghi in discarica dell’83% (58 gestori in classe A sui 70, afferenti l’area geografica, considerati).

Al 2030, è prevista una convergenza in classe A, specialmente per il Centro-Nord

Le prospettive al 2030 mostrano una convergenza verso la macro-classe A, in particolare delle regioni del Centro-Nord; a meno dello sviluppo di nuove tecnologie e metodologie alternative di smaltimento dei fanghi, nel 2030 circa l’85% dei gestori monitorati smaltirà una quantità di fanghi in discarica inferiore al 15%.

23 917/2017/R/IDR, pag. 25 punto 15.2. 24 Per un approfondimento si rimanda al precedente contributo n° 107, I fanghi della depurazione: l’acqua entra nell’economia circolare, ottobre 2018 per un approfondimento sulla vicenda. 25 Decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 coordinato con le modifiche introdotte dalla Legge di conversione 16 novembre 2018, n.130.

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M5 non considera la qualità del fango prodotto e la possibilità di trovare un mercato per lo spandimento

Le osservazioni ricevute dall’Autorità rispetto a tale indicatore si articolano non tanto sul modo in cui questo è calcolato, quanto piuttosto sull’indicatore in sé; i gestori, segnala l’Autorità, “pur condividendo in linea di principio la proposta del macro-indicatore M5, hanno rilevato come possa, nei fatti, risultare influenzato da fattori non direttamente imputabili a scelte strategiche del gestore, quali, a titolo esemplificativo, l’assenza di infrastrutture di valorizzazione energetica nel territorio di riferimento, o criticità in termini di iter autorizzativi complessi e incerti e di scarsa accettabilità sociale per la localizzazione di tali impianti, nonché caratteristiche del refluo in ingresso agli impianti di depurazione che impediscano il successivo recupero agronomico dei nutrienti contenuti nei fanghi, anche in vista di probabili modifiche legislative orientate a criteri più restrittivi26”. L’indicatore, in effetti, presenta due sostanziali debolezze: da un lato, non tiene conto della differente qualità del fango prodotto, determinata dai fluidi che confluiscono nei depuratori. Gestori operanti in territori che si caratterizzano per la

26 DCO 748/2017/R/IDR, pag. 34 punto 4.68.

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prevalenza di reflui industriali registrano una superiore incidenza di fanghi di scarsa qualità, che sono costretti a smaltire prevalentemente in discarica; gestioni operanti invece in zone caratterizzate da reflui provenienti da insediamenti civili hanno maggiori possibilità di smaltire i fanghi in agricoltura. Dall’altro lato, non tiene conto dell’effettiva possibilità, da parte del gestore che abbia un certo ammontare di fanghi idoneo allo spandimento in agricoltura (o da destinarsi ad altro mercato, comunque diverso dallo smaltimento in discarica), di trovare un mercato nel territorio di riferimento che permetta l’effettivo smaltimento alternativo. Questo problema è stato segnalato in particolar modo da alcune gestioni del Mezzogiorno, dove si segnala l’assenza di impianti idonei al compostaggio o un mercato organizzato per lo spandimento in agricoltura. Se l’Impronta di carbonio del servizio di depurazione migliora, ARERA è più propensa ad accogliere la deroga

L’Autorità, anche per tenere in considerazione eventuali caratteristiche territoriali che possono potenzialmente influire sulla capacità del gestore di controllare il fenomeno, ha previsto la possibilità di presentare istanze di deroga motivata. Viene però precisato che la valutazione positiva dell’istanza è vincolata al contestuale miglioramento di un ulteriore indicatore, che viene affiancato al macroindicatore M5, quando il mancato raggiungimento dello standard non sia appunto imputabile a fattori controllabili dal gestore. Ci si riferisce alla cosiddetta Impronta di carbonio del servizio di depurazione27, che consente di tenere traccia dei progressi sul fronte puramente ambientale e, nello specifico, dell’efficienza del processo depurativo. In sostanza, dunque, se l’andamento di tale indicatore mostra un miglioramento nel tempo, l’Autorità sarà più propensa ad accogliere la richiesta.

Servirebbe un meccanismo regolatorio per avviare gli impianti necessari a trattare efficacemente i fanghi

E’, inoltre, necessario far presente che l’Autorità ha avviato un’indagine conoscitiva sul mercato dei fanghi28, consapevole del fatto che non tutte le leve che influenzano la performance in questo macroindicatore sono attivabili dal gestore del servizio. A questo proposito, sarebbe opportuno predisporre un meccanismo regolatorio che consenta alle gestioni di avviare gli impianti necessari ad assicurare un efficace trattamento dei fanghi. L’attuale regolazione della qualità tecnica del SII riconosce la possibilità, ma non la certezza, di un’integrazione sui costi operativi (Opex QT) per le attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dello smaltimento dei fanghi in discarica (indicatore M5). Il riconoscimento da parte degli EGATO di nuove opere asservite al trattamento/smaltimento dei fanghi nel Piano degli Interventi programmati, configurerebbe la possibilità di riconoscere i costi di investimento delle infrastrutture in tariffa (Capex), a fronte non solo della mancata richiesta di integrazione (parziale o totale) dei costi operativi per lo smaltimento dei fanghi (Opex QT), ma anche soluzioni di profit sharing, a vantaggio dell’utenza finale del servizio idrico in caso di valorizzazione sul mercato dei prodotti della loro trasformazione.

La qualità dell’acqua depurata (M6) M6 esprime la qualità dell’acqua depurata

Un indicatore finalizzato a valutare l’efficacia e l’adeguatezza delle infrastrutture di depurazione è quello relativo alla qualità dell’acqua depurata, che si ricollega al ciclo virtuoso dell’Autorità orientato alla corretta e sostenibile gestione “quantitativa” della risorsa idrica (M1). L’indicatore M6 è stato definito come tasso percentuale dei campioni di acqua reflua scaricata da tutti gli impianti di depurazione in cui si sia rilevato il superamento di una o più delle concentrazioni limite indicate nel Codice dell’Ambiente29. Si prendono a riferimento i campioni prelevati da depuratori che servono più di 2.000 Abitanti Equivalenti (AE), effettuati dal gestore nel periodo preso a riferimento.

27 Si tratta dell’indicatore G5.3 del punto 18.12 della 917/2017/R/IDR, valutato in accordo alla norma UNI EN ISO 14064-1 e misurato in termini di tonnellate di CO2 equivalente. 28 Delibera del 22 gennaio 2019, 20/2019/R/IDR. 29 Tabelle 1 e 2 dell’Allegato 5 alla parte III del d.lgs. 152/2006 e s.m.i

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Le performance del Nord sono superiori rispetto al Sud, pur con differenze meno marcate

Il quadro nazionale evidenzia ancora una volta una superiore performance del Nord rispetto al Sud, sebbene in questo caso le differenze siano meno marcate. Rispetto all’indicatore M5, pesa di meno la classe A, in cui si collocano meno del 30% dei gestori monitorati; prendendo in considerazione anche la classe B, tuttavia, la percentuale di gestori con una performance di buon livello sale al 54%. Alla luce del fatto che un buon processo di depurazione genera, in linea generale, un quantitativo di fanghi superiore e di migliore qualità, questi dati, congiuntamente a quelli sull’indicatore M5, suggeriscono una performance nazionale sul fronte depurativo posizionata su un discreto livello.

Al 2030, la gran parte delle gestioni prevede di raggiungere la classe B

Anche per questo macro-indicatore, al 2030 si osserva una situazione nella quale gran parte delle gestioni raggiunge la macro-classe B. Nell’arco dei prossimi dieci anni la maggior parte riuscirà a conquistare un solo gradino, e circa il 38% potrà raggiungere la condizione ottimale (classe A).

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ARERA ha riscontrato disaccordo sull’ indicatore da utilizzare, con un trattamento delle acque reflue non ancora del tutto adeguato

Tra le risposte al documento di consultazione, l’Autorità aveva riscontrato disaccordo rispetto all’indicatore da utilizzare per il calcolo dell’indicatore; alcuni gestori ritenevano preferibile il tasso di conformità a livello di campioni analizzati, rispetto ad altri la cui preferenza era orientata a livello di singoli parametri analizzati. Questa è l’unica criticità segnalata; le performance rilevate a livello nazionale sono principalmente dovute a un trattamento delle acque reflue non ancora del tutto adeguato.

Conclusioni Grazie alla regolazione della qualità tecnica, il settore idrico compie un passo epocale nella direzione di accrescere l’efficacia degli investimenti. Da qui in avanti dovranno essere valutati gli impieghi alternativi di ogni euro speso in conto capitale, la cui allocazione dovrà tenere conto di precise priorità e del quale ex post potrà persino essere valutato il beneficio. Per la prima volta si assiste ad una misurazione sistemica delle performance ambientali del servizio sulla base di indicatori che coprono diversi versanti: dalle perdite idriche alle interruzioni del servizio alla qualità dell’acqua depurata alla resilienza del sistema fognario, fino ad arrivare all’efficacia dei processi di depurazione. Se le regole ci sono, si tratta ora di verificarne l’applicazione e di rendere uniformi i criteri di misurazione degli indicatori di qualità tecnica, in modo che le performance riflettano unicamente l’intensità e la qualità degli investimenti realizzati, piuttosto che differenti criteri di misurazione o calcolo. L’approccio output based che informa l’attività di ARERA può ritenersi equo solo se in grado di garantire omogeneità nella rilevazione dell’output stesso e, in questo senso, gli standard non dovrebbero unicamente riferirsi all’esito della misurazione (output), ma anche alla qualità del processo di misurazione da cui scaturisce. La strada è comunque tracciata e le gestioni industriali, in stretta simbiosi con gli enti di governo d’ambito, saranno chiamate a rispondere alle esigenze dei territori e a fare della sostenibilità ambientale il principio che informa la programmazione degli interventi. Il punto di partenza non è dei migliori. C’è molta strada da fare per recuperare il terreno perduto. All’interno di questo quadro di luci ed ombre, in un framework regolatorio da affinare, mancano ancora all’appello tutte le gestioni non industriali, non conformi alla normativa, in economia, cessate ex lege, resistenti alla regolazione ARERA, talvolta sconosciute. Si tratta di gestioni che insistono in prevalenza nel Mezzogiorno, anche se non mancano casi illustri anche nelle aree a maggiore vocazione produttiva del Paese, che restano al di fuori delle regole, prive di ogni requisito di trasparenza e responsabilità nei confronti degli utenti. Il paradosso è che molto spesso a finire sotto la lente di ingrandimento sono le gestioni industriali, quelle che rendicontano e che pubblicano gli esiti del proprio operato, esponendosi alle critiche e al confronto, talvolta improprio, perché basato su criteri ancora “acerbi” e imprecisi. Le gestioni industriali accettano di misurarsi, assumono impegni e responsabilità. Le altre rimangono nell’ombra.

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CRITICITA' INDICATORI Molto elevato Elevato

Macro-indicatore

Definizione

Moderato Basso

M1a

Rapporto tra volume delle perdite e la lunghezza della rete di acquedotto

M1b

Rapporto tra volume delle perdite e volume in ingresso nell'acquedotto

Perdite idriche

Somma delle durate in ore delle interruzioni programmate e non programmate annue, moltiplicate per il n° di utenti finali e rapportata al n° degli utenti serviti dal gestore

Interruzione del servizio

Rapporto tra n° di utenti interessati da M3a sospensioni e n° di utenti serviti dal gestore Rapporto tra il n° di campioni non conformi Qualità dell’acqua M3b alla legge e il n° complessivo di campioni erogata analizzati M3c

Rapporto tra il n° di parametri non conformi alla legge e il n° di parametri analizzati

N° di allagamenti e di sversamenti M4a verificatisi ogni 100 km di rete fognaria gestita Adeguatezza del sistema fognario

Smaltimento fanghi in discarica

Qualità dell’acqua depurata

M4b

Incidenza degli scaricatori non adeguati alle normative vigenti sul totale

M4c

Incidenza degli scaricatori non oggetto di ispezione o non dotati di sistemi di rilevamento automatico dell'attivazione sul totale Rapporto tra la quantità di fanghi di depurazione smaltita in discarica e la quantità di fanghi misurata in sostanza secca complessivamente prodotta

Quota dei campioni caratterizzati dal superamento di uno o più limiti di emissione sul totale dei campionamenti effettuati dal gestore

Grado di difficoltà nella misurazione

Criticità emerse

Mancanza di misuratori di processo nei punti di acquedotto chiave ai fini della misurazione Impossibilità di misurare esattamente il n° di utenze coinvolte da un’interruzione; difficoltà di misurare l’effettiva durata dell’interruzione L’articolazione della rete di distribuzione può alterare il numero delle utenze coinvolte; l’efficienza delle procedure ASL può alterare la durata dell’ordinanza Potenziale difformità dovuta a differenze nel numero di campioni analizzati durante l’anno Non si tiene conto della diversa gravità dei fenomeni; non c’è prescrizione su come definire pericoloso un episodio

Nessuna criticità emersa

Presenza di fattori non direttamente influenzabili dai gestori (assenza di un mercato e infrastrutture, prevalenza di flussi industriali) Nessuna criticità emersa

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

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