M A G A Z I N E D I I N F O R M A Z I O N E , C U LT U R A E L I F E S T Y L E
Food Valley: tutto quadra.
magazine
di
informazione,
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lifest yle
In copertina DIRETTORE RESPONSABILE Mario Timio VICEDIRETTORE Carlo Timio REDAZIONE CENTRALE Alessio Proietti, Giulio Siena, Noemi Furiani, Alessia Mencaroni, Marilena Badolato, Walter Leti, Elisabetta Bardelli, Elisa Giglio REDAZIONI REGIONALI Piemonte: Margherita Carpinteri Liguria: Jessica Chia Lombardia: Francesco Colamartino Francesca Fregapane, Elena Ciulla, Chiara Franzosi, Claudia Piccoli, Gianluca Gramolazzi Trentino Alto-Adige: Giuseppe Doria Francesco Taufer, Mauro Volpato Toscana: Livia Ballan Ilaria Vannini Umbria: Claudio Cattuto Laura Patricia Barberi, Italo Profice, Alessandro Biscarini Abruzzo: Sara Bernabeo Maria Concetta Dercole Molise:Andrea Mastrangelo Basilicata: Marco Caldarelli Puglia: Veronica Sonoro Christian Chiarelli Sicilia: Paola Faillace Sardegna: Marina Sotgiu Anna Paola Olita Principato di Monaco: Marinella Cucciardi Miami: Francesco Famà RINGRAZIAMENTI Massimo Lavezzo Cassinelli, Ermanno Scervino, Marco Gualtieri EDITORE Ass. Media Eventi
Food Valley: tutto quadra.
“… un ecosistema fisico dove si contaminano, dialogano e interagiscono tutti i soggetti che si occupano e che possono produrre innovazione. Un luogo dove è facile potersi incontrare, parlare, stimolare processi di innovazione e che dialoghi con le start up, le aziende di food e tech, gli investitori e i rappresentanti del mondo della finanza e dell’impresa” è la definizione di Food Valley secondo Marco Gualtieri, rilasciata in un’intervista esclusiva per Riflesso. Un’opportunità per trasformare l’area Expo nella Silicon Valley del Food. Perché no? Tutto quadra. Realizzazione Classe di Comunicazione Pubblicitaria, 3° anno 14/15 IED Milano Coordinamento Didattico IED Elisa Bergamaschino, Marianna Moller, Cinzia Piloni, Fulvio Ravagnani Direzione Artistica Alessio Proietti
REGISTRAZIONE Tribunale di Perugia n. 35 del 9/12/2011 GRAFICA E IMPAGINAZIONE R!style Project STAMPA Tipografia Pontefelcino Perugia CONTATTI direzione@riflesso.info editore@riflesso.info artdirector@riflesso.info info@riflesso.info SITO WEB www.riflesso.info FACEBOOK Riflesso Magazine
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EDITORIALE
4 Nuovi orizzonti per promuovere la cultura italiana
PRINCIPATO DI MONACO 8 Il Festival internazionale del Circo di Monte-Carlo
44 Mantova 46 La camera delle meraviglie 48 Gli acrobati di pietra
ARCHITETTURA 50 52 54 56 58 60 62 64 66
PERSONAGGIO
14 Antonio De Matteis
EVENTI 16 19 22
DISCOVERY
Alfons Mucha e le atmosfere Art Nouveau King of Dolomites San Valentino
AGENDA NEWS
Disuso e riqualificazione urbana Museo dell'Opera del Duomo La mediateca a Cagliari Villa Gavotti della Rovere Castello di Sammezzano Castel del Monte Abbazia di San Clemente Santuario della Madonna di Canneto Le piazze d'Italia
BRIEFING CULTURALE
24 Eventi nazionali selezionati
68 Chicche culturali disseminate in Italia
DESIGN
FOOD & WINE
30 Pirelli Hangar Bicocca
70 Marco Gualtieri di Seeds & Chips
MODA
34 Tendenze, tessuti e colori per le prossime stagioni
GIRI DEL GUSTO
ARTE
AMBIENTE
74 Il ferro e la sua cialda
37 Pinacoteca di CittĂ di Castello 40 La Fabbrica del Vapore 42 Castello di Rivoli
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76 Il futuro dell'auto elettrica
FLORIDA
78 Il panorama del settore immobiliare nella metropoli floridense
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EDITORIALE
Nuovi orizzonti per promuovere la CULTURA ITALIANA di Mario Timio
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tempo di bilanci. Entrati nel primo lustro di vita di Riflesso la riflessione è d’obbligo. La riflessione sul passato che modula le prospettive del futuro. É un passato che ha rispettato le nostre attese, ma che suggerisce altri obbiettivi, sempre all’insegna dei valori di bellezza, di novità e del “piccolo” che piace, che sorprende, che fa conoscere ciò che non ti aspetti. Vogliamo consolidare queste componenti per rendere felicemente aggiornati e gioiosi i nostri lettori, poiché senza gioia non si può vivere. Facendo felice un altro noi compiamo una sorta di miracolo dell’anima. Ricorda lo scrittore russo Dostoevskij in “Delitto e Castigo” che Cristo fece il primo miracolo alle nozze di Cana – così come riportato nel Vangelo –, non tanto per aiutare gli esseri umani in difficoltà, ma per far festa cambiando l’acqua in vino, insegnando così che chi ama gli uomini ama anche la loro gioia. E nel prossimo futuro continuiamo a seguire questo assioma, anzi vogliamo consolidarlo, amarlo, renderlo godibile. Abbiamo iniziato il nostro percorso evidenziando le bellezze culturali locali, per poi allargare il nostro orizzonte prima a Montecarlo, e in seguito a Milano e Lombardia, quindi ad altre regioni italiane. Passando per Miami. Ora siamo ambiziosi di estendere il nostro messaggio su scala nazionale, con l’umiltà e la determinazione di apportare uno spiraglio di gioia a chi ama le bellezze del nostro
Paese e non solo. Il nostro obbiettivo è quello di affiancare a bellezze eclatanti chicche culturali meno note, poiché riteniamo che non esistano scale di bellezza. Ce lo insegna anche quel “geniaccio” di Vittorio Sgarbi che in vari giornali illustra una pittura bella ma non valorizzata, esistente ma non godibile, affascinante ma non esternata. Anche in futuro vorremmo sviluppare il sogno di pochi in patrimonio culturale di tutti, preservando identità e interesse. L’interesse di diffondere ambiti anche poco noti ma che contribuiscono a costituire la storia della nostra Italia, con l’intento di favorirne lo sviluppo e la diffusione della cultura. Con Riflesso si vuol far maturare la consapevolezza della rilevanza di aspetti collegati alla cultura: arte, architettura, letteratura, paesaggio, borghi, design, turismo, lusso, enogastronomia. E tanto Made in Italy. Mediante un sapiente lavoro di squadra. Vorremmo far emergere la cultura coniugata all’etica del management e all’intreccio di relazioni fra imprese, istituzioni e territorio. I sostenitori del nostro progetto editoriale sanno che immergersi nel programma veicolato da Riflesso equivale a farsi viatico di sostegno delle opere culturali che attendono solo di essere scoperte e fatte leggere al mondo. Gli eventi e le iniziative che ruotano intorno a Riflesso rappresentano il complemento di una consapevole “voglia” di crescere all’insegna della professionalità e della costante ricerca del bello.
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PRINCIPATO DI MONACO
Ph. Charly Gallo - Centre de Presse
PRINCIPATO DI MONACO
Il Festival internazionale del CIRCO di MONTE-CARLO di Marinella Cucciardi
S
ono 40 ma non li dimostra. Dal 14 al 24 gennaio 2016 si terrà la 40esima edizione del Festival Internazionale del Circo di Monte-Carlo. Per questo grande evento oltre al tradizionale spettacolo, l’opening party proporrà una grande parata per la città. Gli artisti partiranno da Fontvielle per raggiungere la Place du Palais per uno “Air Show”, uno spettacolo unico da tenere tutti con il fiato sospeso, come ormai
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da anni questa bellissima manifestazione offre ai suoi spettatori. Per celebrare questo anniversario, il Comitato Organizzatore, presieduto da S.A.S. la Principessa Stephanie, ha voluto far tornare gli artisti vincitori delle edizioni degli ultimi anni con i numeri più strabilianti. Il pubblico potrà cosi ammirare il “the best” nel mondo del circo. La passione e l’amore per il mondo circense della sua Presidente, S.A.S. la Principessa Stéphanie
Ph. Charly Gallo - Centre de Presse Ph. Charly Gallo - Centre de Presse
Ph. Charly Gallo - Centre de Presse
La manifestazione pi첫 celebre al mondo per i giochi circensi celebra nel Principato il suo quarantesimo anniversario tra fasti, festeggiamenti e celebrities
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Ph. Charly Gallo - Centre de Presse
di Monaco, ha fatto sì che questa evento abbia un richiamo mondiale. Il Festival, ritrasmesso da tutte le televisioni internazionali, presenta ogni anno i migliori numeri scelti e selezionati da una giuria. La tradizionale serata di gala, il “Golden Gala”, si svolg il 19 Gennaio, per uno spettacolo indimenticabile e pieno di sorprese. 15 prestazioni eccezionali, i migliori artisti premiati nelle edizioni precedenti e riconosciuti a livello internazionale, momenti unici di emozione per un grande compleanno. Tra le esibizioni più incredibili quella di Kris Kremo, all’anagrafe Kristian Gaston Kremo, giocoliere svizzero, considerato tra i più grandi al mondo, unico nel suo stile, classe ed eleganza. I ballerini Wu Zhengdan & Wei Baohua, lo strabiliante duo cinese con un balletto acrobatico. La troupe I Voljanski, in un numero mozzafiato di funambolismo in quota con una salita su una corda inclinata di 45 gradi. I famosi clown musicali Rastelli. The Flying Tabares, i padroni indiscussi del trapezio volante sincronizzato, due squadre di sei trapezisti che si esibiscono in perfetta armonia. L’adagio acrobatico della troupe di acrobati di Canton, definito il più bel numero di circo al mondo. I due più grandi addestratori di cavalli, Flavio Togni, e l’artista pluripremiato Alexis Gruss presentano un numero intitolato “Le Trecce”, in cui i nastri che pendono dalla cupola, sono attaccati a ciascun cavallo, gli animali girando in pista formano un’enorme treccia con i colori monegaschi, il bianco e il rosso. Infine, ennesima sorpresa, per l’occasione il clown David Larible proporrà il suo spettacolo al Théâtre Princesse
Grace. Per dedicare un tributo più importante al creatore e fondatore di questa kermesse, il Principe Ranieri III, il Comitato Organizzatore ha deciso di preparare una sorpresa per gli spettatori durante la serata di Gala: i più grandi artisti del momento che saranno presenti al Festival ragaleranno esibizioni in cui le diverse discipline si integreranno per dar vita a uno spettacolo davvero eccezionale.
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PERSONAGGIO
ANTONIO DE MATTEIS e i futuri investimenti della griffe partenopea KITON a cura di Carlo Timio 14
A
ntonio De Matteis il presidente del marchio Kiton, può senz’altro gioire per il trend positivo che sta attraversando il suo Gruppo. Sono in cantiere importanti investimenti che porteranno entro l’anno alla nascita di nuovi atelier, un bar e un ristorante a Milano e all’apertura di negozi sia a Tokyo che a Parigi. L’azienda partenopea di moda specializzata negli abiti e accessori uomo, ha di recente dato impulso anche al settore dell’abbigliamento donna che si sta facendo largo nel mercato nazionale e estero, incidendo in maniera considerevole sulla crescita aziendale. Antonio De Matteis, partiamo dalla origini, come nasce l’azienda Kiton? E per quale motivo avete scelto questo nome? “L’azienda nasce da una intuizione del fondatore Ciro Paone che a metà degli anni Cinquanta capisce la possibilità di portare in giro per il mondo il gusto della sartoria napoletana. Il nome dell’azienda all’inizio è CI.PA. ma quando intorno alla fine degli anni Sessanta cominciò ad affrontare il mercato americano, decise di cambiare il marchio in Kiton il cui nome deriva da Chitone che è la tunica, l’abito importante, che gli antichi greci erano soliti indossare per le feste e le solennità”. La vostra produzione è tutta italiana o meglio “made in Naples”? “La nostra produzione è tutta italiana ed oggi conta quattro unità produttive. La sede storica e più rappresentativa è situata a Napoli. Vi realizziamo le giacche, gli abiti, le camice, le cravatte, i pantaloni, le scarpe e la linea Donna. Abbiamo un’altra fabbrica a Parma dove realizziamo la giubbotteria, a Fidenza abbiamo il maglificio, a Biella c’è il nostro lanificio Carlo Barbera che abbiamo acquistato qualche anno fa e nel quale Kiton produce quasi tutti i tessuti che utilizza”. Oltre agli abiti da uomo, anche le cravatte sono molto importanti, avete più ordini di accessori o abiti? “Gli abiti, insieme con cravatte e camicie sono i capi iconici della Kiton. Sicuramente un uomo mediamente elegante possiede almeno tre cravatte per ogni abito”.
Qual è il modello di Kiton che preferite o a cui siete maggiormente legati? “Il modello al quale siamo più legati è il K50, il modello storico della Kiton. Ne vengono realizzati solo cento all’anno. E solo due dei trecentocinquanta sarti di Napoli sono dedicati al K50”. Che importanza riveste per voi la linea femminile? E come sta andando? “La linea Donna negli ultimi anni ha preso sempre più spazio e maggiore visibilità sul mercato. L’azienda crede tantissimo in questa linea che da qualche anno è seguita direttamente dalla figlia del fondatore, Maria Giovanna Paone. Crediamo che nel futuro la Donna diventerà sempre più importante per la crescita dell’azienda”. Il maggior fatturato deriva dall’Italia o da altri paesi esteri? “La Kiton è sempre stata molto propensa alla vendita all’estero sin da quando sono arrivato in azienda nel 1986. Allora il fatturato era già diviso a metà tra l’Italia e l’Estero. Oggi il fatturato è suddiviso in 85% all’estero e il 15% in Italia”. Quali sono i vostri progetti futuri, avete in cantiere investimenti o nuove aperture di show room? “Tra i progetti futuri sicuramente il più importante è il completamento del palazzo a Milano dove l’azienda ha in progetto di realizzare un atelier da Uomo, un atelier da Donna e un Bar Ristorante, in modo da poter accogliere il nostro cliente in qualsiasi momento. Altri investimenti per il 2016 sono l’apertura a marzo del secondo negozio Kiton a Tokyo e l’apertura del secondo monomarca a Parigi”.
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EVENTI
© Richard Fuxa Foundation
A Palazzo Reale un’esposizione di opere dell’artista ceco riaccende le atmosfere e il clima scintillante della Belle Époque
Alfons Mucha - Monaco - Montecarlo, 1987
ALFONS MUCHA e le atmosfere Art Nouveau
Alfons Mucha Les Pierres Précieuses (L'Ametista), 1900
di Elena Ciulla
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N
elle raffinate sale neoclassiche di Palazzo Reale viene ospitata la prima retrospettiva milanese dedicata ad uno dei rappresentanti più significativi dell’Art Nouveau:
Alfons Mucha. Una grande esposizione composta da 149 opere dell’artista, presentate insieme a oggetti e arredi di manifatture e di autori coevi che ripropongono le atmosfere della sinuosa Art Nouveau. Un’epoca ricca di fermenti e di innovazioni tecniche, affidate ai nuovi materiali dell’industria e dell’alto artigianato che producono un nuovo stile, moderno e rivoluzionario che rende Alfons Mucha uno dei più eclettici interpreti, ideatore di manifesti pubblicitari, arredi, gioielli, tessuti, abiti. L’artista ceco (1860-1939) “promotore” di un nuovo linguaggio comunicativo, di un’arte visiva innovativa e potente. I suoi manifesti erano molto diffusi e popolari in tutti i campi della società del suo tempo e ancora oggi si può facilmente individuare la sua inconfondibile cifra stilistica, che lo ha reso eterno simbolo della Belle Époque. Lo “Stile Mucha” basato sull’esaltazione della bellezza e della giovinezza è quasi sempre rappresentato attraverso figure femminili disinvolte e accattivanti, che guardano direttamente verso lo spettatore, colte in pose studiate per esaltarne l’eleganza e la dinamicità. La figura femminile, avvolta in morbide vesti, adornata da splendidi gioielli, è resa attraverso un segno grafico marcato e sinuoso, riempito con colori solari e vivaci. La forza delle invenzioni di Mucha va anche individuata nella loro versatilità e nella possibilità di essere applicate ad una grande varietà. Le opere sono esposte seguendo un percorso suddiviso per temi stilistici e iconografici, in modo da evocare atmosfere e suggestioni che possano stupire e coinvolgere anche emotivamente il visitatore. A una sala introduttiva, seguono otto sezioni tematiche, riguardanti il teatro, la vita quotidiana, la figura femminile, il giapponesismo, il mondo animale, l’immaginario floreale, il tempo e materiali preziosi. Scopo della mostra è dunque quello di restituire appieno l’idea di un’epoca ricca e sfaccettata, facendo dialogare le invenzioni di Mucha con gli
- Alfons Mucha - Les Arts (La Musica), 1898 © Richard Fuxa Foundation - Alfons Mucha, realizzazione Amalric Walter Pendentif con testa femminile, 1903-1905 Milano, collezione C.F.S. © Studio fotografico Perotti, Milano. - Galileo Chini, per L’Arte della Ceramica Vaso con fiori, 1903-1904 Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche © Archivio Fotografico Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
ambienti e le decorazioni contemporanee così da ricostruire il clima magico e sfavillante della Belle Époque. La mostra terminerà il 20 marzo 2016. Dopo Milano, l’Esposizione si sposterà a Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visitabile da fine aprile a settembre 2016.
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EVENTI
KING OF DOLOMITES uno spettacolo tra neve e natura di Giovanni Doria
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rima di parlare di King of Dolomites, è meglio fare una piccola premessa sul freeride e sul significato intrinseco del termine stesso, che tradotto letteralmente significa “guidare liberi”. Questa terminologia utilizzata per gli sport inerenti il contatto con la natura e con un approccio “ludico e soft” rappresenta anche un modo alternativo di concepire lo sport, inteso come partecipazione e condivisione di bellezza. Su queste basi si sviluppa anche il freeride sulla neve che coinvolge gli amanti della natura, un’emozionante e liberatorio modo di vivere la montagna e lo sci nel senso più ampio del termine. Il concetto di freeride viene ancora di più rafforzato dal non essere riconosciuto da nessuna federazione sportiva e quindi considerato come un “non sport”. Proprio alla luce di quest’ultima premessa siamo pronti per presentare il King of Dolomites, che non è una gara sportiva ma una condivisione di bellezza. Si tratta di un contest
A San Martino di Castrozza una condivisione di bellezza tra freeride e scatti fotografici sul mondo dello sci fuori pista 19
fotografico incentrato sul mondo dello sci fuori pista, sia esso praticato con gli sci da freeride, da telemark o con lo snowboard. La quarta edizione del contest avrà luogo a San Martino di Castrozza dal 18 al 21 Febbraio 2016, nelle Dolomiti orientali del Trentino – ai piedi delle maestose Pale di San Martino. Nel corso degli ultimi tre anni, la manifestazione ha avuto una crescita esponenziale e ha riscosso un interesse sempre maggiore diventando uno degli eventi di riferimento del panorama italiano e europeo. Anche quest’anno l’evento vedrà protagonisti numerosi riders e fotografi provenienti da tutto il mondo con l’obiettivo di scattare la foto di freeride più bella delle Dolomiti. Il contest si divide in due categorie, una aperta a tutti e denominata Wannabes ed una invece riservata ai riders e fotografi professionisti, denominata Pro – alla quale è possibile accedere solo se invitati dal comitato organizzativo. Per partecipare al contest è sufficiente essere regolarmente iscritti ad una delle due categorie del King Of Dolomites 2016 e rispettare le eventuali ordinanze e gli avvisi esposti all’interno ed all’esterno della Ski Area e del territorio comunale. A ogni partecipante viene rilasciato, al momento dell’iscrizione, un tagliando che ne certifica la partecipazione – valido inoltre per usufruire dello
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Skipass a prezzo agevolato. La suddivisione in quattro categorie degli scatti rende il contest ancora più avvincente. La prima categoria è best Action. La qualità tecnica del gesto atletico, la capacità del fotografo d’interpretazione e racconto dell’azione e la qualità fotografica sia in termini di composizione che di luce. Questi i parametri che verranno usati per determinare la migliore foto di Azione nelle Dolomiti. La seconda categoria è best Landscape. Il paesaggio diventa l’attore principale dove l’azione del rider viene immortalata. La bellezza scenografica e la capacità di esaltare il contesto dolomitico saranno fondamentali per aggiudicarsi la vittoria in questa categoria. La terza categoria è Mountaneering. Per la prima volta al King of Dolomites si è deciso di dare valore alla storia che c’è dietro ad ogni discesa: l’aspetto alpinistico, la fase di “approach”: vincerà chi saprà evocare fatica, tensione, concentrazione, libertà: tutto questo in uno scatto. L’ultima categoria è Kod 2016. Per diventare il nuovo King of Dolomites non basta scattare una bella foto. Bisogna essere in grado di raccontare una storia. Uno scatto, un racconto di 140 caratteri e un tema da sviluppare.Qual è il tema? Lo scopriremo a febbraio! Il regolamento del concorso e le modalità di partecipazione possono essere approfondite nel dettaglio sul sito web kingofdolomites.com.
EVENTI
SAN VALENTINO mon amour di Laura Patricia Barberi
S
an Valentino Vescovo, martire cristiano, visse nel III secolo d.C. nella Città di Terni. La sua festa ricorre annualmente il 14 febbraio, ed è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo. Alcune testimonianze storiche fanno risalire le origini di questa celebrazione al IV secolo d.C., epoca in cui le celebrazioni di origine pagana legate al dio Lupercus - chiamate lupercali - erano solitamente festeggiate il 15 di febbraio. Tale tradizione in seguito prese piede nei monasteri benedettini, primi veri cultori di San Valentino, presso la basilica di Terni eretta
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in suo nome; per poi diffondersi negli altri monasteri d’Italia, Francia e Inghilterra. Nel 1644 il corpo del santo fu ritrovato sotto l’altare della Basilica della città e, per acclamazione, fu eletto protettore della città. Oggi il suo culto si è diffuso in tutto il mondo con tale capillarità da arrivare a considerarlo il Protettore degli Innamorati. Alla devozione dei ternani per il santo si deve l’ideazione degli eventi valentiniani, preziosa risorsa culturale e di promozione turistica per la città di Terni. I festeggiamenti durano tutto il mese di febbraio e per questo è chiamato Mese valentiniano. É l’intera città a festeggiare: dagli
Numerosi gli “Eventi Valentiniani” che si svolgono a Terni, la città dell’amore, durante tutto il mese di febbraio per celebrare il patrono protettore degli innamorati innamorati, alle famiglie, dai ragazzi delle scuole, ai turisti e pellegrini. Grandi nomi della canzone e dello spettacolo si susseguono in esibizioni piacevolissime. Nel corso dei secoli la festa di San Valentino è stata allietata oltre che da esibizioni musicali, balli e tornei anche dalla storica Fiera di San Valentino: tradizione arrivata sino ad oggi durante cui sono allestite tantissime bancarelle nei tre giorni a cavallo del 14 Febbraio, durante cui sono proposti anche prodotti dolciari legati al cioccolato. Festa dalla doppia anima, quella di San Valentino, oltre ad essere ludica e giocosa, è altresì caratterizzata da una spiccata valenza
religiosa, in special modo per i fedeli al Santo i quali, con processioni lungo le strade della città e svariate celebrazioni eucaristiche, manifestano la propria devozione. Peculiare è la festa della Promessa che si tiene la domenica precedente al 14 febbraio: alla celebrazione sono invitate tutte le coppie di fidanzati che si sposeranno entro l’anno corrente, sia quelle italiane sia le provenienti dall’estero. Durante la celebrazione eucaristica i fidanzati sono soliti scambiarsi promessa di matrimonio davanti all’urna di San Valentino. Per consultare il programma 2016 degli eventi valentiniani: www.sanvalentinoterni.it
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AGENDA NEWS
a cura di Elisa Giglio
ACIPLATANI
FIRENZE
NOVOLI (LE)
Aci Platani festeggia in grande stile l’Epifania. Evento culturale e religioso unico, la Sfilata Storica dei Re Magi è arrivata alla sua XXVI Edizione e si svolge la mattina del 6 gennaio in un’atmosfera magica con personaggi reali in costumi antichi, cavalli bardati e altri animali, rappresentando varie fasi bibliche, dalla creazione del mondo, a Caino e Abele, Mosè, gli egiziani e gli schiavi fino ad arrivare alla nascita di Gesù Bambino. La capanna viene allestita sul sagrato della chiesa madre di Aci Platani dedicata a Maria S.S. del monte Carmelo.
A Firenze tre giorni per festeggiare le eccellenze italiane. Si tratta di uno dei premi più attesi del panorama birrario, il Birraio dell’Anno. Il riconoscimento che individua il miglior produttore dell’anno dà infatti vita ad una grande festa, un vero e proprio tributo alla birra artigianale italiana, proprio nell’anno dei festeggiamenti dei 20 anni dalle prime aperture. Dal 15 al 17 gennaio il teatro Obihall di Firenze ospita una tre giorni dove si possono degustare le birre dei migliori 20 birrifici artigianali e, ulteriore novità, i prodotti dei 5 migliori birrifici emergenti. Protagonista anche lo street food di qualità grazie alla collaborazione con Cucine di Strada.
Nel Salento li chiamano i giorni del fuoco i festeggiamenti di Novoli per il Patrono Sant’Antonio Abate che culminano con l’accensione il 16 gennaio della Fòcara, grande falò che ha una base di 20 metri di diametro e un’altezza di 25, il più grande del Mediterraneo. È uno degli eventi invernali di maggiore richiamo in Puglia, intriso di folklore e religiosità popolare con una straordinaria cornice di musica, arte, spettacolo, giochi pirotecnici ed enogastronomia.
GENOVA
BERGAMO
BASSANO DEL GRAPPA (VI)
(CT)
Sfilata storica dei Re Magi ad Aci Platani 6 gennaio
ANTIQUA dal 16 al 24 gennaio
La mostra Antiqua è una delle più prestigiose mostre dedicate all’alto antiquariato d’Italia. Giunta alla sua ventunesima edizione, che si tiene dal 16 al 24 gennaio al padiglione B della Fiera di Genova, propone pezzi unici e di grande pregio provenienti da tutto il territorio nazionale con la presenza di oltre 50 espositori selezionati. Arredi del Sette-Ottocento italiano provenienti da Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e dal napoletano, dipinti Otto-Novecento. Anche in questa edizione, Antiqua si arricchisce di novità e di una serie di eventi interni alla mostra che intrattengono il pubblico per tutti i giorni dell’esposizione.
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BIRRAIO DELL’ANNO dal 15 al 17 gennaio
IFA - ITALIAN FINE ART dal 16 al 24 gennaio
“Ifa - Italian Fine Art” nasce dall’ambizione di trovare un modo contemporaneo di proporre la grande decorazione antica e moderna in un contesto fieristico e di attrarre un pubblico internazionale verso l’arte Italiana. La mostra è situata nei padiglioni di Fiera Bergamo dal 16 al 24 gennaio e al suo interno vengono ospitati oltre 120 espositori, selezionati tra le più importanti gallerie antiquarie italiane. A queste, presenza storica e cuore pulsante della fiera, si affiancano i settori complementari, che favoriscono e possono incrementare l’offerta espositiva e il numero degli espositori.
FÒCARA DI NOVOLI dal 16 al 18 gennaio
MOSTRA “IL MAGNIFICO GUERRIERO” dal 19 gennaio al 31 gennaio 2017
“Il Magnifico Guerriero” fa il suo ingresso trionfale ai Civici Musei di Bassano del Grappa, accolto come il nuovo protagonista della Sala dei Bassano che allinea 27 capolavori della grande famiglia di artisti. Opera di Jacopo Bassano, “Il Magnifico Guerriero”, o più esattamente “Il ritratto di uomo in armi” è una tela di cm 109×82 e rappresenta un nobiluomo maturo dalla fulva, curatissima barba, con una preziosa corazza alla moda dell’epoca. L’autentico capolavoro è databile agli anni immediatamente seguenti il 1550, ovvero al momento più altamente manierista del maestro.
OVINDOLI (AQ)
BRESCIA
PUTIGNANO (BA)
OVINDOLI MOUNTAIN FESTIVAL WINTER EDITION 2016 dal 22 al 24 gennaio
MOSTRA “LO SPLENDORE DI VENEZIA. CANALETTO, BELLOTTO, GUARDI E I VEDUTISTI DELL’OTTOCENTO” dal 23 gennaio al 12 giugno
L’unico Festival che mette in vetrina la montagna in tutte le sue sfumature e sfaccettature tra lo sport, l’Outdoor e la Natura del Parco Regionale Sirente-Velino. Siamo parlando di “Ovindoli Mountain Festival”, ovvero la manifestazione che riassume tutti gli sport invernali più aggiornati in tre giorni. La manifestazione nasce tra le montagne dell’Appennino, ad Ovindoli in cui da alcuni anni è emersa spontanea la pratica simultanea di diverse discipline sportive invernali di montagna. L’evento dal forte carattere abruzzese mixa l’idea innovativa di sommare la bellezza della montagna all’autenticità delle tradizioni enogastronomiche di Ovindoli paese.
Cento capolavori raccontano l’incanto di Venezia. Palazzo Martinengo a Brescia conferma e rafforza la propria presenza all’interno del panorama artistico italiano con una nuova esposizione dedicata alla città veneta, che nei secoli ha affascinato generazioni di artisti. In programma dal 23 gennaio al 12 giugno, la mostra “Lo splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento” celebra con opere provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali la città che più di ogni altra è stata ed è ancora oggi un mito intramontabile.
“Ride bene chi ride sempre!” è lo slogan del carnevale più antico d’Europa. Si tratta del Carnevale di Putignano, che quest’anno festeggia la 622ª edizione. Una festa di popolo tra maschere di carattere, gruppi mascherati e soprattutto carri allegorici e un’allegria che contagia tutti. I Giganti di Cartapesta sono vere e proprie opere d’arte che i maestri cartapestai realizzano negli storici capannoni, affascinanti laboratori pieni di acqua, colla, carta e tanta fantasia.
TERNI
CITTÀ SANT’ANGELO
CAGLIARI
VETTE IN VISTA dal 28 al 31 gennaio
(PE)
CARNEVALE DI PUTIGNANO 24-30 gennaio, 7-9 febbraio
CORSO DI MAKE-UP 6-13-20 febbraio
CITY RAINBOW dal 29 al 31 gennaio
La rassegna di cinema di montagna e di esplorazione, “Vette in Vista”, si prepara per l’ottava edizione dal 28 al 31 gennaio a Terni e lo fa proponendo a tutti gli appassionati la partecipazione alla quinta edizione del concorso per opere video “Valentino Paparelli”. L’evento è organizzato dall’Associazione Stefano Zavka e la sezione Cai Terni. Gli aspiranti cineasti sono valutati da un’attenta giuria; le opere selezionate vengono proiettate il 31 gennaio, giornata che si conclude con la proclamazione dei vincitori, che si sono distinti per originalità e sensibilità dei contenuti, quali montagna, avventura, esplorazione ed ambiente.
Tre giorni di fiera mercato con il tema “Arte del Mestiere”. È questo “City Rainbow”, evento al Centro Fiere Ibisco dal 29 al 31 gennaio. Degustazioni e acquisto di prodotti tipici abruzzesi e artigianato regionale. Un week-end di intenso divertimento, alternando visite agli stand e partecipazioni alle attrazioni per grandi e bambini, aree giochi, relax e ristoro. Ospiti d’eccezione: lo chef esecutive pasticcere Luca Montersino con il suo cooking show e Anna Maria Barbera con il suo spettacolo di cabaret “Metty una sera..Sconsy”.
Il trucco per la donna è una componente essenziale della propria immagine e personalità. È arrivato il Corso di Self Make-Up, rivolto a tutte coloro che amano il make up, desiderano eseguire un trucco impeccabile adatto alla propria persona, al proprio lavoro e che rimanga perfetto per ore. Tre giornate, tre livelli per imparare le tecniche e i trucchi del mestiere: primo livello il corso di self make-up base, secondo livello il corso di self make-up avanzato e terzo livello il corso di self make-up moda.
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STORICO CARNEVALE DI IVREA dal 6 al 9 febbraio
IVREA (TO)
CARNEVALE SULLA SARTIGLIA DI ORISTANO 7 e 9 febbraio
ORISTANO
VERONA
“Una volta anticamente”. Con queste parole si descrive lo Storico Carnevale di Ivrea, un evento unico, riconosciuto come manifestazione italiana di rilevanza internazionale, un “sogno” che si manifesta ogni anno portando nelle vie e nelle piazze della città piemontese storia, tradizione, spettacolo. A riempire di colori e profumi Ivrea vi è poi la famosa e spettacolare Battaglia delle Arance, momento di grande coinvolgimento e forte emozione, rievocazione della ribellione popolare alla tirannia di un barone che affamava la città in epoca medioevale.
Ad Oristano il carnevale è vissuto all’insegna della Sartiglia, che è una delle manifestazioni carnevalesche sarde più spettacolari e coreografiche. La vestizione de su Componidori e la corsa alla stella sono i momenti più suggestivi. La Sartiglia è una corsa alla stella di origine medioevale, che si corre l’ultima domenica e il martedì di carnevale ad Oristano. Riecheggia ricordi sfumati di duelli e Crociate, colori spagnoleschi, echi di nobiltà decaduta e costumi agro pastorali.
La manifestazione “Verona in love” viene organizzata ogni anno nella città veneta durante la settimana di San Valentino. Per l’occasione le principali vie del centro storico vengono addobbate con cuori e luminarie a tema che creano una suggestiva atmosfera, lungo il percorso che da piazza Bra porta alla Casa di Giulietta; le boutiques si vestono a festa e la Torre dei Lamberti viene illuminata di rosso; in piazza dei Signori ci sono concerti di musica dal vivo e le bancarelle di un mercatino disposte in modo da formare un gigantesco cuore, che espongono prodotti legati al tema dell’amore.
CONEGLIANO
TRENTO
(TV)
MOSTRA “I VIVARINI LO SPLENDORE DELLA PITTURA TRA GOTICO E RINASCIMENTO” dal 20 febbraio al 5 giugno
La prima grande mostra mai realizzata sui Vivarini, la famiglia di artisti muranesi che nella seconda metà del ’400 e fino ai primissimi anni del ’500, si affianca e compete con i Bellini per il predominio sul vivacissimo ambiente della pittura veneziana in profonda evoluzione. All’interno di Palazzo Sarcinelli a Conegliano sono presenti opere rappresentative del loro percorso artistico e della loro diffusione. Un viaggio nella cultura artistica del primo Rinascimento con i più grandi capolavori di Antonio, Bartolomeo e Alvise, dai polittici alle tavole per la devozione privata, ricordi di antico e scene di toccante pietà, ma anche di conclamata modernità.
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VERONA IN LOVE dal 12 al 14 febbraio
SPELLO (PG)
IDEE BEN ESSERE dal 26 al 28 febbraio
FESTIVAL DEL CINEMA CITTÀ DI SPELLO ED I BORGHI UMBRI dal 27 febbraio al 6 marzo
Situata a Trento Fiere, Idee Ben Essere è la più grande mostra mercato del Trentino Alto Adige dedicata allo stare bene a tutto tondo: da proposte per prendersi cura della propria salute e bellezza a tecniche per gestire lo stress e concentrarsi per raggiungere obiettivi, dalle filosofie orientali alla storia di come si sono evoluti i rapporti di coppia, e tanto altro ancora. Vengono trattati sette temi: benessere ambientale, sociale-relazionale, fisico, professionale, finanziario, intelletuale-culturale e spirituale.
Protagonista della Rassegna Concorso “Le professioni del Cinema” è il Patrono d’Italia San Francesco d’Assisi. Il legame del festival con il territorio umbro viene così enfatizzato ponendo al centro il Santo in vista anche del “Giubileo della Misericordia”. Il concorso, che ha come tema “L’Umbria di San Francesco. Il Santo, l’uomo. Percorsi, paesaggi e luoghi del poverello di Assisi”, prevede la partecipazione degli Istituti superiori di secondo attraverso tre categorie: miglior bozzetto costume, miglior bozzetto scenografico e miglior cortometraggio.
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Scegli il meglio
Info: Email: veryposhdesign@gmail.com Fb: Veryposh
Equilibrio
ARTE, DESIGN E CREATIVITÁ: gli elementi chiave del brand VERYPOSH
La creatività è proprio vero non ha limiti. E se si aggiungono anche la passione, il cuore e l’anima come elementi connettori per fondere l’immaginazione alla capacità di creare un'opera di alto artigianato, questa sintesi non può che portare al nuovo brand di Design Veryposh. Tale marchio nasce grazie alla sinergia di forze, risorse, inventiva e professionalità di un gruppo di artigiani che, con un lavoro di alta qualità, danno forma al progetto grafico ideato da un designer, il quale segue e supervisiona tutta la filiera produttiva, permettendo così di trasformare un’idea in una realtà concreta. Gli oggetti di arredamento per la casa sono caratterizzati da un'elevata originalità e seguono una linea tematica selezionata di volta involta. La prima collezione di complementi di arredo è stata ispirata all’Expo 2015, specificatamente all’albero della vita, che ha dato spazio alla materializzazione dei primi tre oggetti già pronti e altri sono in fase di realizzazione. La fantasia immaginifica del designer Daniele Buschi unita alla capacità intuitiva
Il Re Dorato
Il Posto Giusto
del fondatore Carlo Timio hanno rappresentato una miscela di creatività che comincia a dare i suoi frutti. Dalla lampada “Equilibrio” messa a punto dalla falegnameria d’autore Moriko al vaso “Il Re Dorato” creato dell’azienda Ceramiche Sambuco fino a passare per il segnaposto per la tavola “Il Posto Giusto” una creazione della stilista Anna Rita Setti. La variabilità dei materiali usati (dal legno alla ceramica, dalla pelle al plexiglass, dal vetro ai tessuti preziosi) è un altro punto di forza di questo brand che grazie alla maestria artigianale delle aziende che ne formano il network consente di spaziare senza limiti e produrre oggetti inediti di facile uso. Il risultato è una giusto equilibrio di arte e artigianato. Nei primi mesi Veryposh ha già fatto tappa a Milano e nel Principato di Monaco dove è stato esposto e largamente apprezzato a tal punto che ha già sollecitato interessi commerciali. Insomma, un brand originale, ricercato ed esclusivo per una clientela altrettanto elegante e raffinata.
DESIGN
PIRELLI HANGAR BICOCCA di Francesca Fregapane
N
ei primi del ‘900 si assiste all’integrazione tra le campagne settentrionali della città di Milano e il tessuto urbano, costituendo così il territorio della Bicocca. In quegli anni si svilupparono una serie di stabilimenti che sono stati a lungo il cuore pulsante di un’area industriale rigogliosa e che per molti decenni è stata emblema dell’industria italiana. È qui che trova posto Pirelli Hangar Bicocca, una fondazione no profit che mette in mostra la dinamica partecipazione ai messaggi più autorevoli dell’Arte contemporanea. Aperta al pubblico nel 2004 è presieduta da Marco Tronchetti Provera, socio fondatore, il quale, con il sostegno che proviene dalla Società che presiede, offre al pubblico iniziative culturali con manifesto internazionale e ingresso libero a tutte le attività promosse. L’edificio che ospita la Fondazione era un tempo sede della storica Breda, azienda produttrice di carrozze, locomotive, a cui si aggiungeranno negli
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anni della guerra la fabbricazione di aerei e prodotti di uso militare. Il linguaggio di questa archeologia industriale affascina: poche linee, decise e perlopiù ortogonali, definiscono grandi volumi. All’interno di uno di questi troviamo l’opera permanente sitespecific più grande che l’artista tedesco Anselm Kiefer abbia mai eseguito. I Sette Palazzi che
La Fondazione ideata e sostenuta da Marco Tronchetti Provera esalta l’arte contemporanea e il design con iniziative culturali all’interno di un’affascinante struttura industriale
Petrit Halilaj They are Lucky to be Bourgeois Hens II, 2009 Courtesy the Artist and Pirelli HangarBicocca Photo: Agostino Osio
Portrait PetritHalilaj Enver Bylykbashi
Petrit Halilaj Exhibition view “Space Shuttle in the Garden” Courtesy the Artist and Pirelli HangarBicocca Photo: Agostino Osio
Anselm Kiefer I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 Veduta dell’installazione, HangarBicocca, 2015 Foto: Agostino Osio © Anselm Kiefer ; Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli; Fondazione HangarBicocca, Milano Anselm Kiefer The Seven Heavenly Palaces 2004-2015 Installation view, HangarBicocca, 2015 Photo: Agostino Osio © Anselm Kiefer ; Courtesy Galleria Lia Rumma, Milan/Naples; Fondazione HangarBicocca, Milan
©Anselm Kiefer Photo: Renate Graf Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli
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Philippe Parreno Danny the Street (2006- 2015) (detail) Courtesy of the Artist; Pilar Corrias Gallery; Gladstone Gallery; Esther Schipper; Fondazione HangarBicocca, Milan Photo: ©Andrea Rossetti
Philippe Parreno “Hypothesis”, installation view at HangarBicocca, Milan Courtesy of the Artist; Pilar Corrias Gallery; Gladstone Gallery; Esther Schipper; Fondazione HangarBicocca, Milan Photo: ©Andrea Rossetti
compongono l’opera sono un’interpretazione dell’antica religione ebraica. Espressione di quella ricerca costante di perfezione che l’uomo vuol raggiungere attraverso lo studio, in cui il libro è la metafora, per avvicinarsi sempre più a Dio. L’allestimento, curato da Vicente Todolì, affianca alle torri esposte cinque tele di grandi dimensioni prodotte tra il 2009 e il 2013, inedite, che formano un’unica grande installazione dal titolo I Sette Palazzi Celesti - 2004 - 2015. All’esterno della struttura, dove sorgevano depositi e baracche oggi demoliti, si apprezza un’altra opera permanete: la Sequenza di Fausto Melotti. Grande scultura, in acciaio corten, accoglie il visitatore all’entrata dello spazio espositivo, quasi come fosse confine tra la percezione della vita reale, specchio dell’arte, e la dimensione sensibile di quest’ultima. Gli altri spazi dell’Hangar sono attualmente occupati da due grandi temporanee che vedono protagonisti
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Philippe Parreno Another Day with Another Sun (2014) (In collaboration with Liam Gillick) Courtesy of the Artist; Pilar Corrias Gallery; Gladstone Gallery,; Esther Schipper; Fondazione HangarBicocca, Milan Photo: ©Andrea Rossetti
Philippe Parreno (Algeria, 1964) con Hypothesis (22 ottobre-14 febbraio 2016). Prima antologica dell’artista in Italia in cui, attraverso una serie di eventi che si svolgono in successione viene coinvolto il pubblico, affascinato e reso parte dell’opera stessa; Petrit Halilaj (Kosovo, 1986) con Space Shuttle in the Garden (3 dicembre-13 marzo 2016). Un viaggio attraverso esperienze private e personali dell’artista che nella condivisione diventano veicolo per la conoscenza di sé e del mondo che lo circonda. Non è facile trovare una definizione di Arte che esprima veramente un significato univoco. Rientrano in essa la vita, le persone, le esperienze, i respiri, gli atti, ovvero ciò che rende l’Hangar Bicocca un posto indefinibile. Fondazione Pirelli HangarBicocca Via Chiese 2, 20126 Milano info@hangarbicocca.org
MODA
Cappotti a vestaglia, fringe dress e i colori rosa quarzo e serenity sono i cavalli di battaglia immancabili per il look del 2016
TENDENZE TESSUTI E COLORI per le prossime stagioni di Claudia Piccoli 34
U
na delle principali tendenze per la prossima primavera e la prossima estate è il cappotto a vestaglia, tra i protagonisti delle sfilate di Londra, New York, Milano e Parigi. Trattasi di un trench privo di bottoni e cuciture, da portare quindi con la cintura in vita, più stretta se si vuole evidenziare il punto vita, più morbida per un effetto più sobrio. Solitamente fatti in tessuti leggeri, naturali e comodi, questi cappotti cadono come vestaglie buttate casualmente sopra i vestiti, risultando quindi sbarazzini e chic allo stesso tempo. Si prestano infatti a essere indossati sia in pieno giorno sopra jeans e maglietta che per occasioni eleganti e son facilmente abbinabili davvero a tutto. Per un look casual rendono al meglio portati sopra pantaloni a zampa di elefante e con la cintura ben stretta in vita. Perfetti anche in tinte classiche come nero e cammello da accompagnare a t-shirt sportive e jeans, tralasciando di allacciare la cintura, ottenendo così un effetto quasi street style. Per una serata in discoteca sono ideali da portare aperti sopra un tubino corto, naturalmente abbinato a scarpe col tacco, o meglio ancora a cuissardes. Ma come già detto, questo tipo di cappotto è assai versatile e si adatta molto bene anche ad abiti lunghi ed eleganti, e da un tocco agli abiti impero. Altra tendenza che probabilmente spopolerà nel 2016 sono le frange: lunghe o corte, spesse o sottili, leggere o pesanti, disposte in tante o in poche file. Torna il fringe dress, ma le frange adorneranno un po’ tutto: gilet, giacche, maglie, pantaloni e borse. Le contaminazioni di stile sono diverse, così come i materiali: dalle mantelle stile poncho anni 70, alle frange metallizzate e luccicanti a tema disco-night fino ad abiti modello charleston. Quanto ai colori, il Pantone Color Institute (che ogni anno studia i 10 colori più di tendenza della stagione successiva) ha stabilito che le tinte predominanti nel 2016 saranno principalmente due: il rosa quarzo (Rose Quartz o Pantone 13-1520) e il serenity (Pantone 153919). La massima autorità in fatto di colore ha notato che la gamma cromatica che dominerà i look del 2016 sarà composta da tonalità tenui, chiare e rilassanti, che trasmettono un senso di calma e benessere. Il rosa quarzo è simile al rosa pastello, ma più delicato, il serenity è invece una sorta di azzurro polvere. Facile intuire come entrambe le tinte siano perfette se si vuole optare per abiti leggeri ed eterei, svolazzanti e drappeggiati, in materiali come seta, chiffon e organza.
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VOLA LOW COST RYANAIR.COM
DA PERUGIA
LONDRA STANSTED
DUSSELDORF BRUXELLES
WEEZE
CHARLEROI
PERUGIA
BARCELLONA GIRONA
NUOVA ROTTA!
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CAGLIARI TRAPANI POSTI ASSEGNATI
2O BAGAGLIO A MANO
FAMILY EXTRA
Ph. Enrico Milanesi
ARTE
Vitelli Cannoniera
Importanti opere d'arte custodite nella PINACOTECA DI CITTA’ DI CASTELLO
C
di Noemi Furiani
inta ancora per buoni tratti dalle mura cinquecentesche Città di Castello si distende lungo la valle del Tevere, là dove i Romani avevano stabilito il municipio di Tifernum Tiberinum. La sua Pinacoteca comunale, dopo la Galleria Nazionale dell’Umbria, è il museo umbro più importante: conserva opere che vanno dal 1300 al 1900 a testimonianza delle vicende artistiche e culturali che hanno caratterizzato il territorio tifernate. Nelle oltre trenta sale il visitatore ha la possibilità di cogliere l’immagine di un luogo per lungo tempo crocevia di culture e tradizioni diverse, fra Toscana, Umbria e Marche. Alle grandi opere degli artisti del passato, tra le quali emergono “Il martirio di S. Sebastiano” di Luca Signorelli, lo “Stendardo della SS. Trinità” di Raffaello Sanzio, l’ “Incoronazione
Ghirlandaio
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della Vergine” di Domenico Ghirlandaio, recentemente si è aggiunta la collezione Ruggieri che offre la possibilità di ammirare opere di artisti del ‘900 tra cui “Marina” di Carlo Carrà, una “Natura morta” di Renato Guttuso, “Gruppo in osteria” di Mario Mafai. É nel Rinascimento che Città di Castello conobbe il suo massimo splendore, sotto la signoria dei Vitelli e grazie al suo mecenatismo la città divenne un angolo di Toscana in terra umbra per lo stile architettonico delle dimore e dei palazzi, chiaramente ispirati al gusto fiorentino. In segno di ringraziamento i più grandi tesori in città, sono oggi conservati proprio in uno dei cinque palazzi che la famiglia eresse a Città di Castello, Palazzo Vitelli alla Cannoniera, chiamato così perché costruito nei pressi di una fonderia di cannoni, caratterizzato dalle bellissime decorazioni a graffito della facciata eseguite da Cristofano Gherardi su disegno del Vasari. Quello che colpisce passeggiando fra i capolavori della Pinacoteca è che il linguaggio figurativo di Luca Signorelli fu predominante nell’alta Valle del Tevere. L’affermazione della cultura signorelliana, che si radica profondamente anche per una sorta di affinità elettiva della zona con il confinante mondo toscano, trova una plausibile spiegazione nella contemporanea assenza dallo stesso territorio dell’altro grande polo figurativo del momento, la pittura del Perugino. La cosa singolare è che l’ambiente artistico tifernate restò fedele all’impronta del Signorelli anche dopo la parentesi
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Ph. Enrico Milanesi
La città tifernate, un piccolo lembo di terra umbra, offre un grande patrimonio artistico
raffaellesca che dipinse per chiese e committenti di Città di Castello ben quattro capolavori tra cui lo “Sposalizio della Vergine” oggi conservato a Brera. Anzi è provato che lo stesso Raffaello nel portare avanti le commissioni di Città di Castello si avvicinò alla pittura del Signorelli studiando il “Martirio di S. Sebastiano” mentre dipingeva lo “Stendardo processionale della SS. Trinità”. Lo si vede dal disegno preparatorio del Dio Padre conservato ad Oxford, nel quale Raffaello si divertì anche a copiare l’arciere del cortonese. Bisognerà attendere la pittura di un artista originario di S. Sepolcro, Raffaellino del Colle, operante a Città di Castello intorno alla prima metà del XVI secolo, per assistere ad una penetrazione di cultura raffaellesca nell’Alta Valle del Tevere. Una delle migliori prove dell’artista per Città di Castello è l’ “Annunciazione” proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie, dove però la grazia raffaellesca è già mediata da elaborazioni manieristiche alla Giulio Romano. In un’opera più tarda dell’artista, la “Deposizione”, altro grande capolavoro del museo, si percepisce già una tensione misurata di affezione michelangiolesca. Passando attraverso il luminoso loggiato di Palazzo Vitelli si fa un salto nei secoli e si arriva alla sezione moderna del museo dedicata alle opere di scultura di Elmo Palazzi (1871 -1915) e di Bruno Bartoccini (1910 -2001) che fece della figura femminile la sua fonte d’ispirazione, resa nei suoi piccoli gesti quotidiani, stante o in movimento.
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ARTE
LA FABBRICA DEL VAPORE l’energia del futuro che muove la locomotiva della cultura di Gianluca Gramolazzi - OUT44 - Accademia di Belle Arti di Brera
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pochi passi dalla nuova piazza Gae Aulenti, al confine della Chinatown milanese, si trova un luogo dove la tradizione industriale si coniuga con la cultura giovanile: la Fabbrica del Vapore. Il curioso nome deriva dalla maggiore attività svolta nello spazio, ovvero la creazione,
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riparazione e vendita di materiale ferroviario, ad opera della società Carminati Toselli, iniziata il 26 gennaio 1899. Il vapore, quindi, è stato sia il motore che il fine delle attività svolte all’interno dello spazio. Cessata l’attività metalmeccanica nel 1935, lo spazio passò di attività in attività e progressivamente cadde in disuso, mantenendo la bellezza architettonica
delle industrie costruite agli inizi del Novecento. L’opera di ristrutturazione, iniziata nel 1999 e terminata nel 2010, aveva come scopo quello di creare un polo nel quale potessero esprimersi e si potessero coltivare le potenzialità artistiche, culturali e produttive dei giovani. Il progetto voleva che la Fabbrica del Vapore diventasse un grande laboratorio volto alla ricerca di nuovi linguaggi e un centro attivo e dinamico sia di ritrovo che di scambio tra
persone provenienti da tutto il mondo, essendo inserito nei circuiti internazionali. Al suo interno coabitano 14 laboratori differenti, che affrontano tematiche e pratiche diverse. Troviamo l’Accademia del gioco dimenticato, un laboratorio per bambini; A.I.A.C.E. Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai che lavora con il cinema attraverso workshop e attività, tra cui l’iniziativa cinema senza frontiere, grazie alla quale
vengono rese fruibili le pellicole anche a non vedenti e non udenti e Mascherenere, un’associazione teatrale con il fine di far coabitare tradizione africana e italiana. In particolare Careof è un forte promotore dell’arte, crea progetti rivolti ai giovani, residenze artistiche e curatoriali a livello internazionale, dando la possibilità di accedere al proprio archivio video. A gennaio Careof avvia il workshop per ArteVisione2016, che coinvolge Adrian Paci e diversi professionisti del mondo del cinema e della televisione. Il workshop è rivolto ai 10 finalisti del progetto Artevisione2016, un bando per la produzione di opere video in collaborazione con Sky, che si rivolge ad artisti italiani under 30. Un grande calore, una grande passione motivano le associazioni a ideare progetti e iniziative giovanili, creando una sempre più grande nube di vapore, che diventerà energia per il futuro, proprio come lo era l’energia che muoveva le locomotive della società Carminati Toselli.
Numerosi sono i laboratori che coabitano in questo ex edificio industriale dove si fondono la ricerca di nuovi linguaggi e lo scambio di stimolanti idee provenienti da tutto il mondo
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ARTE
Grazie a un sensibile intervento di ristrutturazione, il castello ha riacquisito nuova linfa, carisma e fascino coniugando la memoria di un nobile passato all’espressività del linguaggio contemporaneo Maurizio Cattelan,Novecento, 1997
CASTELLO DI RIVOLI da residenza sabauda a museo di arte contemporanea
A
di Giulio Siena
ttestato per la prima volta nel 1159, in un diploma con il quale l’imperatore svevo Federico I Barbarossa della famiglia Hohenstaufen cedeva i territori rivolesi ai vescovi di Torino, il castello di proprietà dei Savoia dal 1247, nonostante i numerosi progetti non riuscì mai ad essere completato. Data la posizione vantaggiosa per il controllo dei territori conquistati, il castello fu dapprima sede della corte del ducato sabaudo
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Castello di Rivoli
e nel ‘600 coinvolto in un ambizioso progetto di trasformazione in sontuosa dimora per volontà di Carlo Emanuele I che convocò a corte il Vittozzi e poi Carlo e Amedeo di Castellamonte. È In questo periodo che si attesta la realizzazione della suggestiva “Manica Lunga” di oltre 140metri, destinata ad ospitare la pinacoteca dei Savoia. Successivamente fu Vittorio Amedeo II nel ‘700 ad affidare invece all’architetto siciliano Filippo Juvarra l’incarico per un nuovo disegno del palazzo ma mai compiuto integralmente. Ceduto a metà dell’800 al Comune di Rivoli fu poi destinato ad alloggio per le guarnigioni militari. Si deve aspettare il 1978 con l’incarico assegnato all’ Arch. Andrea Bruno affinché il palazzo beneficiasse di un’imponente opera di risanamento, consolidamento e di trasformazione necessaria per le nuove attività. Un sensibile e raffinato intervento che ha permesso un dialogo vivo tra il fascino della memoria e il carisma della contemporaneità restituendo dignità e nuova linfa al castello. Costituitasi nel 1984 la collezione permanente del museo di arte contemporanea del Castello di
museo offre come tratto distintivo l’interesse ai molteplici linguaggi espressivi del contemporaneo: dall’Arte Povera al Transavanguardia, Minimal art, Body art, Land Art fino alle più recenti tendenze internazionali. Si annoverano opere di artisti del calibro di Sol Lewitt, Pistoletto, Cattelan, Beecroft ed esponenti della nuova generazione. Infine alcune sale del museo sono dedicate alla pubblicità con manifesti e bozzetti dagli anni ’30 e spot televisivi. Poliedrico é il raggio d’azione del museo che include inoltre rappresentazioni teatrali, concerti, rassegne cinematografiche e cicli di incontri dedicate anche ad altre discipline artistiche quali la letteratura e la musica. Dal 2001 la Galleria civica d’arte moderna GAM e il museo del castello di Rivoli collaborano in un’ottica di complementarità. È Carolyn ChristovBakargiev (Ridgewood, New Jersey, 1957), tra i più accreditati curatori di arte contemporanea a livello internazionale, il nuovo direttore unico di GAM e Castello di Rivoli. Così Patrizia Asproni, presidente Fondazione Torino Musei: “La sua professionalità, la sua esperienza e l’indiscussa autorevolezza
Richard Long,Romulus Circle, 1994
Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967
Rivoli, con centinaia di opere e artisti, documenta lo sviluppo dell’arte contemporanea dagli anni Sessanta ad oggi con il desiderio di stimolare e promuovere la sperimentazione e la lettura del linguaggio espressivo contemporaneo. Costantemente arricchita con nuove acquisizioni, donazioni, prestiti e grazie al supporto della Regione Piemonte, Fondazione CRT, Città di Torino e Unicredit, il
maturate in contesti internazionali di grande prestigio saranno le fondamenta su cui si costruirà un nuovo percorso che porterà GAM e Castello di Rivoli a diventare uno tra i più importanti poli d’arte moderna e contemporanea internazionali”. È sempre la memoria ad essere la misura per l’avvenire ma senza l’ossigeno del rinnovamento si rischia l’asfissia.
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DISCOVERY
MANTOVA tra nani, ramarri e labirinti d’amore di Francesco Colamartino
“F
orse che sì forse che no”: un enigma in un labirinto. Se si vuole provare a capire Mantova, bisogna partire proprio da ciò che sembra impossibile capire: l’amore. E per farlo, basta incominciare alzando la testa verso il soffitto dell’appartamento del duca Vincenzo I Gonzaga nel Palazzo Ducale della città. Il cosiddetto “soffitto del Labirinto” si trovava in origine nel Palazzo di San Sebastiano e fu realizzato ai tempi di Isabella d’Este e Francesco II Gonzaga, i bisnonni di Vincenzo. Isabella era un’anima in pena alla ricerca di un amore che rischiava di condurla alla perdizione e nulla poteva rappresentare il suo groviglio interiore meglio di un labirinto. Il motto “Forse che sì forse che no” avvolto tra le sue spire è tratto da una “frottola
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amorosa”, una canzone d’amore di Marchetto Cara, compositore veronese alla corte dei Gonzaga, dove il “forse” racchiude la logorante indeterminatezza che lascia l’amante pendere eternamente dalle labbra dell’amata. Nella Mantova dei Gonzaga l’amore non viene mai nominato, eppure permea di sé ogni luogo sotto mentite spoglie. Come quelle del ramarro, che “si arrampica” dappertutto sulle pareti delle stanze di Palazzo Te – costruito nella prima metà del Cinquecento da Federico II Gonzaga, figlio di Isabella e come lei tormentato da pene amorose – affinché servisse al duca da esempio: l’animale si credeva fosse immune al fuoco e ad esso Federico, che invece ardeva d’un fuoco d’amore, fece affiancare il motto quod huic deest me torquet, “ciò che manca a costui mi tormenta”. Mantova non è però solo il luogo del
La città dei Gonzaga è disseminata di simboli e percorsi esoterici, che vanno dal sangue di Cristo all’orologio zodiacale
calvario amoroso dei Gonzaga. Qui, nella Basilica di Sant’Andrea in Piazza Mantegna, ritroviamo uno dei tanti Graal sparsi sul territorio italiano. Si tratta del presunto sangue di Cristo, che secondo la leggenda fu raccolto da San Longino (il centurione che trafisse il costato del figlio di Dio sulla Croce) e conservato in due vasi d’oro nella cripta della chiesa realizzata da Leon Battista Alberti a partire dal 1472, la quale sorge sul luogo esatto in cui il santo (le cui presunte ossa sono oggi conservate in una cappella dello stesso luogo sacro) seppellì la reliquia nel 36 d.C. Non doveva tanto trattarsi di un mistero, però, se nell’804 d.C. fu Carlo Magno in persona a scomodarsi per scendere a Mantova, convocare Papa Leone III, fargli “autenticare” la reliquia ed elevare la città a sede vescovile. Il Venerdì Santo di ogni anno il reliquiario viene
aperto con un meccanismo che prevede l’impiego contemporaneo di dodici chiavi, detenute da dodici diversi rappresentanti della società civile e religiosa della città. Per cui, se manca anche uno solo dei dodici, la serratura non si apre. Ma a Mantova, quando si pensa che tutti i misteri siano stati risolti, ce n’è sempre un altro in agguato dietro l’angolo, come i frammenti di affreschi e le sinopie del Pisanello nel Palazzo Ducale che raffigurano scene cavalleresche ispirate ad Artù e alla Tavola Rotonda o l’“Appartamento dei Nani di Corte”, sempre nello stesso edificio, dove ogni particolare è stato studiato in scala ridotta in base a una ricostruzione simbolica e iniziatica. E per finire, la quattrocentesca Torre dell’Orologio, che insieme all’orario indica le fasi lunari e la posizione del sole nel segno zodiacale del mese corrente.
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DISCOVERY
La CAMERA DELLE MERAVIGLIE spicca tra le stanze nascoste di Palermo di Paola Faillace
C
amminando per Palermo si resta colpiti dalla presenza di vari stili architettonici: il liberty, il barocco, il romanico, le influenze arabo normanne. L’insieme è kitsch perché questi stili diversi non sono smorzati o divisi in quartieri, ma sono giustapposti, hanno imparato a coesistere. Accanto a un mercato sorge una chiesa, un venditore ambulante, un teatro, ma anche palazzi disabitati lasciati all’incuria. Questo aspetto di Palermo, che abitua lo sguardo
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In un capoluogo siciliano caratterizzato da stili architettonici sovrapposti trasudano contaminazioni culturali che si esprimono celatamente all’interno di palazzi storici
alla simultanea presenza di contaminazioni culturali, spinge a chiedersi cosa si nasconde all’interno di questi palazzi storici. Come la sua città i palazzi e le stanze di Palermo nascondono storie, più o meno variegate, ma allo stesso tempo interessanti. Entrando nel palazzo al numero 239 di via Porta di Castro è emerso un altro dei misteri di Palermo: una stanza esoterica araba che sembra uscita dalle mille e una notte. La stanza dei decori arabi, conosciuta anche come “camera delle meraviglie”, è stata scoperta in un’abitazione privata dal restauratore Franco Fazio, che sotto quattro strati di intonaco ha riportato alla luce gli affreschi originali che risalgono all’Ottocento. Quattro strati di colore nascondevano dei caratteri arabi dorati su uno sfondo blu cobalto che ricordano la moschea blu di Istanbul. Nonostante inizialmente si pensasse a una moschea privata, il ritrovamento ha attratto numerosi iranisti, arabisti, specialisti in lingue orientali e archeologi che hanno condotto delle ricerche per tentare di risolvere il mistero legato alla stanza. Serjoun Karam, Chiara Riminucci-Heine e Sebastian Heine, tre studiosi dell’Ioa, Istituto di Lingue Orientali e Asiatiche dell’Università di Bonn, dopo numerose analisi sono arrivati alla conclusione che si tratti di una “camera magica”, una camera dell’esoterismo: unica testimonianza ritrovata del mondo occulto islamico. Attraverso la ripetizione di una frase e delle “tugra”, due simboli, si trattengono le forze del bene all’interno della stanza. La scritta che si ripete all’infinito non è semplicemente una scritta in arabo, Werner Arnold docente dell’università di Heidelberg è giunto alla conclusione che si tratta di lettere siriache e arabe, che si susseguono senza una logica. Una formula magica contenente elementi dell’ebraico e del siriano, più potente rispetto ad un semplice verso arabo e un rebus per quanto riguarda l’etimologia e il significato di questa scritta. Il numero sette che ricorre nella ripartizione delle scritte, nelle lucerne presenti e nelle misure della stanza rafforza la valenza magica e richiama elementi della massoneria. Il vero uso di questa stanza e lo scopo per cui sono stati affrescate le sue pareti restano un mistero, ma sono anche una testimonianza delle diverse anime di questa città che riaffiorano ancora oggi con tutta la loro espressività artistica e storica.
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DISCOVERY
La bellezza di ornamenti architettonici, tipici dell’iconologia della scultura romana, presenta interpretazioni ambivalenti e ricche di mistero
Gli ACROBATI DI PIETRA tra Spoleto e Monreale di Claudio Cattuto
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i racconto degli Acrobati di Pietra scolpiti sulla facciata del Duomo di Spoleto. Ne sono venuto a conoscenza mediante la dotta spiegazione di un mio Professore di italiano e latino al Liceo Scientifico di Spoleto, una persona che non dimenticherò mai: Pier Franco Bertazzini. Aveva scelto l’Umbria soprattutto per venire incontro ai bronchi dissestati dall’asma, di uno dei suoi ragazzi, cui il clima e lo smog lombardo creavano non pochi problemi di respirazione. Alto, magrissimo, il viso scavato sotto due zigomi prominenti e mai incline ad un sorriso, incuteva un timore quasi reverenziale. Ma questa era la scorza, sotto alla quale poco a poco scoprimmo delle grandi doti pedagogiche ed umane. Un giorno il professore ci comunicò che aveva ottenuto dal Preside il permesso di condurci a vedere il Duomo di Spoleto. Qualcuno soffocò sotto l’incipiente peluria dei baffi un sorriso sarcastico. Che cosa avrebbe potuto mostrarci quel professore
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venuto dal Nord del nostro Duomo che noi non avessimo già visto mille volte. Comunque l’occasione era ghiotta: meglio una passeggiata in Piazza che una mattina incollati ai banchi. Quattro ore durò quella visita-lezione. Quattro ore e solo per la facciata. Una sorta di miracolo soprattutto se si considera che il tempo trascorse fluidamente, senza che nessuno mostrasse segni di noia o dissenso. E più lui parlava, più cresceva in noi l’ammirazione per quel Maestro che ci proponeva un modo nuovo per capire la bellezza della storia, dell’arte, del pensiero filosofico e religioso che nei secoli aveva generato l’edificio che in quel preciso istante ci sovrastava. Mi sembra ancora di rivederlo, quando ad un certo punto della sua dottissima esposizione si staccò dal gruppo ed arrampicandosi, come un provetto rocciatore, sul leone di pietra ai lati del grande portale, ci indicò un nome inciso nella pietra: Gregorius Melorantius, verosimilmente il nome dello sconosciuto lapicida che ottocento anni prima aveva realizzato quella
Acrobata del capitello del Chiostro dei Benedettini di Monreale
La firma del lapicida Gregorius
meraviglia. Ho ricordato questo episodio per due motivi: il primo per ricordare una figura di insegnante, maestro, educatore appartenente ad una razza in via di estinzione. Il secondo per accennare ad un elemento abbastanza rappresentativo nella iconologia della scultura romanica: l’acrobata. La figura dell’acrobata molto diffusa nella scultura romanica, è rappresentata a Spoleto tra due musici: uno con la cetra, l’altro con la ribeca nell’atto di accompagnare la prestazione ginnica: una verticale aggrappato al girale vegetale (fig.1). Analoga immagine la ritroviamo nel Chiostro dei Benedettini di Monreale (Palermo); si tratta di un acrobata nudo nell’atto di fare una verticale con i piedi appoggiati sul capo (fig.2). La bellezza dell’acrobata è tale che meravigliò Guy de Maupassant a tal punto da fargli scrivere che “getta nello spirito tale tentazione di grazia che vi si vorrebbe restare quasi infinitamente”. Qual è il significato degli acrobati? Probabilmente il significato iconografico non può esimersi
Duomo di Spoleto
dall’ambivalenza della interpretazione. Quella positiva vorrebbe che un’acrobazia felicemente conclusa rappresenta un esorcismo contro le potenze malefiche ed un trionfo sulla morte (non è un caso infatti che tale tipo di esibizione accompagnasse le cerimonie funebri fino al tardo Medioevo). Quella negativa risponde ad una certa “moralizzazione” del giocoliere, trasformato in un simbolo di dannazione e di peccato, specie quello legato alla lussuria. Quale debba essere ritenuta la più veritiera non so. É bello conoscerle entrambe. Rimane il fatto che ogni qual volta transito sotto il portico della Cattedrale spoletina, scatta in me una specie di riflesso Pavloviano che mi spinge a cercare con gli occhi la firma di Gregorius e a ricordare quella remota mattina di cinquant’anni fa. Ma non fermatevi – come tanti turisti ho visto – alla facciata. Varcate una delle tre porte (quella di sinistra sarà fino al prossimo anno la Porta Santa) e fatevi sopraffare dalle meraviglie in esso contenute.
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ARCHITETTURA
DISUSO E RIQUALIFICAZIONE URBANA: dallo scarto al riscatto
Ph. A.P.
di Alessio Proietti
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Riqualificazione area industriale dismessa - Quartiere Rotermann, Tallin - 2009
...lo spazio entro il quale vivremo i prossimi decenni è in gran parte già costruito. Il tema è ora quello di dare senso al futuro attraverso continue modificazioni alla città, al territorio, ai materiali esistenti”, scriveva il prof. Bernardo Secchi in Casabella, nel 1984. Oltre trent’anni dopo, sembra che il futuro al quale si riferiva l’architetto, ingegnere ed urbanista
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milanese, si sia nel frattempo tramutato in presente. Un dibattito questo, che seppur dalla genesi tutt’altro che recente, assume ultimamente anche in Italia sembianze sempre più concrete e coinvolge attivamente un numero crescente di organismi sia pubblici che privati. Si cita RI.U.SO., iniziativa promossa da CNAPPC, ANCE e Legambiente, atta ad incentivare la rigenerazione urbana sostenibile,
Ph. Annalisa Andolina
Ph. A.P. Recupero area portuale dismessa Quartiere Borneo und Sporenburg, Amsterdam - 2000
oppure l’impegno sociale del Senatore Renzo Piano, volto a rammendare le periferie, per recuperare e rivitalizzare questi spazi urbani. Segnali di conferma arrivano da Palazzo Chigi, che nel finale dell’anno appena trascorso aggiunge un altro tassello in merito, adottando misure per favorire interventi di riqualificazione di aree urbane degradate, senza ulteriore consumo di suolo. È evidentemente necessaria una controtendenza rispetto allo spietato utilizzo di territorio inedificato, dettato da mere logiche speculative. Questo non significa ostacolare i processi di espansione della città, ma piuttosto è un appello ad uno sviluppo cosciente e sostenibile, ad una crescita per implosione e non per esplosione. L’attenzione si concentra quindi sull’edificato preesistente che ha perso la propria funzione e che chiama nuova vita. Conventi abbandonati, ex carceri, strutture militari in disuso, vecchie zone portuali, fabbriche o intere aree industriali dismesse a seguito di un progressivo processo di deindustrializzazione delle periferie urbane. Costruire nel costruito è uno degli “slogan” che sintetizza il concetto ed esprime un approccio auspicabile che porta a rivitalizzare l’esistente o
Auditorium Paganini (ex zuccherificio) - Parma - 2001
comunque a trasformare la città solo su aree già oggetto nel tempo di interventi infrastrutturali ed insediativi, ponderando memoria e rinnovamento. Le opere, calibrate a seconda dei casi, potranno portare ad inserire nuove funzioni nell’edificato in luogo di destinazioni d’uso inattuali; potranno prevedere azioni più conservative laddove la qualità dell’edilizia storica lo richieda e le capacità prestazionali dei manufatti lo consentano senza eccessive forzature. In alcuni casi si tratterà di ristrutturazioni, in cui eventuali forme addizionali, tecnologie e materiali del passato dialogano con quelli della contemporaneità senza mimetismi. Ove invece sussista un elevato livello di degrado degli edifici o manchino elementi di interesse per la collettività, ci si orienterà verso una demolizione con o senza ricostruzione, introducendo elementi di qualità urbana progettati in funzione degli abitanti. Che siano singoli episodi architettonici o brani di città, accomunati dalla condizione di scarto urbano causa inutilizzo, chiedono oggi un dignitoso riscatto. Non mancano esempi di best practice. Il territorio ringrazia.
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ARCHITETTURA
Ph. Antonio Quattrone
L’ex teatro ha dato forma ad una galleria il cui percorso museale consente la visione di opere che narrano la storia del Duomo e del Battistero di Firenze
Museo dell'Opera del Duomo, Corridoio dei nomi
Museo dell’Opera del Duomo: un protagonista dietro le quinte di Ilaria Vannini
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lle spalle della cupola del Brunelleschi della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, attraverso un ingresso discreto e non troppo visibile, si accede al nuovo Museo dell’Opera del Duomo, inaugurato nell’ottobre scorso, l’ultima realizzazione dell’architetto Adolfo Natalini, con la collaborazione degli architetti Piero Guicciardini e Marco Magni. Il progetto ha conservato la memoria del gran vuoto del Teatro degli Intrepidi, trasformandolo in uno spazio centrale illuminato dall’alto, nel
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quale le opere ritrovano la stessa luce e talora la stessa posizione per la quale erano state pensate. Il progetto, come un fluido, penetra negli spazi interstiziali generati dall’ex Teatro e dagli altri edifici limitrofi, dando forma ad una galleria, praticamente invisibile dall’esterno. In questo spazio regolare, caratterizzato da luce omogenea ed ombre morbide, è stato collocato un modello al vero dell’antica facciata del Duomo, opera di Arnolfo di Cambio, mentre le sculture maggiori sono state posizionate su dei basamenti, posti di fronte al modello stesso, che ne permettono una lettura facilitata.
Sul lato opposto, tre gallerie su tre livelli differenti si affacciano sullo spettacolare ambiente con la facciata arnolfiana e sono delimitate da una sorta di quinta traforata in marmo bianco statuario, che rievoca il concetto di loggia fiorentina e consente di ospitare le tre porte bronzee del Battistero, poste a piano terra. Queste gallerie laterali, allestite con statue ed elementi decorativi, fungono da tessuto connettivo tra le varie sale che si snodano intorno al fulcro centrale. La presenza importante di materiali, che rievocano la classicità, come il marmo bianco statuario, riprodotto e declinato in modi differenti a seconda delle varie funzioni, genera un ambiente del tutto asettico e leggermente mistico. L’organizzazione del percorso museale, attraverso le opere che narrano la storia del Duomo e del Battistero di Firenze, è stata meticolosamente curata da Monsignor Timothy Verdon.
Opera del Duomo, Sala del Paradiso
Ph. Antonio Quattrone
L’intervento di ampliamento del Museo dell’Opera, oltre ad aver consentito di raddoppiare la superficie espositiva passando dai 2.400 metri quadrati del vecchio museo ai 6.000 metri dell’attuale, rappresenta un grande traguardo per l’architettura contemporanea che, dopo diverse vicende, è riuscita ad insinuarsi nel fitto tessuto urbano del centro storico fiorentino.
Modello dell'antica facciata del Duomo di Firenze di Arnolfo di Cambio, Museo dell'Opera del duomo
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ARCHITETTURA
LA MEDIATECA A CAGLIARI un centro di scambi culturali nel cuore del mediterraneo
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di Anna Paola Olita
a Mediateca del Mediterraneo (Mem) è un polo culturale innovativo che rappresenta un punto di riferimento e di confronto per tutti i cittadini, cagliaritani e non. È un’opera architettonica contemporanea che si estende per 105 metri in lunghezza, 30 in larghezza e 10 metri in altezza. L’interno si presenta come la corte di un palazzo medioevale, con piccoli rialzi in pietra per sedersi e muri in vetro trasparente. Esternamente l’edificio è di forte impatto visivo, costituito da mattonelle in cotto alternate a travertino nei primi due livelli, mentre l’ultimo
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livello è caratterizzato da una facciata in ferro. Sul fronte principale è stata realizzata una piazza con giochi architettonici di muri e scale. Aperto il 3 maggio 2011 è composto da aree di accoglienza, spazi commerciali e di distribuzione, aree di formazione, sale convegni e proiezioni e da un laboratorio fotografico; il tutto fruibile da un pubblico vasto ed eterogeneo. Ospita l’archivio storico e la biblioteca generale centrale e di studi sardi. Ha dato vita ad un servizio rinnovato, più adeguato alla ricchezza e all’importanza del patrimonio posseduto, alle esigenze di studio e ricerca e ad una migliore
L’innovativo polo ospita ampi spazi per iniziative dedicate alla cultura, alla formazione, a convegni e alla fotografia
diffusione della conoscenza della memoria storica dei sardi. Alla Mem è attivo il servizio di assistenza alle persone diversamente abili nelle postazioni informatiche dotate di ausili specifici; consiste nell’utilizzo delle apparecchiature dotate di: zoom text (sistema ingrandente); screen reader “jaws”(software dotato di sintesi vocale che trasforma in voce tutto ciò che appare sullo schermo); display braille; “kurzwell” e voice box (software e hardware che consentono la scansione del testo cartaceo e lo trasformano in voce). Per i disabili motori è disponibile un dispositivo ottico per attivare il mouse con la testa; una tastiera compatta e un volta pagine automatico.
Ultimamente è stata allestita una sezione di libri in lingua araba composta da circa 500 testi consultabile a scaffale aperto su storia, usi e costumi, musica, letteratura e poesia. Uno spazio della MEM è stato preso in gestione dalla Cineteca Sarda che spesso organizza incontri culturali con registi di fama nazionale ed internazionale, proiezioni di film e documentari, festival cinematografici, convegni e presentazioni di libri. La Mediateca del Mediterraneo è una struttura all’avanguardia aperta sempre a nuovi stimoli e idee, una perla nel cuore di Cagliari, un punto di riferimento importante per i cittadini isolani.
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La storica dimora ad Albisola, tra archi, capitelli sormontati da vasi e affreschi rappresenta una perla in stile barocco del ponente ligure
VILLA GAVOTTI DELLA ROVERE tra natura, artificio ed eleganza arcadica
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di Jessica Chia
na perla del barocco genovese del primo Seicento. Marmi bianchi macchiati dal tempo. Profumo di siepi e di alloro. Così si presenta Villa Gavotti della Rovere, ubicata ad Albisola superiore, in provincia di Savona, nell’entroterra del ponente ligure. Una storica dimora di villeggiatura che si erge con fierezza in via Francesco Maria Della Rovere. Il suo antico nome era quello di Cà Grande, probabilmente per la sua forma di caseggiato protetto da una torre. L’elegante villa prende in realtà il suo nome attuale da Giulio della Rovere, a
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cui diede i natali, poi divenuto papa Giulio II nel 1503, famoso per essere stato un papa umanista mecenate di Michelangelo e di Bramante. La villa, così come appare oggi ai nostri occhi, è il frutto di un progetto nato secondo i gusti innovativi del secolo dei lumi e portato avanti dalle famiglie Rovere e Gavotti a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. L’originario prospetto mirava a un’opera di bonifica e trasformazione del paesaggio circostante, con l’intento di trasformare il territorio paludoso in un’unità in cui agricoltura, arte e architettura avrebbero dato un nuovo impatto al territorio. Fu così che la villa fu trasformata in uno
VILLA GAVOTTI Raffaello Sanzio Ritratto di Papa Giulio II
dei più esclusivi edifici rococò italiani. L’iniziatore fu Francesco Maria della Rovere che ebbe il merito di edificare nello stile mecenate e illuminato l’edificio attuale, in seguito dimora di villeggiatura della sua famiglia. Le case e le strade adiacenti furono ingentilite da intonaci colorati (di quello che sarà
poi lo stile dei colori liguri) e scanditi da elementi architettonici affrescati in chiaro scuro. Il palazzo, di forma cubica, s’imponeva così sul territorio circostante con i suoi quadrivi agli ingressi, abbelliti da edere, cancelli ed esedre. A testimoniare il gusto illuminato che ispirò il restauro della villa, spicca nei giardini all’italiana, tra le immense scalinate ornate da statue, Ercole in lotta col leone Nemeo, struttura imponente e grottesca, simbolo del trionfo della ragione sulle dottrine religiose. La fontana, detta anche “la peschiera”, si trova nel centro di un palcoscenico silenzioso su cui si affacciano finestre con cornici affrescate da ornamenti chiaro scuro e tinte arancio. Delfini e sirene danzanti gettano zampilli d’acqua nelle fontane marmoree (scultori e scalpellini toscani lavorarono al progetto, così come il marmo fu tutto estratto dalle cave di Carrara). L’eleganza e la preziosità della villa sono testimoniate ancor di più dagli interni che riprendono l’antico modulo arcadico. Gli stucchi, gli archi, i capitelli sormontati da vasi, e gli affreschi simboleggiano il motivo portante delle sale: le quattro stagioni. Un tripudio di maschere, divinità, ninfe e fauni a raccontare il gusto della grazia e del tempo che fugge in questa villa dove la natura può riconciliarsi con l’arte, nell’impronta di un incantevole progetto.
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Situata nelle campagne toscane, l'antica struttura presenta oggi connotati moreschi dal gusto “orientalista”
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CASTELLO DI SAMMEZZANO il non plus ultra
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elle campagne toscane si nasconde un prezioso esempio di architettura moresca: è il Castello di Sammezzano, situato nell’omonima località nei pressi di Leccio (a pochi chilometri da Firenze). Un’architettura suggestiva e nota ai pochi, che vanta secoli di storia, ma che deve la sua unicità agli interventi voluti dal marchese Ferdinando Panciatichi, eclettico esponente della famiglia Ximenes D’Aragona. Ferdinando ereditò
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di Livia Ballan
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la tenuta nell’Ottocento e promosse ingenti opere di rinnovamento dell’antica struttura secondo il gusto “orientalista” in voga in quegli anni. Tra il 1853 ed il 1889, sostenne interventi che trasformarono il vecchio Castello in una villa dai forti connotati moreschi. Sono circa settanta in tutto le sale interne caratterizzate da ornamenti ed intarsi sempre diversi, ai quali si alternano frasi e motti che esprimono l’animo colto del Marchese (non plus ultra è una di queste). Mentre gli ambienti decorati in stile eclettico orientalista, se si considerano anche la cappella e la stanza da bagno, sono quindici. Una ricchezza decorativa che richiama la “Alhambra” di Granada e il “Taj Mahal” indiano. Ferdinando era un uomo eccentrico, un raffinato collezionista ed uno studioso d’arte. Progettò lui stesso gli interventi per il castello e si avvalse delle maestranze locali per la realizzazione dei motivi che ne impreziosiscono ancora oggi le sale. Un mecenate d’altri tempi, al quale dobbiamo un’architettura visionaria, colorata e stravagante, proprio come la personalità di chi l’ha progettata. Un patrimonio dall’inestimabile valore non soltanto architettonico, ma anche paesaggistico: la struttura, infatti, si inserisce in un ampio parco di circa 190 ettari, che ospita rare specie arboree e piante esotiche. Con la morte di Ferdinando, avvenuta nel 1897, il castello cade lentamente nell’oblio, versando per decenni in un totale stato di abbandono. Solo negli anni ’70 viene
riconvertito in struttura ricettiva e trasformato in un hotel di lusso. Nel 1999 viene acquistato da una società italo-inglese con l’intenzione di continuarvi l’attività turistico-ricettiva alla quale il Castello sembrava ormai destinato. Un susseguirsi di problemi finanziari hanno impedito che su questa struttura vi fosse una convincente strategia di riutilizzo ed una concreta operazione di recupero. Al momento il castello è in vendita, messo all’asta per svariati milioni di euro, in attesa che qualche investitore se ne occupi. La struttura risulta inaccessibile, perennemente chiusa al pubblico, fatta eccezione per le aperture straordinarie promosse da un gruppo di tenaci volontari del Comitato “FPXA 1813-2013”. Il Comitato è sorto in occasione del bicentenario della morte del Marchese e porta avanti la sua causa nella speranza che questa gioiello non venga dimenticato. Parallelamente è stata promossa una petizione online attraverso il sito www.change.org. sostenuta dal gruppo “Save Sammezzano Castle” che si rivolge al Comune di Reggello, alla Regione Toscana ed al Ministero dei beni culturali e del turismo, con l’obbiettivo di “tradurre in realtà la naturale vocazione museale del castello di Sammezzano senza che sia sacrificata a fini di puro profitto”. Sottoscrivere la petizione è un piccolo ma importante gesto, non soltanto per preservare la memoria del Marchese Panciatichi ma anche per conservare la sua importante eredità architettonica.
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CASTEL DEL MONTE fortezza dello spirito Ph. V.S.
di Veronica Sonoro
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ei pressi di Andria, su una collina della catena delle Murge Occidentali, spicca Castel del Monte, uno dei monumenti più suggestivi e misteriosi d’Italia. Inserito nel 1996 nel Patrimonio dell’umanità dell’Unesco e conosciuto in tutto il mondo per la caratteristica forma ottagonale, ostenta in modo quasi ossessivo la presenza di un numero, l’otto: ottagonale è la pianta del castello, otto sono le torri ottagonali di ciascun vertice, otto sono le sale presenti nei due piani collegati da scale a chiocciola inserite nelle torri, ottagonale è il cortile, al centro del quale era presente una vasca in marmo, forse simbolo del Santo Graal, anch’essa ottagonale. Una forma fortemente simbolica, in quanto intermediaria tra il quadrato ed il cerchio, rispettivamente simboli della terra e del cielo, dell’imperfezione e della perfezione. Nel complesso confluiscono, in armoniosa simbiosi, elementi di influenza classica, romanica, gotica, normanna ed araba. L’esterno, sobrio, austero quasi
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ermetico, si contrappone alla leggerezza del cortile interno, dove la struttura raggiunge l’apice del pathos: perso ogni contatto con la realtà esterna, l’attenzione è totalmente rivolta all’infinito del cielo. L’accostamento di materiali diversi come la pietra calcarea locale, la breccia corallina, i marmi e l’uso di varie tecniche di lavorazione materica come l’intarsio, creano delle vibrazioni cromatiche e luminose che ben si sposano con i colori della Murgia pugliese. Resta ancora un mistero il reale motivo per cui, Federico II di Svevia, intorno al 1240, abbia dato inizio alla costruzione di questo magico scrigno e numerose sono le ipotesi a riguardo. Nonostante sia comunemente definito “castello”, per la presenza di alcuni caratteri tipici delle architetture fortificate medievali, è privo di mura difensive, fossati ed elementi militari che conferiscano ad esso la funzione di fortezza. Le sue caratteristiche portano ad escludere che potesse essere una dimora di caccia o la sede della corte dell’imperatore. I forti simbolismi che caratterizzano la costruzione, aprono la strada
Ph. V.S. Portale d'accesso al cortile interno
Inserito nel Patrimonio Unesco il castello dalla singolare forma ottagonale, trasuda un forte simbolismo tra elementi di influenza classica, romanica, gotica, normanna ed araba
verso interpretazioni più spirituali che pragmatiche, definendola un luogo delle scienze e del sapere, dove intraprendere un percorso iniziatico che possa purificare lo spirito. Un tempio che, con il suo rigore matematico e scientifico, possa far avvicinare l’essere umano alla perfezione divina. Gli ingegnosi sistemi di canalizzazione e raccolta dell’acqua fanno pensare ad un luogo forse concepito per la rigenerazione dello spirito e per la cura del corpo. Nulla è lasciato al caso, anche la posizione geografica del complesso, perfetto osservatorio astronomico di costellazioni e pianeti, è studiata in modo tale che le ombre delle pareti abbiano precise direzioni nei giorni di solstizio ed equinozio. Il fascino di Castel del Monte consiste proprio nell’inafferrabilità del pensiero alla base della sua realizzazione, che avvolge il complesso architettonico d’un velo di mistero. Qualsiasi sia il motivo della sua esistenza, ci consente oggi di avere a disposizione un’opera unica nel suo genere, sintesi di conoscenze matematiche, geometriche ed astronomiche.
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L’elegante e imponente ABBAZIA di SAN CLEMENTE a CASAURIA
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una compagnia di pellegrini meriggiava nell’atrio bestialmente, sotto il nobilissimo portico eretto dal magnifico Leonate. Ma quei tre archi, intatti, sorgevano di su i capitelli diversi con una eleganza così altera e il sole di settembre dava a quella dolce pietra bionda un’apparenza così preziosa che ambedue, egli e Demetrio, sentivano d’essere al cospetto d’una sovrana bellezza”. Così Gabriele D’Annunzio riporta sulla pagina il ricordo dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, vista in gioventù; e in effetti la sensazione che si avverte trovandosi dinanzi al portale dell’Abbazia è proprio questa: d’essere al cospetto di una costruzione imponente e al tempo stesso elegante, sede di una sacralità che trascende le epoche e passa attraverso secoli e calamità con ostinata fierezza. L’Abbazia sorge nei pressi dell’antico pago romano di Interpromio, e con ogni probabilità il primo sacello fu edificato sui resti del tempio dedicato a Giove Urios (“apportatore di venti”), Casa Urii: da qui deriverebbe il toponimo di Casauria. A
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Ph. S.B.
di Sara Bernabeo
riprova dell’esistenza di un antico tempio romano sul luogo dell’attuale Abbazia è possibile osservare, nella cripta della chiesa, le colonne originarie - allo stato frammentario – utilizzate come pezzi di riuso nella nuova costruzione, secondo la consuetudine alto medievale di servirsi di materiale di spoglio in fase di
Ph. S.B.
Fondata nel 871 dall’Imperatore Ludovico II, l’affascinante storia della Chiesa insieme al suo splendore furono citate anche da Gabriele D’Annunzio che la definì di “una sovrana bellezza”
La cripta
nuova edificazione. La fondazione della chiesa si deve all’Imperatore Lodovico II che nell’871 fece innalzare il monastero come adempimento al voto fatto per essere stato liberato dalla prigionia nel ducato di Benevento. La storia dell’Abbazia di San Clemente è un susseguirsi di calamità naturali, saccheggi e devastazioni ai danni dell’edificio, che tuttavia ha ogni volta beneficiato di ricostruzioni e successive ristrutturazioni: saccheggiata dai Saraceni nel 902 e danneggiata dal terremoto del 990, l’Abbazia risorse dopo l’anno Mille grazie alle donazioni ricevute; ricostruita nel 1025, subì nuovi e gravi danni a causa dei ripetuti attacchi da parte del conte normanno Ugo Malmozzetto tra il 1076 e il 1097. Ancora una volta ristrutturata, l’Abbazia conobbe il suo momento di massimo splendore con l’abate Leonate (1176 - 1182): a lui si deve la costruzione del portico a tre arcate (quella centrale a tutto sesto e le due laterali a sesto acuto), con colonne e capitelli istoriati; nella lunetta del portale centrale è raffigurato San Clemente, mentre l’architrave ritrae la storia della nascita dell’Abbazia. Sulle lunette dei portali sinistro
e destro sono rappresentati rispettivamente San Michele Arcangelo e la Madonna con Bambino. Il maestoso interno dell’Abbazia, a tre navate, è un perfetto esempio di transizione dal romanico al gotico cistercense; a croce latina, si estende per una lunghezza di 48 metri fino all’unica abside semicircolare. Un nuovo terremoto, nel 1348, devastò la chiesa e molti particolari andarono persi. Nel corso dei secoli successivi la storia dell’Abbazia si complica ulteriormente: diventata regio patronato nel 1775, trasformata in alloggio dalle truppe francesi che rubano o bruciano ciò che trovano, la chiesa viene ceduta ai francescani nel 1859. Lasciata dai monaci, l’Abbazia precipita nell’incuria e viene adibita a magazzino e stalla. In questo stato di abbandono la trova lo studioso Pier Luigi Calore: è grazie alla sua sensibilità che il valore storico-artistico della chiesa viene riconosciuto, ed è in seguito ai suoi appelli che, all’inizio del secolo scorso, vengono posti in atto importanti interventi di riparazione che hanno portato, tra le altre cose, al rinvenimento delle mura del chiostro.
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SANTUARIO della MADONNA di CANNETO: una piccola perla dello sconosciuto Molise di Andrea Mastrangelo
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ui si respira la pace. Arte, cultura e spiritualità si fondono in un connubio armonico che diventa il biglietto da vista del Santuario della Madonna di Canneto. Una volta entrati nel perimetro di questo luogo sacro, viene sospeso il tempo presente e si torna indietro in un battito di ciglia, in una realtà benedettina del dodicesimo secolo. Il Santuario sorge su un sito di epoca romana (i resti di una antica domus risalente al I secolo d.c. lo testimoniano) ed è stato edificato da alcuni monaci provenienti da San Vincenzo al Volturno. Il Chronicon Vulturnense riferisce infatti che, nell’anno 706, Gisulfo I,
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duca di Benevento, donò ai monaci una chiesa, distrutta da un incendio, dedicata alla Vergine Maria, presso il fiume Trigno. I religiosi rimasero in loco fino al 1474, anno in cui l’edificio venne abbandonato ed andò in rovina. Il restauro, sotto l’egida dalla Soprintendenza del Molise, partì durante gli anni trenta del Novecento, su volontà del parroco pro-tempore della vicina Roccavivara Don Duilio Lemme. La facciata a spioventi dell’edificio lascia letteralmente a bocca aperta per la sua semplicità, simbolo stesso della vita claustrale. Essa presenta un portale romanico con lunetta a rilievo, nei muri esterni invece sono inseriti lapidi ed iscrizioni romane e medioevali,
Ph. A.M.
Immerso nella natura tipica della valle del Trigno, la struttura religiosa può essere considerata un melting pot tra arte classica, medioevale e moderna
sulla destra domina incontrastata la maestosità della torre campanaria del Trecento, mentre più in basso due leoni stilofori di epoca romana scrutano l’orizzonte fino alle sponde del vicino fiume Trigno. L’interno, diviso in tre navate da colonne sulle quali poggiano capitelli con incisioni molto interessanti, terminano in tre absidi. In quello centrale campeggia splendente la statua lignea della Madonna detta “del sorriso”, risalente al quattordicesimo secolo, che è fulcro e centro di tutte le celebrazioni del Santuario. Altri elementi degni di nota sono l’ambone del 1223 a tre arcate con dei mirabili bassorilievi, il Crocifisso ligneo del Cinquecento e l’altare maggiore alla cui base
risplende un bassorilievo medioevale raffigurante l’ultima cena. Quello che colpisce è innanzitutto la miscela di stili artistici ed architettonici diversi, segno evidente di come, nelle varie epoche e durante i diversi restauri, si sia utilizzato soprattutto materiale di recupero, che ha donato alla struttura un aspetto essenziale ed ordinato, ma allo stesso tempo sublime, simbolo di una sorta di melting pot tra arte classica, medioevale e moderna. Il Santuario della Madonna di Canneto, immerso nella natura tipica della valle del Trigno, è una delle tante piccole perle di un Molise sconosciuto e allo stesso tempo tremendamente affascinante.
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Il viaggio attraverso le piazze d’Italia lungo tutta la nostra penisola, un percorso straordinario e ricco di eccezionalità
Cremona - Piazza Comune
Le PIAZZE D’ITALIA un excursus tra epoche e composizioni suggestive
Torcello
di Alessia Mencaroni
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a piazza, nell’accezione più comune, è costituita da uno spazio aperto, ritagliato all’interno della città. Esiste solo in quanto esiste la città stessa, si ritrova solo nella città, nasce con la città, e la città è tale solo quando produce la piazza come sua componente principale, corrispondente alle funzioni pubbliche più importanti: civiche, religiose, commerciali. E’ dunque un luogo di
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fortissima connotazione. Alla piazza creazione collettiva del Medioevo, subentra quella progettata del Rinascimento e poi la piazza aristocratica del Barocco. In Italia abbiamo esempi tra le piazze più belle del mondo, in quanto rappresentazione di un patrimonio stilistico, architettonico e di civiltà, che si sono stratificati nel corso dei secoli durante la nostra lunga e ricca storia passata. Non solo le piazze maggiori e più famose, ma anche quelle minori e
meno conosciute hanno tutte il fascino e la storia di un passato leggibile nel “colpo d’occhio” di chi entra nello spazio che le “compone”. Ed è proprio tra queste ultime che vi porterà il mio “viaggio” tra le piazze meno note, ma comunque eccezionali di tutta Italia. Il primo periodo in cui nasce il concetto di “piazza” è assolutamente il Medioevo. Di questo periodo è suggestivo menzionare Piazza Grande ad Arezzo, essa si apre nel cuore della città con una caratteristica forma trapezoidale e con una superficie fortemente inclinata di color rosso mattone segnata da fughe bianche; era l’antica Platea Communis, sorta attorno al 1200 che poi fu modificata quando la piazza fu ridotta alle dimensioni attuali con la realizzazione del loggiato Vasariano. I due lati dove sorgono il palazzo delle Logge e il Palazzo dei Tribunali hanno fortemente compromesso l’aspetto Medievale, mentre gli altri due lati conservano, nonostante le alterazioni, il carattere originario con vecchie case dai ballatoi di legno e torri merlate. La piazza oggi è lo scenario della Giostra del Saracino, torneo cavalleresco, nonché set di una delle scene più toccanti della “Vita è bella” di Benigni. Ed è invece di Bevagna, una cittadina remota, fuori dal tempo, il vanto di una piazza d’impensata bellezza, tra le più eccezionali dell’Italia centrale, la piazza Silvestri. Di forma irregolare, pavimentata di lastre di pietra, si presenta con un modesto vano, attorno a cui i monumenti si collocano distesamente in un pittoresco gioco di rapporti volumetrici. Su uno dei lati prospera la chiesa di San. Michele, fronteggiata dalla più piccola chiesa di San. Silvestro, gioiello dell’architettura romanica. Alla sua sinistra, un arcone la collega al palazzo dei Consoli, che con la sua massa compatta avanza nella piazza creando un elemento dinamico. Arriviamo infine vicino a Venezia per trovare Torcello di cui rimane solo questa piazza, tra le più suggestive d’Italia per gli edifici che la cingono e per la presenza, appena intravista tra case ed orti, dello specchio verdeazzurro della laguna. É tra le mete turistiche più frequentate da Venezia e luogo celebrato da letterati e viaggiatori romantici di ogni tempo, qui richiamati dalla magia di un ambiente naturale unico e dalla presenza di monumenti d’arte d’eccezione. Il piano erboso della piazza, di forma irregolare e disseminato di resti marmorei, è limitato da palazzetti tra cui spiccano quello del Consiglio e l’altro dell’Archivio, sedi di un museo; sul lato Sud-Est sorgono la Cattedrale e Santa Fosca.
Perugia - Piazza IV Novembre
Siena - Piazza del campo
Firenze - Piazza Signoria
Arezzo - Piazza Grande
Bevagna - Piazza Silvestri
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BRIEFING CULTURALE
a cura della REDAZIONE
Street Art: una Mostra a Catania
“Memory of the World” Unesco all’Almanacco Barbanera Il Lunario Barbanera di Foligno è stato inserito nel prestigioso “Memory of the World Register” del programma Unesco volto a tutelare e valorizzare il patrimonio documentario dell’Umanità. Il prestigioso riconoscimento pone Barbanera e la sua lunga storia tra le opere da salvaguardare. É in ottima compagnia: tanto per fare qualche nome, l’alfabeto fenicio, la Magna Carta inglese, la sinfonia n.9 di Beethoven, i film dei fratelli Lumière, il Diario di Anna Frank. Insieme al lunario è stata inserita la Collezione degli Almanacchi Barbanera 1762.1962, a supporto del valore culturale dell’iniziativa. Il primo esemplare è stato stampato nel 1762 sotto forma di foglio unico, che nel 1793 si trasformò in un libretto. Da sempre ricco di notizie agricole e consigli pratici è diventato una sorte di Vangelo dei ceti rurali e non solo. É certo che ha contribuito a veicolare e unificare la lingua italiana in momenti in cui lo stivale era diviso in statarelli, ognuno con il propri idiomi e dialetti. Lo hanno amato anche personaggi illustri con Gabriele D’Annunzio che ha definito Barbanera “Il fiore dei tempi e la saggezza della Nazione”.
Dopo la positiva esperienza ad Arezzo ove la street art ha dialogato con le opere di Cimabue, Giotto, Piero della Francesca, Giorgio Vasari, la mostra “Codici Sorgenti” a Catania è il primo evento in Italia per la sua singolarità ed eccezionalità. Si tratta dell’esposizione di oltre 50 artisti che portano la street art a diventare un movimento pittorico globale all’insegna della fruizione della bellezza artistica da parte di tutti. La street art, filiazione della pop art e del cosiddetto graffitismo, a cavallo tra comunità sociale e mondo dell’arte - come la interpreta Emmanuele F.M. Emanuele, curatore della mostra - parte da lontano, da New York anni Ottanta, e dal sottosuolo underground di quella metropoli, ove un gruppo di adolescenti neri ha gettato il seme della nuova arte che dai bassifondi del Bronx si è arrampicata sempre più in alto fino ad occupare spazi museali sempre più vasti. Vedete allora l’immenso murale (alto 30 metri e lungo 64 metri) realizzato da Alexandre Farto sopra otto silos che prospettano sul porto di Catania, rivolto a chi parte e arriva via mare.
Tennis sulle note musicali a Milano Come esiste la danza in ritmo e il nuoto in musica, ora entra in campo il “Tennis on the beat”. È una metodologia di allenamento rivoluzionario che ha spopolato il gotha del tennis internazionale al recente “Symposium professional coach Association” di Milano. Lo ha analizzato, studiato, inventato e diffuso il maestro perugino Fabio Valentini, basato sul principio di resetting tra ritmo interiore del corpo e colpi di racchetta, corsa, movimenti. Una volta riequilibrato con l’allenamento l’intensità del ritmo (abitualmente tranne un metronomo) si passa all’esercizio successivo. Giocare con la musica, che grazie al suo effetto catartico cambia gli stati emozionali e i livelli di performance fisica. Le note musicali aggiungono alla performance fisica il piacere dell’ascolto che rievocati in partita ritrasmettono al tennista le stesse mozioni vissute in allenamento. Alla fine della dimostrazione a Milano, gli addetti al gioco hanno detto a Valentini: “Tu hai aperto un nuovo mondo e a Milano sarai come Galilei che di fronte agli scettici contestava il sistema geocentrico di Tolomeo”.
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Lusso e solidarietà: un binomio in ascesa
Terme alla ribalta all’insegna della cultura “salus per aquam” Da Bormio a S.Pellegrino, da Milano a Torino è un pullulare di recupero o impianto di stabilimenti termali all’insegna della “Salus per aquam” (spa) di romano ricordo. Chi va alla grande in questo buon momento termale è il gruppo Qc Terme dei fratelli Saverio Quadro e Andrea Curzio. Attivo dal 1982 nel settore delle infrastrutture del benessere si è imposto con l’apertura di sei centri termali e quattro hotel con annesso centro benessere registrando 500mila presenze annuali e un fatturato di 55milioni di euro puntando a 100milioni nel 2018. Il gruppo conta 350 dipendenti e si snoda in due segmenti: quello dell’ideazione (l’idea che di pochi diventi patrimonio di molti) e della realizzazione delle strutture che abitualmente sorgono su preesistenti location storiche e ristrutturate ad hoc. Dopo l’apertura in importanti sedi, per il 2016 è prevista l’attivazione di due nuove day spa, puntando per il 2017 all’attivazione di una struttura a New York, a Gosvernor Island con vista su Manhattan. Sono previsti opening in Toscana e Umbria, con centri benessere e punti vendita monomarca di prodotti di fragranze e cosmetici.
C’è un trend positivo anche nella nostra Italia tra pieghe del lusso e manifestazioni di solidarietà. É una scelta culturale che va diffondendosi in vari ambiti di creatività e di bellezza, che vedono know-how e materiali distintivi aziendali rincorrersi in una gara appassionata di solidarietà. Prova eclatante è la gara di stile e di idee per promuovere e sostenere Save the Children e il progetto “Illuminiamo il futuro” con l’intento di far emergere il talento dei bambini nei quartieri marginali delle città italiane. L’iniziativa è del mensile di life style del Sole24ore How to Spend che attraverso 28 interpretazioni di imprese che esprimono le migliori capacità produttive e artigianali di lusso, dalla moda al design, dalla tecnologia all’alta gioielleria, ha organizzato un’asta charity al Mudec di Milano, mettendo in relazione due mondi: il lusso appunto e quello di tanti bambini per i quali è un lusso fare cose normali, come coltivare un talento.
Quando architettura si coniuga con tradizione Dice Stendhal che la bellezza promette felicità. Alcune costruzioni architettoniche la mantengono. É sufficiente guardare Il Labirinto di Masone, l’insieme di edifici che completano il più grande labirinto del mondo commissionato a Franco Maria Ricci e realizzato a Fontanellato nel Parmense dall’architetto Pier Carlo Bontempi. Al centro del labirinto ha realizzato una grande corte contornata da porticati e ampi saloni facilmente agibili. Bontempi, sempre in provincia di Parma, ha realizzato l’Isolato Sant’Anna di Fornovo Taro, nel cui interno è stata ricavata una piazzetta comunicante con il giardino antistante il Municipio. Due tipi di architettura che lontana dalla mode stravaganti del momento, ritornano alla tradizione ove le case somigliano a case, le ville somigliano a ville all’italiana, i palazzi somigliano a palazzi, le piazze ritornano ad essere piazze. Il tutto, secondo la filosofia di Bontempi, per migliorare la nostra vita quotidiano, renderla cioè a misura d’uomo. E Bontempi, con il suo modo architettonico di operare si rifà alla tradizione che evoca perenne umanesimo e angoli vivi della memoria.
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FOOD & WINE
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MARCO GUALTIERI e il concetto di VISIONARY FOOD a cura degli studenti IED
na passione per il food e l’innovazione tutta made in Italy: Marco Gualtieri, ideatore di TicketOne e padre di Seeds&Chips, ci insegna a utilizzare la tecnologia per produrre il cibo in modo efficiente e nel rispetto della sostenibilità. È all’interno del mondo digitale che Marco Gualtieri si prefigge l’obbiettivo di migliorare il modello alimentare globale. Oltre ai diversi progetti nel settore digitale Gualtieri è promotore di Food Valley, un’idea nata con l’intento di creare un luogo di ricerca nel campo agroalimentare. Dottor Gualtieri, ci può dare una definizione, in sintesi, di Food Valley? “Spero che la Food Valley possa essere un ecosistema
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“Spero che la Food Valley possa essere un ecosistema dove si contaminano, dialogano e interagiscono, tutti i soggetti che si occupano e che possono produrre innovazione.” fisico dove si contaminano, dialogano e interagiscono tutti i soggetti che si occupano e che possono produrre innovazione. Un luogo dove è facile potersi
incontrare, parlare, stimolare processi di innovazione e che dialoghi con le start up, le aziende di food e tech, gli investitori e i rappresentanti del mondo della finanza e dell’impresa”. Cosa intende quando nei venticinque punti cita “Il futuro del cibo è l’innovazione” ? Che spazio ha il digitale all’interno della sua visione? “Il digitale gioca un ruolo fondamentale in questo processo di innovazione, è dunque necessariamente presente perché abbraccia molti ambiti di applicazione in tutta la filiera. In assoluto quello più importante, e che è alla base di tutto, è quello della condivisione delle conoscenze. Se dovessimo sintetizzare in una parola qual è la maggiore portata del digitale, è senza dubbio la condivisione delle informazioni e quindi il trasferimento e la condivisione delle conoscenze. Ciò è fondamentale nel processo di innovazione della filiera agroalimentare. Le così dette ‘best practices’ che, se diffuse e conosciute, possono essere applicate e non diventare dei casi isolati ma uno standard”. Quanto spazio e che ruolo avrà l’educazione alimentare delle nuove generazioni nella Food Valley? “L’educazione nel processo formativo è fondamentale. Sicuramente, le nuove generazioni, quindi i cosiddetti ‘millenials’, hanno un vantaggio competitivo in quanto grazie al digitale le informazioni sono molto più diffuse, condivise e condivisibili. Dunque, conoscendo di più si presume ci sia la necessità di sapere di più. L’educazione alimentare è importantissima in quanto siamo fatti di quello che mangiamo; questo è risaputo da migliaia di anni e oggi lo è ancora di più. Grazie alla conoscenza del processo alimentare in tutta la filiera si possono fare delle scelte che non riguardano più solo noi stessi, ma anche la collettività”. La Food Valley rappresenterebbe anche una grande opportunità di lavoro. Quali sono i criteri che utilizzerebbe e le competenze necessarie per selezionare le persone da assumere? “La cosa straordinaria è che le competenze sono vastissime. Quindi, ritornando al discorso educativo e formativo, per chi ha avuto la possibilità di specializzarsi in qualcosa sarà sicuramente un’ opportunità. Quello che poca gente ha capito, è che quando si parla di cibo non si parla solo di un qualcosa di fondamentale per la vita dell’uomo, ma della rappresentanza dell’industria più grande del mondo; quella che genera più lavoro e PIL a livello globale.
Fra dieci anni, sulla terra, ci saranno un miliardo di persone in più. Questo vuol dire che le città (dove si concentrerà l’80% della popolazione globale) per sopravvivere ed essere sostenibili dovranno produrre gran parte del cibo nel proprio territorio. Food Valley coinvolgerà quindi anche l’industria tecnologica, chi si occupa di design, chi si occupa di architettura. Per non nominare i ‘packaging’ che dovranno essere eco-sostenibili e rientrare nel concetto di ‘economia circolare’. Per citare un esempio, prendiamo in considerazione una start up siciliana che seguiamo, Orange Fiber. Come ben sappiamo la Sicilia è il regno degli agrumi per eccellenza. Orange Fiber ha notato quante tonnellate di bucce d’arancia venivano buttate via ed è riuscita a riutilizzarle creando un tessuto con il filamento degli scarti. Questa è l’economia circolare: prodotta l’arancia, nulla viene buttato via. Tra l’altro, con molteplici vantaggi, addirittura hanno dimostrato che il tessuto, attraverso le proprietà dell’agrume, trasferisce vitamina c alla pelle. Parlando in numeri, basti pensare che il 30% del cibo prodotto nel mondo viene sprecato; solo nelle nostre case gettiamo il 40% del cibo comprato: è una follia. Queste sono questioni che al giorno d’oggi non possiamo più permetterci di ignorare. In più (per fortuna), ci saranno circa due miliardi e mezzo di persone che nei prossimi dieci anni consumeranno di più. Il numero avrà particolare incremento nei paesi in via di sviluppo che, giustamente, meritano il diritto di vivere una vita più accettabile. Quindi aumenteranno i consumi e diminuiranno le risorse: bisogna intervenire in tutti i modi possibili. Fondamentali sono l’innovazione, la cultura, e la responsabilità individuale. Bisogna intervenire tenendo ben presente che al giorno d’oggi esistono soluzioni e tecnologie adatte a risolvere questa problematica. La sostenibilità del cibo può essere affrontata con l’utilizzo delle tecnologie. Sono consapevole di avere un’ ambizione altissima, che non è solo mia, ma di tutti”. L’agricoltura biologica é un’ importante strategia per la sostenibilità, quanto saranno tenute in considerazione quest’ultima e le piccole aziende? “Preferisco parlare di agricoltura di precisione piuttosto che di agricoltura biologica. La sostenibilità del mondo non può essere basata sull’agricoltura biologica, però oggi possiamo creare gran parte della produzione agricola vicino a quella biologica tramite l’agricoltura di precisione; ovvero l’utilizzo di tecnologie per intervenire in maniera
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precisa nella produzione agricola, e quindi usare – ad esempio – solo l’acqua richiesta e i pesticidi eventualmente necessari; questo è il futuro, un futuro immediato e non remoto. Mi riferisco sia ai piccoli produttori che alle grandi aziende le quali stanno utilizzando questo tipo di agricoltura e che si sono già rese conto di come il loro investimento stia ritornando. L’agricoltura di precisione non fa solamente bene all’ambiente (utilizzando meno acqua e meno pesticidi) ma anche all’economia. Il concetto di biologico è straordinario, ma purtroppo non ancora realistico, bisogna quindi tentare di avvicinarcisi il più possibile. Grazie alla tecnologia, oggi si può intervenire zolla per zolla, grappolo per grappolo, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Inoltre la tecnologia è fondamentale per la riduzione dell’impatto ambientale sulla produzione agricola ed è anche lo strumento di possibile crescita dei piccoli produttori, che (ad esempio grazie all’uso della rete) possono conoscere, farsi conoscere e vendere i loro prodotti. È dunque uno strumento non solo di conoscenza ma anche di rafforzamento e crescita”. Che ruolo hanno branding, design, comunicazione e cultura del design nella Food Valley? Il progetto globale sarà “thinked in Italy”? “Il design e l’ architettura sono importanti per lo sviluppo di nuovi concetti di innovazione. Il design in particolare ha un impatto importante indirizzato soprattutto verso le filiere agroalimentari. E comunicazione significa condivisione di informazione, di conoscenza, e un grande legame tra domanda e offerta. Per quanto riguarda il made
in Italy in alcune aree sicuramente gioca un ruolo chiave e strategico. Il concetto di Food Valley però vuole e deve rimanere aperto: il progetto non si limita a valorizzare il cibo italiano, ma abbraccia anche i problemi di tutto il mondo, come ad esempio il grande continente Africano. Di fatto, nel dossier che abbiamo preparato, abbiamo voluto raccontare che una presenza attiva dell’Italia in questo settore rappresenta un’opportunità geopolitica legata al presente e al futuro del continente africano. Uno degli obiettivi è creare le condizioni, di vita e di prosperità per chi vive in Africa, attraverso la fondazione di imprese sostenibili, soprattutto nell’agricoltura che peraltro è la principale economia del continente”. Quali progressi sono stati fatti nel diritto al cibo e quali saranno le prossime sfide? “Il diritto al cibo, che è senza dubbio un diritto universale, sta entrando nella Costituzione italiana...”. Una persona che l’ha ispirata nel suo lavoro? “Una persona che mi ispira quotidianamente è Kerry Kennedy che porta avanti i valori e l’eredità di suo papà Robert e dello zio JFK per i diritti umani e quindi anche per il diritto al cibo”.
Marco Gualtieri, fondatore Seeds & Chips
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GIRI DEL GUSTO
Il FERRO e la sua CIALDA di Marilena Badolato
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ante storie antropologiche e di vita vissuta segnano la strada del ferro e della cialda, ché le due realtà si intersecano e si imprimono per sempre in una univoca identità. Storie importanti di luoghi diversi e diverse situazioni: le ricette gelosamente custodite, gli scambi con regioni confinanti, i racconti di isolati paesi di montagna dove si parlano ancora antichissimi idiomi che usavano le cialde, i “gofri”, come pane e anche come companatico, o ancora le cialde protagoniste di feste religiose, fidanzamenti e matrimoni. E i ferri da semplici e lisci a ricchissimi, istoriati, a raccontare di famiglie, blasoni e storie araldiche cinquecentesche di illustri cognomi, colori e formule beneauguranti. Il ferro da cialda nasce come ferro liturgico per preparare le ostie nei conventi e oltre a testimoniare la sua origine, questo storico utensile fornisce la più antica attestazione dell’uso eucaristico della particola al posto del pane. Il rito dello “spezzare il pane” era diventato difficoltoso: briciole benedette si potevano perdere, spargere ovunque, e semplici pani potevano
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essere scambiati invece per pani santi, soprattutto da quando i cristiani erano diventati pellegrini di Cristo, difensori e diffusori di una fede che andava attestata con la propria presenza sul posto. Così l’ostia, molto più facile da portare con sè, comincerà ad essere distribuita anche all’esterno, sulla soglia delle chiese, e poiché non era consacrata, poteva diventare un vero e proprio sostentamento durante i lunghi cammini dei pellegrinaggi. Si chiamerà così oblata, dal participio passato del verbo latino offerre, cioè portata innanzi, fuori, donata, un nome che residuerà ad esempio nell’antico francese oublie o in alcuni dialetti, come il milanese che chiama le ostie o cialde obbià (F. Cherubini, Dizionario Milanese-Italiano). Le ostie e le oblate venivano preparate in dimensioni diverse, più grandi o più piccole, e inizialmente con ferri lisci, poi sempre più finemente decorati con simboli liturgici che rimanevano impressi nelle particole. E contemporaneamente, grazie anche ai flussi e spostamenti di popolazioni per motivi migratori, il ferro e le oblate presero nomi diversi derivati da quel reticolo geometrico a nido d’ape delle
piastre, ad attestare che inizialmente quest’ultime venivano consumate proprio con il miele: quello che era oublie diventerà gaufre, che in francese antico significa “nido d’ape”, e in altre zone sarà waffle che in antico germanico aveva lo stesso significato a indicare il favo dell’alveare. Nel momento in cui la sua preparazione non fu più appannaggio esclusivo dei conventi, ma comincerà lentamente a diffondersi in ambienti laicali aristocratici, si passerà a considerane maggiormente la sua forma e il disegno, le qualità e caratteristiche e si iniziò a chiamarla cialda dal latino calidum attraverso il francese chaude: da servire calda, e con la forma e la decorazione esatta di quel ferro che l’aveva creata. Un’emblema, un suggello di un nome e di una casata, come anche l’Araldica del periodo imponeva. A partire dal 1400 il ferro divenne un vero e proprio utensile necessario e prezioso per la preparazione di cialde da servire in importanti ricorrenze come feste e matrimoni ed entrerà addirittura nel “corredo” della sposa. Si creerà insomma la “cialda personalizzata” con incisi stemmi di famiglia, simboli, i nomi dei proprietari e
talvolta quelli dell’incisore. Iniziò così la produzione di ferri di grande pregio artistico, spesso creati da orefici e zecchieri famosi come Rossetti Francesco di Valeriano, detto il Roscetto, del quale si conservano due manufatti esposti nella sala numero 20 della Galleria Nazionale dell’Umbria, da lui “firmati” nel manico, “Rossiectus aurifex me fecit in Perosia” o ancora quelli dei suoi allievi, conservati al Muvit, il Museo del vino di Torgiano, ché il vino era ed è importante ingrediente delle cialde. Ancora oggi, con ricette similari negli ingredienti storici di un tempo, ad attestare la fortuna di queste preparazioni, possiamo assaporare le cialde di Montecatini, le copate senesi, le ferratelle abruzzesi, i gofri dell’Allta Val Chisone e dell’Alta Val Susa o le cialde del paese di Marsciano, di storica carnevalesca tradizione, o quelle di Santa Lucia, con cui la città di Foligno ancora oggi festeggia la santa ricordando il convento che in origine le preparava per la città e quei “santesi” che quel giorno preparano e vendono questa dolce, delicata e beneaugurante prelibatezza ai folignati in festa che amano farsene scambievole regalo.
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AMBIENTE
Il futuro dell’AUTO ELETTRICA di Walter Leti 76
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n inverno anomalo, temperature largamente al di sopra della media, precipitazioni assenti o quasi, l’aria che ristagna. É il regno dello smog, l’infernale alleanza tra fumo e nebbia che inquina le città e insidia l’apparato respiratorio di una popolazione esasperata e indifesa. Le emissioni di gas delle auto sono una concausa non indifferente del fenomeno, anche se non l’unica. Non c’è da meravigliarsi, pertanto, se molti guardano alle auto elettriche come l’alternativa ideale agli attuali 37 milioni di veicoli che circolano in Italia. La soluzione, ineccepibile in teoria, si scontra nella realtà con numerose difficoltà di ordine tecnologico ed economico. La produzione di energia elettrica per l’autotrazione a bordo dei veicoli segue principalmente due strade: l’adozione di batterie chimiche e le celle a combustibile. I primi convenzionali, pesantissimi accumulatori con piombo e acido solforico sono ormai improponibili: presentano infatti problemi insormontabili di autonomia, ricarica, durata e smaltimento. Si tratta di prodotti altamente inquinanti. Si è pensato quindi alle batterie a ioni di litio, una tecnologia largamente in uso nei telefoni cellulari e computer portatili in grado di garantire elevate autonomie e peso contenuto. In questo caso, però, il miglioramento è dovuto al progresso della microelettronica che ha permesso di costruire circuiti con limitato assorbimento elettrico. In realtà la capacità degli accumulatori non è migliorata di molto. L’attenzione dei progettisti si è quindi rivolta alle celle a combustibile, le cui prime applicazioni risalgono alle missioni spaziali. Si tratta di generatori chimici di energia elettrica che sfruttano il principio inverso a quello dell’elettrolisi, in cui la corrente elettrica scinde le molecole di acqua in idrogeno e ossigeno. Nelle “fuel cell”, al contrario, questi due gas si combinano l’uno con l’altro, producendo energia elettrica e liberando acqua. L’utilizzo dell’idrogeno, però, presenta formidabili problemi di produzione, immagazzinamento, distribuzione e sicurezza. Per ottenere questo gas che non esiste libero in natura occorre un dispendio di energia superiore a quanta se ne ricava utilizzandolo. Per di più la sua produzione si realizza mediante l’utilizzo di combustibili fossili, a loro volta inquinanti. Altro problema è il confinamento dell’idrogeno che va immagazzinato a pressioni elevatissime (oltre 300
Soluzioni, ipotesi, costi, nuove tecnologie e prospettive: i prototipi delle vetture a doppio motore dei prossimi decenni bar). I prototipi di auto realizzati con quest’ultima tecnologia funzionano, sono efficienti ma costano un’esagerazione. Ugualmente costose sono le auto utilizzanti le celle a combustione. I costruttori sono pienamente consapevoli del fatto che non si possa cambiare dall’oggi al domani un modello economico planetario basato sull’estrazione, la vendita, la trasformazione di idrocarburi e puntano a un cambiamento molto graduale. Occorre, peraltro, osservare che l’ostacolo dei costi dei motori elettrici non è insormontabile nell’ottica di una economia di scala. La produzione in quantità industriale delle celle a combustione, infatti, ne farebbe certamente diminuire il prezzo fino a livelli concorrenziali con i motori tradizionali. I tempi della rivoluzione sono, per quanto esposto, comprensibilmente lunghi e le case stimano in 20-30 anni la commercializzazione di massa delle nuove tecnologie. Una realtà confortante, comunque, è già disponibile oggi. Parliamo delle vetture cosiddette ibride, spinte cioè da gruppi motopropulsori che abbinano un motore elettrico con uno a combustione interna. Il primo per la marcia in città, con i conseguenti ed evidenti benefici sull’inquinamento metropolitano, il secondo quando si richiedono prestazioni più elevate come in autostrada. I due motori possono lavorare in tandem per offrire più spunto. Dopo il Giappone e gli USA anche i costruttori europei si sono accorti che l’ibrido è un’architettura probabilmente vincente e attualmente sostenibile: bassi consumi, impatto ambientale limitato e addirittura nullo durante la marcia completamente elettrica. Il prezzo d’acquisto è indubbiamente ancora elevato ma si confida, per un futuro abbastanza prossimo, nella citata economia di scala.
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FLORIDA
Il panorama del SETTORE IMMOBILIARE nella metropoli floridense The real ESTATE MARKET in the Floridian metropolis di Francesco Famà
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l settore immobiliare negli Stati Uniti è un fattore fondamentale nell’economia del paese ed uno dei principali propulsori della ripresa economica che dal 2013 ha cominciato a vedere la fine del tunnel dopo la congiuntura negativa dei precedenti anni. Miami è attualmente nel pieno di un nuovo periodo di espansione immobiliare, sottolineato dalle migliaia di gru e cantieri disseminati quasi in tutte le zone della metropoli. Oggi il mercato immobiliare della “Città Magica” si sta assestando su livelli costanti di crescita dei valori, con numerose proprietà acquistate ed una generale crescita delle infrastrutture (l’espansione del porto di Miami con la costruzione del Tunnel e la realizzazione di nuovi musei come il PAMM, per citare alcuni esempi). Un dato da tener in considerazione è che alcune zone hanno una domanda di immobili superiore all’offerta, cosa
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he real estate sector is a crucial aspect in the US economy and one of the main engines for recovering from the global financial crisis. Miami is currently experiencing a moment of great real estate expansion, highlighted by thousands of cranes and construction sites that are seen all around the city. Today, the “Magic City” real estate market is registering constantly growing values, with many properties sold and a general increase in the urban layout (e.g. the expansion of the Miami Port by the creation of its tunnel and the implementation of new museums, like PAMM). Within this scenario, some areas show a demand for real estate that outpace the supply, which is positive since it widens the buyers’ options. Undoubtedly, the current low prices suggest it is a good moment to invest in Miami, but there are few factors that
che allarga le possibilità di scelta degli acquirenti. Indubbiamente, il momento di prezzi ribassati suggerisce che sia una buona scelta investire ora su Miami, ma bisogna comunque ponderare certi fattori non trascurabili. Innanzitutto, il motivo per cui si decide si comprare casa nella metropoli floridense: una saltuaria vacanza implicherebbe la possibilità di decidere la zona senza limiti di alcun genere, se non i propri gusti; al contrario, ragioni professionali o scolastiche vincolerebbero maggiormente la scelta della location migliore. La “Città Magica” è, infatti, caratterizzata da un feroce traffico nelle ore di punta e da mezzi pubblici che non sempre sono in grado di soddisfare le esigenze della popolazione in continuo aumento. Inoltre, è importante considerare che Miami ha quartieri con una spiccata personalità ed ognuno di essi offre uno scenario completamente diverso, sia da
must be pondered before making the decision of whether to buy real estate or not in the Floridian metropolis. First of all, the reason to purchase: a sporadic visit or vacation would broaden the range of chances and options with no limitations. On the other hand, professional and/or educational matters would mainly bind the choice related to the location. Indeed, the “Magic City” is characterized by severe traffic during rush hours and often its public transportation is not able to satisfy the needs of the constantly growing population. Moreover, it is important to keep into account that Miami has very different neighborhoods and each of them offers diverse scenarios in regards to landscapes, activities and future prospects. For instance, Brickell and Downtown represent the areas with the highest concentration of skyscrapers, cultural initiatives, and financial and professional centers. Therefore,
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un punto di vista strutturale che di attività presenti e di prospettive evolutive. Brickell e Downtown, ad esempio, rappresentano le zone di maggior espansione di grattacieli, iniziative culturali, centri finanziari e professionali. Dunque, gli amanti di un panorama tipicamente urbano in acciaio e vetro, dal silenzio costantemente rotto dal ritmo sincopato dei lavori in corso, dovrebbero optare per queste aree. Al contrario, chi preferisse ville con giardini tropicali e zone con meno “vitalità” e/o confusione, dovrebbe spostarsi verso Key Biscayne e, soprattutto, Coral Gables e Coconut Grove. Questi due ultimi quartieri sono, inoltre, sedi di numerose scuole riconosciute a livello internazionale, oltre che di ambasciate (tra cui quella italiana) ed eleganti locali. Per i desiderosi di una vibrante vita notturna e della spiaggia a portata di mano, South Beach, vero epicentro di Miami Beach, è senza dubbio la scelta primaria. Infine, le zone di Wynwood e Design District sono in forte crescita e rivalorizzazione: ideali per trovare delle vere e proprie offerte. A parte il lifestyle e la location, un altro elemento importante su cui è bene decidere oculatamente prima di procedere all’acquisto dell’immobile è quello del cosiddetto “titolo di proprietà”, cioè di quale sia la condizione giuridica (persona fisica o giuridica, italiana o statunitense ecc.) che attesti la proprietà legale del bene immobiliare in questione. La consulenza con un avvocato o di un commercialista specializzato è necessaria poiché eviterebbe spiacevoli sorprese fiscali al momento dell’eventuale rivendita. Miami ha dimostrato di saper risorgere dai momenti di crisi sempre più vitale e moderna e per questo rappresenta oggi una delle mete più gettonate per un investimento immobiliare sia a breve che a lungo termine.
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the lovers of a typical steel-and-glass urban panorama should consider these aforementioned two neighborhoods where the syncopated beat of the numerous construction sites always break the still of the night. On the other hand, the individual who prefers villas and houses with tropical gardens or simply less “chaotic” areas should take into consideration Key Biscayne and especially Coral Gables and Coconut Grove. Many internationally recognized schools as well as embassies (like the Italian one) and elegant lounges characterize these
two latter neighborhoods. Instead, for those who search for a vibrant nightlife and the beach at walking distance, South Beach, the heart of Miami Beach, is definitely the ideal choice. Moreover, Wynwood and Design District are witnessing a great evolution and renovation moment, representing newer areas to find real estate deals. Besides personal lifestyle and location, another factor to keep in mind before buying a property in Miami is determining the legal status of the person who will proceed with the purchase. Hence, the legal advice of a lawyer or a specialized accountant is mandatory. Miami has shown the capacity to recover from each crisis each time more vital and modern and this is why today it represents one of the most attractive destinations in the world to invest both for the short and long term.
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