M A G A Z I N E D I I N F O R M A Z I O N E , C U LT U R A E L I F E S T Y L E
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In copertina DIRETTORE RESPONSABILE Mario Timio VICEDIRETTORE Carlo Timio REDAZIONE CENTRALE Alessio Proietti, Giulio Siena, Noemi Furiani, Alessia Mencaroni, Marilena Badolato, Walter Leti, Elisabetta Bardelli, Elisa Giglio REDAZIONI REGIONALI Piemonte: Margherita Carpinteri Liguria: Jessica Chia Samantha Chia Lombardia: Francesco Colamartino Francesca Fregapane, Elena Ciulla, Stefano Spairani Righi, Manuel Follis Trentino Alto-Adige: Giuseppe Doria Francesco Taufer, Mauro Volpato Veneto: Carolina Bruno Fosca Parisi Toscana: Livia Ballan Ilaria Vannini Umbria: Claudio Cattuto Laura Patricia Barberi, Italo Profice, Alessandro Biscarini Giuliana Spinelli Batta Marche: Elisa Cataluffi Carlo Trecciola, Olga Puccitelli Abruzzo: Sara Bernabeo Maria Concetta Dercole, Davide Gerbasi Campania: Giuseppe Ariano Molise: Andrea Mastrangelo Basilicata: Marco Caldarelli Puglia: Veronica Sonoro Christian Chiarelli Sicilia: Paola Faillace Sardegna: Marina Sotgiu Anna Paola Olita Principato di Monaco: Marinella Cucciardi Miami: Francesco Famà New York: Giovanni Bruna RINGRAZIAMENTI Mariano Di Vaio, Elena Sacco, Davide Dall’Ombra EDITORE Ass. Media Eventi
La cultura, intesa come fonte di valori, identità e senso di cittadinanza, rappresenta un punto di riferimento per garantire benessere, coesione e inclusione sociale. È inoltre un volano per lo sviluppo di coscienza nonché per una sana crescita economica. In una fase di evoluzione dopo un lungo periodo di crisi e di processi turbolenti legati alla globalizzazione e al cambiamento geopolitico, non si può prescindere da un’attenta valutazione sul cambiamento dei bisogni dell'uomo, legandola ai veri valori, che invece restano invariati, e anzi andrebbero riscoperti e rivitalizzati. La scuola e la formazione rappresentano indubbiamente la base per la costruzione e ricostruzione di una comunità che vive e si fonda su valori irrinunciabili e condivisibili. Realizzazione Classe di Design della Comunicazione, Y2-15/16, IED Comunicazione, Milano. Coordinamento Didattico IED Elisa Bergamaschino, Marianna Moller, Cinzia Piloni Direzione Artistica Alessio Proietti
REGISTRAZIONE Tribunale di Perugia n. 35 del 9/12/2011 IMPAGINAZIONE E GRAFICA R!style Project STAMPA Tipografia Pontefelcino Perugia CONTATTI direzione@riflesso.info editore@riflesso.info artdirector@riflesso.info info@riflesso.info SITO WEB www.riflesso.info FACEBOOK Riflesso Magazine
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EDITORIALE
ARCHITETTURA
4 L'altra faccia del terremoto
41 44 46 50 52
PRINCIPATO DI MONACO 6 Monaco Yacht show 2016
COSTA AZZURRA
BORGHI
8 Regates Royales
54 Erice
EVENTI
NATURA
14 La giostra della Quintana
56 La Baia dei tesori 58 Gargano 60 La Gola di Gorropu
AGENDA NEWS
16 Eventi nazionali selezionati
MODA
LABORATORIO DI IDEE
20 Fall trends 24 Il ritorno dello stile bon ton
62 Back to school, back to values 64 Educazione alimentare
ARTE 26 28 30 34
La Stazione marittima di Zaha Hadid Villa Grock Rocca Calascio San Pardo Santissima Annunziata a Firenze
BRIEFING CULTURALE
Casa Testori Luigi Tosti Land Art Giovan Battista Tiepolo
66 Chicche culturali disseminate in Italia
GIRI DEL GUSTO
68 Evoluzione dell'olivicoltura
DISCOVERY
36 Lecco, i Longobardi tra le piramidi 38 Ansano, col cuore... in mano
BENESSERE
72 Il sonno riparatore
AMBIENTE
76 L'esplosione demografica planetaria
DAL MONDO
78 Philadelphia sfida l'Europa sulla cultura
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EDITORIALE
L’ALTRA FACCIA DEL TERREMOTO di Mario Timio
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lcuni amici provengono in auto dal Piemonte. Nel tardo pomeriggio, anche perché stanchi, decidono di trascorrere la notte in un agriturismo umbro precisamente ad Acqua S. Stefano, nel comune di Foligno. La destinazione è Amatrice, l’Hotel Roma, la notte è il 24 Agosto, quella del terribile terremoto. Evitato, forse insieme alla morte, perché stanchi di guidare. Poiché avevano già prenotato, il loro nome non figurava né tra i vivi, né tra i morti del sisma. Tutta la notte sono stati a telefonare ai loro parenti per rassicurarli di essere sopravvissuti solo per un “felice” contrattempo. È questo un episodio controcorrente – certo alimentato da una grande fortuna – del terremoto al confine laziale-umbromarchigiano. In un momento di immane dolore e di morte sparsa ovunque, abbiamo registrato alcuni episodi di vita e di speranza pur tra la tragedia e i danni del sisma. Intanto le vite salvate. Sono 215. Salvataggi operati essenzialmente dai Vigili del Fuoco, che hanno scavato anche con le mani sotto le macerie, in una affannosa corsa contro il tempo. E anche da tanti giovani. Tante storie a lieto fine da portare sempre nel cuore, non solo dei salvati e dei salvatori, ma di tutti. Giovanni, autotrasportatore, rimasto sotto due metri di detriti per dodici ore, poi sono arrivati gli “angeli” salvatori. C’è Alexandra Filotei, attrice, che non se la sentiva proprio di morire nel buio pesto, annusando l’odore del gas. Ha strillato finché poteva, ed è stata liberata. Luca si è liberato da solo scavando con le proprie mani, e scavando ancora ha estratto i suoi parenti. Giorgia e Giulia hanno emozionato il mondo. “She’s alive” fa sapere all’America la Cnn parlando dell’incredibile salvataggio di Giorgia, 4 anni, dopo 17 ore di sepoltura sotto le macerie
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della sua casa a Pescara del Tronto, tra le braccia di un pompiere che tocca il cuore di tutti gli italiani, con il suo nome che è un presagio: Angelo. L’ha trovata tra le braccia della sorella Giulia, 9 anni, morta, forse per proteggerla da brava sorella maggiore. Commuovono le immagini di altri bambini: Leo e Samuele, 4 e 6 anni, salvati da nonna Vitaliana sotto il letto, capaci di guidare i soccorsi con le loro vocine e di scavare con le loro manine. Poi c’è lo straordinario coraggio di Elisabetta, 6 anni, che si è gettata dalla finestra tra le braccia del papà, scampando ai crolli. E che dire di Luigi, cieco, abituato al buio che ha salvato la moglie Ernestina cercata e trovata nell’oscurità dei detriti della loro casa. In questo caso la cecità come dono, la disgrazia come luce in cui il buio è la sua vita e la notte del terremoto è stata la salvezza sua e di Ernestina. Uno sguardo anche a chi facendosi “angelo” come il pompiere Angelo di nome di fatto, si è adoperato per sconfiggere il male sismico. Ci sono quei 16 frati del convento di Rotella (Ascoli Piceno), che con l’energia dei loro anni giovanili, sono veri “angeli” con i sandali, in giro sui luoghi del terremoto, punto di riferimento di tanti persone rimaste senza nulla, accanto a famiglie che hanno perso figli, genitori, nonni. Questi francescani che sono anche muratori (hanno ristrutturato recentemente con le proprie mani il convento ove vivono e che ha resistito al sisma) hanno offerto prestazioni edili, mettendo le mani tra muri crollati e macerie polverose. A tutti gesti e messaggi di vita. Senza saperlo è quanto hanno dato i cani ai terremotati, al fianco dei loro accompagnatori: Soccorso Alpino, Guardia di Finanza, Carabinieri, Protezione Civile. 60 vite salvate e 50 corpi ritrovati in cambio di un pezzetto di wurstel o una pallina. Tanto poco per così tanto.
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PRINCIPATO DI MONACO
IL MONACO YACHT SHOW 2016 SVELA IL SUO CAR DECK di Marinella Cucciardi
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nche quest’anno, dal 28 settembre all’1 ottobre, il Principato accoglierà l’esclusivo Monaco Yacht Show. 34mila partecipanti sono attesi da tutto il mondo: armatori, futuri acquirenti, rappresentanti delle più grandi società di yachting, semplici curiosi venuti per ammirare le ultime tendenze del design navale, le tecnologie e gli accessori più innovatori della nautica di domani. Il Mys offre uno spazio espositivo spettacolare che si rinnova ogni anno e che riflette il successo di un’industria in incredibile espansione, sospinta dai desideri e dalla capacità finanziaria della sua ricca clientela.
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Galactica supernova Heesen Yachts
L’edizione 2016 si estenderà su 20mila m², con 580 tra espositori e partner, 125 superyacht da ammirare, di cui una quarantina di novità assolute in anteprima mondiale. Il 27 settembre, 400 invitati Vip avranno il piacere di godersi la serata d’inaugurazione del Salone, durante la quale saranno attribuiti i premi per la terza edizione del MYS Superyacht Awards, che incorona i re tra gli yacht più grandiosi. Nelle ultime edizioni la totale attenzione dei visitatori era ovviamente catturata dai superyacht esposti nel Port Hercule, mentre nelle strade di Montecarlo si svolgeva un altro spettacolo del lusso, quello offerto dalle vetture di prestigio che di solito
Shamanna Nautor Swan
Dai superyacht alle auto di lusso: la nuova scommessa è quella di trasformare il Mys in un marchio di riferimento non solo per il mondo dello yachting ma anche del lusso ai più alti livelli
MCY 105 Monte Carlo Yachts
Kingdom Come Cecil Wright
Vanish Feadship
Quinta Essentia Admiral
fanno la spola tra il Mys, gli eleganti Hotel e casinò monegaschi per accompagnare la facoltosa clientela dei Vip. Nella logica continuazione della presenza di queste rinomate marche di automobili esclusive al Monaco Yacht Show e del loro sempre più evidente desiderio di associare il loro brand a questo mitico evento, quest’anno gli organizzatori del Salone lanceranno un nuovo spazio espositivo dedicato esclusivamente a veicoli di fascia super-lusso: il Car Deck. Allestito sul Quai Rainier III del Port Hercule, proprio di fronte ai più grandi yacht in esposizione, questo spazio di esclusività offrirà un lounge bar al coperto di 230 m² per accogliere visitatori,
appassionati ed espositori, e all’esterno, una mostra di vetture delle più celebri case automobilistiche disponibili sia per l’acquisto che per una prova mozzafiato nelle mitiche strade dellla città. Il lancio di questa nuova area di esposizione al Monaco Yacht Show fa parte della strategia di sviluppo iniziata dagli organizzatori tre anni fa, per arricchire l’offerta della manifestazione con una serie di proposte per attirare sulle banchine del Port Hercule sempre più nuovi clienti provenienti da tutto il mondo. La scommessa è quella di trasformare il MYS in un marchio, nell’evento imperdibile non solo del mondo dello yachting ma del lusso ai più alti livelli.
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COSTA AZZURRA
REGATES ROYALES E L’IMPERDIBILE TAPPA FINALE A CANNES
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di Marinella Cucciardi
l Circuito Mediterraneo del Panerai Classic Yachts Challenge si svolge in quattro tappe tra Italia e Francia e culmina a Cannes, una delle più prestigiose località della Costa Azzurra, in un evento unico all’insegna dello sport e dell’eleganza, organizzato ogni anno con passione e impegno dallo Yacht Club di Cannes, uno dei più antichi di Francia. Dopo aver toccato Voiles d’Antibes, l’Argentario e Imperia, la regata fa
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La Panerai Classic Yachts Challenge è la manifestazione più prestigiosa ed elegante dedicata a velieri classici e d’epoca in un circuito tra l’Italia e la Francia
la sua tappa conclusiva a Cannes (20-24 Settembre). La Croisette si animerà nuovamente al ritmo della 38esima edizione delle Régates Royales che vedranno sfilare in competizione una flotta di Dragon e yachts classici, alcuni dei quali possono vantare cent’anni di età! Da 11 anni la città del Festival del Cinema è l’appuntamento conclusivo del Panerai Classic Yachts Challenge, vero e proprio
campionato del mondo del yachting classico. Il nome Régates Royales, risalente al 1929, evoca il grande numero di teste coronate che fin dalle prime edizioni della manifestazione parteciparono all’evento con le loro imbarcazioni. L’iniziativa, considerata la più prestigiosa della stagione internazionale delle regate riservate a velieri classici e d’epoca, attira ogni anno da tutto il mondo visitatori, giornalisti, fotografi e i più grandi nomi
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della vela, mentre i partecipanti alla competizione provengono da circa 32 paesi e riuniscono il gota del settore tra proprietari, armatori ed equipaggi. Una festa straordinaria dedicata al mare e ai suoi protagonisti, con più di 150 imbarcazioni tra le più prestigiose dai 10 ai 50 metri, che si contendono la scena marina nel favoloso panorama offerto dalla baia di Cannes e le isole Lerins. Cinque giorni di competizione, in cui questi gioielli spesso centenari, divisi in categorie a seconda delle dimensioni, dell’età e del modello si affronteranno in serrate battaglie, in cui però è sempre il fair play a regnare sovrano. Velieri e paesaggio regaleranno uno spettacolo indimenticabile agli appassionati e non. Lo spirito di questo evento è rappresentato dal Challenge of Challenge, la regata nella regata, una sfida tra due imbarcazioni della stessa categoria che hanno deciso di affrontarsi in mare. Non ci sono premi, o rating e la scelta finale delle regole in mare può essere definita direttamente dagli armatori.
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Non ci sono proteste. Vale solo ed esclusivamente lo spirito da gentleman dei navigatori e vince chi taglia per primo il traguardo. Al termine di ogni tappa del Circuito Mediterraneo del Panerai Classic Yachts Challenge, Officine Panerai consegna un premio ai primi tre classificati nelle classi Vintage, Classic, Big Boats e Spirit of Tradition e un premio speciale Officine Panerai al primo classificato overall di ogni classe.
Al 10 A di via Y. Gagarin, si trova CEMENTO, non un semplice negozio dove avviene la vendita di eccellenze da indossare, ma piuttosto un luogo in cui andare per soddisfare le proprie esigenze estetiche ma anche più intime, in un’atmosfera di solida leggerezza tra materiali messi al servizio di forme innovative, anche modernissime senza dimenticare il binomio imprescindibile di bello e confortevole. CEMENTO nasce dalla volontà di GIULIA, anima della BOUTIQUE-GALLERIA, che come cercatrice di vecchio stampo e con occhi sempre attenti e curiosi, è pronta ad accogliervi nel suo salotto con un generoso bagaglio di competenze trasversali, come trasversale è la gamma di prodotti e marche che vi verranno offerti: SCARPE UOMO, DONNA, BORSE E ACCESSORI, tutti elementi voluti da LEI e dalle sue intuizioni e dall’amore per le sfide oltre all’incrollabile fiducia per le idee dinamiche. Ma il dinamismo si esprime in ogni angolo di CEMENTO, infatti alle pareti e sparsi qua e là, quadri, grafiche, sculture ed installazioni di artisti che da subito abbracciarono questo progetto, fatto di comunicazione e i cui pezzi, più che complementi di un arredo constantemente in evoluzione, sono anche questi alla mercé del cliente-protagonista.
CEMENTO È L’APPRODO IN UNA CITTÀ SCONOSCIUTA O DA COSTRUIRE ANCORA.
EVENTI
LA RIVINCITA DELLA GIOSTRA DELLA QUINTANA di Laura Patricia Barberi
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opo l’emozionante appuntamento de “La Sfida” tenutosi a giugno, il prossimo 17 settembre si celebrerà il Corteo della Quintana, rappresentato da ottocento personaggi in sontuosi abiti barocchi. Apice della manifestazione è il momento della “Rivincita” che si terrà il giorno successivo. L’agonismo della gara, la spettacolarità dei costumi e delle scenografie e l’entusiasmo dei quintanari regalano un evento che rimane nel cuore di chi lo vive. La Quintana si svolge all’aperto, nel centro storico di Foligno. La manifestazione, di ampio successo internazionale, è ispirata alla Giostra realizzata il 10 febbraio 1613 in occasione del Carnevale. Ripresa nel 1946, la gara al Campo consiste nella sfida tra i cavalieri dei 10 rioni, in cui è divisa Foligno, che si contendono il Palio. Tale competizione è una delle più avvincenti e
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Cavaliere di Giostra
difficili che si svolga in Italia e per questo è stata definita l’Olimpiade dei Giochi di Antico Regime. I cavalieri si sfidano cercando di infilare anelli sempre più piccoli, sospesi al braccio di una statua lignea raffigurante il Dio Marte, sulla loro lancia. Il vincitore è il cavaliere che termina il percorso senza penalità e nel minor tempo possibile, ricevendo in premio il Palio. La Sfida e la Rivincita della Giostra della Quintana sono solo l’atto finale di una mobilitazione cittadina che trova la sua raison d’être nell’amore dei folignati per le prestigiose tradizioni della propria città e il desiderio di attrarre visitatori grazie alla magia della grande Festa che permette alla città di riappropriarsi e di mostrare tutto il fascino dei suoi spazi barocchi. Nelle due settimane che precedono la Giostra vengono aperte anche le taverne rionali in cui è possibile degustare i piatti tipici della gastronomia seicentesca.
AGENDA NEWS
a cura di Elisa Giglio
SARZANA (SP) FESTIVAL DELLA MENTE dal 2 al 4 settembre
Tre giornate con 61 relatori italiani e internazionali e 39 appuntamenti tra incontri, workshop, spettacoli e momenti di approfondimento culturale dedicati ai processi creativi, oltre a 22 eventi, 45 con le repliche, dedicati ai bambini e ragazzi. Questo è il Festival della Mente, arrivato alla sua XIII edizione, primo evento europeo dedicato all’indagine delle idee e della creatività. Lo spazio, concetto più che mai attuale, è il filo conduttore di quest’anno, chiedendo a importanti scienziati, umanisti, artisti di interpretarlo. Tra gli ospiti, il filosofo Salvatore Veca e lo scrittore Jonathan Safran Foer.
FIRENZE
TRICASE (LE) SALENTO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL dal 2 al 10 settembre
La festa del cinema indipendente internazionale ritorna dal 2 al 10 settembre per festeggiare i suoi 13 anni. La mission del SIFF è favorire la conoscenza e la diffusione del cinema indipendente, creando un’occasione di confronto tra le produzioni cinematografiche internazionali e nazionali. Nato nel 2004 nel Salento, il Festival internazionale di Cinema è consacrato alla produzione indipendente, una formula innovativa che si caratterizza per l’alta qualità dei contenuti e di un attento lavoro di ricerca sulle espressioni culturali contemporanee. L’evento è organizzato dall’associazione Salento Cinema, con il sostegno della Regione Puglia, della Provincia di Lecce e del Comune di Tricase.
NAPOLI
MONTESILVANO (PE) ABRUZZO MINERAL SHOW dal 3 al 4 settembre
Appuntamento irrinunciabile per gli appassionati e gli studiosi di paleontologia, mineralogia, malacologia, gemmologia e tutto quello che ruota attorno alle scienze naturali. Si tratta dell’Abruzzo Mineral Show, esposizione internazionale, arrivata alla sua undicesima edizione, di fossili, minerali, conchiglie, meteoriti, diamanti, dinosauri, gemme, libri, attrezzature e oggetti legati alle scienze naturali. Si svolge il 3 e il 4 settembre al Palazzo dei Congressi d’Abruzzo a Montesilvano, piccolo centro vicino Pescara.
FIRENZE
MOSTRA “TEMPO REALE E TEMPO DELLA REALTÀ. GLI OROLOGI DI PALAZZO PITTI DAL XVIII AL XX SECOLO” dal 13 settembre all’8 gennaio 2017
FESTIVAL DELL’ORIENTE dal 23 al 25 settembre
MOSTRA “AI WEIWEI. LIBERO” dal 23 settembre al 22 gennaio 2017
Una significativa selezione di ottanta orologi degli oltre duecento, patrimonio di Palazzo Pitti. Singolari oggetti d’arte testimoni del trascorrere dei giorni di coloro che vissero nella reggia fiorentina tra XVIII e XIX secolo. È questa la mostra della Galleria d’arte moderna di Firenze. La scelta degli esemplari permette di apprezzare, sotto le diverse forme di realizzazione, una straordinaria qualità, sia dal punto di vista tecnico scientifico, che da quello prettamente artistico. Singolari strumenti composti di due anime: il meccanismo, spesso sofisticato e complesso, e la cassa che, nata per proteggere il delicato contenuto, si è andata trasformando in vero oggetto d’arte, dotato di un valore proprio.
L’oriente è vicino. Dal 23 al 25 settembre il Festival dell’Oriente torna a Napoli, presso il complesso fieristico Mostra d’Oltremare. Esposizioni fotografiche, bazar, stand commerciali, gastronomia tipica, cerimonie tradizionali, spettacoli folklorisitici, medicine naturali, concerti, danze e arti marziali si alternano nelle numerose aree tematiche dedicate ai vari paesi in un continuo ed avvincente susseguirsi di show, incontri, seminari ed esibizioni. Lasciati trasportare dalla magia delle terre del levante, quali India, Cina, Giappone, Thailandia, Corea del Sud, Indonesia, Malesia, Vietnam, Bangladesh, Mongolia, Nepal, Rajasthan, Sri Lanka, Birmania, Tibet!
Palazzo Strozzi a Firenze ospita la prima grande mostra italiana dedicata a uno dei più celebri e controversi artisti contemporanei: “Ai Weiwei. Libero”. Il palazzo fiorentino viene utilizzato come uno spazio espositivo unitario; una veste nuova per esaltare una delle peculiarità dell’arte di Ai Weiwei, ovvero il rapporto tra tradizione e modernità, con opere storiche e nuove produzioni, che coinvolgono tutto lo spazio, la facciata, il cortile, il piano nobile e la strozzina. L’esposizione propone un percorso tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e fotografie dal forte impatto politico e simbolico, permettendo una totale immersione nel mondo artistico e nella biografia dell’artista.
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FIRENZE
MILANO
MILANO
MOSTRA “I QUATTRO CONTINENTI. ARAZZI FIORENTINI SU CARTONE DI GIOVANNI CAMILLO SAGRESTANI” dal 27 settembre all’8 gennaio 2017
MOSTRA “HOMO SAPIENS. LE NUOVE STORIE DELL’EVOLUZIONE UMANA” dal 30 settembre al 26 febbraio 2017
IF! ITALIANS FESTIVAL dal 6 all’8 ottobre
La Galleria palatina e appartamenti reali espongono quattro bellissimi arazzi riferibili al terzo decennio del Settecento, realizzati su disegno del pittore Giovanni Camillo Sagrestani. Si tratta di una delle più belle serie di panni prodotte dall’arazzeria medicea, firmata dai più abili tessitori che vi erano impiegati all’epoca tra i quali Vittorio Demignot. Raffigurano i quattro continenti resi con bizzarri attributi e fantasiose invenzioni, espressione dell’interpretazione del tempo delle identità culturali e storiche delle terre del mondo. La composizione sontuosa ed elegantissima, degna dei più begli esempi francesi coevi, fu molto apprezzata all’epoca: in particolare il 20 Gennaio 1739 fu impiegata come addobbo cittadino, in occasione dell’ingresso trionfale a Firenze del nuovo granduca Francesco II di Lorena.
Una mostra internazionale, multidisciplinare e interattiva che racconta le storie, le avventure e gli straordinari spostamenti che hanno condotto alla diffusione planetaria dell’uomo moderno. L’esposizione raccoglie ricerche scientifiche di genetisti, linguisti, climatologi e paleoantropologi, per raccontare l’origine del genere umano attraverso lo spazio ed il tempo. Quarta tappa dopo Roma, Trento e Novara, il Mudec - Museo delle Culture di Milano è cornice di questa mostra itinerante, in un’edizione rinnovata e arricchita dai reperti etnografici della collezione permanente.
Si tratta del primo festival italiano della creatività, giunto quest’anno alla sua terza edizione. IF! ha l’ambizione di coinvolgere e far incontrare l’eccellenza creativa italiana e internazionale. Cultura, formazione, networking, innovazione ed entertainment sono i pilastri intorno ai quali ospiti provenienti da tutto il mondo, professionisti affermati della comunicazione creativa, artisti e investitori presentano scenari di riferimento, esempi di innovazione, casi di successo e nuove tendenze. All’interno di un “sistema” che vuole focalizzarsi sulla creatività come elemento chiave del successo di una industry e di un paese che a questa deve agganciare il proprio sviluppo.
MILANO DESIGN FILM FESTIVAL dal 6 al 9 ottobre
MILANO
CORCIANO (PG) CORCIANO CASTELLO DI VINO dal 7 al 9 ottobre
GARGANO (FG)
Quarta edizione per il Milano Design Film Festival, l’atteso appuntamento cinematografico che ogni anno affascina architetti, designer, appassionati della materia, ma anche curiosi in città. Tante le novità in serbo per l’evento che si svolge, come di consueto, all’Anteo SpazioCinema, la multisala nel cuore del distretto di Brera. Incontri, workshop, master class, documentari che parlano di architettura ma anche di moda, di tecnologia e di come il linguaggio abbia subito una grande trasformazione proprio grazie al video. La manifestazione è patrocinata dal Comune di Milano, inserita nella piattaforma Expo in Città e diventata punto di riferimento per il mondo della cultura e del progetto su scala internazionale.
Corciano castello di vino è un evento enogastronomico strutturato come un percorso sensoriale itinerante, che permette al visitatore, acquistando il proprio calice, di degustare gratuitamente i diversi vini di tutte le cantine partecipanti, che, per l’occasione, allestiscono spazi personali, distribuiti per le vie del paese. La manifestazione è arricchita da concerti live, animazioni per bambini, spettacoli teatrali, incontri, convegni, dj set e tanti punti di ristoro, dislocati nel centro storico, con prelibatezze gastronomiche locali. L’obiettivo è quello di sostenere e qualificare il borgo di Corciano (Pg) attraverso la riscoperta e il recupero delle tradizioni vinicole.
Per la sua terza edizione il Gargano Running Week si evolve e diventa il primo grande evento di trail running, trekking e nordic walking d’Italia, presentandosi in una veste nuova, quella di immenso parco giochi per tutte le discipline dell’outdoor. Si corre e si cammina attraversando le tre fasce: costa, campagna e foresta. Due le distanze per il trail: 34 km e 14 km con dislivelli compresi tra i 600 ed i 1700 mt, un mini vertical notturno, un brande raid di trekking diviso in tre stage di 30 km l’uno, che attraversa tutto il Gargano; oltre alla mitica gastro run nei frantoi e corsi di fit walking in paese. Amanti del trail, dello sky, del podismo, del fit o nordic walking, fatevi avanti, questa gara è per voi!
GARGANO RUNNING & TREKKING WEEK dal 7 al 9 ottobre
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AGENDA NEWS
PREMIO ANDREA PARODI dal 13 al 15 ottobre
CAGLIARI
OKTOBERFEST TORINO dal 13 al 23 ottobre
TORINO
PERUGIA
L’unico concorso italiano di world music sta per tornare per il nono anno consecutivo. Le finali si svolgono a Cagliari dal 13 al 15 ottobre, organizzate dalla Fondazione Andrea Parodi e con la direzione artistica di Elena Ledda. Il concorso del Premio intende valorizzare le nuove tendenze nell’ambito della musica dei popoli o world music, ovvero artisti che mescolano la cosiddetta musica folk o etnica con suoni e modelli stilistici di diversa provenienza. I finalisti si esibiscono davanti ad una giuria tecnica, composta da musicisti, cantautori, poeti, e a una critica, presieduta da giornalisti.
Dopo il grande successo dell’anno scorso, la seconda edizione della più grande Bierfest d’Italia all’Oval - Lingotto Fiere del capoluogo piemontese è alle porte. La manifestazione fa vivere l’atmosfera tipica dell’evento bavarese famoso in tutto il mondo e da l’opportunità al pubblico di apprezzare tutto il fascino, il folklore e il carattere di questo grande festival popolare. La birra ufficiale è la Hofbräu Oktoberfest, la stessa che viene servita nel tendone Hofbräuhaus all’Oktobefest di Monaco di Baviera, prodotta dalla birreria Hofbräu solo ed esclusivamente per l’evento. A completare il tutto musica live bavarese e dj set.
“#ConChi?” è il claim scelto per la ventitresima edizione del più grande Festival internazionale dedicato al cioccolato. Eurochocolate 2016 celebra l’era dello sharing chocolate, affacciandosi al mondo della sharing economy, l’economia collaborativa basata sulla condivisione di beni e servizi. Tanti e spettacolari gli eventi a tema, che vanno ad arricchire il calendario della kermesse: sopra tutte l’inedita istallazione in Piazza IV Novembre a Perugia di un maxi selfie stick lungo ben 10 metri, che accoglie una tavoletta realizzata con oltre 6.000 kg di cioccolato e che può essere utilizzata dal pubblico per scattare originali selfie. Le foto sono visibili e condivisibili grazie a un maxi schermo interattivo.
MILANO
TREVISO MOSTRA
SANREMO (IM) RASSEGNA DELLA CANZONE D’AUTORE - PREMIO TENCO 2016 dal 20 al 22 ottobre
MOSTRA “JEAN-MICHEL BASQUIAT” dal 28 ottobre al 26 febbraio 2017
EUROCHOCOLATE dal 14 al 23 ottobre
“STORIA DELL’IMPRESSIONISMO. I GRANDI PROTAGONISTI DA MONET A RENOIR, DA VAN GOGH A GAUGUIN”
dal 29 ottobre al 17 aprile 2017
Un evento pieno di musica ed emozioni, cantanti famosi e premi per la Rassegna della Canzone d’Autore 2016, che si tiene nel Teatro Ariston di Sanremo (Im) ed è organizzata dal Club Tenco. Si tratta di una manifestazione annuale unica in Europa, che ha lo scopo dal 1974 di valorizzare la musica di alta qualità artistica, culturale e tecnica, raccogliendo il messaggio di un grande cantautore italiano, Luigi Tenco, morto suicida nel 1967. Alla rassegna vengono invitati i più interessanti cantanti italiani e stranieri e il “Premio Tenco” viene assegnato a uno o più artisti di livello mondiale che si siano particolarmente distinti nel corso della carriera, e che partecipano all’evento con un breve concerto.
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La mostra di Basquiat al Mudec - Museo delle Culture di Milano è un’occasione per avvicinare il pubblico all’arte del graffito, con le opere dell’artista che, insieme a Keith Haring, ha saputo elevare questo tipo di pittura dalle strade metropolitane ai grandi musei mondiali. Con quasi cento opere provenienti da collezioni private, l’esposizione attraversa la breve ma intensa carriera di Basquiat, che si è conclusa con la morte prematura all’età di soli ventisette anni. La mostra permette di avvicinarsi ad un mondo “scarabocchiato”, a figure che hanno contemporaneamente la spontaneità della strada e il riferimento colto alle avanguardie del Novecento europeo e alla Pop Art americana.
Nel Museo di Santa Caterina a Treviso, in mostra dal 29 ottobre al 17 aprile 2017, centoventi opere, quasi tutti dipinti, ma anche fotografie e incisioni a colori su legno, per raccontare, come mai fatto prima in Italia, le varie storie dell’impressionismo. Tutti i grandi nomi e con lavori fondamentali: da Manet a Degas, da Monet a Renoir, da Pissarro a Sisley, da Seurat a Signac, da Fantin Latour a Toulouse-Lautrec, da Van Gogh a Gauguin. L’esposizione conduce il visitatore a emozionarsi in un percorso tra capolavori che hanno segnato una delle maggiori rivoluzioni nella storia dell’arte di tutti i tempi.
MODA
FALL TRENDS PRESTO NEI VOSTRI ARMADI di Mariano Di Vaio
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ettembre è il mese degli inizi: si torna dalle vacanze, arrivano i primi freddi, le scuole riaprono, e la macchina della società è pronta a tornare in moto a pieni ritmi. L’aria settembrina è frizzante, energizzante, e questo si riflette sempre un po’
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nelle mode e negli armadi. La voglia d’estate non è sparita del tutto (sparisce mai del tutto?), e i colori sgargianti, in contrasto con le tinte fredde della città, si tingono di caldo. Il rosso, l’arancio, il giusto compromesso tra i tramonti estivi e il colore delle foglie in autunno.
BLAZER FANTASIA I blazer sono perfetti per questa stagione: la temperatura è quella giusta, non fa né troppo caldo né troppo freddo, perciò il blazer rappresenta la giacca ideale. Il mio consiglio è averne nell’armadio uno colorato, adatto a rendere estroso anche un look basico composto da maglia e pantalone a tinta unita. Consiglio quelli di Up to One, si trovano su www.nohowstyle.com
SNEAKERS DI PELLE La pelle, in tutte le sue varietà, sarà la protagonista della stagione. In versione eco, un materiale all’avanguardia, oppure classica. Pelle martellata o verniciata, dettagli in cavallino, monocolore oppure double-colored. La mia collezione MDV Shoes le possiede tutte. Sono scarpe adatte ad ogni occasione, perfette persino sotto un abito elegante. Le consiglio proprio per la loro versatilità, caratteristica indispensabile per un buon acquisto. Le trovate online sul mio sito, www.mdvstyle.com, e nei migliori negozi.
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JEANS A VITA ALTA Ebbene si, il Levi’s a vita alta torna a farla da padrone. Abbinato con polo e giacca di jeans, è un pantalone perfetto per interpretare gli anni ’80 con il gusto moderno dei giorni nostri. Una scarpa da tennis, come la Tuscany Sneakers di Nohow, completerà perfettamente il look. Occhio alle misure però: “a vita alta” non significa “pantaloni ascellari”, bensì che arrivino di qualche centimetro sopra i fianchi.
GIACCA DI PELLE In alternativa al blazer, per un look più casual-rock, la giacca di pelle è un must-have autunnale. Si abbina benissimo con t-shirt e maglioncini, jeans strappati e le onnipresenti sneakers. Cos’è una giornata in moto senza giacca di pelle? E' qualcosa a cui non si può rinunciare. Personalmente, adoro fare shopping su Nohowstyle.com perché sono sempre all’avanguardia in fatto di nuove tendenze, perciò non posso che consigliarvi questo e-commerce di moda specializzato nel guardaroba maschile.
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MODA
IL RITORNO DELLO STILE BON TON di Fosca Parisi
La moda del momento è un tributo all’eleganza del passato e al suo stile evergreen
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a grande capacità dello stilista Christian Dior di rimanere evergreen e di influenzare la moda degli anni a venire, si riconferma nelle tendenze di quest’anno. Nei prossimi autunno e inverno, infatti, lo stile di riferimento tornerà a essere quello di Dior e dei suoi anni ‘50, non tanto per i suoi modelli più famosi con la silhouette a vespa o la predilezione per i tessuti sontuosi, bensì per la capacità di impatto visivo giocata sull’eliminazione del superfluo. È proprio quest’ultima caratteristica che ne definisce il carattere bon ton: un’eleganza per signore che non amano gli eccessi. Dello stile Dior oggi si riprendono le linee semplici e pure, con accenni sempre più presenti agli anni venti e trenta. Non è secondaria l’importanza del colore a cui conferisce il compito di vivacizzare un modo di vestire altrimenti eccessivamente
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impegnativo. Questa primavera l’avevamo vista aprirsi inevitabilmente a un tripudio di colori in molteplici gamme e gradazioni, con il rosa protagonista adottato in tutte le sue sfumature dallo shocking al nude, ma anche i prossimi autunno e inverno sceglieranno colori energici e non classici, prediligendo il bianco piuttosto del nero e mantenendo il giallo convertito in sfumature senape o ocra, un colore che quest’anno è quasi d’obbligo: in forme eleganti e bon ton, è adottato nelle vetrine di ogni firma come simbolo dell’eleganza moderna. Chi negherebbe, infatti, l’indubbia capacità della sovrana del Regno Unito, la regina Elisabetta, di essere sempre impeccabile? In più di un’occasione ufficiale ha infatti sfoggiato un completo in perfetto stile bon ton e del colore giallo più sgargiante. Proprio come la regina Elisabetta insegna, la donna di oggi è elegantissima, sempre! Ma anche comoda e sportiva, un connubio
da sempre considerato audace, eppure diventato la quotidianità attuale. Perché non solo l’aspetto conta, ma anche uno stile di vita dinamico e al passo con in tempi: si vedranno allora comode decolleté, possibilmente colorate, abbinate a jeans strappati e camicie di seta o stampate: un connubio trendy e mai scontato. In alternativa, per le fautrici della praticità, ci sono comodissime sneakers assolutamente bianche per dare un punto luce e sdrammatizzare gli abbinamenti eccessivamente seriosi. La donna dei prossimi mesi è quindi una donna sicura di sé, in movimento ma sempre impeccabile, che osa sulle lunghezze e le scollature e sugli accostamenti cromatici: il tutto diventa un gioco di equilibri da imparare a dosare perfettamente per non cadere nel banale o nel pericolosissimo effetto trash, sempre dietro l’angolo. Un consiglio di stile? Attente all’animalier, lo scivolone è quasi sicuro.
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Ph. Andrea Lazzari
ARTE
Ph. Roberto Marossi
Matteo Negri, Splendida villa con giardino, viste incantevoli, 2016
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Casa Testori, uno spazio culturale tra passato e futuro di Francesca Fregapane
Andrea Mastrovito, Family Matters, Easy Come Easy go, 2011 (opera permanente)
na casa con giardino, uno spazio dedicato all’arte e ai suoi linguaggi, tutta da scoprire e da vivere: Casa Testori Associazione Culturale, attualmente presieduta da Carlo Maria Pinardi, si trova a Novate Milanese, comune alle porte di Milano. Nata nel 2010 dall’esigenza di tenere in vita un luogo che fu importante nella vita del Maestro, assunto che si riscontra nelle sue parole: “Quando ho detto che sono nato nel 1923 a Novate, cioè a dire alla periferia di Milano, dove da allora ho sempre vissuto e dove spero di poter vivere sino alla fine, ho detto tutto”. E diceva tutto quando per qualche ragione
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tornava nella sua casa natale a creare, produrre, materiali che, arrivati sino a noi, ci danno la possibilità di poter approfondire una personalità così interessante e sfaccettata. Quando si parla di Giovanni Testori ci riferiamo al Testori scrittore, drammaturgo, pittore, critico d’arte, poeta, regista, attore a cui è impossibile dare una definizione univoca. L’archivio presente all’interno di Casa Testori tutela e conserva la raccolta di tutti gli scritti dell’artista e ne permette la consultazione al pubblico interessato. È una testimonianza pregevole non solo per l’approfondimento della personalità dell’artista ma anche per la ricostruzione di un importante periodo del secolo appena trascorso.
Ph. Roberto Marossi
Sin da giovanissimo fu mosso da un profondo amore per l’arte e quando un artista attirava la sua attenzione comprava tutto ciò che di lui riusciva a trovare. Deve la sua incredibile capacità critica al suo modo di osservare. “Quello che altri scrittori svolgono sui testi letterari, io lo svolgo sui quadri. Le capacità critiche di cui dispongo le ho sempre rivolte, tutte, alla storia dell’arte, così antica che moderna. Il tempo che passo a leggere è inferiore al tempo che passo a guardare e studiare un quadro. Perciò, nei limiti del possibile, ho cercato e cerco di riempirmene la casa. La mia vera biblioteca è appesa ai muri”. L’impegno culturale dell’Associazione è quello di promuovere l’arte attraverso l’individuazione
Ph. Alessandro Frangi
L’Associazione culturale, oltre a facilitare la consultazione delle opere del Maestro, organizza una serie di attività che vanno dalla promozione di eventi, laboratori didattici e visite guidate, all’individuazione di artisti emergenti
Francesco Poroli, Il trionfo delle Ciliegie, tictig, 2015
Ph. Alessandro Frangi
Ph. Alessandro Frangi Massimo Kaufamn, Giardino D’Inverno, Giardini Squisiti, 2014 (opera permanente)
Adolf Rainer, Crux, Giorni Felici, 2011
Mario Schifano, il suo rosario, Giorni Felici, 2012
di artisti emergenti, il cui approccio e linguaggio è in linea con la filosofia della Casa; da qui il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di soggetti culturali che tramite la condivisione creano reti territoriali nazionali. Altre attività quali mostre, eventi, workshop, laboratori didattici, visite guidate, incontri tematici sono usati come concime per diffondere cultura e accrescere il sapere. Una casa le cui finestre si aprono su infiniti mondi tutti da esplorare e condividere, in cui la percezione di atmosfere magiche permette assimilazione di esperienze passate e acquisizione di esperienze nuove in modo del tutto naturale.
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ARTE
Le fiabe marine
Il miglior modo di possedere (all’infinito) la realtà è quello di trasportarla (stabilmente) nei sogni
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ma quando un artista “trasporta per possedereâ€? non lo fa mai solo per se stesso, ma per una pluralitĂ di sognatori. Luigi Tosti sonounafiaba.it
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ARTE
LAND ART: IL GRANDE CRETTO DI BURRI
I
di Paola Faillace
l Grande Cretto di Gibellina è stato ultimato nel 2015 trent’anni dopo l’inizio della sua realizzazione. Il Cretto è un’opera di Alberto Burri e con la sua superficie di oltre 6000 metri quadri rappresenta una delle più estese opere di Land Art al mondo. La Land Art è una forma d’arte che trascende i limiti della pittura e della scultura classiche e supera l’ortodossia del fare arte all’interno degli spazi tradizionali delle gallerie. Nessuna galleria o museo può sostituire uno spazio aperto e le sensazioni che suscita. Nelle opere tradizionali si ha un controllo sull’oggetto, mentre in questo caso
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non basta una visione dall’alto o una fotografia per cogliere la portata dell’opera. È un’esperienza che va vissuta. Nella Land Art è l’oggetto, l’opera, che prende il controllo sulla persona. Il Grande Cretto è un vasto labirinto di cemento bianco che sorge sulle macerie della vecchia città distrutta dal terremoto e ne riprende l’impianto urbanistico: camminare in mezzo ai suoi solchi è calpestare le vecchie strade. Mentre ci si perde all’interno di vicoli tagliati nel cemento, il passato per quanto doloroso riemerge e non può essere ignorato, ma va rispettato e onorato. Burri ha voluto trasformare delle macerie, ricordo di un terremoto, in uno spazio candido, che evoca il
il Grande Cretto ricopre le strade della vecchia Gibellina
Ph. P.F.
Ph. P.F.
In un labirinto di sei ettari nella Valle del Belice è possibile perdersi in una delle opere d’arte ambientale piÚ estesa al mondo
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Ph. P.F.
labirinto dei nostri pensieri quando ci perdiamo nei ricordi. Questa è la forza di tale corrente artistica: mantenersi al di fuori delle logiche del mercato dell’arte, occupare vasti territori, resistere nel tempo e suscitare emozioni sempre diverse in chiunque si trovi in sua presenza. Nel gennaio del ‘68 un terremoto sconvolse la valle del Belice provocò 1.150 vittime, 98.000 senzatetto e sei paesi vennero distrutti tra questi anche il centro storico di Gibellina. Ludovico Corrao allora sindaco di Gibellina lanciò un appello affinché parallelamente al progetto di ricostruzione della città anche gli artisti contribuissero a ridisegnare il territorio urbano inserendo nella nuova città monumenti e teatri: perché la ricostruzione del paese fosse anche una rinascita culturale. Lo spazio del Cretto e il Baglio di Stefano ospitano nel periodo che va da luglio a settembre le Orestiadi un festival internazionale con manifestazioni teatrali concerti e mostre, ideato anch’esso da Corrao. Alberto Burri fu tra gli artisti che decisero di lasciare un segno sulla pianura del Belice. I lavori,
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avviati nel 1985 e interrotti nel 1989, sono stati ultimati per il centenario della nascita di Burri, con il contributo della Regione Sicilia, del Comune di Gibellina e della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello. Una seconda fase dei lavori prevede l’allestimento di un presidio permanente nei pressi del sito e il restauro completo dell’opera. Recentemente si è tenuta presso il Museo Riso di Palermo la mostra “Burri e i Cretti”, nel catalogo il curatore Bruno Corà afferma: «Lo spazio del Cretto obbliga lo sguardo a percorrere le sue fratture come il viandante dentro le vie di una città abbandonata; ha la labirintica struttura della cerebralità e del pensiero che non può approdare. Il Grande Cretto evoca tanto la catastrofe avvenuta quanto l’inestinguibilità della memoria che, pur velando ogni cosa, la evidenzia. Davanti al Grande Cretto di Gibellina si comprende che la forma è una cosa vera, che lo spazio è un pensiero diversamente replicabile e aperto e che l’arte ha il potere di dare senso alle cose, con il più eloquente dei silenzi».
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ARTE
La grandiosità scenografica di Giovan Battista Tiepolo di Carlo Trecciola
Ph. Mario Severini
Il tesoro nascosto nell’Italia sotto al Po, dell’artista più famoso ed autorevole del Settecento
Tiepolo - San Filippo - Camerino
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iovan Battista Tiepolo (1696-1770) è stato definito come l’ultimo dei grandi geni italiani ed è considerato l’artista più famoso ed autorevole di tutto il Settecento. La fantasia, la tensione intellettuale e la creatività compositiva dell’artista veneziano rendono inconfondibile ogni suo lavoro e costituiscono l’ethos della sua arte, che ha stravolto tutta la tradizione pittorica italiana fino ad allora concepita, con la sua idea avanguardista, moderna e futuristica della pittura. Giambattista nacque a Venezia e, formatosi nella bottega di Gregorio Lazzarini, appena adolescente apprese già il gusto per la grandiosità scenografica dei dipinti, in un periodo di transizione che segna il passaggio dall’arte tardo barocca al rococò. Tuttavia risulta errato e riduttivo classificare la sua pittura in uno dei movimenti o delle correnti dell’epoca. La fase storica in cui operò è segnata dalla rovinosa decadenza della Serenissima, che per millenni aveva regnato incontrastata; la sua pittura luminosissima ed aperta era il mezzo con cui i nobili veneziani cercavano di dimenticare l’imminente sfacelo. In questo ambiente cresceva la fama del Tiepolo, che venne chiamato nei più importanti palazzi del nord Italia: iniziò a lavorare ad Udine, realizzando gli spettacolari affreschi nella cappella del Duomo e i monumentali dipinti nel Palazzo e nel Castello Patriarcale, seguirono poi i capolavori di Palazzo Clerici a Milano, dove espresse tutto il suo elevato virtuosismo tecnico e creativo nel celeberrimo affresco Carro del Sole. Continuò la sua attività in numerosissime ville e chiese tra Bergamo e Venezia, poi nel 1750 venne chiamato a Wurzburg, in Germania, dal principe vescovo Carl Philipp Von Greiffenklan per decorare la sua residenza. Proprio a qualche anno prima del soggiorno teutonico risale l’unica opera che il Tiepolo realizzò per una città “al di sotto del Po”. Intorno al 1740 gli
venne commissionata una pala d’altare che doveva ritrarre la Madonna in Gloria col Bambino e San Filippo Neri. Nè Roma, nè Firenze e tantomeno Napoli possono fregiarsi dell’insigne firma del grande pittore veneto. Ebbene l’unica opera “che oltrepassò il Po” è gelosamente custodita a Camerino, nelle Marche. La splendida e storica città ducale universitaria è lo scrigno d’un tesoro inestimabile. Nella chiesa barocca intitolata a San Filippo Neri è ammirabile la magnifica pala di Giovan Battista Tiepolo. Varcando il portone d’ingresso basta fare qualche passo e volgere lo sguardo nella seconda cappella a destra per perdersi completamente nell’emozionante lucore della sensazionale pittura del Tiepolo. La Madonna, rilassata quasi dormiente, regge Gesù Bambino curioso e forse un po’ impaurito alla vista del Santo toscano in genuflessione. L’opera è caratterizzata dal cromatismo inconfondibilmente acceso e delicato del Tiepolo, di cui la nuvola sorretta da un angelo ne esalta la leggerezza. L’orchestrazione delle tinte sortisce un effetto ricco di movimento “che risalta lo stile” elogiandone i giochi di luce e la misura spaziale, quest’ultima di un’altezza vastissima ed ineguagliabile. La superba resa dell’azione dei personaggi sublima la plasticità umana in una perfetta combine coi contorni rapidi, morbidi e sapientemente modellati. Ogni tela del Tiepolo non nasce per la realtà solida e prettamente figurativa del quotidiano: deve stupire, creare sospensione e soprattutto esaltare ai massimi livelli la bellezza. Giambattista Tiepolo, forse per caso, forse per volontà, non compose mai nessuna opera per nessuna città al di sotto del Po, tranne che per Camerino. Sono passati più di 270 anni dalla morte del grande genio italiano del ‘700, ma quelle emozioni impresse sulla tela, sposando tecnica, colori, intuito, forma e bellezza sono tutt’ora vibranti e vivissime.
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DISCOVERY
Lecco, i Longobardi tra le piramidi di Francesco Colamartino San Pietro al Monte
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Piramidi
Bellano
uello di Lecco è un territorio di puro incanto, di quelli che si trovano solo nelle fiabe. Il nostro piccolo viaggio alla scoperta di questa terra ricca di sorprese inizia dall’Orrido di Bellano, una cascata che taglia a metà l’abisso di una gola, sovrastata da quella che le leggende locali hanno battezzato “Casa del Diavolo”. È una torretta costruita a ridosso del fiume Pioverna di cui non si conosce l’origine e la funzione. Di certo il suo nome è legato alle figure mitologiche, fra cui quella di un satiro, che decorano la facciata dell’ultimo
piano. Si dice che al suo interno si svolgessero rituali orgiastici dedicati a Satana e forse non è un caso se all’entrata dell’Orrido, proprio accanto alla Casa del diavolo, si erge la Chiesa dei Santi Nazario e Celso, realizzata tra il XIV e il XVI secolo e costruita forse per esorcizzare un luogo infestato da presenze demoniache. Proseguendo verso il Lago di Annone e inerpicandosi lungo un sentiero roccioso nel fitto del bosco, si sfocia in una radura erbosa dove l’Abbazia romanica di San Pietro al Monte domina il paesaggio alpino. La leggenda narra che proprio qui Adelchi, figlio del re longobardo
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Lungo le rive del lago che fu caro al Manzoni ci si può immergere in un’avventura tra diavolo e acqua santa, con tre piramidi proprio dietro l’angolo Piramidi
Desiderio, inseguì un cinghiale fin dentro una chiesetta durante una battuta di caccia. Nel preciso istante in cui stava per scoccare la freccia contro l’animale, che si era accovacciato davanti all’altare quasi a chiedere protezione a Dio, il principe si ritrovò improvvisamente cieco. Pentitosi del male che stava per compiere e soccorso da un eremita che qui si era ritirato in preghiera, si bagnò gli occhi alla sorgente che sgorgava in prossimità della chiesetta, riacquistando miracolosamente la vista. Re Desiderio, di fronte al miracolo, non solo si convertì al Cristianesimo, ma nel 772 d.C. fece edificare, nei pressi di questa fonte, una grande chiesa e un monastero, recandovi le reliquie dei Santi Pietro e Paolo. A pochi chilometri dall’Abbazia di San Pietro al Monte, nel Parco di Montevecchia a Rovagnate, è possibile imbattersi – e stavolta davvero per caso – in un luogo ancor più denso di mistero. Intorno ci sono solo tre colline, ma che all’osservazione satellitare si rivelano essere qualcosa di molto di più. Base, lati e pendenza di queste strutture geologiche sono identiche e, pur essendo ricoperte di terra e vegetazione, ci si accorge che sono in realtà tre piramidi a gradoni, tutte con stesso orientamento verso est e con un’inclinazione massima di 43-44 gradi. Dopo la scoperta nel 2001, gli studiosi hanno messo in luce come si tratti di strutture artificiali realizzate dalla mano dell’uomo, che in questa zona è presente sin dal 60.000 a.C, tanto
San Pietro al Monte
che il parco è il più antico insediamento preistorico lombardo. Le piramidi avrebbero uno scopo religioso-astronomico e una delle tre sarebbe stata utilizzata dai Celti come osservatorio astronomico intorno al 400-500 a.C. Ma i Celti sarebbero stati solo gli ultimi “utilizzatori” della piramide. Proprio qui, sulla cima, si può notare un muro a secco, unico resto del santuario celtico. Ma la cosa più sbalorditiva è che le tre piramidi sono allineate, con precisione quasi millimetrica, alle tre stelle della cintura di Orione. Insomma, nulla da invidiare all’Egitto.
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DISCOVERY
Ansano col cuore... in mano di Claudio Cattuto
La storia del santo martire, i suoi miracoli, l’evangelizzazione e infine la condanna a morte
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Sant’Ansano
er venti anni, seduto sui primi banchi della Chiesa di Sant’Ansano a Spoleto mi sono trovato faccia a faccia con la grande tela d’altare che effigia, in un vago stile caravaggesco, un giovane seminudo, di bell'aspetto, poco più di una chiazza di luce immersa in un paesaggio tetro, assimilante in maniera imprecisa i volti truci dei suoi aguzzini. Il giovane alza gli occhi e le braccia al cielo dove l’attende un buon Gesù anche lui a braccia spalancate, mentre due angeli scendono dal cielo recando l’uno una corona e l’altro la palma del martirio. Nel 1901 Giuseppe Sordini, illustre archeologo spoletino durante una ripulitura scoprì la firma e poté attribuire l’opera all’urbinate Archita Ricci (1560-1635). Per quanto possa sembrare strano, in tanti anni mai avevo avuto la curiosità di conoscere più da vicino quel santo Martire. In anni recenti appresi che Ansano, (forse da «Antianus», di Anzio,) nacque a Roma verso il 284 da nobile famiglia, figlio del senatore Tranquillino. Venuto a contatto con ambienti cristiani ed aiutato da una
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sua nobile parente, la matrona Massima, conobbe il Vangelo approfondendone le rivoluzionarie verità. Di nascosto si fece battezzare coltivando nel silenzio la nuova fede, finché il padre senatore non scoprì tutto. Tentò di dissuaderlo ma ogni esortazione fu vana. Fin quando, temendo ripercussioni personali, denunciò quel figlio all’imperatore. Condotto insieme a Massima davanti ai giudici, i due furono processati e poi torturati. La povera donna non resse il peso dei nodosi bastoni e morì. Ansano riuscì a evadere dal carcere e dopo una rocambolesca fuga attraverso i monti Cimini, Bagnoregio, Allerona, durante la quale non perse occasione di evangelizzare ed ottenere miracoli fisici e spirituali, raggiunse finalmente Siena. Qui riprese l’apostolato fin quando il proconsole romano Lisia, governatore della città, dopo averlo inutilmente invitato ad adorare gli Dei romani lo fece arrestare e condannare a morte. Riuscì ad uscire illeso dopo l’immersione in un pentolone ripieno di olio bollente e dopo una serie di bastonate inflittegli in vari punti della città a comune monito.
La Pala d’altare della Chiesa di Sant’Ansano, Spoleto
Alla fine, fu condannato alla decapitazione. Era il primo dicembre del 303 e Ansano aveva soltanto 1920 anni d’età. Crescendo la fama dei miracoli da lui compiuti, le città vicine tentarono più volte di trafugarne il corpo, ed allora i senesi decisero di trasportarne la salma in città. Nel 1359 un fulmine ne provocò la parziale combustione ed oggi alla venerazione dei senesi, che lo elessero a loro Patrono, non resta che il braccio destro racchiuso in un bel reliquiario d’argento. A testimoniare il grande culto e la devozione di cui godette come taumaturgo, sorsero numerose chiese e cappelle sia in Toscana che nell’alto Lazio
ed anche in Umbria e molti sono gli affreschi che lo ritraggono in abiti eleganti, mentre sostiene con la mano sinistra una “strana cosa” che, ad un esame più attento si rivela essere una trachea, con i due polmoni, il cuore e a volte anche il fegato. Escluso che abbiano un rimando iconografico legato al martirio, da parte di qualificati studiosi si è ipotizzato che questa inusuale raffigurazione sia collegata a ricordi pagani, soprattutto etruschi, ancora vivi nella tradizione popolare. Un passo della vita di Ansano narra che dopo il battesimo un angelo scese dal cielo per coprirgli il capo con un cappuccio bianco simile a quello degli antichi aruspici.
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Ristorante Amici Miei
la vera cucina italiana nel Principato di Monaco
Il Ristorante Amici Miei si trova a Montecarlo nel porto di Fontvieille davanti alla Rocca, sede della residenza del Principe di Monaco. Si caratterizza per la calda accoglienza sia del locale che di tutto il personale, sempre gentile ed educato. La coppia Donatella e Giorgio ti darà il benvenuto con quello spirito di apertura, tipico di chi ha origini umbre. Donatella incanta il tuo palato seducendoti con piatti innovativi, sempre pronta a farti assaporare le tipicità e le prelibatezze essenzialmente di mare che offre la sua cucina. Giorgio dal canto suo, ti accoglierà con professionalità in un ambiente familiare, ormai divenuto un punto di riferimento sia per italiani che stranieri.
Ristorante Amici Miei 16, quai Jean-Charles Rey - 98000 Monaco Tel: +377 92 05 92 14 - Fax: +377 92 05 31 74
Ph. Giacomo Santoro
ARCHITETTURA
L
di Giuseppe Ariano
e navi da crociera portano regolarmente migliaia di passeggeri a visitare le attrazioni al di là delle banchine, ma nel caso di Salerno, questa antica e graziosa città italiana di circa 130.000 abitanti a sud di Napoli, il primo sito da vedere è il terminal marittimo stesso, progettato dall’architetto Zaha Hadid e appena inaugurato. Protesa sul mare a forma di conchiglia capovolta, si distingue dagli edifici classici sul lungomare di Salerno. Pensando alla vista della stazione in lontananza, dal mare, Zaha Hadid aveva immaginato il sito da una barca della polizia prima ancora di finalizzare il progetto e di vincere il concorso nel 2000. Il primo ministro Matteo Renzi ha inaugurato il sito, definendolo un capolavoro. L’assenza della Hadid, 65 anni, morta il 31 marzo scorso senza mai vedere il terminal finito, è stata molto sentita nei giorni
Ph. G. S.
La stazione marittima di Zaha Hadid
Ph. G. S.
Sul lungomare di Salerno è stata inaugurata di recente la nuova struttura dal design futuristico e perfettamente inserita nel contesto ambientale e culturale
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Ph. G. S.
dell’inaugurazione. La città ha commissionato il terminal per contribuire ad alleggerire la congestione sulle sue strade e incoraggiare in maniera sostenibile la scoperta della regione da porto a porto. Il design futuristico della stazione marittima ha già precedenti in Italia: dal 1920, i funzionari intenti all’industrializzazione dell’Italia hanno commissionato edifici in stile “modernista”, prima per le stazioni ferroviarie, come quelle di Firenze, Napoli e Roma, e poi strutture autostradali come gli autogrill. Il terminal marittimo progettato da Zaha Hadid è anche la chiave per la pianificazione ambientale e finanziaria della città, con una forte aspirazione per il turismo. Una volta, che sarà finito il dragaggio del porto, si prevede oltre le navi da crociera anche traghetti e aliscafi che già oggi trasportano migliaia di turisti vero la costiera amalfitana e cilentana. Come si vede dal mare e dalla baia a mezzaluna di Salerno, il tetto increspato del terminal si confonde con le onde dell’acqua e si coglie un senso di flusso e movimento. Entrambe le estremità del lungo edificio affacciano, come prue, ricordando le navi che vi attraccano. Di notte l’edificio illuminato brilla come una lanterna. Dal suo interno l’edificio è una “foresta” intricata di rampe e balconi giustapposti. “Abbiamo pensato all’edificio come un’ostrica, l’esterno duro e protettivo e un interno più morbido, liquido, più organico”, ha detto Paola Cattarin, l’architetto che ha eseguito il progetto. L’ufficio della signora Hadid ha spesso disegnato musei e centri culturali, tipi di edifici che consentono ampia libertà di progettazione. Nel caso di Salerno ha progettato un terminal delle navi più come un aeroporto, con requisiti fissi come aree di partenza e di arrivo, così come percorsi secondari per i bagagli, e gli uffici amministrativi e di servizio. Gli architetti hanno approfittato dei venti che soffiano a Salerno per la progettazione di una ventilazione naturale per gli interni. Il terminal marittimo rappresenta in realtà una vecchia
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generazione di lavoro dell’ufficio Hadid, quando gli architetti progettavano ancora con i modelli fisici e disegni a mano, nonostante la presenza di computer. Il terminal di Salerno è stato progettato in un periodo di transizione che ha visto l’abbandono della frammentazione a favore delle forme fluenti. Contemporaneamente a Salerno Zaha Hadid vinse con un progetto per una stazione per salto con gli sci in Austria e un museo della scienza in Germania, edifici che hanno contribuito a darle la opportunità di vincere il Premio Pritzker per l’architettura nel 2004. “È stato un momento intenso per l’ufficio”, ha detto la Cattarin, “Eravamo ancora un piccolo ufficio di 15/20 architetti”. Il terminal, anche se unico nella sua forma e astrazione, in questa città prevalentemente tradizionale, è stato progettato considerando il contesto ambientale. “Abbiamo studiato come l’acqua si è unita al paesaggio, e abbiamo risposto al contesto culturale”, ha detto la Cattarin. La topografia acquatica del tetto è stata progettata come una struttura a guscio, e progettata in modo che le sue pieghe, depressioni e curve supportassero le ampie campate, senza colonne. Il team di architetti, che comprendeva Patrik Schumacher, ha progettato gli interni anche in modo da rispecchiare la vecchia città medioevale che si arrampica su e giù per la collina, con le stradine che si aprono in piazze e viali vicino all’acqua. “Abbiamo voluto creare l’effetto di contrazione ed espansione,” ha detto sempre la Cattarin. Nel cuore del classicismo, dove si stabilirono gli antichi greci, questo terminal puramente contemporaneo potrebbe unire i templi di Paestum con le rovine romane di Pompei ed essere uno degli attrattori turistici della zona. Con la morte della signora Hadid, l’inaugurazione è diventata anche la possibilità per i cittadini di dare l’addio a un architetto che ha dato alla città un monumento di inaspettata bellezza e che è orgogliosa di curare e custodire.
Ristorante
Il Convento
Antica Dimora francescana sec. XIII
RISTORANTE TIPICO UMBRO - PIZZERIA
Via del Serraglio, 2 - CORCIANO (Pg) Tel. 075 6978946 - Cell 334 7178439 www.ristoranteilconvento.it
ARCHITETTURA
Villa Grock, un viaggio nel mondo del re dei clown di Samantha Chia
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Grock
ulla collina di Oneglia, a Imperia, svetta una villa del tutto singolare: Villa Bianca, oggi rinominata Villa Grock. Questa residenza non fu dimora di grandi eroi della patria, letterati o nobili, ma appartenne a un maestro di un’arte particolare: l’arte circense. Il maestro in questione era Adrien Wettach in arte Grock, nato in Svizzera nel 1880, in assoluto il clown più famoso dei suoi tempi. Prima di compiere la prima tournée in Italia nel 1928, aveva già conosciuto Imperia grazie a una visita al suocero. Rimase estremamente affascinato da questa città tanto da acquisirne dimora fino alla fine dei suoi giorni, nel 1959. Tra il 1924 e il 1930 viene edificata la villa che oggi porta il suo nome. La personalità del clown emerge in ogni elemento di questa architettura, di fatto Grock partecipò attivamente alla progettazione insieme all’architetto Armando Brignole. Il fabbricato non segue uno stile architettonico univoco, ma prende spunto da diverse tipologie che vanno dallo stile liberty, al rococò, a influenze barocche e, addirittura, orientaleggianti. In facciata sono presenti archi a sesto composito, capitelli a ricciolo che sormontano colonne affusolate, “cappelli” a onde che si
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impostano su piccole edicole e una molteplicità di elementi e simboli che richiamano l’esoterismo e la mitologia. L’effetto che questo luogo conferisce è di meraviglia, del trovarsi in un mondo fiabesco, leggero, rasserenante e ricco di humour, sensazione alimentata dalle scritte “Grock” presenti in diversi punti della facciata, come firme di artista. Grock ha creato per sé un grande circo in cui vivere dopo il ritiro dalle scene e, inconsapevolmente, ci ha donato un luogo ricco di suggestione. Rispetto alla facciata, gli interni appaiono più sobri dominati da uno stile déco essenziale, oggi ospitano un percorso museale sul mondo circense. La villa è circondata da settemila metri quadrati di parco e da una vegetazione variegata (abeti, palme, olivi e magnolie). Qui si trova anche un lago-piscina dominato al centro da una piccola isola, raggiungibile tramite un ponticello sostenuto da archi a sesto ribassato, sede di una sorta di tempio sormontato da cupola e sorretto da quattro colonne a fuso. Vigneti, fontane, sculture, un’originale vasca per pesci arricchiscono questo “circo ligure”. Villa Grock è un luogo privilegiato per scrutare l’animo di un artista unico nel suo genere, ammirare un’architettura variegata e personale e contemplare una suggestiva vista sul Mar Ligure.
Giardino
L’arte circense a Imperia prende forma nella dimora del noto clown che partecipò attivamente alla progettazione, creando uno spazio fiabesco, mitologico ed esoterico Esterno
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ARCHITETTURA
Scelto da registi come set fotografico, oggi la struttura situata nel borgo Calascio, è un importante centro di attrazione turistica per i suoi panorami unici
Rocca Calascio, un punto di osservazione privilegiato tra pace e bellezza
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di Sara Bernabeo
n posizione dominante sulla valle del Tirino e sull’altopiano di Navelli, a poca distanza dalla piana di Campo Imperatore, su un crinale a 1.460 metri d’altezza, si staglia l’imponente mole di Rocca Calascio. Salendo verso il borgo sembra allontanarsi sempre di più, sola contro il cielo, la rocca, situata in una posizione molto favorevole dal punto di vista difensivo, un tempo utilizzata come punto d’osservazione, in comunicazione con altre torri e castelli vicini,
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in una rete che arrivava fino all’Adriatico. La struttura è realizzata in conci squadrati di pietra bianca e consiste di un maschio centrale e una cinta muraria merlata, interrotta agli angoli da quattro torri a pianta circolare, a strapiombo sulle valli sottostanti. Il primo documento storico che menziona la rocca è del 1380, anche se tradizionalmente si fa risalire la fondazione all’anno 1000. La struttura originaria comprendeva un unico torrione isolato, di base
quadrangolare, con funzione di avvistamento (il maschio centrale), mentre la cerchia di mura e le torri angolari si devono alla famiglia Piccolomini, entrata in possesso della rocca alla fine del XV secolo. E in questo periodo, quando la rocca acquista importanza economica di controllo del traffico di greggi sul Regio Tratturo per Foggia, che ai suoi piedi si sviluppa il piccolo borgo ancora visibile. Nel 1579 la rocca fu acquistata, con il vicino Santo Stefano di Sessanio, dalla famiglia Medici, che voleva sfruttare il commercio della lana. Il terremoto del 1703, poi, devastò l’area e la parte alta del borgo fu abbandonata, in favore di una zona meno impervia, dove oggi vediamo il paese di Calascio. Nel XX secolo anche le ultime famiglie rimaste abbandonarono il borgo e la rocca rimase disabitata. Con la sua posizione dominante, isolata nel duro paesaggio di una montagna brulla e rocciosa, la Rocca di Calascio affascina l’osservatore. Dopo l’abbandono ottocentesco, nel XX secolo diventa set cinematografico per alcuni film (il più famoso è
Ladyhawke, del 1985), alcune abitazioni dell’antico borgo vengono recuperate ed oggi costituisce una delle principali attrazioni turistiche della zona. La Rocca, un pezzo di storia affascinante, immerso in un paesaggio mozzafiato, lontano dal clamore e dall’affollamento delle mete balneari, un luogo in cui la mente si perde tra meraviglia e bellezza, merita senz’altro una visita.
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OLD FACTORY GARAGE L’ECCELLENZA A 5 STELLE PER IL RESTAURO E LA VENDITA DI AUTO D’EPOCA E DI MACCHINE SPORTIVE Meticolosità, cura dei dettagli, personale qualificato, esperienza, conoscenza e tecnologie ad alta precisione. Sono queste le caratteristiche
dell’officina Old Factory Garage, showroom alle porte di Perugia, specializzato in restauro, vendita e noleggio di auto d’epoca, auto sportive, ma anche di moto, dei grandi marchi che hanno fatto la storia dell’automobilismo. L’idea di restaurare auto d’epoca nasce innanzitutto da una forte passione per l’automobile. Il restauro è coinvolgente, non solo per restituire nuova vita e linfa ad un mezzo di trasporto, ma anche per riportare alla luce una storia. Si vedono i segni di chi l’ha costruita, si notano dettagli che traggono origine dal periodo e dal contesto politico e sociale in cui è stata pensata, si capiscono le diverse filosofie costruttive e le relative migliorie nel corso dei decenni. Poterla guidare a restauro ultimato rende giustizia al lavoro di un manipolo di persone, vissute in epoche distinte e lontane nel tempo, ma mosse dalla stessa viscerale passione. Per poter intervenire nel migliore dei modi e padroneggiare segreti e caratteristiche dei gloriosi marchi, alla base si deve conoscere bene la storia dell’automobile. L’officina conta, dunque, sei aree specifiche: assetto e convergenza, meccanica, restauro, lattoneria e tappezzeria, per offrire agli appassionati un servizio a cinque stelle di riparazione e restauro per automobili. Inoltre, c’è la possibilità di interventi singoli mirati su scocca, fregi, decori, capote, interni e ampia scelta di ricambi e accessori originali.
Noleggio Auto Oltre al restauro, Old Factory Garage offre anche una ricca proposta di automobili a noleggio, con o senza conducente, di tipo sportivo, di lusso e d’epoca per lasciare a bocca aperta invitati, parenti e amici in occasione degli eventi più emozionanti della propria vita. Il noleggio può essere effettuato anche per produzioni televisive e cinematografiche, a scelta tra modelli dei primi anni del ‘900 fino ai giorni nostri. Tra le varie fiction, ricordiamo la fiction “Luisa Spagnoli”, andata in onda la stagione scorsa su Rai1. In più, lo showroom organizza tour esclusivi per scoprire le bellezze artistiche, naturalistiche e enogastronomiche del territorio a bordo delle loro auto. Il Garage si occupa anche di trasporti di automobili d’epoca e storiche e lo fa ogni volta con estrema cura; nel corso degli anni hanno trasportato i veicoli dei clienti per migliaia di chilometri in maniera perfetta. Il parco mezzi di trasporto di Old Factory Garage comprende sistemi e mezzi specifici per tutte le occasioni necessarie, gare, fiere, raduni di auto d’epoca, acquisto o vendita e traslochi.
Info Strada Tiberina Sud 10/A - Perugia www.oldfactorygarage.com +39 075 5838151
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San Pardo: un esempio di arte gotica dell’Italia meridionale di Andrea Mastrangelo
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mmersa tra colline brulicanti di olivi, a quattrocento metri sul livello del mare, Larino si distingue in tutto il basso Molise per il suo aspetto accogliente che si rivolge lungo le piane fino a giungere alla vicina costa adriatica. La città vanta origini antichissime, addirittura databili intorno al XII secolo a.c., culla della civiltà frentana (Urbs Princesp Frentanorum la
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ribattezzarono i conquistatori romani), mantiene da secoli un fascino immutato ed anche un alone di mistero che la rendono uno dei centri più interessanti di tutta la regione. Su di essa si potrebbero scrivere fiumi di parole, tanta è la sua magnificenza come impressionante è l’incanto di chi la osserva, ma per questioni di spazio vorremmo concentrare la vostra attenzione sulla perla del suo centro storico:
la cattedrale di San Pardo. Divenuta Basilica con un Breve Pontificio del 1928, la chiesa è senza ombra di dubbio uno degli esempi più emblematici dell’arte gotica del meridione italiano. Nella magnifica lunetta del portale, un particolare richiama la data del 31 luglio 1319, giorno in cui venne eretto l’edificio, molto probabilmente costruito sopra una struttura precedente (probabilmente del X secolo) che doveva adattarsi alla conformazione stessa del centro storico medioevale, motivo per cui l’asimmetria della sua pianta la rende unica nel suo genere. La facciata è un vero libro di storia aperto da leggere attraverso i diversi simboli presenti, a partire dal racconto della crocefissione di Cristo presente sulla lunetta in cui compaiono, oltre alla figura di Gesù posto su una croce ad Y, anche la Vergine, San Giovanni ed un angelo che con la mano destra pone sul capo di Cristo una corona
regale nascondendo con l’altra quella di spine. Nella parte inferiore si riconoscono le colonnine tortili ed i capitelli con le decorazioni floreali del portale, i leoni su mensola su entrambi i lati, i tre grifoni rivolti verso l’esterno sulla parte alta ed infine sulla punta del portale campeggia sovrana l’effige dell’angelo pasquale. Nella parte superiore invece, contornato da una cornice cuspidata alla cui base sono posti due leoni, risalta la sontuosità del rosone a tredici raggi, simbolo dell’unione di Cristo con gli Apostoli. Altre simbologie che richiamano il Vangelo sono scolpite al di sopra del rosone mentre all’estremità della cornice è posta la statua di San Pardo, titolare della chiesa. Sulla destra, sorretto da un arco a sesto acuto, s’innalza la possente torre campanaria del 1523, disposta su tre ordini a spina di pesce. Anche gli interni infine risalgono al periodo rinascimentale, tra arcate e pitture murarie.
Nel borgo di Larino, nel molisano, spicca la Basilica caratterizzata dall’asimmetria della sua pianta e connotata da una forte simbologia
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ARCHITETTURA
L’armonia rinascimentale espressa nella piazza della Santissima Annunziata a Firenze di Alessia Mencaroni
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a piazza della Santissima Annunziata è la più raccolta, armoniosa e serena piazza di Firenze. Tipicamente rinascimentale, ha l’aspetto di un ambiente chiuso, unitario, architettonicamente ordinato, con edifici simmetrici, di bella proporzione tra le loro altezze e lo spazio antistante. La Piazza si trova nel centro storico di Firenze, a nord di piazza del Duomo, ed è dominata dalla basilica della Santissima Annunziata, uno degli edifici sacri più importanti di Firenze, oltre che casa madre dell’ordine dei Servi di Maria. Oggetto di un precoce intervento urbanistico, a cui parteciparono alcuni fra i più grandi architetti rinascimentali, la
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piazza è oggi di grande armonia stilistica, porticata su tre lati, e con due palazzi gemelli sul quarto, che incorniciano la vista sulla cupola del Brunelleschi attraverso la rettilinea via dei Servi. Le fa da sfondo la chiesa della Santissima Annunziata con il suo snello portico seicentesco. La limitano: a destra lo Spedale degli Innocenti, aperto sulla fronte da un leggiadro portico ad arcate su slanciate colonne, squisita opera del Brunelleschi (1426), ornato nei pennacchi di tondi in terracotta smaltata, con putti in fasce modellati da Andrea della Robbia; a sinistra l’edificio della Confraternita dei Servi di Maria, il cui portico, a imitazione di quello antistante, fu costruito da Antonio Sangallo il Vecchio e Baccio d'Agnolo, nel 1525.
Il suo decoro è completato dalla statua equestre del Granduca Ferdinando I, del Giambologna, che fiancheggia due originalissime fontane in bronzo del più capriccioso e squisito barocco, opera di Pietro Tacca. Le fontane sono situate al centro della piazza quasi a sottolinearne la bella simmetria e a puntualizzarne la geometrica spazialità, mentre più arretrate, in posizione simmetrica, sono collocate le due fontane dei mostri marini, capolavoro del Tacca e della scultura manierista in generale. Per quanto definitasi nel corso di svariati secoli, la piazza mostra oggi carattere unitario e, tra le piazze fiorentine, è quella che meglio esprime gli ideali della città rinascimentale. Camminando in piazza Santissima Annunziata a Firenze, oltre alle molte bellezze ed opere artistiche presenti, con un po’ più di attenzione è possibile notare e conoscere piccoli ma interessanti particolari ricchi di storia e di fascino. Sotto il portico dello “Spedale degli Innocenti” ad esempio, è visibile nella testata di sinistra, sopra alcuni gradini, una finestra che oggi appare inferriata. All’interno della finestra era stato posto un tamburo ruotante di legno ed a fianco della stessa una campanella con un cordone. Le madri che non potevano o non volevano mantenere i propri bambini appena nati deponevano il piccolo nella “ruota” e suonavano la campanella. Il suono richiamava una suora all’interno dello
Numerose sono le curiosità che si annidano in questa piazza tra monumenti, storia, “trovatelli” e api al cospetto della “regina” Spedale che accorreva per girare il tamburo e soccorrere il trovatello. Spostandosi al centro della piazza della Santissima Annunziata dove sorge il monumento equestre in bronzo di Fernando I dei Medici, nella parte posteriore del piedistallo, si può vedere un’ape regina circondata da una miriade di api tutte rivolte verso di lei, come a significare che mentre lui rappresentava il centro del Granducato, il popolo laborioso costruiva e lavorava intorno a lui. Le api sono poste a circonferenze semicentriche e sfalsate perciò è estremamente difficile contarne il numero senza confondersi. Nacque così la leggenda delle api che non si contano, anche se nella realtà sono novantuno.
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BORGHI
Erice: un borgo medievale dal panorama mozzafiato di Paola Faillace
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i sono da poco concluse le riprese del nuovo film di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, In guerra e per amore. Pif, nel tentativo di replicare il successo del film La mafia uccide solo d’estate, ha scelto di ambientare anche questo suo secondo film in Sicilia, in particolare la maggior parte delle riprese sono state effettuate ad Erice. Questo film parla di mafia e amore al tempo dello sbarco degli americani, durante la guerra, nel 1943. La Sicilia è da sempre set cinematografico scelto da numerosi registi. Erice è un set ideale per un film. Questo borgo, che fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia, ha origini antiche secondo Tucidide Έρυξ fu fondata dagli esuli troiani che insieme alla popolazione locale diedero vita al popolo degli Elimi a cui si attribuiscono anche le origini del tempio e del teatro greco di Segesta, presenti nel territorio di Trapani. Fu conquistata dai Romani nel 244 a.C. e viene citata anche da Virgilio nell’Eneide. Al giorno d’oggi per raggiungerla si può scegliere di
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Panorama sul Golfo di Trapani
percorrere la tortuosa strada che va da Valderice alla vetta dell’omonimo monte o servirsi della funivia che in soli 10 minuti permette di arrivare in centro godendo di una bellissima visuale panoramica su Trapani e sulle Isole Egadi. La scelta di Erice come set per un film ambientato nel passato è naturale perché questo borgo medievale si è conservato immutato nel tempo e la natura contribuisce ad alimentare questa sospensione temporale. Non è raro anche in piena estate che il borgo sia avvolto da una nebbia fitta e nonostante le temperature estive di solito siano elevate ad Erice soffia spesso un vento di tramontana. Le chiese e i castelli medievali circondati dai giardini curati e dalle stradine acciottolate emergono dalla nebbia insieme alla spettacolare vista delle isole Egadi, del golfo e delle saline di Trapani. In origine gli Elimi avevano eretto un santuario dedicato ad Afrodite, la Venere Ericina protettrice dei naviganti. Il santuario era oggetto di numerosi pellegrinaggi, dopo le dominazioni Romane,
Castello di Venere
Tra set e santuari della Magnagrecia, il passato si fonde con il presente nelle strade di questo borgo siciliano scelto da numerosi registi Arabe e Normanne sui suoi resti è stato costruito in epoca medievale il castello di Venere che tuttora insieme alle mura cinge la città . Le numerose chiese in cui sono presenti le opere del Gagini e i reperti archeologici dei musei sono solo alcuni aspetti da considerare se si vuole vistare questo borgo. Si può anche semplicemente scegliere di passeggiare e osservare il panorama non dimenticando di assaggiare le genovesi o dei dolci alla pasta reale (di mandorla) tipici di Erice dei quali le varie pasticcerie e laboratori dolciari artigianali custodiscono gelosamente le ricette. Che poi sono le stesse usate un tempo dalle suore nei conventi di clausura.
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NATURA
Abbazia di San Fruttuoso di Camogli
LA BAIA DEI TESORI TRA LEGGENDA E OPERE D’ARTE
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di Jessica Chia
uogo d’incanto e di meraviglia, incastonata nella baia di Camogli, l’Abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte si erge in tutta la sua bellezza all’interno del parco terrestre e marino della costa frastagliata di Portofino. Oggi parte dei beni architettonici del Fondo per l’Ambiente Italiano, come dono dei proprietari Frank e Orietta Pogson Doria Pamphilj, l’abbazia ha origini lontanissime, risalenti almeno all’anno Mille. Tutt’ora avvolta da una sapore leggendario, la storia di San Fruttuoso risalirebbe al secolo VIII quando nella baia approdò il vescovo Prospero di Terragona che, arrivato dalla Spagna per sfuggire all’invasione
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araba, scelse la baia come luogo sicuro per conservare le ceneri di San Fruttuoso di Terragona, martire catalano. Da quel momento il culto del santo si diffuse in tutta la Liguria, diventando protettore dei naviganti. L’attuale abbazia sorse però tra il X e XI secolo per volontà dell’imperatrice Adelaide di Borgogna, ma fu sotto i monaci benedettini che l’abbazia accrebbe vistosamente con la costruzione di un piano e l’inglobamento della cupola bizantina nella Torre ottagonale. Ma bisognerà aspettare il XIII secolo, con l’arrivo della famiglia Doria di Genova, per vedere il complesso architettonico prendere l’attuale forma di comprensorio abbaziale con il loggiato verso il mare e i due ordini di trifore.
Nella cripta attigua al chiostro inferiore i monaci permisero ai nobili Doria di costruire un sepolcreto di famiglia ancora oggi visitabile nel suo splendore di marmi bianchi e pietra grigia. Dopo lunghi anni in stato di abbandono, nel 1915 un’alluvione ne provocò in parte il crollo e i detriti sospinti dalla forza della natura crearono la piccola spiaggetta antistante, permettendo così un accesso dal mare. Nel 1933 un restauro ripristinò i danni alla Chiesa che divenne lentamente protagonista di una nuova rinascita verso l’assetto originario di tutte le sue parti. Oggi l’Abbazia splende in tutta la bellezza della sua pietra bianca che si specchia nella luce del mare ed è visitabile solo via acqua o via sentieri panoramici, ma non direttamente attraverso l’arteria stradale. La baia di San Fruttuoso nasconde un altro tesoro. Per ammirarlo bisogna immergersi nelle profondità del mare perché sul fondale marino, dal 1954, giace il celebre Cristo degli abissi, una statua bronzea collocata a quindici metri di profondità, con le mani alzate in segno di pace e di benedizione. La statua del Cristo, opera dello scultore Guido Galletti, nacque da un’idea di Duilio Marcante, tra i più importanti padri della didattica subacquea, che ha reso ancora di più quest’insenatura magica, là dove la bellezza sacra abbraccia la suggestione della natura.
L’Abbazia di San Fruttuoso e il Cristo degli abissi celato dal mare: la bellezza sacra che abbraccia la suggestione della natura 57
NATURA
Gargano, spiritualità tra terra e mare di Giulio Siena
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bitata in antichità dalla fiorente civiltà dei Dauni di origine illirica, il Gargano, “sperone” d’Italia, è senz’altro una di quelle “Puglie” – insieme al Tavoliere della Capitanata, le Murge, la Valle d’Itria e il Salento, solo per sintetizzare –, che costituisce, ognuna con una forte e singolare identità, la regione Puglia nei suoi confini politici. Un promontorio montuoso dalla ricchissima biodiversità che offre in un’estensione alquanto relativa, contesti ambientali così vari e in contrasto da sorprendere ogni visitatore. Le aree umide dei due laghi di Varano e Lesina, le falesie di calcare bianco pennellate di macchia mediterranea e pini d’Aleppo in affaccio sulle incantevoli baie tra Mattinata, Vieste e Peschici, i valloni “western” vestiti di olivi e mandorli nella piana di Manfredonia, la sorprendente e rigogliosa foresta umbra animata da daini e cerbiatti, le vette aride e nude del Monte Calvo e quell’appendice adriatica dal mare cristallino rappresentata dalle isole Tremiti.
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Arco di San Felice e Vieste sullo sfondo
Sul piano storico-artistico-culturale sono le eredità di epoche lontane e le contaminazioni dovute al sovrapporsi delle dominazioni di popoli diversi ad aver arricchito questa terra. Dall’era preistorica con il rinvenimento di rarissime orme di dinosauri nel territorio di San Marco in Lamis, dalla religiosa civiltà Daunia, di cui restano le celebri Stele funerarie, autentici libri di pietra, passando per la colonizzazione greca e la civiltà romana che incentivò infrastrutture viarie per la nascita di rilevanti città come Siponto, emporio marittimo e ponte tra occidente e oriente. Ma sarà il culto religioso Micaelico, profondamente venerato dalla civiltà longobarda espressa nel centro-sud dal ducato di Spoleto e Benevento, a favorire lo sviluppo del Gargano. Il Santuario di Monte Sant’Angelo costituirà infatti, nella via sacra longobardorum, una meta di pellegrinaggio che si protrarrà per tutto il medioevo come ultima tappa prima di salpare in Terra Santa. Lo stesso Francesco di Assisi nel 1216 compirà questo viaggio. Gioielli d’architettura romanica come la chiesa
Santa Maria di Siponto
Baia delle Zagare
di Santa Maria di Siponto saranno edificati sotto la reggenza dei Normanni, fondatori del Regno delle Due Sicilie, poco dopo l’anno 1000 mentre con il diretto discendente della casata, l’illuminato Imperatore, Re di Germania, di Gerusalemme e di Sicilia, Puer Apuliae, da molti considerato il Primo Uomo del Rinascimento, Federico II di Svevia, che il Gargano si doterà di imponenti castelli accompagnati da fenomeni di conurbamento. E se nell’entroterra nascevano le basi di una civiltà feudale strutturata in latifondi, terre di pascoli e transumanze, tratturi e masserie, che connotano ancor’oggi il territorio, le città costiere vivranno sempre in tensione per gli assalti dei saraceni e dei turchi di cui ne reca memoria e stigmate la città di Vieste. Seguiranno dominazioni Angioine e Aragonesi ed un periodo di pace in cui il feudo del Gargano fu concesso nel ‘400 in segno di riconoscenza al valoroso principe albanese Giorgio Castriota, lo Skanderbeg, dal Papa battezzato “Atleta di Cristo e Difensore della Fede”. Con i Borboni si avrà un periodo florido e di
Un territorio così piccolo ma dalla inimmaginabile varietà paesaggistica e storica
Valloni della piana di Manfredonia
prosperità, grazie a manovre di potenziamento del tessuto agricolo, colture intensive e bonifiche di aree paludose, ma saranno gli ultimi momenti di lancio e sviluppo economico dal momento che il Regno d’Italia non porterà alcun giovamento a quest’area del sud, lasciando peraltro incancrenire disagi sociali occupazionali che in età moderna si è provato ad arginare con la fallimentare operazione di “risanamento” del Mezzogiorno, innalzando supponenti cattedrali industriali di cui il Sud ne è campo minato. Ma è il fascino della campagna assolata, della costa con i suoi borghi spontanei, poetici (Rodi, Peschici, Vieste, Monte Sant’Angelo, Vico..) le meravigliose insenature che fecero innamorare lo stesso patron dell’Eni Enrico Mattei, della religiosa devozione per Padre Pio in San Giovanni Rotondo e dei molti eventi di cui il Gargano è scenario unico (gare internazionali di orienteering, raduni di speleologi e amanti del windsurf, festival del trekking e della musica folk) a condurre in visita migliaia di turisti e pellegrini in una terra che meriterebbe di guardare avanti con più certezze.
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NATURA
Maestose pareti a strapiombo visitabili tramite sentieri ben tracciati incoronano la natura con tutte le sue sfaccettature nella provincia di Nuoro
LA GOLA DI GORROPU: IL CANYON NATURALE PIÙ PROFONDO D’EUROPA di Anna Paola Olita
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ella Sardegna centro-orientale si trova il canyon naturale più profondo d’Europa, formatosi dall’azione erosiva delle acque del Rio Flumineddu. Gorropu è costituito da maestose pareti a strapiombo, alte circa 500 metri; sul fondo pian piano si restringe fino a raggiungere una larghezza di 4 metri. Situato nel Supramonte, tra i territori di Urzulei, Dorgali e Orgosolo, in provincia di Nuoro, si può raggiungere a piedi, armati di borracce e scarpe da trekking o con delle jeep messe a disposizione nei campi base. Si cammina per due ore circa in mezzo alla macchia mediterranea fino ad arrivare alla Gola dove si rimane incantati davanti ad un paesaggio mozzafiato. Ci si sente piccolissimi di fronte agli enormi massi calcarei bianchi levigati dall’acqua, che si alternano a laghetti splendenti, a zone in cui il fondale è ghiaioso e sabbioso e, se ci si inoltra ulteriormente, si arriva ad ammirare numerose cascatelle che si tuffano in laghi dalle sfumature blu turchese. È proprio uno di questi laghetti che sbarra la strada e impedisce di proseguire, se non opportunamente attrezzati di gommoni e corde. Per gli escursionisti principianti il trekking finisce qui, per quelli più esperti e soprattutto equipaggiati può continuare fino a trovare dei salti
di 200 metri da affrontare e superare con la corda. Durante il percorso si può decidere di lasciare la strada principale, spingersi fino al fiume Flumineddu, godere di scorci estremamente suggestivi, e magari imbattersi in qualche muflone, martora, cinghiale e altre specie rare, oppure si può accedere direttamente alla Gola attraverso sentieri ben tracciati. È consigliabile comunque farsi accompagnare da una guida certificata, in quanto già diverse volte dei turisti si sono persi. La camminata si estende lungo il letto del fiume dove si aggirano grossi massi e si superano ostacoli, intraprendendo un percorso inizialmente semplice (verde), che diventa leggermente complesso (giallo) fino ad essere perfino impervio (rosso); per questo è fondamentale essere agili e allenati alle scalate. Nel caso si fosse stanchi per affrontare la strada del ritorno è prevista una navetta. Gorropu è una perla di un valore inestimabile. La camminata fino alla Gola è una delle più belle escursioni naturalistiche realizzabili in Sardegna; un paesaggio che cambia quasi ad ogni passo, con scorci indimenticabili e profumi avvolgenti. Sembra di essere fuori dal tempo. L’avvicinamento graduale al canyon è già una meraviglia, ma risalire questa Gola immensa toglie il fiato.
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LABORATORIO DI IDEE
BACK TO SCHOOL, BACK TO VALUES
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di Cinzia Piloni Immagine di copertina: Riccardo M. Bruno
iflettevo sulle parole di Michelle Obama mentre raccontava che oggi anche le donne possono correre per la Casa Bianca e sulle azioni coraggiose di molte altre donne. Pensavo che le azioni coraggiose sorgono sempre sui terreni di un pensiero profondo e virtuoso. Un terreno in cui i bisogni di molti son sempre tenuti in considerazione, il benessere vien misurato in base alla sua larga distribuzione e in cui la città, i territori e i servizi evolvono
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partendo dal concetto di bene comune. Riflettevo anche - e come non farlo in questi giorni in cui il seme della paura sta generando fiori amari – che noi esseri umani ancora dobbiamo fare tanta strada per riconoscere e onorare la nostra bellezza e la nostra unicità e – soprattutto – per riconoscere che tanta meraviglia prende origine dalla diversità e dalla moltitudine dei pensieri di cui siamo capaci. Ma ammettere il pensiero degli altri, attribuirgli il valore che merita, soprattutto quando sorge su rive lontane dai nostri paesaggi consueti,
Demetrio diceva “L’immaginario ha il potere di congiungere trasversalmente popoli e culture e nello stesso tempo di raccontare la loro specificità”
richiede coraggio e richiede conoscenza. Ecco perché la scuola, il progetto educativo in senso ampio, ha responsabilità oggi ancora più grande nella “formazione” di uomini e donne. In un tempo in cui le distanze “necessariamente” si incontrano, è determinante poter contare su individui che siano davvero capaci di muoversi con garbo intelligenza, rispetto ed eleganza nelle complessità. Così mi piace immaginare una scuola dove in profondità si possa conoscere, dove si possano apprendere – oltre alle competenze specifiche e
necessarie alle professioni –, anche le competenze adatte a una vita di valore: come la comprensione, la capacità di dialogo, l’ascolto, la condivisione, la fiducia in sé stessi e nell’altro, la gentilezza. Credo possiamo essere d’accordo in molti che skills come verità, pace, amore, capacità di muoversi, lavorare, incontrarsi e dialogare senza violenza (non solo nelle azioni ma nemmeno nei pensieri e nelle parole così come nelle intenzioni) debbano essere auspicate, allenate e richieste e divenire quindi parte integrante di progetti educativi innovativi.
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LABORATORIO DI IDEE
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Educazione alimentare e le nuove frontiere crudiste Nach
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a cura degli studenti dell’Istituto Europeo di Design di Milano Testo di: Roberta Abdanur Docente: Cinzia Piloni
cegliere un’alimentazione sana ed equilibrata è innanzitutto un atto d’amore verso se stessi. Il corpo apprezza con un evidente e diffuso stato di benessere tale scelta e gradualmente “si educa” a richiedere cibo di qualità. Cambiando l’alimentazione, inoltre, cambia anche la prospettiva di vita e l’atteggiamento. Noi siamo quello che mangiamo e possiamo scegliere di essere leggeri, vivaci e pieni di energia. Il corpo è il nostro tempio, mantenerlo pulito e puro significa lasciare spazio alle sue migliori virtù, per l’anima, per la mente, per lo spirito: tutti i livelli necessitano nutrimento adeguato. Pitagora proponeva un regime alimentare vegetariano, mentre Ippocrate, considerato il padre della medicina, seguiva una dieta vegana per lo
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più crudista e già diceva: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo.” Molte sono le attuali “nuove tendenze” in alimentazione. E ognuno sa intuitivamente qual è la più adatta al proprio stile di vita e al proprio organismo. Oggi scegliamo di parlare di “crudismo vegano”: una filosofia di vita che cerca di dare all’individuo, attraverso una nuova prospettiva alimentare, il benessere fisico e la gioia di vivere. Una disciplina che esclude completamente dal novero del commestibile tutti gli animali e i loro derivati e che rifiuta la cottura come metodo di preparazione di tutto. Cibi crudi o preparati a temperature al di sotto dei 45 °C, affinché gli enzimi e le proprietà nutritive degli alimenti non vengano perse. Con la cottura, l’80% dei valori nutritivi degli alimenti
Mantra
L’importanza di una buona e sana alimentazione è fondamentale per poter cambiare prospettive di vita, atteggiamento e stato di benessere. Nuove tendenze e crudismo vegano Ciok
tra cui vitamine, fitonutrienti, enzimi, acqua e zuccheri, vengono distrutti. Per ottenere tutti i benefici di un’alimentazione crudista non è necessario diventare crudisti al 100%, è sufficiente un 80% di alimentazione crudista al giorno per vederne i benefici. Si può anche introdurre un pasto crudo poco alla volta per prendere consapevolezza di un nuovo benessere. Una cucina ancora rara e difficile da “praticare”. Per chi fosse interessato segnaliamo Mantra, situato nel cuore di Milano tra Porta Venezia e Piazza della Repubblica. Mantra è stato il primo ristorante vegano crudista d’Italia. Si presenta a chi entra, prima di tutto come un market: un self service; adiacente, l’area bar che offre una caffetteria particolare e alterna a piccole e veloci degustazioni, dei freschi e vitaminici smoothies e
succhi spremuti a freddo. Lo spazio di showcooking è un vero e proprio angolo dedicato al food design: ogni piatto, infatti, viene composto con una cura e un’attenzione unica e particolare. Protagonista del locale è il Raw Lab un vero e proprio laboratorio, niente a che vedere con una cucina tradizionale, il Chef “food designer” Alberto Minio Paluello insieme al suo di team d’eccellenza dirige il Raw Lab grazie ad un bagaglio di conoscenza e competenza. Particolarmente gustosi il tabbouleh di canapa, l’hummus di rapa rossa e melograno, la lasagna di zucchine con salsa marinata e ricotta di Macadamia. Dolci innovativi come la torta al cioccolato fondente e il Crumble di zenzero con cheesecake al lime. Un’esperienza di purificazione, decisamente golosa…
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GLI EBREI A PALAZZO DUCALE DI VENEZIA
BRIEFING CULTURALE
a cura della REDAZIONE
PRECI TRA I BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA In Valnerina è arrivato il riconoscimento di un altro borgo più bello d’Italia: Preci che affianca le altre tre città della zona che hanno avuto l’ambita segnalazione. Al confine con le Marche, Preci è satura di storia, di cultura, di bellezze naturali e di medicina. Effettivamente quando in Europa nessuno curava la cataratta e la calcolosi renale e vescicale, in questa zona chirurghi – o mezzi chirurghi come allora li definivano – si sono specializzati nella cura di queste malattie (Sec. XIII) dopo aver inventato e utilizzato strumenti idonei che oggi fanno mostra di sé nel Museo di Preci e nell’Istituto di Storia della Medicina dell’Università La Sapienza di Roma. Da tutta Italia e Europa giungevano a Preci persone e personaggi per curare occhi, reni e vescica. La soddisfazione del vicesindaco Paolo Masciotti trapela anche da queste intervista: “Preci ora potrà giocare una partita importante all’interno della promozione turistica; il nostro tessuto urbano, ben tenuto e accogliente, è impreziosito da notevoli palazzi cinquecenteschi, dall’Abbazia di Sant’Eutizio e dal Museo della scuola chirurgica di Preci”. Il riconoscimento creerà nuove prospettive per i giovani, alleggerendo il rischio di spopolamento. Un esempio di come la cultura genera ricchezza.
Sembra un paradosso, ma quella Venezia che crea, alimenta e conserva il ghetto degli Ebrei fin dal 1516 nell’area della fonderia di rame definita “geto nuovo”, oggi si ritrova ad organizzare proprio nel quartiere giudaico una splendida mostra come macchina della memoria dal titolo: “Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516-2016”. La mostra, visitabile fino al 13 Novembre 2016, e il catalogo che racchiudono quanto di più interessante e stimolante è stato prodotto dagli Ebrei a Venezia, sono espressione del loro atavico spirito di trasformare le sconfitte in elementi di progressione e di progresso. Così vediamo i torchi delle tipografie ebraiche sempre in funzione, i sermoni riprodotti dei rabbi nelle sinagoghe ove accorrevano diplomatici e fedeli cristiani, gli spartiti di musica di cultori creativi e informati. Vengono posti in visione solo una parte del vasto repertorio di libri di filosofia e del pensiero economico-politico. Come suggerisce Giulio Bosi, sarebbe opportuno, dopo la mostra lanciare l’idea di una vera “Enciclopedia del ghetto di Venezia”, poiché dal ghetto gli ebrei con la loro imprenditorialità sono riusciti a rallentare il declino di Venezia nei secoli XVII e XVIII. I veneziani lo sanno e pur relegandoli in un’area di marginalizzazione e segregazione, allora hanno rinnovato il diritto ebraico di residenza ed oggi hanno ricordato il contributo economico e storico in una sontuosa e vasta mostra.
Il FURIOSO SI FERMA ALLA MOSTRA DI TIVOLI Se sei amante della storia e della letteratura del XVI secolo, recati alla Villa d’Este di Tivoli per godere della mostra: “I voli dell’Ariosto. L’Orlando Furioso e le arti” a cura di Marina Cogotti, Vincenzo Farinella e Monica Preti. Visitare la mostra è l’occasione per far scorrere la storia su quel mondo immaginifico che Ludovico Ariosto ha imbastito intorno alla figura dell’Orlando Furioso e ai numerosi personaggi che gli fanno corona (pubblicato nel 1516 a Ferrara). Così il visitatore si trova estasiato di fonte a dipinti, sculture, arazzi, disegni, ceramiche, medaglie, libri illustrati che si sono cimentati nei meandri delle fantasie letterarie dell’Ariosto. Fantasie che si intrecciano con storie che parlano di donne, di cavalieri, di armi, di amori, di imprese impossibili. C’è il personaggio principe, la leggiadra Angelica per la quale si battono due cugini: Orlando e Rinaldo che percorrono paesaggi fantastici per inseguirla e averla. Ma invano. Poiché tutto si svolge per magia, a cominciare dall’anello di Angelica che rende invisibili e protegge dagli incantesimi. La mostra è aperta fino al 30 ottobre 2016.
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SGARBI TRA ARTE E FOLLIA Vittorio Sgarbi sorprende sempre, anche nel titolo che ha dato alla mostra “Arte e Follia” che accompagna l’esposizione di Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi nella chiesa di San Francesco a Gualdo Tadino fino al 30 Ottobre 2016. Sorprende anche dal modo di pubblicizzare l’iniziativa: con un’autovettura personalizzata brandizzata contenente le immagini simbolo della mostra girerà tutta l’Umbria in una sorta di visita-guida della esposizione. Promossa dal Comune e dal Polo Museale di Gualdo Tadino con la main sponsorizzazione della Rocchetta, la mostra raccoglie 80 opere (di cui 54 di Ligabue) che raccontano un percorso unico e personale dei due artisti. Come sottolinea lo stesso Sgarbi – “Ligabue e Ghizzardi hanno conosciuto le marginalià sociali dell’esclusione e della povertà, la modestia di una formazione e di un bagaglio culturale che li obbligava a cercare in se stessi i motivi per un’iconografia che ricostruisse il loro mondo fantastico che sembra sfiorare la follia”. Entrambi hanno raggiunto vette artistiche altissime da farli considerare a pieno titolo “maestri geniali dell’arte del XX secolo”. Un motivo in più per visitarli e apprezzarli e per sottolineare come Sgarbi sta rivalutando artisti che la storia non abbia apprezzato in modo giusto.
AQUILEIA E I LEONI DI PERSIA Aquileia e Persepoli sono unite da eventi storici che ne hanno decretato la fine. La città persiana, la più grande e bella del mondo antico, è stata distrutta nel 330 a.C. per mano di Alessandro Magno, la città romana di Aquileia, uno dei grandi centri commerciali dell’Impero è stata messa a ferro e fuoco da Attila nel 452. Alle due città è stata dedicata una mostra “Leoni e Tori dell’Antica Persia ad Aquileia” aperta fino al 30 Settembre 2016 nel Museo Nazionale Archeologico di Aquileia. I reperti iraniani inviati alla mostra spiccano tutti per bellezza e importanza: tori e leoni, come incontrastati protagonisti, e altri tesori quale l’aureo Rhyton (un calice con la testa di leone alato alla base), un pugnale in oro ancora decorato con leoni che costituiscono uno spettacolare bracciale terminale. I leoni insomma la fanno da padrone e li ritrovi dappertutto su piatti d’argento, su pesi cilindrici e su componenti di mobili nobiliari, a ricordo delle antiche cacce a questi fieri felini. La mostra testimonia gli stretti rapporti culturali che legano l’Iran all’Italia nell’ambito degli scavi e delle ricerche archeologiche.
I “TRE” BRONZI DI RIACE Se ti trovi in Calabria nel periodo estivo-autunnale non tralasciare di visitare (o rivisitare) il museo del capoluogo ove sono esposti i bronzi di Riace. Al Palazzo Piacentini di Reggio Calabria c’è uno dei più imponenti poli museali archeologici d’Italia ove fanno mostra di sé i famosi Bronzi. Quanti sono? In città qualcuno dice che siano tre: il Bronzo A, il Bronzo B e Stefano Mariottini, il sub che li scoprì il 16 Agosto 1972. E Mariottini lo puoi incontrare proprio in tale periodo, tra Riace Marina, Monosterace e davanti i due eroi greci che potrai ammirare insieme a lui e conoscere la vera storia del ritrovamento. Egli faceva pesca subacquea a Riace. “Cercavo scogli isolati dove il pesce non fosse disturbato. L’acqua era limpida. Ho visto una spalla. L’ho toccata, faceva parte di una statua sepolta nel fondo marino, con il lato destro girato verso il fondo. Ho visto i capelli, la tenia (benda ferma capelli), il viso coperto da concrezioni, sassolini e sabbia”. A pochi metri l’altro bronzo. Il resto è da scoprire a Palazzo Piacentini e sapere che la statua A è attribuita a Fidia, la statua B a Policleto e Stefano Mariottini all’Umanità.
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GIRI DEL GUSTO
EVOLUZIONE DELL’OLIVICOLTURA di Marilena Badolato e Giuliana Spinelli Batta
L
a potatura dell’olivo è sicuramente un intervento che guarda al miglioramento della vigoria e della produttività della pianta attraverso tagli eseguiti in modo razionale e sistematico. Da sempre gli olivicoltori hanno tentato di esaltare la produzione di frutti abbattendo nello stesso tempo i costi della raccolta, sempre piuttosto elevati e che incidono sul prezzo finale del prodotto delle olive. L’esigenza era già apparsa agli inizi del ‘900, quando fu proposta la riforma degli olivi a vaso policonico, in
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sostituzione del vaso dicotonico, per una maggiore razionalizzazione e per riportare la pianta alle sue naturali condizioni di vita (Roventini 1936). Negli anni attorno al 1960 la produzione di olio che si otteneva con i metodi tradizionali di coltivazione, non era più in grado di coprire il vertiginoso aumento dei costi causati dal notevole impiego di manodopera richiesto a cui non faceva riscontro un proporzionale incremento del prezzo dell’olio. Questo aveva favorito una crisi del comparto con il conseguente abbandono di molti oliveti, specie
Innovazione, tecniche e novità per ottenere la migliore qualità di olio extra vergine di oliva
di quelli posti in ambienti difficili da coltivare. Successivamente furono molteplici e varie le proposte di studio per una intensificazione colturale che doveva tenere conto anche di migliori condizioni di allevamento e un maggiore rispetto dell’integrità della pianta. Anche perché i tentativi fatti con gli impianti tradizionali con la ristrutturazione degli oliveti come potature straordinarie o forti concimazioni, non si dimostrarono risolutivi. Secondo queste esigenze ad opera del Centro Studi per la Olivicoltura del CNR di Perugia nella figura
del professore Giuseppe Fontanazza, si mise a punto un nuovo modello basato su moderne tecnologie vivaistiche e di raccolta meccanizzata che ancora oggi trovano larga applicazione non solo in Umbria ma anche in altre regioni olivicole italiane ed estere. Nuovi sistemi di piantagione e allevamento dell’olivo finalizzati a una meccanizzazione integrale attraverso la realizzazione di diversi campi sperimentali per arrivare alla definizione di un vero e proprio modello di oliveto intensivo. Il prof. Giuseppe Fontanazza fu uno dei primi studiosi dell’allevamento a monocono, siamo intorno agli anni ‘80 e i suoi primi esperimenti furono condotti nella piantagione di antichi olivi della zona di san Girolamo (campo sperimentale n. 5) del frantoio di Giovanni Batta (G. Fontanazza Olivicoltura alternativa, 1982). La novità era basata sull’incremento della densità di piantagione e sulla meccanizzazione della raccolta mediante vibratore del tronco, che avrebbe portato a un contenimento drastico dei costi di produzione, grazie alla riduzione di impiego di manodopera, e il tutto in perfetta sintonia con la qualità del prodotto (G. Fontanazza, 2007). Tra i pro e i contro di questo tipo di intervento, comunque risaltano i tratti positivi che rivelano che tutte le esperienze di potatura meccanica condotte in Italia con vari tipi di barre falcianti che intervengono al vertice, topping, e sulle pareti, hedging, di filari di olivi allevati ad asse verticale, monocono, descrivono forti incrementi produttivi, insieme a una drastica riduzione dei costi (Giametta e Zimbalatti, 1998; Fontanazza et al. 1998; Camerini et al. 1999; Lodolini et al. 2006). I vantaggi del monocono sono quelli di assecondare il naturale modo di vegetare delle cultivar a elevata densità di piantagione e di consentire la parziale meccanizzazione della potatura e della raccolta meccanica, tenendo conto di seguire però sempre una corretta applicazione della tecnica. La coltura olivicola intensiva attuale si avvale di nuovissimi impianti, di potature speciali e di raccolte meccanizzate, dando origine a quei “filari di olivi”, anche nanizzati, (solo per alcune varietà) che influenzano in qualche modo anche i nostri paesaggi olivetati che regalano quella affascinate veduta delle nostre colline di una bellezza paesaggistica attraversata da quel verde argenteo di storia antica e perennità.
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e
AGRICOLTURA CAMBIAMENTO CLIMATICO L’agroecologia come alternativa sostenibile per nutrire il Pianeta
Se trasformassimo l’agricoltura industriale basata sull’uso di sostanze chimiche in agricoltura biologica sostenibile e a favore delle comunità, cosa accadrebbe? Potremmo ridurre in maniera significativa la dipendenza dai combustibili fossili, migliorare la salute pubblica e mitigare i cambiamenti climatici. L’agroecologia è l’unica alternativa praticabile e sostenibile per contribuire a risolvere i problemi più urgenti del Pianeta. A sostenerlo sono gli autori del libro “Agricoltura e Cambiamento climatico” edito da Aboca Edizioni: il fisico e teorico dei sistemi e fondatore del Center for Ecoliteracy a Berkeley in California, Fritjof Capra, e l’esperta di sistemi alimentari e agricoltura sostenibile, Anna Lappé, a capo del Real Food Media Project di San Francisco.
Entrambi convinti che il passaggio dall’agricoltura industriale alle pratiche agroecologiche non sia solamente necessario e indispensabile per contrastare il cambiamento climatico, ma anche piuttosto semplice e facilmente realizzabile senza ricorrere a nuove tecnologie o a costosi investimenti. Il sistema dell’agricoltura industriale contribuisce alle emissioni di gas serra in molti modi. Un importante fattore è rappresentato dalla produzione e dall’utilizzo di fertilizzanti di sintesi, che richiedono grandi quantità di energia e rilasciano nell’atmosfera anidride carbonica e protossido di azoto. Oltre alle emissioni di origine agricola, anche il sistema alimentare industriale in senso lato
contribuisce in maniera significativa alla crisi climatica: secondo le Nazioni Unite il settore alimentare è responsabile nel complesso di 1/3 delle emissioni di gas serra e del 30% del “consumo energetico finale” in tutto il mondo. Oltre 2/3 di questa energia sarebbe impiegata da attività “al di fuori dell’azienda agricola” per la trasformazione, il trasporto e la preparazione del cibo. Da un punto di vista sistemico, appare evidente che l’uso intensivo di energia e la dipendenza da prodotti petrolchimici e combustibili fossili non è più sostenibile nel lungo termine, non è in grado di far fronte ai disastri climatici in aumento e oltretutto costituisce un rischio per la salute. Negli ultimi anni, invece, l’agroecologia si è diffusa in tutto il mondo, soprattutto in Sudamerica grazie alla rapida crescita del movimento contadino internazionale. Secondo quanto spiegano Fritjof Capra e Anna Lappé nel libro edito da Aboca Edizioni, si tratta di un insieme di tecniche agricole basate su principi ecologici affinati nel corso del XX secolo e adottati in tutto il mondo, soprattutto negli ultimi 20 anni. Grazie a queste tecniche è possibile coltivare cibi sani in modo sostenibile nel rispetto della biodiversità, delle comunità e dell’efficienza energetica. Un approccio innovativo,
caratterizzato da certificazioni biologiche, permacultura e agricoltura biodinamica, e da una profonda conoscenza della complessità del suolo. Gli agricoltori che coltivano il terreno seguendo i principi dell’agroecologia ricorrono, infatti, a tecnologie basate sulla conoscenza dei sistemi naturali per aumentare il raccolto, controllare i parassiti e le erbe infestanti e migliorare la fertilità del suolo. Essi sanno che non serve eliminare completamente i parassiti perché altrimenti scomparirebbero i predatori naturali che consentono di mantenere l’equilibrio in un ecosistema sano. Anziché utilizzare fertilizzanti chimici, questo tipo di agricoltori arricchisce i terreni con colture azotofissatrici, letame e residui di coltivazioni così da restituire la materia organica al suolo in modo che rientri nel ciclo biologico. Secondo gli autori del libro “Agricoltura e Cambiamento climatico” è fondamentale, quindi, riconoscere l’importanza del legame tra agricoltura industriale e cambiamenti climatici: il sistema agricolo attuale è allo stesso tempo vittima e carnefice della crisi climatica, e sostenere l’impiego di tecniche colturali ecocompatibili diventa oggi oltre che auspicabile da un punto di vista etico anche necessario per salvare il Pianeta.
BENESSERE
IL SONNO RIPARATORE E I BENEFICI CHE NE DERIVANO
N
di Italo Profice
el mese di ottobre ci sarà il cambio dell’ora legale, in pratica metteremo i nostri orologi indietro di un’ora. Questo può rivelarsi un problema per chi non ha un sonno regolare. La nostra efficienza nonché la nostra efficacia è direttamente proporzionale alla qualità del nostro riposo. In pratica, se la qualità del riposo sarà soddisfacente, anche il nostro sonno migliorerà e il giorno seguente ci sentiremo in forma e riposati. Per capire quanto il riposo notturno sia importante per il nostro benessere è bene conoscere alcuni benefici che il sonno apporta: la rigenerazione delle energie fisiche e mentali spese e lo scarico dei livelli di stress accumulati durante il giorno, il consolidamento di tutto ciò che abbiamo imparato durante la veglia
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dal momento che nel sonno il nostro cervello scarta le informazioni “secondarie” fissando quelle più importanti. Il sonno ha risvolti benefici sul nostro sistema immunitario, ormonale e neurovegetativo; normalizza inoltre la nostra pressione, coadiuva il sistema cardiovascolare e ripristina i valori normali dei nostri neurotrasmettitori, tutti aspetti fondamentali per chi desidera vivere a lungo. Un riposo sano permette di influenzare positivamente gli ormoni che regolano il senso della fame, con un conseguente miglioramento del nostro peso forma oltre che del nostro metabolismo. Durante il sonno infine il corpo di un bambino si accresce e si irrobustisce, il sistema immunitario si sviluppa e il sistema nervoso si sviluppa. Alcune semplici regole ci permetteranno di fare del
Il riposo è il segreto del nostro benessere, rigenerando energie fisiche e mentali e regolando il senso di fame, l’umore, il peso forma e il metabilismo
nostro meglio per migliorarlo... iniziando da quelle più insospettabili: eliminare caffè, alcol e nicotina. Queste sostanze tossiche e tuttavia esaltanti sono nemiche del riposo. La caffeina permane nel nostro sangue per almeno sette ore, quindi è preferibile assumerla prima. La nicotina riduce la durata del sonno profondo, oltre ad ostacolare chi si vuole addormentare in virtù dei suoi effetti stimolanti, seppur lievi. Quando andiamo a dormire il corpo si rilassa, di conseguenza le arterie si dilatano permettendo al sangue di passare nei muscoli. Questi si rigenerano e si ossigenano; l’alcol invece, disidrata il nostro sangue ostacolando la rigenerazione dei tessuti che avviene durante la notte. Non è un caso che gli sportivi professionisti dormano molto e non
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consumino alcol. In generale si consiglia di evitare di mangiare pesante, di evitare bibite gassate al fine di aver concluso tutte le funzioni digestive prima di riposare. A proposito di sport, l’attività fisica aiuta a stancarsi di più migliorando la qualità del sonno. Sarebbe preferibile farla al mattino, in modo da riattivare rapidamente il nostro organismo poiché la temperatura corporea si alza. Avete notato che le giornate di mare sono stancanti anche se si riposa tutto il giorno al sole? La luce solare è importante perché ricarica il nostro corpo di melatonina, un ormone che aiuta a riposare bene. L’ormone, dopo essere stato assunto di giorno, viene poi rilasciato nel nostro organismo al buio, dandoci quella soave sensazione del buon riposo. Sembra ridondante, ma evitare lo stress è possibile accettando che le cose seguano il loro corso. Mi riferisco alle questioni che non dipendono da noi. Evitare di fare attività fisica prima di andare a dormire, almeno 5 ore. Usare la camera da letto solo per dormire è una buona abitudine in quanto il cervello percepirà quel luogo come un luogo dove non è dato rimanere svegli. Per rilassarsi non esiste niente di meglio che 10 minuti di meditazione, in cui lasciare scorrere
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i nostri pensieri, riordinare le idee e, perché no, abbozzare un programma per il giorno seguente. Il riposo, se breve, è certamente concesso anche durante il giorno. Studi in materia riferiscono che chi fa un pisolino per ricaricarsi, rende il 30% in più. A condizione che questo non superi i 30 minuti. Ebbene sì, possiamo chiamarla la regola del 30. Accertato questo, è bene liberarsi di qualsiasi fonte luminosa presente nella nostra stanza da letto. L’esposizione alla luce del nostro corpo inibisce la produzione di questa sostanza che regola il ciclo sonno-veglia. Senza di questa non riusciamo a rilassarci adeguatamente per un sonno riparatore. Limitare il più possibile anche l’inquinamento sonoro, un altro nemico del nostro riposo. Il nostro organismo ha una memoria inconscia che registra gli orari delle nostre abitudini: se andremo a dormire sempre alla stessa ora e ci alzeremo sempre alla stessa ora, ci sarà più facile seguire un certo ritmo equilibrato. Infine, anche il materasso su cui riposiamo risulta essere di fondamentale importanza. Ovvio che a queste regole generali ci sono delle eccezioni, ma il rispetto della maggioranza di queste ci permetterà di migliorare il nostro benessere fisico e di alzare la qualità della nostra vita.
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AMBIENTE
L’ESPLOSIONE DEMOGRAFICA PLANETARIA di Walter Leti
Conseguenze e implicazioni della crescita della popolazione mondiale e strategie per affrontare questa nuova sfida globale
L
a rapidissima crescita esponenziale della popolazione mondiale costituisce, paradossalmente, la più grave minaccia alla sopravvivenza del genere umano. Qualche cifra: l’Homo sapiens-sapiens, nostro diretto progenitore, è comparso sulla Terra circa 35.000 anni fa. A partire da allora la dinamica demografica ha fatto sì che alla fine del ‘700, agli albori della rivoluzione industriale, la popolazione planetaria raggiungesse i 750 milioni di individui. Al giorno d’oggi, dopo poco più di due secoli, questo numero si è decuplicato e per il 2100 le proiezioni demografiche fornite dall’ONU prevedono il raggiungimento del catastrofico traguardo di oltre dieci miliardi di anime. Alcuni effetti dell’inarrestabile antropizzazione del pianeta sono ben evidenti già oggi. Il gas serra è aumentato dell’80 % negli ultimi 45 anni, causato, secondo gli addetti ai lavori, per il 50% dall’incremento degli abitanti e dall’utilizzo sempre più rapinoso delle risorse naturali. Scarseggia anche l’acqua potabile.
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La FAO informa che entro la metà di questo secolo la disponibilità pro-capite scenderà del 73%. La deforestazione, inoltre, sta raggiungendo limiti non più sostenibili e contribuisce sensibilmente all’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera. Altro fenomeno preoccupante è l’irreversibile, crescente prevalenza degli insediamenti urbani a scapito delle aree rurali e la conseguente crescita del numero delle megalopoli che contano decine di milioni di abitanti. L’analisi, anche solo sommaria di questi dati evidenzia, inoltre, la presenza di forti asimmetrie nelle dinamiche demografiche delle varie aree geografiche. A fronte dell’impetuosa crescita della popolazione in Africa, India e, in generale, nei Paesi in via di sviluppo, c’è da registrare il desolante quadro delle culle vuote, diventato ormai tratto caratteristico dei paesi ricchi. Da questa crescente asimmetria trae origine una fortissima spinta al riequilibrio che si concretizza nelle bibliche migrazioni di cui è testimone la cronaca
dei nostri giorni. Appare pertanto indifferibile, ormai, la necessità di arginare il fenomeno, adottando strategie accuratamente mirate, lontane da schematismi o pregiudizi di sorta. I Paesi Occidentali dovranno rilanciare la propria natalità. Nel 2015, in Italia, si è registrato un saldo negativo di circa 150 mila unità. Quello che desta maggiori preoccupazioni è l’invecchiamento generale della popolazione. Da diversi anni, ormai, la fascia degli “over 65” ha superato quella degli “under 15”. Le ovvie implicazioni sono costituite dal crescente peso di spese mediche e pensioni, mentre nel contempo si è ridotta la fascia d’età che produce ricchezza. Nel terzo mondo, viceversa, l’esplosione demografica sta portando a un rapido esaurimento delle già modeste risorse locali. Tanti paesi africani e asiatici saranno pertanto costretti a ridurre la natalità. La soluzione del problema non si potrà raggiungere facilmente né in tempi brevissimi. Occorrerà adottare un mix di provvedimenti per
incoraggiare la natalità in Occidente mediante, soprattutto, un più deciso e sostanziale supporto economico alle famiglie, accompagnato da altre misure come, ad esempio, la flessibilità degli orari di lavoro da estendere anche ai padri e la creazione capillare di strutture di custodia dei bambini in ogni singola realtà aziendale o pubblica. Nei paesi in via di sviluppo, invece, per il contenimento dell’incontrollata natalità si renderà necessario formulare un piano di aiuti articolato su più versanti, come la creazione di strutture produttive ad hoc, l’adozione di un adeguato programma di educazione, la diffusione di efficienti presidi sanitari e l’innalzamento generale del tenore di vita. In assenza di misure adeguate sarà inevitabile un puro e semplice processo di trasferimento e “ripopolamento” dal prolifico Sud del mondo allo “sterile” Nord. La sfida è globale e altrettanto dovrà essere la risposta. Non ci sono alternative.
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DAL MONDO
PHILADELPHIA SFIDA L’EUROPA SULLA CULTURA di Manuel Follis
“A
h sì, gli Stati Uniti sono belli, certi paesaggi tolgono il fiato. Ma per avere un po’ di cultura l’unica possibilità è l’Europa”. Il commento è uno di quelli che può spuntare fuori tipo Pokemon Go nel corso di qualsiasi conversazione. Il problema è che questo assunto sulla proposta-culturale-made-in-Usa non ha fondamento. O meglio: se è vero che dietro ad ogni luogo comune si nasconde una mezza verità, ci sono città americane totalmente atipiche. Io, lo ammetto, mi sono innamorato di Philadelphia. La città della Pennsylvania (costa est), Philly per gli amici, o anche “la città dell’amore fraterno”, ha tutto quello che potreste chiedere a una metropoli. Non è troppo grande, quindi è vivibile, propone classico cibo da immaginario americano (la Philly cheesesteak è un’istituzione), ma vi garantisce
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anche una proposta culturale degna di una capitale europea. Partiamo dalle basi: i musei. Il principale è il Philadelphia Museum of Art che già da solo colloca Phila al top delle city americane (225.000 pezzi esposti) tra cui Botticelli, Pinturicchio, Van
Dalla Barnes Foundation ai murales d’autore, tutta la città è una gigantesca opera d’arte che lascia a bocca aperta
Gogh, Monet o Picasso. Fin qui però l’europeo snob potrebbe avere una sensazione di déjà vu. Ma prendete quell’europeo e fatelo passare per il museo Rodin (secondo solo al museo di Parigi dedicato allo scultore) e infine fategli sparire quel “sorrisino snob” portandolo alla Barnes Foundation che meriterebbe un articolo a parte e la cui visita è una vera esperienza. La storia è questa: un ricco chimico americano ha fatto i soldi inventando un farmaco per bambini e cercando di spendere al meglio la sua fortuna si è imbattuto quasi per caso nella pittura impressionista francese innamorandosene perdutamente. Ecco, la Barnes Foundation permette di toccare con mano l’amore viscerale e passionale di un uomo per l’arte. Se volete capire come e quanto un quadro o un artista (in questo caso Renoir) possa influenzare l’intera vita di un uomo, non potete non far visita al museo. Il buffo
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è che se cercate su wikipedia trovate solo un lungo elenco di autori (a dir la verità, impressionante): da Cézanne a Modigliani fino ovviamente a Renoir. Ma fidatevi: la sequela di nomi importanti dice poco o niente. Il museo ripropone fedelmente la disposizione originale dei dipinti nella casa di Barnes, e quindi visitare la fondazione è un po’ come tornare di un secolo agli inizi del ‘900. Fin qui i principali musei, che però sono (quasi) la cosa più scontata. Philadelphia col passare degli anni ha infatti trasformato l’intera città in un enorme museo. Intanto ospita la più grande collezione di murales degli States (per vederli tutti occorrono giorni). La città ha istituito nel 1984 il Philadelphia Anti-Graffiti Network che aveva come scopo di cancellare dai muri obbrobri senza senso e incentivare invece artisti da tutto il mondo a dipingere opere d’arte sui muri della cittadina. E no, non è ancora finita, perché una legge prevede che hotel e altre strutture commerciali siano obbligati a dedicare parte delle loro finanze a iniziative artistiche. Ad esempio, all’interno dell’elegante The Logan Hotel, potevo girare per la struttura
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ammirando una serie di installazioni d’arte contemporanea quasi fosse un museo. Considerato che ero partito semplicemente con l’obiettivo di fare il punto sulla convention dei democratici (che si è tenuta a Phila in luglio) parlando con gli organizzatori di politica ed economia, il risultato di questa scoperta è stato emozionante e inaspettato. Spero possa accadere anche a voi.
Il Re Dorato #sambuco
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