Rinascere Bimestrale - anno 23 - n° 1-2 gennaio/aprile 2021
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n Papa Francesco I Salmi via per conoscere il cuore di Dio
n Piano di Lavoro Limite, democrazia, solidarietà, consapevolezza
n Francesca Sacchi Lodispoto La stella polare della speranza
n Chiesa italiana In cammino verso un Sinodo
n Serena Grechi Il deserto fiorirà un anno di Coronavirus
n Emma Cavallaro Armida Barelli santità laicale
n Vincenzo Zani Cnal: Patto Educativo Globale
n Maria Grazia Fergnani La fede invocazione ed incontro di salvezza
n Giovanna Hribal Eppure camminiamo! Nonostante le restrizioni!
n Francesca Sacchi Lodispoto Iraq un viaggio profetico fraternità e speranza
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Rinascere N. 1-2 gennaio/aprile 2021 n EDITORIALE
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La stella polare della speranza di Francesca Sacchi Lodispoto n MOVIMENTO
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E il deserto fiorirà di Serena Grechi
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Giornata mondiale del malato di Antonia Cogliandro
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Rotta balcanica, appello Gruppi romani
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Gli amici che ci hanno lasciato n FORMAZIONE
Sommario
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I Salmi via per conoscere il cuore di Dio di Papa Francesco n PIANO DI LAVORO
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Eppure camminiamo! di Giovanna Hribal
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Limite e democrazia di Rita Di Lorenzo
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Dalla responsabilità alla solidarietà di Giovanna Lazzeri
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Pari opportunità di Renata Perini
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Ecologia e stili di vita di Paola Zelioli
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La fede invocazione e salvezza di Maria Grazia Fergnani
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Il limite di Elena Zacchilli n CHIESA UNIVERSALE
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Francesco in Iraq di Francesca Sacchi Lodispoto n CHIESA ITALIANA
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Verso un sinodo nazionale di Francesca Sacchi Lodispoto
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Armida Barelli di Emma Cavallaro n DOCUMENTI
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Patto educativo globale di Vincenzo Zani n OPINIONI A CONFRONTO
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Anziani, cittadinanza globale, consumi non necessari di Lucia De Anna e Renzo Seren n RECENSIONI
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della speranza
di Francesca Sacchi Lodispoto
N
el mare tempestoso di questo ultimo anno Rinascita Cristiana ha tenuto dritta la barra del timone e ha da poco superato la boa di questo nuovo inverno. La stella polare è stata la speranza cristiana, una speranza sicura mentre alcune parole hanno scandito la riflessione dei gruppi: vita, limite e tempo, economia, democrazia e solidarietà, libertà, creato e stile di vita. Abbiamo avuto l’impressione di vivere in un tempo sospeso, una vita posta tra parentesi, in stand by, a livello personale e collettivo. Nuove parole legate alla pandemia sono entrate nel nostro vocabolario quotidiano come ad esempio “distanziamento sociale”. Una parola terribile e gravida di conseguenze umane, economiche e psicologiche. Tanto abbiamo fatto come singoli, come società e come Movimento per non lasciarci abbattere, per coltivare la speranza, per individuare strategie che ci permettessero di restare in contatto, di condividere in modo nuovo gli spazi pubblici e privati. Tuttavia sentiamo che si tratta di soluzioni transitorie restando in attesa che la tempesta passi e si possa riprendere a vivere come prima. Ma non è così: siamo in bilico tra un passato noto anche se con tante zone d’ombra e un futuro incerto e difficile da immaginare. Il rischio allora è vivere questo tempo con smarrimento e passivamente, ripiegati su noi stessi e senza progetti. E se questo fosse invece un tempo di riflessione e di scelta? Il tempo di scegliere cosa conta e cosa è caduco, il tempo di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. Tra le domande proposte dalla traccia del Piano di lavoro troviamo ricorrente il motivo della scelta: cosa orienta le nostre scelte? cosa ci impedisce di scegliere? quali criteri alla base delle nostre scelte?....E il Vangelo come vi entra? Scrolliamoci di dosso l’impressione di vivere in un tempo sospeso, allontaniamo da noi tante considerazioni negative e depressive, apriamoci ad una speranza costruttiva, ben diversa dall’irenico pensiero “tutto si risolverà”. Perché la nostra speranza è radicata nella consapevolezza che le attività quotidiane e le relazioni in cui siamo impegnati hanno già ora un grande valore e danno un senso alla vita presente e futuro. Proprio per mostrare la forza e la vitalità dei nostri gruppi abbiamo dato spazio in questo numero alle loro riflessioni e approfondimenti.
Editoriale
La stella polare
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Movimento
...e il deserto fiorirà un anno di Coronavirus
di Serena Grechi
È
passato un anno da quando abbiamo cominciato a vivere l’inedita clausura della pandemia con i canti da balcone a balcone, i tricolori al vento, le scritte “andrà tutto bene” disegnate a colori vivaci sui lenzuoli di casa... L’anno è passato e abbiamo assistito sgomenti alle processioni di bare, alla fila delle autoambulanze in attesa fuori dagli ospedali, ai continui annunci di persone travolte dal virus. È passato scandito dai vari colori (giallo, arancione, rosso) che di volta in volta le varie regioni assumevano secondo il dilagare del virus, stiamo soffrendo alternando speranze e scoramento stentiamo a vederne la fine. Ma noi credenti dobbiamo riuscire a considerare questo tempo come l’opportunità offerta per una riflessione su noi stessi e le comunità, da quella ecclesiale a cui apparteniamo, a quella globale in cui siamo inseriti come cittadini del mondo. Il tempo della prova necessario, anche se comprensibilmente non desiderato, per guardare dentro noi stessi come persone e interrogarci. Tempo per lavorare sulle nostre ombre e riflettere. La pandemia è il nuovo deserto del tempo di oggi, tempo e luogo di prova in cui la vita appare come non mai ‘combattimento’ (“un duro servizio” come la definisce Giobbe, 7,1) contro le tentazioni e i pericoli della nostra contemporaneità. Mi riferisco in particolare al nostro mondo occidentale in cui decenni di relativa pace e di crescita economica ci hanno illuso di poter godere senza preoccupazioni delle risorse del pianeta, di rimandare la soluzione dei drammatici problemi sociali che oscuravano lo scorrere facile della nostra vita sordi, se non addirittura indifferenti, alle voci di chi ha meno di noi, di chi si accontenterebbe di qualche briciola caduta dalle nostre mense, a quelle periferie del mondo su cui papa Francesco non si stanca di attirare l’attenzione. La pandemia ci ha costretto ad aprire gli occhi sulla nostra debolezza, sulla mancanza di certezza che mina la nostra comoda e rassicurante concezione di vita. Quando l‘uomo, che è ‘creatura’, pretende di essere ‘creatore’, assoluto arbitro, sperimenta drammaticamente e inevitabilmente la propria distruzione. Abbiamo dolorosamente constatato che quel mondo che ci appariva costruito dalle nostre potentissime mani (abbiamo inventato armi sempre più micidiali, sfruttato sempre più spregiudicatamente la natura) stenta ora ad opporsi alla diffusione di un impercettibile virus. È forte la tentazione di salvarsi individualmente come singoli e come comunità a se stanti. È la tentazione dell’egoismo, ma Papa Francesco ammonisce “O ci si salva tutti o nessuno”. Il ‘villaggio globale’ con le sue interconnessioni ci impone oggi di riflettere 4
Movimento sulla comune debolezza e se vogliamo sulle nostre colpe, ma anche sulle possibilità di rinnovamento. La tragedia della pandemia ci deve costringere a un esame di coscienza personale e collettivo: in che cosa posso cambiare, che cosa posso fare per contribuire a costruire un mondo più giusto, più autentico, più armonico, più solidale? La Quaresima ci suggerisce di provare a operare in noi quella che in greco si dice metànoia, letteralmente ‘oltre la mente, oltre la ragione’. Oltre dunque i nostri poveri limiti umani. Ma noi siamo convinti che Gesù ci offre il mezzo per affrontare il vero modo di ‘pensare oltre’: seguire la sua Parola. Ecco che allora può rinascere la speranza di un modo nuovo di convivenza, basato su un sentimento più vero di effettiva fratellanza e condivisione, di partecipazione alle necessità dei più poveri e dimenticati, di dialogo e incontro che ci renda attori responsabili della promozione della società umana. Non ci dobbiamo accontentare di vivere strappando al tempo ore e giorni, ma dobbiamo fare di ogni ora e giorno la nostra vittoria. Questo tempo di forzato isolamento ce ne offre la possibilità, è possibile anche nel nostro quotidiano, se ci convinciamo di poter agire inseriti in una comunità in cammino, tutti insieme. Dio si trova, invisibile ma operante, nelle nostre mani che porgono aiuto, nel nostro cuore che soffre per gli altri, nella nostra volontà di agire per il bene comune. La libertà donata da Dio all’uomo si deve tradurre oggi in senso di responsabilità per nuovi orizzonti. Pandemia allora non è più il tempo che scorre incolore giorno dopo giorno, ma il kairòs, ‘il tempo opportuno’ per tutti noi di essere compartecipi di un rinnovamento globale, perchè neppure i tempi più bui sono il tempo dell’abbandono da parte di Dio.
Alla vittima pasquale s’innalzi oggi il nostro inno di lode l’Agnello ha redento il suo gregge l’Innocente ha riconciliato noi peccatori con il Padre. Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa. “Raccontaci Maria: che hai visto sulla via?”.
“La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea” Sì! Ne siamo certi: Cristo è davvero risorto! Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi.
BUONA PASQUA Serena, Francesca, Elisabetta, Licio e tutta la redazione 5
Consiglio Nazionale e Comitato Consultivo Il 12 febbraio il secondo incontro del Consiglio nazionale e del Comitato Consultivo come sempre sulla piattaforma zoom. Sono stati affrontati due temi prioritari in questo momento dell’anno: la situazione economica del Movimento con i relativi cambiamenti per un maggiore risparmio delle risorse e la proposta per un prossimo Piano di Lavoro.
Situazione economica
Innanzitutto il Consiglio ringrazia tutti coloro che hanno inviato la quota e i tanti che hanno voluto inviare anche una quota di sostegno. Moltissime sono state le offerte da parte, soprattutto, degli aderenti storici al Movimento. Tuttavia la diminuzione dei gruppi in tutte le regioni italiane ha portato ad una contrazione delle entrate non compensate dai gruppi informali che si stanno formando. È chiaro che ogni contributo anche piccolo e ogni quota è vitale in questo momento difficile di Rinascita Cristiana. In conseguenza della precaria situazione economica è stata presa la decisione di ridurre alcune spese di segreteria e i contributi di adesione al MIAMSI per l’anno in corso. La stessa pubblicazione Rinascere, ritenuta indispensabile dal Consiglio nazionale come collegamento e formazione all’interno del Movimento e presentazione del Movimento stesso all’esterno, sarà per ora di tre numeri l’anno. Elisabetta Peterlini, la nostra segretaria, ridurrà l’orario di lavoro. Dal 1° marzo Elisabetta sarà presente in segreteria martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 9,30 alle 14,00. Il lunedì e il venerdì in tarda mattinata la presenza potrà essere assicurata da Francesca o da qualche altra persona di Roma secondo le varie disponibilità.
Il prossimo Piano di Lavoro
Attualmente è in mano ai Consiglieri nazionali, che potete consultare, una proposta: per la meditazione prendere passi del vangelo di Luca (vangelo proposto dalla liturgia il prossimo anno). È il vangelo della misericordia e dell’amore; è il vangelo della “via” come stile di vita e risposta personale; è un vangelo universale che ci apre ad una storia di salvezza universale per tutti i popoli e per tutti gli uomini soprattutto i più poveri. Un tema di meditazione quindi che si collega bene con una chiesa in uscita che da Gaudium et Spes e fino a Fratelli Tutti è attenta alle vicende della storia. Per l’inchiesta la proposta è di continuare con lo stile della parola chiave avendo come orizzonte di valutazione Fratelli Tutti. Le domande di fondo che possiamo porci per preparare l’inchiesta e che quindi implicitamente la sottendono possono essere: quale comunità cristiana (quale chiesa) è all’altezza delle sfide del mondo di oggi? Quale identità cristiana (ben descritta in Fratelli Tutti 277,278)? Quali laici per una chiesa in uscita? Per le parole chiave aspettiamo suggerimenti raccomandando di estrapolarle dalla Fratelli Tutti che può diventare la traccia di valutazione. Facendo attenzione al testo della Fratelli Tutti si può vedere come spesso rimandi alla Laudato sii e al Concilio Vaticano II che in questi ultimi Piani di Lavoro sono stati i testi proposti per la valutazione. In particolare il nostro movimento ha come riferimento costante il Concilio Vaticano II.
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Formazione
Formazione
I Salmi via per conoscere il cuore di Dio
di Francesco Nell’udienza del 22 giugno Papa Francesco ha inaugurato una serie di catechesi sui Salmi. In questo primo intervento ne fa una bella introduzione. Il nostro Piano di Lavoro ha proposto quest’anno la riflessione su due Salmi il 33, un inno alla creazione e il conosciutissimo 23, il Signore è il mio pastore. Purtroppo molti di noi nei gruppi mancando di preparazione si limitano a pensare che si tratti di una bella poesia: non è così!
C
ari fratelli e sorelle, con la catechesi di oggi, vorrei iniziare un nuovo tratto del percorso: invece di commentare particolari episodi di personaggi in preghiera, entreremo nel “libro di preghiera” per eccellenza, il libro dei Salmi… Il Salterio si presenta come un “formulario” di preghiere, una raccolta di centocinquanta Salmi che la tradizione biblica dona al popolo dei credenti perché diventino la sua, la nostra preghiera, il nostro modo di rivolgersi a Dio e di relazionarsi con Lui. In questo libro, trova espressione tutta l’esperienza umana con le sue molteplici sfaccettature, e tutta la gamma dei sentimenti che accompagnano l’esistenza dell’uomo. Nei Salmi, si intrecciano e si esprimono gioia e sofferenza, desiderio di Dio e percezione della propria indegnità, felicità e senso di abbandono, fiducia in Dio e dolorosa solitudine, pienezza di vita e paura di morire. Tutta la realtà del credente confluisce in quelle preghiere, che il popolo di Israele prima e la Chiesa poi hanno assunto come mediazione privilegiata del rapporto con l’unico Dio e risposta adeguata al suo rivelarsi nella storia. In quanto preghiere, i Salmi sono manifestazioni dell’animo e della fede, in cui tutti si possono riconoscere e nei quali si comunica quell’esperienza di particolare vicinanza a Dio a cui ogni uomo è chiamato. Ed è tutta la complessità dell’esistere umano che si concentra nella complessità delle diverse forme letterarie dei vari Salmi: inni, lamentazioni, suppliche individuali e collettive, canti di ringraziamento, salmi penitenziali, salmi sapienziali, ed altri generi che si possono ritrovare in queste composizioni poetiche. Nonostante questa molteplicità espressiva, possono essere identificati due grandi ambiti che sintetizzano la preghiera del Salterio: la supplica, connessa al lamento, e la lode, due dimensioni correlate e quasi inscindibili. Perché la supplica è animata dalla certezza che Dio risponderà, e questo apre alla lode e al rendimento di grazie; e la lode e il 7
Formazione ringraziamento scaturiscono dall’esperienza di una salvezza ricevuta, che suppone un bisogno di aiuto che la supplica esprime. Nella supplica, l’orante si lamenta e descrive la sua situazione di angoscia, di pericolo, di desolazione, oppure, come nei Salmi penitenziali, confessa la colpa, il peccato, chiedendo di essere perdonato. Egli espone al Signore il suo stato di bisogno nella fiducia di essere ascoltato, e questo implica un riconoscimento di Dio come buono, desideroso del bene e “amante della vita” (cfr Sap 11,26), pronto ad aiutare, salvare, perdonare. Così, ad esempio, prega il Salmista nel Salmo 31: «In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso […] Scioglimi dal laccio che mi hanno teso, perché sei tu la mia difesa» (vv. 2.5). Già nel lamento, dunque, può emergere qualcosa della lode, che si preannuncia nella speranza dell’intervento divino e si fa poi esplicita quando la salvezza divina diventa realtà. In modo analogo, nei Salmi di ringraziamento e di lode, facendo memoria del dono ricevuto o contemplando la grandezza della misericordia di Dio, si riconosce anche la propria piccolezza e la necessità di essere salvati, che è alla base della supplica. Si confessa così a Dio la propria condizione creaturale inevitabilmente segnata dalla morte, eppure portatrice di un desiderio radicale di vita. Perciò il Salmista esclama, nel Salmo 86: «Ti loderò, Signore, mio Dio, con tutto il cuore e darò gloria al tuo nome per sempre, perché grande con me è la tua misericordia: hai liberato la mia vita dal profondo degli inferi» (vv. 12-13). In tal modo, nella preghiera dei Salmi, supplica e lode si intrecciano e si fondono in un unico canto che celebra la grazia eterna del Signore che si china sulla nostra fragilità. Proprio per permettere al popolo dei credenti di unirsi a questo canto, il libro del Salterio è stato donato a Israele e alla Chiesa. I Salmi, infatti, insegnano a pregare. In essi, la Parola di Dio diventa parola di preghiera - e sono le parole del Salmista ispirato - che diventa anche parola dell’orante che prega i Salmi. È questa la bellezza e la particolarità di questo libro biblico: le preghiere in esso contenute, a differenza di altre preghiere che troviamo nella Sacra Scrittura, non sono inserite in una trama narrativa che ne specifica il senso e la funzione. I Salmi sono dati al credente proprio come testo di preghiera, che ha come unico fine quello di diventare la preghiera di chi li assume e con essi si rivolge a Dio. Poiché sono Parola di Dio, chi prega i Salmi parla a Dio con le parole stesse che Dio ci ha donato, si rivolge a Lui con le parole che Egli stesso ci dona. Così, pregando i Salmi si impara a pregare. Sono una scuola della preghiera. Qualcosa di analogo avviene quando il bambino inizia a parlare, impara cioè ad esprimere le proprie sensazioni, emozioni, necessità con parole che non gli appartengono in modo innato, ma che egli apprende dai suoi genitori e da coloro che vivono intorno a lui. Ciò che il bambino vuole esprimere è il suo proprio vissuto, ma il mezzo espressivo è di altri; ed egli piano piano se ne appropria, le parole ricevute dai genitori diventano 8
Formazione le sue parole e attraverso quelle parole impara anche un modo di pensare e di sentire, accede ad un intero mondo di concetti, e in esso cresce, si relaziona con la realtà, con gli uomini e con Dio. La lingua dei suoi genitori è infine diventata la sua lingua, egli parla con parole ricevute da altri che sono ormai divenute le sue parole. Così avviene con la preghiera dei Salmi. Essi ci sono donati perché noi impariamo a rivolgerci a Dio, a comunicare con Lui, a parlarGli di noi con le sue parole, a trovare un linguaggio per l’incontro con Dio. E, attraverso quelle parole, sarà possibile anche conoscere ed accogliere i criteri del suo agire, avvicinarsi al mistero dei suoi pensieri e delle sue vie (cfr Is 55,8-9), così da crescere sempre più nella fede e nell’amore. Come le nostre parole non sono solo parole, ma ci insegnano un mondo reale e concettuale, così anche queste preghiere ci insegnano il cuore di Dio, per cui non solo possiamo parlare con Dio, ma possiamo imparare chi è Dio e, imparando come parlare con Lui, impariamo l’essere uomo, l’essere noi stessi. A tale proposito, appare significativo il titolo che la tradizione ebraica ha dato al Salterio. Esso si chiama tehillîm, un termine ebraico che vuol dire “lodi”, da quella radice verbale che ritroviamo nell’espressione “Halleluyah”, cioè, letteralmente: “lodate il Signore”. Questo libro di preghiere, dunque, anche se così multiforme e complesso, con i suoi diversi generi letterari e con la sua articolazione tra lode e supplica, è ultimamente un libro di lodi, che insegna a rendere grazie, a celebrare la grandezza del dono di Dio, a riconoscere la bellezza delle sue opere e a glorificare il suo Nome santo. È questa la risposta più adeguata davanti al manifestarsi del Signore e all’esperienza della sua bontà. Insegnandoci a pregare, i Salmi ci insegnano che anche nella desolazione, nel dolore, la presenza di Dio rimane, è fonte di meraviglia e di consolazione; si può piangere, supplicare, intercedere, lamentarsi, ma nella consapevolezza che stiamo camminando verso la luce, dove la lode potrà essere definitiva. Come ci insegna il Salmo 36: «È in Te la sorgente della vita, alla tua luce vedremo la luce» (Sal 36,10). Ma oltre a questo titolo generale del libro, la tradizione ebraica ha posto su molti Salmi dei titoli specifici, attribuendoli, in grande maggioranza, al re Davide. Figura dal notevole spessore umano e te9
Formazione ologico, Davide è personaggio complesso, che ha attraversato le più svariate esperienze fondamentali del vivere. Giovane pastore del gregge paterno, passando per alterne e a volte drammatiche vicende, diventa re di Israele, pastore del popolo di Dio. Uomo di pace, ha combattuto molte guerre; instancabile e tenace ricercatore di Dio, ne ha tradito l’amore, e questo è caratteristico: sempre è rimasto cercatore di Dio, anche se molte volte ha gravemente peccato; umile penitente, ha accolto il perdono divino, anche la pena divina, e ha accettato un destino segnato dal dolore. Davide così è stato un re, con tutte le sue debolezze, «secondo il cuore di Dio» (cfr 1Sam 13,14), cioè un orante appassionato, un uomo che sapeva cosa vuol dire supplicare e lodare. Il collegamento dei Salmi con questo insigne re di Israele è dunque importante, perché egli è figura messianica, Unto del Signore, in cui è in qualche modo adombrato il mistero di Cristo. Altrettanto importanti e significativi sono il modo e la frequenza con cui le parole dei Salmi vengono riprese dal Nuovo Testamento, assumendo e sottolineando quel valore profetico suggerito dal collegamento del Salterio con la figura messianica di Davide. Nel Signore Gesù, che nella sua vita terrena ha pregato con i Salmi, essi trovano il loro definitivo compimento e svelano il loro senso più pieno e profondo. Le preghiere del Salterio, con cui si parla a Dio, ci parlano di Lui, ci parlano del Figlio, immagine del Dio invisibile (Col 1,15), che ci rivela compiutamente il Volto del Padre. Il cristiano, dunque, pregando i Salmi, prega il Padre in Cristo e con Cristo, assumendo quei canti in una prospettiva nuova, che ha nel mistero pasquale la sua ultima chiave interpretativa. L’orizzonte dell’orante si apre così a realtà inaspettate, ogni Salmo acquista una luce nuova in Cristo e il Salterio può brillare in tutta la sua infinita ricchezza. Fratelli e sorelle carissimi, prendiamo dunque in mano questo libro santo, lasciamoci insegnare da Dio a rivolgerci a Lui, facciamo del Salterio una guida che ci aiuti e ci accompagni quotidianamente nel cammino della preghiera. E chiediamo anche noi, come i discepoli di Gesù, «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1), aprendo il cuore ad accogliere la preghiera del Maestro, Papa Francesco ha consegnato al vescovo in cui tutte le preghiere giungono a Yohanna Butros Mouché Sidra, il Libro Sa- compimento. Così, resi figli nel Figlio, cro di liturgia del XIV – XV secolo della cit- potremo parlare a Dio chiamandoLo tà santa per i cristiani iracheni della Piana “Padre Nostro”. di Ninive
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Piano di Lavoro
Eppure camminiamo! Nonostante le restrizioni
di Giovanna Hribal
A
settembre, proporre un Piano di lavoro dal titolo “I sentieri della speranza”, poteva sembrare una scommessa, ma del resto qualunque Piano di lavoro lo sarebbe stato: una scommessa contro l’isolamento forzato, contro lo scoraggiamento, contro il ripiegamento su se stessi, contro l’invecchiamento dei gruppi e degli individui, contro la paura. Una scommessa proporre la speranza come orizzonte verso il quale camminare, una scommessa parlare di sentieri. I sentieri, si sa, non sono autostrade: sono malagevoli, stretti, possono interrompersi quando non te l’aspetti e richiedono attenzione e cura, vogliono tempi lunghi, non affrettati, e la capacità di aspettare e di aspettarsi. A distanza di qualche mese, guardando le relazioni che sono arrivate dai gruppi, dire che la scommessa è stata vinta è forse troppo: le relazioni non sono molte, non tutti i gruppi che pure sappiamo hanno continuato a riunirsi sono riusciti a inviarle e alcuni gruppi non hanno potuto continuare attraverso le modalità telematiche che la situazione ha imposto. Tuttavia camminiamo: il numero di persone che hanno partecipato alle riunioni nazionali su zoom, la volontà di mantenere vivo un movimento nonostante tutto, la generosità di alcuni che potrebbe diventare la gene-
rosità di tutti ci dicono che valeva la pena scommettere. Dar conto del lavoro dei gruppi non è però facile: la molteplicità degli spunti proposti, con la varietà dei possibili intrecci a cui danno luogo, l’inevitabile frammentarietà delle relazioni inviate, frutto di incontri meno continuativi e regolari di quelli abituali, rendono molto arduo tentare una sintesi. Alcuni temi emergono comunque anche quando si parte da parole diverse: si insiste ad esempio sull’importanza della responsabilità sia che si parli di natura sia che si affronti il limite, sia che si rifletta su temi economici, e la volontà di non delegare, di non cercare alibi percorre molti resoconti. Da Trento, che dice “ognuno può fare qualcosa superando il senso di impotenza” a Foggia, che scrive “attenti a quello che facciamo, facciamolo bene e con responsabilità”, a Genova, che coglie un forte legame tra responsabilità e solidarietà, soprattutto in questo momento in cui anche gesti semplici come il rispetto rigoroso delle norme sanitarie denotano una responsabile appartenenza alla comunità. E un gruppo di Milano ribadisce “La povertà è una distribuzione ingiusta dei beni del mondo ed è nostra responsabilità ritrovare una distribuzione più equa”, e trova proprio nella Genesi la radice della responsabilità umana. 11
Piano di Lavoro Legato al tema della responsabilità è poi quello dello stile di vita su cui si insiste da parte di molti gruppi: di nuovo Foggia “ i nostri stili di vita devono essere altri, fatti di semplicità e misura” ma anche Torino, che per cui diventa sempre più “necessario riflettere sulla possibilità di un’economia solidale, facendo emergere le criticità del nostro stile di vita”, mentre un gruppo della Liguria ci invita a “ passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere: è urgente cambiare mentalità e stile di vita”, e gli fa eco un gruppo di Roma, auspicando “ una vita semplice e sobria per rispettare la natura”, e collegando il rispetto della natura al senso del limite, come condizione necessaria anche per il dialogo. Un altro elemento che accomuna le diverse riflessioni è la consapevolezza critica: sapere che le parole possono avere significati diversi e a volte addirittura opposti, riuscire a coglierne implicazioni non immediate, aiuta a valutare le informazioni, a cercarne diverse, ad approfondire. Al di là degli specifici temi trattati si coglie comunque un clima di speran-
za condivisa, basata soprattutto sulla lettura delle Encicliche di Papa Francesco, che vengono citate da molti, ma anche sulla familiarità con la Parola di Dio e con l’appartenenza al gruppo e al Movimento che appaiono un po’ come un antidoto al “vuoto e alla paura”. Ed è proprio nel gruppo che si riesce a non lasciarsi andare allo scoraggiamento a non sentirsi vittime: come scrive Genova “anche da anziani possiamo pregare, confortare e sostenere, una parola buona a volte basta”. E da Firenze arriva un vero e proprio elogio della vecchiaia: “i nostri anziani sono leader della speranza in un periodo in cui prevalgono voci di dubbio e di insicurezza...stanchi, certo e preoccupati ma pronti all’aiuto e al servizio” e si citano Anna e Samuele, anziani ma pieni di vigore spirituale. Dunque non ci si appiattisce su un presente difficile, pur pienamente coscienti sia della propria fragilità che dei tanti veri drammi vissuti interno a noi, ma si cerca di trasformare la situazione attuale in occasione di crescita spirituale e sociale, fino ad arrivare alla bella espressione di Reggio Emilia “in virus veritas”
Hanno inviato la propria meditazione È sempre difficile dare conto del cammino spirituale di un gruppo. Tuttavia sappiamo che tutti stanno seguendo con grande attenzione il percorso proposto dal Piano di Lavoro per approfondire “le sorgenti della speranza”. Hanno inviato la loro meditazione i seguenti gruppi: Adriana Stramignoni, Torino - Maria Indelicato, Catania – Ginetta Chionchio e Renzo Seren, Novara – Nicoletta Tino, Roma – Silvana Bartoli Gatti, Lecco – Elena De Filippi, Verbania – Cecilia Borri, Parma – Stefania Caprilli, Firenze – Nini Giuliani, Milano – Maria Grazia Fergnani, Ferrara - Mariella Bagnato Vigilante, Reggio Calabria 12
Piano di Lavoro Il lavoro di molti gruppi non è stato interrotto dai problemi legati alla pandemia. Certo non tutte le città o non tutti i gruppi sono riusciti ad attrezzarsi per delle riunioni a distanza, forse avevano bisogno di qualche indicazione pratica che avrebbero potuto chiedere a figli e nipoti e scoprire così che collegarsi non era una cosa complicata e anzi forniva un momento di riflessione, amicizia e comunità preziose in un periodo di isolamento. I gruppi che hanno fatto questa esperienza hanno voluto inviare le loro inchieste e le loro meditazioni per condividerle con altri gruppi italiani. Torino gruppo Ravalioli che non solo ha perseverato ma si è anche allargato con presenze da altre città italiane. I temi scelti sono: civiltà e sviluppo in relazione a ecologia e stile di vita; libertà e limite in relazione a democrazia e partecipazione. Trento gruppo Perini ha affrontato i temi solidarietà e vita legati all’ecologia; il tema civiltà con particolare riferimento alla pari opportunità uomo-donna nella chiesa. Gruppo Tononi il tema della povertà. Roma, gruppo Rizzuti ha scelto le parole civiltà, limite, democrazia ed ecologia; Roma, gruppo Monti ha da poco iniziato gli incontro e si è soffermato sul tema del limite; Roma, gruppo Tino ha affrontato il tema della civiltà, della gentilezza intesa secondo la definizione di Fratelli tutti e della dignità umana in relazione alla rotta balcanica; Roma, gruppo De Smaele finchè ha potuto si è riunito in presenza e pensa di poter riprendere presto dedicandosi maggiormente alla meditazione. Il gruppo romano più giovane si è riunito in presenza per una Messa poco prima di Natale, alcuni aderiscono ad un gruppo nazionale formato da Marina Marino e Macrì Tentarelli che comprende persone di Oristano, Pescara, L’Aquila, Napoli, Castellammare, Gradisca. Seguiti da don Licio hanno affrontato il tema del limite e della scelta. Firenze i gruppi si sono riuniti in presenza in una chiesa. Castellammare di Stabia i gruppi hanno ripreso la loro attività tramite la piattaforma meet a cui hanno partecipato anche persone di Napoli e di Sorrento. Foggia il gruppo storico ha inviato tramite Elisa Durante una interessante riflessione su ecologia e stile di vita. Genova tenendosi in contatto con le altre città della Liguria ha approfondito il tema della comunità e il tema dalla responsabilità alla solidarietà Lecco i gruppi a partire dalla Fratelli tutti hanno riflettuto sulla conciliazione tra solidarietà ed economia, sui limiti di economia, mercato e politica e sul “avere cura” dei fratelli riferendosi al paradigma della parabola del buon Samaritano. Reggio Emilia ha fatto una scelta interessante tra le parole suggerite dal Piano di Lavoro leggendole in modo critico passando dall’IO al NOI. Catania ha scelto come parole chiave istruzione e spiritualità; economia e finanza; tecnologia e scienza in relazione a democrazia e partecipazione, ecologia e stile di vita. Macerata il gruppo ha riflettuto su libertà e limite in relazione a democrazia e partecipazione.
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Piano di Lavoro
Castellammare di Stabia: limite e Democrazia
di Rita Di Lorenzo I gruppi si stanno riunendo su Meet, dopo un avvio un po’ incerto, grazie alla nostra responsabile cittadina, Maria Esposito, che con un pizzico di entusiasmo e spirito comunitario, è riuscita a stimolarci e organizzarci. Ai gruppi di Castellammare si sono unite anche alcune amiche di Napoli e di Sorrento e abbiamo riscoperto il piacere di rivederci e il bisogno di sostenerci a vicenda. Per l’inchiesta ci siamo lasciate suggestionare dall’interessante riflessione di Mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, che avevamo avuto modo di ascoltare durante il terzo incontro del Gruppo Nazionale su Zoom.
OSSERVARE
Q
uando parliamo di limiti, certamente pensiamo a quelli di natura fisica e ambientale, soprattutto quelli imposti dalle condizioni di salute e dal contesto in cui viviamo; in particolare la pandemia ci ha imposto tantissime limitazioni, che ci hanno colpito nelle relazioni sociali e familiari, per non parlare dei gravi problemi economici, che hanno travolto la vita di tanti. A questo punto il limite diventa una situazione d’immobilità, di crisi. Proviamo, tuttavia, a capovolgere la situazione e a pensare che proprio questi limiti potrebbero diventare il volano di un cambiamento, uno stimolo ad andare oltre, uno strumento di conversione. Trasformiamo il male, la frustrazione, gli ostacoli in positività, iniziamo a prenderci cura gli uni degli altri con un discernimento comunitario, adottiamo uno stile di vita attento all’ambiente, che coinvolga tutti, in specie i giovani. La comunità cristiana, con un grande atto di fede, deve cominciare a sperare, perché, come ha fatto notare Mons. Pe-
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goraro, “finché c’è speranza, c’è vita” e non il contrario. Abbiamo preso atto del fatto che la pandemia ha acuito le problematiche delle persone economicamente più deboli, delle famiglie in difficoltà per perdita del lavoro, dei giovani ancora una volta penalizzati dal fatto di non poter svolgere le normali attività didattiche, e dalla mancanza di frequentazioni, così vitali per tutti, ma indispensabili per loro. Le nostre scelte sono sicuramente orientate dalla formazione cristiana, ma spesso siamo costretti, con rammarico, a delegare a terzi i progetti, che, sia per l’età sia per il contesto familiare, non riusciremmo a realizzare. Sicuramente il Web ha svolto un ruolo efficace, ci ha consentito di vederci e frequentarci in Rinascita, anche se a distanza. Abbiamo utilizzato meglio alcuni strumenti come i telefonini, per stabilire contatti più frequenti con amiche e familiari, riscoprendo il valore della parola detta con il cuore, meditata e non buttata lì a caso, distratta e superficiale. Queste relazioni ci hanno fatto bene, sono state un
Piano di Lavoro balsamo per chi chiamava e per chi riceveva la chiamata.
VALUTARE
Sembra poco tutto ciò, invece è servito per non lasciarsi annientare e inaridire da quel piccolo terribile virus, che ha sconvolto il mondo; ma, come spesso ripete Papa Francesco, non dobbiamo lasciarci sommergere dal male, dal buio, incapaci di vedere la luce che attende sempre chi attraversa un tunnel interminabile di angosce e difficoltà. Inoltre la speranza cristiana dà un valore aggiunto a tutto ciò che progettiamo e mettiamo in opera; la fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane ha lasciato pian piano il posto a una maggior consapevolezza, a una crescente sensibilità verso la natura, a una preoccupazione per ciò che sta accadendo al pianeta e agli uomini che lo abitano, con particolare attenzione agli esclusi. Tuttavia tutti parlano di questi ultimi o per farne un capro espiatorio o per considerarli vittime innocenti, ma restano sempre al margine, come una fastidiosa appendice. Dobbiamo riconoscere, nostro malgrado, che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale e bisogna ascoltare “tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”. La speranza però ci suggerisce sempre una via d’uscita, un cambiamento. Cambiamento possibile solo se si fissa lo sguardo sul bene comune, sul rispetto dei diritti della persona; e tra gli strumenti di benessere c’è senza dubbio il principio di sussidiarietà. A tal riguardo sono importanti i ruoli della famiglia, della società, dello stato e del singolo.
AGIRE
Dunque noi di Rinascita Cristiana, come singoli, cosa siamo chiamati a fare, cosa possiamo fare? Certamente abbiamo già individuato delle piste operative compatibili con i limiti imposti dalla pandemia, ma anche dalla nostra età; così attraverso le istituzioni preposte stiamo dando il maggior sostegno possibile a chi attraversa situazioni problematiche e dolorose, cercando di non voltare la testa dall’altra parte e nasconderci dietro le nostre fragilità. Consapevoli che solo attraverso il perseguimento del bene comune si può raggiungere la pace sociale, per evitare di lasciare alle future generazioni cumuli di macerie, di sporcizia, il deserto. Non sarà possibile realizzare quest’obiettivo, se non abbandoniamo l’individualismo e il cieco egoismo; occorre cambiare gli stili di vita, come la pandemia ci ha insegnato per ricostrui re il mondo su basi più solide e giuste; decisivo sarà il ruolo svolto dalla democrazia attraverso le parti che devono attuarla: la politica, le associazioni, la chiesa. In primis bisogna formare e educare i giovani, cui spetta il difficile ma entusiasmante e ambizioso progetto di dare un nuovo assetto al mondo, perché dopo un terremoto si ricostruisce, ma non allo stesso modo di prima. La comunità cristiana ha un ruolo decisivo nell’educazione e formazione di donne e uomini nuovi, capaci di organizzare la vita sul pianeta su criteri diversi e con quel pizzico di follia, senza il quale non si fa niente di innovativo e duraturo, guidati dal convincimento che ci potremo salvare se restiamo tutti insieme.
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Piano di Lavoro
Genova: dalla responsabilità alla solidarietà
di Giovanna Lazzeri
I
l virus ha una grande forza disgregatrice: chiusi qua e là, niente abbracci e baci, difficoltà perfino di comunicare con chi non ha dimestichezza col digitale, la impossibilità di assistere i malati cari, di consolare i moribondi perfino di accompagnarli all’ultima dimora… Eppure proprio in questa drammatica situazione c’è stato anche un fiorire di solidarietà tra vicini, tra giovani e anziani, per non parlare di tutti gli operatori della sanità. La solidarietà assume nuovi volti, nuove sfaccettature. Ad esempio sono atti di solidarietà rimanere a casa, rispettare le misure di distanziamento, usare la mascherina. Piccoli gesti che al contrario diventano la spia di una mentalità individualista che nega l’esistenza di un bene comune affidato alla responsabilità di tutti. Nello statuto di RC si dice che noi cristiani in cammino siamo corresponsabili dell’ambiente di vita. Questo significa fare delle scelte quotidiane e spiegarle; significa prendere consapevolezza di sé e degli altri, siamo chiamati a dare il nostro contributo verso la coesione sociale nel segno della responsabilità, con i nostri comportamenti, le nostre scelte, i nostri impegni e doveri di cittadini responsabili. La solidarietà deve prendere in considerazione quali sono i problemi ora 16
e qui, del presente, riconoscere la situazione critica che cambia modi di vivere e di lavorare, di studiare, cosa possiamo fare: trasmettere senso di responsabilità e solidarietà, non perdere la testa e dimostrare con il nostro comportamento la prudenza ma anche la forza, l’attenzione per gli altri, a non intasare, non creare problemi ai figli: tutto il mondo ci riguarda… Non sentirci vittime. E se ci pare di non poter fare niente perché siamo anziani abbiamo un’arma potentissima: la preghiera e ricordarsi che spesso basta una parola per confortare e sostenere, quella possiamo sempre dirla. Responsabilità e solidarietà si incrociano anche quando parliamo di stili di vita e sostenibilità ambientale, siamo tutti chiamati a porre le basi perché si possa parlare di una ecologia integrale quale idea di generare cultura. Guardare al locale e alle tante iniziative per lo sviluppo sostenibile della nostra città e promuoverle con tutti i nostri conoscenti ma pensare al globale. “Tutto è in relazione” dobbiamo riflettere sulle conseguenze dei nostri comportamenti: su un pianeta come il nostro ogni gesto entra in relazione con gli altri. L’autonomia di giudizio dipende moltissimo dal ruolo dell’informazione e dalla nostra capacità critica di valutazione e di scelta delle fonti di informazione.
Piano di Lavoro
Trento: pari opportunità uomo – donna
di Renata Perini
OSSERVARE
Avevamo avuto modo, da poco, di apprezzare, commentare e scoprire nella sua dimensione il profondo concetto, recentemente espresso da Papa Francesco, che così si delineava: … “la donna è colei che fa bello il mondo”, affermazione che, in un momento tanto grave di omicidi e di violenze nei riguardi del mondo femminile, aveva trovato la sua significativa forza e programmazione sociale. Ma quando, l’11 gennaio, la stampa ha pubblicato, inatteso, il “Motu Proprio – Spiritus Domini”, firmato e sottoscritto dal Papa, in cui si precisava che: … è accettato dalla Chiesa… “l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero del lettorato e dell’accolitato”, un certo concetto obsoleto ci ha particolarmente colpiti, pensando da quanto tempo ciò avvenisse normalmente nelle nostre Chiese…e meno male che è sempre esistito il mondo femminile in questa espressione della “parola ed azione evangelica”. Si è subito notata la scarsa novità del provvedimento (probabilmente una dovuta correzione del Codice) e tra un commento e l’altro, tra frasi “irridenti” o meno, ci è sorta la sensazione che, più che di concessione, si tratti di arresto di tutte le speranze femminili sorte ultimamente nel mondo
cattolico e nate dal Concilio Vaticano II, ancora tanto attese ancora nella loro realizzazione.
VALUTARE
Partiamo dal concetto che uomini e donne hanno un’unica dignità, sia nel sociale, perché cittadini con uguale diritto, sia nel mondo religioso, dove, specifico per il cristiano, la condizione battesimale è di parità al cospetto di Dio, quasi un sacerdozio laico. Brutta, soprattutto, la sensazione di “provvisorietà”, come, se fino ad ora, alla donna la Chiesa avesse fatto una grande concessione, riconoscendole solo ora un impegno, che da anni ha retto le basi di un eccezionale servizio. Perché, allora, non conferire anche alle donne altri ministeri riconosciuti al mondo maschile? Non potrebbero anche loro essere presbiteri e/o diaconi? Impossibile? Noi crediamo diversamente; sarebbe, al contrario, un grande richiamo della Chiesa cattolica al mondo civile, al rispetto della donna, delle sue capacità, della sua dignità, di quelle doti che … “fanno bello il mondo”! E qui, volutamente ci fermiamo, ma è certo che la nostra apertura di gruppo ci fa pensare anche all’Ordine Sacro, ma l’età e la preparazione religiosa storica e di base, che vive nel nostro animo di persone “matu17
Piano di Lavoro re” (per non dire over…) ci impedisce di osare troppo: siamo comunque certi che i Seminari si riempirebbero subito se si aprissero al mondo femminile. Ci arriveremo un giorno futuro? Peccato, noi non ci saremo, ma speriamo di cuore che i nostri discendenti possano godere di tale apertura.
AGIRE
Certo che un riconoscimento importante istituzionale alla donna da parte della Chiesa Cattolica, sarebbe un richiamo morale al mondo intero. In un momento in cui gli USA hanno riconosciuto la Vice Presidenza a Kamala Harris, donna preparata, coraggiosa ed aperta alle esigenze umane di etnie diverse, nonché sostenitrice delle pari opportunità in ogni settore, ci piacerebbe un riconoscimento “epocale” da parte della nostra Chiesa. Forse è chiedere troppo e la nostra scarsa preparazione teologica ci impedisce di comprendere bene il Diritto Canonico. Speriamo che nel mondo laico (e qui ci possiamo mettere tutta la nostra capacità espressiva e di impegno socio-politico) si proceda quotidianamente sulla valutazione positiva del mondo femminile al pari del livello maschile. Le notizie giornaliere ci portano purtroppo a considerare un welfare disprezzato e calpestato, ma siamo sicuri che la donna troverà sempre quella forza interna di reagire, di procedere e quindi di portare avanti i valori umani di una civiltà, così come programmata dal disegno divino. 18
Quello che, in particolare, pesa è l’espressione che viene usata di “accettare” da parte della Chiesa la funzione della donna per alcuni compiti. La donna non può essere accettata per gentile concessione, ma deve essere protagonista in pieno delle scelte in tutti i campi. Questo modo di pensare persiste non solo nella Chiesa, ma anche nella società e quello che abbiamo chiamato “un riconoscimento epocale” viene ancora una volta rinviato, rimanendo il tutto nel limbo delle buone intenzioni. Una compartecipazione di intenti, di progetti, di collaborazioni, un essere uniti per procedere insieme nella realizzazione dell’esistenza umana è tutto quello che noi aspiriamo per vedere la donna non dietro, non accanto, non un passo avanti, ma “insieme” al maschio in un procedere giornaliero alla “pari”, perché tali siamo davanti a Dio. Chiediamo un’equa divisione di responsabilità tra uomo e donna in una democratica partecipazione alla vita civile, religiosa, personale, sociale. Questo nostro modo di pensare non è una posizione sentimentale, ma una affermazione di diritti umani ancora molto discriminati. Tutto inizia dalla famiglia: i genitori dovrebbero riconoscere la par condicio ai due sessi, introducendo i figli, maschi e femmine, ad una cultura omogenea e funzionale alle loro tendenze. Ci vorrà del tempo! Queste note sull’inchiesta sono frutto della collaborazione di Augusta Zanoni e Diego Zucchelli
Piano di Lavoro
Reggio Emilia: dall’io al noi
di Paola Zelioli Durante questo anno abbiamo cercato di uscire dalle nostre case con telefonate, whatsApp e meet: è inutile ripetere che una comunicazione simile ha ostacolato lo scambio. Partendo dalla domanda iniziale (pag. 48) abbiamo concordato che la risposta è rivendicare autonomia di scelta nel nostro privato, pur sapendo di essere ostaggio della globalizzazione, della finanza, della politica. Con pazienza vogliamo scambiarci opinioni per discernere con consapevolezza e senso di solidarietà: non ci possiamo dimenticare che osserviamo noi stesse. Tutte le parole-concetti inserite nella nuvola suscitano riflessioni interessanti; ne abbiamo scelto alcune declinandole con senso negativo o positivo riferendole alla nostra esperienza, con la finalità di leggerle in modo critico per spostare la nostra ottica
dall’io
autonomia solidarietà morte esclusioni corpo razzismo libertà Potere - civiltà
al noi
reciprocità povertà vita spiritualità tempo istruzione limite Verità - ecologia
}
Tutte le parole che ci hanno suggerito nuovi contenuti per lo sviluppo del macrotema
Ecologia (Laudato sì: la casa) e stili di vita (Fratelli Tutti: chi abita la casa)
Abbiamo ripreso quanto sin qui abbiamo accettato e forse con disinvoltura vissuto come buono per ripensarlo con una consapevolezza in più; il virus ci ha suggerito di aprire cantieri per ricominciare un cammino, ricostruire, riprenderci, rinascere con una visione meno egoista e aperta ad una umanità di fratelli (Restiamo umani: o guariamo insieme e nessuno si salverà. Come guarire se viviamo in un mondo malato di egoismo e noncuranza?) Per quanto concerne lo stile di vita ci siamo dette che il virus ci ha invitato a sviluppare un cammino di riflessione sulle nostre relazioni da vivere con: • pazienza = cura amorevole • silenzio = attesa del Signore 19
Piano di Lavoro • tempo = cogliere il senso del tempo in modo nuovo • ascolto = avvicinarsi per ascoltare • interiorità = cogliere le sfumature Il nostro assistente ci ha inviato una sintesi di “Fratelli tutti” letta in continuità con “Laudato sì”. Abbiamo dedicato a ciò un incontro con il proposito di tenerla come riferimento durante l’anno. Il primo gennaio (la pace ha bisogno di cura), è stato un ulteriore suggerimento di approfondimento giunto da Don Eugenio che è anche assistente di Pax Christi. La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci ha impegnato a riflettere sull’apporto delle religioni alla costruzione della pace. Il covid e la cura ci hanno portato ad uno svelamento sulla globalizzazione “in virus veritas” con la lettura dalla proposta del “Manifesto per la società della cura” cui si ispirano oltre ottocento organizzazioni (anche Rinascita?). Una di noi si è occupata di una sintesi di diversi articoli. Abbiamo concluso che questo tempo ci ha offerto occasioni positive, non solo di lamento: ci ha aiutato Don Eugenio con un suo articolo in particolare sulla terza fase in tempo di coronavirus.
Sperando nel tormentato presente
Un dolore cupo e imprevisto ci ha smarriti, ci ha invaso un forte desiderio di tornare a casa; ma dove, se la casa comune, infetta, non ha rifugio? Profughi, clochards, anziani, disoccupati, disabili, tutti disumanamente senza rifugio. Creato, Uomo, Cosmo, continuano il loro cammino in questo tempo della storia nata milioni di anni fa. L’Amore sempre vivo, pellegrino, cammina con loro; scalda il cuore; ritorna la speranza; la strada della casa comune è di nuovo percorribile,
ed in questo tormentato presente la paura è svanita.
La certezza di passi di futuro
Siamo giunti all’osteria di Emmaus; allo spezzar del Pane il coronavirus perde la sua malignità. Vogliamo essere un buon pezzo di pane, da spezzare, per calmare la fame di vita di tanta gente, ora tutti nostri congiunti. Creato, Uomo, Cosmo, recuperando relazioni più profonde, sbriciolano i muri imposti dalla pandemìa e dall’emergenza. l’Amore sempre vivo ci ha impastati della sua tenerezza, e avanziamo coi nostri passi nella storia nata milioni di anni fa.
Concluso l’osservare vogliamo superare una visione ancora altalenante tra negativo e positivo sul nostro mondo per accostarci al valutare, alla globalizzazione della solidarietà: natura e persone non sono disgiunte. 20
Piano di Lavoro
La fede invocazione ed incontro di salvezza
di Maria Grazia Fergnani Nei nostri incontri on line la scelta è caduta sulla prima parte del brano di Giovanni 6,1-21, ritenendolo un testo adatto a sviluppare il tema posto dalla parola chiave “solidarietà” dell’inchiesta.
L
a premessa necessaria per penetrare nello spessore del testo è che l’episodio narrato in Giovanni 6,1-21 corrisponde al racconto dell’istituzione dell’Eucaristia dei tre vangeli sinottici, sostituito nel quarto vangelo dalla lavanda dei piedi. Colpisce innanzitutto l’attenzione mostrata da Gesù verso la folla, il suo invito a far sedere le persone in quel posto dove “c’era tanta erba”, e a procurare loro del cibo mentre si dispongono ad ascoltarlo. Si può cogliere qui una sollecitazione a fermarsi, a prendersi il tempo di riflettere e meditare, riconfermata nel ritirarsi in disparte di Gesù per sfuggire alla folla che lo ha frainteso. Ritirarsi in se stessi, pregare: in una cultura che esalta il fare e l’efficienza, sentiamo quanto sia importante “fare silenzio, chiedersi dove stiamo andando, per non lasciarci trascinare da un’onda che ci fa perdere di vista le cose importanti della vita”. Al centro del racconto evangelico c’è il tema dell’attenzione ai bisogni dell’altro che porta alla condivisione dei beni che non dovremmo mai considerare un nostro possesso esclusivo. Attraverso il “segno” miracoloso qui raccontato Gesù vuole insegnarci che ogni gesto di bene è un moltiplicatore di altro bene, finchè di “pane “ce n’è per tutti, e anche in sovrappiù“. In questo tempo di angoscia e di solitudine a cui le persone tentano di rispondere affollando i bar e creando i tanto denigrati assembramenti, il tema dell’attenzione all’altro assume una grande centralità”. Il “segno” operato da Gesù ci dice, oggi, che solo se condivideremo davvero le risorse, il cibo, l’aria, l’acqua, la terra, come comunità umana potremo uscire da questa drammatica crisi e salvarci. Solo la condivisione ci farà transitare verso un mondo nuovo. “Veniamo da una cultura divisiva e ingiusta in cui chi più ha, più prende”, ma questo è un tempo di transizione che ci impone di elaborare una nuova visione del mondo, non solo politica, ma antropologica, “una visione di rete che rappresenta il massimo della condivisione non solo dei beni, ma delle relazioni che si realizzano nella rete come possibilità che l’altro entri in rete con me e io sia in rete con tutti”. Anche la Chiesa è pienamente dentro al travaglio e alle sfide di questa transizione e ha bisogno di ripensarsi e di rinnovare le modalità della sua missione nel mondo. 21
Piano di Lavoro La dimensione della rete è una realtà da sempre vissuta nel volontariato: “sentirsi parte di un mondo che va verso una direzione virtuosa, di aiuto a chi è più debole, è un cammino nel quale ognuno sente di far parte di qualcosa di più grande del suo orizzonte personale e di portare il suo pezzo nella soluzione dei problemi. Ognuno di noi può essere, e sicuramente è stato in tante occasioni, una porta aperta verso gli altri: “bisogna partire dalla consapevolezza di quello che di buono facciamo”, per non cadere in uno sterile e paralizzante pessimismo. La folla non capisce e vuole acclamare Gesù come capo politico, ma Gesù si sottrae. Tra le pieghe del racconto si nasconde il suo significato più profondo. La gente non l’ha capito, e non lo capisce. Ma noi, pensiamo di capire chi è veramente Gesù? Il cibo moltiplicato, donato e condiviso è certamente il nutrimento che chiediamo nel Padre nostro, e un inequivocabile invito a spendersi per la giustizia nella convivenza umana, ma più profondamente rappresenta in Giovanni la metafora di un altro pane: Gesù stesso è il nutrimento spirituale che si offre in dono e che ci mette in relazione, in comunione col Padre, tra di noi e col mondo che ci è dato. L’episodio evangelico ci mette di fronte allora alle domande di fondo: chi o che cosa alimenta la nostra sensibilità umana e sociale, il nostro desiderio di un mondo nuovo e più giusto? È Gesù Cristo la fonte della nostra speranza, il centro unificante della nostra vita? Cerchiamo il dialogo con Lui, consapevoli che “senza questo incontro, Dio si riduce a un’ombra sullo sfondo, destinata a dissolversi”? C’è chi, di fronte agli accadimenti dolorosi personali e collettivi, è capace di dire con sicurezza: mi fido, e mi affido; chi, incalzato dal dubbio, è in continua inquieta ricerca; chi ascolta con interesse e aspetta fiducioso un’illuminazione. Ma tutti vorremmo accogliere in noi una fede così forte e coerente da credere che, anche nella peggiore delle tempeste, Lui misteriosamente ci aiuterà a metterci in salvo sull’altra riva.
Alle sorgenti della speranza Questo è il tema del nostro Piano di Lavoro per la meditazione. Due brani centrali sono stati proposti: Giovanni 6,1-21 che nella prima parte, con il racconto della moltiplicazione dei pani, ci introduce all’Eucarestia e Giovanni 19,23-37 la crocifissione. Nel periodo liturgico pasquale è importante fermarsi su questi testi che sono centrali per la nostra fede e la nostra speranza. Guardando a ciò sta avvenendo sul Golgota possiamo considerare attentamente che esso apre a nuovi cammini: perché la morte dolorosa e umiliante di Gesù è in realtà il segno della fedeltà al Padre e dono estremo agli amici e si rivela fonte di vita per chiunque sa riconoscerla ed accoglierla (Gv 19,36-37). La nostra meditazione e la nostra fede non vogliono e non possono separare i racconti pasquali dal venerdì santo e dalla domenica di risurrezione. Infatti ciò che lo splendore della risurrezione manifesta in pienezza è già presente nella luce misteriosa della croce da cui sgorga sangue e acqua, i doni del Crocifisso. “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. Infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato. Gv 7,37-38)
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Chiesa universale
Chiesa universale
Francesco in Iraq fraternità e speranza
a cura di Francesca Sacchi Lodispoto Baghdad; la Piana di Ur legata alla memoria del patriarca Abramo; la città di Erbil; Mosul e Qaraqosh nella Piana di Ninive. Sono stati i cinque appuntamenti di Papa Francesco nel viaggio (5-8 marzo 2021) in Iraq.
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cristiani iracheni attendevano il Papa da ventidue anni. Era il 1999 quando san Giovanni Paolo II progettò una breve ma significativo pellegrinaggio a Ur dei Caldei, prima tappa del cammino giubilare nei luoghi della salvezza. Voleva partire da Abramo, dal padre comune riconosciuto da ebrei, cristiani e musulmani. Ma quel viaggio lampo di natura squisitamente religiosa non venne realizzato per la contrarietà del presidente iracheno. In un mosaico di culture, visioni religiose, modi di vivere e possibilità di esistenza, la proposta di Francesco è quella di una visione unitaria fondata su un elemento essenziale: la fede piuttosto che la religione. La proposta appare dirompente in un contesto in cui la religione è stata utilizzata come strumento di conflitto, come base per l’eliminazione anche fisica di persone e comunità appartenenti a credi diversi, per distruggere strutture, opere educative e sanitarie, capolavori d’arte e finanche cancellare città e villaggi. Dirompente sul piano religioso o del confronto e della visione delle religioni, a cui non basta più proporre un semplice sentimento di coesistenza con la possibilità di dialogo, ma che adesso sono chiamate a dare prova di essere espressione effettiva di un modo di intendere la fede con gli elementi, i doveri, i comportamenti da essa discendenti in un mondo che non apprezza la rilevanza di un credo o la sua possibile incidenza politica o sociale, ma domanda esempio e testimonianza. Dirompente sul piano politico in un contesto territoriale nel quale si cerca e si combatte una visione, quella dell’occidente, spesso ammantata da retorici e ipotetici desideri di pace, che puntando a destabilizzare regimi apertamente anti democratici e capaci solo di soffocare ogni diritto umano, ha frammentato piuttosto realtà che per secoli avevano ritenuto di poter convivere e coesistere nonostante le differenze e conflitti ritornanti. La stabilità di quei territori oggi auspicata, ma rincorsa solo attraverso le stesse armi che l’hanno provocata, non costituisce più un obiettivo raggiungibile. E questo Francesco l’ha messo chiaramente in evidenza fin dal suo arrivo nel Paese quando di fronte ai responsabili delle istituzioni irachene e ai rappresentanti diplomatici dei diversi Stati, ha tuonato contro l’inutilità del ricorso alla forza armata, la vergogna del commercio delle armi che supera ormai abbondantemente 23
Chiesa universale qualunque altra attività di ordine economico-finanziario nel mondo, la costruzione di muri o di qualunque altro elemento che semplicemente sia basato sulla categoria del nemico. Ancora più dirompente è stato l’approccio rivolto ai diversi gruppi e alle molte ispirazioni: nessuno è stato dimenticato in un contesto fatto di sciiti e sunniti, cristiani dei diversi riti e confessioni, curdi e yaziti, mandei e assiri. Francesco ha mostrato di essere certo che ognuna delle tessere del mosaico iracheno (bella l’immagine del tappeto) avrebbe percepito secondo la propria visione quell’elemento comune a tutti, di grande spessore politico come è la pace, che ha però il sapore della fraternità. In un’area geopolitica crocevia di incontro e di scontri, la presenza del Vescovo di Roma ha sintetizzato la realtà di quei luoghi quando, ricordando la comune radice nella terra di Ur, lo ha fatto alla presenza dei rappresentanti delle diversità religiose che Ur ha generato. Diversità spesso in conflitto, in antitesi tante volte, ripetutamente prese da una volontà di potenza volta ad annullare l’altro o a renderlo servo.
Un incontro storico
Francesco ha voluto incontrare l’Imam Al -Sistani, capo spirituale degli sciiti dell’Iraq a Najaf, presso la tomba dell’Imam Ali, santuario meta di pellegrinaggi. Con questa visita, accolta per altro con un grande gesto di rispetto dall’imam, il Papa ha voluto confermare il dialogo intrapreso con il grande Imam Al-Tayyeb, la più alta autorità sunnita indicando come le religioni possano divenire ponti di pace al servizio dell’umanità.
Francesco ha parlato in italiano in sette discorsi
Il primo evento è stato l’incontro con i vescovi nella Cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora della salvezza”, luogo simbolo della Chiesa irachena, dove il 31 ottobre del 2010, un gruppo di terroristi sferrò un attacco in cui rimasero uccisi 48 fedeli, tra i quali due sacerdoti, e diverse decine di musulmani. Un martirio che oggi viene ricordato con una lunga striscia di marmo che dall’altare arriva al sagrato, proprio a testimonianza del sangue versato quel giorno. Nella Cattedrale caldea di San Giuseppe, a Baghdad, il Papa ha celebrato, per la prima volta, la Messa in rito caldeo. Domenica 7 marzo la visita a Qaraqosh ed Erbil, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno e a Mosul, nella piana di Ninive, dove Francesco è andato per un momento fortemente desiderato di preghiera, di raccoglimento, di silenzio, per onorare le vittime di quella terra. La preghiera si è svolta nella piazza della Chiesa, alla fine della quale è stata inaugurata una lapide commemorativa. L’ultimo evento pubblico è stata la Messa nello stadio “Franso Hariri” ad Erbil. 24
Chiesa italiana
Chiesa italiana
Un cammino di comunità: un Sinodo nazionale
a cura di Francesca Sacchi Lodispoto Il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, ha pubblicato su Avvenire del 3 febbraio 2021 una riflessione sulle parole del Papa all’udienza del 30 gennaio all’Ufficio Catechistico nazionale. “Siamo chiamati a una nuova responsabilità, da vivere con apertura di spirito e gioia che si rinnova e si comunica, avendo come riferimento l’Evangelii Gaudium che va considerata una sorta di magna charta del nostro agire ecclesiale”.
Tre i punti fermi nel discorso del Papa
Il primo: catechesi e kerygma. La catechesi è l’onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo. Grazie alla narrazione della catechesi, la Sacra Scrittura diventa “l’ambiente” in cui sentirsi parte della medesima storia di salvezza, incontrando i primi testimoni della fede. La catechesi è prendere per mano e accompagnare in questa storia. Suscita un cammino, in cui ciascuno trova un ritmo proprio, perché la vita cristiana non appiattisce né omologa, ma valorizza l’unicità di ogni figlio di Dio.Il cuore del mistero è il kerygma, e il kerygma è una persona: Gesù Cristo. La catechesi è uno spazio privilegiato per favorire l’incontro personale con Lui. Perciò va intessuta di relazioni personali. Non c’è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne e ossa. Il secondo punto: catechesi e futuro. L’anno scorso ricorreva il 50° anniversario del documento Il rinnovamento della catechesi, con cui la Conferenza Episcopale Italiana recepiva le indicazioni del Concilio. Al riguardo, faccio mie le parole di San Paolo VI, rivolte alla prima Assemblea Generale della CEI dopo il Vaticano II: «Dobbiamo guardare al Concilio con riconoscenza a Dio e con fiducia per l’avvenire della Chiesa; esso sarà il grande catechismo dei tempi nuovi» (23 giugno 1966). Questo è magistero: il Concilio è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato. E questo problema che noi stiamo vivendo, della selettività rispetto al Concilio, si è ripetuto lungo la storia con altri Concili. Per favore, nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa. Il terzo: catechesi e comunità. In questo anno contrassegnato dall’isolamento e dal senso di solitudine causati dalla pandemia, più volte si è riflettuto sul senso di appartenenza che sta alla base di una comunità. Il virus ha scavato nel tessuto vivo dei nostri territori, soprattutto esistenziali, alimentando timo25
Chiesa italiana ri, sospetti, sfiducia e incertezza. Ha messo in scacco prassi e abitudini consolidate e così ci provoca a ripensare il nostro essere comunità. Abbiamo capito, infatti, che non possiamo fare da soli e che l’unica via per uscire meglio dalle crisi è uscirne insieme. Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine. È il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. È il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse. È il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione. “Ho menzionato il Convegno di Firenze. Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare”. Una annotazione merita la lettura di un breve testo apparso sull’Osservatore Romano del 20 febbraio a firma di Giorgia Salatiello, docente di filosofia alla Gregoriana. Essa pone una questione non secondaria: se “la sinodalità, come comunione e cammino del popolo di Dio, vive e si alimenta delle diversità” a maggior ragione deve essere tematizzata la “prima e la più originaria, ovvero la differenza tra le donne e gli uomini, che tocca la stessa struttura costitutiva dell’essere umano”. Si pone quindi la questione “dell’inclusione delle donne nel percorso sinodale che non sarebbe più tale se escludesse le battezzate alle quali compete la medesima dignità dei battezzati”. Sabato 27 febbraio la Presidenza della Cei in udienza dal Papa ha presentato una bozza per un cammino sinodale della chiesa italiana Il cardinale Bassetti ha parlato di un itinerario dal basso per individuare le priorità. Tre sono per il card. Bassetti gli «elementi» di cui occorre tenere conto nell’intero processo. Il primo è rifarsi all’Evangelii Gaudium laddove il Papa esorta a una conversione pastorale. Per i laici significa che questo è il momento di assumersi quella corresponsabilità nella vita della Chiesa che è stata evocata per tanti anni. Occorre dar vita in ogni diocesi a un cammino insieme, sinodale appunto, in cui la comunità ecclesiale non solo si metta in movimento ma si esamini con coraggio al suo interno. Il secondo fattore che scandirà l’itinerario sarà «la fraternità solidale», necessaria oggi in particolare per sanare le fratture sociali ed economiche aperte dalla pandemia. E il terzo aspetto da considerare è «un’accentuata formazione ecclesiale». 26
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Patto educativo globale lavorare insieme con la Cnal
dall’intervento di mons. Vincenzo Zani Nel settembre 2019, il Pontefice aveva lanciato l’invito a venire a Roma per un evento mondiale sul patto educativo il 14 maggio 2020, rimandato a causa delle vicende del COVID-19. Il 15 ottobre scorso un incontro telematico come ulteriore tappa in cui il Papa ha pronunciato un messaggio importante invitando tutti ad aderire alla sua proposta in modo concreto, come risposta anche alle nuove emergenze provocate dalla pandemia. L’iniziativa proposta dal Papa si radica, in primo luogo, nella sua costante esortazione ad operare nel l’ambito educativo, soprattutto investendo sulla formazione delle giovani generazioni. In secondo luogo, egli intende rispondere alle richieste di numerose personalità di culture e appartenenze religiose e sociali diverse, le quali gli hanno chiesto di formulare un orientamento di principi e valori, quasi una sorta di bussola che possa illuminare coloro che hanno grandi responsabilità a livello socio-politico, culturale ed economico i quali devono prendere decisioni importanti per una umanità, immersa in un tempo di profondo cambiamento e di sfide inedite. Molti, infatti, in questo momento, reso ancora più problematico ed incerto dalla pandemia del Covid-19, sono alla ricerca di punti di riferimento sicuri, in grado di incidere sulle scelte più importanti della vita personale e per il bene della società. Dinanzi a queste richieste, il Papa ha deciso di proporre una iniziativa specifica sul tema: “Ricostruire il Patto educativo globale”, ed ha affidato alla Congregazione per l’Educazione Cattolica di portarla avanti.
Come nasce l’idea del Patto educativo nel Papa, e quale il suo significato?
Nel messaggio del Papa del 12 settembre 2019 sono indicati i tratti essenziali che disegnano un progetto educativo di ampio respiro e da sviluppare in tempi lunghi… Per realizzare un simile obiettivo è necessario un cammino educativo che sappia “superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire un’umanità più fraterna”… Dopo questo messaggio iniziale, Papa Francesco ha ripreso in vari discorsi questi concetti, arricchendoli ulteriormente ed offrendo spunti preziosi che tracciano aspetti e sfumature da approfondire. Richiamo alcuni dei passaggi più significativi.
Sintesi dei contenuti essenziali della proposta del patto educativo
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Documenti Anzitutto si coglie chiaramente che la proposta del patto si colloca in un contesto di “cambiamento epocale”, dentro il quale si registra “una metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i paradigmi consegnati dalla storia”. In tale contesto, l’educazione è indispensabile per impedire la disintegrazione dell’identità della persona la quale, per crescere e maturare, ha bisogno di avere un “villaggio”, cioè una comunità di persone, di più soggetti ed istituzioni a cui riferirsi. Nell’esperienza comune che si vive dentro un villaggio, aggiunge il Papa, si devono bonificare le discriminazioni che inquinano i rapporti ed immettere relazioni improntate alla fraternità. Il tempo vissuto nel villaggio diventa educativo e si snoda come un cammino di maturazione se si rispettano almeno tre obiettivi: mettere al centro la persona da formare secondo una sana visione antropologica; investire con qualità professionale, creatività e responsabilità le migliori energie, mettendo in atto una progettualità di lunga durata; formare persone che siano disponibili a mettersi al servizio della comunità secondo lo spirito evangelico. Si tratta di tre obiettivi grazie ai quali si può “comporre un nuovo umanesimo” ispirato al messaggio cristiano, ma teso a rinnovare l’intera società… Si possono raggiungere risultati efficaci soltanto seguendo un metodo “capace di guardare i fatti nelle loro cause e di fornire gli strumenti per superare conflitti e contrapposizioni”. Una sottolineatura significativa, sempre in questo discorso, è il richiamo al compito che soprattutto le religioni possono svolgere nel testimoniare e proporre “un metodo alternativo a quello materiale e meramente orizzontale”. Non solo i credenti, ma tutte le persone di buona volontà sanno quanto sia necessario il dialogo in tutte le sue forme. Il dialogo, dunque, assurge a criterio educativo, da attuare a tre livelli: il dialogo con Dio, il dialogo tra popoli, giovani ed istituzioni, il dialogo tra le religioni…. Ma è indispensabile interrogarsi su “come” una generazione trasmette le proprie acquisizioni e conoscenze ed i suoi valori a quella seguente, sapendo che questo processo di trasmissione coinvolge la responsabilità di tutti e che deve raggiungere tutte le dimensioni della persona. Purtroppo ciò non avviene e per questo è necessario creare un patto “tra la famiglia, la scuola, la patria e il mondo, la cultura e le cul28
Documenti ture” per un “rinnovato sforzo di generosità e di accordo universale”. Si tratta si superare le “piccolezze” (le “minuzie”) che ci rinchiudono nel nostro mondo angusto per andare nel mare aperto globale ed affrontare le diversità ed i cambiamenti culturali con un’educazione capace “d’individuare i veri valori umani in una prospettiva interculturale e interreligiosa”. Includendo ed integrando le conoscenze, la cultura, lo sport, la scienza, il divertimento e lo svago, con l’aiuto di docenti qualificati, vanno affrontare le nuove sfide, tra le quali: la nuova scienza della mente, il cervello e l’educazione, la promessa della tecnologia di arrivare a tutti, l’educazione dei giovani rifugiati e immigrati di tutto il mondo… Ma un intervento indubbiamente più articolato e che sintetizza quelli pronunciati in precedenza, è quello indirizzato ai membri della Congregazione per l’Educazione Cattolica, riuniti in Assemblea Plenaria (20 febbraio 2020). Ad essi il Papa presenta l’educazione come l’arte della crescita, della maturazione. L’educazione è una realtà dinamica, è un movimento che orienta le persone al pieno sviluppo… Anzitutto l’educazione va vista come un movimento ecologico, in quanto contribuisce al recupero dei diversi livelli di equilibrio: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio. Per raggiungere questo equilibrio integrale sono richiesti educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica ecologica che aiuti a crescere nella solidarietà e nella responsabilità. In secondo luogo, l’educazione è un movimento inclusivo. Si tratta di una proprietà ma anche di un metodo che forma a farsi aperti ed accoglienti verso tutti gli esclusi, a causa della povertà, delle guerre, delle carestie e catastrofi naturali, della selettività sociale, delle difficoltà familiari. Si tratta delle emarginazioni provocate da distinzioni di sesso, di religione o di etnia. L’inclusione “è parte integrante del messaggio salvifico cristiano”. Inoltre, l’educazione si caratterizza come un movimento pacificatore, che porta armonia e pace. Questo aspetto, già sottolineato in molti altri discorsi, qui viene considerato come una forza da alimentare contro la “egolatria” che genera non-pace, le fratture tra le generazioni, tra i popoli, tra le culture, tra il maschile e il femminile… Un ultimo elemento tipico dell’educazione è quello di essere un movimento di squadra: esso cioè non è mai l’azione di una singola persona o istituzione… Educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i determinismi e i fatalismi con cui l’egoismo del forte, il conformismo del debole e l’ideologia dell’utopista vogliono imporsi spesso come unica strada L’educazione è un atto di speranza per una cultura del dialogo
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Documenti possibile. L’educazione è un atto di speranza perché invita alla co-partecipazione e alla trasformazione dei modi di pensare e di vivere, aiuta a rispondere alle emergenze e sfide del mondo contemporaneo, ed è una via per umanizzare il mondo e la storia. Essa è anche un percorso di purificazione che può diventare il naturale antidoto alla cultura individualistica e promuovere la cultura del dialogo. Come fare? Occorre ascoltare il grido delle nuove generazioni per le pesanti ingiustizie; andare incontro alle situazioni di solitudine e di sfiducia; condividere il dolore e le sofferenze; prendere decisioni forti davanti ai possibili scenari futuri; proporre percorsi di educazione integrale, partecipativa e poliedrica. Per fare questo serve il coraggio di superare le contrapposizioni che portiamo in noi; il coraggio di ricreare il tessuto di relazioni immettendo il valore della fraternità; il coraggio di formare persone capaci di incidere sul cuore della società proponendo una cultura nuova. In questa nuova cornice egli ha elencato sette obiettivi concreti che ha invitato a sottoscrivere e a impegnarsi ad attuare. Primo: mettere al centro di ogni processo formale e informale la persona, il suo valore, la sua dignità, per fare emergere la sua propria specificità, la sua bellezza, la sua unicità e, al tempo stesso, la sua capacità di essere in relazione con gli altri e con la realtà che lo circonda, respingendo quegli stili di vita che favoriscono la diffusione della cultura dello scarto. Secondo: ascoltare la voce dei bambini, dei ragazzi e dei giovani a cui trasmettiamo valori e conoscenze, per costruire insieme un futuro di giustizia e di pace, una vita degna per ogni persona. Terzo: favorire la piena partecipazione delle bambine e delle ragazze all’istruzione. Quarto: vedere nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore. Quinto: educare ed educarci all’accoglienza, aprendoci ai più vulnerabili ed emarginati. Sesto: impegnarci a studiare per trovare altri modi di intendere l’economia, di intendere la politica, di intendere la crescita e il progresso, perché siano davvero al servizio dell’uomo e dell’intera famiglia umana nella prospettiva di un’ecologia integrale. Settimo: custodire e coltivare la nostra casa comune, proteggendola dallo sfruttamento delle sue risorse, adottando stili di vita più sobri e puntando al completo utilizzo di energie rinnovabili e rispettose dell’ambiente umano e naturale secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà e dell’economia circolare. Per realizzare questi obiettivi, il Papa rimanda alla dottrina sociale la quale costituisce la base e una fonte viva per trovare strade e realizzare progetti concreti. 30
Documenti L’esigenza di disporre di un nuovo paradigma per affrontare la realtà di oggi e per sapersi relazionare tra persone secondo lo spirito della “fraternità” – come indicato nell’enciclica Fratelli tutti – interpella direttamente tutte le componenti della comunità cristiana che è chiamata, come scrive il Papa nella Evangelii Gaudium, ad essere tutta missionaria in un mondo in profonda trasformazione nel quale è urgente portare una “rivoluzione culturale”. L’uomo del tempo postmoderno fatica a comprendersi perché, come ha detto più volte il Pontefice, le situazioni che viviamo ci portano delle sfide nuove, a volte difficili da comprendere. Nel convegno della Chiesa italiana, tenuto nel 2015 a Firenze, Papa Francesco ebbe a dire: “oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”… La complessità del nostro tempo non può impedirci di cercare l’arte più importante della vita, l’arte dell’essere e dell’esistere. I cristiani trovano nella parola di Dio e nell’esperienza della comunione fraterna una luce per il cammino. Quindi, per affrontare il tema del patto educativo dal punto di vista della tradizione cristiana e per collocarlo nell’azione della nuova evangelizzazione, è necessario rintracciare i tratti dell’antropologia ispirata dalla Rivelazione che possono illuminare anche l’impegno degli educatori che accompagnano le giovani generazioni. Mi pare che un punto di partenza fondamentale per questa riflessione sia quanto ci ha consegnato il Concilio con la Costituzione Gaudium et spes, indicando un umanesimo che va oltre la modernità… Alla svolta antropologica del Concilio è seguita negli anni successivi un’ampia riflessione non solo a livello teologico ma, in modo più operativo, nelle linee pastorali elaborate nei vari Sinodi ordinari e straordinari celebrati, con le relative Esortazioni da parte dei pontefici. Credo che per le associazioni laicali ed i Movimenti, le due Esortazioni post-sinodali Evangelii nuntiandi di Paolo VI e Evangelii gaudium di Papa Francesco possano diventare la cornice ideale per sviluppare un approccio teorico e pratico del patto educativo globale che il Papa ha voluto consegnare come impegno a tutti, ma in primo luogo alle comunità cristiane. Spunti per riflettere nella prospettiva della evangelizzazione
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Chiesa italiana
Chiesa italiana
Armida Barelli:
protagonista dell’apostolato laico di Emma Cavallaro Questa sintesi di un articolo di Emma Cavallaro fornisce preziose indicazioni storiche sulla società italiana a cavallo del ‘900 e sulle nostre radici di donne nella chiesa e nella società italiana.
A
rmida Barelli nacque a Milano il 1° dicembre 1882 e morì a Marzio (Varese) il 15 agosto 1952. “Nacque nell’età umbertina e morì nel sesto anno dell’Italia repubblicana; nacque nel periodo del positivismo e dell’anticlericalismo più ostile alla Chiesa e morì quando la Conciliazione e la rinnovata cultura cattolica cercavano di ricostruire la quarta Italia, sulle rovine della seconda guerra mondiale; nacque al tempo dei lumi a petrolio, dei treni a carbone, delle carrozze a cavalli e morì al principio dell’era atomica; nacque quando le ragazze “per bene” non uscivano sole, né a capo scoperto, non studiavano nelle scuole maschili, non partecipavano alla vita pubblica e morì quando le donne ancora giovanissime godevano piena libertà di movimento, quando diritti e doveri tra i due sessi erano quasi parificati”. (Maria Sticco, Una donna tra due secoli) Farne memoria significa proporre un esempio concreto di donna forte ed anche di santità: una santità che per il tempo in cui fu vissuta si può ben definire profetica, che seppe intuire e prefigurare molte acquisizioni del Concilio Vaticano II.
Il cammino delle donne nella chiesa e nella società
Se guardiamo al cammino fatto dalle donne in Italia Armida Barelli è all’origine di una precisa consapevolezza: il diritto-dovere della partecipazione delle donne allo sviluppo della vita cristiana, collegato alla partecipazione e all’impegno nella vita sociale. Alla scuola di Armida Barelli generazioni di donne hanno acquisito il senso ed il valore della propria dignità e vocazione umana, hanno realizzato la propria formazione giorno dopo giorno nelle città e nelle campagne più sperdute, si sono sottratte alla schiavitù dell’ignoranza e dell’immobilismo, sono uscite di casa, hanno viaggiato ed hanno imparato a leggere, scrivere e parlare in pubblico, cose impensabili per molte donne in quel tempo. Nel 1918 il Cardinale di Milano Andrea Ferrari chiamò la Barelli. Era convinto che i cattolici dovessero uscire dalle sacrestie, in modo particolare si preoccupava delle donne, soprattutto delle più giovani impreparate e quindi indifese. Sentiva che si doveva provvedere ad un nuovo tipo di educazione reli32
Chiesa italiana giosa e sociale e volle riunire gli sforzi che già nella sua diocesi si stavano facendo, chiedendo alla Barelli un impegno preciso per le giovani. La risposta fu: “Volentieri purché si tratti di un lavoro a tavolino, di beneficenza”, perché era questo che Armida Barelli pensava di saper fare. E quando l’Arcivescovo disse che bisognava parlare in pubblico e viaggiare disse: “Non fa per me” e se ne andò. Poi come Lei stessa racconta pregò molto e una notizia Le fece cambiare idea. In una classe di una scuola di Milano una insegnante accusò di ignoranza chi andava a Messa e delle trenta ragazze presenti tutte cattoliche praticanti nessuna ebbe la capacità di rispondere. A questa notizia la Barelli racconta di non avere dormito tutta la notte. La mattina dopo tornò dal suo Arcivescovo: “Eccomi sono pentita di avere detto di no e sono pronta a fare quello che lei vuole”. Fu una fioritura di circoli di giovani e nacque una prima scuola impostata sui temi sociali e a marzo 1918 era già pubblicato il primo numero del giornale della Gioventù Femminile dell’Azione Cattolica di Milano dal titolo “Le nostre battaglie”. Un titolo ed un programma. Benedetto XV chiamò Armida Barelli a Roma per chiederle di estendere l’esperienza di Milano a tutta l’Italia e le chiese di raccontare come aveva fatto a Milano le disse: “Continui il suo lavoro e invece di andare nei paesi della sua diocesi andrà nei capoluoghi italiani. Questo accadde nel 1918, nel 1922 la gioventù femminile contava oltre 4 mila circoli e 228 mila socie.
L’Opera della Regalità e l’Università Cattolica
Preoccupata della necessità di un sostanziale rinnovamento liturgico fondò l’Opera della Regalità una istituzione nazionale a carattere popolare. Fu Armida Barelli in tempi ormai lontani a pensare di fare pubblicare e distribuire quei foglietti con i testi della Messa domenicale che ancora oggi sono in uso, la cui diffusione, all’epoca superò i quattro milioni di copie. La fondazione dell’Università Cattolica che la vide partecipe ed estremamente attiva è un’altra storia di “miracoli” e “testardaggine”. Pur non essendo di formazione un’intellettuale capì ben presto, anche alla scuola di un grande uomo quale fu il beato Giuseppe Toniolo, la necessità di una Università Cattolica anche come risposta alla sfida lanciata dall’intellettualità laica al mondo cattolico italiano e alla sua presunta incapacità di diventare un soggetto culturale scientificamente rilevante.
La missione in Cina
Nel 1919, dopo la pubblicazione dell’Enciclica “Maximum illud” la Barelli avendo appreso che il Santo Padre Benedetto XVI aveva fatto depositare 50 mila lire per una borsa di studio annuale per il “Missionario del Papa in Cina”, ricevuta in Udienza dal Papa il 19 novembre del 1920 espresse il desiderio che alla Gioventù femminile fosse affidata una Missione. La Gioventù femminile avrebbe provveduto a tutto quello che riguardava gli aspetti finanziari. Ottenuta l’approvazione del Papa, l’8 dicembre 1920 in occasione della 33
Chiesa italiana festa dell’Adesione all’Azione Cattolica fu lanciata la prima raccolta. Bisogna pensare che erano anni difficili e che le socie della Gioventù femminile erano generalmente di modeste condizioni. Fu raccolta per la Missione di Xian-fu una somma che superò 1 milione e mezzo di lire. Il 17 settembre 1923 festa delle Stimmate di S. Francesco fu inaugurato a Xian-fu l’Istituto intitolato a Benedetto XV e nacque il primo nucleo della Congregazione diocesana delle Terziarie francescane del Sacro Cuore di Gesù. L’intento era quello di favorire l’annuncio del Vangelo per mezzo di energie locali. Quando furono allontanati i missionari stranieri l’Istituto continuò il suo servizio, quando poi furono disperse tutte le comunità religiose le Suore furono costrette a rientrare in famiglia e a rifugiarsi in sperdute località di campagna ma tennero vivo il carisma dell’Istituto. Molte furono incarcerate e sopportarono anni di detenzione. Oggi sono più di 300 quasi tutte giovani con 60 comunità. La missione è diffusa in 7 diverse diocesi, hanno una tipografia, 30 ambulatori, 10 scuole materne, un orfanotrofio e stanno costruendo una casa di formazione per rispondere ai bisogni dei tanti cinesi uomini e donne in ricerca sul piano della fede. Alla luce dei fermenti di vita che lo Spirito Santo continua a suscitare nella Cina attuale, l’intuizione del 1920 acquista una valenza profetica, il seme gettato allora porta ancora molto frutto. Armida Barelli, milanese, amò profondamente Roma ed ebbe la grande capacità di favorire l’unità nazionale tra le giovani costruendo rapporti e legami di amicizia e fratellanza in un tempo in cui i viaggi erano più difficili e le distanze spesso erano degli ostacoli importanti per ogni incontro.
La Costituente e l’elezione del 1948
In preparazione alle elezioni del 1946 per la Costituente fu instancabile nonostante i primi sintomi della malattia che la portò prima al silenzio e poi alla morte fossero già apparsi. Convinta auspicava un risultato che desse libertà civili e democratiche e una Costituzione che ne sancisse i saldi principi e per questo girò tutta l’Italia per esortare, parlare, spiegare, indirizzare, convincere ed informare. Lo stesso fece nel 1948 per le elezioni del primo Parlamento italiano nonostante le non buone condizioni fisiche. Armida Barelli ebbe la grande capacità di rapportarsi al suo tempo in una maniera non univoca, non parziale, non limitata ad un filone, ma cercando, attraverso la propria personale dedizione d’interpretare il proprio tempo da donna e nella maniera più complessa, più completa, più varia possibile. E quando nel dopoguerra Le fu chiesto se era il caso di dare un qualche riconoscimento alle giovani che si erano impegnate nelle “Missioni sociali” rispose con molta decisione “Almeno per l’elemento femminile io mi oppongo proprio. Questa è stata la scuola che ha fatto crescere generazioni di donne cattoliche italiane, generazioni di donne che hanno costruito il meglio del nostro Paese in tanti diversi modi, alcune note, la maggior parte sconosciute. 34
Opinioni a confronto
Opinioni a confronto
Fragilità e forza degli anziani È proprio scontato, come si sente quotidianamente dire, che i più “fragili” siano i vecchi, che i più deboli che si ripiegano su se stessi siano i nostri “nonni”? Io penso che si debba correggere questa facile e stereotipata immagine dei nostri “anziani” per vederli sotto altra luce: paradossalmente leader proprio della speranza in un periodo in cui prevalgono voci di dubbio e insicurezza. Di fronte ad adolescenti – quante patetiche lettere abbiamo letto in questi mesi sui quotidiani – descritti da madri ansiose come “zombificati” dall’astensione da ogni divertimento collettivo, “scippati della loro giovinezza”, perchè oppressi dalla “mancanza della sigaretta prima di entrare a scuola” (!) o dell’apericena con gli amici, ecco che un esercito di “forti” ha la …forza di dirci: andiamo avanti con fiducia! E se non possiamo, per prudenza, passare un giorno intero con loro, nelle feste come di consueto sono proprio loro a dirci: “Pazienza!” E ci confortano: “Non vi preoccupate, state tranquilli, pensate a voi!” Deboli certo per il cuore che pulsa a fatica, per il respiro che subito diventa affannoso sotto quelle mascherine portate talvolta un po’ a sghimbescio per captare un briciolo in più di ossigeno… (penso al nostro grande “vecchio” papa Francesco che ansimando ad ogni frase non si stanca però di parlare, esortandoci all’amore, alla solidarietà, alla fraternità!). Stanchi certo e preoccupati, ma pronti all’aiuto e al servizio, per quello che possono in famiglia. Basta vederli davanti alle scuole al suono della campanella aspettare col sorriso negli occhi i nipotini per riportarli a casa o nei giardini semideserti passeggiare su e giù con gli infanti …. Luca nel suo Vangelo nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio, ci pone di fronte a due vegliardi, fragili anziani sì, Samuele e Anna, anzianissimi per l’epoca in cui vivevano, ma pieni di vigore spirituale, di speranza e di fede in una vita che la morte non spegne, perchè illuminata dal Messia. Non hanno chiesto a Dio nient’altro che poter vivere fino al momento di incontrare chi incarna la speranza di una vita più piena e vera. Quante preghiere silenziose si saranno levate in questi mesi di pandemia da quelle migliaia di letti di dolore e morte! Fragili certo, perchè fragile e transeunte è la nostra veste terrena, ma forti sempre nell’accompagnare con un pensiero d’amore i più giovani, loro sì talvolta deboli nel perdere nelle difficoltà forza e sorriso, nel sostenere tanti figli preoccupati per il lavoro e un futuro che appare ogni giorno più insicuro. Loro, i nostri grandi “vecchi” di 80, 90 anni e più hanno spesso vissuto anni di fatica, di privazioni, perfino di persecuzioni, ma hanno saputo tenere alta la testa. Da tanti di loro abbiamo ricevuto parole di resistenza e di conforto che non si possono dimenticare. 35
Opinioni a confronto Che il Signore ci conservi a lungo questi “fragili” nonni che con un loro sorriso e una loro parola riescono a ridarci forza e speranza per superare giorno dopo giorno le difficoltà che stiamo incontrando Lucia De Anna
La nostra storia è una storia di incontri L’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti esprime quella grande visione necessaria per accogliere le sfide della cittadinanza globale. È un’ampia visione sul futuro, verso l’utopia nella sua “missione di dare adito al possibile, in opposizione alla passiva acquiescenza all’attuale stato di cose” come l’ha definita il filosofo Ernst Cassirer. Mi pongo il pensiero di cosa fare perché non si traduca tutto in un nuovo viaggio verso l’isola che non c’è. Innanzitutto, credo che ci sia bisogno di testimoni più che di maestri (per usare le parole di Paolo VI); non servono neppure gli intellettuali che parlano tra di loro senza accorgersi che nessuno li ascolta, c’è bisogno, invece, di parlare alle persone con il linguaggio del cuore; non servono gli uomini di chiesa, ma abbiamo bisogno di persone (donne e uomini) di Dio; non servono neppure i politici brillantanti, ma sono indispensabili cittadini attivi e servitori della comunità, dal profilo sincero. Detto tutto questo…io che non sono né maestro né testimone, né uomo di Dio, né politico illuminato…io che sono un povero manovale per di più affaticato e in declino… cosa posso fare? Mi viene in soccorso Norberto Bobbio quando scrive: “Il mondo del vecchio è un mondo in cui contano più gli affetti che i concetti”. In realtà, noi siamo stati, siamo e saremo le persone incontrate, stimate, amate, ascoltate, consigliate. La storia personale è una storia di incontri; persino l’importanza dei luoghi è subordinata ad uno svilupparsi di incontri ai quali essi hanno fatto da sfondo. Non c’è rapporto umano che non meriti di essere approfondito. Spesso si dà ascolto a istintive indicazioni di simpatia o antipatia, mentre si dovrebbero apprezzare le relazioni di ogni tipo; relazioni che sopravvivono alle differenze di pensiero, tetragone ad ogni tipo di acredine esterna. Quante buone cose sono il frutto di un clima di affetto condiviso e non invasivo, né egoista! Gli affetti, i legami intrecciati, le persone: questo resta al termine del cammino. Forse è proprio per questa ragione che si dovrebbe sempre chiedere al buon Dio la forza, la pazienza e la misericordia per capire tutte le persone che si incontrano. Da questo atteggiamento derivano sorprese molto belle: non c’è persona dalla quale non si possa imparare qualcosa; non c’è persona che non abbia una sua dimensione degna di essere ammirata. Se si accetta questo, 36
Opinioni a confronto diventa anche più facile amare i nemici; lo schema che distingue il prossimo in amici e nemici si scopre essere una mera semplificazione della realtà: nessuno è così perfetto da essere amico senza la tentazione del tradimento; nessuno è così malvagio da essere nemico inesorabile e accanito senza un momento di lucida pietà. In breve, si tratta di coltivare gli affetti e non giudicare nessuno come irriducibile nemico. Tutto sommato, pur con qualche caduta di stile ogni tanto, qualche difficoltà comunicativa e molto equilibrio interiore, si può fare. Se nella vita prevalessero gli affetti sulle vanità, la qualità della vita di tutti si accenderebbe di gioia. Facile? Nessuna conversione avviene facilmente, ma non ci si può nascondere che senza una grande visione come quella di papa Francesco si andrà verso un porto agitato da troppe correnti di insicurezza. Renzo Seren
I consumi non necessari L’emergenza pandemica ha messo in grande evidenza i limiti e, soprattutto, le contraddizioni di un’economia dello sviluppo incentrata sui consumi. Ancora una volta, tuttavia, non si rilevano iniziative importanti volte a generare un nuovo modello che converta la passione per l’effimero in onesta rappresentazione del necessario. Durante la pandemia non siamo andati in difficoltà come consumatori; come consumatori, anzi, abbiamo scoperto di quanti beni si può fare a meno. La difficoltà ci ha toccato, invece, come produttori e venditori di beni non necessari. Non solo, i problemi più gravi li abbiamo subiti come fruitori di servizi sanitari, scolastici, so37
Opinioni a confronto ciali, culturali e quant’altro connesso al bene comune; servizi che negli anni si sono trascurati a vantaggio del consumo non necessario. L’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” esprime sostanzialmente il sogno di un mondo che attraverso nobili sentimenti scopra la via di una nuova crescita non agganciata soltanto al pil, ma alla qualità complessiva della vita dell’intera comunità. In verità, si può anche dire che, così come stanno messe le cose, alcune scelte degne di nobili sentimenti stanno diventando convenienti anche da un punto di vista puramente tecnico-economico per salvare il salvabile di una affluent society ormai condannata a implodere per eccessi divenuti incontrollabili. Bene comune e sfida alla povertà estrema sono due temi che vanno posti al centro di ogni decisione non soltanto perché rispondono a criteri morali, ma perché sono diventati ormai fondamentali per ottimizzare i risultati economici complessivi nel lungo termine. Le disuguaglianze di reddito, lo spreco in generale e alimentare in particolare, l’immigrazione di massa legale e illegale, lo stress a cui è sottoposto l’ambiente, la progressiva diminuzione delle fonti energetiche tradizionali, sono tutte questioni che vanno affrontate con profonda sensibilità verso il bene comune e verso la povertà estrema. Sono questioni che non possono essere risolte utilizzando vecchie categorie di pensiero. Siamo arrivati al momento in cui la competizione geopolitica delle nazioni è da considerare obsoleta e va urgentemente sostituita con la cooperazione globale. Anche il libero mercato va riconsiderato tenendo conto dei suoi fallimenti, introducendo regole con la convinzione che senza il rispetto delle regole non si può parlare di libertà. Si apre quindi un lungo cammino di speranza verso un sogno di fraternità che tutti coltiviamo, ma che spesso derubrichiamo a illusione per mancanza di coraggio, per un impreciso concetto di umiltà, per l’inaridimento degli affetti. Renzo Seren
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Movimento
Reggio Calabria:
giornata mondiale del malato di Antonia Cogliandro
L
a Giornata Mondiale del Malato è stata vissuta quest’anno dal Movimento di Rinascita Cristiana di Reggio presso la chiesa di San Domenico con un momento di preghiera che si è concluso con la S. Messa celebrata dal parroco, don Tonino Sgrò, assistente di uno dei gruppi, e animata dai gruppi di Rinascita insieme alla “Schola Cantorum Nostra Signora di Lourdes”. La preghiera si è prolungata con l’adorazione eucaristica prevista nel programma parrocchiale, con intercessioni particolari per i sofferenti. È stato un momento di preghiera intenso e di comunione tra i diversi gruppi reggini, nello stile caloroso dell’accoglienza che don Tonino ha voluto offrire, ma soprattutto l’occasione per tutti di riflettere sul proprio impegno, secondo quanto lo stesso papa Francesco ha chiesto nel suo messaggio per la Giornata, verso una “coerenza tra il credo professato e il vissuto reale”, ancora più urgente e necessaria in questo tempo di pandemia: il brano evangelico cui è ispirato il tema della giornata critica “l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno”, e “offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio”. Meditando su queste parole del papa, abbiamo risposto a questo appello con la comunione che, dalla preghiera, vuole attingere la forza del proprio impegno, nella preghiera chiede la capacità di non ripiegarsi su sé stessi ma piuttosto vuole incontrare lo sguardo di Dio per incontrare quello del sofferente. La consapevolezza che ad essere malate sono, in questo tempo di emergenza pandemica, soprattutto le relazioni umane, ha guidato le riflessioni sulla situazione di “malattia” che a vari livelli sta investendo le persone e la società: “la pandemia, non solo ha evidenziato le contraddizioni del sistema sociale vigente, ma ha messo più radicalmente sotto processo la presunzione di onnipotenza prometeica dell’uomo contemporaneo”. All’interrogativo di fondo “Ora che siamo nella paura e nella sofferenza ci appelliamo alla solidarietà, giustamente convinti che nessuno si salva da solo, ma abbiamo imparato anche ad offrirla agli altri?” Rinascita Cristiana risponde con il piano nazionale di lavoro di questo anno dal titolo eloquente: “Sui sentieri della speranza” per essere “donne e uomini costruttori di futuro”. Se essere parte della comunità ecclesiale è già una dimensione pubblica della fede, questa è emersa con forza e modalità nuove, da proseguire in questo anno come riflessione e da testimoniare nelle nuove situazioni. 39
Piano di Lavoro
Il limite:
gruppo domenicale online di Elena Zacchilli Da qualche mese un gruppo di persone tra i 45-65 anni si riunisce la domenica pomeriggio con la guida di Macrì Tentarelli e Marina Marino e avendo come assistente P. Licio Prati. Un’esperienza molto interessante che riunisce persone di tante regioni italiane. Nel trattare il tema dell’inchiesta il gruppo si è soffermato particolarmente sull’aspetto della scelta (domanda 3 dell’Osservare e 6 del Riflettere). Ad orientare le nostre scelte può essere la capacità di adattamento: si fa una scelta in base ad una situazione in cui ci si trova; quindi è importante governare le situazioni, avere un progetto, un desiderio, una forma di saggezza che aiuta a guardare avanti, pensando anche a delle uscite di sicurezza (se va bene una cosa, se non va bene…); inoltre alla base delle nostre scelte c’è il senso di responsabilità, dal momento che si risponde sempre in prima persona e questo in relazione alla domanda “cosa deleghiamo” porta a scegliere di delegare le cose che non ci interessano, oppure a delegare a persone di cui ci fidiamo, o, ancora, a preferire il fare in prima persona piuttosto che dover controllare ciò che fanno gli altri (a volte anche per la paura di mostrare i propri limiti agli altri). Le scelte devono essere fatte con il cervello e con il cuore, cercando di avere prospettive che ci diano gioia e serenità, nella consapevolezza che bisogna pur cambiare qualcosa. Il fatto di vivere nell’emergenza più che nell’urgenza rende necessario mettere limiti e perimetri, per la necessità di darsi qualche paletto e mettere qualche punto fermo: ragionare per priorità e mettere qualche pietra miliare. Il concetto del “tutto e subito”, con la mancanza di tempo influisce sull’autonomia di giudizio e sulla capacità di fare scelte. I limiti che ci vengono imposti ci pesano: dobbiamo avere la capacità di aspettare e pensare a costruire il futuro con l’idea dell’architetto. Le scelte vanno fatte in base a un progetto di vita. Bisogna saper trasformare in opportunità anche il periodo limitato e superare il proprio limite interiore nell’accettazione di una situazione. Anche la non accettazione del conflitto a volte è un limite e chiude all’ascolto. Valutare cosa ci aiuta a fare scelte valide, a scegliere il bene migliore, che comporta quindi lo scartare una cosa o l’altra (solo il bambino vuole tutto), 40
Piano di Lavoro con un’idea di sostenibilità. Le scelte comportano sempre un prezzo da pagare a livello personale e ci portano a rinunciare a qualcosa. Questo però permette anche di liberarsi dell’indecisione: il percorso richiede di farsi molte domande ed essere molto chiari con se stessi, senza “passare oltre”. Il limite è una parte che attraverso o non attraverso. Il senso del limite mi porta anche a comprendere che la realtà è molto più grande di ciò che “metto nella mia testa”; occorre anche la prudenza. Anche in “Laudato si’” 112 il limite è collegato alla scelta, che è fondamentalmente etica. In relazione al punto 113 possiamo citare l’aforisma “Il dramma è che non c’è più il futuro di una volta”: il futuro lo diamo per scontato o lo dobbiamo conquistare? (si veda ad es. il tema delle risorse del pianeta). Bisogna ragionare su cosa vuol dire “progresso”: oggi non riesco a collocare il futuro tra i miei desideri perché non ne sono padrone. Si può intendere il progresso come futuro desiderio del contesto nel quale vivo? Io so di avere un’identità che nasce dalla mia storia, mentre oggi c’è il venir meno dei principi fondamentali del nostro essere. La “Laudato si’” è del giugno 2015; nello stesso anno l’ONU ha sottoscritto l’Agenda 2030, che mette al centro l’uomo; quindi l’emergenza di mettere al centro l’uomo è di tutto il mondo.
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Rotta Balcanica: appello dei gruppi romani
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orte preoccupazione per “le condizioni precarie in cui versano migranti e richiedenti asilo nel campo di Lipa, in Bosnia-Erzegovina” è stata espressa da alcuni gruppi romani di Rinascita Cristiana che hanno indirizzato un documento al Movimento internazionale d’Apostolato dei ceti sociali indipendenti (Miamsi) perché chieda “al Consiglio d’Europa di dibattere e imporre regole più giuste a tutti i Paesi membri per la protezione dei migranti e richiedenti asilo”. “Come europei e come cristiani oggi diciamo basta al guardare distrattamente cosa avviene nella nostra casa comune, per volgere la mente alle nostre occupazioni quotidiane”, scrivono i membri di Rinascita Cristiana, per i quali quanto “avviene in questi giorni tra le città di Bihac e Velika Kladusa, in Bosnia-Erzegovina, e la regione croata che comprende anche il parco nazionale patrimonio Unesco dei laghi di Plitvice è contrario alla politica europea dei diritti dell’uomo e dei diritti dei migranti e richiedenti asilo”. Alle “colpe principali” attribuibili ai Governi della Croazia e della Bosnia-Erzegovina, si somma il mancato intervento da parte della Commissione Europea “malgrado i molti allarmi pervenuti finora”. Secondo il documento indirizzato al Miamsi, inoltre, “la nuova politica europea in materia, ‘The new pact on migration and Asylum’, non sembra soddisfare le condizioni per impedire che queste situazioni si ripetano, in particolare per la protezione della vita e della dignità di coloro che cercano rifugio o lavoro in Europa e per assicurare pronte sanzioni certe a quegli stati membri che infrangono le politiche europee e la Carta dei diritti umani in materia di accoglienza” Siamo un gruppo di Rinascita Cristiana, movimento di evangelizzazione radicato capillarmente in Italia e membro del MIAMSI, ONG di ispirazione cattolica. Siamo molto preoccupati delle condizioni in cui versano migranti e richiedenti asilo che si trovano in condizioni precarie nel campo di Lipa, in Bosnia-Erzegovina, esposti a temperature estremamente rigide, senza riparo, cibo e di che scaldarsi. Si tratta di coloro che hanno intrapreso il cammino della cosiddetta “Rotta Balcanica” che attraversando la Bosnia-Erzegovina approda in Europa attraverso la Croazia. Vi sono solide evidenze che la colpa principale di questa situazione sia da addebitarsi a tre attori: • Il Governo croato e in particolare il Ministero dell’interno, che attua una politica di respingimento dei migranti e richiedenti asilo danno loro la caccia e intercettandoli appena raggiungono il territorio croato, maltrattandoli e riaccompagnandoli in territorio bosniaco senza passare attraverso i posti di confine ufficiali. Ci riferiamo in particolare a quanto avviene in questi giorni tra le città di Bihac e Velika Kladusa, in Bosnia-Erzegovina, e la regione croata che comprende anche il parco nazionale patrimonio UNESCO dei laghi di Plitvice. Questo è contrario alla politica europea dei diritti dell’uomo e dei diritti dei migranti e richiedenti asilo. Intercettare e raggruppare migranti e richiedenti asilo sul pro42
prio territorio, sottoporli a sevizie e deportarli di nascosto in gruppo in un altro Paese non permette loro di presentare ufficialmente la richiesta di asilo o di visto. Sebbene la Croazia giustifichi queste azioni con l’accordo di ri-ammissione firmato con la Bosnia-Erzegovina, obbligare i gruppi di migranti a ritornare in Bosnia evitando i posti di confine è illegale per i motivi sopra esposti. La questione di ricorso a pratiche contrarie ai diritti dell’uomo o comunque illegali è stata ammessa dallo stesso Presidente croato, signora Grabar-Kitarovic e anche dal fatto che il Difensore Civico croato abbia ricevuto lettere da ufficiali della polizia che lamentavano di essere obbligati a seguire tali pratiche. • Il Governo della Bosnia-Erzegovina che, in una situazione di emergenza a causa delle temperature rigide, invece di trovare soluzioni abitative di emergenza già pronte, si ostina a costruire un campo di accoglienza, cosa che necessita di altro tempo. • La Commissione Europea e la UE, che malgrado i molti allarmi pervenuti finora - comprese le denunce da parte dello stesso Parlamento europeo – non ha preso azioni decise nei confronti del Governo croato. Da notare che i poliziotti e il materiale tecnologico che viene usato per i respingimenti illegali sono pagati dalla UE, che versa alla Croazia 100 milioni di euro all’anno per la protezione delle frontiere esterne. Inoltre, la nuova politica europea in materia, “The new pact on migration”, non sembra soddisfare le condizioni per impedire che queste situazioni si ripetano, in particolare per la protezione della vita e della dignità di coloro che cercano rifugio o lavoro in Europa e per assicurare pronte sanzioni certe a quegli stati membri che infrangono le politiche europee e la Carta dei diritti umani in materia di accoglienza. È appena trascorso il Giorno della Memoria, istituito per commemorare le vittime della Shoa, con lo scopo di non permettere che tali tragedie vengano dimenticate. Da allora sono state perpetrate altre orrende stragi, troppi non hanno reagito, limitandosi a guardare da un’altra parte. Come europei e come cristiani noi oggi diciamo basta al guardare distrattamente cosa avviene nella nostra casa comune, per volgere la mente alle nostre occupazioni quotidiane. Chiediamo pertanto a questa commissione della ONG del Consiglio d’Europa di dibattere il caso riportato in questo documento, chiedendo al Consiglio d’Europa di dibattere e imporre regole più giuste a tutti i paesi membri per la protezione dei migranti e richiedenti asilo. Margherita Fiorentino - Concetta Oliviero - Carmela Errico- Annamaria LeonardiAnnamaria Lalli- Milena Polentini - Paola Giustiniani - Silvana Navone- Paolo NavoneLilla Cavaliere- Nicoletta Clemente- Grazia Tassini- Marcella Ciaralli- Antonella Mattarelli - Graziella Ugolini- Dora Panarinfo- Mariolina Mallo- Nicoletta Vocaturo- Don Mauro Sobrino - Don Renzo Pegoraro- Francesca Tittoni - Elisa Tittoni - Francesca Righetti - Nicki Carretta – Ada Mascolo
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Movimento
Impegni di vita
animati da Rinascita Cristiana
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el mese di dicembre è mancato, nella Casa di riposo dei Missionari della Consolata ad Alpignano dove si era ritirato, P. Bartolomeo Milone. Siamo stati in contatto con lui attraverso i cellulari sperando di volta in volta di poter andare a trovarlo, ma il Covid lo ha reso purtroppo impossibile. Padre Bartolomeo raccontava poco di sé e comunque sempre con ironia; figlio unico presto orfano del padre, diceva che avrebbe voluto fare il panettiere ma, essendo gracile, la mamma aveva preferito che studiasse e, come tanti bambini poveri di una volta, lo aveva mandato in Seminario. Accolto nel Seminario dei Missionari della Consolata di Torino ha scoperto crescendo la propria vocazione sacerdotale. Si definiva con ironia e un pizzico di rammarico, un missionario “d’la cutunina”, che in piemontese significa “della bambagia”, perché i suoi Superiori non l’avevano ritenuto idoneo ad affrontare luoghi e condizioni fisicamente impegnativi: una rinuncia per lui che da ragazzo aveva immaginato e sognato l’Africa selvaggia. Ha invece continuato a studiare, si è laureato in teologia e ha imparato l’inglese, così è stato inviato in Canada dove seguiva una comunità cattolica italo-australiana; al suo rientro in Italia ha scritto un libro sul diritto canonico e i matrimoni misti, problema riscontrato proprio in quegli anni che gli hanno fatto inoltre acquisire una particolare sensibilità ecumenica. A lungo assistente dei gruppi di Torino e Consigliere nazionale per la regione Piemonte, lo ricordiamo tutti, gruppi torinesi e Consiglio nazionale, con riconoscenza e affetto anche quando s’impuntava per difendere un’idea. Ricordiamo il suo sorriso e i suoi gesti di amicizia e di affetto: ci mancheranno i suoi auguri affettuosi per Natale, Pasqua e di buon onomastico scritti per ciascuna al computer, con tanto di immagini e cornicette. Trovava stupenda la canzone “meraviglioso” di Modugno di cui ci ha regalato il testo: la considerava un inno alla vita, una gioiosa preghiera laica. Ci ha insegnato la differenza tra “dire preghiere” e “pregare” e ad accettare il Mistero e con esso i nostri limiti di creature. Si impegnava per il gruppo: portava a ciascuna documenti fotocopiati o sue riflessioni; si è preso cura di noi, vicino e discreto anche nelle difficoltà e nel dolore. Siamo tutti grati del cammino fatto con lui come affezionati compagni di strada, certi che continui ad accompagnarci da Lassù, nella luce di Dio. Gege Moffa
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Il 22 gennaio a Lecco, all’età di 99 anni, ci ha lasciato la nostra carissima Jole Crippa. Tutte noi che abbiamo avuto la fortuna e la grazia di condividere con lei esperienze di fede e di vita nel cammino di R.C., la ricordiamo come testimone credibile non solo nell’approfondimento della Parola di Dio, ma anche per la capacità di collegare fede e vita, di comprendere e di tradurre situazioni personali e sociali in annuncio di evangelizzazione. Lo testimoniano gli importanti progetti da lei voluti e realizzati, su tutti: la fondazione, fin dal lontano 1979, dell’AVO (Ass. Volontari Ospedalieri) all’Ospedale di Lecco e più avanti, nel 2000, all’Ospedale di Bellano (Lc). Nel corso degli anni l’associazione si è consolidata e arricchita di iniziative volte ad offrire servizi sempre più rispondenti ai bisogni dei malati. Ne ricordiamo alcuni, per quei tempi, innovativi: trasporto delle persone dimesse, recapito giornaliero di giornali, barbiere in reparto, la realizzazione del GUSCIO, piccolo appartamento per parenti che arrivavano da lontano… Jole con la sua vita ha realizzato concretamente lo spirito di R.C. e cioè l’Osservare la realtà, il Valutare alla luce della Parola per poi Agire. Veramente Jole è stata una presenza saggia, attenta, aperta alla modernità e rimarrà per tutte noi “la nostra roccia”. Silvana Bartoli Gatti Elenisa Ducci Pilosu sorridente e accogliente partecipava alla vita del gruppo romano con entusiasmo condividendo con ognuno le varie situazioni che la vita ci pone. Da molti anni faceva parte di Rinascita Cristiana divenendone subito parte attiva e di riferimento. Aveva molti interessi e seguiva gli eventi politici giudicandoli con obiettività ma con sentimenti positivi e ottimisti nel guardare al futuro che nascevano da una profonda fede e che trovavano in Rinascita una guida per operare: faceva sue tutte le cause degli emarginati e partecipava a ogni manifestazione di protesta. Ha collaborato con impegno alla formazione e conduzione di Wellcome, struttura sorta nei pressi della Parrocchia di S.Roberto Bellarmino per l’accoglienza e inserimento degli immigrati, fondata da Mariella Spaini che faceva parte dello stesso gruppo di Rinascita. Wellcome per molti anni è stata attiva con l’appoggio dei gruppi di Rinascita Cristiana e oggi fa parte delle strutture Caritas. Elenisa era tenerissima con i suoi nipoti che seguiva con orgoglio e affetto profondo; colta e appassionata seguiva la Parola secondo lo stile di Rinascita vivendo e testimoniando ciò che andava conquistando spiritualmente. Giuliana Haver Iole Randazzon Salanitro ci ha lasciato in gennaio, riportiamo le parole con cui Adriana Paternò l’ha salutata al suo funerale. Dire di te a chi oggi è qui presente e ti ha conosciuta, dire di te a chi ha avuto il privilegio di esserti stato particolarmente vicino ed ha sperimentato il tuo modo di essere profonda e lieve, fedele e libera, sincera ma rispettosa, coerente con il tuo credo ma estremamente generosa con quello altrui, donna di pace sempre pronta a trovare le ragioni degli altri e tanto altro, sono certa sia un pensiero di tutti. Ma oggi desidero essenzialmente ringraziare assieme a te Gesù Risorto per averci chiamate a far parte del nostro Movimento Rinascita Cristiana. Attraverso Rinascita Cristiana ci siamo incontrate, conosciute e abbiamo sperimentato una calda e fedele amicizia. Ci siamo incoraggiate a vicenda, ci sia-
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mo scambiate la Speranza, ci siamo sostenute, ci siamo impegnate senza guardare alla fatica, ma soprattutto abbiamo avuto la gioia di condividere la fede che abbiamo ricevuto in dono. Cara Iole continueremo insieme, tu là e noi qua a ringraziare il Signore Gesù pregandolo per tutto ciò che ci sta a cuore. Ti ringrazio anche a nome di Rinascita Cristiana di Catania per tutto ciò che hai fatto per noi. Adriana Paternò Due carissimi amici hanno lasciato i gruppi di Reggio Calabria: Enzo Murina, deceduto a gennaio e l’amica, Maria Calcaterra Barone Adesi, morta lo scorso dicembre. Enzo, un amico, un gentiluomo, mite, garbato, generoso e discreto che ha dato testimonianza di fede a noi tutti. In Rinascita Cristiana da lunghi anni, dapprima a Vibo Valentia dove si è fatto notare per l’eccellente organizzazione di un convegno regionale presso il Grand Hotel 501. Reggino di nascita, per ragioni di lavoro risiedeva a Vibo, e rientra a Reggio da pensionato e continua con Rinascita il suo cammino di fede. Sempre presente nel gruppo di coppie con Gianni Ferro, agli incontri di intergruppo, alle proiezioni dei films sui personaggi biblici dove amava portare un dolce fatto da Angela, sua moglie. È volato al cielo senza clamore, invocando accoratamente, fiducioso le nostre preghiere per lenire le grandi sofferenze che ha dovuto sopportare sentendo avvicinarsi la fine. L’essere speciale di Maria Barone colpiva tutti, ha dato al Movimento tanto, col suo affetto e la sua amabile partecipazione. Donna di fede vibrante, sensibile e colta ha contribuito ai nostri incontri con riflessioni profonde e ricche dovute alla sua vasta conoscenza delle Sacre Scritture. Amante della cultura classica e comprovata comunicatrice di questo mondo ai suoi fortunati allievi, attiva nel progetto “prove di Futuro”, un concorso a premio in danaro di composizioni scritte sui temi dei nostri piani di lavoro per coinvolgere i giovani delle scuole superiori di Reggio e far loro conoscere il Movimento. Non più giovane, ha dedicato le sue energie al benessere della famiglia e del marito, preside Barone Adesi, oggi 97enne raffinato cultore delle scienze matematiche. Per non allontanarsi dalla famiglia Maria preferiva ricevere più volte al mese il gruppo a casa sua. I nostri amici vivranno nei nostri cuori e nel nostro ricordo, come i tanti che li hanno preceduti, perché “le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà”. Luisa Catanoso Se ne è andata Piera Parascadolo. Era sempre presente, sempre attiva e sempre serena. Viveva la sua vecchiaia con animo libero e la sua attenzione era sempre rivolta agli altri. Era la Rinascita di Napoli, che la ricorderà per lungo tempo come una figura attenta, pronta e sempre in crescita. Iddio la accolga serenamente! Nuccia de Marco Piera, nella sua infinita bontà aveva presto scoperto la strada del Signore, fatta di amore gratuito. Con questa consapevolezza ha agito in Rinascita lasciando un segno indelebile non solo nella città di Napoli, ma in tutta la regione Campania. Nostra guida e nostro sostegno fino alla fine dei suoi giorni, saremo sempre memori dei suoi insegnamenti che attraverso la testimonianza di vita ci ha donato. Vogliamo ricordare anche la nostra amica Giulia Crimaldi che ci ha improvvisamente lasciati lo scorso gennaio. La speranza ci assicura che Giulia è nelle mani buone e forti di Dio. Maria Esposito
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“La testimonianza di Joy è un patrimonio dell’umanità” ha scritto papa Francesco di questo libro, che lo ha commosso. E l’ha indotto a scriverne una prefazione che attraversa queste pagine come un vento forte, rendendole così vive e attuali. Lo ha definito un “dono” della protagonista “a ogni donna e a ogni uomo che coltivi un’autentica passione per la salvaguardia della vita”. Joy ha 23 anni quando a Benin City viene convinta da un’amica di fiducia a partire per l’Italia con la promessa di un lavoro con il quale potrà mandare denaro alla sua famiglia e proseguire gli studi. Poche ore di viaggio per rendersi conto che è stata ingannata ed è precipitata in un girone infernale: la drammatica traversata del deserto, i campi di detenzione libici, veri e propri lager dove subisce violenze crudeli e conosce orrori indescrivibili, il barcone alla deriva nel Mediterraneo. Salvata miracolosamente dal naufragio, al suo arrivo in Italia scopre che il lavoro promesso è “la strada”. Un libro potente, raccontato in prima persona dalla testimone eccezionale di quel “crimine contro l’umanità”, come lo ha definito Papa Francesco, che a nostra insaputa coinvolge tutti.
A cura di Luca Alici, Ilaria Vellani, Roberto Gatti, Vademecum della democrazia - Un dizionario per tutti, AVE, Euro 25,00 Con l’obiettivo di fare chiarezza sul reale significato delle “parole della politica” ecco la seconda edizione del Vademecum della democrazia dedicato a quanti finiscono per essere disorientati e sempre più disaffezionati a dibattiti che non si comprendono e spesso confondono. Ricordando come scriveva Alexis de Tocqueville che «la democrazia è il potere di un popolo informato». Nel curare la seconda edizione gli autori si sono chiesti se viviamo in un Paese che, nel frattempo, è cresciuto nella democratizzazione del linguaggio politico, nella sua chiarezza, nella sua coerenza e ha saputo metterlo al servizio della partecipazione dei cittadini e della responsabilità di chi governa. Purtroppo la risposta è stata no. Anzi, è parso che fenomeni come la pervasività dilagante della post-verità, abile a proliferare sotto l’abito populista delle fake news, e la radicalizzazione dei discorsi di odio siano solo due tra le manifestazioni più evidenti del fatto che lo stato di salute di questo malato, costituito dalla democrazia e dal suo linguaggio, non sia migliorato”.
Recensioni
Mariapia Bonanate, Io sono Joy, Edizioni San Paolo 2020, euro 16,00
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Prima di pregare per tutte le vittime della guerra in questa città di Mosul, in Iraq e nell’intero Medio Oriente, vorrei condividere con voi questi pensieri: Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli. Ora preghiamo insieme per tutte le vittime della guerra, perché Dio Onnipotente conceda loro vita eterna e pace senza fine, e le accolga nel suo amorevole abbraccio. E preghiamo anche per tutti noi, perché, al di là delle appartenenze religiose, possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle.
Rinascere Periodico bimestrale di informazione e di collegamento del Movimento Rinascita Cristiana Via della Traspontina, 15 - 00193 Roma - Tel. 06.6865358 - Fax 06.6861433 - segreteria@rinascitacristiana.org www.rinascitacristiana.org - c/c postale n. 62009485 intestato a Movimento Rinascita Cristiana Direttore Responsabile: Francesca Tittoni Comitato di Redazione: Francesca Carreras, Maria Grazia Fergnani, Giovanna Hribal, Alberto Mambelli, Roberta Masella, Gege Moffa, Elvira Orzalesi, P. Licio Prati, Renzo Seren. Stampa: La Moderna srl - Via Enrico Fermi, 13/17 - 00012 Guidonia (Roma) – tel. 0774.354314 Associato all’Unione Autorizzazione del Tribunale di Roma N° 00573/98 del 14/12/98 Stampa Periodica Italiana Finito di stampare nel mese di Marzo 2021
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