Rinascere n.1 - 2019

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Rinascere Bimestrale - anno 21 - n° 1 gennaio/febbraio 2019

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n Licio Prati La formazione del pensiero critico n MIAMSI Verso le elezioni europee n Alessandro Monti Conoscere le istituzioni europee

n Proposta di Meditazione Inserto sul vangelo di Giovanni n Francesca Sacchi Lodispoto Democrazia e cittadinanza globale Matera capitale della cultura n Francesco Novelli Passeggiate romane

n Roberta Masella n Maria Grazia Fergnani Primo Seminario di formazione Ecumenismo a Ferrara n Renzo Seren, Giuliano Subani, n Elio Scaglione Rita Di Lorenzo Evangelizzazione e pensiero Fiducia e democrazia critico

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Rinascere N. 1 gennaio/febbraio 2019 n  EDITORIALE

n  PIANO DI LAVORO

Aprire oggi una strada per il futuro di Francesca Sacchi Lodispoto

Fiducia e democrazia di Renzo Seren, di Giuliano Subani, di Rita Di Lorenzo

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n  Società

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Le istituzioni europee di Alessandro Monti

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Matera di Francesca Sacchi Lodispoto

Sommario

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Popolo o élite di Francesca Sacchi Lodispoto

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Passeggiando per Roma di Francesco Novelli

n  Movimento

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Il pensiero critico di Licio Prati

n  ECUMENISMO

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La Samaritana di Nini Giuliani

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Democrazia e informazione la redazione

Settimana ecumenica a Ferrara di Maria Grazia Fergnani

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n  CHIESA ITALIANA

Informazione e comunicazione di Roberta Masella

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Convegno siciliano di Elio Scaglione

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n  Parole e fatti…

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Reggio Emilia, Catania, Cosenza, Foggia, Napoli

n  CHIESA NEL MONDO

n  Recensioni

Gli orizzonti di Francesco la redazione

Cinema Libri

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una strada per il futuro di Francesca Sacchi Lodispoto

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utte le strade che i nostri gruppi hanno individuato come percorribili riflettendo sull’inchiesta debbono e possono diventare azioni concrete e gesti quotidiani. Attoniti e preoccupati a causa del clima culturale e sociale che stiamo vivendo, a tutti noi sta a cuore rinverdire la speranza, superare le paure, favorire la partecipazione e la democrazia non solo in Italia ma anche in Europa. Le elezioni europee che ci attendono a maggio sono un appuntamento importante da non sottovalutare e fanno appello alla nostra coscienza e responsabilità di cittadini e di cristiani. Questo significa informazione corretta sulle istituzioni europee e il loro ruolo; informazione sulle possibilità reali dei partiti di costruire una politica comunitaria europea; respingere la strumentalizzazione delle elezioni europee ai fini della lotta politica interna. Infine ci sembra importante rifiutare il clima di violenza verbale, di menzogna, di semplificazione demagogica che caratterizza l’attuale stagione politica. Come aderenti a Rinascita Cristiana ci impegniamo, proprio in forza della nostra esperienza, ad essere di esempio di un informazione corretta per i più giovani, in famiglia, tra i nostri amici e colleghi. Molti di noi hanno memoria dei passi fatti dall’Europa nella pace e dei vantaggi culturali ed economici avuti dall’Italia; i più giovani, “la generazione Erasmus” non può immaginare un’Europa in cui nuove frontiere impediscano una libera circolazione e un libero scambio non solo di merci ma di idee, culture, esperienze, persone. Coscienti di tutti questi valori e nello stesso tempo dei tanti limiti attuali sottolineiamo l’importanza di un voto responsabile perché il futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti passa attraverso un’Europa indipendente dai grandi blocchi mondiali e capace di costruire al suo interno il Bene Comune di tutti i popoli.

Editoriale

Aprire oggi

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VERSO LE ELEZIONI EUROPEE La prospettiva delle elezioni europee si rivela un “momento favorevole”, per manifestare alcune prese di posizioni comuni ai movimenti di Azione Cattolica riuniti nel Relais Europeo. Il progetto europeo è nato dopo due guerre mondiali ed è stato animato dal desiderio di una pace durevole. In questi sessanta anni molti passi sono stati fatti nella costruzione di un’Europa solidale e attenta ai diritti delle persone e dei popoli: non li possiamo ignorare né dimenticare, né possiamo tornare indietro dimenticando i traguardi raggiunti. Oggi noi, tra le diverse urgenze, vogliamo insistere sulla necessità di: • Gestire le Istituzioni europee con una conduzione più democratica e partecipativa. Un’Europa della centralità dei popoli, dei cittadini, della società civile che tenga conto delle esigenze delle persone e delle comunità. • Rimettere al centro delle politiche europee la persona senza che essa sia assoggettata unicamente alle logiche economiche e finanziare. • Dare maggiore peso e spessore all’educazione ai valori europei, essere attenti ai diritti umani e difende i diritti sociali come il diritto alla salute, alla famiglia, al lavoro, alla casa. Valorizzare i corpi intermedi e il principio di sussidiarietà. • Costruire un’Europa che non si lasci condizionare dalla paura e dalle diverse crisi ma che sia capace, secondo la sua tradizione, di essere solidale, accogliente, inclusiva nel rispetto delle differenze culturali, storiche e religiose. Favorire l’apprendimento vicendevole delle lingue primo strumento di dialogo. Favorire la valorizzazione delle differenti tradizioni culturali e la promozione dello scambio tra culture ed esperienze umane, sociali e lavorative. • Promuovere l’accoglienza dei migranti e lottare contro tutti i discorsi di odio e discriminazioni di ogni genere. Un’Europa impegnata nella cooperazione internazionale con particolare riguardo a quei paesi e continenti da cui i popoli sono costretti ad emigrare. • Far conoscere la dottrina sociale della chiesa quale guida per una Europa che lotti contro la corruzione e promuova la giustizia sotto tutte le sue forme. Il principio di sussidiarietà espresso nella Dottrina sociale della chiesa permette di vivere una vera democrazia dove ciascuno trova il suo posto sia individualmente che collettivamente, dando il loro ruolo ai corpi intermedi. Per essere fedeli ai nostri impegni di cittadini e di cristiani noi vogliamo fin da ora partecipare attivamente alle prossime elezioni del Parlamento europeo; essere attenti al progetto europeo che i candidati proposti porteranno avanti oltre le logiche e le visioni ristrette e strumentali dei partiti nazionali. Insieme domenica 7 aprile 2019 gruppi, territori, comitati nazionali dei nostri movimenti sono invitati a porre un gesto simbolico per illustrare le nostre priorità. I Responsabili del Movimento Rinascita Cristiana, il Comitato Consultivo del Movimento Rinascita Cristiana, i Presidenti dell’ACI Francia, i Presidenti dell’ACI Portogallo, i Presidenti dell’ACi Belgio, i membri delle nostre Associazioni che a Strasburgo seguono i lavori della Commissione Europea quali rappresentanti della nostra ONG

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Società

Conoscere le istituzioni europee per discernere il bene comune

di Alessandro Monti, già ordinario di Politica economica – Camerino

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ercepite come lontane e intoccabili, le decisioni assunte in sede comunitaria sono in realtà sempre più penetranti e al tempo stesso contendibili. Direttive e regolamenti prodotti dall’Unione Europea (UE) e recepiti nel nostro ordinamento incidono ormai su ogni attività politica, economica e sociale investendo i più vari aspetti della vita quotidiana con effetti non sempre in linea con le aspettative. Serve perciò conoscere ruolo, articolazione e adempimenti delle istituzioni europee e strumenti disponibili per farle funzionare meglio, a vantaggio del bene comune. L’UE è l’evoluzione della Comunità Economica Europea, creata nel 1957 per favorire “pace e prosperità”. Allargata progressivamente fino a 28 Stati caratterizzati da eterogeneità di non facile armonizzazione, alla UE aderiscono ora Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Con l’obiettivo di far seguire la piena integrazione politica alla cooperazione economica e commerciale e al libero transito di merci e persone, sono state cedute all’UE numerose “sovranità” degli stati nazionali: unione doganale, regolamentazione del mercato comune, politica agraria a monetaria, conservazione degli ecosistemi marini, stipula di trattati internazionali. Restano agli Stati la politica fiscale e di bilancio. L’organo politico di vertice é il Consiglio Europeo dei Capi di Stato o di Governo che si riunisce 4 volte all’anno a Bruxelles e definisce gli orientamenti generali e le priorità. Il presidente è eletto dal Consiglio stesso e dura in carica due anni e mezzo. Più operativo è il Consiglio dell’Unione Europea (Consiglio dei Ministri Europei) che dispone di ampi poteri normativi. Presieduto a rotazione per sei mesi dal capo del governo e dai vari ministri di ciascuno dei paese aderenti. I Consigli dei Ministri Europei sono attualmente 10: Affari generali, Affari esteri, Affari economici e finanziari (Ecofin), Agricoltura e Pesca, Giustizia e affari interni, Occupazione, Politica sociale, Salute e consumatori, Competitività, Trasporti, Telecomunicazioni ed energia, Ambiente, Istruzione, Gioventù e cultura. Il Parlamento Europeo è l’unico organo che dal 1979 i cittadini scelgono ogni 5 anni. Nella nona tornata elettorale (23-26 maggio 2019) l’Italia eleggerà 76 dei 751 deputati del Parlamento che si riunisce a Strasburgo: 3 in più 5


Società rispetto al 2014, per effetto del riparto dei seggi prima spettanti alla Gran Bretagna. L’elezione é con il sistema proporzionale, fino a 3 preferenze. Per essere ammesse al riparto dei voti ottenuti su base nazionale, le liste debbono superare il 4% dei votanti nell’unico collegio nazionale, diviso in 5 macro circoscrizioni plurinominali. Nel Parlamento attuale i 73 deputati italiani sono distribuiti in 8 gruppi politici. I primi 4 sono: Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (31, di cui PD 26), Partito Popolare Europeo (14 di cui 12 FI), Europa delle Libertà e della Democrazia Diretta (14 di cui 11 del M5S) ed Europa delle Nazioni e delle Libertà (6 Lega). L’organo esecutivo dell’UE è la Commissione Europea che ha sede a Bruxelles. Composta da 27 Commissari designati da ciascuno degli Stati, avendo il monopolio del potere di iniziativa legislativa propone l’adozione di tutti gli atti normativi, la cui approvazione spetta però al Parlamento Europeo, Consiglio Europeo e al Consiglio dell’Unione Europea. La Commissione è responsabile dell’attuazione di tutte le decisioni politiche degli organi legislativi gestendo tutti gli interventi e relative spese.. Meno nota, la Banca Centrale Europea (BCE) provvede alla politica monetaria e alla vigilanza sugli enti creditizi. Ne fanno parte solo i governatori delle Banche Centrali dei 19 Paesi che dal 2002 hanno aderito alla moneta unica, la cosiddetta euro zona. L’obbligo più oneroso a carico degli Stati é il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) che dal 1997 sottopone alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo la manovra di politica economica prima dell’approvazione dei parlamenti nazionali. L’intento è di assicurare la sua sostenibilità attraverso vincoli (eventuali deficit entro il 3%, indebitamento accumulato inferiore al 60% del PIL) che, se superati, comportano multe e impegni al loro riassorbimento. In Italia l’alto debito pregresso, alla fine del 2018 attorno al 130% del PIL, comprime la flessibilità delle politiche di crescita. L’atto più significativo dell’UE resta l’approvazione del Bilancio Annuale da parte del Consiglio Europeo dopo intensa negoziazione tra Commissione Europea e Parlamento Europeo. Il bilancio per il 2019 ammonta a ben 165,8 miliardi di euro (+ 2,4% rispetto al 2018) con i seguenti obiettivi: potenziare la crescita, promuovere l’occupazione e creare nuovi posti di lavoro; migliorare l’efficacia della coesione dell’UE e l’agricoltura; promuovere la competitività; affrontare la dimensione interna ed esterna della migrazione; garantire la protezione delle frontiere esterne. Spetta al Parlamento Europeo monitorare l’attuazione degli obiettivi affidata alla Commissione e denunciare eventuali inadempimenti. Spetta però ai cittadini adoperarsi per verificare sul campo l’adeguatezza delle scelte adottate a Bruxelles segnalando ai deputati europei eletti con il proprio voto eventuali incongruenze e possibili rimedi. 6


Movimento

Pensiero critico

in Rinascita Cristiana di Licio Prati Molti cattolici, e con essi noi di Rinascita, si interrogano sulle manipolazioni delle notizie che avvelenano il clima sociale. In un tempo in cui i fatti si mescolano sempre più alle opinioni e alle fake news e la politica sembra cavalcare l’onda di un’informazione che non fa che aumentare la distanza tra percezione e realtà, la questione della formazione di un pensiero critico si pone in tutta la sua gravità. Per avviare un processo di coscientizzazione che possa innescare un cambiamento a partire dai singoli e dalle comunità ecclesiali, Rinascita Cristiana ha organizzato il Seminario su “Informazione, pensiero critico e bene comune” a Roma, dall’11 al 13 gennaio. 1. La crisi antropologica. Qualche hanno fa, abbiamo avvertito l’urgenza di ricollegare frammenti di personalità e di vita in un contesto sociale frammentato e incerto. Si parlava di crisi antropologica e si volevano, così, evidenziare i cambiamenti profondi nella struttura della personalità. Essenziale ci è sembrato mettersi al servizio di un progetto di uomo “unificato”, cominciando da noi stessi. Unire fede e vita – secondo lo slogan classico di RC – richiede personalità unificate anche in sé stessi. Abbiamo individuato nella coscienza e nel senso profondo di responsabilità, fattori essenziali, proprio perché in crisi ed appannati in un sentire diffuso e percepito, per una visione “personalistica” dell’essere umano e, conseguentemente, per una degna convivenza civile. I seminari di Rinascita non sono finalizzati alla scienza, ma alla sapienza. Ci vogliono aiutare a collegare (unificare) il pensare, il volere e l’agire. Possono divenire forme di ascesi e di spiritualità. 2. Una convinzione. La dimensione pubblica dell’esperienza cristiana. Abbiamo cercato di orientarci in questa direzione con in mano, come una bussola, la parola di Dio e con un occhio all’orizzonte; non all’orizzonte dell’interesse, della realizzazione, del tornaconto personale, ma all’orizzonte grande dell’umanità di cui facciamo parte, di cui siamo intessuti: quella del quotidiano, della globalizzazione, delle contraddizioni. Cerchiamo anche di guardare alla convivenza umana con lo sguardo di Dio, cercando in essa la presenza del Risorto, della sua pace, della sua verità, della sua giustizia. È, infatti, convinzione profonda che l’esperienza cristiana, se è vero che nasce nel profondo del cuore – cuore inteso come centro della persona e nucleo incandescente della libertà – da un incontro misterioso ma certo e trasformante con lo Spirito di Dio, è altrettanto vero che diviene esperienza di fede adulta solo nella dimensione pubblica della vita. 7


Movimento Basta solo guardare al Vangelo, al mondo di san Paolo e delle prime comunità cristiane – vedi ad esempio nella Lettera di Paolo a Tito l’appello ai Cretesi per fare la propria parte per il bene della collettività isolana... E ricordarsi delle parole di Paolo: “con la fede si ottiene la giustificazione e, con la professione di fede, la salvezza” – in cui la fede detta e testimoniata (parola) è la soglia verso il mondo e la porta dell’evangelizzazione. 3. La crisi sociologica. Dapprima una sensazione, poi la certezza che i sistemi di vita associata, pubblica, civile abbiano raggiunto la “temperatura critica”: il punto critico di trasformazione: di dissolvimento, di fusione, di congelamento. Questo ci ha convinti a non inseguire la cronaca, ma a renderci conto dei meccanismi profondi che da decenni, con mano forte, regolano nella nostra società i rapporti tra persone, popoli, sistemi economici, culturali e politici. Insomma, crisi antropologica e crisi sociologica si nutrono l’una dell’altra; è una forma di autocannibalismo in cui ci si sta consumando se non si vigila e non si va in controtendenza. Sarebbe la “sindrome di Erisittone, re di Tessaglia: un re che soffriva di bulimia e mangiava tutto ciò che gli capitava sotto mano, uomini compresi. Fu condannato dagli Dei ad aver fame in eterno e a dover mangiare le proprie carni e nutrirsi del proprio sangue (Cfr. in G. Orsina, La democrazia del narcisismo. Breve storia dell’antipolitica, Marsilio 2018). 4. Tre punti di partenza. Questi scenari hanno sollecitato Rinascita Cristiana ad assumere tre punti da cui partire, tre atteggiamenti di fondo. a. Urgenza di un impegno pubblico (non basta il solo gruppo di riflessione, ma l’azione concorde dei vari gruppi) e di un esercizio di responsabilità, specie verso le generazioni future. b. Consapevolezza che oggi è tempo di semina, non di raccolto: preparare e prepararsi per i tempi lunghi. c. Non assumere gli stessi comportamenti e strumenti di un modo di vivere e di gestire i beni comuni (o il bene comune) che evangelico non è, né degno dell’uomo: l’odio si combatte con l’amore, la stupidità con la sapienza, la menzogna con la verità, il giustizialismo e la ricerca del capro espiatorio con l’azione responsabile e il rispetto dei diritti sociali, ossia con l’esercizio responsabile della libertà, e così via. 5. Su una strada di profezia. Gli scenari che ho ricordato e le strade su cui muoversi ci chiedono di dare una bella “ripulita” al nostro modo di vivere la fede, con amore e speranza. Oggi ci viene richiesto di essere più che mai profeti: se dentro di noi avremo accolto lo spirito di verità e di vita, saremo in grado anche di dare spazio ed esprimere lo spirito di profezia che accompagna la fede del credente. Saremo in grado di aiutare questa società a ricono8


Movimento scere la bontà con cui Dio accompagna verso il bene e il vero la storia umana. Non cerchiamo gli applausi, ma il volto e le mani di Dio. Nel vangelo di Luca le prime parole che Gesù pronuncia - a Nazareth nella sinagoga – non sono del tipo “Guardate me, io sono il salvatore!”, ma “Aprite gli occhi, perché oggi Dio sta realizzando le sue promesse, per mezzo mio”(Oggi questa scrittura si è compiuta nei vostri orecchi). 6. L’apporto di compagni di viaggio nella nostra ricerca. Il nostro viaggio di Rinascita si è compiuto e vuole compiersi in compagnia di molti; innanzitutto la ricerca che i gruppi hanno portato avanti con la meditazione e l’inchiesta degli ultimi piani di lavoro. Ma anche la compagnia delle esperienze degli altri: documenti e dichiarazioni ecclesiali, gruppi ecclesiali (CNAL) e civili di impegno, persone singole, eccetera. Soprattutto proficui gli incontri aperti di RC: dai soggiorni estivi di Malosco agli incontri interregionali e, di recente, i due seminari nazionali “divenire alleanza” e “il metodo di RC come spiritualità”. La riflessione di oggi ci ricollega al soggiorno estivo a Rocca di Mezzo (2016). È uno stile! 7. Chi cerca, trova. Stiamo cercando; e che cosa ci sembra di aver trovato? Per questo siamo qui a Casa-tra-noi, in questo gennaio 2019. Scenari, piste, compagni di viaggi ci suggeriscono che c’è un rapporto essenziale, costitutivo tra parole, relazioni, vita, bene comune, vita onesta e onestà nella fede. a. C’è un rapporto stretto tra ambiti di ricerca: tecnologia massmediatica, scienze della comunicazione, filosofia del linguaggio, teologia della Parola fatta carne. b. C’è un legame vitale tra parola e verità. c. C’è un rapporto profondo tra parola, qualità delle relazioni umane e dignità umana. d. In sostanza c’è un vincolo che unisce, parola – verità – libertà – promessa di bene e di futuro. Abbiamo bisogno che questi “beni” siano sempre più presi in considerazione nel loro spessore storico, mutevole come la superficie del mare, ma anche nelle profondità abissali dell’umano e dell’oceano di Dio. 8. Per concludere. E le profondità di Dio, non sono abissi di tenebra, ma di luce e fonte di vita. Perché la “Parola” si è fatta carne: la carne di Maria, la carne del pane spezzato e condiviso nell’Eucaristia, la carne del corpo che è la Chiesa, la carne delle Sacre Scritture. Ed anche la carne del Risorto che si può toccare e abbracciare; e che ci dona lo Spirito della vita. 9


Movimento

Democrazia e informazione per una coscienza sociale

a cura della Redazione Su questo tema si è svolto l’intervento ricco e articolato del gesuita P. Francesco Occhetta. Non potendo riprodurlo integralmente per la sua ampiezza rimandiamo alle lettura del suo libro appena pubblicato dalla San Paolo “Ricostruiamo la politica – Orientarsi nel tempo dei populismi”. Poiché il nostro piano di lavoro sottolinea l’importanza dell’informazione nell’attuale momento sociale e politico, proponiamo alcune suggestioni della conferenza tratte dai nostri appunti.

Percezione e realtà

A costruire il consenso politico è in buona parte l’informazione. Partiamo da un dato, anche per la politica la Rete è come una “soglia” sulla quale si affaccia la vita politica degli uomini: per alcuni è “una fine” da cui difendersi, per altri è “il fine” a cui tendere, per altri ancora è un “con-fine” da abitare umanamente. Basta un dato: l’82% degli italiani non sa riconoscere una notizia falsa, una fake news, lo afferma il Rapporto infosfera. C’è una percezione della realtà che ha bisogno di slogan e soluzioni immediate e tocca le tante paure; c’è una realtà complessa che ha bisogno di studio, alleanza tra saperi e la volontà di costruire più che distruggere. Hannah Arendt ha scritto nel suo volume “Le origini del totalitarismo”, parole che ci impongono di fermarci: «Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più». Anzi, sembra che l’informazione abbia come fine la costruzione del “male comune”: lancia parole come pietre, distrugge la reputazione delle persone, istiga la violenza, ridicolizza le voci delle istituzioni, tocca le emozioni e le credenze più irrazionali degli utenti, inietta sospetto sui fatti, inventa le «bufale», è senza memoria, permette alla stessa fonte dire una cosa e il giorno dopo il suo contrario. “La propaganda vince e umilia l’informazione” perché le parole sono come piccole fiammelle che incendiano e devastano ciò che di buono è stato costruito fino a oscurare i dati della scienza. 10


Movimento Ricostruire la coscienza sociale

Questo non è solo il periodo della post-verità ma è anche il tempo della post-coscienza che ha smesso di cercare il bene. Si risveglia e si assopisce la coscienza nella storia. La formazione di una coscienza sociale può essere garantita soltanto da un’opinione pubblica formata, capace di distinguere il bene dal male. Non si tratta, come pensano molti, di imporre la verità insegnandola, bensì educando a disvelare la verità (dei fatti), e ciò nel senso più alto del termine, del «tirare fuori» risorse, innovazioni e valori: dai cittadini e dalla società. Il siero per contrastare gli effetti della cultura della post-verità sono la testimonianza e la capacità di dare buone notizie. Quelle che difendono la vita, rispettano il dolore, costruiscono bene comune. Il giornalismo (anche ecclesiale) deve aiutarsi a correggersi, rettificarsi e scusarsi; liberarsi dall’essere megafono servile del potente di turno. Favorire che si parli di più e meglio di Europa, essere trasparente nelle assunzioni, nelle nomine e nelle retribuzioni. Resta il problema della veridicità delle fonti e della loro reperibilità. Ma la verità dei fatti è soprattutto questione di sguardi e di linguaggio. È «saper vedere ciò che altri non vedono, mettere in rete ciò che altri scartano, essere sale e lievito che non addormenta, ma aiuta conoscenza e trasformazione». «Raccontare la realtà e parlare chiaro come dovere etico», «siamo chiamati a capovolgere il punto di vista, recuperando magari il linguaggio dei bambini».

Un’etica della comunicazione

Un autogoverno di sé che parte da un decalogo di questo tipo, chiamato parole O-stili: 1. Virtuale è reale. Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona. 2. Si è ciò che si comunica. Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano. 3. Le parole danno forma al pensiero. Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso. 4. Prima di parlare bisogna ascoltare. Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura. 5. Le parole sono un ponte. Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri. 6. Le parole hanno conseguenze. So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi. 7. Condividere è una responsabilità. Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi. 8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare. 9. Gli insulti non sono argomenti. Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi. 10. Anche il silenzio comunica. Quando la scelta migliore è tacere, taccio.

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Movimento Infine è utile fare attenzione a siti che hanno nomi strani o domini rari che terminano con «com.co»: sono spesso versioni finte di reali siti di notizie. Ulteriori garanzie sono: controllare la pagina «Chi siamo» e prestare attenzione alle storie che non vengono riportate altrove. Un evento che fa notizia deve avere altre fonti. Quando una notizia non è firmata e non ha alcuna fonte, bisogna insospettirsi. Gli ultimi due accorgimenti sono controllare la data — una pratica dei creatori di fake news è prendere vecchie notizie e rilanciarle — ma allo stesso tempo essere attenti a non confondere una notizia falsa con una satirica, che utilizza parodie di contenuti editoriali veri.

La contrapposizione tra “popolo puro” e “comunità politica”

È la cultura di un popolo democratico ad arginare ogni tipo di populismo. Una «politica del popolo» si distingue da una politica populista perché, quando il popolo vuole cambiare, ha sempre una vocazione internazionale, mentre nella politica populistica il «popolo» è sinonimo di chiusura e di identità. È per questo che il leader populista non serve il popolo, ma lo utilizza strumentalmente per i propri fini, come ha scritto Zagrebelsky1: «Il crucifige! fu un urlo unanime”. Quella folla non era un soggetto, ma un oggetto. Una folla di questo genere era per sua natura portata all’estremismo, alle soluzioni senza sfumature, prive di compromessi». Per i populisti il popolo deve rimanere un oggetto. La tradizione europea del personalismo cristiano insegna la costruzione di comunità politiche che fanno del popolo una comunità di soggetti morali, liberi e pensanti. Antidoti: spirito riformista, cultura della mediazione, interclassismo, coesione sociale, centralità della persona. Parole chiavi per la nostra missione di Chiesa: formazione delle coscienze; nuovi luoghi; la cura del livello pre-politico e pre-partitico; il ruolo delle comunità che coniughino pensiero e azione; rendere condivisi i temi della Dottrina sociale della Chiesa nello spazio pubblico come immigrazione, lavoro, giustizia riparativa, la categoria delle periferie, l’ambiente, il dialogo interreligioso e interconfessionale, il fondamento universale dei diritti della persona ecc. E poi tanta formazione!!!

Il compito di Rinascita Cristiana

L’invito è quello di formare le coscienze senza stancarsi, offrire luoghi di incontro sia reali che virtuali, fornire griglie di discernimento basate sulla costituzione e la dottrina sociale della Chiesa. Riscoprire il ruolo della mediazione, il valore di essere comunità, il senso della vicinanza perché quando spariscono i volti inizia la paura. Essere voce nello spazio pubblico per distinguere l’umano dal disumano, il vero dal falso, senza paura di essere minoranza. 1  Zagrebelsky: «Il crucifige! fu un urlo unanime […]. Quella folla non era un soggetto, ma un oggetto. Una folla di questo genere era per sua natura portata all’estremismo, alle soluzioni senza sfumature, prive di compromessi». G. Zagrebelsky, Il «crucifige!» e la democrazia, Torino, Einaudi, 1995.

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Movimento

Informazione e comunicazione

di Roberta Masella Stimolante per noi l’intervento del Prof. Don Luca Pandolfi, nell’ambito del seminario di aggiornamento “Informazione, pensiero critico e bene comune”. Siamo parte, per lo più, di una generazione che ha attinto l’informazione dai mass media (giornali, radio, TV...) ma che si è accostata, per quanto ha saputo e voluto, anche ai social media (informazione on-line, whatsapp, facebook...), guardandoli tuttavia con un certo timore, forse proprio avvertendo che il rapporto con questi mezzi di comunicazione cela qualche insidia di troppo.

D

on Pandolfi ci ha consegnato un messaggio: dobbiamo essere più coscienti che siamo dentro i social media volontariamente o involontariamente, perché il mondo digitale ci ha investito; facciamo parte del gioco anche senza rendercene conto e corriamo, come tutti, il rischio di vedere alterata la nostra percezione della realtà. Nel mondo digitale è fondamentale “tenere attiva la dimensione della consapevolezza, cioè di come siamo e del fatto che lo strumento ha un suo modo di agire, ma anche quello della responsabilità, per far diventare il mezzo un luogo abitabile”. La comunicazione investe la dimensione relazionale dell’uomo e richiede consapevolezza e responsabilità; per questo i social sono efficaci se partono dalla comunità: se c’è condivisione, e non solo trasmissione di dati, è più difficile creare bugie (le famose fake news) perché la costruzione di significato è fatta insieme. Il contrario di quanto avviene nella comunicazione social di leaders politici o personaggi pubblici che propongono una comunicazione autoreferenziale e conflittuale. Nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali, Papa Francesco scrive: “Nei social troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’esterno al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni pregiudizio”. Occorre tener conto di un altro dato sensibile nei social ed è lo sviluppo delle notizie. Spazio e tempo nella rete non sono più le categorie a cui abbiamo fatto riferimento, le notizie si avvicendano rapidamente, si sovrappongono, si annullano. “La differenza col passato, nella comunicazione social, è la velocità, che non fa parte della dinamica della vita umana ma della dinamica dei processori. Oggi diciamo correndo“ (Pandolfi). Tuttavia l’informazione è un bene comune e come di ogni bene comune, ne siamo responsabili. Ancora una volta è emersa la di13


Movimento mensione della “relazione” come fondamentale del nostro essere uomini/ donne, di cui la comunicazione è perno.

Le slides del Prof. Pandolfi

La prima slide, nella sua apparente semplicità, è paradigmatica, perché richiama alla complessità della comunicazione. Sia la maschera africana(quanti volti?) sia il quadrato (quanti quadrati?) ci dicono che un primo sguardo non dà l’esito di un esame più attento; se si cambia il punto di osservazione, la realtà è a più logiche. Bisogna essere disposti a cambiare il punto di osservazione.

A una comunicazione centralizzata, che ha grande potere, i social media hanno tentato di affiancare una comunicazione decentralizzata creando dei feed-back (risposte di ritorno da parte del destinatario del messaggio). È utopica invece una rete distributiva: il noi non è un concetto unificante. La rete è un campo su cui si trovano più giocatori. Il concetto di campo è mutuato dalle scienze fisiche: c’è un campo quando ogni energia che interviene produce un cambiamento per interazione; ogni componente del campo interagisce con le altre a partire dalla posizione in cui si trova; se cambia posizione, cambia l’interazione. Così è per la comunicazione. I mass media, pur nella pluralità dei mezzi di informazione, veicolano una trasmissione unidirezionale e denunciano una difficoltà della risposta di ritorno. I social media hanno una trasmissione pluridirezionale, risposte di ritorno immediate anche se superficiali, gestione partecipata del potere di trasmissione (difficile da governare). Il mezzo ci cambia, ma noi possiamo cambiare il mezzo, abitarlo, starci dentro.


Chiesa nel mondo

Gli orizzonti di Francesco pace e fratellanza universale

a cura della Redazione

La buona politica è al servizio della pace

L

a pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy; è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione… In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.

La partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro

Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i

giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona… Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana. 15


Chiesa nel mondo

No alla guerra e alla strategia della paura

Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate. 16

Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità.

Un grande progetto di pace

Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli». La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:


Chiesa nel mondo - la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”; - la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; - la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire. (Dal Messaggio per la giornata mondiale della pace 1° gennaio 2019)

Francesco negli Emirati Arabi

L’immagine che resterà indelebile è quella di Papa Francesca e il Grande Imam che entrano insieme mano nella mano al Founder’s Memorial. Dopo i rispettivi discorsi, firmano un Documento comune sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, benedicendo – sempre insieme, come in tutte le tappe del viaggio – la prima pietra di una chiesa e una moschea che sorgeranno l’una accanto all’altra. Dagli Emirati Arabi Uniti, meta del suo 27° viaggio apostolico, Papa Francesco – “come credente assetato di pace, come fratello che cerca la pace con i fratelli” – lancia un messaggio di dialogo, pace e riconciliazione che ha una parola d’ordine ben precisa: “Fratellanza”. “Anche noi oggi, nel nome di Dio, per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come

un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza”. “Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata”, afferma Francesco mettendo in guardia dal profanare il nome di Dio utilizzandolo per giustificare l’odio e la violenza. Il “coraggio dell’alterità” è l’anima del dialogo: “Non c’è alternativa: o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro”. Costruire ponti fra i popoli e le culture è il compito urgente a cui le religioni non possono rinunciare. “Rispetto, tolleranza, convivenza fraterna, sviluppo umano”, sono gli ingredienti per promuovere una cultura della pace, che comporta la necessità di investire sui giovani, per formare “identità aperte” che non si lascino ingannare da messaggi negativi e fake news. (Il Documento è reperibile sul sito www.vatican.va)

Quinta Giornata Mondiale contro la tratta di persone

Al termine dell’Angelus di domenica 10 febbraio Papa Francesco, nella memoria liturgica di Santa Giuseppi-

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Chiesa nel mondo na Bakhita, si è rivolto alla piazza con l’appello: “Insieme contro la tratta” invitando la piazza a ripeterlo più volte affinché entri chiaramente nella coscienza di ognuno. “Faccio appello specialmente ai governi, perché siano affrontate con decisione le cause di tale piaga e siano protette le

vittime. Tutti però possiamo e dobbiamo collaborare denunciando i casi di sfruttamento e schiavitù di uomini, donne e bambini. La preghiera è la forza che sostiene il nostro impegno comune”. “Ringrazio tutti coloro che combattono su questo fronte, in particolare tante religiose”.

Guardare in faccia il male, raccontarlo per sconfiggerlo Dal 21 al 24 febbraio “nell’aula del Sinodo si è riunito un popolo, proveniente da tutti gli angoli del mondo, che si è messo in ascolto, e ha dato la voce a chi per anni era stato ammutolito dall’assurdità del male e dalla paura degli uomini e oggi ha potuto raccontare la sua storia. Non è stata la sconfitta del male, ma è l’inizio di un processo che porterà a dire con fermezza che il male può essere sconfitto”. Così Andrea Monda, direttore de “L’Osservatore Romano”, sintetizza l’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”. “Non è stato un incontro che ha affrontato la questione per chiuderla, bensì per avviare un processo che svilupperà effetti, produrrà frutti concreti”. Per il direttore, “tra tutti due momenti hanno ‘lasciato il segno’: le testimonianze delle vittime e la conseguente liturgia penitenziale di sabato 23 febbraio”. Infatti, “guardare in faccia il male non lascia indifferenti, non fa rimanere tutto uguale”. E di fronte a un Occidente intorpidito serve un popolo che sia capace di guardare il male e di raccontarlo. Il 25 febbraio si è svolta in Vaticano una riunione tra i vari dicasteri: il punto di partenza nella lotta agli abusi dovrà sempre essere l’ascolto delle vittime. Alessandro Gisotti, direttore della sala stampa vaticana, ha dichiarato che “è stato innanzitutto e unanimemente messo l’accento su quanto fosse necessario tale incontro, fortemente voluto da Papa Francesco, che ora dovrà essere seguito da misure concrete come richiesto con forza dal Popolo di Dio. Negli “interventi liberi” dei capi Dicastero, un punto sottolineato con forza è quello del maggior coinvolgimento dei laici su questo fronte e la necessità di investire nella formazione e nella prevenzione dei chierici. L’evento in Vaticano secondo P. Hans Zollner, membro del comitato organizzativo “ha realizzato tutto ciò che poteva realizzare”; “molti hanno detto di tornare a casa trasformati anche grazie alla testimonianza delle vittime e del dialogo franco e molto sincero che c’è stato”. A noi di RC è sembrato che la chiesa, con questo evento, abbia iniziato un momento di grande profezia e rinnovamento. (I documenti sono a disposizione su www.vatican.va)


Piano di Lavoro

Fiducia e democrazia Novara e Castellammare

Non è possibile pubblicare interamente il lavoro interessantissimo fatto dai gruppi, riproduciamo quindi solo l’ultima parte del gruppo di Renzo Seren e la ricerca sulle parole fiducia e democrazia del gruppo di Giuliano Subani. Ambedue i contributi offrono una riflessione utile in vista dei prossimi appuntamenti europei. Del gruppo di Castellammare pubblichiamo l’agire con un invito alla testimonianza. I testi interi sono consultabile sul sito di Rinascita Cristiana www.rinascitacristiana.org

DAL GRUPPO SEREN Quella che noi stiamo attraversando non è la democrazia dei grandi statisti e dei cittadini illuminati che hanno sacrificato l’interesse individuale per costruire una civiltà di pacifica convivenza e di tolleranza sociale. Oggi, primeggia l’indifferenza e l’incauto uso del concetto di libertà. L’ignoranza sale in cattedra a dettare la sua legge dell’ingiustizia, dell’improvvisazione, dell’avidità di potere. Le persone competenti disturbano perché portano in evidenza i limiti della realtà, gli insegnamenti della Storia e le ragioni della prudenza. Qualcosa va detto anche in merito al modo con il quale si vuole sempre più definire la volontà popolare, confondendo il concetto di democrazia con lo strumento della maggioranza. E’ sicuramente edificante pensare che la volontà popolare sia la depositaria della sovranità, ma è veramente espressione di imbecillità pensare che questa sovranità possa essere espressa soltanto da una maggioran-

za; è, invece, facile capire che ci vogliano contrappesi istituzionali e costituzionali per evitare di tradurre la volontà del popolo in “dittatura della maggioranza”. Il popolo è una entità completa che non si può mai identificare in una percentuale. Eppure, sempre più frequentemente mi sento dire che decisioni non in linea con il mio pensiero esprimono la volontà del popolo perché maggioritarie; ma io... non faccio più parte del popolo? La verità non la si può decidere a maggioranza. Questa è solo uno strumento decisionale, efficace se inquadrato in un corpo di regole rispettoso delle minoranze e dei diritti fondamentali universali. Non dimentichiamoci che il nostro Paese risulta ai vertici mondiali per analfabetismo funzionale: circa il 47% degli italiani tra i 14 e i 65 anni non sa interpretare un testo scritto, comprendere un discorso, usare scrittura e calcolo in modo efficiente nelle varie situazioni quotidiane. È evidente che sia necessario un bagno di umiltà che spenga i toni arroganti 19


Piano di Lavoro confezionato. Si racconta sempre solo una mezza verità. c) Riscoprire di essere cittadini ed elettori responsabili, titolari di diritti e di doveri e in particolare corresponsabili delle scelte democratiche degli uomini incaricati di definire le regole. d) Smetterla di considerarsi piccoli ingranaggi senza la possibilità di incidere sul funzionamento di un meccanismo più grande di noi. In democrazia, tutte le scelte sono importanti e decisive nella dinamica collettiva. di chi ritiene la democrazia un terreno di conquista dell’ignoranza e non la regione illuminata della libertà. Dopo aver affrontato questo aggrovigliato mondo alla ricerca della democrazia, è opportuno fare qualche proponimento di conversione e di accentuazione dell’agire sul versante della buona cittadinanza. Si sottolineano in particolare quattro punti fondamentali per riconquistare la via democratica: a) Consolidare legami e ideali; sconfiggere la frenesia di un mondo dove tutto invecchia ancora prima di giungere a maturazione e i continui cambiamenti non sono finalizzati a produrre un reale miglioramento. b) Andare sempre alla ricerca anche dell’altra faccia della medaglia. Nonostante la ridondanza delle informazioni, le vicende quotidiane vengono presentate con una faccia sola della medaglia, quella che risponde ad un interesse precostituito, ad un pregiudizio già 20

DAL GRUPPO SUBANI Il nostro gruppo ha scelto il difficile tema di Fiducia e democrazia, attuale e appassionante, cominciando dalla ricerca del significato delle parole “democrazia” (nelle sue diverse forme) e “fiducia” (quale principio base della convivenza civile). Ha quindi preso coscienza dell’attuale crisi di fiducia nella democrazia. A questo punto è sorta impellente la domanda: senza un’informazione sufficientemente corretta può il cittadino medio costruirsi un’opinione politica ed esprimere coscientemente la sua scelta democratica? Per rispondere alla domanda il gruppo ha scelto di approfondire le modalità con le quali ciascuno di noi accede alle informazioni, per poi interrogarci se queste ci coinvolgano in modo emozionale anziché razionale. Ecco quindi l’argomento scelto: INFORMAZIONE: EMOZIONALE O RAZIONALE? Preliminarmente il


Piano di Lavoro gruppo ha svolto la ricerca delle definizioni, per passare ai consueti momenti dell’Osservare, Valutare, Agire.

Definizioni

Fiducia [dal lat. fiducia, fidere «fidare, confidare»] – Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità; Democrazia [dal gr. δημοκρατία, comp. di δῆμος «popolo» e -κρατία «-crazia»]. – Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi; o anche forma di governo che si basa sulla sovranità popolare esercitata per mezzo di rappresentanze elettive, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico. Quasi sempre il termine “democrazia” è accompagnato da un aggettivo, che specifica la sua peculiarità come ideale e come metodo di espressione della volontà popolare, si hanno quindi: • democrazia diretta o plebiscitaria, quando il potere è esercitato direttamente da assemblee popolari o mediante plebisciti; • democrazia indiretta, rappresentativa, parlamentare, quando il potere è esercitato da istituzioni rappresentative costituite mediante libere elezioni;

• democrazia partecipativa, quando si cerca di creare le condizioni per cui il maggior numero di membri di un corpo politico possa portare contributi significativi ai processi di decisione, anche partecipando direttamente alle decisioni; • democrazia elettronica, quando, con l’utilizzazione delle nuove tecnologie elettroniche (Internet), si consentirebbe la partecipazione dei cittadini alle decisioni che li riguardano e si assicurerebbe la trasparenza nella gestione della cosa pubblica e la correttezza nella trasmissione delle informazioni; • democrazia recitativa, oggi assistiamo ad una rappresentazione scenografica che ha per palcoscenico lo Stato, i governanti come attori protagonisti e il popolo come comparsa occasionale che entra sul palco solo con le elezioni per poi passare subito in platea come spettatore; • post-democrazia, è un sistema politico che, pur formalmente regolato da istituzioni e norme democratiche, viene in effetti governato e pilotato dalle grandi lobby (società multinazionali) e dai mass media. Informazione - É il mero scambio di notizie e dati dai media al pubblico, servizio che risponde al bisogno delle comunità di conoscere. Se vengono rispettate le regole, la notizia dovrebbe passare previo controllo e verifica delle fonti (principio di verità). Altrimenti è fake news. 21


Piano di Lavoro Comunicazione – la trasmissione di messaggi che hanno lo scopo di orientare il modo di pensare del pubblico (consumatore, elettore, ecc.), nel senso previsto e voluto da chi comunica. Colui che formula ed emette il messaggio ha quindi come obiettivo quello di persuadere chi lo riceve. Post-verità - Argomentazione caratterizzata da un forte appello all’emotività che, basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati, tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica.

DAL GRUPPO DI LORENZO L’osservazione è partita dalla sanità pubblica, perché è un campo che presenta molte criticità, certamente a causa dei tagli dello stato, della cattiva gestione ascrivibile a corruzione e incapacità, delle lunghe liste d’attesa ecc. Ma anche gli utenti hanno la loro parte di responsabilità … 22

Per agire la ricetta è semplice: seguire la parola di Dio, amare il prossimo, non perdere mai la speranza. Per essere segno di speranza dobbiamo partecipare alla vita politica della nostra città, manifestare il dissenso, la critica senza timori e riserve. Dobbiamo testimoniare con forza e coraggio la fede cristiana sia negli ambienti familiari che amicali, ma anche nelle relazioni con persone che lavorano alle nostre dipendenze. Dobbiamo essere un modello e uno stimolo per i giovani che ci sono vicini o che ci sono stati affidati in custodia. Tuttavia il compito di testimoniare non si esaurisce nella famiglia; come singoli bisogna scegliere la rettitudine, l’onestà anche in situazioni difficili, come gruppo, bisogna fare scelte democratiche finalizzate al bene comune e non all’interesse del singolo. Bisogna puntare sull’educazione dei giovani, dargli più spazio, aiutarli a inserirsi nel mondo del lavoro, orientarli adeguatamente, stimolarne il senso critico nella scelta delle varie opportunità lavorative e sociali. In effetti, molte di noi hanno smesso da qualche tempo di essere spettatrici passive, inserendosi in iniziative di delicato impatto sociale come il doposcuola in ambienti difficili, il finanziamento di un centro antiusura e altre attività a carattere benefico.


DA STACCARE

Per approfondire

UNA PROPOSTA DI MEDITAZIONE Il Vangelo di Giovanni

L’attuale Piano di lavoro indica sette passi del Vangelo di Giovanni su gli incontri di Gesù. Alcuni gruppi sono già a metà del cammino; quindi, prima di abbandonare Giovanni per altre letture bibliche, ci sembra opportuno proporre altri passi dello stesso vangelo per comprenderne sempre meglio il messaggio. Nel Vangelo di Giovanni Gesù affida la comprensione del mistero della sua persona alla ricerca e alla fede di interlocutori che sono persone in situazioni di vita molto diverse (vedi Nicodemo, la donna di Samaria…) ma anche a “segni” che compie (Cana, il pane…). Attraverso la meditazione anche noi siamo invitati a compiere un percorso personale per rispondere alla domanda “chi è Gesù per me”. Per questi motivi proponiamo altri tre passi di Giovanni imprescindibili per rispondere alla domanda centrale che il vangelo pone anche a noi: “Chi sei tu Gesù di Nazareth?”

GESÙ PANE DI VITA (6, 25-59) Il capitolo sesto è centrale nel vangelo di Giovanni: consigliamo quindi di leggerlo integralmente e approfondirlo in più di una riunione Gesù con il segno della moltiplicazione dei pani si manifesta come colui che sazia la fame dell’uomo e con il suo discorso rivela di essere il vero pane di cui c’è bisogno per vivere (ricordiamo l’acqua viva della Samaritana e la luce del Cieco nato). vv. 6,1-25 Il brano inizia con il racconto della moltiplicazione dei pani, poi Gesù si allontana, la folla lo raggiunge e Gesù insegna dialogando con essa. vv. 25-29 La vera natura del pane offerto da Gesù vv. 30-40 Chi può dare questo pane? vv. 41-51 L’incontro con il “figlio di Giuseppe è la strada per l’incontro con Dio. Gesù è l’unico in grado di offrire la vita eterna 23


Per approfondire

vv. 52-59 Una carne da mangiare, un sangue da bere: facciamo attenzione ai verbi e alle parole usate. Facciamo bene attenzione alle parole usate. Gesù si pone davanti ad ognuno di noi come il pane di vita, l’unico vero mezzo di sussistenza. Lui solo infatti ha il potere di far vivere, di comunicare e di accrescere una vita che non si esaurisce perché attinta, per mezzo del Figlio, a Colui che è per eccellenza il vivente e l’origine della vita: Dio Padre. Gesù è pane di vita, ci fa vivere perché con la sua parola ci fa conoscere il Padre. Gesù è pane di vita, ci fa vivere perché con la sua esistenza donata al Padre e ai fratelli fino alla morte trasforma la morte in vita. Per ogni credente l’incontro con Cristo pane di vita avviene nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione liturgica ed esistenziale dell’Eucarestia.

Per la revisione di vita

• Le parole che meditiamo nel gruppo sono per noi pane di vita? Perchè? • Siamo convinti che Gesù anche oggi dona ciò che è necessario per vivere? • Questo discorso di Gesù, in Giovanni equivale alle parole dette nell’ultima cena sul pane e sul vino. Quale il valore dell’eucarestia per la comunità cristiana per il mondo oggi e per me?

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Per approfondire LAZZARO E IL SEGNO DELLA RISURREZIONE (11, 1-46) All’interno della storia di una famiglia il momento drammatico della malattia e della morte di Lazzaro è posto da Giovanni alla vigilia della passione, morte e risurrezione di Gesù. È l’ultimo “segno” che Gesù compie. Così come a Cana Gesù che mette la sua divinità al servizio dell’uomo. È un testo molto importante anche sotto il profilo della narrazione; il vangelo di Giovanni infatti è caratterizzato da un dinamismo narrativo che diventa rivelazione: nei capitoli successivi ascolteremo il racconto della morte e risurrezione di Cristo. (Gv 18-20) vv. 1-16 Incontriamo Gesù che sembra mantenersi lontano da quanto avviene nella casa degli amici vv. 17-37 È l’incontro nel villaggio di Betania tra Gesù e le due sorelle Marta e Maria vv. 38-44 Gesù al sepolcro richiama in vita Lazzaro vv, 45-46 Dialogo con i farisei e risposta libera della fede

Per la revisione di vita

• Riflettiamo su l’atteggiamento di Gesù di fronte al dolore e alla morte • Il dialogo con Marta e Maria apre la loro mente e permette di cogliere l’identità di Gesù e affidarsi a Lui • Quale è il nostro atteggiamento di fronte al dolore e alla morte? Su cosa si fonda per noi cristiana una speranza oltre la morte?

ORIZZONTE E MISSIONE DELLA COMUNITÀ POST-PASQUALE (21,1-25) Tutto il Vangelo di Giovanni è la testimonianza della fede di una comunità che non ha conosciuto di persona il Cristo, ma ha elaborato il suo messaggio attraverso la predicazione dei primi testimoni ed in particolare di Giovanni Il cap. 21 è una finestra aperta sulla presenza del Signore nel cammino di tutti i secoli. Le scena di questo capitolo corrispondono al ritmo della storia della Chiesa e possono essere tanti diversi spunti di meditazione vv.1-8 La pesca sul lago e le parole dello sconosciuto 25


Per approfondire vv. 9-14 Le reti piene e il pasto con il risorto vv. 15-25 Il primato di Pietro: la fede e l’amore

Per la revisione di vita

• I semplici pescatori ormai sono divenuti pescatori di uomini. Essi sono comunità di credenti che si prende cura di tutti, si sente responsabile di comunicare e rendere partecipe ogni uomo, in ogni tempo della ricchezza di vita e di bene che il Risorto le garantisce. Egli chiede di credere in Lui e di amarsi come fratelli. • Trasmettere un tale messaggio e occuparsi dei fratelli è faticoso e spesso non gratifica nell’immediato. • I frutti verranno abbondanti per la presenza del Risorto nella storia: spesso anche attraverso chi non crede la chiesa può udirne la voce.

GESÙ E PILATO (18,18-19,16) Merita attenta riflessione, nel racconto della passione nel vangelo di Giovanni, il drammatico incontro tra Gesù prigioniero e il governatore romano Pilato: c’è in gioco il tema della verità. Non è una disquisizione teorica ma si tratta del destino di tutti e di ognuno. • La meditazione del dialogo tra Gesù e Pilato è utile per approfondire i temi della verità e del potere che percorrono le tre schede dell’inchiesta. Il lungo e drammatico racconto è anche la base biblica per vivere oggi la sfida di una informazione veritiera. 26

(P. Licio Prati)


Piano di Lavoro

Popolo o élite un dibattito attuale

di Francesca Sacchi Lodispoto

L’opposizione fra élite e popolo

È

lo storytelling di questa stagione, ma non corrisponde alla realtà. Rischiamo di credere a una favola, e cioè che da una parte ci sia – come in una partita di calcio – l’élite e dall’altra la gente. Trump fa parte delle stesse élites del Novecento, così come Salvini. E i “gilets jeunes”, per stare alla situazione francese, non sono il popolo: non ci sono migranti, non ci sono neri, non ci sono maghrebini, sono tutti piccolo-borghesi francesi, proprietari di piccole imprese. Il nuovo è altrove, sia geograficamente sia culturalmente. Il nuovo è la crisi climatica che, di qui a cinquant’anni, farà sì che in Italia non avremo acqua per tutti. Il nuovo è il fatto che la ricchezza non è più prodotta attraverso il lavoro e che bisogna costruire un modello di umanità che sappia spendere il tempo (infinito) e darsi un senso della vita senza lavorare. Il nuovo è il fatto che la famiglia non riesce più a contenere le forme e le intensità dell’amore di oggi e che bisognerà inventare nuove modalità di gestione dell’infanzia. Il nuovo è che il dominio politico-economico esercitato dalla Cina e spalleggiato dalla Russia non ha più bisogno di nessuna forma di egemonia culturale. I nuovi padroni del pianeta dominano senza che nessuno – né nel popolo né nelle élites – se ne renda davvero conto (Da l’intervista di Paolo Di Paolo a Emanuele Coccia uscita su Repubblica il 20 gennaio.)

Una “élite di massa”: i tormenti di una borghesia senza più fiducia “Élite” è una parola francese che, in breve, indica “quelli bravi”. Ci ricorda che c’è sempre chi insegna e chi apprende, chi comanda e chi obbedisce. Non dice però come questo avviene e infatti esercitare l’autorità e premiare il merito è un problema delicato. Senza i bravi non ci sarebbero idee nuove, né una sana competizione. Senza la vasta rete delle élites le nostre società sprofonderebbero in una mediocrità infinita. L’idea di élites altezzose poste in cima al castello è una stupida caricatura suscitata dall’invidia sociale o dalla malafede. Scambiare l’ingiustizia sociale – che pure è enorme – con la questione delle élites è sbagliato: sarebbe come dire che per diventare tutti ricchi basta uccidere un ricco, che per diventare tutti sapienti basta uccidere il professore o che per diventare adulti bisogna sempre uccidere i padri. È una tentazione che ha avuto purtroppo esempi terribili nelle peggiori rivoluzioni totalitarie. Le élites non si contrappongono alle masse, ma sono nella massa come un lievito o come un enzima. 27


Piano di Lavoro Nessuna grande nazione moderna avrebbe potuto mai affermarsi senza l’impegno e il libero sacrificio di elite di grandi dimensioni, senza una borghesia popolare. Nessuna cultura potrebbe svilupparsi senza migliaia di persone che si assumono la responsabilità di selezionare le idee. Perfino nella Chiesa – dove tutti sono fratelli in Cristo – c’è bisogno di pastori che non stiano in testa ma anche in mezzo al popolo e, se necessario, anche in coda, per difenderlo dai lupi. E siccome le nazioni, le culture, le Chiese non sono cose minori, si capisce subito che le elite che le hanno fatte diventare grandi sono state corpose, delle vere e proprie “élites di massa”, un vasto ceto medio che è cresciuto attraverso le lotte per i diritti, lo studio, i concorsi, la assunzione di ruoli pubblici, le responsabilità nelle imprese, il confronto politico. Nelle nostre società tutti siamo potenzialmente élite, per il semplice fatto di aver studiato, di poter disporre di molte facilitazioni, di conoscere molte persone e di poter viaggiare. Non tutti hanno le stesse opportunità, ma la strada non è preclusa e perché non lo sia bisogna tenerla sgombra da ostacoli posti ad arte. All’opinione pubblica viene fatto credere che le elite sono tutte marce ed è giunta l’ora del popolo. Ma quel popolo non esiste, è solo l’ombra di quello che fu. La complessità dei processi economici e tecnologici ha spezzettato la società in “universi individuali” così da distruggere ogni sentimento comunitario, ogni “spirito di corpo”, ogni giusta verifica. … Questo processo di frammentazione individualistica non funziona solo tra i ricchi che vivono di rendita, ma anche tra i poveri, i quali hanno l’esempio di una borghesia indolente che non vuole rimettersi in discussione. (Da Giuseppe Tognon, Avvenire 31 gennaio)

La nazione, una comunità di vita

Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri e l’organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni; altre ne appaiono… I cambiamenti, tuttavia, vanno governati per evitare che possano produrre ingiustizie e creare nuove marginalità… La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita. (Dal messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica)

IN VISTA DELLE ELEZIONI EUROPEE Il gruppo ha deciso di impegnarsi nella sensibilizzazione del proprio ambiente di vita alla partecipazione al voto. L’assenteismo è la morte di una democrazia rappresentativa e partecipata quale è quella indicata dalla nostra Carta Costituzionale e dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Si tratta di individuare candidati e fare proposte: tutti ne siamo responsabili. 28


Piano di Lavoro

Passeggiando per Roma riflessioni sull’attualità

di Francesco Novelli Riceviamo da Francesco Novelli, già Responsabile di Rinascita Cristiana dal 1996 al 2001, una breve riflessione sull’attualità. È una preziosa testimonianza del ruolo che i più anziani tra noi possono avere nell’essere “memoria storica” della nostra nazione ricordando passi, conquiste e difficoltà dalla II guerra mondiale ad oggi.

S

ento il dovere di raccontare agli amici di Rinascita che cosa, alla fine, ho capito passeggiando per Roma in tanti anni. (Rimandiamo agli articoli pubblicati su Rinascere 5/6). Insieme abbiamo, anche, letto giornali alternati alla Bibbia cercando il senso del cammino della nostra società, italiana, europea e mondiale. Il mio percorso mentale va dagli anni del fascismo della mia prima giovinezza agli attuali. Dopo anni di pace nei quali è stata costruita una società più aperta, più umana e civile (in sostanza cristiana), nonostante le numerose lotte e i tanti lutti che l’hanno attraversata, oggi la mia sensazione è quanto meno di incertezza e perplessità. Si parla e si scrive molto, di tutto, negli ultimi periodi. Siamo forse in fase di riflusso? Stiamo tornando indietro? Oppure è solo un momento di assestamento? Con grande frequenza nei giorni scorsi sono state ricordate le vergognose leggi razziali volute dal fascismo contro gli ebrei e l’orrore dei campi di concentramento e di sterminio. Il ricordo di simile barbarie non può essere abbandonato, ma è necessario per evitare ogni tentazione di tornare indietro e pensare che ciò sia positivo. Ci siamo lasciati alle spalle il razzismo ma pensavamo anche il nazionalismo, il colonialismo e la superficialità con la quale si pensò di poter fare la guerra a tutto il mondo…con le scarpe di cartone. O è una mia illusione? La mia testimonianza, a questo punto mi sembra necessaria anche se rischia di diventare l’antipatico e presuntuoso memorial-pistolotto di un vecchio. In conclusione penso che gli sbagli, e le superficialità e le incongruenze manifestate dalla nostra società ad esempio nella gestione del quartiere Olimpico di Roma, o di Corviale a Roma, o di altri assetti urbanistici nelle varie città italiane non sono sufficienti a smentire o nascondere il cammino fatto né possono giustificare brutali cambiamenti di rotta. Non torniamo a costruire “muri” né a chiudere porti e gallerie. Né a fare la guerra alla Francia o all’Europa. La speranza in un …”mondo migliore” non ci può abbandonare. Ma la strada è ancora lunga e difficile e sempre più ci accorgiamo che occorre molto lavoro, molta attenzione, molta pazienza e molto discernimento per evitare passi falsi e dannose utopie o, al contrario, dannosissimi scoraggiamenti.

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Ecumenismo

Giustizia ed accoglienza settimana ecumenica a Ferrara

di Maria Grazia Fergnani “Cercate di essere veramente giusti” (Deuteronomio 16,18-20): questa è la parola della Bibbia che i cristiani dell’Indonesia hanno proposto a tutte le chiese del mondo per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che si è tenuta dal 18 al 25 gennaio.

C

ome ogni anno, anche a Ferrara, cristiani delle diverse Confessioni hanno pregato insieme e hanno riflettuto su come essere “veramente” giusti in un mondo contrassegnato da divisioni e squilibri che contraddicono drammaticamente la giustizia umana e divina. Quando possiamo dirci “davvero” giusti? Illuminante la traduzione del versetto del Deuteronomio proposta dal pastore valdese Paolo Ricca in un recente articolo: il testo ebraico recita così “la giustizia, solo la giustizia cercherai”, dove l’accento si sposta dal “cercare di essere veramente giusti” al “praticare la giustizia”. L’avverbio “solo”, mentre sottolinea la perentorietà della consegna, rende stringente la domanda quale giustizia devo esclusivamente seguire? Il pastore Ricca spiega: non la mia, ma la giustizia “squilibrata” di Dio, la giustizia dell’orfano, dello straniero, del povero, che nessuno difende e protegge, ma Dio sì, li ama e li protegge. In questo quadro non sorprende che, nell’ambito della Settimana Ecumenica, sia stata presentata a Ferrara l’inchiesta: “Immigrazione. Rapporto sull’accoglienza degli italiani”. Voluta dalla Caritas e dalla rivista “Il Regno” e realizzata da due studiosi della Statale di Milano, l’indagine descrive gli effetti sull’opinione pubblica italiana di uno dei cambiamenti più drammatici del nostro tempo, frutto delle “inequità” del mondo e a sua volta causa di divisioni e di ingiustizia. Il tema dell’immigrazione è eminentemente ecumenico, hanno osservato i due relatori Gianfranco Brunelli, direttore della rivista “Il Regno”, e Guido Armellini, pastore metodista di Bologna, per una ragione di fondo: le grandi religioni del libro sono presenti da secoli nella società europea e ne hanno influenzato l’identità; è quindi doveroso per le chiese riflettere sulle cause e sulle responsabilità dei diffusi atteggiamenti di difesa verso l’integrazione e l’accoglienza. A questo si deve aggiungere che le chiese concordemente hanno assunto lo stesso atteggiamento impegnato verso l’immigrazione e 30


Ecumenismo l’accoglienza, realizzando un ecumenismo della solidarietà: “quando ci si trova insieme ad aiutare le persone, le differenze sfumano e si è già una cosa sola”.

Del Rapporto si richiamano qui solo alcuni aspetti salienti: • Per moltissimi italiani, il 51,6%, gli immigrati che vengono da paesi extra UE rappresentano più un problema che un’opportunità. • Lo scostamento fra la percezione e la realtà, anche in rapporto al numero effettivo di immigrati, per gli italiani è maggiore di quello manifestato da altre opinioni pubbliche occidentali; la questione su cui gli italiani si scostano maggiormente dalla realtà riguarda la quota degli irregolari, che nell’ottobre del 2017 (periodo cui si riferisce il rapporto) erano stimati meno dell’1%, mentre il 47% degli italiani era convinto che la maggioranza degli immigrati fosse costituita da illegali, senza separare i due aspetti. • L’analisi mostra che tra le condizioni economiche, la minaccia alla propria identità e la sicurezza, è quest’ultima la motivazione prevalente e decisiva nel giudizio sugli immigrati: il 60% degli italiani esprime questa preoccupazione. • Esaminando l’influenza dell’orientamento religioso, scopriamo che i cattolici, sia saltuari che praticanti, non si discostano dalla media degli italiani nel percepire gli immigrati come una minaccia; maggiore è la differenza tra le appartenenze politiche. Emerge in modo chiaro che “i praticanti saltuari e quelli regolari si sentono più minacciati di quelli che non vanno mai in chiesa”. • Alla base di questa opinione difensiva degli italiani sembra esserci principalmente la sfiducia nelle istituzioni, giudicate incapaci di governare un fenomeno così complesso soprattutto perché corrotte (corruzione percepita in modo non corrispondente ai dati reali). • Sulla questione della integrazione degli immigrati accolti (preferibilmente pochi) due sono le visioni: per la maggioranza l’immigrato è un ospite che non potrà mai condividere nulla della nostra identità; per altri può integrarsi, ma deve dimostrare di “meritarlo”: “diventare simili è possibile, ma le fatiche maggiori stanno sulle spalle degli ospiti e non di chi li ospita”. Presentati i dati, Gianfranco Brunelli ha sottolineato che la paura che gli immigrati siano una minaccia va vinta sia dal punto di vista dei valori sia dal punto di vista politico, ma tenendo distinti i due livelli. “L’immigrazione deve passare attraverso un’assimilazione governativa” che tenga conto dei bisogni reali e in particolare della gestione della sicurezza: la chiusura oggi 31


Ecumenismo adottata dalle istituzioni apre il fenomeno dell’immigrazione illegale che crea il maggior senso di insicurezza. “La ricerca consegna alle chiese un problema”, ha continuato Brunelli: “non trasformare il messaggio evangelico in retorica: l’annuncio deve accompagnarsi alla visione di una gestione complessa”. Aggregando l’aspetto religioso a quello politico, si rischia di “portare a un rifiuto della solidarietà e di creare una spaccatura nella chiesa”. Guido Armellini, pastore della chiesa metodista di Bologna, direttore di una scuola per stranieri che opera da vent’anni, ha offerto due dati interessanti: nelle chiese protestanti si riscontra una maggiore apertura verso l’accoglienza, forse perché, mentre i cattolici sono “anagrafici”, i protestanti lo sono per scelta; si incontrano oggi immigrati che hanno vissuto e lavorato in Libia per anni e che raccontano che, dopo la fine di Gheddafi, sono caduti nelle mani di bande criminali e obbligati a salire sui barconi. A dimostrazione che il fenomeno è complesso ma si può affrontare, il pastore ha ricordato due esperienze positive. A livello locale, la gestione, “umana e ragionevole” dell’ immigrazione realizzata dal Comune di Bologna. Questo dato di realtà, fatto conoscere e non tenuto sotto traccia, “mostrerebbe che un’accoglienza umana è possibile e crea maggiore sicurezza”. A livello nazionale i corridoi umanitari, realizzati dalla Federazione delle Chiese evangeliche, dalla Chiesa Valdese e dalla Comunità di S. Egidio che a partire dal 2015, sulla base di una legge europea che consente ai paesi membri di concedere visti umanitari, hanno portato in Italia 1000 siriani tolti dai campi profughi del Libano. L’indagine offre interessanti spunti di riflessione. A livello politico è indubbiamente molto difficile nella complessità delle cose orientarsi e trovare soluzioni fattibili e giuste, ma esperienze in atto dimostrano che non è impossibile. Determinanti sono le priorità e la prospettiva in cui si colloca ogni azione volta ad affrontare il problema: è superiore e dunque deve venire prima il principio umanitario o il riconoscimento giuridico? A livello personale, è fondamentale darsi una informazione corretta, per superare gli stereotipi e non accontentarsi di risposte semplici e rassicuranti. Ai cattolici in particolare si impone la riflessione sullo scarto che si può vivere fra l’essere praticanti e l’essere credenti. Per il credente in Gesù Cristo infatti appare chiaro che il principio di conservazione va coniugato sempre con il principio di solidarietà, da tradursi nella ricerca comune di strade nuove per il futuro e nella convinzione che la ricerca della giustizia e la custodia della propria e dell’altrui umanità sono valori assoluti e irrinunciabili. (Il Rapporto è stato pubblicato nell’inserto redazionale Italia Caritas, n. 7Ottobre 2018) 32


Un brano troppo noto la Samaritana

di Nini Giuliani

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uando ho visto il testo che avrei dovuto meditare sono stata tentata di non leggerlo, tanto è noto. Poi il senso del dovere mi ha fatto cambiare idea e mi si è schiuso un modo nuovo di interpretarlo. Il brano è come un gioco a rimbalzo che mette in luce l’incomprensione dell’uomo di fronte al mistero di Dio. Tutto è un paradosso. L’ora per andare al pozzo è certamente la meno adatta. Un giudeo che rivolge la parola ad una donna samaritana, per di più di facili costumi. Il chiederle da bere mentre è Gesù che ha l’acqua da dare. (In Nicodemo l’acqua è l’introduzione alla vita nuova, qui invece si sottolinea come tutta la vita deve essere alimentata dall’acqua viva Gesù Cristo). La Samaritana vede la convenienza pratica dell’acqua viva: anche noi alle volte ci rivolgiamo al Signore per risolvere le nostre esigenze quotidiane. Attraverso delle domande Gesù mette la donna a suo agio tanto che si sente di chiedere qual è il luogo dove adorare il Signore. E proprio a quella donna, che molti avrebbero considerato uno scarto, (come avviene oggi verso chi è diverso da noi) Gesù rivela l’universalità del suo messaggio: gli uomini “adoreranno il Padre in Spirito e verità”. L’uomo nuovo accoglie la Parola sostenuto dalla Spirito e non é ancorato al passato ma aperto al futuro. Non solo ma Gesù le annuncia di essere il Messia. Anche i discepoli sono disorientati. Anche a loro fa capire la distanza tra il pensare umano: “chi gli ha dato da mangiare” e il pensiero divino; “il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e portare a compimento la sua opera.” Mi chiedo: quanti di noi cristiani considerano nutrirsi di Dio necessario per la vita quotidiana e la loro vita al servizio della volontà di Dio? Per meditare e attualizzare è necessaria una premessa: in genere quello che appare è il negativo, ma sono sicura che in molti ci sono ancora dei valori; il loro errore è che stanno in silenzio. • Falsi valori: apparire, guadagnare, divertirsi, sentirsi liberi di fare ciò che si vuole. Il valore da recuperare velocemente è la fedeltà che ormai è diventata un optional in ogni campo. (È chiaro che l’allontanarsi da Dio è il principio di ogni male). Le fondamenta: superare l’interesse personale e pensare al bene comune, che di fatto è poi anche il nostro. La mia felicità è quando ricevo l’Eucarestia e con Cristo anche Maurizio. Generalmente è la salute e un buon tenore di vita. Ma c’è tanta tristezza in giro celata dalle apparenze. • La tentazione più forte è quella di fare tutto da soli senza Dio. Per ritrovare la strada bisogna ripartire dalle cose essenziali e riconoscere come bisogno primario per l’uomo l’essere in relazione. • L’appartenenza al territorio può avere il valore della testimonianza, ma il vero culto si manifesta nel cercare di essere coerenti nella vita quotidiana e prendendo posizione proprio a partire dal nostro definirci cristiani. • Bisogna approfittare delle occasioni che già ci sono. La settimana dell’unità dei cristiani, appena trascorsa, è stata annunciata e poi passata in silenzio. Eppure l’unità dei cristiani è un passo fondamentale. Come sdegnarci per il fallimenti dell’UE se noi che abbiamo un unico Dio ci avvinghiamo più a ciò che ci divide che all’immenso che ci unisce?

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Società

Matera

capitale europea della cultura

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rrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche. Ma quando uscii dalla stazione, un edificio moderno e piuttosto lussuoso, e mi guardai attorno, cercai invano con gli occhi la città; la città non c’era. Allontanatomi ancora un poco dalla stazione, arrivai ad un strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio c’era Matera” (Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli). Faccio mie le parole di Carlo Levi quando nel 1966 al mio primo arrivo in Puglia mi portarono a vedere Matera. Venivo da Trani città bella e aristocratica passando prima di Matera per Gravina di Puglia: il vecchio pae34

di Francesca Sacchi Lodispoto se meno conosciuto e costruito intorno ad una “grave” non era certo da meno, ne ho ancora delle immagini negli occhi. Ovunque, a Gravina a Matera, eravamo accompagnati da tanti bambini sommariamente vestiti che ci chiedevano qualche lira. Oggi come sembrano lontane le parole di Carlo Levi e le mie impressioni! Come è lontana quell’Italia! Allora cosa ci racconta oggi Matera? In un’epoca di una crisi antropologica inaudita Matera ci racconta che l’uomo ha valori e risorse che possono dare una svolta alla storia. Dalla vergogna delle condizioni poco igieniche, dell’estrema povertà anzi della miseria in cui la gente viveva nei sassi non per sua colpa o scelta, ma per la lontananza dello Stato sin dalla sua unità, al riscatto della dignità e dei valori che hanno permesso di dare un futuro diverso ai figli. La dignità con cui una città racconta al mondo che uno sviluppo umano, civile, economico, culturale e spirituale è possibile. E tutto questo lo raccontano i tanti volontari, le scuole, le comunità parrocchiali, gli amministratori, la Caritas che nel giorno di apertura hanno aperto le loro porte per accogliere le bande musicali e per condividere la gioia di un nuovo ini-


Società zio per la città e per il territorio circostante. Lo racconta anche la chiesa che in questo anno vive il sinodo per rinnovarsi attraverso il progetto “i cammini” ad opera del parco ecclesiale Terre di luce, per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale delle chiese di Basilicata. Lo racconta infine tutta l’Italia che attraverso la presenza del Presidente Mattarella dice alla nazione tutta che uno sviluppo umano è sempre possibile.

La cultura per la coesione sociale e il benessere

Questo è un giorno importante per Matera, per l’Italia. Per l’Europa, che dimostra di saper riconoscere e valorizzare le sue culture. Giorno di orgoglio per i materani, per la Basilicata; e per i tanti che hanno contribuito a progettare, a rendere vincente, a inverare qui la “Capitale della cultura europea 2019”. Giorno di orgoglio per l’Italia che vede una delle sue eccellenze all’attenzione dell’intero Continente. La cultura costituisce il tessuto con-

nettivo della civiltà europea. Non cultura di pochi, non cultura che marca diseguaglianza dei saperi - e dunque delle opportunità - ma cultura che include, che genera solidarietà; e che muove dai luoghi, dalle radici storiche. L’idea stessa di Europa si fonda, in misura fondamentale, sul valore riconosciuto alla cultura delle sue genti. Le scoperte scientifiche, la poesia, il pensiero filosofico, la vivacità letteraria, le arti, l’urbanistica hanno dato origine a modelli di vita. Pur nelle sue specifiche e importanti diversità, il nostro Continente è stato capace di dare al mondo un grande patrimonio condiviso di civiltà e di risorse, tanto da far risultare nella storia – e tuttora - indispensabile il suo contributo protagonista per il futuro stesso della intera comunità umana. Matera è un esempio di quanto l’Europa debba alla preziosa originalità di luoghi così straordinari e ricchi di fascino. Di quanto la fatica e il genio di una comunità siano riusciti a produrre, e si coglie anche il legame con

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Società un cammino più grande, quello dei popoli europei, orientato da valori comuni; da una cultura che è sempre più feconda e che ha consentito a tutti noi europei di compiere passi decisivi verso la libertà, la pace, il benessere. La città dei Sassi - che, nell’immediato dopoguerra, teneva insieme la sua struggente bellezza e condizioni di estrema povertà - la stessa Matera è la realtà che l’Italia offre, oggi, all’Europa per mostrare come la propria storia, anche la più antica, possa aiutarci ad aprire le porte di un domani migliore. Matera - già definita dall’Unesco patrimonio dell’umanità - sarà per quest’anno immagine dell’Europa, perché ha dimostrato di saper ripensare le sue origini, di dar loro nuovo valore.

Dal programma di Matera, dalle sue iniziative, dall’ospitalità che darà ai tanti concittadini europei che la visiteranno, dal confronto che riuscirà ad animare, verrà una spinta allo sviluppo, una iniezione di futuro. Con Matera festeggiamo, oggi, anche Plovdiv, la città della Bulgaria che condivide questo ambìto primato nel 2019. 36

Come è scritto nell’Agenda europea per la cultura, il proposito è quello di “sfruttare il potere della cultura per la coesione sociale e il benessere”. In linea con questa indicazione, abbiamo il dovere di “sostenere la creatività”, le “relazioni culturali internazionali” e di investire sul potenziamento di quella rete di conoscenza e di formazione, di innovazione e di lavoro, che sola può offrire al Continente un destino all’altezza dell’attesa dei i suoi popoli. A cominciare dalle generazioni più giovani, che meglio di altri sanno come il profilo europeo sia essenziale alla loro identità. Essere europei è, oggi, parte ineliminabile delle nostre stesse identità nazionali.

Matera simbolo del Mezzogiorno

Nel giorno atteso di inaugurazione del suo ruolo di Capitale europea della cultura, questo è lo sguardo verso il futuro che volgiamo da Matera. Questa Città è anche un simbolo del Mezzogiorno italiano che vuole innovare e crescere, sanando fratture e sollecitando iniziative. Matera è simbolo anche dei vari Sud d’Europa, così importanti per il Continente, perché nel Mediterraneo si giocheranno partite decisive per il suo destino e per quello del pianeta. Grazie alla gente di Matera: saprete onorare il nostro Paese, esprimendo il meglio del vostro valore, della vostra intelligenza, della vostra umanità. Auguri! (Sergio Mattarella, 19 gennaio 2019)


Chiesa italiana

Le parole dei nostri Vescovi Non temiamo le difficoltà e non disertiamo le sfide impegnative

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on questo spirito il card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, introduce il primo Consiglio episcopale permanente del 2019. Sottolinea come sia importante arrivare all’assemblea di maggio “con un progetto condiviso” per “mostrare al Paese che noi cattolici non disertiamo le sfide di questo nostro tempo” ma anzi ce ne facciamo carico. Nella sua prolusione il Cardinale rivolge anche un doppio ringraziamento: agli abitanti di Torre di Melissa per la “solidarietà corale” verso i migranti e alle testate giornalistiche che si sono adoperate per evitare il raddoppio della tassazione sugli enti che svolgono attività non profit”. “Il mondo del terzo settore riveste nella società italiana un ruolo determinante”, “più di ieri c’è bisogno di questa società civile organizzata, c’è bisogno dei corpi intermedi, di quella sussidiarietà che risponde alle povertà e ai bisogni con la forza dell’esperienza, della creatività, della professionalità”. “Governare il paese significa curarlo come se lo si dovesse riconsegnare in ogni momento”. (Il Documento è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it)

Cattolici ed evangelici, un appello comune: restiamo umani

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n occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, terminata il 25 gennaio, cattolici e protestanti italiani gridano uniti: “Restiamo umani!”, un appello comune “perché si continui a vivere uno spirito di umanità e di solidarietà nei confronti dei migranti. Se per tutti è un dovere – scrivono in un comunicato congiunto - nei confronti di chi abbandona il proprio Paese rischiando la vita nel deserto e nel mare, per i cristiani si tratta di un obbligo morale”. Il testo è firmato dal pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, dal pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e da monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. 37


“Nell’occasione in cui celebriamo il dono dell’unità e della fraternità fra i cristiani, desideriamo spiegare a tutti che per noi aiutare chi ha bisogno non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o, peggio ancora, di convenienza: è l’essenza stessa della nostra fede. Ci addolora e ci sconcerta la superficiale e ripetitiva retorica con la quale ormai da mesi si affronta il tema delle migrazioni globali, perdendo di vista che dietro i flussi, gli sbarchi e le statistiche ci sono uomini, donne e bambini ai quali sono negati fondamentali diritti umani: nei paesi da cui scappano, così come nei Paesi in cui transitano, come in Libia, finiscono nei campi di detenzione dove si fatica a sopravvivere. Additarli come una minaccia al nostro benessere, definirli come potenziali criminali o approfittatori della nostra accoglienza tradisce la storia degli immigrati – anche italiani – che invece hanno contribuito alla crescita economica, sociale e culturale di tanti paesi. Da qui il nostro appello perché – nello scontro politico - non si perda il senso del rispetto che si deve alle persone e alle loro storie di sofferenza”. “Una politica migratoria che non apre nuove vie sicure e legali di accesso verso l’Europa è fatalmente destinata a incentivare le immigrazioni irregolari. Per questo chiediamo ai vari paesi europei di duplicare o, comunque, di ampliare i corridoi umanitari, aperti per la prima volta in Italia all’inizio del 2016. È finita ormai la fase della sperimentazione e i risultati, positivi sotto tanti aspetti, sono sotto gli occhi di tutti. É auspicabile passare quindi ad una generalizzazione di questo modello, che salva dai trafficanti di esseri umani e favorisce l’integrazione. Per questo ci rivolgiamo direttamente al Governo italiano perché allarghi la quota dei beneficiari accolti nel nostro paese e si faccia promotore di un “corridoio umanitario europeo”. “Nel breve periodo, però, mentre si cerca il consenso europeo su queste misure, occorre garantire il soccorso in mare, che non può ridursi a una politica di respingimenti o di semplici chiusure. I migranti non possono essere vittime tre volte: delle persecuzioni, di chi li detiene in campi che – come varie volte attestato dall’ONU – non tutelano i diritti umani essenziali e di chi li respinge in quegli stessi campi e in quelle umiliazioni. Per noi cristiani, come per ogni essere umano, omettere il soccorso a chi giace sulla strada o rischia di annegare è un comportamento di cui si può solo provare vergogna. Per questo chiediamo un potenziamento delle attuali attività di soccorso, rese dai mezzi militari, dalla Guardia Costiera e dalle ONG, nel rispetto delle norme del mare e del diritto umanitario”. “Per quanto divisivo il tema dell’immigrazione è così serio e grave da non potersi affrontare senza cercare una piattaforma minima di istanze e procedure condivise. Questo auspichiamo e per questo ci mettiamo a disposizione con la nostra esperienza e i nostri mezzi, pronti a collaborare sia con le autorità italiane che con quelle europee”. Past. Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola valdese; Prof. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio; Past. Luca M. Negro, Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia; Mons. Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

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I vescovi sardi seguono preoccupati la protesta del latte

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vescovi della Conferenza episcopale sarda, a nome della Chiesa che è in Sardegna, “seguono con viva e partecipe preoccupazione la vibrante protesta dei pastori contro la politica del prezzo del latte. Siamo ben consapevoli che si tratta di un problema che negli anni ha assunto contorni sempre più insostenibili per un comparto fondamentale e strategico della nostra economia e, ancor prima, per la dignità e la sopravvivenza dei pastori e delle loro famiglie”. In una nota i vescovi scrivono che “piange il cuore vedere le nostre strade invase da quel fiume bianco, che dovrebbe essere, invece, veicolo di benessere e di serenità per chi lo produce”. “È vero che la sopportazione è arrivata al limite e il senso dell’ingiustizia subita non può tollerare ulteriore indifferenza da parte di chi è tenuto ad assicurare il giusto riconoscimento a un lavoro tanto duro e spesso ingrato; eppure si tratta pur sempre di un ben di Dio che non deve andare sprecato”. I vescovi esprimono “convinta adesione alle ragioni che hanno determinato una protesta così estrema” e vigilano “perché in questo momento delicato e di grande sofferenza non si infiltri una cultura di violenza che non appartiene alla nostra tradizione più genuina dove la protesta sa essere forte ma pur sempre civile”. Infine, un appello agli industriali del settore e ai diversi livelli di responsabilità amministrativa e politica perché “ognuno per la sua parte, favoriscano la ripresa di una concertazione responsabile, ispirata a equità e giustizia, che superi ogni visione miope e di parte e riconosca la giusta dignità del lavoro nell’agropastorizia”.

Liberi dalla paura

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aritas italiana, Fondazione Migrantes e Centro Astalli hanno organizzato il meeting “Comunità accoglienti: liberi dalla paura” dal 16 al 17 febbraio aperto dalla S.Messa presieduta da papa Francesco. Consapevoli che “tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie responsabilità” e che il fenomeno delle migrazioni è “senza dubbio una delle più grandi sfide educative” raccogliamo l’invito a essere comunità accoglienti perché sappiamo che “rinunciare a un incontro non è umano”. Con queste parole inizia il messaggio che chiude l’incontro di tre giorni a Sacrofano. (Il Documento è a disposizione sul sito www.centroastalli.it) 39


Parole e fatti… REGGIO EMILIA – Continua la bella iniziativa inaugurata a Reggio Emilia dai coniugi Paola e Ulderico Bonazzi che la domenica aprono la loro casa per conversazioni e approfondimenti. “Per non dimenticare” domenica 20 gennaio alle 17 si è svolta la conversazione di Silvana Aleotti sul “Giardino dei Finzi Contini”. Dopo l’incontro come sempre si è condivisa la cena. CATANIA – Il 3 gennaio presso la chiesa di Sant’Agata alla Badia, gioiello

del barocco catanese, recentemente restaurata ed aperta al pubblico, si è svolto il concerto di beneficenza dell‘orchestra e coro “Musica insieme a Librino“ associazione animata da un gruppo di insegnanti che, ispirati dal metodo Abreu, nato in Venezuela, sono impegnati come volontari nella divulgazione della cultura e della pratica musicale tra i bambini dei quartieri popolari. Il Movimento Rinascita Cristiana di Catania ha promosso questa manifestazione riconoscendo l’alto valore etico-sociale di tale progetto, che risponde alla finalità di un agire concretamente nel tessuto cittadino, e pertanto ha donato all’associazione la somma necessaria per l’acquisto di uno strumento musicale. In un quartiere in cui sono altissimi i tassi di abbandono scolastico, la delinquenza minorile, la disoccupazione o a volte anche la detenzione dei genitori, lo studio della musica aiuta i giovani a rapportarsi tra loro in un’attività che li gratifica e nello stesso tempo li valorizza, costituendo un’alternativa agli stili di vita, spesso negativi, proposti dalla realtà che li circonda. Proprio la musica è lo strumento più adatto per attuare un cambiamento nelle coscienze. L’essere squadra, infatti, aiuta bambini e ragazzi a conoscere, condividere e mettere in pratica le regole. Pertanto rafforzare il connubio tra musica, legalità e giovani da anni è la missione di “Musica insieme a Librino” affinché la musica diventi strumento di riscatto dal degrado. 40


Parole e fatti Particolarmente toccante è stata l’esibizione del gruppo “Manos Blancas“ costituito da diversamente abili che, indossando guanti bianchi, ha partecipato allo spettacolo con il linguaggio universale della mimica gestuale. Maria Grazia Vitale Scuto

CATANIA – Il Movimento Rinascita Cristiana ha organizzato un incontro di “Preghiera per Catania con Catania” nella Basilica Collegiata di Catania venerdì 22 febbraio per chiedere uniti al Signore il Suo aiuto per la città che ne ha tanto bisogno. L’Iniziativa è certamente anche uno dei frutti dell’esperienza di amicizia e condivisione maturata nel Coordinamento delle Religioni in Dialogo. Tiziana Iannotta

In ricordo di Ines Della Mura di Cosenza

A nome delle amiche di R.C. desidero esprimere un doveroso ringraziamento a te, Ines, per la tua lunga militanza nel Movimento nel quale hai profuso le tue doti di donna colta, organizzativa, e responsabile. Insieme abbiamo programmato incontri e relazioni con altri gruppi realizzando giornate cittadine di profondo rilievo sociale, culturale e religioso. Ora il tuo cammino di fede è giunto al capolinea, siamo certe che quel Dio nel quale tutte crediamo abbia accolto la tua bella anima, scevra di compromessi e falsità. Per tutte noi sei stata un’amica comprensiva, severa quando era necessario, ma sempre pronta all’accoglienza nel tuo salotto in cui abbiamo respirato un clima affettuoso e sincero. Ines, sarai sempre nei nostri cuori e nelle nostre preghiere. Continueremo il nostro cammino in R.C., in questo movimento nel quale tu hai sempre creduto e mantenuto vivo, nonostante le defezioni dovute all’età delle sue socie. Addio Ines, siamo certe che ci rivedremo in quel mondo in cui fortemente crediamo! Marisa Falcone

FOGGIA – La tutela dell’ambiente come “casa comune” un incontro il 24 gennaio presso la Chiesa Madonna della Croce. Sono intervenuti l’Assessore all’Ambiente Francesco Morese e Don Francesco Catalano, attualmente parroco della chiesa di San Pio X, già Direttore della Caritas diocesana. La Responsabile cittadina, Tina Armiento, ha richiamato l’attenzione dei presenti sul concetto di ecologia integrale riportato da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si”, per sollecitare il dialogo ed il confronto con le istituzioni e 41


Parole e fatti gli operatori sociali e suscitare interesse e suscitare interesse per la riflessione e la condivisione su questi argomenti dai quali non possiamo prescindere come cittadini, se vogliamo fare la nostra parte per costruire una società più giusta e solidale e sostenere progetti di sensibilizzazione per una politica ambientale più sostenibile e lungimirante. L’Assessore Morese ha evidenziato l’onerosità e la complessità del ciclo di smaltimento dei rifiuti, le conseguenze causate dal mancato rispetto delle regole, dal rinvenimento di rifiuti tossici tombati nelle campagne circostanti e dai ritardi della giustizia per i reati ambientali. Ha auspicato quella partecipazione più consapevole da parte dei cittadini, che favorisca un cambiamento virtuoso degli stili di vita. Don Francesco Catalano ha posto l’accento sull’interdipendenza tra i fenomeni ambientali (inquinamento, deforestazione, riscaldamento del pianeta) e quelli di carattere sociale, istituzionale e personale. Occorre avere un approccio globale al degrado ambientale che comprenda le scelte politiche, l’educazione, lo stile di vita dei cittadini, la spiritualità; che ci faccia sentire in relazione e che chiami in causa le singole responsabilità. Il metodo per affrontare questi problemi, secondo Papa Francesco, è il dialogo a tutti i livelli. Infine, Don Catalano ha considerato l’aspetto spirituale del prendersi cura del creato come dono di Dio, come mistero da accogliere e preservare e non dominare. Tina Armiento

NAPOLI – Nella suggestiva cornice del Santuario della Madonna dell’Arco si è svolto il secondo Seminario di formazione sul tema “Informazione, pensiero critico e bene comune”. I lavori sono stati introdotti, come già nel Seminario di Roma, dal Prof. Don Luca Pandolfi di cui trovate una sintesi alla pagina 13. Per la comunicazione all’interno della Comunità ecclesiale è seguito un interessante intervento di don Vito Serritella del Pontificio Consiglio Testi legislativi. Il relatore con originalità ha applicato alle virtù teologali (fede, speranza e carità) e alle cardinali (prudenza, fortezza, giustizia e temperanza) la dinamica della comunicazione. Hanno aperto i lavori Serena Grechi e P.Licio Prati Responsabili nazionali. Hanno partecipato amici dalla Sicilia e da Roma. I gruppi di Napoli e Castellammare hanno accolto tutti i partecipanti con la consueta gentilezza e simpatia. Un ringraziamento particolare a Saverio Castaldo che ha coordinato insieme ai Responsabili di Napoli e Castellammare l’organizzazione della giornata. Ringraziamo tutte le città che ci hanno inviato notizia delle loro iniziative. Tutte le iniziative che non sono pubblicate in questa rubrica possono essere reperite sul sito di RC www.rinascitacristiana.org nella colonna di destra “Iniziative ed eventi delle città – Parole e fatti 2018/19” 42


Parole e fatti

In margine al Convegno siciliano

di Elio Scaglione

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l ringraziamento va a chi ha voluto e organizzato questo incontro, un’occasione per un confronto aperto, del tipo di quelli che sogliamo fare nei convegni nazionali. Sono grato a chi sta perseguendo in definitiva la decentralizzazione delle assemblee nazionali, cosa che facilita lo scambio di idee fra quanti vogliono stare insieme per il medesimo scopo ideale. L’incontro nostro è quindi il buon risultato di questo decentramento che ha vari vantaggi di carattere logistico e di risparmio economico, ma soprattutto si qualifica come l’offerta di un ottimo servizio agli aderenti, e in particolare a coloro che non sempre sono in grado di partecipare agli incontri dei Responsabili di Città. Dirò alcune cose che potranno apparire scontate, ma che è utile rispolverare in premessa al contributo che spero di offrire; poche idee, che prendono lo spunto dal tema di questo nostro incontro, ma che vanno oltre. 1. Penso che sia necessario, per fare un lavoro proficuo, andare oltre l’approfondimento dei tecnicismi della comunicazione efficace, dando comunque per scontato che essa è indispensabile per catturare il consenso che ci serve. E ci serve il consenso degli estranei (ma poi rifletterò che ci serve anche, e forse soprattutto, il consenso profondo di noi stessi aderenti) perché noi siamo un Movimento cattolico MISSIONARIO; in seno alla azione della Chiesa non apparteniamo alla schiera benemerita delle aggregazioni laicali a scopo caritativo, ma per catturare “i gentili” del nostro ambiente di vita, e ovviamente anche rinfocolare i tiepidi che ci sono più prossimi; questo impegno è nel nostro DNA. Di conseguenza penso che occorra innanzitutto consapevolizzare lo scopo di fondo, il fine ultimo, di questa nostra ricerca, dell’approfondimento che stiamo facendo, diretto ad acquisire una corretta informazione necessaria proprio per rendere persuasiva la comunicazione. Questo fine ultimo che è, diciamocelo chiaro, l’evangelizzazione. Aggiungo e chiarisco evangelizzazione oggi, nel contesto sociale moderno occidentale in cui viviamo; il che significa ri-evangelizzare un mondo sempre più scristianizzato (constatazione questa ormai statisticamente verificata). 2. A tal fine, il punto da cui muovere è conoscere a fondo la realtà sociale con la quale confrontare il nocciolo delle verità a cui crediamo, allo scopo di diffonderle, di aprire gli occhi a chi non riesce ancora a vederle. Dunque, anzitutto conoscenza; ma sempre conoscenza veritiera, informazione corretta – non fake news, si direbbe oggi - in quanto essa è parte fondamentale della strumentazione idonea per attualizzare il messaggio evangelico nella sua proiezione pratica, e cioè, detto in parole difficili, per “inculturare un’etica cristiana”. E qui entriamo ancor più dentro al problema: senza tradirne i principi.

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Parole e fatti 3. Ma il messaggio cristiano sostanzialmente è un messaggio di amore idilliaco perché postula la magnanimità dei conviventi, i quali sono purtroppo poco abituati a esserlo magnanimi, perché indotti a vivere nei loro contesti spazio-temporali che costituiscono un habitat naturale difficile, sempre competitivo, spesso tremendo, pieno di insidie e di lusinghe che appaiono loro perfette nel soddisfare i loro bisogni e purtroppo anche le loro perversioni. Resta assodato, alla fin fine, che l’essere umano è naturalmente egoista. All’intelligenza razionale appare, quindi, utopistica, la realizzazione concreta del messaggio cristiano di amore universale, così come utopistico appare il messaggio stesso, e quindi difficilissimo, per non dire impossibile, da divulgare. 4. Ma la magnanimità, che dunque servirebbe al buon cristiano per vivere in armonia, oltre ad essere un attributo divino, crediamo che ci è stata generosamente travasata dentro dal nostro Padre Celeste amorevole. É per ora una magnanimità implicita e tendenziale; è per noi cristiani un traguardo correttivo dell’indole umana naturalmente egocentrica. 5. Noi cristiani in questo sforzo di adattamento della nostra indole, in questo impossibile impegno di correzione, di Rinascita, per essere magnanimi, abbiamo un personal trainer insuperabile, un addestratore/allenatore che conosce perfettamente le pesanti asperità del terreno di gara, e che ci è sempre misteriosamente accanto per sorreggerci. È Gesù che, come fratello e Maestro, ha promesso, dopo la sua strepitosa resurrezione, che non ci abbandonerà mai, ed è misteriosamente presente dentro ciascuno di noi. Quale fortuna! Quale meravigliosa notizia per il genere umano! Ma proprio in questo mistero di misericordia sta il difficile da trasmettere ad altri. 6. Dobbiamo essere cooperatori di Dio per l’avvento del suo Regno di Giustizia e di Pace anticipando nella faticosa ricerca e pratica dell’armoniosa convivenza umana la sussistenza della non parvente realtà trascendentale. Dopo secoli di razionalismo illuminista la cultura dell’uomo moderno, particolarmente nel mondo occidentale, non è più capace di concepire la trascendenza se non come elucubrazione mentale, e quindi di accostare il mistero escatologico. Ma l’ideale di una vita degna di essere vissuta per aver migliorato la condizione umana va trovando ingresso, malgrado l’apparenza contraria, in una nuova visione antropologica, che riscopre e valorizza la fecondità della compassione e della vicendevole solidarietà umana come passaggio verso l’inveramento di una felice proiezione metafisica dell’esistenza. 7. Ritengo che si vadano aprendo varchi per un’etica sempre meno brutalmente materialista, e quindi per una ri-evangelizzazione sensibile e accorta, corredata da un uso intelligente della metodologia missionaria che certamente fa perno, oggi sempre più di prima, sulla comunicazione efficace a cui ci stiamo dedicando.

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Non è un film sul Cile, ma sull’Italia. Nanni Moretti racconta un’Italia che non c’è più, dissolta in pochi decenni. Santiago Italia ci rimanda ad un’espressione a quel tempo in voga e oggi desueta: fratellanza dei popoli. In crescita è il suo contrario, xenofobia: paura degli altri popoli. Ma come si fa a superare la paura e il sospetto verso gli altri popoli e nazioni? Il film indica la soluzione praticata in quegli anni: prendersi cura degli altri e questo ci insegna a prendersi cura anche di noi. Volti ormai invecchiati ma allora giovani raccontano una storia straordinaria di coraggio e di accoglienza messa in piedi dai giovani diplomatici italiani. Saltare il muro dell’ambasciata era il salto verso la libertà e la vita. Quanti muri oggi non sono più valicabili e respingono tutti quelli che cercano salvezza e vita! C’era ieri in Italia un sentimento nazionale e solidale vissuto dalla maggioranza oggi spaventata e laconica; ma probabilmente basta un discorso umano come lo è stato quello di fine anno del presidente Mattarella per farlo riemergere, basta un film coinvolgente per parlare alle nostre coscienze oggi.

Santiago, Italia potrebbe essere un contributo di prevenzione, un cine-vaccino che, se riuscisse a varcare il circuito della nostalgia per dirigersi verso scuole e tv, aiuterebbe a promuovere fioriture umane.

Claudio Giovannesi: La paranza dei bambini

Cinema

Nanni Moretti: Santiago, Italia

Il film di Claudio Giovannesi è l’unico film italiano presentato a Berlino. Scritto dallo stesso Giovannesi insieme a Saviano e a Maurizio Braucci, racconta la vicenda di un gruppo di adolescenti del rione Sanità di Napoli che si trovano a occupare un vuoto di potere nella malavita locale. Si tratta di ragazzini che nel gergo criminale sono definiti ‘paranza’, come quei pescetti che vengono catturati dalle reti a strascico: se sono fortunati sopravvivono alcuni anni, fanno tanti soldi e poi finiscono uccisi. “Le paranze ci sono in tutti i Paesi: dall’Europa al Sudamerica – dice Saviano – si ricomincia a morire come nel Medioevo, giovanissimi”. Il fenomeno sociale raccontato dal film è sintetizzato così da Roberto Saviano: “Le madri, i padri sono mantenuti dai figli, la famiglia perde autorevolezza agli occhi del ragazzino. Se non hai sol45


Recensioni

di non conti niente. E il figlio criminale diventa anche agli occhi del genitore qualcuno di rispettabile perché va in piazza per fare qualcosa. Il denaro diventa tutto e la pistola diventa la loro lampada di Aladino”. La pellicola di Giovannesi, che si avvale della magnifica fotografia di Daniele Ciprì, non indulge mai nella violenza, pur trattando di un ambiente violentissimo come quello della camorra. Napoli è uno specchio del mondo, funge da laboratorio a cielo aperto, da ferita, una ferita attraverso cui guardare per capire ciò che sta accadendo, in questo preciso istante, agli adolescenti nelle periferie di tutto il mondo. Un film da vedere per capire così come lo era il romanzo di Saviano.

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Vito Mancuso - Il coraggio di essere liberi - Garzanti 2016 – Euro 14,00

In questo libro viene affrontato il tema della libertà intesa in modo concreto cioè: “ci sentiamo liberi? Se non vi sentite liberi lo volete diventare? Avete il coraggio per esserlo? La scintilla della libertà nasce dal coraggio di sottrarsi al pensiero dominante, al coraggio di liberarsi delle convinzioni che ci soffocano e costruire rapporti autentici con chi entriamo in relazione e con noi stessi. Per noi di

Rinascita abituati a riflettere sui fatti della vita alla luce della Parola questo testo forse può essere un buon inizio per iniziare un cammino di libertà verso lo svolgimento di un pensiero libero che costruisce e verso la consapevolezza che il nostro cammino interiore passa dalla luce all’ombra in un continuo divenire ed è così che si costruisce la nostra identità singolare. Condizione necessaria e indispensabile della libertà è la relazione, l’altra la solitudine. Ugo Vanni – Il tesoro di Giovanni. Un percorso biblicospirituale nel Quarto Vangelo – Cittadella Editrice 2016 prima ristampa – Euro 17,00 Questo commento di padre Ugo Vanni al Vangelo di Giovanni è di grande aiuto per accostarne le pagine più intense e coglierne le ricchezze spirituali. Vanni è capace di convertire in nutrimento interiore anche l’analisi filologica e la struttura letteraria. Ci aiuta a lasciarci avvolgere dalle stesse dinamiche di fede e di amore che hanno dato vita alla comunità giovannea. Recentemente sono stati pubblicati vari scritti di Ugo Vanni. Egli resta una ottima guida per uno studio ed una lettura appassionante del Quarto Vangelo e del­ l’Apocalisse.


III SEMINARIO NAZIONALE DI FORMAZIONE Informazione, pensiero critico e bene comune Milano, 6 aprile 2019 Il Seminario è rivolto alle regioni del nord e riprende il tema del Seminario di Roma dell’11-13 gennaio 2019. Il Seminario ha luogo presso le Suore di San Vincenzo - Via Ariberto, 10

Sabato 6 aprile Ore 10,00 Accoglienza Ore 10,30 Saluti e presentazione della giornata – Giovanna Lazzeri (Consigliere Liguria) Preghiera Ore 11,00 Introduzione ai lavori: Serena Grechi, P. Licio Prati Ore 11,30 Relazione: P. Giuseppe Riggio, Aggiornamenti sociali Informazione e democrazia Scambio in assemblea Ore 13,00 Pranzo Ore 14,15 Relazione: Dott. Ugo Savoia, giornalista L’informazione servizio per il Bene Comune Scambio in assemblea Ore 16,00 Conclusioni Iscrizione al Convegno e pasto € 25,00

Per prepararsi al Seminario possiamo porci alcune domande: 1. Cosa mi aiuta a capire ciò che sta accadendo? In che modo mi arriva la notizia? 2. La differenza tra la mia percezione e la realtà. 3. La percezione schiaccia la realtà dei fatti e le narrazioni prendono il posto dei dati. 4. Quali media (mass-media o social-media) uso per informarmi? Quotidiani a stampa, radio, Tv (telegiornali, speciali, documentari, inchieste), quotidiani online, social network (twitter, facebook…) Con quale frequenza? 5. Passaggio dall’informazione alla comunicazione per una relazione responsabile. 47


GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA TRATTA DI PERSONE

Il Comitato Consultivo al termine dei suoi lavori ha voluto partecipare in Piazza San Pietro all’Angelus e all’impegno contro la tratta ricordando insieme al Papa “Santa Giuseppina Bakhita che da schiava è divenuta Santa. Santa Giuseppina Bakhita aiuta tutti quelli che sono intrappolati nella schiavitù. Per loro intercedi, in modo che le catene della loro prigionia possano essere spezzate”.

Rinascere Periodico bimestrale di informazione e di collegamento del Movimento Rinascita Cristiana Via della Traspontina, 15 - 00193 Roma - Tel. 06.6865358 - Fax 06.6861433 - segreteria@rinascitacristiana.org www.rinascitacristiana.org - c/c postale n. 62009485 intestato a Movimento Rinascita Cristiana Direttore Responsabile: Francesca Tittoni Comitato di Redazione: Francesca Carreras, Maria Grazia Fergnani, Giovanna Hribal, Alberto Mambelli, Roberta Masella, Gege Moffa, Elvira Orzalesi, P. Licio Prati. Stampa: La Moderna srl - Via Enrico Fermi, 13/17 - 00012 Guidonia (Roma) – tel. 0774.354314 Associato all’Unione Stampa Periodica Autorizzazione del Tribunale di Roma N° 00573/98 del 14/12/98 Italiana Finito di stampare nel mese di Febbraio 2019

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