Rinascere n° 1 e 2 - 2022

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Rinascere Bimestrale - anno 24 - n° 1/2 gennaio/aprile 2022

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n Francesca Sacchi Lodispoto L’Italia di fronte alla guerra e alle speranze di pace

n Roberta Masella e Giovanna Melis Riflessioni sul Vangelo di Luca

n I Vescovi del Mediterraneo Carta di Firenze

n Gege Moffa, Tina Armiento, Renata Perini A proposito di Piano di Lavoro

n Licio Prati Per una lettura pasquale della croce n Serena Grechi Lettera al Movimento n Stefania Careddu Uno sguardo sull’incontro di Firenze

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n Carmen Ruggiero Dignità della persona, dignità della donna n Francesca Sacchi Lodispoto Uno sguardo sulla vita sociale


Rinascere N. 1/2 gennaio/aprile 2022 n EDITORIALE

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Guerra e speranze di pace La redazione

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Uno sguardo sull’incontro di Firenze di Stefania Careddu

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Vescovi e Sindaci Insieme per la pace di Serena Grechi

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I Vescovi del Mediterraneo La Carta di Firenze

Sommario

Francesco: lavoro e dignità Gruppo Perini

n CHIESA ITALIANA

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Il ricordo di Carlo Molari di Francesca Sacchi Lodispoto n SOCIETÁ

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Ambiente, scuola, giovani e cure palliative a cura di Francesca Sacchi Lodispoto n PIANO DI LAVORO

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Ricominciare… una fraternità possibile Gruppo Ravaioli

La relazione crea umanità di Tina Armiento Dignità e rispetto della donna di Carmen Ruggiero n MEDITAZIONE

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Il Vangelo di Luca di Roberta Masella e Giovanna Melis n CHIESA NEL MONDO

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Incontri ravvicinati di Gege Moffa n RECENSIONI

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Brunetto Salvarani, Giada Lonati, Corrado Lorefice e Bruno Bignami n MOVIMENTO

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Lettera della Responsabile nazionale

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Per una lettura pasquale della croce di Licio Prati


e speranze di ripresa e di pace La redazione

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entre scriviamo questo editoriale per introdurre il primo numero dell’anno 2022 infuria ancora la guerra in Ucraina, speriamo con tutte le nostre forze che quando leggerete questo terribile evento sia concluso. Certamente gli esiti saranno tutti da valutare e non ci possono lasciare tranquilli sia come cittadini italiani che soprattutto come cittadini europei. In una riunione di un gruppo romano, infatti, è stato sottolineato fortemente il disagio per una analisi e una risposta tardiva dell’unione Europea ai segnali di guerra che da anni erano presenti e negli ultimi mesi si erano intensificati. Tuttavia consideriamo come un segno positivo la risposta corale e unitaria della comunità europea nei riguardi di una ingiusta e immorale aggressione ad un popolo sovrano. Un popolo che eroicamente difende la sua libertà e la sua democrazia. In questo momento i nostri aiuti e la nostra solidarietà vanno al popolo ucraino. Ci sarà poi il tempo per riflettere sulle cause remote di questo conflitto, sulla tenuta delle nostre democrazie, sulla necessità di ridurre gli armamenti, sull’importanza delle vie diplomatiche per risolvere i conflitti. Non è possibile invocare la pace solo nei momenti di emergenza: la pace va costruita, è un lungo processo da costruire nel tempo. Proviamo tutti in questo momento un grande smarrimento per l’accavallarsi di orribili immagini di distruzione e di morte, di giudizi improvvisati, di talk-show che ai virologi hanno sostituito i generali; proviamo una grande delusione nei confronti dell’ONU che ci è sembrato il grande assente nei conflitti che da otto anni si svolgono ai confini dell’Ucraina: gli accordi c’erano e nessuno è mai intervenuto per farli rispettare. Oggi la più grande urgenza di fronte al futuro è fermare le armi. Vi è un Trattato per la messa al bando delle armi nucleari adottato dall’ONU nel 2017 e ancora in fase di ratifica; 84 paesi hanno firmato tra cui la Santa Sede, auspichiamo che l’Italia firmi al più presto. Come credenti abbiamo tutti accolto l’invito di Papa Francesco alla preghiera: la preghiera cambia i nostri cuori e ci aiuta a discernere quali possano essere le iniziative incisive da portare avanti ricordando che la nostra Costituzione all’art. 11 ricorda che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Editoriale

L’Italia: guerra

Ma anche altri eventi importanti hanno segnato, nel nostro Paese, l’inizio del 2022. Rinascere segnala l’elezione del Capo dello Stato e le sue parole sul valore della dignità della persona e infine l’incontro a Firenze di Vescovi e Sindaci sul Mediterraneo.

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Sergio Mattarella è stato eletto Capo dello Stato per la seconda volta con 759 voti all’ottava votazione. Ne sarebbero stati sufficienti 505. I capigruppo dei partiti della maggioranza si sono recati al Quirinale lo stesso giorno dell’elezione per chiedere al Presidente la sua disponibilità. I Capigruppo, non i segretari di partito, come a dire che il Parlamento stesso ha chiesto la sua disponibilità. Un bel segno di rispetto! Con i capigruppo anche le delegazioni delle regioni: i grandi elettori hanno quindi scelto di non mutare il quadro che ha garantito al Paese governabilità e stabilità in un tempo di crisi. Al termine dell’incontro con i Presidenti di Camera e Senato, che gli hanno comunicato l’esito della votazione, il Presidente Mattarella ha dichiarato: «Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando – sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale – richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati – e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini».

Alcune speranze da realizzare

Alle antiche diseguaglianze la stagione della pandemia ne ha aggiunte di nuove. Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro. La forte diminuzione delle nascite con il conseguente declino demografico rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società. Per mitigare l’impatto sarebbe necessaria una politica di lunga durata, che investa sulle famiglie e che metta al centro i giovani. È urgente superare la grande frattura tra i territori del Nord e quelli del Mezzogiorno che ancora oggi l’Italia un paese a due velocità.

Editoriale

Le risorse a cui attingere nel post-pandemia

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Possiamo cogliere quattro segni, che aiutano a comporre uno sguardo di speranza. Il primo chiama in causa la responsabilità personale per contribuire alla crescita comune; il secondo segno riguarda la consapevolezza di non essere un popolo isolato, che deve cavarsela esclusivamente con le sue proprie forze: l’Italia è inserita in una casa più grande, la comunità europea, condividendo con gli altri Paesi politiche e strategie. Il terzo segno richiede la capacità di mettere a frutto la progettualità e le risorse del Pnrr per potenziare nel cambiamento la nostra società, senza perdere un’opportunità unica: le transizioni ecologica e digitale sono necessità ineludibili, e possono diventare anche un’occasione per migliorare il nostro modello sociale. Il quarto segno chiama in causa la


complessità dell’impegno educativo. L’educazione non è neutra acquisizione di competenze, ma maturazione della persona affinché coniughi libertà, altruismo e capacità progettuale, che si realizza attraverso la via dell’alleanza tra le generazioni.

DIGNITÁ Dire dignità nel secolo della “terza guerra mondiale a pezzi” è desiderare di essere umani, è invocare e lottare per la pace, per la solidarietà. la libertà delle persone e dei popoli. Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita. Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro. Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere del nostro Paese. Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ognuno di noi. Dignità è impedire la violenza sulle donne, piaga profonda e inaccettabile che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio. Dignità è lasciarsi interrogare dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri. È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani. Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale. Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, e neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga. Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone. Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità. Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza. Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare. Confidiamo in un Paese capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita. Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, libero anche dalla complicità di chi fa finta di non vedere. Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente. La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile.

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Chiesa italiana Chiesa italiana

Uno sguardo

sull’incontro di Firenze di Stefania Careddu

“L’

orologio della storia ha fermato le sue lancette a Firenze ed è suonata l’ora della pace e del dialogo”. È l’immagine che il card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Cei, ha scelto per sintetizzare quanto avvenuto dal 23 al 27 febbraio scorso nel capoluogo toscano, dove si sono riuniti una sessantina di Vescovi e - per la prima volta, convocati dal Sindaco Dario Nardella - i primi cittadini di diverse città del Mediterraneo per confrontarsi e impegnarsi a costruire insieme un mondo migliore. Quello che è stato definito, a buon diritto, “un grande momento storico” ha assunto una forza maggiore proprio perché avvenuto mentre scoppiava la guerra in Ucraina. Il dolore e la preoccupazione per il conflitto, così come la preghiera e la vicinanza alla popolazione colpita, hanno costantemente accompagnato i lavori del doppio appuntamento, ecclesiale e civile, ispirato dai “Colloqui mediterranei” organizzati dal Sindaco Santo, Giorgio La Pira. La richiesta di “far tacere le armi” e “di tornare a trattare” è diventata unanime, messa nero su bianco nella “Carta di Firenze” firmata a Palazzo Vecchio, il documento congiunto che rappresenta non solo il punto di arrivo di un percorso, ma soprattutto il tracciato su cui camminare. Per rimettere “la persona umana al centro dell’agenda internazionale” e affrontare, in modo efficace, le sfide del cambiamento climatico, dei flussi migratori, dei conflitti e della povertà. “La bellezza del mosaico di tradizioni e culture, violata dai drammi che vivono molti nostri popoli, è imperativo perché il Mare Nostrum torni ad essere crocevia di storie e tradizioni e non più doloroso cimitero”, ha sottolineato il card. Bassetti che ha definito la Carta “la testimonianza, non solo simbolica, che esiste una coscienza mediterranea”, “un patto sociale, un patto di amicizia sociale”, “un raggio di luce nell’ora più buia”. Nonostante l’assenza di Papa Francesco, bloccato a Roma da un’acuta gonalgia e dunque impossibilitato a prendere parte alla giornata conclusiva, l’Incontro dei Vescovi e Sindaci delle città del Mediterraneo ha rappresentato davvero un laboratorio di dialogo e di condivisione. Non a caso il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha partecipato alla Messa nella Basi6


Chiesa italiana lica di Santa Croce, ha voluto indicare il capoluogo toscano come il “centro della speranza di pace”. Da Firenze, dove ci si è confrontati sul tema della cittadinanza, è ripartito cioè con convinzione l’impegno per fare del Mediterraneo “un mare di opportunità”, come ha affermato il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, intervenuto alla sessione inaugurale dell’assise dei Vescovi. “Mai come oggi, quando la società sembra sgretolarsi fino a farsi liquida, è tempo di costruire l’unità”, ha ribadito il Presidente della Cei ricordando che “essere uniti non significa essere unanimi, ma vuol dire essere complementari e collaboratori; uniti in unico corpo, composto però da tante parti diverse”. Nel solco della profezia di La Pira, ha continuato il card. Bassetti, è tempo cioè “abbattere muri, costruire ponti”, di “unire ciò che è stato diviso per secoli; unire in nome della fratellanza umana come ci ricorda il documento di Abu Dhabi; unire per la pace”. Soprattutto in un momento in cui i venti di guerra tornano a soffiare in modo impetuoso sull’Europa e sul mondo.

Alle chiese mediterranee il Cardinale Bassetti offre cinque dinamiche: – essere testimoni della Resurrezione di Cristo, cioè risplendere della speranza che la nostra vita e quella del nostro prossimo sono pensate e custodite dall’eternità e per l’eternità da un Dio che è amore – ricevere sempre più in profondità il messaggio del Concilio Vaticano II; la nostra comunione è il germe fecondo dell’unità del genere umano – riconoscere il primato della contemplazione e valorizzare la rete che le monache del Mediterraneo hanno avviato. Per La Pira, ricorda Bassetti, i monasteri erano “centrali nucleari” di preghiera alternative ai missili” – praticare l’intelligenza della fede e adoperarsi affinché le chiese producano una teologia del Mediterraneo non astratta ma contestuale (auspicio fatto da Papa Francesco a Napoli) – perseguire uno specifico apporto del Mediterraneo al processo sinodale della Chiesa universale, come auspicato dall’arcivescovo di Marsiglia. Tra i buoni propositi di questo doppio forum vescovi e sindaci insieme selezioneranno un gruppo di giovani di tutta l’area mediterranea; risiederanno per un anno in un borgo medioevale vicino ad Arezzo, frequenteranno un master all’Università di Siena, abiteranno nello stesso studentato internazionale e verranno accompagnati ad elaborare i progetti sociali che hanno intenzione di realizzare nelle loro nazioni quando torneranno a casa. 7


Chiesa italiana

Vescovi e Sindaci Insieme per la pace

di Serena Grechi

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uesta Quaresima, purtroppo, ci ha recato gelidi venti di guerra. Profughi, donne e bambini, che fuggono dai bombardamenti e uomini che resistono nelle loro città per difendere la nazione con i pochi mezzi a loro disposizione. Non era proprio questo il clima che Firenze si aspettava nel bel mezzo di ‘’Mediterraneo frontiera di pace’’, il lungamente atteso incontro tra Vescovi e Sindaci. Un confronto fra popoli e fedi: Firenze, città d’arte e cultura, ha ospitato anche i sindaci del “mare nostrum”. La Pira sarebbe orgoglioso della sua città: essere la capitale del confronto. La capacità di tessere relazioni e aprirsi al dialogo con altri, lasciandosi contaminare dalle differenze e in una continua ricerca di sintesi: tutto questo è ciò che definisce una città culturale per eccellenza, quale è Firenze. I temi sul tavolo sono stati molteplici: dalle migrazioni alla pandemia, dalle desertificazioni al problema ecologico. Questo dialogo si presenta quindi oltremodo interessante ed il confronto fra vescovi e sindaci sarà molto proficuo. “I vescovi porteranno quelli che sono gli effetti dell’annuncio del Vangelo, mentre i sindaci ci mostreranno la situazione concreta dei popoli che essi rappresentano “, cosí ha commentato il presidente della CEI. Nel giorno di apertura è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha auspicato un dialogo che possa superare le differenze e le incomprensioni che affliggono gli uomini da secoli. In questo clima di guerra un messaggio di fratellanza di cui più abbiamo veramente bisogno. Dall’incontro conclusivo è scaturito un documento congiunto, firmato dal Cardinale Bassetti presidente della CEI e dal sindaco di Firenze Dario Nardella, che racchiude in sé il futuro per le nostre comunità: la Carta di Firenze. 8


Documenti

La Carta di Firenze Incontrandosi insieme alla fine dei rispettivi lavori, i Vescovi e i Sindaci hanno constatato i benefici che provengono dall’intensificare le collaborazioni nelle proprie città al fine di preservare la giustizia, rafforzare la fraternità e il rispetto di tutti i cittadini e le comunità culturali e religiose ivi presenti. Da questo proficuo e cordiale incontro, mai prima realizzato, essi hanno insieme convenuto su alcuni ideali e valori ai quali ispirare il futuro cammino, diminuire discriminazioni e violenze e aprire orizzonti di speranza delle giovani generazioni. In questi giorni azioni di guerra si sono verificate contro l’Ucraina. Ispirandosi all’eredità di Giorgio La Pira, l’ex Sindaco di Firenze, che già negli anni Cinquanta promuoveva il dialogo interculturale e interreligioso tra le Città, e in particolare tra le Città del Mediterraneo; –consapevoli che il Mediterraneo è stato storicamente il crocevia delle culture europee e dell’Asia occidentale, dell’emisfero settentrionale e meridionale e che può ricoprire un ruolo cruciale per la pace e lo sviluppo delle nazioni attraverso la cooperazione tra le sue città e le sue comunità religiose; –uniti nella convinzione che il Mediterraneo non può e non vuole essere luogo di conflitto tra forze esterne; –guidati da un’aspirazione condivisa a porre la persona umana al centro dell’agenda internazionale perseguendo la pace, proteggendo il pianeta, garantendo prosperità, promuovendo il rispetto e la dignità dei diritti fondamentali di ogni individuo, anche attraverso la promozione di obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi sul clima; –consapevoli delle numerose sfide che l’area mediterranea deve affrontare, come il cambiamento climatico, i flussi migratori, i conflitti e la povertà; –convinti pertanto che valorizzare e promuovere il ruolo delle città e il dialogo tra le sue comunità civiche e religiose offra un contributo essenziale a queste sfide; Vescovi cattolici e Sindaci delle città mediterranee, riuniti a Firenze

La diversità del patrimonio e delle tradizioni dell’area mediterranea come patrimonio condiviso per tutta l’umanità. Tutti i valori naturali, ambientali, culturali, linguistici e religiosi del Mediterraneo, materiali e immateriali, sono visti come fonti di dialogo e unità tra i nostri popoli e dovrebbero essere protetti e trasmessi alle generazioni presenti e future; Vescovi cattolici e Sindaci delle città mediterranee RICONOSCONO

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Documenti – l’importanza di un impegno educativo che parta dai bisogni primari, comuni a tutti gli esseri umani, e che possa guidare i giovani nel cammino che conduce al desiderio del bene, dell’amore, della giustizia e della libertà; – la necessità di sviluppare maggiori opportunità di dialogo e di incontro costruttivo tra le diverse tradizioni culturali e religiose presenti nelle nostre comunità, al fine di rafforzare i legami di fraternità che esistono nella nostra regione; – l’importanza di creare programmi universitari comuni, al fine di introdurre i giovani di tutta la regione mediterranea ad una migliore conoscenza rispettosa delle tradizioni e delle particolarità culturali di ogni Paese; – il ruolo chiave della diplomazia a livello urbano nella promozione di uno sviluppo umano integrale e sostenibile basato sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni essere umano; – l’importanza fondamentale del riconoscimento di un diritto universale alla salute e alla protezione sociale nell’area del Mediterraneo, in particolare a seguito della pandemia da COVID 19, e il ruolo centrale che la cooperazione a livello di città potrebbe svolgere nella lotta alla malattia; – la necessità di implementare, quanto prima, soluzioni integrate per evitare cambiamenti climatici catastrofici. Il momento di agire è ora, al fine di preservare la qualità della vita per le generazioni a venire e conseguire un approccio ecologico integrale; – l’opportunità di promuovere una vera trasformazione della società finalizzata all’instaurazione di una cultura della sostenibilità sociale, anche attraverso nuove forme di cooperazione tra decisori politici, scienziati, leader spirituali e culturali e leader del commercio; – l’importanza di promuovere opportunità di lavoro di qualità per le categorie svantaggiate, giovani e donne, e di favorire lo sviluppo economico e sociale dei paesi di origine dei migranti, anche attraverso programmi di cooperazione, volti in particolare alla tutela dell’infanzia; – le politiche migratorie nel Mediterraneo e alle frontiere devono sempre rispettare i diritti umani fondamentali. – la forte connessione esistente tra flussi migratori e cambiamento climatico, che colpisce in maniera accentuata il Mar Mediterraneo: fenomeni come la desertificazione, la deforestazione, il degrado del suolo stanno potenzialmente esponendo miliardi di persone a spostamenti di massa e migrazioni; 10


Documenti – l’importanza del rafforzamento delle relazioni interculturali e interreligiose, al fine di raggiungere un livello più elevato di comprensione reciproca tra individui di diversa origine, lingua, cultura e credo religioso; e, mentre si impegnano a promuovere progetti concreti di inclusione culturale, religiosa, sociale ed economica, Che i Governi di tutti i paesi mediterranei stabiliscano una consultazione regolare con i Sindaci, con tutti i competenti rappresentanti delle comunità religiose, degli enti locali, delle istituzioni culturali, delle università e della società civile sulle questioni discusse in questa Conferenza. Le città rivendicano il loro diritto a partecipare alle decisioni che influiscono sul loro futuro; – Governi, Sindaci e Rappresentanti delle comunità religiose a promuovere programmi educativi a tutti i livelli: un cammino che integri gli approcci antropologici, comunicativi, culturali, economici, politici, generazionali, interreligiosi, pedagogici e sociali per realizzare una nuova solidarietà universale e una società più accogliente; – Governi, Sindaci e Rappresentanti delle comunità religiose a promuovere iniziative condivise per il rafforzamento della fraternità e della libertà religiosa nelle città, per la difesa della dignità umana dei migranti e per il progresso della pace in tutti i paesi del Mediterraneo; – Sindaci e Rappresentanti delle comunità religiose, a dialogare e mobilitare risorse per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile a favore della cooperazione internazionale, del dialogo interculturale e interreligioso, del rispetto di ogni individuo attraverso una più equa condivisione delle risorse economiche e naturali; – Sindaci a discutere ed esplorare ciò che idealmente tiene insieme oggi una società civile e come i contesti contemporanei integrano tradizioni religiose ed espressioni culturali; – Rappresentanti delle comunità religiose, a esplorare come possano interagire tra loro e con i rappresentanti dei governi municipali e dei leader civici al fine di comprendere le cause e le ragioni della violenza e, quindi, lavorare insieme per eliminarla; – che i Governi adottino regole certe e condivise per proteggere l’ecosistema mediterraneo al fine di promuovere una cultura circolare del Mediterraneo in armonia con la natura e con la nostra storia. Vescovi cattolici e Sindaci delle città mediterranee INVOCANO

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Società

La tutela dell’ambiente entra nella Costituzione

L’

8 febbraio la Camera dei deputati ha varato in via definitiva il disegno di legge costituzionale che introduce in modo esplicito nel testo della Carta l’impegno alla tutela dell’ambiente, intervenendo per la prima volta nella storia della Repubblica su uno dei primi 12 articoli, quelli che recano il titolo “Principi fondamentali”. A novembre, la seconda deliberazione al Senato è avvenuta con una maggioranza superiore ai due terzi e anche il secondo passaggio a Montecitorio ha registrato il superamento del quorum previsto dall’art. 138 della Costituzione per l’immediata entrata in vigore della legge (468 voti a fronte dei 420 necessari), quindi con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale l’iter è concluso e non occorre attendere l’eventuale richiesta di un referendum confermativo. In estrema sintesi, viene aggiunto un nuovo comma all’art. 9 che, nella versione attuale, fa menzione del paesaggio e del patrimonio storico-artistico senza citare espressamente l’ambiente. Con la riforma, “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” viene inserita tra i principi fondamentali dalla Carta costituzionale. Inoltre, si rinvia al legislatore per stabilire i modi e le forme di tutela degli animali. Infine, in materia di iniziativa economica privata, la norma esistente (art. 41 Cost.) viene integrata prevedendo che tale attività non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente. Francesca Sacchi Lodispoto

L’alternanza scuola-lavoro: così non va La morte degli studenti morti durante uno stage, ha riproposto in modo tragico il problema dell’alternanza scuola-lavoro. Il ministro del lavoro Orlando ha annunciato di voler aprire un tavolo con quello dell’istruzione Bianchi, per garantire che gli stage si svolgano presso aziende certificate. In questo modo, si continua però a fraintendere (o a non voler vedere) l’autentica radice della questione: il significato assunto dall’attuale forma dell’alternanza scuola-lavoro. A questo proposito, non si deve confondere che cosa quest’ultima potrebbe essere con che cosa è diventata… L’esigenza di superare il distacco tra scuola e lavoro, tra la teoria e la prassi, 12


Società richiede un’apertura della scuola secondaria alla realtà economica territoriale, sia in uscita (esperienze formative in contesti produttivi), sia in entrata (intervento di esponenti del mondo del lavoro nella scuola). In questi due contesti circolano concezioni diverse della teoria e della pratica; perciò, l’alternanza deve prendere forma attraverso un rapporto dialettico fra le loro differenti logiche. Dalla Buona scuola di Renzi (Legge 107/2015) a seguire, il limite è stato questo: ci si è fermati a una retorica dell’alternanza, facendo astrazione della realtà storico-sociale. In particolare, oggi, occorre considerare il significato dell’alternanza entro un quadro segnato dall’egemonia del neoliberismo. Un’alternanza scuola-lavoro diversa è però concepibile, anche se di difficile attuazione nell’odierna situazione….Occorre un’apertura di carattere dialettico, che mantenga la piena autonomia culturale e pedagogica della scuola… La scuola deve mirare alla crescita completa dello studente, alla sua formazione come uomo e come cittadino… Nella formazione del cittadino, un contatto diretto con la realtà del lavoro può essere importante, perché tende ad aprire gli occhi sul mondo, come ha insegnato Don Milani. La scuola deve però promuovere una consapevolezza critica della realtà del lavoro, e l’alternanza deve quindi diventare un’occasione per riflettere su tale realtà e prendere coscienza delle sue logiche e delle sue problematiche. Le logiche inerenti agli usi sociali dei saperi. E le problematiche concernenti la realtà sociale del lavoro. A questo scopo, per esempio, dovrebbero essere previsti anche incontri con le organizzazioni sindacali, e la partecipazione degli studenti a dibattiti tra queste e le forze imprenditoriali. La scuola non può limitarsi a formare produttori. Prima di tutto deve formare persone che hanno la capacità e il coraggio di pensare con la propria testa. Altrimenti tradisce sé stessa. E se si chiede alla scuola di fare diversamente, si rischia di compromettere il suo significato costituzionale. da Massimo Baldacci – Micromega 8 febbraio ‘22

I media: troppe immagini stereotipate dei giovani A proposito di amicizia e coesione sociale facciamoci qualche domanda sulla rappresentazione dei giovani che ci viene fornita dai mezzi di comunicazione e guardiamo con affetto, ma anche con senso critico ciò che avviene intorno a noi e nelle nostre famiglie. Oggi crescere nella società italiana non è affatto semplice. Siamo uno dei Paesi più “vecchi” al mondo, scivolati da oltre 30 anni in una crisi sistemica. Crescita stagnante, salari bloccati, mobilità sociale ferma, maggiori squilibri 13


Società demografici, disparità territoriale aumentata. Un Paese ingessato da un modello di governance farraginoso, figlio di una Politica senza visione del futuro, ripiegata sull’autoconservazione, quasi disinteressata alle priorità dei cittadini. Il dibattito pubblico appare desolante. Perché il futuro delle giovani generazioni non appare nell’agenda pubblica? Una sorta di specchio deformante restituisce immagini stereotipate dei giovani. Da una parte, i fatti di cronaca contribuiscono ad alimentare una rappresentazione sensazionalistica che mira a presentare l’equazione giovani-disagio-devianza. Giorni addietro, un autorevole quotidiano nazionale, riferendosi alla vicenda delle violenze di Primavalle a Roma, titolava “Un capodanno di sesso e violenza, il selfie di una generazione”. Come a dire, vi presentiamo un’intera generazione in uno scatto. Eppure, approfondendo quel triste episodio, appaiono sulla scena adulti tutt’altro che irreprensibili. Perché non indagare, allora, la dimensione intergenerazionale e, magari, la crisi dei ruoli genitoriali, che paradossalmente si muovono tra l’iperprotezione e l’assenza di interesse. Oppure, quando i giovani si attivano, sfuggendo alla rappresentazione della devianza, debbono necessariamente essere inscritti nelle nostre mappe mentali. Le studentesse e gli studenti scesi in piazza a seguito del tragico incidente nel quale ha perso la vita Lorenzo Parelli, diventano i “ragazzi del Presidente”. Di nuovo, non consentiamo loro di esercitare la propria autonomia nemmeno nella manifestazione del conflitto. Giovani cattivi, amorali, devianti versus giovani buoni, docili e mansueti. Se vogliamo davvero affrontare la questione giovanile dobbiamo smontare, pezzo per pezzo, queste modalità di rappresentazione. Perché la voce dei giovani deve essere sempre “mediata”? Facciamo un passo di lato, lavoriamo ad un patto intergenerazionale per smontare stereotipi, lasciamo che i giovani possano raccontarsi, anche da questo dipende la qualità del futuro in cui vivranno e agiranno. Francesca Sacchi Lodispoto

Cure palliative La Corte Costituzionale ha definito inammissibile il referendum sull’eutanasia: l’«Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenzien14


Società te)». In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni. Tuttavia come indica la nota della Conferenza Episcopale Italiana resta “l’invito ben preciso a non marginalizzare mai l’impegno della società a offrire il sostegno necessario per superare o alleviare la situazione di sofferenza e disagio”. Qualsiasi sia l’esito legislativo è necessario comunque potenziare i centri di cure palliative sapendo che ogni malato ha diritto ad una cura dignitosa. La risposta ai bisogni delle persone in fase terminale – non solo malati oncologici ma tutte le persone con co-morbilità – è nelle reti territoriali di assistenza, ed è emerso dal Ministero della Salute l’impegno ad attuare la legge del 2010 per una reale diffusione delle cure palliative, anche con le risorse del Pnrr perché per la sanità italiana la sfida è epocale. In questo scenario mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita (che dal 2017 ha un progetto per la promozione delle cure palliative nel mondo) ha ribadito che «il diritto di accedere alle cure palliative deriva dalla dignità che appartiene a tutti, soprattutto ai malati in fase avanzata». La logica dell’accompagnamento che promuovono «intende superare l’immaginario del controllo della morte, che si esprime attraverso il tentativo sia di prolungare la vita a qualunque costo, sia di accelerare la morte». Oggi – ha spiegato mons. Paglia – è necessario «mettere a fuoco la capacità del sistema italiano di rispondere ai bisogni del malato e della sua famiglia». «L’attenzione al significato e alla pratica delle cure palliative – ha aggiunto – è di particolare rilievo in Italia anche in relazione al dibattito che si sta svolgendo sulla possibile regolamentazione giuridica delle questioni di fine vita. Il fatto che la legge n. 38/2010 (su Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore) – sia ampiamente inapplicata costituisce un fattore che non aiuta per nulla a una corretta percezione degli interrogativi che si pongono su questa delicata materia». Il dibattito giuridico non deve farci dimenticare che «la posta in gioco si trova sul terreno della cultura» tra «due più generali interpretazioni dell’esistenza e dell’esperienza del limite: quella basata sul controllo (verso cui il sistema tecno-scientifico facilmente propende) e quella ispirata appunto all’accompagnamento e alla logica della cura. È sul terreno della cultura che i credenti possono fornire il loro migliore contributo, riconoscendosi, rispetto alla società civile, non controparte, ma componente, in un atteggiamento di reciproco apprendimento». Francesca Sacchi Lodispoto 15


Piano di Lavoro

Ricominciare… una fraternità possibile Gruppo Ravaioli, Torino

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l nostro gruppo ha continuato a svolgere gli incontri in remoto come lo scorso anno. Ormai siamo tutte attrezzate ed esperte e le riunioni scorrono senza intoppi anche grazie all’attenta regia di Laura, la nostra capogruppo, che dà la parola a turno. Anche il nostro assistente Don Pier Giuseppe Accornero, gradisce e si è adeguato a questa modalità. Il famoso “giro” che in presenza dovrebbe impedire le sovrapposizioni, diventa indispensabile e, così come abbiamo imparato a fare la coda fuori da negozi e uffici, abbiamo imparato a intervenire una alla volta e a chiudere il nostro microfono quando ascoltiamo: una conquista e un vantaggio per tutte. Questa modalità inoltre ha consentito alle amiche che vivono in altre città e regioni di continuare a far parte del gruppo. Adesso che ci si avvia a una relativa normalità contiamo di proseguire le riunioni in modalità mista: in presenza per chi può e in remoto per chi è lontano. Nelle riunioni abbiamo affrontato le riflessioni proposte dal piano di lavoro che apprezziamo sin dal titolo “Ricominciare” che apre alla speranza e indica nella “fraternità” una via di uscita per un futuro migliore. Abbiamo intrapreso il percorso suggerito dall’inchiesta che consideriamo nel suo insieme, essendo i diversi punti strettamente collegati e conseguenti. 16

La sfida dell’ambiente

Rischiava di risolversi in una elencazione di luoghi comuni sui massimi sistemi e l’autoassoluzione per impotenza personale, ma la domanda sul PNRR ci ha obbligate ad approfondire; scaricato e letto, il documento è stato oggetto di riflessioni in una intera riunione. Abbiamo constatato che nel PNRR è prevista la creazione di relazioni positive per superare le marginalità e che nulla è in contrasto con il pensiero di Papa Francesco nella “Laudato si’”. Il PNRR prende in esame la complessità dei problemi nelle 6 macro “Missioni” come ben sintetizzato a pag. 15 del documento sul sito www.governo.it. Ci siamo chieste allora, davanti alla quantità e vastità dei problemi, come potremmo contribuire al miglioramento dell’ambiente e alla creazione di relazioni positive noi che ormai siamo fuori dalla vita attiva e lavorativa? La risposta è quella dell’impegno personale nella quotidianità partendo da azioni modeste ma virtuose: dalla scrupolosa raccolta differenziata al rispetto delle regole, vigilare, restare informate, sostenere chi si impegna, educare all’uso di un linguaggio corretto e rispettoso, essere d’esempio per quanto possibile, essere vicine alle persone per ascoltare e sostenere.


Piano di Lavoro Abbiamo capito che tutto ci riguarda e che nel nostro piccolo possiamo fare molto; arriviamo così al Punto 2.

La relazione crea umanità

Che la relazione crei umanità ci è parsa un’affermazione quasi banale, perché alla nostra età lo sappiamo per esperienza. Nuovamente facciamo riferimento al PNRR e auspichiamo che le tante emergenze individuate vengano veramente sanate e sentiamo la responsabilità del corretto impiego dei fondi che vedono l’Italia primo beneficiario. Di nuovo troviamo sintonia con la “Fratelli tutti” di Papa Francesco e questo ci conforta. Le nostre convinzioni escono rafforzate dalle difficoltà attuali, anche se tendiamo a vedere nel presente molta perdita di valori, per cui sarebbe necessario verificare lì i nostri principi e fondare di più la nostra speranza affinché non sia illusione. Sentiamo forte la responsabilità soprattutto nei confronti delle nuove generazioni che devono essere viste come risorsa, ricchezza su cui ricadranno tutte le nostre scelte, anche quelle relative all’ambiente, fatte in passato per superficialità, egoismo e ignoranza. Nel quotidiano ci impegniamo inoltre ad essere vicine e attente alle persone, alle tante situazioni di solitudine e fragilità cresciute in questi anni di pandemia. Alcune di noi, come ex insegnanti, sanno che la scuola, fondamentale per educare alla responsabilità, non deve perdere di vista i rapporti interpersonali a vantaggio dei mezzi tecnologici e auspicano

che presto si possa abbandonare la DAD. Il Servizio Civile Universale proposto nel P.N.R.R ci pare una possibile esperienza di crescita, relazioni e apertura specie per i giovani che non hanno occasioni di viaggiare. In relazione al senso di responsabilità, importantissimo in tempi di pandemia, ci vengono ricordate le indicazioni date dalla CEI a proposito delle celebrazioni liturgiche, indicazioni che riprendono le norme governative. In molte parrocchie anche la catechesi è svolta da remoto, vista la quantità di bambini positivi al Covid, sperando in un ritorno prossimo alla attività in presenza.

Esclusione, diseguaglianza e discriminazioni

Temi impegnativi sui quali ci confronteremo nelle prossime riunioni, dopo aver seguito con profitto e interesse, su piattaforma Zoom, i tre incontri sulle Diseguaglianze condotti da Don Piercarlo Maggiolini che ringraziamo per il grande contributo di informazioni e riflessioni che ci consentiranno di valutare e di agire, a livello personale e di gruppo, con la necessaria consapevolezza. Rinascita ha dimostrato ancora una volta di essere profetica: attualmente il problema delle diseguaglianze ha raggiunto livelli planetari non più tollerabili e sembra finalmente emergere prima che deflagri. Si rimanda ai documenti e alle registrazioni pubblicati sul sito nazionale del Movimento all’indirizzo https://www.rinascitacristiana.org 17


Piano di Lavoro

Francesco: Il lavoro è

l’unzione della dignità umana Gruppo Perini, Trento

PREMESSA: Dalle meditazioni: Luca 6, 17 – 26 e Luca 15. Il Gruppo fissa i seguenti concetti: • dalla giustizia alla misericordia, ascoltare la parola di Dio per renderla attuale nella propria esistenza. Vivere nella certezza della giustizia divina • dare conforto ai più emarginati. Dio ci vuole tutti in comunione con Lui, soprattutto quando ci smarriamo sa dove ritrovarci con un amore irriducibile • Dio ha un’alleanza sponsale con il Suo popolo, non lascia perdere “nessuno”, su tutti pone amore e misericordia. Siamo tutti preziosi, anche se ingrati e peccatori • la misericordia di Dio vede tutta la realtà umana come un’entità da amare, da cercare, da riaccogliere nel perdono • concetto fondamentale risulta la nostra conversione alla misericordia, solo questo può portarci alla vera giustizia.

Osservare

Alcuni membri del Gruppo portano la loro esperienza in merito a coloro, che abitualmente la società definisce gli “invisibili”. Chiamati anche “clochard”, con disprezzo accattoni, con stile “homeless”, caratterizzano alcuni posti della nostra città. Dignitosi nella loro povertà, non urtano, non chiedono, attendono un’attenzione, seppur minima. A loro basta essere considerati esseri umani, attendono una parola, forse anche un aiuto materiale, ma, soprattutto, un’attenzione umana. Hanno una dignità e noi tutti dobbiamo rispettarla e, perché no, parificarla alla nostra. Trascinano i loro pochi averi con l’eleganza di 18

chi ha tutto, espongono la loro pochezza con una dignità da signori. Non hanno lavoro, a loro non lo offrono, o forse hanno scelto, volutamente, di non lasciarsi prendere dalla frenesia di chi passa loro innanzi indifferente e troppo impegnato per concedere loro uno sguardo, esseri umani schiavi di un concetto di lavoro sbagliato. Sono uomini e donne, giovani e vecchi, che non dedicano al loro corpo certo l’attenzione che tutti i giorni offriamo noi; forse vivono di ricordi, che rinnovano la luce nei loro occhi, perché, a volte, a parlare sono quest’ultimi ed in essi si può vedere quella dignità di ogni essere umano, quella ricevuta da Dio.


Piano di Lavoro Valutare

Cosa o chi ha portato sulla strada questi uomini e donne, dimenticati dalla società? Ognuno è un caso a sé. Perché sembrano abbandonati: “invisibili”, quasi la loro presenza offrisse solo fastidio, in quanto immagine di un fallimento, che a volte, sentiamo anche dentro di noi. Quale la loro storia? Di questi tempi corre subito il pensiero alla mancanza di lavoro e di conseguenza alla perdita della possibilità di mantenere dignitosamente gli affetti della propria vita. La mancanza di lavoro toglie serenità ai rapporti famigliari e mette a dura prova tutto quanto, prima, sembrava perfetto: recentemente il Papa ha definito il lavoro “una imitazione di Dio creatore”. Oppure, cosa c’è a monte, una disgrazia, un rifiuto, un vuoto a cui non corrisponde la certezza della propria dignità? Forse non solo la perdita del lavoro, ma anche un divorzio, la mancanza di supporto familiare o sociale, traumi o abusi, carcere o malagiustizia, malattia mentale o tossicodipendenza: certo che la conseguenza più immediata è l’isolamento, le malattie e spesso la morte prematura. Sembra quasi vogliano chiedere aiuto, anche se sono certi di non riceverlo, rassegnati alla indifferenza degli altri e poi sorge anche il dubbio…e se non volessero essere considerati? Anche se uno dei membri del gruppo ricorda di aver ricevuto recentemente da un clo-

chard, sempre presente all’entrata del Cimitero cittadino, la frase “… e grazie per aver conversato con me”.

Agire

Fermiamoci, allora, osiamo guardarli negli occhi questi “invisibili”, facciamo sentire che li valutiamo pari a noi, che condividiamo la loro debolezza, che sosteniamo i loro abbandoni con una parola, con un sorriso, con un

aiuto anche piccolo. Il gruppo ritiene molto importante aprire un colloquio con queste persone. Non si deve passare davanti a loro e voltare il viso dall’altra parte: anche un semplice “buongiorno” può essere di aiuto e conforto. Certo viviamo in una città che offre a queste persone la possibilità di frequentare luoghi di assistenza, di alloggio notturno, di pulizia personale, di cambio d’abiti. Molte sono i nostri concittadini volontari e le istituzioni che, quotidianamente, cercano di provvedere in merito, ma tutto questo può bastare all’animo di questi esseri umani? La dignità non è solo materialità, soprattutto per coloro che sono arrivati a tanto attraverso abban19


Piano di Lavoro doni, disgrazie, mancanza di lavoro e di tutto quello che quest’ultimo reca di benessere a tutti noi. Non pretendono molto, forse vogliono sentirsi esseri umani, magari hanno voglia di raccontare la propria storia. Certo di questi tempi c’è paura di tutto, della pandemia, di essere aggrediti, di sbagliare il modo di proporsi, ma nell’accortezza opportuna il gruppo crede si possa parlare con tutti, in particolare con queste creature che Dio ama immensamente e comprende, perché è nei loro cuori e conosce tutta la loro esistenza. Mettiamoci all’opera, allora, altrimenti che meditiamo a fare il nostro Luca!!

Ascoltare il diverso

Pensieri finali alla luce del PNRR, Piano Nazionale della Ripresa e della Resilienza (Recovery Plan).

“Le FAQ (Circolare 96 dd.22 dicembre 2021) sono piani integrati che attuano trasferimenti economici agli Enti Locali per favorire con risorse economiche anche le inclusioni sociali, riducendo le emarginazioni e le situazioni di degrado, promuovendo la rigenerazione urbana. Dalle Linee stabilite per il contrasto alla grave marginalità adulta: le persone senza dimora hanno i medesimi diritti, doveri e potestà di ogni altro cittadino; l’ordinamento italiano non prevede diritti o interessi legittimi o doveri specifici per chi si trovi in condizioni di homeless. Il problema principale non è quindi definire quali siano i diritti delle persone senza dimora, ma comprendere se i diritti universali di cui godono siano o meno per loro esigibili come lo sono per ogni altro cittadino.”

SAREBBE OPPORTUNO • Considerare a parte il mondo degli homless e trattare il loro modo di essere in sede separata dalle altre forme di povertà – • Creare dei punti di ascolto dove, oltre al consueto aiuto materiale, gli interessati possano trovare il modo di raccontare, per liberarsi dall’annullamento psicologico, in cui sono caduti – • Programmare delle borse di studio e progettare degli stages universitari, dove esperti e tecnici preparati nel settore creino dei contatti di fiducia, se non di amicizia, tali da ricostruire la storia di questi esseri ignorati dalla società – • Portare ogni singolo clochard a rivedere e ricostruire, con dignità di essere umano, la propria esistenza, la propria origine, gli affetti ed i rapporti umani, per poter, liberi sempre nelle loro scelte, procedere in maniera dignitosa, ricostruendo una modalità di vita nuova, ritrovando forza e dimenticando l’abbandono sociale patito, in modo tale da rendere “esigibili” i loro diritti. 20


Chiesa italiana Chiesa italiana

Carlo Molari

un amico, una guida spirituale di Francesca Sacchi Lodispoto

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94 anni il 19 febbraio ci ha lasciati don Carlo Molari: per lunghissimi anni assistente nei gruppi romani di Rinascita Cristiana; un particolare legame di amicizia lo univa al gruppo di Carlo Bartoleschi. A Rinascita ha dato tanto in contributi di teologia e spiritualità. Già docente di teologia all’università Lateranense, alla Gregoriana e all’Urbaniana è stato anche segretario dell’Associazione Teologica Italiana. Nel 1974 il libro ‘La fede e il suo linguaggio’, ispirato a Teilhard de Chardin, fu giudicato non conforme alla dottrina cattolica dalla Congregazione per la dottrina della fede e nel 1977 gli venne chiesto di lasciare l’insegnamento. Tuttavia la sua attività di teologo non si arrestò né il suo amore verso la chiesa. L’ultimo libro del 2020 ‘Il cammino spirituale del cristiano’ è una sintesi delle registrazioni dei corsi tenuti a Camaldoli dal 2012 al 2019. Il suo pensiero teologico si colloca nella prospettiva evolutiva tracciata dal pensiero scientifico e da Theilard de Chardin e all’interno di questa visione del mondo getta una luce nuova sul vivere dell’uomo e sulla creazione. Nell’omelia del funerale il vescovo di Cesena, città delle sue origini in cui si era ritirato, mons. Douglas Regattieri, ha usato espressioni dello stesso teologo per raccontare la sua fede in Dio e l’amore alla Chiesa: “Ora don Carlo abita dove ama e dove ha amato per tutta la sua lunga vita sacerdotale. Abita in Dio: in quel Dio che tanto ha cercato di conoscere e di amare, in un appassionato e costante dialogo con la storia, consapevole che la Verità in azione nella nostra mente è più profonda delle nostre idee; ogni volta che amiamo, ci rendiamo conto che il Bene che ci attira supera quello che noi possiamo offrire. Fare teologia – un giorno disse – non è un mestiere o un semplice servizio reso agli altri, ma è un modo concreto di vivere la fede ecclesiale, è uno stile di vita, e per me, oggi, è componente di identità personale, ragione di tutta la mia storia. E la ragione della sua vita oggi ha raggiunto il suo compimento”.

Don Molari ai gruppi di Rinascita

Nel 2012 in una delle settimane estive di Malosco don Carlo Molari tenne due relazioni: la prima dal titolo “Crisi di fede, di cultura e di spiritualità” la seconda “Ripartendo dal Vangelo”. La prima relazione così viene introdotta da don Molari: “Rinascita Cristiana certamente è un movimento di adulti, per laici consapevoli, il problema però è secondo me un altro: il modo in cui vivere la propria fede, con quali modelli viviamo la fede e la testimonianza, perché su questo punto non è stata fatta una scelta consapevole e radicale”. “Co21


Chiesa italiana minciamo in modo molto semplice, dicendo che la crisi economica è una crisi secondaria rispetto a quella culturale e spirituale… non parlo di dimensione religiosa ma di dimensione spirituale”. Una crisi quindi di spiritualità di cui ancora oggi vediamo tutte le conseguenze. In ogni intervento di don Molari vi è una parte dedicata alla preghiera. Riportiamo qui di seguito le sue parole. “Cosa vuol dire pregare: non vuol dire chiedere a Dio che faccia qualcosa di più di quello che sta facendo perché è insensato, vuol dire entrare così in sintonia e stare nella lunghezza d’onda dell’azione di Dio da essere in grado di esprimerla in noi in modo straordinario. Anche il miracolo è il frutto di una creatura che si mette così in sintonia con la forza creatrice da esprimerne la potenza nella propria vita. In questo senso Gesù dice: la tua fede ti ha salvato, la “tua” fede. Chi ti ha toccato, ho sentito una forza che è uscita da me, questa è vita. Con la vicinanza, il sorriso, questo è comunicare vita e più troviamo male intorno a noi e più dobbiamo sviluppare questo. Pregare ricorrendo all’intercessione di un Santo, non potete pensare che il Santo vada da Dio e dica: “guarda che quello sta male”! Però ha un significato rivolgersi al Santo come testimone di fede, non per chiedergli qualcosa ma perché anche noi possiamo essere in grado di rivolgerci a Dio come lo ha fatto lui. Questo è il senso del ricorso ai santi e alla Madonna, viviamo in preghiera come Gesù pregava e ha insegnato a pregare sempre. Ci chiediamo perché Gesù pregava e si dice per dare il buon esempio, per mostrare la sua umanità, questo è insensato; Gesù pregava perché doveva decidere, doveva pensare, alimentare la forza di guarire, di perdonare i peccati, di amare, per questo pregava. Noi abbiamo bisogno di pregare per metterci sulla stessa lunghezza d’onda dell’azione di Dio in noi, per essere in grado di esprimere quella potenza di vita e comunicarla e crescere così assieme agli altri fratelli come figli di Dio”.

Don Roberto Repole nuovo Arcivescovo di Torino Già Presidente dell’Associazione teologica e dal 2015 è Direttore della Sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Don Roberto Repole è il nuovo Arcivescovo di Torino e Susa; succede a mons. Cesare Nosiglia, nato a Torino, ha 55 anni ed è prete della diocesi di Torino dal 1992. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Il pensiero umile. In ascolto della Rivelazione, Città Nuova, Don Roberto Repole sarà ordinato vescovo sabato 7 maggio 2022, alle 15.30, a Torino. Il giorno successivo, domenica 8 maggio, alle ore 15, si svolgerà il suo ingresso nella Cattedrale di San Giusto a Susa. I gruppi torinesi di Rinascita Cristiana accolgono con gioia il nuovo Arcivescovo e assicurano la loro vicinanza e sostegno nella preghiera, mentre ringraziano Mons. Cesare Nosiglia per il suo costante impegno e la vicinanza ai più deboli in questi 12 anni di guida della Diocesi. 22


Meditazioni Meditazioni

Riflessioni sul Vangelo di Luca “Anche tutti quelli che erano convenuti per questo spettacolo, davanti a questi fatti se ne tornarono a casa battendosi il petto” (Lc 23,48). Mi ha sempre colpito in questo versetto la parola” spettacolo”, ho anche pensato a una traduzione un po’ forzata, ma il termine greco theoria questo vuol dire. Durante quest’anno il Piano di lavoro ci ha proposto dei passi del Vangelo di Luca che ci hanno permesso di riflettere sui messaggi teologici del terzo vangelo e anche sulla sua catechesi missionaria. Nei contributi offertici ci è stato più volte ricordato che Luca è arrivato a maturare un’idea di storia della salvezza articolata in tre momenti: l’evento di Gesù Cristo è il centro di questa storia, l’Antico Testamento ne è la preparazione e la Chiesa cristiana ne è la continuazione fino alla venuta finale. In Cristo Dio realizza il suo progetto di salvezza; per questo, forse, gli eventi pasquali trovano in Luca una narrazione più ricca di particolari rispetto agli altri sinottici. E torno alla parola “spettacolo”. Luca presenta la crocifissione come uno spettacolo, una scena da guardare e tutto il popolo è spettatore. La rappresentazione è coinvolgente, chi vi ha assistito ne è profondamente toccato e quando si allontana dalla scena del dramma non può fare a meno di “ripensare a quanto è accaduto” e ripensando matura un cambiamento “se ne tornavano percuotendosi il petto” (Osservare, valutare, agire) Il coinvolgimento produce il cambiamento, la conversione. Che dalla Croce nasce la salvezza, cioè conversione e perdono, lo vediamo subito nel dialogo tra Gesù e il brigante crocifisso insieme con Lui. È un episodio raccontato solo da Luca e presenta “tutti gli elementi di una liturgia penitenziale: l’avvicinamento a Gesù; la confessione dei peccati; la domanda di perdono e di salvezza; l’assoluzione della colpa e il perdono” (Don Doglio, Introduzione ai Vangeli, Arcidiocesi di Genova). Il tema della conversione emerge da tutto il racconto della passione a cominciare da Pietro, che dopo aver rinnegato Gesù “uscito fuori, pianse amaramente” (Lc 22,62); si ripresenta nella folla, che si allontana dalla scena del dramma col proposito di cambiare ; abita nel brigante crocifisso, che prende coscienza del proprio peccato. E qui la catechesi missionaria di Luca è incoraggiante: la salvezza è possibile per tutti. Noi il dramma della Croce lo facciamo rivivere attraverso la “Via Crucis”, che ci aiuta quantomeno a tenere presente l’immagine di questa passione; ma il dramma della Croce è vicino a noi, qui e ora. Sarà retorico dire che nel corso della storia il sacrificio degli innocenti non si è mai arrestato; siamo spettatori di tanti drammi, ci allontaniamo dalla scena della rappresentazione dispiaciuti, avviliti, non sempre ci allontaniamo per23


Meditazioni cuotendoci il petto, a riprova che ci è difficile accettare la misericordia di Dio per sentirsi perdonati e vivere da salvati. L’incontro col Cristo apre le porte a una vita nuova, anche quando abbiamo perso ogni speranza di cambiamento. Luca ci aiuta a capire l’evento pasquale con l’episodio conclusivo del suo Vangelo, il Cristo risorto affianca i discepoli sulla via di Emmaus; si riassumono qui tutti i temi del messaggio lucano: Gesù cammina con noi, ci aiuta a capire il senso della storia e della nostra storia, ci apre gli occhi alla comprensione, che diventa piena nella celebrazione eucaristica, ci permette di iniziare un altro viaggio (verso Gerusalemme) per testimoniare che Egli è vivo. Abbiamo avuto modo di riflettere su questo messaggio e continueremo a farlo con l’aiuto del Piano di lavoro. Il nostro tempo sembra renderci difficile la speranza; “speravamo” di esserci quasi liberati da un pericolo che per due anni ci ha quasi paralizzato ed ecco un altro pericolo alle porte: venti di guerra in Europa mettono a rischio la nostra stabilità e minano il desiderio e l’auspicio di pace che muove dall’ incontro di Firenze. “Resta con noi, Signore, perché si fa sera”. Roberta Masella, Genova

Responsabilità versus colpa Un moralismo mai del tutto superato appesantisce spesso la nostra visione della realtà e di noi stessi, accompagnato da una concezione giuridica dei rapporti umani e da un persistente “senso di colpa” che ci impedisce di affidarci alla parola di Dio senza remore e ripensamenti. Rileggere le parabole lucane che ci vengono proposte nel Piano di lavoro di quest’anno nell’ottica dell’assunzione di responsabilità ha significato leggerle con uno sguardo diverso. Per la prima volta nella parabola del figliol prodigo credo di aver capito davvero qual è il limite, la grettezza del figlio maggiore: la mancata assunzione di responsabilità. Il figlio maggiore non ha colpe e lo rivendica con asprezza, ma non assume neppure nessuna responsabilità, neppure quella di entrare dentro casa, e il suo sguardo è tutto rivolto al passato perché la colpa, che invece il figlio minore assume su di sé, riguarda sempre il passato mentre la responsabilità è rivolta verso il futuro. Il figlio minore al contrario è sempre rivolto al futuro: quando decide di andarsene alla ventura e quando decide di tornare. Sa di essere colpevole ma questo non gli impedisce di scrollarsi di 24


Meditazioni dosso gli errori e affidarsi al Padre. Se accertare e pesare le colpe è certamente un compito ineludibile della giustizia umana, non è così nella misericordia di Dio. Il figlio minore non elude un giudizio di colpevolezza, anzi lo fa suo e soltanto questo gli consente di incamminarsi verso la casa del Padre, assumendo le proprie responsabilità. Ma assumere una responsabilità è possibile e doveroso anche quando di colpe non se ne hanno: il samaritano lungo la strada da Gerusalemme a Gerico non ha nessuna colpa di quel che è accaduto all’uomo che scendeva su quella strada. La colpa è dei briganti che lo hanno assalito, e che vengono abbandonati al loro destino, ma la mancata assunzione di responsabilità di chi passa dall’altra parte, di chi distoglie lo sguardo pur avendo visto, diventa una colpa che bloccherebbe nell’aridità del deserto il malcapitato e tutti coloro che hanno fatto finta di niente. Il samaritano non si limita a vedere e ad avere compassione: si prende cura del ferito con prontezza ma proiettandosi anche verso il futuro e coinvolgendo altri: “ciò che spenderai in più te lo rifonderò al mio ritorno”. Sapere che il Samaritano è figura di Cristo non ci esime dal riflettere sulla necessità di far nostre anche responsabilità che non derivano da una nostra colpa ma si impongono alla coscienza dell’umanità: “vai e fa anche tu lo stesso”. Malgrado l’evidente diversità dei comportamenti anche nella parabola dell’amministratore disonesto l’accento non è posto sulla colpa, di per sé evidente, ma sulla responsabilità che il simpatico mascalzone non esita ad assumere, senza tuttavia accompagnarla con una presa di coscienza e una richiesta di perdono. Per questo non ci sarà festa né gioia condivisa, che pur avrebbe potuto esserci, dato che l’amministratore coinvolge i debitori nel suo gioco. C’è invece un richiamo un po’ duro ai “figli della luce”. Sembra di capire che non siano graditi lamentosi penitenti che si battono il petto ma persone coraggiose capaci di affrontare la realtà e la complessità della vita. Non abbiamo bisogno di caricarci di colpe (abbiamo Chi lo ha fatto per noi) e ancor meno di “sensi di colpa” che schiacciano e paralizzano, mentre la responsabilità nasce dalla libertà e rende liberi. Come la colpa, anche la responsabilità può essere pesante, quando viene subita piuttosto che scelta, quando abbiamo l’impressione che sia superiore alle nostre forze, ma il momento in cui l’assumiamo è un momento liberatorio. Se non fosse così non ci sarebbe stato detto: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero” (Mt. 11, 26). Essere responsabili, comportarsi in modo responsabile è certamente segno di maturità ma è qualcosa che può essere accompagnato dalla leggerezza del perdono. Perdonare e perdonarsi, come fa il figliol prodigo è la sola possibile alternativa all’essere “affaticati e oppressi”. Sono grata al gruppo, che malgrado tutte le difficoltà individuali e collettive di questo periodo, ha continuato a confrontarsi e sostenersi, prendendo su di sé la responsabilità di andare avanti. Giovanna Melis, Roma 25


Piano di Lavoro

La relazione crea umanità di Tina Armiento, Foggia

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a Pandemia e il conseguente lockdown, ha reso tutti più fragili e insicuri, costringendoci alla solitudine, ma ci ha fatto sentire anche accomunati dalla stessa paura, come fratelli di un’unica famiglia umana che lotta per sopravvivere. Ho avvertito, sempre più distintamente, il bisogno di vivere la mia fede umanamente e quotidianamente in relazione all’ambiente in cui vivo, inteso in senso cristiano, sociale, ecologico. La società in cui viviamo non è altro da noi, ma si caratterizza a seconda dei comportamenti e dell’impegno di ciascuno di noi che, con il rispetto, il dialogo, l’aiuto a chi è in difficoltà, la coerenza, può contribuire alla realizzazione di un mondo più giusto e condiviso. Accogliere l’altro, ascoltarlo, comprenderlo, ci rende liberi dai condizionamenti della paura, della diffidenza, dell’egoismo, più forti nelle avversità e consapevoli della responsabilità che ciascuno di noi ha nei confronti dei più deboli ed emarginati. Dobbiamo creare contatti che ci aiutino a costruire relazioni con la comunità ecclesiale e civile, per una ritrovata fratellanza anche attraverso il cammino sinodale. Il PNRR si divide in sei sezioni. La missione 5 ”Coesione e inclusione sociale” è, a mio parere, trasversale a tutti gli obiettivi del PNRR, in quanto si propone di diminuire le diseguaglianze di genere, sostenere le famiglie e le persone in difficoltà, ridurre il divario fra le regioni e tra il centro e le periferie della città, curando il contrasto alle discriminazioni, sostenendo la parità di genere e l’attenuazione della disoccupazione giovanile, l’innovazione del mercato del lavoro, facilitando la partecipazione, migliorando la formazione e le politiche attive, eliminando le diseguaglianze sociali, economiche e territoriali, sostenendo l’imprenditorialità femminile. Ci si propone, altresì di rafforzare i servizi sociali per le disabilità e promuovere attività sportive e culturali. 26


Piano di Lavoro

La dignitá della persona umana e il rispetto della donna

di Carmen Ruggiero, Castellammare di Stabia In questi ultimi anni si parla spesso di violenza di genere. In particolare della violenza contro le donne. Quali le cause? Quali le conseguenze?

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e donne subiscono violenza soprattutto in famiglia, il luogo che dovrebbe tutelare la loro sicurezza ed incolumità fisica e psicologica. È una gravissima forma di discriminazione, una violazione dei diritti fondamentali all’uguaglianza tra i sessi. Ci rendiamo conto che nella nostra società perdura una cultura ancora fortemente sessista e discriminatoria. È un fenomeno sociale diffuso ed è un problema di tutti. Spesso chi subisce violenza si chiude nel silenzio per vergogna, per paura della reazione del partner. È necessario educare le donne al dialogo fin dall’infanzia perché imparino a conoscere i segnali della violenza e trovino il coraggio di parlare. È compito dei genitori, della scuola, della Chiesa educare a un sano e corretto rapporto tra i generi. Educare al rispetto della dignità della persona che è il bene più grande, vale più di ogni ricchezza. Guai perdere la stima di se stessi per non averla saputa difendere dalla prepotenza o per averla calpestata in cambio di un benessere temporaneo, fugace! Guai scendere a compromessi con la propria coscienza! “Tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali in dignità e diritti”. La dignità indica il rispetto e la stima che tutti gli esseri umani meritano. È il rispetto che ogni creatura, consapevole del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di se stessa e tradurre in un comportamento e in un contegno adeguati. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes sviluppa una vera carta del personalismo cristiano. Il cap. I tratta proprio della dignità; si sofferma a lungo e dettagliatamente sulla corretta concezione della persona umana e sul suo valore. Precisa che “credenti e non credenti sono pressochè concordi nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice”. Pertanto, la dignitá della persona è alla base di tutta la vita sociale e ne determina i principi direttivi. Dignità della “persona”, non soltanto dell’uomo o della donna. Sempre nel cap I ci si chiede: “Ma che cos’è l’uomo?” Questa creatura che “o si esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla disperazione, finendo nel dubbio e nell’angoscia”. Sono difficoltà che la Chiesa avverte e alle quali può rispondere grazie all’insegnamento della divina Rivelazione. L’essere umano è in relazione con l’ambiente e con gli altri. Non è stato creato per vivere solo e disinteressarsi di chi vive accanto a lui, di quanto acca27


Piano di Lavoro de accanto a lui. La cronaca ci informa che poco lontano da noi ci sono ancora donne maltrattate, uccise dai loro partner. È necessario porre riparo partendo dai piccoli, educando i nostri bambini al rispetto di se stessi e degli altri. La dignità della persona umana è inalienabile, perché creata a immagine di Dio. Da qui nasce il “rispetto verso l’uomo, che i singoli debbono considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro se stesso…”. “Soprattutto urge l’obbligo di diventare generosamente prossimi di ogni uomo, e rendere servizio coi fatti a colui che ci passa accanto” (GS 27). La sofferenza degli altri (in questo caso delle donne maltrattate) mi riguarda, mi sta a cuore; non posso voltarmi dall’altra parte e continuare per la mia strada. Bisogna intervenire, avere il coraggio della denuncia.

La dignità della persona ci ricorda che l’uomo è anima e corpo

Il corpo va trattato con rispetto. Pertanto tutto ciò che è “contro la vita stessa, come omicidio, genocidio, aborto, eutanasia, suicidio, mutilazioni, torture… tutto ciò che offende la dignità umana… lede l’onore del Creatore” (GS 27). Attraverso il corpo noi entriamo in relazione con gli altri e con Dio (Dio ci ha amato tanto da prendere la nostra forma umana). Dobbiamo aver cura della nostra salute rispettando la nostra integrità corporea e l’ambiente in cui viviamo, perché ne siamo moralmente responsabili. Inoltre la Gaudium et Spes sottolinea l’importanza della vita sociale e il modo in cui bisogna organizzare la società nell’economia, nel diritto, nella politica per consentire a ciascuno di crescere in una comunità. Tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica della società, o tutti hanno diritto al lavoro. Non bisogna mai perdere di vista la centralità della persona umana nell’organizzazione della vita sociale. Non bisogna dimenticare gli ultimi. La giustizia di una società si misura in base al trattamento che essa riserva ai più deboli e indifesi. Sebbene nell’ultimo secolo le donne abbiano fatto molti passi avanti nell’emancipazione femminile, e abbiano assunto ruoli importanti nel mondo della cultura, della politica, ancora troppo spesso la cronaca ci informa di maltrattamenti e femminicidi. In alcuni ambiti del mondo del lavoro le donne sono ancora discriminate. Ancora oggi, a meno che non si tratti di un lavoro statale, a parità di titolo di studio, la retribuzione destinata alle donne è inferiore. Per alcune è difficile conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Molto spesso la donna fa un passo indietro per agevolare la carriera del marito. Purtroppo in alcune famiglie sono ancora molto diffusi fenomeni di violenza fisica, psicologica, verbale. Sono ancora tante le donne che subiscono in silenzio, per vergogna, per paura. È necessario promuovere un cambio di mentalità. Bisogna educare alla parità, al rispetto reciproco fin dalla prima infanzia: uomo e donna, marito e moglie, hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. 28


Chiesa nel mondo

Incontri ravvicinati… di Gege Moffa, Torino

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l nostro gruppo è al secondo anno di incontri virtuali; siamo riconoscenti a Zoom che ci ha permesso di continuare il nostro cammino allargando i confini geografici e annullando le distanze, ma mai avevamo considerato di poterlo fare con chi è distantissimo da noi a… Taiwan! Invece oggi, 22 febbraio, ha partecipato alla nostra riunione P. Emanuel Temu che, giovane aspirante Missionario della Consolata di Torino e non ancora sacerdote, nel 2019 era stato Assistente del nostro gruppo; originario di un paese situato a 2.000 m. sulle pendici del Kilimangiaro in Tanzania, ha studiato in Africa, a Roma e a Torino dove è stato ordinato diacono ed è stato ordinato sacerdote in Tanzania dove ha anche fatto la prima messa, fra la sua gente in festa. Due anni fa è stato inviato a Taiwan dove ha frequentato i corsi del cinese mandarino e la cultura taiwanese all’università fondata dai Gesuiti, vivendo nel seminario diocesano a Taipei, la capitale. Attualmente vive in una comunità di Missionari provenienti da diversi paesi e presta servizio in una parrocchia a circa 30 minuti di guida dalla città di Hsinpu. Ieri, per la gioia reciproca, era di nuovo tra di noi. La sua storia personale e la sua esperienza di vita ci hanno sollecitate a interrogarlo, curiose di conoscere il suo punto di vista su fede e religiosità tra Africa, Europa e Asia. P. Emanuel dice di aver imparato a essere umile, aperto e rispettoso perché ciascun paese ha le sue unicità che arricchiscono e che derivano dalla storia che si trasforma e che anche la fede ha la sua storia e la sua evoluzione ma che è una sola, è la stessa per tutti. Ogni essere umano ha lo stesso cuore e se si ama si è riamati; questo vale anche nella vita comunitaria con i cinque confratelli di diverse nazionalità. Gesù ha detto “amatevi gli uni gli altri”: è così. L’Africa: ogni volta che fa ritorno a casa trova miglioramenti a livello personale, sociale ed economico (si coltivano soprattutto caffè, banane e verdure). In Africa (Tanzania e Kenya) la comunità cattolica è numerosa, ci sono vocazioni e i giovani sono coinvolti nella Chiesa. Diversa è la situazione in Asia: c’è quasi una spiritualità diffusa che porta le persone a frequentare riti e celebrazioni anche di altre religioni perché li riconoscono come “sacri”. Il culto degli antenati è molto forte e crea legami familiari altrettanto forti. La maggioranza è taoista o buddista, ma abbondano le sette e sono presenti anche i Protestanti le cui vivaci liturgie sono molto apprezzate, forse i cattolici dovrebbero adeguarsi. La convivenza tra le religioni è buona, con rispetto reciproco. In realtà i cristiani sono solo il 3% della popolazione; Taiwan è stata invasa 29


Chiesa nel mondo dai cinesi che hanno spinto gli autoctoni nelle montagne; tra questi ci sono più vocazioni. Al momento nella diocesi di Hsinchu nel quale lui presta servizio, quasi tutto il clero tranne il Vescovo è straniero; c’è un seminario diocesano per tutte le sette diocesi di Taiwan e i catechisti e gli accoliti, che portano la comunione ai malati, vengono formati con corsi, esami ed esercizi spirituali. Taiwan è uno stato laico, libero e i giovani “fanno quello che gli pare” non seguono i genitori e non frequentano la chiesa. La parrocchia di P. Manuel era stata fondata dai Gesuiti nel 1956, poi negli anni recenti è stata quasi abbandonata per mancanza di sacerdoti; adesso riprende vita ed è frequentata da circa 80 fedeli (quasi tutti adulti) ma la chiesa si riempie in occasione delle feste con la presenza di appartenenti ad altre religioni o sette; ad esempio: quando passa la processione del Corpus Domini le persone di varie fedi fanno ala bruciando bastoncini d’incenso in segno di rispetto. Per le conversioni la cura della liturgia, sentita come una forma di attenzione e riguardo, è molto importante specie nei matrimoni e nei funerali: la speranza del Paradiso è attraente, si apprezzano il rigore del cristianesimo e la misericordia divina; la presenza dei missionari è importante. I segni di speranza sono molti, nonostante i giovani e i bambini siano pochi per la bassa natalità dato che sposarsi è difficile e la vita molto costosa. La parrocchia è impegnata con gli immigrati: malesi, vietnamiti e indonesiani che sono ben accetti anche come badanti nelle famiglie, mentre la gente diffida dei filippini che lavorano per lo più nell’industria tecnologica. La difficoltà per tutti è di essere accettati e la sfida per i pastori è quella di insegnare che tutti gli esseri umani sono uguali. P. Emanuel ha più volte ripetuto che impara giorno per giorno a conoscere e a capire, che le sfide sono tante, ma è molto evidente che affronta tutto con serenità, grande apertura, fiducia e gioia unite all’umiltà e al rispetto che ha imparato a fare suoi. Anche il nostro assistente Don Piero, è stato felice di fare la sua conoscenza, entusiasta del suo entusiasmo, come tutte noi d’altronde. Una ventata di energia positiva di cui siamo veramente tutte grate. A un certo punto, quando per lui era mezzanotte (ci sono 7 ore di differenza) e stavamo per lasciarci, abbiamo espresso il desiderio di una preghiera in comune; P. Emanuel ci ha impartito la benedizione… in cinese con un gesto che ci ha sorpreso e commosso. Contiamo di ripetere questa gioiosa e fraterna, data l’età potremmo dire materna, esperienza di vicinanza e condivisione. 30


Movimento

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ari amici, siamo a metà del nostro anno di Rinascita Cristiana: anche questo 2021-2022 si è rivelato più difficile del previsto a causa della perdurante situazione pandemica e soprattutto dell’attuale situazione di guerra. Però alcuni segni concreti di speranza ci sono: il virus sembra aver allentato la propria morsa e la società italiana sembra aver retto a due anni di crisi, anche se gli ultimi avvenimenti ci preoccupano tutti notevolmente. Tutti i gruppi di Rinascita stanno lavorando sul Piano di Lavoro che già nel titolo Ricominciare contiene un invito e una promessa. In questo numero abbiamo riunito alcune inchieste e riflessioni che ci fanno capire quanto il lavoro proposto dal Piano comune sia utile e importante. L’impegno a ricominciare si è anche concretizzato in un generoso contributo di tanti alle nostre finanze, cosa che ci ha fatto sentire davvero comunità in cammino ed unita nel tracciare i propri obiettivi. Tutti, chi più chi meno secondo le proprie disponibilità, abbiamo dato un sostegno economico al Movimento. Le necessità economiche di Rinascita sono strettamente connesse al nostro cammino di fede: sappiamo bene che anche l’annuncio del Vangelo è un servizio ecclesiale e al mondo che ha un suo costo! Grazie a tutti voi l’attuale situazione finanziaria permette a Rinascita Cristiana di affrontare tranquillamente le spese ordinarie fino a giugno. Tuttavia sarebbe da irresponsabili abbandonarci ad un eccessivo senso di sicurezza; raccomandiamo quindi ai Responsabili di città e ai Consiglieri nazionali di sollecitare la quota di adesione e suggerire la quota di sostegno per chi ne ha la possibilità. Ricordiamo che dall’anno in corso per motivi di economia la presenza della segreteria nella sede di Rinascita Cristiana è assicurata solo nei giorni di martedì – mercoledì – giovedì dalle ore 9,30 alle ore 14,00. Tuttavia la posta elettronica viene controllata anche nel fine settimana. Vi segnaliamo anche che a causa di un disguido Tim quando il telefono è occupato risulta libero per chi chiama dall’esterno: insistete dunque perché nei giorni previsti c’è sempre una presenza in ufficio. Serena Grechi

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Brunetto Salvarani – Teologia per tempi incerti

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Un libro di Brunetto Salvarani mette l’accento sulla capacità di costruire relazioni nella Chiesa e nella società a partire dal tema della “debolezza di Dio”

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Alla fragilità di Dio è dedicato un libro appena uscito da Laterza di Brunetto Salvarani, Teologia per tempi incerti (Pagine 200, euro 17,00), che a partire da uno studio approfondito della Bibbia delinea un percorso che giunge a porsi le domande più scomode su cosa significhi essere credenti oggi, in un tempo che sempre più si caratterizza per la sua caducità e friabilità. «I cristiani – dice l’autore – si scoprono partecipi di una società contraddistinta da una cultura di base indebolita, da una veemente frammentazione e da crisi di identità sociale. Lo sbriciolamento di una razionalità sistemica è evidente». Si tratta perciò di «abitare la fragilità», di capire e amare questa condizione, dato che «solo chi riconosce il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società», come scrive papa Francesco. Salvarani, giornalista e teologo, da sempre protagonista del dialogo interreligioso, direttore della rivista “Qol” e conduttore della trasmissione radiofonica “Uomini e profeti”, indaga il tema della fragilità attraverso alcuni personaggi biblici, da Giona a Noè, da Giacob-

be a Giobbe, per arrivare a mettere a fuoco gli aspetti di debolezza, e perciò di umanità, di Gesù. Che soffre la stanchezza, che si fa catturare dal sonno come nella traversata notturna coi discepoli sul lago di Tiberiade, che ha sete come quando chiede da bere alla samaritana, che ha bisogno di starsene da solo, che prova collera verso chi sfrutta i sentimenti religiosi del popolo come i cambiavalute e i venditori di colombe nel tempio di Gerusalemme, e che si adira verso chi si dimostra ipocrita come i farisei. Si potrebbe dire, annota Salvarani, che l’unico sentimento assente nell’esistenza di Gesù sia l’indifferenza, la mancanza di interesse verso l’altro, i poveri in primo luogo. Gesù se la prende spesso anche con gli apostoli ed è invaso dalla tristezza e dall’angoscia. È pieno di tenerezza verso le donne e i bambini, cioè coloro che non erano certo ai primi posti nella considerazione della società del tempo. Ha insomma ragione il teologo francese Joseph Moingt: «Il dogma dell’incarnazione è stato costruito proclamando che non bisogna arrossire delle humanitates, delle passività, delle sofferenze, delle infermità di Cristo, di tutto ciò che egli ha di simile a noi fin nelle nostre deficienze». Per non parlare delle debolezze degli apostoli, che non si presentano certo come eroi né come intellettuali e non eccellono per speciali virtù o capacità, anzi spesso nelle pagine dei Vangeli risalta la propensione alla superbia e al tradimento. I primi testimoni di Gesù vengono mandati come pecore in mezzo ai lupi. «Qui probabilmente – dice ancora Salvarani – risiede


Giada Lonati Prendersi cura. Per il bene di tutti: nostro e degli altri ed. Corbaccio euro 14,90 Uno degli aspetti dolorosi di questa lunga stagione pandemica è stato il forzato distacco dai malati, che ha riguardato tante famiglie e determinato la chiusura ai volontari delle strutture sanitarie di lungo degenza e degli hospice per malati terminali. Per chi da anni era impegnato in un volontariato di cura è stata una vera privazione, che ha portato a riflettere ancora sul valore delle cure palliative. Questo testo di Giada Lonati, medico palliativista e direttrice socio-sanitaria di Vidas, l’organizzazione non profit che si

occupa da 40 anni dell’assistenza ai malati inguaribili a domicilio e in hospice, attraverso il racconto delle sue esperienze, dei suoi incontri e delle sue battaglie, fa il punto su un aspetto della medicina che non sempre riceve piena considerazione e che nel corso della pandemia è stato necessariamente trascurato. Alla medicina chiediamo di guarire e, quando non ci riesce, spesso ci ribelliamo come a un tradimento, ma purtroppo non sempre c’è una cura che guarisce mentre esistono cure che possono accompagnare quelle mediche con l’ascolto, la tenerezza, la presenza. Essere accanto a un malato nel periodo finale della sua esistenza è un atto d’amore che, per quanto doloroso e difficile, è anche atto di rispetto per l’umanità che è in noi e negli altri.

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il senso di quella scelta sorprendente e umanamente insensata: gente simile non poteva certo contare sulle proprie forze, ma solo su quella di Dio. Perché la precarietà e la pochezza degli apostoli si riflette in quella della Chiesa». Proprio come scrive san Paolo nella prima Lettera ai Corinti: «Fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio».

Corrado Lorefice, Anna Staropoli, Vito Impellizzeri, Il Vangelo e la strada, San Paolo, euro 20,00 Si può parlare di Gesù partendo dalla strada e dai quartieri della propria città. Ecco l’annuncio che fanno in coro il vescovo Corrado Lorefice, Anna Staropoli e don Vito Impellizzeri con l’esempio concreto di Palermo. Sulla spinta dell’ultima enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, si vuole cercare o ricreare la fraternità sociale soprattutto nei contesti più fragili della città, che sono ben identificati in quartieri simbolo, con l’aiuto di

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poeti sociali, ripartendo dai miti che abitano la strada e i mercati rionali, quale quello della Vucciria, dipinto da Guttuso e posto sulla copertina. Palermo, soprattutto nei suoi abitanti più emarginati ma non solo, vive diverse crisi: politica, lavorativa, educativa e culturale. A esse si aggiunge anche un male persistente: la mafia e la sua cultura. I problemi vengono denunciati con grande lucidità da tutti gli AA. Diverse però sono le possibili risposte: ripartire dalla tenerezza, rilanciare le comunità aiutandole a sollevarsi da sole, cercare di leggere questa realtà cogliendo come e in che modo lo Spirito agisce. La pluralità degli sguardi e delle prospettive aiuta a dare concretezza e profondità; la sequela richiede il coraggio di fare propria l’ospitalità di un Dio che entra nel mondo in Gesù, che abita la realtà plurale che sperimentiamo; significa essere cittadini creativi che partono dal desiderio che apre al futuro piuttosto che dal bisogno che rende passivi e che può portare a incatenarsi alle logiche mafiose. Palermo come Gerico: l’incontro con il Cristo è possibile, da accogliere, da praticare. Bruno Bignami, Gianni Borsa, Parole come pane. Tutto è connesso: ecologia integrale e novità sociali, In Dialogo, euro 19,00 Uno sguardo contemplativo: è questo il punto di partenza scelto da

Bruno Bignami, direttore del­ l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, e da Gianni Borsa, giornalista dell’agenzia Sir, per guardare alla complessità e alle contraddizioni del nostro tempo, svelate ancor di più dalla pandemia da COVID-19 in corso ormai da quasi due anni. Il richiamo alla dimensione contemplativa costituisce un tratto qualificante, un vero e proprio stile, che influenza e modella il modo di leggere quanto accade nella società, di riconoscere le opportunità che emergono e di interpretarne le sfide. In questo senso, gli autori. ci invitano a compiere un esercizio impegnativo e proprio per questo fecondo: darsi il tempo necessario per andare oltre a quanto appare immediatamente, per prendere atto delle profonde interconnessioni che esistono a tanti livelli, lasciandosi guidare in particolare dalle encicliche sociali di papa Francesco. La strada che hanno percorso è stata quella di selezionare alcune parole chiave (giovani, comunità, periferia, Europa, scarto, lavoro, libertà… giusto per citarne alcune), rileggendole attraverso la loro esperienza personale e professionale, il continuo rinvio alle Scritture, il richiamo del magistero, il confronto con altri autori. Come per la Laudato si’, a cui si fa esplicito riferimento nel titolo, anche questo volume non può essere semplicemente letto, ma mette in moto la riflessione, tanto personale quanto di un gruppo, in vista di un cambiamento e di un’assunzione di responsabilità.


Per una lettura pasquale della croce È

sempre utile unire alla meditazione delle pagine del vangelo di Luca un contatto con gli Atti degli Apostoli, seconda parte della sua opera letteraria. Nelle vicende degli apostoli e delle comunità cristiane riconosceremo gli stessi gesti, la stessa parola del Signore Gesù e la sua presenza di Risorto non più limitata alle contrade e alla gente di Palestina. Perché la comunità credente nasce (ieri, ed anche oggi) dalla Parola ricevuta e comunicata. Una Parola che, negli Atti degli Apostoli, diviene annuncio concreto ed insieme ricerca, discernimento per scoprire le tracce del Risorto nel mondo. Luca ci aiuta a scoprire questa presenza nel vissuto delle comunità dei discepoli di Cristo, e nella consapevolezza crescente che “la salvezza da essi sperimentata richiede di essere altrettanto vissuta che parlata, altrettanto condivisa che comunicata, altrettanto mostrata con scelte esistenziali che proclamata”. E si tratta di una salvezza, dono del Risorto, che è “riabilitazione dell’umano, accoglienza universale del Dio di Gesù Cristo, e fede che si colloca dentro e connota i gesti e i beni della convivenza umana” (cfr. Daniel Marguerat, Lo storico di Dio: Luca e gli Atti degli Apostoli, Claudiana, Torino 2019). Nel racconto di Luca, il pur “trionfante percorso della Parola”, è per i discepoli, anche una “storia di piaghe e di lividi”; ma anche di esperienza di un Dio che sostiene e conforta i suoi testimoni. Essi “subiscono più ostilità che successi, più ferite che onore, più sospetti che elogi. In verità, il cammino della Parola, da Gerusalemme a Roma, è un cammino di croce”. D’altronde, già Gesù aveva avvertito, ancor nei primi incontri, i suoi discepoli (Lc 6,40) che “Il discepolo non è al di sopra del suo maestro. Ma ogni discepolo, ben formato, sarà come il suo maestro”. “I testimoni del Risorto non hanno da augurarsi un altro destino che quello del loro Maestro. L’evangelizzazione si s volge nell’orizzonte della croce”. Ieri come oggi. Luca con il racconto degli Atti ci invita a leggere la vita e la realtà alla luce della risurrezione. Non è possibile separare il venerdì santo dalla domenica di risurrezione, il Crocifisso dal Risorto. E discernimento, forse, è capacità di leggere la croce, ogni croce, alla luce albeggiante della Risurrezione. Allora sarà più facile discernere “la promessa divina nell’insuccesso, la speranza nella resistenza, la continuità della vita in un mondo segnato dalla morte”. Ogni anno nelle celebrazioni pasquali, ogni settimana nel giorno del Signore, insieme a tutto il popolo di Dio affermiamo questa fede e questa speranza ad alta voce: annunciamo la tua morte, o Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.

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Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen. (Francesco)

Rinascere Periodico bimestrale di informazione e di collegamento del Movimento Rinascita Cristiana Via della Traspontina, 15 - 00193 Roma - Tel. 06.6865358 - Fax 06.6861433 - segreteria@rinascitacristiana.org www.rinascitacristiana.org - c/c postale n. 62009485 intestato a Movimento Rinascita Cristiana Direttore Responsabile: Francesca Tittoni Comitato di Redazione: Francesca Carreras, Maria Grazia Fergnani, Giovanna Hribal, Alberto Mambelli, Roberta Masella, Gege Moffa, Elvira Orzalesi, P. Licio Prati, Renzo Seren. Stampa: La Moderna srl - Via Enrico Fermi, 13/17 - 00012 Guidonia (Roma) – tel. 0774.354314 Autorizzazione del Tribunale di Roma N° 00573/98 del 14/12/98 Finito di stampare nel mese di Marzo 2022

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