SANTA MARIA DEGLI ANGELI MENSILE – GENNAIO 2018
“LUI E’ QUI, IN MEZZO A NOI” Incontri del Lunedì
Ritiri spirituali
Oratori
BUON NATALE! Quand’è che questo saluto è autentico, cioè quand’è che il Natale è buono? Riuscire a scrollarci di dosso la banalità di quello che il mondo ha fatto del Natale, è un compito prima di tutto spirituale che la comunità cristiana deve poter realizzare. E’ buono il Natale quando la nostra vita, le nostre scelte, il nostro modo di pensare e di stare al mondo corrisponde ed è in sintonia con la rivelazione di Dio avvenuta nella nascita del suo Figlio Gesù. E’ buono il Natale per noi, allora, quando la nostra vita è in un cammino di semplicità, di ricerca dell’essere più che dell’avere. Gesù è nato povero tra i poveri. E’ stata una scelta maturata nei secoli e che continuamente troviamo nella Scrittura. E allora camminiamo con Lui e gli facciamo spazio nella nostra storia quando poniamo in atto delle scelte in sintonia con il suo stile sobrio e semplice. E’ buono il Natale per noi quando viviamo un cammino di fraternità e di sororità. L’inizio della vita di Gesù e la fine rappresentano una bellissima indicazione del significato che ha dato alla sua esistenza. Le sue braccia aperte nella culla e sulla croce dicono del desiderio del Signore di realizzare tra gli uomini e le donne quel cammino di fraternità e sororità vissuto nella Trinità e continuato sulla terra con i suoi discepoli e discepole. E’ buono il Natale per noi quando collaboriamo nella realizzazione per un mondo più giusto. Sin dai primi vagiti Gesù ha provocato l’ira del mondo ingiusto e corrotto, l’ira di Erode. Durante il periodo della sua attività pubblica Gesù non ha mai smesso di denunciare le ingiustizie dei potenti di turno, sia del potere politico che di quello religioso. Anche noi, per essere in sintonia con Lui, con Colui che viene, dobbiamo apprendere a porre nella nostra vita gesti di giustizia, pronti a pagare anche le conseguenze di questi gesti controcorrente. E’ buono il Natale per tutti coloro che nel mondo pongono ponti di pace. Ce lo ricorda san Paolo nella lettera agli Efesini. Gesù ha fatto dei popoli in conflitto un solo popolo, non schiacciando l’odio con la forza, ma attirandolo sulla sua carne nella croce. Essere nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi: è questa la missione dei cristiani nel mondo.. don Paolo
RICORDO DI UN PRESEPE BARBIANESE Tutto a Barbiana era occasione per fare scuola, per crescere come uomini e come cristiani Il motivo occasionale metteva spesso in mostra come il mio bisogno fosse uguale a quello del compagno e che il sortirne insieme era l’egoismo, mentre il sortirne insieme era una la politica. Figuriamoci il Natale: nei boschi le rappresentazioni viventi da parte dei bambini erano immancabili, come immancabili erano in chiesa bellissimi presepi con ritrovati scenici e meccanici nuovi ogni anno… Attorno al tavolo della cucina di Barbiana in un gelido sabato di dicembre 2010, stavo ascoltando questi ricordi dalla voce di Michele Gesualdi (presidente della fondazione don Milani e uno dei primi sei alunni del priore) e con il pensiero e la fantasia cercavo di ricostruire come doveva essere il Natale in quel luogo freddo, umido ed allora anche senza luce e senz’acqua corrente... “Occorre guardare al futuro – mi disse con la sua abituale convinzione e fermezza Michele – che ne dici di fare insieme un presepe per dicembre 2001? Però voglio un presepe milaniano e non tradizionale”.
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L’invito certo era alettante, ma capivo benissimo che si sarebbe trattato di un impegno gravoso, che avrebbe richiesto una progettualità non piccola… e poi – conoscendo abbastanza bene Michele – intuivo che sarebbe stato un viaggio bellissimo, ma imprevedibile, pieno di sorprese e soprattutto con una meta sempre in divenire. “Dai… pensiamoci”. Questa fu la risposta che diedi… forse per prendermi del tempo, forse per non deluderlo, forse perché davvero ci stavo già pensando. Tornato a casa iniziai a riflettere su come collegare la grande attività di don Lorenzo maestro e sacerdote alla Parola di Dio e alla povertà Barbiana. Il ponte di Luciano, l’astrolabio, santo scolaro… son le tre realtà, i tre simboli sensibili che racchiudono l’insegnamento di Barbiana… e da lì… era obbligatorio partire!!! Santo Scolaro è un mosaico a vetro (fatto dai ragazzi) che si trova – quale pala – su un altare laterale della piccola chiesa di Sant’Andrea a Barbiana. Esso raffigura un piccolo monaco (con tanto d’aureola) che sta leggendo un libro. “E’ stato l’unico educatore della storia ad aver amato così tanto i suoi ragazzi da metterli sull’altare!”. Così Michele commenta sempre l’immagine di santo scolaro. Nell’aula della scuola di Barbiana si trova uno strano strumento per osservare e studiare le stelle: l’astrolabio. Ovviamente anche questo rigorosamente costruito in casa dopo mesi e mesi di studio… La scuola si costruisce insieme e insieme si attua la ricerca della verità… verità che va trovata nel grande libro della natura, che è il libro di Dio, più che nei libri degli uomini. Questo è il secondo segreto di Barbiana ed è racchiuso in quello strumento. Il terzo ed ultimo segreto è nascosto nel bosco e lo si trova solo facendo un po’ di fatica: il ponte di Luciano. Luciano era un pastorello che per andare a scuola tutte le mattine faceva due ore di strada a piedi nel bosco e doveva guadare un piccolo torrente; un inverno il corso d’acqua si ingrossò e Luciano vi cadde dentro rischiando di morire... Don Lorenzo insieme ai suoi ragazzi si indignò fortemente che per i poveri non ci fossero i mezzi adeguati per poter imparare, per recarsi a scuola ed organizzò un piccolo sciopero perché venisse costruito un piccolo ponte sul torrente… il ponte ci insegna che devono essere abbattute tutte le differenze e trovare mediazioni perché tutti possano arrivare alla realizzazione della propria identità. Questi i segreti di Barbiana, ma come legarli alla Parola di Dio, quella parola a cui voleva condurre i suoi alunni e le loro famiglie il priore attraverso l’insegnamento della lingua italiana? E inoltre … come legare tutto ad un presepe? Solo chi possiede la parola è in grado di annunciarla… questo mi comunicava l’immagine di santo scolaro intento a studiare… Ecco allora questa la scena dell’annuncio ai pastori: l’angelo comunica con la parola che la Parola è nata in mezzo a noi. Ovviamente l’astrolabio indica la via nella notte… Chi più dei magi si è messo in cerca della verità partendo dalla osservazione delle stelle? E così la seconda scena del presepe era sistemata. E la natività? Non poteva essere che sul ponte di Luciano in quanto Gesù venendo nel mondo – come ci ricorda San Paolo – ha abbattuto il muro di inimicizia, di divisione, si è fatto mediatore… cioè ponte!!
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Individuata la tematica… tutti al lavoro: i giovani della parrocchia S. Antonio di Padova di Sassuolo e il membri dell’associazione di promozione sociale “La comune del parco di Braida in Sassuolo”, (entità laica e apolitica e areligiosa) per tre mesi, per tre serate alla settimane e tutti i sabati pomeriggio, han lavorato di testa e di mano insieme per dar vita al presepe di Barbiana, iniziativa che ha visto il coinvolgimento di 43 persone…Uno spettacolo: una parrocchia ed un centro di quartiere che lavorano e ragionano insieme per una causa comune… Ma sarebbe stato tutto troppo semplice… se fosse andata così. Una telefonata di Michele ci fece capire che il progetto sarebbe stato molto più ampio: “Un presepe deve suscitare qualcosa, non può essere solo un quadro da vedere che ci riempie il cuore di bei pensieri facendoci dimenticare la realtà.” Ecco un ulteriore passo avanti: il presepe, posto nelle officine della scuola di Barbiana, è stato preceduto da una piccola mostra basata su immagini e frasi (tratte dalla Sacra Scrittura, dagli scritti di don Lorenzo e Giorgio La pira, documenti del magistero, liberi pensatori ecc…) che richiamano la realtà del mondo del lavoro. Da questa ulteriore pista di riflessione è nata quindi l’esigenza far parlare il presepe all’uomo di oggi. Siccome “per loro non c’era posto nell’albergo”, il presepe è stato dedicato a tutti coloro che non hanno un posto e precisamente non hanno un posto di lavoro o perché l’hanno perso o perché non riescono a trovarlo a causa del periodo di crisi che imperversa nel nostro paese. L’iniziativa è stata condivisa ed accolta dai sindacati confederati di Firenze ed è stata simbolicamente dedicata alla vertenza sindacale di una fabbrica di Scandicci, la “Elettrolux”. Ed il 18 dicembre 2010 (e chi se lo scorda…) a Barbiana è avvenuta la inaugurazione del “monumento” (termine affettuoso con cui il Gesualdi chiama il presepe) alla presenza di alcune autorità politiche della regione Toscana e di un attore che ha recitato alcuni scritti del Priore sulla problematica del lavoro... E ora quel presepe, ancora visitabile, è li a ricordare che – se si vuole – è possibile costruire insieme (credenti e non credenti) piccoli pezzi di Regno di Dio sulla terra. Fr. Antonello Ferretti
NATALE: DIVENTARE FIGLI DI DIO La festa del Natale, più di ogni altra, risente di un fardello di leggende, tradizioni, devozioni, consumismi e sentimentalismi che rischiano di offuscarne il significato profondo. Per comprenderne il significato, come sempre, dobbiamo ricorrere ai Vangeli, consapevoli del fatto che questi testi non sono interessati a farci un resoconto storico degli avvenimenti ma a fornircene una interpretazione. I Vangeli ci raccontano la realizzazione dell’incarnazione, del progetto di Dio sull’umanità, per farci diventare suoi figli. Il prologo del Vangelo di Giovanni dice “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare
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figli di Dio” (1,12). Si potrebbe dire, con uno slogan, “Figli di Dio non si nasce ma si diventa, e lo si diventa accogliendo questo progetto”. Il progetto di vita che Dio ci propone è Gesù, e noi diventiamo figli di Dio se prendiamo Gesù come il modello del nostro comportamento. E’ molto significativo, infatti, che nei racconti evangelici, Gesù non sia stato accolto dagli esperti dei testi sacri, dalle autorità civili e religiose, che anzi l’hanno avversato,per paura di perdere il loro potere. E’ stato invece accolto ed annunciato dai pastori e dai pagani (i magi). Sappiamo che sia i pastori che i pagani erano considerati il massimo dell’impurità, non osservavano la legge di Mosè, erano accusati di furti e di ogni empietà. I pii ebrei stavano lontani da loro per non essere contaminati. Per fare un parallelo con la nostra società potremmo dire che coloro che attendono ed accolgono la realizzazione del progetto di Dio di farci suoi figli non sono quelli che ritengono di essere già suoi figli, ma quelli che vengono considerati impuri, peccatori, lontani da Dio. I pastori e i pagani del nostro tempo possono essere i migranti (quelli che alcuni chiamano clandestini, come se esistere fosse un reato), i sinti e i rom, i giovani “difficili”, gli anziani, le persone transessuali, omosessuali, tutti coloro che rappresentano una diversità o una minoranza. La nostra Chiesa da sempre si impegna per gli stranieri e i poveri, e tramite la Caritas ed altre forme di volontariato mette in atto molteplici iniziative. E’ il suo volto migliore, la carità è contagiosa ed è un linguaggio conosciuto ed apprezzato da tutti, anche dai non credenti. La Chiesa è attenta anche alla pastorale giovanile e all’assistenza alle persone sole ed anziane. Fa molta più fatica, invece, ad avvicinarsi e ad accompagnare le persone portatrici di una diversità di orientamento affettivo/sessuale o di genere psicologico non corrispondente a quello fisico. E’ anche questo un cammino da intraprendere, e, fortunatamente, la nostra Unità Pastorale è pioniera in questo percorso, ammirato da più realtà di varie collocazioni geografiche, che vorrebbero prendere spunto per realizzare arricchenti progetti pastorali di accompagnamento per queste persone e per i loro genitori. La Chiesa, sollecitata in questa direzione da papa Francesco, è chiamata sempre più ad andare fuori, verso le periferie sociali ed esistenziali, sulle orme di Gesù che, dalla sua nascita (fuori dal centro, a Betlemme, nella mangiatoia) alla sua morte (fuori da Gerusalemme, al Golgota), ha sempre cercato le periferie e si è sempre tenuto lontano dai centri di potere. Buon Natale “in uscita”! Giovanni Dazzi
CONSIGLIO DI ORATORIO Un sistema complesso, come spesso si presenta l'oratorio, non può essere gestito secondo il metodo semplicistico di uno che ha in testa tutto e con attorno un folto numero di persone che pendono dalle sue labbra. In diverse realtà oratoriane è riconosciuta e definita la presenza di un coordinatore (educatore di progetto). Tuttavia l'esperienza suggerisce che non sia lasciato solo, ma che possa contare su una equipe di coordinamento, per evitare la duplice negatività dell'agire autoreferenziale e del peso della solitudine di fronte alle responsabilità. Oltretutto si minerebbe alla base lo spirito di comunione, condivisione e corresponsabilità. Allo stesso tempo le tante figure educativi presenti nell'ambiente oratoriano non possono essere semplicemente accostate le une alle altre, assecondando la spontanea divisione a gruppi di interesse, che non
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poche volte hanno dato vita a una competizione interna: la squadra del catechismo, quella dello sport, quella degli animatori, quella della liturgia,... L'esigenza di dare una struttura organizzativa all'oratorio si deve confrontare con il delicato ma necessario compito di rendere concreti i suoi valori e le sue finalità, rispettando la sua identità e rispondendo alla sua missione. A tali caratteristiche corrisponde il Consiglio di Oratorio presieduto dall'educatore di progetto. A tale organismo è doveroso che partecipino i responsabili dei principali "settori" presenti in oratorio, la rappresentazione dei genitori, degli animatori e delle associazioni, il parroco o curato. E' un consiglio che si deve occupare del calendario annuale e dei molti aspetti organizzativi ma è opportuno che dedichi un adeguato tempo alla verifica delle iniziative e allo studio delle problematiche giovanili. E' nel contesto di tale organismo che i responsabili si fanno interpreti fondamentali dell'identità ecclesiale dell'oratorio. [Tratto da "I ragazzi dell'Oratorio"]. Con queste parole don Claudio Belfiore (esperto di oratorio) ci indica alcune piste per creare dei CdO (Consigli di Oratorio). Nella fattispecie abbiamo provato a descrivere l'organizzazione del progetto oratori della nostra UP con il seguente schema.
Come si vede, il lavoro dei CdO è supportato e preceduto da un duplice lavoro: quello dell'Educatore di progetto (Ciri o chi per lui) e dell'Equipe Oratori, costituito dai giovani universitari che hanno fatto scelta di servizio e di fraternità per questo anno (Arianna, Ilaria e Alex). Sentiamo la necessità di estendere a una platea maggiore l'invito a partecipare ai CdO, consci del fatto che forse ci sono energie non interpellate che potrebbero invece essere preziose: se ti senti interpellato comunicalo a Ciri.
Orientiamoci III media Dalla fine di novembre è cominciato un percorso di orientamento alla scelta scolastica prossima per i ragazzi di III media. Tale incontro è portato avanti dagli educatori dei cammini formativi dei ragazzi assieme all'educatore di oratorio, così da permettere anche una eventuale mescolanza culturale e sociale dei ragazzi stessi. Gli incontri (al lunedì a Regina Pacis e al venerdì a Roncina) sono impostati attraverso una metodologia altamente esperienziale: non ci sono grandi discorsi da ascoltare, ma tante attività ed esercizi per scavare nelle
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profondità di se stessi, quelle meno accessibili. L'idea, infatti, è quella di dare ai ragazzi degli strumenti per capire cosa è già seminato dentro se stessi: competenze, talenti, attitudini, desideri, paure e progetti che sono già presenti in loro ma che hanno solo bisogno di essere illuminati e riletti. Agli incontri stanno partecipando una quindicina di adolescenti, che sempre più si mettono i gioco con se stessi e con il gruppo di coetanei. Ad ogni incontro, infatti, c'è un momento di condivisione in cui ciascuno può sentirsi libero di comunicare ai presenti quando emerso per sé, senza mai che questo diventi un obbligo. Obbligarli a condividere quanto di più profondo si cela nel loro intimo sarebbe una violenza morale e psicologica gratuita e con non porterebbe alcun frutto se non marcio. Al termine degli incontri non verrà dato alcun consiglio ai ragazzi: siamo convinti che ne abbiano già tanti. Tuttavia ci pare importante ascoltarli a tu per tu: un tempo in cui poter verbalizzare quanto prodotto dagli incontri e dalla rilettura del proprio vissuto. L'ascolto è un canale potentissimo per significare il proprio passato, presente e futuro... ma quanto spesso ce lo dimentichiamo. Inoltre, ci pare importante condividere questo tragitto assieme ai genitori attraverso un incontro di sintesi e per darci qualche linea guida di cosa non fare e di cosa fare come accompagnatori privilegiati dei propri figli. E tutto questo non è Vangelo? Gesù non era un grande ascoltatore e un grande osservatore? Non illuminava la strada del vissuto delle persone che gli si facevano vicino? Non era un profondo conoscitore dell'anima, ovvero del lato più umano di ciascuno? E se noi educatori e genitori, alla scuola del Maestro, cerchiamo di ripetere nel concreto del quotidiano i gesti del bel Pastore, non stiamo evangelizzando? Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: "Capite quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io".
Maria, la piena di grazia Prima di scrivere questo articolo confesso di essere andato a vedere cosa avessi scritto circa un anno fa a proposito del Natale su questo blog: a distanza di un anno ho visto che alcune mie speranze stanno diventando realtà e questo da serenità anche nel trambusto. Siamo ormai alla vigilia della festa dell’Immacolata e oggi (7 dicembre) è il mio compibattesimo: 31 anni da figlio nel Figlio. Mi chiedo se veramente sto vivendo il mio battesimo, la mia identità, vocazione e missione. La verità è che siamo in cammino, mai arrivati: ma che bel cammino! In cammino come Maria, di casa in casa. Un bellissimo libro di Ermes Ronchi narra tutte le case in cui Maria ha vissuto nei Vangeli: una Maria umanissima e affascinantissima. Mi piace pensare che in una UP che si è battezzata Santa Maria degli Angeli, anche i suoi oratori siano case di Marie. Non saranno narrate nei Vangeli ma potrebbero narrare il Vangelo. Infatti, sono sempre più persuaso che le piccole azioni quotidiane, fatte nella ferialità, parlino del più bello fra i figli dell’uomo.
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Maria, assieme al suo sposo Giuseppe, ci dona uno stile laicale estremamente evangelizzante: “Povera di tutto, Dio non ha voluto che Maria fosse povera d’amore” (Ermes Ronchi). Se il nostro stile educativo oratoriano prendesse sempre più esempio da questa coppia allora basterebbe entrare in oratorio per respirare dinamiche del Regno dei Cieli. Ogni oratorio sarebbe vissuto a immagine e somiglianza della casa di Nazaret, ma anche di quella di Cafarnao, talvolta rassomigliare alla grotta di Betlemme. Case, oratori in cui non c’è un bel niente di perfetto; ma case, oratori in cui si impara l’arte di donarsi perché la vita cresca in sapienza e grazia davanti agli uomini. I ragazzi hanno bisogno di persone che siano affascinate da Gesù e lo servano in essi. Hanno bisogno della presenza tua, fatta di limiti e di talenti. Hanno bisogno di punti di riferimento…come Maria lo è stata e lo è. Buona festa dell’Immacolata! Ciri
UNA BELLA PRESENZA IN MEZZO A NOI Come tutti sappiamo da circa un mese i bambini della scuola Gino Bartoli sono ospiti da noi in oratorio. E’ una presenza bella, come del resto belli sono i bambini. E’ bello vedere lo spazio dell’oratorio farsi accogliente per un’emergenza. Con grande gentilezza le maestre ci hanno inviato alcuni disegni fatti dai bambini per ringraziarci a modo loro. Ne approfitto per ringraziare a nome della comunità tutto il personale della scuola che con tanta cura ha abitato i nostri locali. Un buon Natale a tutti voi e alle vostre famiglie. don Paolo
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UNA VISITA SPECIALE Sabato 2 dicembre i ragazzi di catechismo della 5ª elementare della parrocchia Spirito Santo hanno potuto partecipare ad una interessante esperienza: accompagnati dalle catechiste e con la presenza di alcuni genitori, si sono recati al centro di ascolto Caritas "Madre Teresa di Calcutta" a Pieve Modolena. Perché questa visita? In uno dei tempi forti che la Chiesa propone durante l'Anno Liturgico, l'Avvento appunto, periodo che precede il Natale, siamo tutti chiamati a meditare sul grande dono che Dio offre all'uomo: la nascita del Figlio suo Cristo Gesù. Ecco la necessità che i ragazzi devono focalizzare e rendersi conto del significato di donare e donarsi. Donare qualche cosa che va oltre la semplice elemosina fatta per la strada, frettolosamente, donare una briciola del proprio tempo e spenderlo per aiutare il prossimo, mettere a disposizione ciò che si possiede (anche un po' superfluo) e condividerlo con le persone meno fortunate e più emarginate. I ragazzi hanno potuto osservare come il centro di ascolto è organizzato, come le persone che lì si recano vengono accolte ma soprattutto ascoltate. Loro stessi sono stati coinvolti da protagonisti a rappresentare una simulazione di incontro tra "ascoltatori" e "richiedenti" con contestuale distribuzione dei generi alimentari di prima necessità. I bimbi hanno capito che l'ascolto è importante e fondamentale per coloro che chiedono aiuto, che ascoltare è il primo passo per condividere e capire le necessità della gente, anche se i loro problemi non possono essere esauditi subito con il dialogo si possono trovare le soluzioni. Crediamo sia stata una positiva esperienza e i ragazzi hanno dimostrato una ottima collaborazione e hanno dato prova di aver capito ciò a cui hanno partecipato e visto, scoprendo che questo Natale potrà essere vissuto sotto una luce diversa. Ada, Francesca e Martina
Cardinal Martini - incontro presso Oratorio Regina Pacis Nell'ambito delle attività di catechesi del 2017-2018, sabato 2 dicembre don Paolo ha organizzato un interessante momento di condivisione della figura che quest'anno accompagnerà i piccoli nel loro percorso di crescita e di avvicinamento ai sacramenti: il cardinale Carlo Maria Martini. Dopo Don Tonino Bello, la cui parabola terrena vicina agli ultimi è stata descritta lo scorso anno in un programma di incontri, quest'anno la proposta pare essere assai diversa. Carlo Maria Martini (Torino 15/2/1927 Gallarate 31/8/2012), teologo, biblista e importante esegeta delle Sacre Scrittura, appartiene, a differenza di Don Tonino, alle alte sfere del Vaticano. Frequenta infatti istituti teologici a Roma fra i più importanti nel mondo, strutture in cui arriva anche a insegnare, e dedica parte della propria vita allo studio della parola di Dio. Un aneddoto interessante sulla vita dell'alto prelato lo vede, appena undicenne, a cercare nelle biblioteche di Torino una copia della Bibbia da studiare, stupendosi del fatto che al tempo era un testo proibito. Fu solo, infatti, dal Concilio Vaticano II che il testo dei testi fu reso disponibile a tutti, anche ai preti che in
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seminario si dovevano accontentare di dispense ed estratti, senza poter accedere al testo integrale. Questa sua fame di sapere e di approfondire, questa sua curiosità è forse il tratto più interessante del cardinale. Ma perché scegliere una figura del genere come testimone del cammino di quest'anno? E soprattutto perché virare così tanto dal cammino di Don Tonino? Don Paolo ce lo spiega continuando a raccontare la vita di Martini. Una volta diventato arcivescovo di Milano negli anni Ottanta e accantonata, almeno per il momento, la sua passione per lo studio teologico, Carlo Maria si trova a toccare con mano la vita vera. E ne viene folgorato. Lui, che era sempre vissuto avvolto dai libri che lo proteggevano dalle scaffalature delle biblioteche vaticane, si trovò ben presto a contatto con la gente comune. Con i problemi degli ultimi nella "Milano da bere" dell'epoca. A uscire in incognito per cenare a casa dei fedeli, pretendendo anche di cucinare, servire a tavola e, dulcis in fundo, lavare pure i piatti! Come Don Tonino sperimenta quindi un cammino di fede a fianco degli ultimi, sporcandosi le mani ogni giorno. Fu un uomo che seppe andare oltre le convenzioni dell'epoca e per questo fu spesso al centro dell'attenzione dei media che, allora come adesso, non perdonavano nulla a chi spesso si metteva di traverso nei confronti di una Chiesa che non assomigliava più a quella che si legge nella Bibbia. Martini l'avrebbe voluta vicina agli ultimi. Coinvolgente e partecipativa a partire dai giovani. Dialogante con tutti. Anche con gli atei e con coloro che credevano in un Dio diverso, come avrebbe detto De Andrè. Che la scelta di una figura di questo tipo sia giusta lo dimostra il grado di interesse suscitato durante l'incontro fra i genitori presenti. Per la prima volta all'esortazione di don Paolo di esporsi per condividere i pensieri, pochi hanno fissato il pavimento o alla ricerca di chissà cosa nella borsa, ma si è creato un bel contradditorio attorno alla posizione critica che Martini aveva nei confronti della Chiesa che il don ha sintetizzato in una delle 31 slide proiettate. E’ stato bello vedere gli animi scaldarsi e la platea dividersi fra critici e difensori del ruolo della Chiesa e soprattutto sul concetto stesso che si nasconde dietro questa parola. In conclusione, i piccoli di Regina Pacis avranno la fortuna di conoscere meglio un personaggio che con i giovani si trovava a proprio agio e che non aveva paura di condividere le proprie idee con persone lontane da lui. Personalmente l'aspetto più interessante della figura di Martini è quello legato all'amore per la conoscenza, la necessità di analizzare la parola di Dio con uno sforzo di esegesi incredibile che ha contraddistinto anche l'ultima parte della sua vita nella permanenza a Gerusalemme. Studiare. Capire. Conoscere. Imparare. Approfondire. Non fermarsi mai di studiare. Un insegnamento che in questi tempi di "fake news" in cui “tutti hanno ragione” è fondamentale per ognuno di noi per distinguere fra verità e menzogna. Soprattutto per i nostri figli. Alessandro Guidotti
PIZZA APPUNTAMENTO FISSO PER L’AMICIZIA Uno degli obiettivi primari che ci siamo prefissati sin dall’inizio del nostro cammino con i 2006 è stato la formazione di un gruppo di amici che permettesse ai ragazzi di vedere l’oratorio come un posto familiare, dove oltre a momenti di preghiera, di riflessione e attività formative si possano vivere momenti di gioco, di divertimento. Nel programma di catechismo di quest’anno abbiamo quindi deciso di inserire come appuntamento fisso una PIZZATA tutti insieme, dopo il catechismo, dove mangiare, ridere, giocare.
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I posti ai tavoli vengono decisi mediante un sorteggio casuale, per cercare di omogeneizzare il più possibile il gruppo. La cena inizia con una preghiera cantata, prosegue con un'abbondante “scorpacciata” di pizza margherita o wurstel e patatine e termina con giochi di gruppo tutti insieme. La prima serata è terminata con il gioco delle sedie con la musica, le tre pizzate successive con sfide a nascondino molto combattute tra ragazzi e catechisti; 5 contano e tutti gli altri si nascondono. Una serata all’insegna della corsa, delle risate, e del divertimento. I ragazzi hanno risposto molto positivamente a questa attività, sono sempre numerosissimi a questi eventi e tornano a casa con il sorriso “stampato” in faccia. Speriamo che queste attività servano a raggiungere lo scopo e a creare un gruppo di amici che continui a frequentare l’ambiente parrocchiale anche nel post-cresima, imparando a vivere una vita all’insegna degli insegnamenti di Gesù, scoprendo che ci si può divertire e giocare rispettando e aiutando gli altri. Riuscendo a creare un gruppo unito ma aperto all’arrivo di nuovi ragazzi da integrare, e desideroso di continuare un cammino iniziato quando avevano solo 7 anni, con la speranza di arricchire giorno dopo giorno la loro vita con l’amore e l’affetto che possono donarsi a vicenda. I catechisti di prima media di Regina Pacis
INCONTRO STUDENTI UNIVERSITARI Come previsto il mese scorso presso l’oratorio della parrocchia di Regina Pacis, dopo l’incontro tra gli studenti Africani e Italiani, ci siamo di nuovo incontrati domenica 26 novembre per condividere e stabilire un programma per gli incontri dell' anno pastorale 2017/2018. Dopo alcuni canti e la lettura del Vangelo, ci siamo divisi in gruppo affinché ciascuno potesse dare il proprio punto di vista per quanto riguarda le attività che possiamo svolgere durante l'anno. Dopo il confronto nei gruppi ci siamo riuniti per fare il punto di tutto ciò che è stato proposto e abbiamo preso alcune decisioni. Ci troveremo una volta al mese, all'apertura leggeremo sempre un brano di Vangelo per poi procedere con un dibattito su un tema prescelto. Questi momenti sono molto importanti, soprattutto per noi che veniamo da paesi stranieri, perché ci permettono d’incontrarci, di confrontarci e condividere un cammino di fede insieme. Abbiamo anche deciso di organizzare una visita guidata alla città di Reggio che sarà venerdì 22 dicembre e che si concluderà con una cena. Sarà un modo significativo per augurarci un buon Natale. Pascal Tayo, Studente del Camerun, residente nella comunità di San Bartolomeo
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VESPRITZ IN UNITA’: PREGHIERA E CONDIVISIONE Da martedì 7 novembre stiamo ospitando ogni settimana a Codemondo, nella casa dei “Missionari Km 0”, i Vespritz; questi continueranno tutti i martedì anche nell’anno nuovo, per cui non farti scappare l’occasione! Per chi ancora non lo sapesse, i Vespritz sono un momento dedicato a tutti i giovani che hanno voglia, una sera a settimana, di ritrovarsi nella preghiera in modo semplice e di condividere la gioia dello stare insieme cenando e creando un momento di convivialità fraterna. Con la preziosa guida di Luca, Lucia e don Paolo, abbiamo strutturato questo momento partendo con la lettura dei vespri (anche cantando, quando il Benny c’è). Inizialmente il progetto prevedeva la lettura e commento di alcuni temi proposti dal documento redatto per il Sinodo dei giovani del 2018; poi, confrontandoci, abbiamo scelto di mantenere una struttura ancora più semplice facendo un piccolo commento al Vangelo del giorno. La serata si conclude con la cena tutti insieme, in cui ognuno può condividere qualcosa e in casa, per fortuna, il cibo non lo facciamo mancare mai, così come anche i posti a tavola. Partecipare a questi momenti permette ad ognuno di noi di apprezzare il dono della fraternità, condividendo la parola e percorrendo una piccola parte della nostra strada spirituale insieme. Di queste serate i ricordi sono svariati da Roger, Maurice, Brandon e Samuele che cantano insieme condividendo ognuno il proprio talento; Luciana che ci delizia con torte buonissime, Alex che cucina sempre meglio, volti di vecchi amici e di nuovi che passano anche solo a dare un’occhiata, chi arriva da fuori l’UP, Benny che prova a fare lo spritz, imparare ad accogliere persone un po’ più grandi e scoprire che avrebbero un mondo di cose da raccontare. Speriamo sempre di offrire opportunità che permetta ad ognuno di portare a casa un pezzetto di amore da vivere nelle proprie giornate; con la speranza che continuiate a partecipare, vi auguriamo un buon Natale. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri ( 1Gv 4, 11). Ari La produzione dell’immagine è a cura di Ilaria Magliani
Missionari KM 0, aggiornamento Ciao a tutti, volevamo un po' aggiornarvi su come sta procedendo la nostra vita missionaria… diremmo che sta andando alla grande!! Ci stiamo adattando alle novità che questa incredibile esperienza ci riserva, trovando pian piano un ritmo e un’organizzazione a tutti gli impegni che compongono la nostra giornata. Nei primi mesi il nostro obiettivo era quello di fare amicizia fra noi e ambientarci nella nuova casa; mentre quello che a due mesi e mezzo dall’entrata ci siamo posti, è l’aprirci verso i nostri amici sia storici che appena conosciuti! Abbiamo fatto quindi una lunga lista di persone che inviteremo a pranzo e questo con lo scopo di stare insieme, conoscere persone nuove e soprattutto di far conoscere a tutti il nostro progetto più da vicino. Abbiamo appuntamenti fissi settimanali: martedì alle 19 si svolgono i Vespritz, breve momento di preghiera e riflessione, seguito da un apericena in cui ognuno porta qualcosa; giovedì, sempre alle 19, si svolge la messa della comunità aperta a chiunque. Un saluto e… al prossimo aggiornamento!! Ilaria
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ESERCIZI SPIRITUALI UNIVERSITARI IN PREPARAZIONE AL S. NATALE Nella giornata in cui si celebra la memoria di Santa Lucia, alcuni giovani della nostra Unità pastorale si sono ritrovati a casa dei “Missionari km 0” per passare una giornata di spiritualità e di condivisione in vista del Santo Natale, sotto la guida spirituale di don Paolo. La giornata è iniziata con la recita delle lodi a cui è seguita una riflessione di don Paolo sul capitolo 3 del Vangelo di Giovanni. In questa prima riflessione, ci siamo soffermati sull’importanza della testimonianza della parola di Dio. Infatti, il versetto 5 recita “se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio”. Non è quindi solo importante conoscere la parola del Signore, ma ancora più importante, a dimostrazione dell’amore di Dio e della nostra Fede, è la sua applicazione alla vita reale. Non vi può essere amore dove non c’è accoglienza, perdono e dove si vive secondo le logiche del mondo. Un uomo guidato dallo Spirito infatti non vive secondo le logiche carnali, ma si distingue dal mondo. È questo che caratterizza un discepolo. Nella riflessione ci siamo poi anche chiesti come mai, alle volte, è così difficile seguire lo Spirito e distinguerci dal mondo. Ci siamo chiesti quali siano i motivi che ci impediscono ciò. Dopo questa prima riflessione ci siamo riuniti per pranzare tutti insieme e dopo un momento di pausa abbiamo ripreso le riflessioni nel primo pomeriggio. In questa seconda riflessione, don Paolo ha voluto farci riflettere sul capitolo 12 del Vangelo di Giovanni, in particolare rispetto ai versetti dal 20 al 50. I versetti 24 e 25 ci hanno dato un grande spunto di riflessione: “ In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi non ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. Questa seconda riflessione si è concentrata principalmente sulla realizzazione di noi stessi nel momento in cui eliminiamo il nostro egoismo per amare incondizionatamente. Solo lasciando la nostra autodeterminazione possiamo amare a pieno i nostri fratelli. Altri sono stati i testi presi come riferimento per la nostra riflessione, come per esempio la prima lettera di Giovanni, capitoli 3 e 4. A conclusione della giornata abbiamo recitato insieme i vespri e abbiamo fatto un momento di condivisione delle nostre riflessioni. È sicuramente stata un’ottima occasione per poter riflettere su noi stessi e per prepararci meglio alla venuta del Signore in questo periodo così importante dell’anno. Anna Ferrari
PROFESSIONE DI FEDE IN DUOMO Il 25 novembre si è svolta in Duomo la professione di fede dei giovani della diocesi di Reggio Emilia e Guastalla. Un evento molto significativo ma non da tutti conosciuto, in cui le persone che decidono di farla dichiarano, di fronte a tutta la comunità, di credere in Dio, di aver svolto un percorso di fede nel Suo nome e di essere pronti ad essere discepoli di quell’Amore che è Dio! Questo avvenimento assume quindi i canoni di una confermazione pienamente consapevole del sacramento della cresima, il quale viene ricevuto in età troppo tenera per essere realmente compreso. Quest’anno tale evento ha raccolto l’adesione di ben 60 giovani provenienti da tutta la diocesi! Un numero davvero sbalorditivo che ha permesso, oltre che a rendere la celebrazione davvero partecipata, di riempire il duomo tra parenti, amici, conoscenti e semplici curiosi. Anche la nostra Unità Pastorale ha avuto la sua rappresentanza composta da due ragazzi di Regina Pacis (Rita Reverberi, Alex Morini) e una ragazza di Roncina (Letizia Predieri).
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Ad ogni ragazzo è stato chiesto di inviare al vescovo, nei giorni precedenti, una lettera contenente la propria testimonianza di fede: uno scritto che fosse frutto di una profonda riflessione sul percorso spirituale fatto fino ad allora, con tutti i suoi punti forti e i suoi punti critici; di queste, tre (tra cui anche quella dell’autore, n.d.r) sono state scelte per essere lette pubblicamente durante la celebrazione del 25. La sera del 25 novembre, a differenza delle professioni di fede tenutesi negli anni precedenti, il gruppo di giovani è stato accolto in vescovado verso le 19.15 per partecipare ad un momento di confronto col vescovo Massimo e don Carlo Pagliari; incontro in cui anche il vescovo ha avuto modo di parlare brevemente del suo percorso spirituale e del ruolo dell’amicizia all’interno di un cammino spirituale. In seguito il gruppo è stato accolto in casa del vescovo per cenare tutti assieme e alle 8.45 son state date le informazioni pratiche da seguire durante il rito che sarebbe cominciato 15 minuti più tardi. La celebrazione è stata molto semplice: iniziata con alcuni canti, è stato poi letto il brano del vangelo di Giovanni che tratta l’incontro tra Gesù e i suoi primi discepoli (GV 1,35-42) e in seguito sono state ascoltate le tre testimonianze; racconti di fede veramente molto toccanti, segnati chi da un iniziale rifiuto totale di Dio, chi dalla forza data da un cammino di fede in crescita costante, chi dalla scoperta dell’impronta di Dio negli eventi più dolorosi e significativi della propria vita. Un peccato solo non aver avuto la possibilità di ascoltare anche le storie degli altri ragazzi. La professione è proseguita poi con l’omelia del vescovo e la chiamata per nome di tutti i giovani partecipanti al rito: ognuno di questi, dopo aver risposto “Eccomi” alla chiamata, ha consegnato la propria testimonianza al vescovo ricevendo in cambio una lettera scritta da lui stesso e una croce. La celebrazione si è infine conclusa con il rinnovo delle promesse battesimali, un piccolo commento da parte del vescovo Massimo e la sua benedizione. È stato certamente un’occasione importantissima per far comunità! Una prova del fatto che ci sono ancora giovani in grado di compiere scelte di fede importanti nel nome del Signore; un piccolo segno che ci dice che, anche in un mondo frenetico e materiale come quello di oggi, il Signore non ci abbandona e permette a chi lo ascolta di essere testimone del suo Amore. “«Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». Disse loro «Venite e vedrete»” [Gv 1,38-39] . Alex Morini
RITIRO DI AVVENTO DELLE MEDIE Domenica 3/12/2017, a Regina Pacis, si è svolta una giornata di ritiro spirituale di Avvento rivolta ai ragazzi delle medie dell’Unità pastorale. Questi hanno preso messa nelle parrocchie di appartenenza, dopodiché tutti i gruppi si sono ritrovati a Regina Pacis per vivere un momento di convivialità e spiritualità tutti assieme! Aspettando l’arrivo dei giovanissimi dalle varie comunità, i ragazzi sono stati lasciati al gioco libero seguiti dai propri educatori e, in seguito, abbiamo pranzato tutti assieme nella sala del circolo ANSPI (non prima di aver permesso ai ragazzini di conoscersi un po’ meglio). È stato un bel momento di convivialità che ha radunato una
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buona rappresentanza di ragazzi in particolare da Spirito Santo, Regina Pacis e Roncina… almeno una sessantina di giovani in totale! Una volta pranzato i ragazzini han partecipato a giochi gestiti dai loro stessi educatori… Attività che sono state assolutamente utili per migliorare almeno un pochino la conoscenza e il rapporto con questi nostri educandi. Alle 14.30 abbiamo iniziato il momento di spiritualità nucleo di questa giornata: siamo infatti andati in cappella per partecipare ad un incontro con don Riccardo, il quale ha parlato ai ragazzi del significato del tempo di Avvento e di suoi personaggi principali; ha detto loro la bellezza di questo tempo di preparazione che porterà alla gioia della liberazione e ha spiegato il significato delle tre virtù principali che possono aiutarci a vivere questo tempo così forte: la fede, la speranza e la carità. A fine catechesi, abbiamo diviso i ragazzini in tre gruppi per cercare di capire quale fossero, secondo loro, le virtù più importanti per vivere bene questo tempo, il perché e che influenza queste potessero comportare nella loro quotidianità. Purtroppo i ragazzi, in generale, sono ancora un po’ troppo timidi per poter portare avanti (per lo meno pubblicamente) una riflessione profonda sul loro vissuto ma, nonostante questo, sono venuti fuori spunti e testimonianze molto interessanti che lasciano intravedere un bellissimo potenziale di crescita spirituale e personale! La giornata si è conclusa alle 16 a seguito di un momento di condivisione su ciò che è emerso dai gruppi, dopodiché ognuno è tornato a casa propria… di sicuro con lo zaino più leggero… ma con una seme di Vita in più nel proprio cuore. Personalmente, mi auguro che ognuno di loro possa vivere questo Natale lontano dall’egoismo del regalo più bello… ma vicino all’amore che sta nella semplicità e nell’aiuto disinteressato! In famiglia, tra amici e nella vita… anche (e soprattutto) se ci sono degli attriti. Alex Morini – Educatore UP
I LUNEDI’ SERA CON MARCO A SAN BARTOLOMEO Chi è Gesù di Nazaret per me? Chi è quell’uomo che percorre le vie della Palestina mescolandosi alle persone più diverse? A queste domande cerchiamo una risposta non “per sentito dire” o per le opere straordinarie da lui compiute, ma attraverso l’esperienza di fede che la comunità dell’Evangelista Marco ci vuole trasmettere nel suo Vangelo. Questo è il cammino che cerchiamo di percorrere il lunedì sera nella casa di accoglienza di S. Bartolomeo nella lettura integrale del Vangelo di Marco. Supportati dai commenti del Centro Studi Biblici Vannucci, si cerca di andare oltre a quello che ci giunge immediato dai testi, per capire il messaggio che Marco e la sua comunità ci vogliono comunicare: un Dio che si è “abbassato” perché l’uomo non abbia bisogno di “alzarsi”, quindi a livello di tutte le persone; un Dio che non esclude nessuno, che trasmette la forza del suo Amore a chiunque si lascia incontrare. Leggendo si fa la scoperta che l’esperienza del Vangelo è già presente nella nostra vita, senza che ne abbiamo piena consapevolezza.
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Partecipano a questi incontri uomini e donne della comunità e alcuni ragazzi, studenti del Camerun, che vivono nella casa di accoglienza. Di questi, alcuni hanno epresso il desiderio di percorrere il cammino catecumentale (verso il sacramento del Battesimo). Per questo ci è sembrato che la lettura del Vangelo fosse il primo passo da compiere insieme. L’incontro di culture diverse porta ad un arricchimento reciproco e nonostante i problemi legati alla lingua, riusciamo a conoscerci e riconoscerci a partire dalla Parola. Cesare
“IO COLTIVO UNA ROSA” … “Io coltivo una rosa…” è una frase del Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupery, che mi fa sorridere se penso che io “conosco” tre Rose. Sono le tre nonne, ricche di anni, con le quali faccio l’Eucarestia la domenica pomeriggio nelle loro case. Il piccolo tempo vissuto con loro è proprio il “ringraziamento” vedendo e cercando i Doni che il Signore ci fa; anche quando non lo sappiamo riconoscere o quando le nostre richieste non sono sempre accolte da Colui che ci continua a donare Vita. La preghiera del Padre Nostro, dopo l’ascolto del Vangelo della domenica, rafforza il sentirsi parte della Comunità della Messa e diventa vera richiesta di aiuto e di perdono reciproco. Ringrazio sempre il Vescovo e la Chiesa che mi ha fatto il dono di essere ministro straordinario dell’Eucarestia: questi pomeriggi domenicali con tante Rose profumano la vita! Anna Maria
RIFLESSIONI IN PREPARAZIONE DEL NATALE L’INCONTRO CON MARIA SOAVE BUSCEMI A REGINA PACIS – 4 DICEMBRE E’ la luna piena che annuncia il Natale. Il Natale arriverà con un cielo buio, completamente buio. E’ un richiamo spirituale importante nel tempo di Avvento. Costantino l’imperatore ha aiutato a stabilire la data del Natale di Gesù, il 25 di dicembre. Perché si è stabilito il 25 di dicembre? Perché è la festa del solstizio d’inverno, che è la notte più lunga e più buia dell’anno. Piano piano la luce, il sole, riprende ad aumentare il suo corso. Noi celebriamo la nascita di Gesù nella notte più buia dell’anno. E celebriamo la festa del sole. Sembra una contraddizione. Proprio quando tutto è buio, noi celebriamo il sole che vince le tenebre. La spiritualità di chi segue Gesù: quando tutto grida tenebre, buio, non speranza, noi celebriamo il sole che vince, la luce, la vita. Sentire il profumo fragile della vita che vince piccolina, semplice, quando tutto dice buio. Ecco perché i popoli del nord hanno inventato gli alberi di natale: piccole lucine illuminavano la notte e la notte è ancora più notte. Avvento è celebrare la luce che è Gesù che vince le tenebre, in tempo profondamente buio. Allora possiamo chiederci: qual’è il buIo della mia vita personale, famigliare, comunitaria, che ha bisogno di questa luce che è Gesù? Gesù viene ad illuminare questo tempo che è proprio buio. Quando la comunità di Giovanni scrive, lo fa in un tempo ben particolare. Sono 100 anni dopo Gesù. Nessuno persona delle comunità aveva conosciuto Gesù. Quando non si conosce qualcuno è necessario presentarsi. E’ per questo che il quarto vangelo usa spesso una Parola: in principio. Nel Vangelo di Giovanni è peculiare. C’è bisogno di dire fin dall’inizio, occorre dire a queste comunità continuamente qualcosa di fondamentale che altrimenti va perso. Gli anni ’90 sono anni di grande crisi. L’impero Romano ha portato in questo periodo Domiziano, uno dei più violenti. Ha portato le comunità a dire: non ce la faremo mai, l’Impero è troppo forte. Paolo scrive ai Galati: in Gesù non c’è più giudeo e Greco, uomo o donna; in Gesù sono liberi tutti. Tutti siamo uguali, non esiste uomo donna, non esiste il patriarcato, l’ordine violento del padre. Ma nell’anno ’90 le comunità cominciano a pensare che l’Impero fosse più forte. Ci saranno lettere apostoliche che, in questo contesto politico, invitano le donne ad abbassare la testa e ai servi di obbedire. Giovanni scrive: dobbiamo continuare ad essere di Gesù.
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In Principio era la Parola. In principio c’era già colui che è la Parola. La comunità del Vangelo di Giovanni cerca di narrarci il suo credo cristologico, in un tempo in cui sta prevalendo un’idea che si chiama docetismo. S’inizia a dire che Gesù non era vero uomo. A volte anche noi corriamo questo rischio, allontanando Cristo da Gesù, che è quella pietra che tutti i costruttori hanno negato e scartato. La comunità di Giovanni ci sta richiamando a Gesù. C’è bisogno di testimoni e nomina un testimone: Giovanni. In questo Vangelo alcune persone sono chiamate testimone di Gesù. Nel cap. 2 che narra le nozze di Cana, Maria dice: “Servite come Lui vi dirà”. Maria richiama la Chiesa all’unica parola che conta: servizio. Nel cap 4 troviamo l’incontro con la Samaritana. Questa donna è la prima missionaria: va e annuncia. Al cap. 11 troviamo Marta, sorella di Maria, che dice: Tu sei il Cristo. Lo dice Marta. Negli altri vangeli lo dice Pietro. Nel cap 12: c’è una signora che unge i piedi di Gesù e poi li asciuga con i suoi capelli. E’ lei che è la prima ad essere unta. Essere unti in testa è il segno del sacerdozio. Nel cap. 22 troviamo Maria Maddalena che riceve la rivelazione di Gesù risorto. Nel Vangelo di Giovanni è di donne la testimonianza, il sacerdozio, la missione, il servizio, l’apostolicità. Nei sinottici ci sono uomini. I vangeli canonici ci dicono che il sacerdozio, la missionarietà, l’apostolicità è di uomini e di donne. Questa è la comunità dei discepoli e discepole. Nel prologo del Vangelo di Giovanni si legge che i suoi non lo hanno voluto. Non solo il mondo, ma i suoi. Nell’anno 100 dopo Cristo s’inizia a utilizzare un termine per indicare i cristiani buttati fuori dalla sinagoga, dai potenti della religione giudaica. Fuori dall’impero, fuori dalle sinagoghe. Questi sono i cristiani. Ecco perché Papa Francesco ci dice: fuori. Noi siamo nati fuori. Fuori dallo schema delle religioni, delle istituzioni. Perché non siamo nati dalla carne, dal potere, dall’arroganza, dalla pretesa di un’unica verità, ma dalla grazia, da grazia su grazia. Non siamo nati dalla Legge, ma da grazia su grazia. La legge di Mosè la conosciamo e cerchiamo di applicarla. La legge non è l’ultima parola, ma è misericordia, grazia su grazia. Siamo fuori dalle mura di palazzi, in Gesù tutto è grazia e la tenebra non è più tenebra, ma risplende in Gesù. I suoi non l’hanno accolto. Tutti i poteri religiosi anche oggi, quando sono fondamentalisti e violenti, non accolgono la luce. Cristiani, mussulmani, buddisti. Quando diventiamo arroganti, fondamentalisti andiamo e massacriamo. I suoi non lo hanno accolto. Giovanni dice chi sono i suoi veramente. Quelli che non sono nati da carne, ma nati dalla grazia, di gente impoverita, fuori, di donne, uomini, di respiri di umanità che hanno fatto esperienza di essere nati non da carne, ma da grazia. E mise la sua tenda in mezzo a noi. Ci richiama la nostra esperienza fondante che è l’esodo: Dio in tenda con noi, fragile, non arrogante, errante, mendicante con noi. Nell’anno ’90 le comunità cristiane inventano una parola: parrocchia. Chi era parrocchiano in quegli anni? Tutti quelli senza documenti, che non valevano nulla. Stranieri, donne, bambini, malati, tutte le periferie esistenziali. Coloro che non avevano diritti civili, che non valevano nulla. E la Parrocchia era il luogo che li accoglieva. La parrocchia è sempre più diventata il luogo di quello che hanno i documenti in regola. Dobbiamo ritornare a Gesù. Per questo continua a mettere la tenda nella notte più buia del mondo. Dobbiamo accogliere tutti, per questo dobbiamo uscire. Dobbiamo fare di tutto questa realtà, una parrocchia. La parrocchia è una tenda che si allarga per fare continuamente spazio, perché nessuno venga escluso, affinché tutto e tutte abbiano spazio. La Grazia ci fa uguali nella stessa dignità. Questa Grazia ci condurrà a Dio nel cammino di Gesù. don Paolo
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PERCORSO DI TEOLOGIA DELLE DONNE Perché un percorso di teologia delle donne? Non esiste un’unica teologia? Dovrebbe esistere, ma in realtà la teologia è per la stragrande maggioranze dei casi una produzione maschile. Anche perché, come ci hanno insegnato alcune teologhe, la teologia è sempre stata gestita dai maschi e alle donne è sempre toccato di mangiare le briciole e, spesso e volentieri, le sono state tolte anche quelle. Come ci ha insegnato la Forcades in uno dei suoi ultimi libri, per tracciare una storia del pensiero teologico femminile occorre essere degli autentici segugi di biblioteche e archivi. C’è stato e c’è un tale ostracismo sul pensiero femminile, che non è facile trovare qualcosa scritto e pensato da una donna. D'altronde, non potrebbe essere differente perché, nonostante i proclami sulla presunta genialità femminile, la Chiesa le ha sempre tenute ben distanti non solo dai centri di pensiero, ma, soprattutto, dai luoghi in cui si decidono i cammini della stessa istituzione maschilista per volontà umana. E allora ci può stare un ciclo di conferenze, in cui le donne stesse condividono il loro sguardo diverso sulla realtà, il loro modo di pensare e sentire Dio, la loro sensibilità. Il desiderio è che questo percorso non solo ci aiuti a conoscere un mondo e un pensiero diverso, ma contribuisca alla volontà di creare quel pensiero comune che vede la Chiesa come una comunità di fratelli e sorelle uguali, così com’era la comunità dei discepoli e discepole di Gesù. don Paolo CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE, CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA
Concluso il primo ciclo dei Martedì teologici guidato da don Bruno Bignami Nel mese di novembre si è svolto, presso l’Oratorio di Regina Pacis, il primo ciclo di formazione dei Martedì teologici sugli articoli del Credo, organizzati dalle Unità Pastorali Padre Misericordioso e Santa Maria degli Angeli. A commentare il primo articolo, Credo in Dio Padre Creatore, è stato don Bruno Bignami, docente di Teologia Morale e Vice Presidente dell’Ufficio Nazionale CEI per i Problemi Sociali e il Lavoro. Quando si parla di Dio Creatore, ha spiegato don Bignami, non dobbiamo pensare a un Dio che si tiene fuori dalla storia, ma a un “Dio che si pensa in comunione, che vede nell’alterità un dono, che fa spazio all’altro”. E se siamo fatti a immagine di Dio, non possiamo vivere senza la relazione e la dimensione dell’altro. Le tante situazioni di chiusura che viviamo oggi contraddicono il Dio biblico. Facendo riferimento all’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, don Bruno ha spiegato la “teologia della creazione continua” che vede la creazione esercitata continuamente da Dio, la creazione che avviene nella storia e nel tempo. La nostra responsabilità subentra nel modo in cui noi siamo dentro questa storia, nel modo in cui viviamo in questo mondo. “Abitare il mondo significa sottoporsi al rapporto con l’altro, significa mettersi in gioco e non vivere isolati dal resto dell’umanità; abitare non significa occupare uno spazio, ma costruire relazioni, vivere la relazione continua con il Creatore e le creature come un dono”. Siamo creati, infatti, per amore.
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Tutta la creazione è un gesto d’amore. Un dono che ci viene affidato. Dio chiede a ciascuno di mettersi al servizio della vita, custodire il creato e le creature. “Dove salta la capacità di coltivare e custodire la fraternità salta, è tradita” ha osservato don Bignami facendo esempi concreti della nostra quotidianità, invitando a guardare il rapporto vissuto da Gesù con la creazione, dove tutto è connesso ed è in relazione. “Dio è colui che non abbandona mai, si prende cura e se questo è il modo dell’agire di Dio, la risposta dell’uomo dev’essere il prendersi cura dell’altro e della casa comune. Ciò che è creato da Dio è a servizio di tutti. Siamo chiamati a custodire le cose, non a impossessarcene”. La fraternità ci fa scoprire che c’è posto per tutti. “La pretesa di avere tutto a disposizione è la grande eresia del nostro tempo” ha proseguito don Bruno nella seconda serata, dove il discorso si è concentrato sul creato come casa sfigurata da contese e voracità di ogni tipo. “La pretesa di totalità è il dramma dell’uomo. Siamo limitati e dobbiamo fidarci del fatto che Dio si fa provvidenza”. Ma spesso prevale l’incapacità di assumere il limite, di vivere secondo natura, una stagione per volta, consegnando con responsabilità il dono ricevuto del creato alle generazioni che verranno dopo. Gli stili di vita adottati, le scelte economiche e produttive in quale direzione vanno? Viviamo cambiamenti epocali dove cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento suonano come un campanello d’allarme. “Tutto questo genera scarto, che è l’opposto della cultura della cura. Il consumismo è figlio di questa cultura. Il sociologo Bauman osservava come la società sia passata dal desiderio di prendersi cura del mondo, al mondo che si prende cura del desiderio. Questo modello è diventato il modello delle relazioni. Molti cattolici fanno fatica a riflettere su come recuperare le persone. Abbiamo sempre qualcuno da tener fuori, lontano, da escludere. La mentalità dello scarto è terribile”. La Laudato si’ mette il dito su questa piaga, perché la logica dello scarto tocca il tema del limite e della fraternità negata, mettendo da parte il Vangelo. Il degrado sociale e ambientale è il segno delle relazioni che si sono impoverite. Da qui l’invito a formare le coscienze, a pensarsi come una sola famiglia umana, a lavorare insieme, a respingere la tentazione dell’indifferenza: o ci salviamo tutti o affondiamo tutti. “Le comunità cristiane devono divenire segni di aperture relazionali, coltivando il metodo del dialogo”. Nell’approfondire la spiritualità ecologica, don Bignami ha invitato a ripartire da uno sguardo più alto, lo sguardo contemplatore di Dio, che può aiutarci nel trovare uno stile di vita cristiano. “Lo stile di vita consumistico è rigenerato dal vuoto, dall’autoreferenzialità, come se il senso della vita fosse dato dalla quantità di oggetti da possedere”. Il problema, ha sottolineato don Bruno, è “rendersi conto che le nostre scelte hanno un impatto”. Da qui la responsabilità, nelle piccole azioni quotidiane, dei consumi e degli stili di vita adottati, del modo di produrre, del modello economico adottato. “Occorre lavorare su sé stessi per un equilibrio con gli altri e con il mondo”, ha aggiunto, tenendo presente che la spiritualità ecologica consiste nell’abitare con cura i gesti quotidiani. “Bisogna poi amare la bellezza che ci educa ed influisce sui nostri modelli di comportamento. Ciò che è degradato diseduca. Amare la bellezza vuol dire gustare la poesia, la musica, la letteratura, l’arte, la natura, significa visitare un amico, stare in famiglia, dedicare tempo alla cura, rendere migliore l’ambiente dove vivo o lavoro, risanare ferite, vivere in comunione”. La costruzione di un mondo diverso sta nella cura dei gesti quotidiani, ricordando che “Dio ha creato il mondo e ci ha collocato nel mondo per prenderci cura”. Nel mese di gennaio, presso la parrocchia del Sacro Cuore a Baragalla, inizierà il secondo ciclo d’incontri dei Martedì teologici guidato da don Maurizio Marcheselli, professore di Esegesi Biblica alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, che commenterà il secondo articolo, Credo in Gesù Cristo, nelle seguenti serate (dalle ore 20.45 alle 22.30): martedì 16 gennaio (Gesù, il Messia che viene come sposo), martedì 30 gennaio (Gesù, pane della vita), martedì 6 febbraio (Gesù, il Logos che si è fatto carne). E. A.
TEMPO DI AVVENTO: LA SPERANZA CERTA Dagli esercizi spirituali dell’UP del 10 dicembre a Codemondo La presunta autosufficienza dell’uomo porta alla morte certa, il mondo è opposto ma Dio interviene con suo Figlio, la Grazia viene in nostro soccorso (Gv 3, 16-17). Dio immette il principio di Amore affinché tutto si possa trasformare in amore e chi agisce a partire dalla sua Parola diventa strumento di trasformazione dell’umanità.
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L’amore dell’uomo è ambiguo e la sua spinta a fare senza Dio è una falsa speranza. Dio vede in noi la possibilità di trasformazione attraverso una conversione che significa guardare avanti, oltre il caos, e vedere vita, luce e amore: lo sguardo di Dio può diventare il nostro sguardo. Le paure che ci vengono dal mondo (malattia, vecchiaia…) vengono riempite dalle scienze; la società opulenta punta i riflettori su ciò che “manca” creando continui bisogni; non ci accorgiamo invece delle meraviglie che abbiamo dal primo momento che apriamo gli occhi al mattino (da cui siamo circondati). Se guardiamo a Dio e non al nostro ombelico conosceremo dove Lui ci vuole condurre. La rivelazione di Dio ci viene da Gesù Cristo (Gv 1, 1-18), Dio si è incarnato, è avvenuto il compimento, con il passaggio dalla Legge di Mosè alla Grazia del Padre. L’incarnazione si manifesta nella debolezza dell’uomo: Dio, uomo come noi, debole, venne ad abitare in mezzo a noi. Egli prendendo la nostra carne ha dato inizio a una relazione intima in cui specchiarsi e farci riscoprire il seme di divino che c’è in noi. Incontriamo allora il divino nella nostra umanità e questo determina la rottura con il rito. Il sacro, il religioso, allontanano Dio, lo tengono a distanza anche per manipolarlo, la Fede (cioè l’accogliere in noi la Sua capacità di amare) ci salva da questo. Siamo allora figli di Dio non per i nostri meriti: è perché siamo amati che possiamo amare e rendere visibile la fraternità che dà compimento alla Creazione. La Parola era presso Dio fin dal principio. Alberto e Mara
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FONTI:
Giovedì 14 Dicembre ore 21.00 Giovedì 14 Dicembre Ore 21.00 Giovedì 14 Dicembre Ore 21.00 Martedì 12 Dicembre ore 21.00
L’INSEGNAMENTO
DEL
CONCILIO
VATICANO
II
Lunedì 27/11/2017 don Paolo ha concluso il primo ciclo di incontri pomeridiani di meditazione sull'Eucarestia e di approfondimento di alcuni punti dei "Principi e norme per l'uso del Messale romano" e del documento "Sacrosanctum Concilium" (una delle quattro costituzioni conciliari che ha introdotto la riforma e la promozione della sacra liturgia). La Riforma Liturgica uscita dal Concilio Vaticano II enuncia le norme per la revisione del rito della Messa, ispirandosi alla Parola di Gesù e al pensiero dei Padri della Chiesa, per aiutare i fedeli a custodire il deposito della fede come trasmesso in origine. La celebrazione della Messa costituisce il culmine e la fonte di tutta la vita cristiana della Chiesa e dei singoli fedeli. Il Concilio Vaticano II ha voluto impostare una liturgia nuova basata sulla partecipazione attiva del Popolo cristiano, chiamato a vivere nella messa un'autentica comunione fraterna (1Cor 10,14-18). Se non c'è comunione
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tra le persone che partecipano all'Eucarestia si assume indegnamente il corpo di Cristo (1Cor 11,1734). Sant'Agostino scriveva:"Vivi ciò che ricevi". Il fondamento dell'Eucarestia è la Croce: dal Corpo di Cristo, donato e trafitto per l'umanità, escono sangue ed acqua da cui nasce la Chiesa. Il Corpo donato (pane) e il sangue versato (vino) costituiscono la Santa Comunione fatta in pienezza. Con la comunione i cristiani si uniscono a Cristo e tra loro, realizzando l'unità della Chiesa (1Cor 10,14-18). E' pertanto necessario che i fedeli evitino ogni forma di individualismo, divisione, estraneità o discordia nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico. Attraverso il sacramento eucaristico il Popolo di Dio partecipa infatti, all'evento di salvezza umana avvenuto una volta per tutte: con il Suo sangue redentore Gesù ci ha donato la vita, e "l'amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rom. 5,5). Ogni Messa è memoriale di questo evento salvifico. Nella Messa, vissuta con profondo senso di comunione e carità verso i fratelli, i partecipanti rendono grazie a Dio, offrono per mezzo del Ministro la "vittima immacolata", imparano ad offrire se stessi (Rom 12, 1-2) e raccolgono i frutti dell'Amore divino. Nella celebrazione della Messa ogni fedele, consapevolmente, in base alle necessità e alle circostanze, può prestare il proprio servizio particolare ed è invitato a prendere parte attiva alla preghiera e al canto. Sant'Agostino scriveva: "Chi canta prega due volte". San Paolo ci ricorda che un unico Spirito produce i diversi Carismi i quali devono essere tutti orientati verso il bene comune (1Cor 12,4-11). Valeria
Come pregava Gesù nel suo dialogo col Padre? Perché pregava? Ne aveva bisogno in fondo? Nel terzo weekend di ottobre il gruppo per cristiani Lgbt e loro genitori della parrocchia di Regina Pacis ha svolto il suo primo ritiro a Carù, presso Villa Minozzo. Hanno preso parte una ventina di persone, tra coppie di genitori e persone omosessuali. Il tema di questi tre giorni, “la preghiera di Gesù”, è stato approfondito grazie alle meditazioni e agli esercizi di preghiera di Padre Pino Piva, padre gesuita. Questo breve periodo di riflessione e riposo voleva essere un’occasione per approfondire la relazione personale con Dio sull’esempio della preghiera di Gesù, una relazione personalissima ma straordinariamente inclusiva e in grado di svelare poco alla volta a Gesù la sua missione, e anche a noi, forse, la nostra. Ciò che forse stupisce ogni volta che si legge il Vangelo è come Gesù continuamente rilegga la sua esistenza e la sua missione a partire dagli uomini e dalle donne che incontra, e ciascuno di questi incontri che i Vangeli riportano si rivela essere fondamentale poiché rivela a Cristo il suo cammino fino alla resurrezione. In questo senso abbiamo visto come la preghiera personale non sia solo un dialogo con il Padre, luogo dei desideri, delle suppliche e confidenze, ma anche e soprattutto relazione per eccellenza che ci permette di vivere tutte le altre relazioni con quell’attenzione e cura con le quali Gesù visse ogni singolo incontro. Attraverso il suo battesimo, la sua predicazione e i momenti di preghiera più intensi abbiamo percorso il cammino di Gesù fino alla croce; non ultimo l’incontro inaspettato con la donna cananea che pur non facendo parte, in quanto pagana, del popolo di Israele chiede a Gesù la guarigione per la propria figlia; questa attenzione a chi non fa parte "della nostra cerchia" pone l’accento, per noi cristiani Lgbt e genitori, sull’accoglienza che Gesù ha saputo riservare a tutti, anche a coloro che spesso si sono trovati per l’orientamento sessuale proprio o dei propri figli a fare i conti con la propria idea di cristiano, di fede e di amore per il prossimo. Dio sembra dunque avere a cuore anche coloro che non godono di una “buona reputazione”, ci parla
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attraverso coloro che più fatichiamo ad ascoltare, accogliere o considerare autenticamente come nostri fratelli. Oltre alla meditazione silenziosa non sono mancati momenti di convivialità e condivisione nei quali si è sperimentato per la prima volta nel nostro gruppo una piccola convivenza in un gruppo tanto eterogeneo, per età e orientamento sessuale e affettivo, quanto capace di collaborare alla creazione di un’atmosfera accogliente, non ultimi i cuochi e coloro che hanno organizzato il ritiro, che, alla vigilia della partenza hanno dovuto cercare un’altra casa che ci ospitasse a causa di un guasto improvviso. Un grazie inoltre a tutti coloro che hanno partecipato e che, a modo loro, hanno saputo contribuire alla buona riuscita di questa esperienza formativa. Luca Bocchi, un ragazzo del gruppo per cristiani Lgbt
DALLA POPULORUM PROGRESSIO ALLA LAUDATO SI’ Una riflessione sul mondo del lavoro e sulle questioni legate alle attività professionali nelle attuali strutture sociali “Qualunque lavoro dev’essere al servizio della persona, e non la persona al servizio di esso, e ciò implica che dobbiamo mettere in discussione le strutture che danneggiano o sfruttano le persone, le famiglie, le società e la nostra madre terra”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Lettera rivolta al Card. Peter Turkson in occasione della Conferenza Internazionale delle Organizzazioni Sindacali organizzata lo scorso 23-24 novembre in Vaticano dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale sul tema: "Dalla Populorum Progressio alla Laudato si’”. Il messaggio è stato oggetto di riflessione e dibattito nell’incontro del Gruppo “Papa Francesco” tenutosi all’Oratorio di Regina Pacis domenica 3 dicembre. L’invito del Papa è quello di ridefinire l’idea del lavoro e dello sviluppo, promuovendo un dialogo a tutti i livelli, mettendosi in ascolto soprattutto delle voci meno ascoltate, quelle delle periferie, degli esclusi, di chi non trova lavoro o di chi è schiacciato dal lavoro. “Quando il modello di sviluppo economico - scrive il Papa - si basa solamente sull’aspetto materiale della persona, o quando va a beneficio solo di alcuni, o quando danneggia l’ambiente, provoca un grido, tanto dei poveri quanto della terra, che reclama da noi un’altra rotta. Questa rotta, per essere sostenibile, deve porre al centro dello sviluppo la persona e il lavoro, ma integrando la problematica lavorativa con quella ambientale. Tutto è interconnesso, e dobbiamo rispondere in modo integrale”. Per il Papa, un valido contributo a tale risposta integrale da parte dei lavoratori è mostrare al mondo “il legame tra le tre “T”: terra, tetto e lavoro (trabajo). Non vogliamo un sistema di sviluppo economico che aumenti la gente disoccupata, né senza tetto, né senza terra. I frutti della terra e del lavoro sono per tutti, e – prosegue il Pontefice citando il Concilio Vaticano II – devono essere partecipati equamente a tutti”. Il Papa esorta a trovare il modo di “uscire da un’economia di mercato e finanziaria che non dà al lavoro il valore che gli spetta”, dando forma a uno sviluppo solidale che metta al centro l’attività umana, guardandosi da tre tentazioni: la prima è quella che mira a proteggere solo gli interessi di alcuni ignorando i poveri, gli emarginati e gli esclusi. La seconda è “il cancro sociale della corruzione”. La terza tentazione è quella dell’individualismo e del consumismo a cui si deve contrapporre una educazione delle coscienze alla solidarietà, al rispetto e alla cura, mettendo in discussione “i miti di un progresso materiale indefinito e di un mercato senza regole giuste”. La crisi del lavoro e dell’ambiente esige di tradursi oggi in nuovi stili di vita, già nelle piccole scelte di tutti i giorni, e in azioni collettive che favoriscano un sistema di sviluppo solidale. Il discorso proseguirà nel prossimo incontro del Gruppo Papa Francesco in programma domenica 28 gennaio, alle ore 20, presso l’Oratorio di Regina Pacis. E. A.
Quando la Vocazione diventa Tentazione Il paragrafo 65 dell'Amoris Laetitia offre come esempio per la vita famigliare la famiglia di Nazareth. Però possono capitare situazioni in cui è proprio la nostra vocazione che rischia di allontanarci da Dio, invece che avvicinarci a Lui. Sarebbe bello poter dire che ogni giorno l'amore dei famigliari avvicina all'esempio di Nazareth,
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ma non sempre è così: ci sono giorni in cui proprio l'aver acconsentito alla chiamata di Dio, ci sembra allontanarci da Lui. Senza arrivare agli eccessi delle violenze che si consumano fra le mura di casa (per fortuna, casi rari), a volte sono le faccende domestiche e le preoccupazioni quotidiane che derivano proprio dall'aver scelto di sposarsi a farci dimenticare la preghiera, la carità, i sacramenti. Forse, in maniera diversa (più subdola?) perfino la vocazione sacerdotale può portare con sé rischi simili, e si potrebbe vivere una situazione paradossale: allontanarsi da Dio proprio perché si è scelto il sacerdozio. E allora? Come si può fare quando è proprio la chiamata che Dio ci fa ad allontanarci da Lui? Come possiamo reagire quando è la vocazione stessa ad indurci in tentazione? Beh, io non ho trovato risposta migliore che non fosse la vita della Chiesa. La messa, i sacramenti, la preghiera, la parola di Dio, gli incontri parrocchiali, la normale vita comunitaria è un ottimo balsamo, un fresco promemoria, una consolazione costante che dà nuova vita alle nostre vocazioni, in modo che ritornino ad essere la strada che Dio ha spianato per incontrarlo, e non il contrario. Chiediamo perdono per i giorni in cui abbiamo vissuto la nostra vocazione come ostacolo al regno di Dio, ringraziamo per quando invece è stato proprio il nostro "sì" a lasciar spazio a Dio, preghiamo per tutti coloro che non hanno la possibilità di rileggere la propria chiamata alla luce del sorriso del Padre e del tepore di Nazareth. Matteo De Benedittis
UNO STILE DIVERSO DI CHIESA PER IL FUTURO POPOLO EUROPEO Domenica sera, 10 dicembre, nel saloncino di San Bartolomeo, abbiamo commemorato don Piergiorgio Gualdi (prete diocesano, 20 anni missionario in Madagascar, direttore del CMD, e morto per tumore 25 anni fa il giorno di Santa Cecilia) e Alberto Rossi (laico, volontario dell'Operazione Mato Grosso in Brasile, operatore del CMD ai tempi di Don Gualdi, membro di Pax Christi, convinto sostenitore delle strade della pace, morto per tumore 18 anni fa il giorno di Santa Lucia). Don Gualdi e Alberto sono per noi tutt'oggi testimoni di Canto (santa Cecilia è patrona del canto) e Luce (santa Lucia è patrona dei non-vedenti). Il 10 dicembre è anche l'anniversario della proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Le Nazioni, di fronte alla carneficina umana della seconda guerra mondiale, si sono unite e si sono date nuove leggi perché non potesse mai più accadere un simile orrore. Noi, eredi del Centro Don Gualdi, creato da Alberto, li abbiamo commemorati riflettendo sulle loro testimonianze, divenute profetiche per la nostra Europa e per la Chiesa. Come sarà il futuro popolo europeo? Il libero mercato a livello mondiale ha concentrato le ricchezze nelle mani di gruppi potenti, impoverendo i popoli e i loro Governi. Molti Governi, indebitati oltre ogni misura, non riescono ad accudire alle necessità dei loro popoli; e le genti, con la speranza ultima a morire, si mettono in cammino per altre terre, dove la vita sia possibile. E' un esodo inarrestabile: dalle terre della fame, anche se ricche di beni, alle terre della speranza dove i beni sono un po' più condivisi. Don Piergiorgio, arrivato in Madagascar, venne a conoscenza di un
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popolo fatto di tanti popoli, che venivano dall'Asia, dall'Africa e anche dall'Europa, mescolati con i popoli originari dell'isola. Entrando in quella realtà, disse: “il mondo va pensato sempre meno come un insieme di nazioni, e queste di città e paesi, e sempre più invece come un insieme di influenze sovrapposte e incrociate, i cui centri sono spesso di importanza internazionale. E ne consegue che il Paese sociologico non si identifica più con il territorio cristiano”. Nella nostra riflessione abbiamo capito che anche l'Europa ora va pensata così, come un insieme di influenze, culture, popoli, religioni sovrapposte e incrociate. Mentre la cultura del potente denaro non genera nuove vite e ci fa morire nel vecchio, arrivando nuovi popoli e diversi ci ringiovaniremo in una cultura nuova, meticcia, mescolata, originata dalla speranza della vita. Don Piergiorgio vide dal Madagascar il futuro dell'Europa; infatti, ritornato a Reggio, si impegnò molto per aiutare la gente reggiana, religiosa e non, ad accogliere il nuovo (in una riunione dei preti propose di aprire il Seminario per i profughi). Oggi, indebolendo gli Stati, saremo costretti ad attaccarci alle nostre identità regionali quale unica forza per sopravvivere. Noi cristiani e uomini di buona volontà siamo chiamati alla missione profetica di metterle in dialogo tra loro e renderle accoglienti. Nel dialogo tra regioni, culture, popoli diversi, nelle varie influenze sovrapposte e incrociate, il popolo europeo si troverà più giovane, rinnovato e pieno di speranza. Alberto Rossi fece un presepe nel sagrato del Duomo, dove fece nascere Gesù nell'assediata e distrutta Sarajevo. La città della convivenza tra ebrei, mussulmani, ortodossi e cattolici venne distrutta dalle influenze degli Stati, che divisero la gente in etnie religiose, e la pace fu sancita sulle esigenze della grande globalizzazione. Alberto volle rimarcare quella convivenza, e rilanciarla di nuovo come profezia del futuro dell'Europa. Anziché difenderci, perché dominati dalle paure, ci apriremo all'incontro con i profughi della disumana ingiustizia e con loro creeremo un futuro di canto e luce. Quale Chiesa per il futuro popolo europeo? Don Piergiorgio in Madagascar e Alberto in Brasile rimasero stupiti e si entusiasmarono per il modo differente di vivere la Chiesa: “Ho scoperto in questi incontri un modo nuovo di relazioni col Vescovo e ho ammirato questa semplicità di “rapporti umani” tra vescovi e sacerdoti. Una comunità di gesuiti mi accolse in casa loro; con loro cominciai a studiare la lingua locale, il malagasy. Questa fraternità e comunione mi ha fatto pensare alla chiesa primitiva. Era per me un nuovo stile di Chiesa… Sono passato da un certo legalismo alla libertà interiore; sono passato da una osservanza di pratiche di pietà molto regolare a una vita di preghiera più adatta alle situazioni di vita... più attento allo spirito che alla legge..; ho riscoperto il valore delle persone, dell’uomo, della vita... il Vangelo si posa sull’uomo concreto, ben incarnato nella sua realtà; ho capito l’importanza del cammino di liberazione, o di promozione umana...”. Alberto fu con don Gualdi a Seul per partecipare all'Assemblea Ecumenica Mondiale. Ritornarono con lo slogan “Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato”; quel motto diede vita al Centro Don Gualdi da Alberto costruito e lasciatoci in eredità… Una Chiesa aperta, accogliente, attenta alla vita della gente e capace di comunione e speranza con tutti gli oppressi. Fu l'animatore del gruppo reggiano del movimento internazionale Pax Christi. Finalmente usciamo dal territorio sacro, emigriamo verso l'umanità e il creato: Canto e Luce per una Chiesa diversa, che si incarna nei poveri e crede nella resurrezione, Chiesa-Popolo di Dio. Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo Questo modo diverso di vivere la Chiesa ci mette sulla strada di un'Europa ormai destinata ad essere unita in una multiculturalità che viene da tanti popoli diversi, regolata dalla legge dei diritti dell'uomo ed animata dal Vangelo. Come gli apostoli, liberati dalla paura ed usciti dal cenacolo, si sparsero tra i popoli facendone uno solo; così noi, ora, possiamo essere i profeti in questo nuovo popolo europeo. don Eugenio
MARCIA NAZIONALE DELLA PACE: “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace” Da Reggio Emilia un pullman per partecipare alla Marcia Nazionale della Pace di Bergamo La Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla invita tutti a partecipare il prossimo 31 dicembre alla Marcia nazionale della Pace che si terrà a Bergamo. L’iniziativa è promossa da Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, Pax Christi Italia, Caritas Italiana e Azione Cattolica Italiana. Quest’anno ricorre il 50° anniversario della marcia di fine anno organizzata a livello nazionale, la cui prima edizione fu fatta proprio nella diocesi di Bergamo, a Sotto il Monte, paese natale del Santo Papa Giovanni XXIII. Ricorreva a quel tempo il quinto anniversario dell’Enciclica “Pacem in terris”, che era stata promulgata l’11 aprile 1962.
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Il tema guida di questa edizione riprende il Messaggio di Papa Francesco per la 51ᵃ Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2018): “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Lungo il percorso della marcia, infatti, che attraverso 4 tappe si snoderà dalla Chiesa parrocchiale di Calusco D’Adda fino a Sotto il Monte, si pregherà e si rifletterà sul Messaggio consegnato dal Papa per celebrare la Giornata Mondiale della Pace. Per andare e condividere questa esperienza in gruppo, la nostra diocesi organizza un pullman che domenica 31 dicembre partirà da Reggio Emilia alle ore 14 (v.le Morandi, parcheggio del Centro L’Ariosto). Per info e iscrizioni (costo 15 euro per il pullman) contattare il Centro Missionario Diocesano entro venerdì 29 dicembre (0522.436840 – teresa@cmdre.it). Programma della Marcia: ore 16.30 - ACCOGLIENZA parrocchia di Calusco D’Adda ore 17.30 - AVVIO 1ᵃ TAPPA - POPOLO IN CAMMINO (Chiesa Parrocchiale di Calusco d’Adda) 2ᵃ TAPPA - DESIDERIO DI UNA VITA MIGLIORE (palestra scuola Istituto sacro Cuore a Villa d’Adda) 3ᵃ TAPPA - CITTA’ COME CANTIERE DI PACE (Casa natale di Giovanni XXIII e Pontificio Missioni Estere) 4ᵃ TAPPA - UNA CASA COMUNE (Chiesa della Parrocchia di Sotto il Monte e Giardino della Pace) ore 22.30 - CELEBRAZIONE EUCARISTICA (Tensostruttura a Brusicco di Sotto il Monte Papa Giovanni XXIII)
MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2018 Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace 1. Augurio di pace Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale, è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che
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cercano un luogo dove vivere in pace». Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta. Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento». Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare. 2. Perché così tanti rifugiati e migranti? In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”», che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre. Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire». Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale». La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta. In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano. Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace. 3. Con sguardo contemplativo La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno. Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia», in altre parole realizzando la promessa della pace. Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio,capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di
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sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti. Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso», considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi. Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati. 4. Quattro pietre miliari per l’azione Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. “Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo». “Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova». “Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto». “Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio». 5. Una proposta per due Patti internazionali Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza. Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari. La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni. 6. Per la nostra casa comune Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra
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una reale “casa comune”». Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile. Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace».
CARITAS UP La Caritas dell’Unità Pastorale è strutturata nei seguenti servizi permanenti: CENTRO D’ASCOLTO DELLE POVERTA’ a Regina Pacis, tutti i sabati dalle 9 alle 12 (Responsabile diacono Bonomo Roberto). DISTRIBUZIONE ALIMENTI a Roncina tutti i sabato dalle 9 alle 12 (Responsabile Antonio Proscia). DISTRIBUZIONE INDUMENTI PER BAMBINI a Regina Pacis (Responsabile Daniela Ferretti): Sabato dalle 9,30 alle 11,30 e lunedì dalle 15,30 alle 17,30. MERCATINO DELL’USATO a san Bartolomeo al mercoledì e al sabato dalle 15 alle 19. CASE DI ACCOGLIENZA a san Bartolomeo ogni anno vengono accolti sei studenti africani per un periodo di dieci mesi. A Codemondo lo stesso progetto funziona su quattro studentesse africane. Responsabili del progetto sono le due comunità coinvolte. Oltre a questi servizi permanenti la Caritas dell’UP si rende disponibile tutti gli anni a collaborare con la Caritas diocesana nel progetto “Emergenza Freddo”, offrendo ospitalità a persona senza fissa dimora nel periodo invernale dal 1 dicembre al 31 marzo.
DAL PRECONCETTO ALLA CONOSCENZA Ho letto l'interessante omelia di Mons. Antonio Carlos Cruz Santos Vescovo di Caico' (Rio Grande do Norte, Brasile), mi ha colpito per diversi aspetti e mi fermerò a riflettere su uno di questi. Riflette su come sul tema dell'omosessualità siamo pieni di preconcetti. In un passaggio dice:" È un preconcetto, gente, ed un preconcetto avviene prima della cosa, dell'esperienza". PRECONCETTO... qualcosa che si stabilisce dentro di noi prima ancora che si sviluppi una coscienza matura... e subito ho pensato al contenuto di una lezione dell'etnopsichiatra Prof. Piero Coppo: l'ANTROPOPOIESI. Che nome strano! Uno strano nome per qualcosa che fa parte dell'esperienza di ciascuno di noi: quando veniamo al mondo entriamo in una cultura originale che ha bisogno di dialogare con noi, di fornirci concetti elementari e basilari per capirci, e capirci presto, sia che nasciamo in Amazzonia, in Groenlandia, o a Milano. Sono concetti base, che arrivano subito, senza che ce ne accorgiamo, spesso con una comunicazione subliminale. Che, perché importantissimi, ci ispirano bisogni da una parte, e paure dall'altra. Con questi concetti entrati in noi PRE-COSCIENZA, preconcetti, andiamo in automatico, li usiamo spesso senza accorgercene, abitudinariamente.
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Credo che il nostro pensiero sull'omosessualità sia dominato da questi preconcetti perché siamo nati in una società che ha questi preconcetti, una società che ne ha anche altri: xenofobia, razzismo. Non siamo colpevoli di questi preconcetti: sono passati dentro di noi nell'antropopoiesi, non ne eravamo consapevoli, siamo, però, e per fortuna, responsabili di quello che ne facciamo. È a questo punto che trovo molto interessante l'omelia di Mons. Antonio Carlos Cruz Santos. Per questo trovo importante riflettere, perché è la riflessione, l'uso della nostra coscienza che può correggere le strutture di pensiero sbagliate, dominate da bisogni e paure; altrimenti questi diventano padroni dei nostri pensieri... perché padroni: perché molto "antichi" dentro di noi e perché abitudinari. Spesso agiamo e ragioniamo senza pesare, andiamo in automatico, per ABITUDINE! Mi viene in mente una frase di Proust: "Di solito viviamo con il nostro essere ridotto al minimo, e le nostre facoltà restano addormentate: riposano, sulle abitudini, che sanno quel che c'è da fare e non hanno bisogno di loro". Purtroppo le nostre facoltà, anche la coscienza, l'intelligenza, si addormentano spesso sulle abitudini, sui preconcetti, anche sui nostri preconcetti sull'omosessualità. Per essere uomini e donne coscienti e maturi occorre svegliarci, superare la pigrizia, lasciarci provocare ed andare oltre i nostri preconcetti, anche sull'omosessualità. Questo sonno su questo concetto ha un brutto nome, omofobia. Maurizio Mistrali
CORRESPONSABILITÀ COME STORIA DI SALVEZZA La Chiesa ha celebrato, vissuto, e testimoniato un’esperienza senza precedenti (almeno negli ultimi mille anni) della sua Storia di salvezza: il Concilio Vaticano II. Montagne di libri sono stati scritti su questo altissimo avvenimento, e montagne se ne scriveranno ancora, ma a più di 50 anni dalla sua chiusura se n’è capito ancora poco, o meglio, il Concilio non ha avuto, credo, la recezione che avrebbe dover avuto. Ancor oggi le nostre Chiese stentano a recepire e vivere tutta quell’ondata di freschezza spirituale (e, in un certo senso, di ritorno alle origini) che i venti dello Spirito Santo hanno immesso nei documenti finali: Costituzioni, Decreti, Dichiarazioni. Si è scritto molto, moltissimo, forse troppo... in termini di Piani Pastorali, Progetti di rinnovamento liturgico, Strutture e beni materiali. L’impressione che ho è quella che ancora oggi si faccia fatica, molta fatica, a leggere la Storia di salvezza (e a scriverne le sue modifiche) alla luce dei documenti conciliari. Non si tratta qui di esprimere giudizi di valore ne di merito, ma mi incuriosiscono e, allo stesso tempo, mi fanno riflettere le diverse posizioni; alcune veramente preoccupanti. C’è chi pensa che sia stato un appena un “incidente di percorso”, chi ne fa una nota in calce dentro l’evoluzione normativa della Chiesa e chi è convinto che si possa fare a meno dei suoi contenuti di fede, di dottrina e di teologia. Da questi atteggiamenti può nascere un cristianesimo carente di senso della Chiesa e di reale attenzione al mondo e alla storia, ancora fortemente clericale dove i laici continuano a dimostrare una scarsa consapevolezza delle loro responsabilità e delle loro potenzialità. Per dirla con le parole di Giorgio
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Campanini: “Passare da una pastorale incentrata sul luogo ad una che affianchi alla permanente attenzione al territorio una coraggiosa immersione negli ambienti di vita - fabbriche, caserme, discoteche, università - (una nuova evangelizzazione) richiede una non semplice né facile conversione; esige, soprattutto, l’individuazione di nuove figure di evangelizzatori che non potranno, di fatto, che essere laici, uomini e donne. In questo senso la comunità cristiana deve imparare a respirare a due polmoni, quello del radicamento territoriale e quello della presenza negli ambienti di vita. Ma ciò non potrà avvenire se l’evangelizzazione sarà incentrata pressoché esclusivamente sulle figure presbiterali. Non si tratta dunque di operare una pura e semplice operazione di ristrutturazione organizzativa (pericolo che corrono oggi le Unità Pastorali - corsivo mio), rivedendo i confini e l’organizzazione delle parrocchie in funzione del nuovo contesto culturale, ma di ripensare il ruolo della parrocchia nella prospettiva di una “nuova evangelizzazione”(¹). Continuando su questa linea mi sembra interessante proporre altre due riflessioni: Uno stile di vita, per noi cristiani, che si assomiglia di più a quello delle origini. Se ripercorriamo la Storia della Chiesa non è difficile trovare nella proposta generata dal Concilio un maggior senso della povertà che si fa strada non come e solo “valore teologico” ma, penso, soprattutto come “dimensione cristologica” ovvero insostituibile e incancellabile. È un’esigenza che ci richiama alle origini, agli stili di vita semplici dei primi cristiani e ci permette di riappropriarci, come cristiani, del primato dei rapporti interpersonali e dal distacco dalle cose. In questa prospettiva di una Chiesa che vuole essere povera ad immagine del Povero, gli stili di vita dei laici cristiani (ma non solo di loro) saranno decisivi e determinanti: non penso sia esagerato dire che ci giocheremo la credibilità della Chiesa sulla esigenza della povertà evangelica. Un coinvolgimento non solo “esecutivo/pratico”, ma “pensante/ programmatico” dei laici. Siamo ancora lontani dal poter affermare che i laici cristiani hanno trovato e fatto loro il “senso della Chiesa” e la loro appartenenza attiva e propositiva nel suo cammino, ma il Concilio ci ha dato strumenti bellissimi e profondissimi per lavorare su questo aspetto che, penso, è determinate perchè si possa parlare di Chiesa nel modo giusto e di intenderla e viverla nelle nostre Comunità/Unità Pastorali. Ancora oggi è presente, tra la maggioranza delle persone che si dichiarano cristiane, un intendimento sbagliato. Facciamo, a chi viene a Messa alla Domenica, due domande: Chi fa la Messa? Chi è il missionario? La risposta del 98% delle persone sarà la stessa: il prete fa la Messa e il missionario sono preti e religiosi. Noi sappiamo bene che non è così. L’Eucaristia non la fa il prete ma la comunità riunita, il prete la presiede (che è ben differente). Senza Comunità non c’è Eucaristia come senza il prete (nella nostra tradizione cristiana cattolica) non c’è Eucaristia. E il missionario? Tutti siamo missionari, laici compresi. E non è necessario andare in terre lontane per essere dei missionari, lo siamo nelle nostre terre, nei nostri ambienti di vita, in mezzo a persone conosciute e non conosciute. Continua, oggi, ad esistere la tentazione di voler credere che il missionario sia un altro (o un’altra) per non farci assumere le nostre responsabilità nei luoghi dove viviamo quotidianamente la nostra fede. Mi rendo conto che questi sono proprio pensieri sparsi, ma credo che possano aiutare per una riflessione personale sul modo di essere nella Chiesa e sulla necessità di non “accomodarmi” alle mie pratiche religiose che, molto spesso, si limitano alla partecipazione (passiva purtroppo e senza la comprensione piena degli atti liturgici)
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alla Messa domenicale. Come disse qualcuno: “Occorre scuotere e sollecitare le coscienze prima di preoccuparsi di riempire le chiese”. Non lasciamo che la Chiesa siano “solo” gli altri: preti, diaconi e religiosi. La Chiesa è il Popolo di Dio dove dentro non possono non esserci i laici, tutti i laici che credono al Vangelo del Signore Gesù Cristo e si lasciano da Lui coinvolgere per essere quel fermento nella massa dove clero e religiosi non riescono (e non devono neanche, per la loro specifica vocazione) ad arrivare. Gianluca Guidetti, missionario laico in Brasile (¹) Saverio Xeres, Giorgio Campanini; Manca Il Respiro, un prete e un laico riflettono sulla Chiesa italiana; ANCORA, 2011, pag 91-92.
Mercatino di Natale a S. Bartolomeo e a Regina Pacis
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VERBALE DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA (Roncina, 1 dicembre 2017) Il giorno 1 dicembre 2017 alle ore 21 si è riunito il Consiglio Pastorale di Roncina per discutere il seguente o.d.g.: 1. Avvento e Natale 2. Emergenza freddo e Caritas 3. Oratorio 4. Varie 4a. Situazione scuola materna 1. Avvento e Natale Dopo la preghiera iniziale don Paolo introduce il tema dell’Avvento, indicando le varie iniziative previste in questo periodo nella nostra Parrocchia e nell’U.P. per viverlo con maggiore consapevolezza e intensità: - A Roncina è già iniziata la novena dell’Immacolata alle 18.15 con Rosario e S. Messa; - sono stati poi organizzati ritiri spirituali per le varie fasce di età dell’U.P. : domenica 3 dicembre, h 15 a Regina Pacis per i ragazzi di 2-3 media dell’U.P. sotto la guida di don Riccardo; allo stesso orario a Codemondo per gli studenti delle Superiori con don Paolo; domenica 10 dicembre, h 9-17, a Codemondo, ci sarà invece il ritiro spirituale per giovani e adulti; lunedì 4 dicembre, h 21, nell’Oratorio di Regina Pacis, per tutta l’U.P. è programmata la conferenza di Maria Soave Buscemi sul tema dell’incarnazione (“Crediamo nella Resurrezione perché Gesù si è incarnato nella nostra storia”). Per quanto riguarda la nostra Parrocchia, la Messa della Vigilia sarà celebrata da don Ennio, mentre don Paolo non è ancora in grado di dire chi sarà il celebrante di quella del giorno di Natale, a causa degli impegni che ha nelle varie comunità dell’U.P. Per l’occasione sollecita la cura nella preparazione della liturgia e chiede se sono già state organizzate le prove dei canti dell’assemblea; Luca Riccò risponde che saranno comunicate appena sarà individuata una sera libera dai numerosi impegni previsti per le varie fasce di età. Sabato 9 dicembre, alle ore 15, sempre in preparazione all’Avvento, don Paolo presenterà, nella chiesa di Roncina, la figura del card. Martini ai genitori di tutte le classi di catechismo. Come momento comunitario forte dell’Avvento per la nostra Parrocchia, si decide poi di incentivare la partecipazione alla Messa della Casa della Carità, il lunedì, h 19, giorno di servizio della nostra U.P. Infine, Flora conferma che l’allestimento del presepe interno alla chiesa sarà fatto dai bambini di terza del catechismo, mentre i ragazzi delle altre classi sono invitati a partecipare portando, se vogliono, statuine per il presepe o alimenti per la Caritas. 2. Emergenza freddo e Caritas Paola presenta il progetto di Accoglienza invernale 2017-18 definito nella riunione con li responsabili della Caritas (Valerio), avvenuto il 30 novembre a Regina Pacis, cui ha partecipato con Paolo Caraffi Quest’anno la nostra Parrocchia riceverà 4 ospiti. L’accoglienza inizierà il 13 dicembre e si concluderà il 31 marzo; l’apertura serale sarà alle ore 19, l’uscita invece degli ospiti, con chiusura dei locali, alle 8 di mattina. La presenza di un solo
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bagno rende necessario definire delle regole chiare con gli ospiti per evitare che possano nascere tensioni e screzi La Caritas ha confermato che rimborserà alla Parrocchia le spese delle bollette delle utenze relative ai locali utilizzati. Si inizia il 13 dicembre, alle 19.30, qui a Roncina, con una cena comunitaria, insieme ai rappresentanti e agli ospiti del progetto di Regina Pacis; saranno invitati anche i rappresentanti di Codemondo che quest’anno non possono accogliere persone, ma condividono il progetto. Lo scorso anno l’iniziativa è stata portata avanti dai responsabili del progetto, con il coinvolgimento di un gruppo di volontari, che hanno confermato la loro disponibilità anche quest’anno, tuttavia, come aveva segnalato Paolo Caraffi, si è sentito poco il coinvolgimento della Comunità. Quest’anno invece si vorrebbe far partecipare maggiormente la Parrocchia, pur nel rispetto della personalità degli ospiti e della loro disponibilità al dialogo. Paola propone alcune idee, già attuate in altre parrocchie: ad es. organizzare delle cene o dei pranzi comunitari, coinvolgendo le famiglie dei bambini del catechismo e dei ragazzi dell’Oratorio, affinché: - preparino la cena e la portino agli ospiti - oppure preparino la cena e si fermano a mangiare con loro due-tre volte al mese (al sabato sera), utilizzando eventualmente in questa occasioni anche la cucina e il refettorio della Scuola materna. Flora si dichiara disponibile a parlarne ai genitori, individuando le modalità che possono risultare più efficaci, ma senza costringere nessuno. Martedì 5 dicembre alle ore 21 si incontra il gruppo Caritas di Roncina allo scopo di stabilire: regole di comportamento chiare e condivise sia per gli ospiti che per i volontari (ad es. dare o no la cena), che possano essere rese note a tutti; - modalità di coinvolgimento delle famiglie della nostra Comunità Le attrezzature per l’accoglienza (reti, materassi, coperte…) sono già state in gran parte allestite. 3. Oratorio Su questo argomento relaziona ancora Paola, che riferisce quanto le ha detto Annalisa. C’è bisogno di riportare l’attenzione dei giovani sull’Oratorio, perché si avverte una certa disaffezione da parte loro. Le attività del venerdì poi andrebbero potenziate con laboratori a carattere pratico/manuale, coinvolgendo altre persone, qualche madre o insegnante; forse una madre inizierà un laboratorio di cucina; viene chiesto anche a Roberta se può aiutare nei compiti, ma lei non dà la disponibilità. Si torna a riflettere, come già nell’altra seduta, sulla difficoltà di individuare gli interessi dei giovani d’oggi per offrire delle proposte significative per la loro maturazione spirituale, senza dover imporre obblighi o richieste forzate. Don Paolo ritiene che questo sia un problema grave e diffuso nella nostra società e riferisce al riguardo la sua esperienza col gruppo giovani Otri Nuovi, che non ha avuto il seguito che sperava. A Roncina per coinvolgere i giovani è stato trasferito l’Oratorio delle Superiori con l’intento di eliminare l’alibi della distanza, ma i nostri ragazzi non lo frequentano. Di fronte alla presenza di vuoti generazionali fra le persone che frequentano la nostra Comunità, don Paolo sottolinea, però, anche alcuni segnali positivi: l’inizio dei centri d’ascolto della Parola, l’Accoglienza invernale, confermata anche quest’anno. Nell’U.P. c’è inoltre una molteplicità di proposte in cui tutte le fasce di età possono trovare modo di approfondire e alimentare la propria fede. 4. Varie 4.a Situazione scuola materna Pietro informa i presenti che si è conclusa l’esperienza della scuola Carretti che ha lasciato i locali della nostra scuola materna rispettando tutti gli impegni presi. Da ottobre è iniziato il rateo mensile di € 319 per pagare il mutuo contratto con la Banca per la liquidazione dei TFR. Dall’analisi dei flussi del c.c. della Parrocchia emerge che sono aumentate le offerte continuative, per un ammontare mensile di circa € 240.
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Don Paolo invita a ripresentare il tema durante l’Avvento, riproponendo l’articolo di sensibilizzazione già pubblicato sul giornale dell’U.P. in ottobre; Pietro, a sua volta, propone di inserire nel foglio dei comunicati settimanali un piccolo riquadro con IBAN e un breve messaggio per tenere sempre vivo l’interesse della Comunità nel far fronte a questa spesa. Fra poco sarà chiuso definitivamente il c.c. della Scuola Materna Barchi per evitare le spese connesse. In alcuni locali dell’Oratorio da alcune settimane la coop. Sociale L’Ovile viene a svolgere delle attività tutti i giorni al mattino e tre pomeriggi a settimana; l’uso continuerà fino a quando la coop. non potrà rientrare a Regina Pacis dove operava prima, pagando l’affitto. Don Paolo si dichiara d’accordo di farlo pagare anche a Roncina per un importo uguale. Infine, Pietro ricorda ai presenti che i locali della Parrocchia sono anche la nostra casa, verso la quale dovremmo manifestare più vigilanza e cura, controllando meglio che non vengano danneggiati Per questo è d’accordo con Cinzia sull’opportunità di scrivere un regolamento per il loro uso corretto, da far sottoscrivere a chi li ottiene in affitto. Dopo la preghiera finale, la riunione si conclude alle 22.45. Roberta
LA SEGRETERIA DI REGINA PACIS Un saluto a tutti. Siamo quel piccolo gruppo di volontari che, ormai da più di un anno, si alternano in segreteria, su richiesta specifica di don Paolo, in affiancamento alla “storica” Marina. Si tratta, infatti, di un ampliamento del servizio già esistente, che si è reso necessario in seguito all’istituzione dell’Unità Pastorale, con il conseguente aumento del territorio e degli impegni che competono al Parroco. In pratica funzioniamo da filtro per tutto quanto non richiede l’immediata presenza del Sacerdote, diamo cioè informazioni sulle attività delle parrocchie dell’Unità Pastorale e siamo a disposizione circa la possibilità di: -
prendere appuntamenti con il Parroco per i colloqui in preparazione dei Sacramenti istruire le pratiche relative ai Matrimoni far celebrare una S. Messa di suffragio a Regina Pacis richiedere gli attestati dei sacramenti già ricevuti in passato partecipare a corsi, conferenze e incontri organizzati dall’Unità Pastorale e dalla Diocesi prenotare l’utilizzo delle sale dell’oratorio “ex Capitol” e delle attrezzature specifiche iscriversi a uscite, pellegrinaggi, campeggi per giovani, meno giovani e famiglie diventare soci del Circolo ANSPI “Papa Francesco” o rinnovare la tessera annuale fare preparare delle bellissime bomboniere personalizzate (v. nota)
Siamo presenti a turno tutte le mattine, escluso il martedì e la domenica, dalle 10.00 alle 12.00 e il sabato anche di pomeriggio dalle 16.00 alle 17.30 ci potete contattare telefonicamente allo 0522-304258 (anche via fax con lo stesso numero) oppure con la posta elettronica segreteria.reginap@gmail.com Sperando di essere stati di una qualche utilità, inviamo un caloroso saluto. Claudio, Daniela, Luana, Luisa, Marina e Rosa
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CALENDARIO LITURGICO PERIODO NATALIZIO UP DICEMBRE DOMENICA 24:
Alla mattina: Messe festive in tutte le parrocchie Alla notte: ore 23,30 - vigilia di Natale allo Spirito Santo, San Bartolomeo (assieme a Codemondo) Ore 24 - vigilia di Natale a Roncina e Regina Pacis
LUNEDI’25:
Messe di Natale in tutte le parrocchie (ORARIO DELLA DOMENICA)
MARTEDI’ 26:
SANTO STEFANO. Messe festive in tutte le parrocchie Ore 11 a Codemondo (assieme a san Bartolomeo)
DOMENICA 31:
SOLENNITA’ DELLA SACRA FAMIGLIA (Patrona di Roncina) Alla mattina Messe festive in tutte le parrocchie GENNAIO 2018
LUNEDI’ 1:
SOLENNITA’ MARIA MADRE DI DIO REGINA DELLA PACE Messe festive in tutte le parrocchie Ore 18 - Messa a San Bartolomeo (assieme a Codemondo)
SABATO 6:
SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE Messe festive in tutte le parrocchie Ore 10 - Codemondo (assieme a san Bartolomeo)
DOMENICA 7:
Messe festive in tutte le parrocchie (ORARIO DELLA DOMENICA)
CALENDARIO PASTORALE UP GENNAIO 2018 LUNEDI’ 1:
Solennità Maria Madre di Dio Regina della Pace: Messe festive in tutte le parrocchie
MARTEDI’ 2 - VENERDI’5: Campeggio invernale 2ª - 3ª media dell’Unità Pastorale a Minozzo VENERDI’ 5 - DOMENICA 7: Campo Scout San Pietro di Carpineti SABATO 6:
Epifania del Signore: Messe festive in tutte le parrocchie
LUNEDI’ 8:
Ore 19 - Messa alla Casa della Carità di San Giuseppe
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VENERDI’ 12:
Ore 21 - Consiglio Pastorale Roncina
SABATO 13:
Ore 8,30 - Incontro diaconi UP Ore 21 - Veglia di preghiera migranti
DOMENICA 14: Ore 15 - Cinema per bambini UP (Regina Pacis) LUNEDI’ 15:
Ore 17,30 - Studio Biblico per adulti UP (Regina Pacis) Ore 19 - Messa UP alla Casa della Carità di San Giuseppe Ore 21 - Consiglio Pastorale a Regina Pacis
MARTEDI’ 16
Ore 19 - VESPRITZ universitari (Codemondo) Ore 20,45 I MARTEDI TEOLOGICI UP (al Centro Sacro Cuore Baragalla)
MERCOLEDI’ 17: Benedizione stalle San Bartolomeo Ore 20 - Messa e Consiglio Pastorale San Bartolomeo GIOVEDI’ 18:
Benedizione stalle Codemondo Ore 20 - Messa e Consiglio Pastorale Codemondo
VENERDI’ 19:
Ore 19 - CAPITOLSPRITZ
SABATO 20:
Ore 15 - Incontro Genitori della Catechesi S. Bartolomeo e Codemondo (a S. Bartolomeo)
DOMENICA 21: Battesimi Regina Pacis LUNEDI’ 22:
Ore 17 - Studio Biblico per adulti UP (Regina Pacis) Ore 19 - Messa UP alla Casa della Carità san Giuseppe
MARTEDI’ 23: Ore 19 - VESPRITZ universitari (Codemondo) VENERDI’ 26:
Ore 21 - Consiglio Economico UP a Roncina Ore 21 - I quaderni CAPITOL
SABATO 27:
Ore 15 - incontro genitori della Catechesi della parrocchia dello Spirito Santo
DOMENICA 28: Battesimi a San Bartolomeo Ore 15 - Cinema per Bambini UP a Regina Pacis Ore 18,30 - Incontro giovani famiglie UP a Regina Pacis LUNEDI’ 29:
Ore 17,30 - Studio Biblico per adulti UP a Regina Pacis Ore 19 - Messa UP alla Casa della Carità di San Giuseppe
MARTEDI’ 30: Ore 19 - VESPRITZ universitari (Codemondo) Ore 20,45 - I MARTEDI TEOLOGICI UP (al Centro Sacro Cuore Baragalla)
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