Rinascere Bimestrale - anno 21 - n° 5-6 settembre/dicembre 2019
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n Serena Grechi Rinascita Cristiana un Movimento di evangelizzazione n Licio Prati C’è tempo per ricevere e tempo per restituire
n Renzo Seren Politica e ispirazione cristiana n Elena De Filippi Lavoro, giovani e immigrazione n Pier Giuseppe Accornero Il Sinodo per l’Amazzonia Politiche per la lotta alla povertà
n Francesca Sacchi Lodispoto Il Convegno dei Responsabili e n Mariella Bagnato Vigilante animatori e Maria Grazia Fergnani Due recensioni per riflettere n Giovanni Ferro Inizio di un nuovo Piano di n Inserto speciale Lavoro Una strada da percorrere insieme n Giovanna Hribal Linee operative 2020-2021 Le cure palliative
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Rinascere N. 5-6 settembre/dicembre 2019 n EDITORIALE
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Rinascita Cristiana è sempre un movimento di evangelizzazione! di Serena Grechi n Movimento
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C’è tempo per ricevere e tempo per restituire di Licio Prati
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Convegno Responsabili di città di Francesca Sacchi Lodispoto
Sommario
Revisione di vita sul Sinodo Gruppo S.Maria in Trastevere n CHIESA UNIVERSALE
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Il Sinodo per l’Amazzonia di Pier Giuseppe Accornero
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Coraggiose politiche e strenua lotta alla povertà di Pier Giuseppe Accornero n DOCUMENTI
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Politica e ispirazione cristiana, ancora un ruolo? di Renzo Seren
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n SOCIETÁ
Parole e fatti
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Una strada da percorrere insieme Linee operative 2020-2021
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Ero in carcere e mi avete visitato di Rina Crucitti
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Seminario biblico e teologico n PIANO DI LAVORO
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Reggio Calabria: inizia un nuovo anno di Giovanni Ferro
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Il lavoro dei giovani e degli immigrati di Elena De Filippi
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Le cure palliative di Giovanna Hribal n Recensioni
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Bergoglio, La logica dell’amore Magatti, Il coraggio della fede
Rinascita Cristiana è sempre un Movimento di evangelizzazione! di Serena Grechi
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uesto numero di Rinascere vuole essere un contributo per il nuovo anno di lavoro. Durante il Convegno dei Responsabili abbiamo fatto insieme il punto sul nostro cammino di evangelizzazione, e sottolineo evangelizzazione, perché questo siamo, questo è il fondamento del nostro statuto. Infatti noi vogliamo fare una proposta di conversione ed evangelizzazione prima di tutto a noi stessi, ai nostri gruppi e alle persone con cui siamo in relazione, a qualsiasi titolo, nel nostro ambiente di vita. La chiamata a questa missione ci giunge tutti i giorni attraverso la lettura del Vangelo; ed è per questo che siamo riuniti in piccoli gruppi con il desiderio di confrontarci e con la consapevolezza che solo se siamo uniti possiamo collaborare alla costruzione di un mondo più umano e solidale. I tempi sono cambiati, ce ne siamo resi conto tutti; in questi ultimi anni le nostre linee programmatiche hanno dovuto superare un percorso ad ostacoli molto impegnativo non solo dal punto di vista pratico, ma anche dal punto di vista dell’accettazione da parte di molti che preferivano continuare a vivere nel calduccio dei propri gruppi. Abbiamo aperto le porte di casa nostra per uscire nelle “strade e nelle piazze’’, abbiamo imparato a vivere esperienze di comunità insieme ad altri fino ad arrivare oggi a renderci conto che l’esperienza di fede acquista la sua piena autenticità nella dimensione pubblica in cui l’impegno di una coscienza personale si coniuga con la costruzione di una cultura diffusa (cfr. Statuto n. 8). Noi cristiani siamo cittadini del mondo e quindi dobbiamo necessariamente entrare in relazione con tutti, se vogliamo essere testimoni credibili della Parola. Ma chi è il testimone credibile? E’ colui che riesce a coniugare vita e fede, che non si lascia trascinare dalla corrente o portare in giro come un pacco, privo di libertà e di pensiero libero, quasi paralizzato dalla paura di tutto ciò che è nuovo, sconosciuto, straniero. Nel momento in cui formuliamo un pensiero, elaboriamo un’informazione, noi esistiamo e viviamo l’ esigenza, il desiderio di cambiare in meglio noi stessi e il mondo che ci circonda, diamo libero spazio alla nostra creatività e lo facciamo con amore, empatia, entusiasmo e soprattutto speranza! È la speranza che non manca mai al testimone credibile! Oggi il futuro ci fa paura, la popolazione invecchia, vi è una continua
Editoriale
EDITORIALE
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mescolanza di etnie e la difficoltà a riconoscerci in una società che non è più omogenea come una volta, il nostro cambiamento di mentalità non avviene più tanto facilmente... Ci sembra di aver fatto tutto! Ma forse non abbiamo agito bene, presi come eravamo a bearci delle nostre meditazioni, ad incamerare e a tenerci strette dentro il cuore le belle parole consolatrici che i nostri bravi assistenti sanno dirci. Forse dovevamo far meglio l’inchiesta che ci mette con le spalle al muro, ci interroga su come ci comportiamo, adesso, ora davanti ai problemi che la vita ci prospetta. Tutto questo forse per persone che hanno perso la speranza è un po’ troppo? O è il caso di ritrovare l’intuizione e l’entusiasmo originario e mettersi al lavoro?
Fedeltà e gratitudine a Papa Francesco
Editoriale
Il messaggio finale dell’assemblea della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (CNAL) a Roma il 23 novembre con la partecipazione del Card. Gualtiero Bassetti Presidente della CEI Al termine dei lavori dell’assemblea del Cnal, tutte le aggregazioni laicali e le consulte diocesane e regionali presenti “avvertono l’esigenza di esprimere al Santo Padre, Vescovo di Roma e Successore di Pietro, la loro fedeltà, insieme con la gratitudine per il suo Magistero e per la sua vita spesa per manifestare l’amore di Dio al mondo e per il suo impegno per la pace, la fraternità e la giustizia”. Inoltre, si legge nella nota, “si impegnano a vivere e a rendere operativo il suo messaggio per il Patto educativo in tutte le associazioni che rappresentano e nei contesti di vita loro propri”.
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Admirabile signum: la lettera apostolica sul significato del presepe è stata consegnata da papa Francesco ai fedeli domenica 1 dicembre, prima di Avvento. Sottolinea il significato e il valore del presepe in casa, come pure “nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze”. Il presepe fa parte del processo di trasmissione della fede e ci ricorda come il messaggio di Gesù si trasmette attraverso il silenzio e la preghiera. Buon Natale a tutti i gruppi di Rinascita Cristiana!
Movimento
C’è tempo per ricevere e tempo per restituire
di Licio Prati
N
el banchetto della vita c’è un tempo per sedersi a tavola e godere amicizia, quiete e un buon cibo e c’è un tempo in cui ci si alza e, in cucina, si prepara un buon pasto per la famiglia e gli amici. C’è un tempo, anche in Rinascita Cristiana, per ricevere e un tempo per restituire, per essere accolti e un tempo per accogliere. Tutti noi in Rinascita abbiamo ricevuto ed abbiamo donato. E siamo grati al Signore Iddio e alla vita di averci fatto incontrare questo movimento ecclesiale. E tuttavia, nel contesto di questo nostro tempo, noi, gente di Rinascita Cristiana, ci rendiamo conto il Movimento , più che gratitudine, ci chiede di voler in qualche modo restituire ciò che da esso abbiamo ricevuto di modo che altri possano continuare a ricevere. Tutti abbiamo problemi, tutti abbiamo attività ed impegni, tutti siamo al servizio del vangelo e amiamo (almeno un po’) Rinascita Cristiana. Quest’anno ci chiediamo: Ma questo nostro movimento ecclesiale: lo stiamo trattando bene? Cosa possiamo (cosa posso) fare per far emergere la sua anima profonda, per ascoltare, favorire e garantire il ritmo perenne del suo respiro?
Dopo attente riflessioni, colloqui e incontri, forse è giunto il momento per RC di un robusto rinnovamento. Personalmente, considero l’anno che stiamo iniziando e le iniziative che riusciremo a mettere in atto, come una forma di congresso permanente. Il nostro movimento, piccola tessera del grande mosaico del popolo di Dio ha –all’interno di quella sorta di patto associativo che è lo statuto - un suo stile partecipativo nel tracciare cammini e nel percorrerli: non il capo che decide dall’alto e determina il pensare e l’agire, ma la consapevolezza di una polarità che unisce, fa interagire il gruppo e la città, le città e il nazionale l’attenzione alle persone e i grandi percorsi e gli organismi istituzionali., dà loro sempre maggior consistenza e ne eleva il profilo . Il respiro di Rinascita ha una sua polarità - come il cuore ha sistole e diastole – Diviene respiro delle persone che nei gruppi ne assorbono l’anima. IL respiro non è la forza vitale: ma ne è il segno e lo strumento. Nella proposta di RC si materializza nel metodo (meditazione e revisione d vita) e nel piano di lavoro annuale. Potremmo parlarne come di due strumenti di lavoro, due tecniche; anche due aspetti di una spiritualità da coltivare. Sarebbe importante che valu5
Movimento tassimo attentamente l’importanza di un ecosistema che queste caratteristiche di RC nascondono e di cui si nutrono, di cui ci possono nutrire. “Polarità” significa differenze che si attraggono o si respingono ma che si cercano, si scoprono complementari, necessarie reciprocamente, interagiscono e creano movimento, ritmo, energia (polo positivo e polo negativo, giorno e notte, uomo e donna, luce e tenebra, bene e male… ). Se c’è polarità, c’è cammino, rinnovamento in RC . La polarità del respiro di RC è racchiusa nel motto: “fedeli a Dio e fedeli all’uomo”. Queste parole possono indicare la dimora, il palazzo in cui abita e cresce il popolo di Rinascita Cristiana. Ma bisogna vedere, conoscere, curare le tante stanze di questo palazzo, le polarità del respiro di RC Ecco una serie indicativa di polarità che sarebbe il caso di tenere in considerazione: fede creduta/ vita vissuta coscienza personale/cultura circostante Parola di Dio/pensare meditazione/inchiesta Dio della storia/ Dio della creazione colloquio con Dio/segni dei tempi cambiamento e trasformazione personale/influsso sugli stili di vita e sulla cultura nella società Ognuna di queste “stanze” potrebbe essere ben curata ed abitata dalle persone di RC consapevoli di trovarsi in un ecosistema dello spirito umano. Rinascita continuerà a vivere grazie all’abitare in questa dimora. Due elementi essenziali nella visione cristiana dell’uomo e della vita: l’appartenenza ad una comunità e l’immersione in una storia che si sviluppa verso una meta certa, bella e desiderabile. 1. Oggi possiamo constatare deterioramento e sparizione dell’“altro” (narcisismo, individualismo, soggettività, immanenza): non c’è più un infinito al di là della siepe di Leopardi (piuttosto “Buio oltre la siepe” di Bergmann): né Trascendenza, né Prossimità (chiaramente stiamo parlando di tendenza culturale di fondo). Sparisce il concetto classico di convivialità, di reciprocità, di fratellanza. L’inchiesta ci aiuterà a recuperare fortemente e profeticamente il senso di appartenenza come costitutivo dell’uomo in relazione: appartenenza alla comunità umana alla città, alla famiglia, alla nazione, alla chiesa e… a Rinascita: con quel che ne consegue. Forse riscoprire cosa significa essere chiesa nel terzo millennio. 2. Si affievolisce anche il senso di una storia in cui agiscono insieme la libertà di Dio e la libertà dell’uomo e che progredisce, alla luce albeggiante della risurrezione di Cristo, verso la pienezza del regno di Dio . Una visione cristiana della storia, ben lontana dall’idea di eterno ritorno, di schiacciamento sull’attimo presente, di destino. A questo vogliamo reagire interessandoci del futuro proprio perché abbiamo visto che il futuro c’è e si può preparare. Diamoci da fare con fantasia e responsabilità per le nuove generazioni. 6
Convegno responsabili di Cittá
Rinascita a Convegno:
la dimensione pubblica della fede di Francesca Sacchi Lodispoto
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avanti all’incapacità di trovare risposte comuni alle grandi sfide sociali, climatiche e politiche del nostro tempo, Rinascita Cristiana rilancia la necessità di un impegno dei cristiani nella sfera pubblica. Lo fa attraverso “La dimensione pubblica della fede”, il Piano di lavoro che è stato presentato nell’ambito del Convegno nazionale dei responsabili di città e degli animatori. “Le migliori energie sociali dei cattolici si sono lentamente incanalate nel volontariato, disertando l’impegno politico e culturale. Invece di favorire il dialogo tra i diversi orientamenti sui problemi emergenti, chiamando tutti a confrontarsi con il Vangelo, s’è preferito, per evitare spaccature nelle comunità, passare sotto silenzio le questioni politiche, come se esse potessero prescindere dalla fede e dalle esigenze di un progetto di vita evangelico”, ha rilevato Serena Grechi, responsabile nazionale. “La fede sembra svaporata e ripiegata nell’intimismo e nell’individualismo; assai poco negli ultimi tempi si è sentita la voce dei cristiani, sia singoli che associati, sia di fronte a scelte sociali disumane sia in favore di progetti di umanità condivisi”. “C’è bisogno di un’Italia forte, laica e che si esprima” ha affermato il vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, mons. Mario Meini.“I laici cattolici – ha auspicato – siano laici che esercitino le loro professionalità e siano impegnati con entusiasmo”. Affrontando il tema dell’evangelizzazione ha poi sottolineato che “non c’è una tecnica perché l’annuncio è sempre una conseguenza dell’incontro con Cristo che ci rinnova. Ed è l’unità della Chiesa che rende credibile l’annuncio”. Sull’importanza di una testimonianza anche pubblica della fede ha insistito il gesuita Giuseppe Riggio, caporedattore della rivista Aggiornamenti Sociali, che ha denunciato “una povertà della dimensione comunitaria della vita di Chiesa” e l’attuale “svuotamento” dell’associazionismo cattolico. “Le comunità sono spesso fragili, inconsistenti, tenute insieme da interessi”. Secondo il gesuita, oggi “una pluralità di appartenenza può essere arricchente, ma non può essere acritica”. “La Chiesa – ha aggiunto – non deve essere considerata come un’app o un erogatore di servizi. Non deve occupare spazi ma aprire processi, non è una setta, e tutto ciò che va nell’ottica dì una chiusura identitaria non è accettabile”. Si tratta in definitiva di “riconoscere che non c’è un pensiero unico”.
A Roma, dal 18 al 20 ottobre, il Convegno nazionale dei responsabili di città e degli animatori
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Convegno responsabili di Cittá “La fede è sempre più relegata nell’ambito del privato se non della devozione magica” mentre deve essere “una scelta che coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita”, ha osservato Francesca Sacchi Lodispoto, segretaria nazionale di Rinascita Cristiana, presentando il Piano di lavoro che ha l’obiettivo “non tanto di rinverdire espressioni antiche di fede o riconsiderare un ‘ritorno al sacro’, ma piuttosto dare voce ad un modo di pensare, di vivere e di decidere alternativo”. (Stefania Careddu – Comunicato stampa)
SPUNTI DALL’INTERVENTO DI PADRE GIUSEPPE RIGGIO Per concepire la fede in uno spazio pubblico dobbiamo tenere presente alcuni aspetti • Oggi la dimensione comunitaria della vita di chiesa diventa sempre più povera: anche le realtà dell’associazionismo sperimentano uno svuotamento; quando parliamo di praticanti pensiamo a una messa al mese. • Identità e comunità sono parole fragili: l’identità viene usata per proteggere e per distinguersi, la comunità poco frequentata non incide sul senso dell’appartenenza. • L’uomo di oggi è un soggetto autonomo, razionale che possiede il dominio su se stesso e sulla natura, che apprezza la scienza e svaluta la ricerca di senso. L’autosufficienza ci fa perdere i legami che ci tengono insieme e la riflessione sul senso della vita. • Oggi la questione fondamentale sembra essere “come posso realizzare la mia vita” più che “come posso prendermi cura” che rimanda ad un atteggiamento comunitario. • La spinta al consumo è una specie di droga per non pensare e l’identità del singolo è sempre più legata a conferme esterne e quindi è un’identità fragile. • Le comunità formate da persone fragili sono “comunità stampelle, estetiche”, funzionali ad un bisogno, tenute insieme da un interesse che quando si esaurisce fa svaporare la comunità. • La pluralità di appartenenze può essere arricchente, ma non può essere acritica, non tutte le appartenenze vanno bene. • Evitare di pensare alla chiesa come a una erogazione di servizi o a un’app. • Sin dalle origini la chiesa si è posta come comunità, una comunità che non ha paura del mondo e quindi in uscita, capace di aprire processi piuttosto che occupare spazi. 8
Convegno responsabili di Cittá • La dimensione comunitaria non è un accessorio, la chiesa non è una setta e tutto ciò che va nell’ottica di una chiusura identitaria non è accettabile.
NODI EMERSI DAI GRUPPI DI LAVORO 1. Il senso di appartenenza non solo al gruppo ma al movimento cittadino e nazionale, per questo la conoscenza, lo scambio e la comunicazione tra i gruppi della stessa città è indispensabile. Negli anni l’appartenenza al gruppo cresce e matura ma non è sufficiente per rendere vitale il movimento cittadino. 2. La comunicazione è essenziale nel mondo di oggi ma anche in Rinascita e deve essere sviluppata a vari livelli: - nel gruppo - tra i gruppi della città - nel movimento La comunicazione ad ogni livello permette di camminare insieme e avere obiettivi comuni tra i gruppi e una voce pubblica nel proprio territorio. 3. La conoscenza del metodo oggi non è più scontata nel gruppo di Rinascita Cristiana, quindi il metodo non è più seguito da molti gruppi (ciò si evince anche dall’indagine fatta a giugno). L’originalità di Rinascita Cristiana consiste nell’abbinare strettamente in ogni riunione di gruppo l’ascolto della Parola e della vita. La proposta quindi, contenuta nello Statuto, è avere i due momenti in ogni incontro di gruppo. Per essere un gruppo di Rinascita non basta ritrovarsi per leggere la Sacra Scrittura e meditare insieme. Per attuare il metodo sono stati messi in evidenza alcuni aspetti:
- il valore di una conduzione ordinata che permetta l’ascolto reciproco - il fondamentale compito del capogruppo nella conduzione del gruppo - l’utilità di prendere appunti sia della meditazione che dell’inchiesta e rilanciare una breve sintesi nella riunione seguente; questo permette di procedere nel ragionamento e non perdersi in chiacchiere banali
4. Essere al corrente e frequentare gli avvenimenti e le attività cittadine o territoriali (grandi città) della città in cui si vive per conoscere le realtà sia laiche che ecclesiali. Questo serve per attivare i contatti con le persone ed agire in rete. P. Licio Prati, assistente nazionale, ha sottolineato come il senso di appartenenza vada coniugato con il senso del futuro, di una storia che progredisce verso il regno di Dio in cui agisce la libertà di Dio e la libertà dell’uomo. 9
Convegno responsabili di Cittá Appartenenza e senso del futuro permettono a Rinascita Cristiana di dialogare con il mondo e dare testimonianza pubblica.
PROPOSTE DA CONDIVIDERE • A inizio d’anno è fondamentale una programmazione cittadina per individuare una priorità sia essa all’interno del movimento che nel territorio. • Avere un tema in comune tra i gruppi della città da proporre all’esterno per un’evangelizzazione fatta anche di testimonianza pubblica oltre che di convinzioni personali. L’argomento è delicato perché oggi molti temi sono divisivi: occorre un discernimento da parte del responsabile e degli animatori di gruppo per definire l’area in cui si vuole intervenire. Tuttavia il vangelo e la dottrina sociale della chiesa ci interpellano sempre e ci forniscono punti fermi. • Per alcune città può essere utile un processo di confronto comune a livello di gruppi per maturare insieme; questo processo può durare anche tutto l’anno per arrivare ad un evento condiviso. • Pensare ad una formazione dei capigruppo:
- a livello cittadino utilizzare la riunione dei capigruppo quando essa c’è - a livello nazionale fornire un piccolo sussidio, breve ed agile da far circolare nei gruppi (verrà fatto al più presto) che riprende la Guida dell’animatore.
Attualmente è a disposizione per chi lo desidera il power-point sul gruppo di RC presentato al Convegno e riproposto alle pp. 11-12. • Temi suggeriti a livello nazionale per iniziative pubbliche: ius culturae – legislazione sulle carceri – scuola, rapporto scuola e genitori – inquinamento ambientale e raccolta differenziata – migranti – povertà e giustizia sociale – coesione sociale … N.B. quando si aderisce a qualche pubblica iniziativa è bene specificare se è a nome nazionale, cittadino (es. i gruppi romani di Rinascita Cristiana) o personale. (Cfr. art. 8 Statuto)
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Convegno responsabili di Cittá Una rapida esposizione degli strumenti di RC in ordine al lavoro del gruppo
I nostri obiettivi L’accelerazione del nostro tempo in cui tutti siamo coinvolti, ci trova oggi impreparati culturalmente e moralmente. Non è più tempo di stare alla finestra ma è tempo • di discernimento • di vivere “nelle strade e nelle piazze” per trovare punti di riferimento e vivere esperienze di comunità. • di vivificare il nostro essere chiesa, popolo di Dio, in cui tutti siamo collaboratori del vangelo per la vita del mondo. Per essere “fedeli a Dio e fedeli all’uomo” ci rendiamo conto che l’esperienza di fede oggi acquista la sua piena autenticità nella • dimensione pubblica • in cui si coniuga l’impegno di una coscienza personale e la costruzione di una cultura diffusa(Statuto 8). Uno stile di vita proprio di R.C. “fedeli a Dio e all’uomo”, “per un mondo più giusto, fraterno e solidale”, “attenti ai segni dei tempi”, non sono degli slogan ma costituiscono, le mete educative di R.C.
Gli strumenti a disposizione •Il gruppo, un piccolo gruppo di amicizia (comunità) che riflette sulla fede e sulla vita in continua relazione e verifica • La meditazione, la scoperta personale e di gruppo del disegno di amore di Dio. Nella Parola di Dio Rinascita Cristiana trova la fonte del suo continuo “aggiornamento”. • L’inchiesta e la revisione di vita l’osservazione come credenti delle persone nella complessità e nella concretezza delle realtà quotidiane. • Vedere, osservare, ascoltare, considerare, contemplare, riflettere sono verbi essenziali • per guardare il presente e nel presente percepire il possibile futuro • per lasciarsi interrogare dalla realtà, rimettersi in causa • per guardare il reale senza paura ma anche senza illusione così come lo guarda Dio • Riflettere, discernere, valutare per agire secondo il piano di Dio 11
Convegno responsabili di Cittá Il gruppo è … • Il fenomeno più rilevante della vita quotidiana di relazione • La lente attraverso la quale ci conosciamo e conosciamo la realtà • Il luogo dell’esperienza concreta • Una pluralità di persone in interazione • caratterizzata dai sentimenti di appartenenza che legano gli individui che lo compongono • che stanno in relazione in ragione delle mete, dei desideri e dei bisogni di cui ognuno è portatore
Il gruppo di lavoro In ogni organizzazione il gruppo nasce con uno scopo specifico Ha in genere una figura responsabile E’ caratterizzato da particolari vincoli e conflitti: • di interesse, conflitto tra aspettative individuali e collettive; • tra le esigenze di autonomia e di coordinamento; • tra le esigenze di stabilità del gruppo e quelle di cambiamento
Un gruppo di lavoro necessita di • • • •
Un Obiettivo Metodo Ruoli Nessun gruppo di lavoro può essere efficace se l’obiettivo che deve raggiungere non è chiaro e ampiamente condiviso dai suoi membri
La conduzione di un gruppo implica alcune funzioni: • • • •
Generare e mantenere il livello di impegno dei singoli e del gruppo Orientare gli sforzi del gruppo verso i suoi obiettivi Gestire le relazioni e lo stile tipico del gruppo di RC Facilitare e accrescere il senso di appartenenza al movimento e ai suoi compiti ecclesiali e civili
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Piano di lavoro
Reggio Calabria: inizia un nuovo anno
di Giovanni Ferro
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iprendiamo quest’anno il nostro percorso insieme. Il tema su cui ci proponiamo di riflettere è la dimensione pubblica della fede; un tema che ci sembra accattivante, invitante, misterioso. Avvalendoci della presentazione fatta sul sito internet di Rinascita, ci colpisce una frase: “Fede e religione non sono sinonimi anche se tra loro connessi. La fede è un’esperienza esistenziale radicata su una scelta di fondo che tocca tutti gli aspetti della vita. Non può quindi essere ridotta ad un gesto rituale che senza una fede personale, vissuta e testimoniata, non salva”. Ci poniamo una prima domanda: Cosa significa che la fede è una esperienza esistenziale che tocca tutti gli aspetti della vita? Per noi di Rinascita quello della testimonianza è non solo uno degli strumenti d’azione ma una sorta di carisma che ci sentiamo di dover mettere a frutto e impiegare. Siamo dunque ben portati a comprendere, e da subito, come non possa essere intesa come bastevole una fede che si limita alla presenza alle liturgie o una fede che sia solo meditazione personale. Eppure la fede come esperienza esistenziale ci sembra voler dire di più e ci invita ad andare oltre rispetto a questa prima considerazione, anche banale per certi aspetti. L’anno passato abbiamo molto riflettuto proprio sull’impegno sociale del cattolico che, per noi di Rinascita, si traduce in una consapevolezza del ruolo sociale, in una testimonianza praticata e non solo annunciata o narrata, in un impegno per una ecologia integrale che abbiamo fatto risalire e assunto come il “nuovo comandamento” di Giovanni 13, 34. E allora? Crediamo che il tema di quest’anno serva ad approfondire quello dello scorso anno e così lo leggiamo in assoluta prosecuzione e continuità. Ci chiediamo allora in che termini e perché possiamo e dobbiamo operare una differenziazione tra sociale e dimensione pubblica. La distinzione tra sociale e dimensione pubblica non si presenta in termini sinonimici: il sociale è agire nella comunità, la dimensione pubblica invece appartiene all’esercizio della fede stessa. La distinzione ci serve perché se vi deve essere una ricaduta sociale del nostro essere cristiani che, proprio perché cristiani col nostro comportamento non possiamo non agire nel sociale, questo non è né lo scopo né il fine. Non si comprendere altrimenti la differenza con altre realtà che tentano di agire po13
Piano di lavoro sitivamente nel sociale o si correrebbe il rischio di fraintendere l’intervento della Chiesa tutta come grande erogatrice di servizi sociali. Del resto la dimensione pubblica della fede ci consente di evidenziare la differenza tra religione e fede. Certo, nessuna fede c’è fuori dalla religione, ma non vale la reciproca perché possono benissimo esserci religioni che non abbiano una fede e che non abbiano la nostra fede. Dimensione pubblica della fede allora approfondisce il discorso sulla nostra fede, tentando di andare in profondità. Non si tratta di quella dimensione spirituale che appartiene a ciascun essere umano che ha una propria religiosità (intendendo religiosità come spiritualità, comprendendo dunque la spiritualità atea). Come ha ben rilevato il filosofo Ronald Dworkin (Religione senza Dio Bologna, 2014), c’è una religione senza Dio perché non tutti credono in Dio ma tutti hanno una religiosità che è, in termini ampi, non identificazione con la propria materialità. La fede non è una ampia e variegata spiritualità ma un credere preciso e determinato: è un credere in Cristo risorto, è un credere che ciascun essere umano è fratello e figlio, è l’abbracciare quel “nuovo comandamento” di Giovanni. La riflessione sulla dimensione pubblica della fede, allora, ci consentirà di fare luce sui punti in ombra che sono quelli di confine, necessariamente tra socialità e fede. Questa è forse la chiave – tutta da approfondire – per riflettere sul tema. E l’indicazione del libro di Giuditta che viene fornita nella presentazione del tema sembra confermare questa nostra prima interpretazione. In fondo Giuditta è la vedova che pubblicamente testimonia la propria fede e si fa esempio. Un esempio forte che accade in modalità leggendarie, dunque da interpretare parabolicamente, ma sollecitante a specificare la fede non differenziandola dal rito e dalla liturgia ma proprio al contrario comprendendola nel rito e nelle liturgie… Naturalmente sono queste delle primissime impressioni, prime linee di una interpretazione che attende di essere confermata e approfondita oppure smentita nel corso dell’anno che iniziamo. Ma il filo di prosecuzione tra l’anno passato e questo e un serio approfondimento sulla fede nei suoi confini con altri aspetti dell’esperienza quotidiana, porteranno certamente ad un impegno più consapevole, non orientato solo da principi giusti che appartengono a tante fedi e a tanti modi di vedere la vita, anche spessissimo modi atei, ma un impegno orientato e giustificato dalla fede cristiana: quella che si raccoglie nel Dio che ci ama con la tenerezza del bambinello, la forma con la quale si è fatto nostro fratello. 14
Chiesa universale
Cosa ha detto alla Chiesa il Sinodo per l’Amazzonia
Il documento finale approvato dai 185 padri sinodali si articola in un’introduzione, cinque capitoli e una conclusione su temi centrali: missione, inculturazione, ecologia integrale, difesa dei popoli indigeni, rito amazzonico, ruolo della donna e nuovi ministeri. Esso sarà la base da cui Papa Francesco attingerà per l’esortazione apostolica post-sinodale.
di Pier Giuseppe Accornero AMAZZONIA CUORE BIOLOGICO DEL MONDO – Si estende su 9 Paesi, 33 milioni di persone, di cui 2,5 milioni di indigeni. Vi si svolge «una corsa sfrenata verso la morte». Bisogna invertire la rotta per salvarla, pena la catastrofe del Pianeta.
I. Conversione integrale – Si propone una vita semplice e sobria nella «casa comune». «Buon vivere e fare bene» significa vivere in armonia con sé stessi, con gli altri e con l’Essere Supremo. L’Amazzonia è ferita e deformata da modelli predatori, deforestazione, inquinamento, cambiamento climatico, narcotraffico, alcolismo, tratta, criminalizzazione dei difensori del territorio, gruppi armati illegali. II. Conversione pastorale – «Occorre una pastorale d’insieme delle periferie coordinata tra le Chiese di frontiera». La missione della Chiesa deve essere: «samaritana» (andare incontro a tutti); «maddalena» (amata e riconciliata); «mariana» (generatrice di figli alla fede); «inculturata» tra i popoli; non «pastorale di visita» ma pastorale «di presenza perma15
Chiesa universale nente». Le Congregazioni religiose stabiliscano un avamposto missionario in Amazzonia. Grande importanza hanno: il dialogo ecumenico e interreligioso, l’«opzione preferenziale per gli indigeni», l’impulso alle vocazioni e ai giovani amazzonici: divisi fra tradizione e innovazione, immersi nella crisi di valori, vittime di povertà, violenze, disoccupazione, nuove schiavitù, finiscono spesso in carcere o suicidi. Il documento constata: «I giovani vogliono essere protagonisti anche attraverso i social media. Anche nelle “favelas” e nelle “villas miserias” siano garantiti i diritti di base». III. Conversione culturale – I popoli amazzonici offrono una visione integrata della realtà. «La Chiesa si impegna ad allearsi con gli indigeni nel denunciare gli attacchi contro la vita, i progetti predatori e la criminalizzazione dei movimenti sociali». Difendere la terra è difendere la vita e i diritti all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori e alla consultazione degli indigeni. La Chiesa prema affinché gli Stati tutelino i diritti dei popoli; rifiuti colonialismo e proselitismo; promuova una comunità dal volto amazzonico. IV. Conversione ecologica – A fronte di «una crisi socio-ambientale senza precedenti» si invoca l’ecologia integrale e la conversione ecologica; «si valorizzino modelli di sviluppo giusto e solidale» che colleghino la cura della natura alla giustizia per i più poveri. «La Chiesa favorisca il ruolo centrale del bioma amazzonico per l’equilibrio del Pianeta e incoraggi la comunità internazionale a fornire risorse per la tutela». Difendere e promuovere i diritti umani è un dovere politico, un compito sociale, un’esigenza di fede. Il documento denuncia la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva; sostiene il disinvestimento delle compagnie estrattive; propone una transizione radicale perché l’Amazzonia «non è una dispensa inesauribile». Gli agenti pastorali e i ministri siano formati alla sensibilità socio-ambientale. Serve creare ministeri per la cura della casa comune perché conversione ecologica e difesa della vita, «dal concepimento al tramonto», vanno di pari passo. Il documento definisce «peccato ecologico un’azione o un’omissione contro Dio, il prossimo, la comunità, l’ambiente»; sottolinea «l’urgente necessità di sviluppare politiche energetiche che riducano le emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas»; chiede di promuovere energie pulite, 16
Chiesa universale l’accesso all’acqua potabile, il riciclo, la riduzione dei combustibili fossili e della plastica, la creazione dell’ufficio amazzonico al Dicastero vaticano per lo sviluppo umano. V. Nuovi cammini di conversione sinodale – Si superi il clericalismo e si rafforzi la cultura del dialogo, dell’ascolto e del discernimento. La sfida è interpretare i segni dei tempi, individuare il cammino, favorire la partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa. «Il vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, la cura pastorale delle comunità a una persona non investita del sacerdozio. La responsabilità della comunità resta del sacerdote». SPAZIO ALLA PRESENZA DELLA DONNA – «La madre Terra ha un volto femminile e nel mondo indigeno le donne sono una presenza responsabile». Le donne siano ascoltate e consultate, partecipino alle decisioni, assumano la “leadership” nella Chiesa». Il testo riconosce la «ministerialità» affidata da Gesù alla donna; auspica la revisione del motu proprio «Ministeria quædam» di Paolo VI (15 agosto 1972) «affinché le donne possano ricevere lettorato e accolitato»; chiede la creazione del «ministero di donna dirigente di comunità»; insiste sul «diaconato permanente per le donne» al quale lavora la Commissione creata da Francesco il 2 agosto 2016. Nella formazione dei diaconi permanenti si promuovano ecologia integrale, sviluppo umano, pastorale sociale, servizio ai poveri; siano coinvolti moglie e figli. ORDINARE «VIRI PROBATI» – Considerato che «molte comunità hanno difficoltà ad accedere all’Eucaristia e possono passare mesi o anni prima che un sacerdote torni a celebrare la Messa e i Sacramenti»; rimarcato l’apprezzamento del celibato; considerata la scarsità di ministri ordinati, si propone «di stabilire criteri per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti, che abbiano un diaconato permanente fecondo, che ricevano una formazione adeguata, che abbiano una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la comunità cristiana con la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote. Alcuni sono a favore di un approccio universale all’argomento». 17
Una revisione di vita sul Sinodo Panamazzonico
Gruppo S. Maria in Trastevere - Roma
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l gruppo ha dedicato una riunione all’informazione sulla situazione politica e sociale delle popolazioni indigene, al racconto dell’esperienza diretta di incontro e partecipazione in due occasioni (un pranzo con preghiera e riflessione di rappresentanti di varie realtà ecclesiali romane e membri del Sinodo e una Via Crucis dei Martiri in via della Conciliazione) ed alla riflessione sul Documento finale letto durante la settimana precedente la riunione. Molte informazioni sono state raccolte attraverso articoli della Rivista Missioni Consolata che hanno sottolineato la invasione dei cercatori d’oro (GARIMPEIROS) la quale ha provocato, soprattutto a partire dal 1970 nei territori abitati dai popoli Yanomani e Ye’kwana in Brasile e Venezuela, danni incalcolabili alla foresta, ai fiumi e ai popoli indigeni. Dal 1970 ai giorni nostri sono avvenute a più riprese crimini riconosciuti dalla giustizia brasiliana come “crimini di genocidio” ai danni delle popolazioni indigene, estrazioni di oro (il 10-15%) illegali ed una progressiva espansione da parte del governo Bolsonaro di attività minerarie sulle terre indigene. Il governo Bolsonaro, eletto anche con una larga partecipazione delle Chiese Evangeliche, ha visioni opposte a quelle della Chiesa cattolica su tematiche quali i diritti dei popoli indigeni e la questione agraria e le due sole donne del governo (Damares Alves, pastora evangelica a capo del ministero della donna, della famiglia e dei diritti umani e Teresa Cristina, imprenditrice agricola, nota per essere a favore della liberalizzazione dell’uso degli agro tossici) sono rappresentanti dei settori più anti indigeni della società brasiliana. Il Documento in 120 punti, sviluppa attraverso l’analisi della realtà del paese (appropriazione e privatizzazione dei beni naturali, come l’acqua stessa; concessioni legali di legname e l’ingresso di legname illegale;caccia e pesca predatoria; mega-progetti non sostenibili; inquinamento causato dall’industria estrattiva) quelle che sono le gravi conseguenze sociali che ne derivano (malattie, traffico di droga, gruppi armati illegali, alcolismo, violenza contro le donne, sfruttamento sessuale, vendita di organi, assassinio di leader e difensori del territorio, perdita della cultura originaria e dell’identità). Invita inoltre ad una riflessione sul concetto di ecologia integrale in cui tutto è connesso, e ecologia e giustizia sociale sono intrinsecamente unite. Invita ad una conversione integrale, un riappropriarci della “casa comune”, ad una Chiesa in dialogo, in cammino, in uscita, solidale, aperta al dialogo ecumenico. Ci ricorda che la difesa e la promozione dei diritti umani non è solo un dovere politico o un compito sociale, ma anche e soprattutto un’esigenza di fede. Importante per ognuno di noi è mettere in chiaro a che punto siamo, da che parte stiamo, quale prospettiva assumiamo, come trasmettiamo la dimensione politica ed etica della nostra parola di fede e di vita. La mancanza di impegno e di partecipazione alla costruzione della “casa comune” porta ad un “peccato ecologico”. La meditazione del capitolo 8 e 9 di “GIUDITTA” ci ha confermato da quale parte stia Dio: gli oppressi, i deboli, le donne violentate, gli sfiduciati, i disperati. Giuditta si è messa in gioco, ha scelto da che parte stare ed ha accompagnato questa decisione con la preghiera. Abbiamo ricordato i martiri che hanno dato la vita perché altri potessero godere dei diritti umani, condividendo le difficoltà e le lotte degli oppressi.
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Chiesa universale
Coraggiose politiche
e strenua lotta alla povertà
di Pier Giuseppe Accornero
«Coraggiose politiche occupazionali per un lavoro non schiavo ma vero, che tengano conto della dignità del lavoratore» e una strenua lotta contro la povertà. Li chiede Papa Francesco nella «Giornata nazionale del ringraziamento» di domenica 10 novembre 2019 e, domenica 17, terza Giornata mondiale dei poveri, da lui istituita.
BRACCIANTI AGRICOLI SCHIAVI MODERNI Spesso ai poveri «non è consentito di vedere la fine del tunnel della miseria». Addirittura «si teorizza e realizza un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza. Così i poveri vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto. Ogni possibilità offerta diventa uno spiraglio di luce. Eppure spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso». Particolarmente dolorosa la condizione dei braccianti agricoli, schiavizzati dai «caporali» per pochi euro, «costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione ma ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane; non hanno cassa integrazione, né indennità. Non possono neppure ammalarsi».
SCHIAVI INVISIBILI NELLE NOSTRE CITTÀ Poveri ridotti a schiavi invisibili nelle nostre città, «una moltitudine spesso trattata con retorica e sopportata con fastidio. Diventano come trasparenti e la loro voce non ha più forza né consistenza. Uomini e donne sempre più estranei tra le nostre case e marginalizzati nei nostri quartieri». Nuovi schiavi anche i migranti «spesso strumentalizzati per uso politico». Contro le fobie dei Paesi ricchi – Stati Uniti, Europa e Italia in testa – Bergoglio denuncia: «Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori. Non sarà così per sempre». Il crollo del Muro di Berlino trent’anni fa insegna:«Il giorno del Signore distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti. L’emarginazione in cui sono vessate milioni di persone non potrà durare ancora a lungo. Il loro grido abbraccia la terra». 19
Chiesa universale «IL POVERO È UNA PROTESTA CONTINUA E UNA POLVERIERA» Il Pontefice cita don Primo Mazzolari, profeta dei nostri tempi, che scriveva: «Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta». Chiara risposta a chi, dentro e fuori la Chiesa, lo accusa di comunismo e di eccessiva attenzione ai temi sociali, come se la scelta preferenziale dei poveri non fosse nel Vangelo. «Dinanzi all’innumerevole schiera di indigenti, Gesù non ha avuto timore di identificarsi con ciascuno di essi»: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25,40). Rifiutare questa identificazione «equivale a mistificare il Vangelo».
MOLTI SI ARRICCHISONO SULLE SPALLE DEI POVERI Scrive Francesco: «La crisi economica non ha impedito a numerosi gruppi un arricchimento tanto più anomalo quanto più nelle strade delle nostre città tocchiamo con mano l’ingente numero di poveri a cui manca il necessario e che sono vessati e sfruttati». Per i ricchi «è come se si trattasse di una battuta di caccia, dove i poveri sono braccati, presi e resi schiavi». Sono le «nuove schiavitù cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini: famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che ne sono violentemente separati per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale ai quali è impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime umiliate di tante forme di violenza; milioni di immigrati vittime di interessi nascosti; senzatetto ed emarginati che si aggirano per le strade delle nostre città». Uno scandalo stigmatizzato con parole di fuoco: «Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo: diventati parte di una discarica umana, sono trattati da rifiuti. Giudicati spesso parassiti, ai poveri non si perdona neppure la povertà. Non possono permettersi di essere timidi o scoraggiati, sono percepiti come minacciosi o incapaci».
«IL POVERO NON TROVA MAI DIO INDIFFERENTE O SILENZIOSO» La visione bergogliana è sempre illuminata dalla fede, dalla fiducia in Dio, dalla speranza. Le beatitudini si aprono con «Beati voi poveri»: «Passano i secoli e quella beatitudine appare sempre più paradossale. Gesù, che ha inaugurato il suo Regno ponendo i poveri al centro, vuole dirci che ha affidato a noi, suoi discepoli, il compito di portarlo avanti, con la responsabilità di dare speranza ai poveri. È necessario rianimare la speranza e restituire fiducia. Lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri, sono persone a cui andare incontro. Attendono una parola amica». 20
Parole e fatti… TARANTO – La Chiesa di Taranto si riscopre unita in pellegrinaggio a San
Giovanni Rotondo. L’Arcivescovo Filippo Santoro nel 2012 iniziò il suo Ministero Episcopale affidando a San Pio da Pietralcina la comunità tarantina. Quest’anno circa 5000 persone, tra cui Rinascita Cristiana, hanno partecipato all’appuntamento annuale che da inizio all’Anno Pastorale. Tutti hanno partecipato pregando e sostando davanti alla statua di San Pio. Il Vescovo durante il pellegrinaggio ha sottolineato che diventare Chiesa è un passaggio fondamentale e non aggirabile. Il punto di riflessione e verifica di quest’anno è proprio questo: il proprio amore e il proprio impegno per la Chiesa. Non possiamo vivere da forestieri nelle nostre comunità. Leggiamo e sappiamo dai giornali che milioni di uomini, donne e ragazze che vivono nelle loro comunità cercano di capire i bisogni veri, esistenti dei più poveri e deboli e operano senza mai pretendere alcunché, ma solo per la gioia di donare. Durante l’anno sociale noi di RC veniamo accompagnati dalla catechesi del nostro assistente, il francescano don Francesco Mitidieri, parroco di una chiesa di frontiera, nel quartiere Tamburi dove sorge lo stabilimento siderurgico AcelorMittal. Tra le sue attività la notte con l’aiuto e la collaborazione di ragazzi cerca i poveri e i clochard portandoli nella sua parrocchia o in altre comunità; tutto questo con una grande umanità. È anche Cappellano dei detenuti della casa Circondariale di Taranto. Durante le festività natalizie e pasquali, don Francesco invita le Associazioni e i Movimenti, tra cui il nostro, a partecipare alla celebrazione Eucaristica che si svolge alla presenza delle massime autorità cittadine, quali Questore e Prefetto. Non manca il nostro contributo di preghiere e offerte e la nostra partecipazione è molto sentita e testimonia la solidarietà e la comprensione per chi ha bisogno e l’impegno per una società dove tutti possano vivere con dignità. Una riflessione ulteriore per i nostri gruppi viene dalla vicenda Acelor/Mit21
Parole e fatti tal e dalla possibilità della chiusura dello stabilimento ex Ilva, che ritiene con superficialità di dover chiudere lo stabilimento poiché nel mondo è diminuita la richiesta dell’acciaio. Tale iniziativa non considera i 10.000 operai che lavorano all’interno dello stabilimento e crea un clima di precarietà e di grande preoccupazione. Franca Angarano
CATANIA - Il Movimento Rinascita Cristiana, nel corso del 2019, ha cerca-
to di dare concrete risposte all’impegno nella città, luogo in cui tutti noi cristiani siamo chiamati alla responsabilità e a vivere quei valori che riteniamo fondanti per una società solidale e inclusiva. In ordine cronologico ricordiamo alcuni eventi organizzati dal Movimento cittadino: 3 Gennaio, concerto di Beneficenza aperto a tutta la città presso la Chiesa Monumentale Badia di S Agata. L’orchestra e il Coro “Musica Insieme a Librino “che ha eseguito vari brani di repertorio, è un’associazione animata da un gruppo d’insegnanti impegnati come volontari nella divulgazione della cultura e della pratica musicale tra i bambini di uno dei quartieri più popolari e “a rischio”di Catania. Il Movimento ha promosso questa manifestazione riconoscendo l’alto valore etico-sociale di tale progetto e in tale occasione ha donato una somma per l’acquisto di uno strumento musicale. Anche il numeroso pubblico presente ha partecipato con offerte volontarie a sostegno di tale iniziativa. 22 Febbraio, preghiera ecumenica e interreligiosa per Catania con Catania. In un momento particolarmente difficile per la nostra città il movimento, appoggiando l’iniziativa della nostra amica Adriana Paternò, ha voluto condividere con tutti i catanesi, le altre aggregazioni laicali, gli esponenti di diverse religioni presenti nel territorio, una sentita e commossa preghiera all’unico Dio, nella Speranza di una nuova stagione di legalità e serenità. Le offerte donate dalle numerose persone presenti sono state devolute alla Caritas Diocesana. 12 Aprile, incontro in preparazione alla Pasqua. “La Misericordia anzitutto: la Parabola del Padre Misericordioso”, relatore padre Massimiliano Parisi. Al termine i gruppi hanno animato la Via Crucis. 24 Maggio, incontro con la Caritas Diocesana. Anche in tale occasione il Movimento ha offerto una somma dalla cassa cittadina alla quale si sono aggiunte donazioni volontarie da parte dei presenti. 15 Giugno, incontro di chiusura dell’anno con la partecipazione della Dott. ssa Mirella Scalia del Movimento Pro Sanctitate: “la Santità nel quotidiano”. Maria Grazia Vitale Scuto (continua a pag. 27) 22
Le linee operative Movimento Rinascita C ristiana
Linee Operative 2020-2021
UNA STRADA DA PERCORRERE INSIEME
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Le linee operative L’accelerazione del nostro tempo in cui tutti siamo coinvolti, ci trova oggi impreparati culturalmente e moralmente. Non è più tempo di stare alla finestra ma è tempo di vivere “nelle strade e nelle piazze” per trovare punti di riferimento e vivere esperienze di comunità. È tempo di vivificare il nostro essere chiesa, popolo di Dio, in cui tutti siamo collaboratori del vangelo per la vita del mondo. Rinascita Cristiana “fedele a Dio e fedele all’uomo” si rende conto che l’esperienza di fede oggi acquista la sua piena autenticità nella dimensione pubblica in cui si coniuga l’impegno di una coscienza personale e la costruzione di una cultura diffusa (cfr. Statuto 8). PERCIÒ: Vogliamo aiutarci ed aiutare le persone a leggere la realtà, a discernere il bene e il male a maturare nella coscienza e nella libertà. Vogliamo accogliere le persone nelle loro situazioni di vita: la longevità, la difficoltà di entrare nel mondo adulto, la possibilità di un lavoro degno, i mezzi per costruire una famiglia, una giustizia degna del suo nome. Vogliamo curare il valore della vita in ogni momento e situazione dell’esperienza umana. Vogliamo rivalutare l’esperienza di comunità come luogo di ricerca condivisa in cui formarsi e fare esperienza di umanità e di democrazia. Vogliamo sviluppare il senso di appartenenza alla famiglia umana attraverso gesti di condivisione e di solidarietà reciproca, attraverso la partecipazione responsabile agli eventi della società civile, attraverso il dialogo e l’ incontro con le tante diversità culturali, religiose e sociali che caratterizzano la nostra società. Vogliamo promuovere la democrazia e il rispetto delle minoranze e il rifiuto di ogni razzismo. Vogliamo difendere la pace attraverso il rispetto di altre tradizioni e culture, la realizzazione di un’economia e di una finanza giusta, la custodia dell’ambiente e la difesa del territorio. 24
Le linee operative Vogliamo avere un linguaggio di verità per informare in maniera corretta, per creare una cultura che rifugga dall’odio, per comunicare la propria esperienza cristiana e la propria speranza. Siamo convinti che la fede cresce e matura in una dimensione pubblica (EG nn. 182-184) e che, per un’attualizzazione del vangelo nel mondo di oggi, si sviluppa lungo due direttrici: la Dottrina Sociale della Chiesa e la Costituzione Italiana.
Per curare e testimoniare questa dimensione è necessario: 1. Coltivare una fede vissuta senza la quale non crescono neppure i valori umani 2. Rimettere in discussione abitudini, stili di vita e convinzioni personali e collettive; 3. Mettere talenti e competenze al servizio del bene comune e della convivenza democratica 4. Contribuire alla costruzione di un mondo in cui al centro delle scelte politiche, sociali ed economiche ci siano la persona, la famiglia e il lavoro; 5. Impegnarsi attivamente per un mondo in cui per tutti siano accessibili quei beni che rendono dignitosa l’esistenza; un mondo di pace in cui trionfi la giustizia nazionale e internazionale; 6. Camminare insieme a tutti quelli che cercano il volto di Dio e lo vedono riflesso nel volto dell’uomo, soprattutto nel più debole, nel povero e nello straniero. Oggi il Movimento Rinascita Cristiana è chiamato a proporre con le parole e la testimonianza della vita il Vangelo di Cristo per vivere una relazione rinnovata con Dio, con gli altri, con l’anima delle nostre città. L’incontro personale con la parola di Dio è riferimento costante per illuminare la strada del cambiamento. È in Gesù Cristo, via, verità e vita che si fonda il nostro pensare, il nostro volere, il nostro agire. 25
Le linee operative PER IL PROSSIMO BIENNIO 1. Ogni città continuerà a progettare: • nuove modalità di incontri di gruppo, gruppi aperti periodicamente a simpatizzanti ed amici per una riflessione comune; • il lavoro sul campo fatto insieme con altre realtà ecclesiali e civili e con persone interessate a fare un tratto di strada con noi, eventi culturali, azioni, occasioni di dialogo; • il confronto con esperti e professionisti di età più giovane; • creare opportunità per tutti nel Movimento e fuori; • dare continuità nel tempo alle iniziative cittadine.
2. La riorganizzazione di ruoli e servizi nel Movimento Rinascita Cristiana: • il lavoro delle strutture nazionali (Consiglio Nazionale, Comitato Consultivo, Responsabili di città) • la capacità di innovazione nelle modalità di gestione regionale e cittadina; • la collaborazione e la condivisione di progetti con tutti i membri della propria città; • l’apertura al cambiamento e la responsabilità nel movimento per la sua vitalità e il suo servizio ecclesiale. Con questo nostro quotidiano, comune impegno nel Movimento e per il Movimento privilegiamo quelle azioni che possono generare nuovi dinamismi nella società e coinvolgere altre persone e gruppi perché le portino avanti e le facciano fruttificare. Lo facciamo “senza ansietà ma con convinzioni chiare e tenaci”. Più che accontentarci di risultati immediati ci rendiamo disponibili ad avviare processi che possano rinnovare il Movimento Rinascita Cristiana nei prossimi anni (cfr. EG 223-224) IL CONSIGLIO NAZIONALE DI MRC 26
Parole e fatti LECCO - Giornata di chiusura il 19 giugno. I gruppi di RC si sono incontrati con i propri assistenti e con Don Giovanni Beltramini, responsabile regionale. La giornata è iniziata con la Santa Messa, è proseguita con un incontro in cui ci siamo confrontati sul Piano di Lavoro e sulla vita del Movimento. Ne sono emerse considerazioni e proposte interessanti legate anche alla Scheda “Per mettere in comune il lavoro dei gruppi”, in particolare la necessità di conoscere attraverso gli “Atti degli Apostoli” la vita e i problemi della Chiesa primitiva per ricavarne suggerimenti utili ancora oggi. Particolare risalto è stato dato all’evento svoltosi in due serate (6 giugno: Pentecoste – 14 giugno) quale momento conclusivo del programma che R.C., con altri movimenti ecclesiali (Azione Cattolica, C.L., Focolarini…) porta vanti da circa vent’anni. Il primo incontro si è svolto nella Basilica di Lecco con una Santa Messa “verso la Pentecoste”, il secondo nell’Auditorium Casa dell’Economia con letture sulla vita del Card. Francois-Xavier Nguyen Van Thuan, Vescovo imprigionato nelle carceri vietnamite per tredici anni. Alcuni brani musicali (Chopin, Bach, Rachmaninoff…) eseguiti magistralmente al pianoforte da Don Carlo Josè Seno, hanno aiutato ad interiorizzare l’ascolto e a cogliere il forte segno di speranza del Card. Van Thuan. Silvana Bartoli Gatti REGGIO CALABRIA - Il Movimento nella nostra città fa parte della
Consulta delle aggregazioni laicali, partecipando alle riunioni e, all’occorrenza, avanzando proposte e collaborando alle varie iniziative. Da ormai nove anni organizziamo un torneo di beneficenza di burraco. Nei primi tre anni lo abbiamo finalizzato a premiare alunni dell’ultima classe di liceo, attraverso lo svolgimento di un tema, la cui traccia traeva lo spunto dall’argomento proposto dal Piano di lavoro di quell’anno: abbiamo così stimolato la riflessione dei giovani su tematiche di rilevanza etica e sociale e nello stesso tempo abbiamo fatto conoscere il nostro Movimento. Successivamente le somme raccolte grazie al torneo sono state offerte a diverse opere caritatevoli; l’ultima, lo scorso anno, è stata finalizzata all’attività dell’Hospice, una struttura che con ammirevole dedizione assiste i malati terminali e che rischia la chiusura per mancanza di fondi. Per il prossimo anno ci proponiamo di offrire il nostro contributo ad un ospedale in Uganda, in cui ha operato P. Ambrosoli, di cui ha parlato anche Famiglia Cristiana, e in cui è molto attivo un nostro amico pediatra. Però l’attività che maggiormente abbiamo a cuore è quella che svolgiamo nella Casa Circondariale di Arghillà, alla periferia di Reggio Calabria (di cui diamo notizia a pag. 32). Rina Crucitti 27
Parole e fatti GENOVA – La foto dell’attestato rilasciato ai propri studenti dalla scuola d’italiano organizzata dal MASCI e da Rinascita Cristiana. Il Movimento partecipa al Tavolo Solidarietà e Giustizia. Nato per animare la campagna giubilare promossa dalla CEI sul debito internazionale, il Tavolo continua l’impegno di educazione alla mondialità, proponendo iniziative cittadine. VERBANIA - Mi è ancora difficile, a distanza di tre mesi esatti dalla morte,
tracciare un breve profilo del nostro assistente, da sempre, don Giuseppe Masseroni. Assistente in vari gruppi dagli inizi di Rinascita a Verbania dal 1955 al 2016 anno in cui ha chiesto di ritirarsi per l’età e una grave malattia. Don Giuseppe è stata una persona, un prete presente in tanti campi della città di Verbania ricevendone anche la cittadinanza onoraria. Come parroco si è interessato sin dall’inizio del problema degli emarginati diventando punto di riferimento per diverse persone in difficoltà. Ha contribuito al nascere a Pallanza della Caritas e a sostenere e incoraggiare molte associazioni di volontariato, per i malati psichici per i carcerati per il gruppo senza barriere, ecc. la sua era una presenza invisibile ma presente. È impossibile raccontare in breve la ricchezza di una lunga vita intrecciata di umanità e di fede. Ha avuto quattro grandi amori: il lavoro manuale; i poveri; la Parola di Dio; l’Eucarestia. Don Giuseppe per i nostri gruppi è stato un vangelo. Non assumeva mai il ruolo del maestro che ha molto da insegnare ma quello del discepolo che ha tanto da apprendere. Aveva molta stima del metodo di Rinascita, speranza e fede nei piccoli gruppi, nelle piccole comunità. Cosi rispondeva ad una delle domande poste agli assistenti nel 2012 sull’inchiesta “comunione ecclesiale e coscienza personale”: “Viviamo la comunione ecclesiale grazie a Rinascita, prendendo in mano la Parola di Dio, indispensabile e vero percorso per esprimere una fede liberante”. Ha lasciato due testamenti spirituali, l’ultimo del luglio 2018, che mi sembra lo accomuni molto ai testamenti di don Primo Mazzolari profeta che quest’anno abbiamo approfondito andando nei luoghi della sua vita, con il nostro assistente. Elena De Filippi 28
Parole e fatti FERRARA - Il 7 novembre i tre Gruppi di R.C. di Ferrara hanno incontrato Don Walter Kanda, assistente regionale che risiede a Piacenza e che ha accettato con gioia l’invito per conoscere le persone coinvolte nel Movimento ferrarese e portare il suo contributo per lo svolgimento del Piano di Lavoro dell’anno. Per consentire una maggiore partecipazione, la giornata è stata articolata in due incontri, uno pomeridiano per i gruppi “storici” ed uno serale per il gruppo di più recente formazione con persone ancora impegnate nel mondo del lavoro. La risposta è stata molto positiva. Dopo la preghiera iniziale l’attenzione è stata focalizzata sul tema dell’anno “La dimensione pubblica della nostra fede”, tema che ha suscitato diverse reazioni, tra cui una certa sfiducia circa la possibilità di incidere sui gravi problemi che oggi affliggono la nostra società. Don Walter ha affermato che il cristiano è chiamato a “santificare” se stesso, il suo ambiente di vita, sia famigliare, lavorativo, sociale, ecologico, per far ciò è fondamentale mettere al centro la Parola di Dio, il Vangelo, l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa da cui trarre orientamenti per la vita. La Meditazione in Rinascita aiuta a coltivare la propria fede e l’Inchiesta apre spazi in cui esercitarla. Solo una fede matura può essere manifestata con naturalezza in ogni ambiente di vita, da quelli più vicini a quelli che richiedono conoscenze e scelte impegnative. Anche piccoli gesti fatti in pubblico, come ad esempio un segno di croce, l’uso di simboli religiosi della pietà popolare oppure l’impegno per la cura dell’ambiente possono essere considerati espressione di fede e hanno un grande valore se nascono da una profonda interiorità e non dal desiderio di un’ostentazione strumentale che divide e non costruisce. I due diversi incontri sono stati molto apprezzati dagli intervenuti. Don Walter è stato capace di ascoltare e coinvolgere i presenti in un dialogo fecondo che ha messo in evidenza la validità del metodo di Rinascita che richiede di essere applicato fedelmente. Gabriella Sansoni Mambelli ROMA – Si è svolto a Roma l’annuale mercatino di autofinanziamento e di solidarietà dal 21 al 23 novembre. Come gli altri anni il ricavato serve a sostenere le iniziative dei gruppi romani e del centro nazionale. La solidarietà quest’anno è con una Associazione romana “I poveri al centro” che offre servizi e ristoro diurno ai tanti poveri che gravitano sul Centro storico. Un grande grazie va a Paola Zelioli di Reggio Emilia e a Marina Marino di Pescara. I gruppi di Reggio Emilia hanno dato un grande contributo con le loro squisite marmellate e i loro dolci e Marina con il suo olio artigianale. Questo contributo oltre che a un valore economico ha un grande valore simbolico: l’autofinanziamento del Movimento riguarda tutti ed è possibile con un po’ di organizzazione. 29
Parole e fatti Prosegue l’esperienza delle Tavolate solidali: una prima durante il Sinodo con Padri sinodali e partecipanti provenienti dai vari paesi dell’Amazzonia; una seconda nel rione Trastevere. Tra gli animatori Nicoletta Tino che tiene i rapporti sia con le parrocchie del territorio che con il comitato di quartiere. Organizzato da ACAT e da Rinascita Cristiana di Roma il 9 dicembre si è svolto presso l’Aula Magna della Facoltà Valdese di teologia un Convegno in occasione della consegna del Premio di laurea 2019 “Una laurea per fermare la tortura e per i diritti dei migranti”. Un incontro molto coinvolgente a cui hanno dato il loro contributo il Pastore Daniele Garrone, Mauro Palma Garante nazionale dei diritti dei detenuti, don Benoni Ambarus Direttore della Caritas diocesana, Valentina Calderone Presidente di “A buon diritto”, Massimo Corti Presidente Acat Italia e Alessandro Monti Presidente della commissione esaminatrice.
GRADISCA D’ISONZO - Il nostro gruppo, pur essendo piccolo, sta col-
laborando tramite alcuni suoi membri, a livello diocesano, ad esempio per aggregare e sostenere i gruppi della parola che da anni sono presenti, perché facciano un percorso comune, per rinvigorire l’unità nella chiesa locale. Alcuni di noi sono in Azione Cattolica, sia come catechisti educatori, sia come partecipanti di gruppi adulti, sia nelle strutture organizzative. Sempre con l’intento di essere attivi, di creare ponti e sinergie, di lavorare per la nostra comunità. Anche con Acli, con cui Egidio organizza incontri su temi “alti” a cui invita relatori di vari orientamenti. Inoltre l’anno passato nel gruppo, avendo scelto l’ecologia integrale nell’inchiesta, abbiamo invitato rappresentanti di Legambiente locali e l’assessore all’urbanistica, per capire che problemi ci sono, dove e come agire... Dobbiamo dire che il nostro territorio isontino è ricco di iniziative pubbliche, è alta la raccolta differenziata, c’è sensibilità ambientale... Da noi rimane il problema della forte e concentrata presenza di migranti, a Gradisca purtroppo verrà costruito un CPR, sorta di carcere per stranieri in attesa di espulsione. Su questo versante dovremo farci sentire. Personalmente sono in un gruppo politico cittadino che ha sostenuto e fatto vincere l’attuale sindaca, la cui giunta è ormai una delle poche di colore decisamente diverso dai vertici regionali, provinciali e delle principali città della 30
Parole e fatti zona, e che si spinge molto sul sociale, sulla giustizia verso gli ultimi e sull’ambiente. In questo gruppo politico, che ha avuto il sostegno del nostro gruppo di rinascita, cerchiamo di far girare idee e notizie importanti del territorio, cercando di sostenere l’assessore che abbiamo espresso e la sindaca. Ecco, ho cercato di raccontare cosa siamo e cosa cerchiamo di fare, è vero, siamo piccoli, non riusciamo a formare gruppi di rinascita, sembra che sia troppo impegnativo, ma cerchiamo di non arrenderci, e con fantasia proviamo a fare altro. Marta Barbiero
FIRENZE - Alcune realtà del mondo cattolico fioren-
tino, preoccupate del decadimento del dibattito politico si è posto il problema del dovere dei cristiani di intervenire nel confronto sociale e politico. A questo scopo, varie associazioni hanno pensato di ripetere l’iniziativa già presa in occasione delle elezioni europee, di contribuire alla preparazione alle prossime scelte elettorali offrendo un’occasione di corretta informazione e ragionato confronto. Il rinnovo del Consiglio Regionale della Toscana, previsto per la prossima primavera, rende necessario che gli elettori della nostra Regione si preparino per tempo a una scelta elettorale onesta e motivata. La Regione ha competenze istituzionali circoscritte, ma che toccano gli interessi fondamentali degli elettori. Sono stati programmati quattro incontri: 1) i giovani ed in genere i soggetti più deboli, nella famiglia e di fronte alle politiche sociali; 2) la sanità – che coinvolge la maggior parte del bilancio regionale – e gli interventi connessi; 3) l’accoglienza, con particolare riguardo alla nostra inclusione nell’ambito europeo ed al collegamento con le politiche dell’Unione; 4) l’ambiente, e quindi i problemi dell’energia e della salvaguardia del territorio. Seguirà, alla fine, un confronto a cui saranno invitai i rappresentanti di tutte le liste che si presenteranno alla competizione elettorale. Il primo incontro si è svolto il 6 dicembre con un approfondimento e un dibattito ampio che ha soddisfatto i presenti.
FOGGIA – Un grazie a Vit-
toria Elisa Durante dei gruppi di Foggia per il bel libro sulla storia di Rinascita Cristiana nella città di Foggia. Una lettura piacevole e interessante, un bel quadro di famiglia che inizia dalle origini romane. 31
Movimento
Ero in carcere
e mi avete visitato…
di Rina Crucitti
Udienza papale un po’insolita, quella in piazza S. Pietro il 14 settembre, avvenuta non di mercoledì, come è consuetudine, ma di sabato; ma soprattutto particolare e toccante perché accoglieva il personale che opera nelle carceri e i volontari che vi svolgono svariate attività.
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a Reggio Calabria eravamo più di cinquanta, partiti in pullman. Con noi il cappellano del carcere, padre Carlo, due suoi confratelli, tre suore, tutti molto attivi in carcere soprattutto nelle liturgie e nella catechesi, insieme al gruppo degli appartenenti al “Rinnovamento dello Spirito”. Noi di Rinascita Cristiana eravamo in dieci e da due anni siamo impegnati nella Casa Circondariale di Arghillà nei locali della biblioteca, realizzando un nostro progetto e rispondendo ad una richiesta dell’allora direttrice, dott.ssa Longo, che adesso si è trasferita altrove e che è stata spesso ricordata per la sua umanità e competenza. A tal proposito è stata commovente la testimonianza di un ex detenuto che è venuto con noi e che ha raccontato come nel carcere di Arghillà ha trovato l’opportunità di instaurare rapporti di amicizia. Inoltre, essendo lui un artista e scenografo, gli è stata offerta la possibilità di esprimere la sua arte dipingendo dei murales che adornano quasi tutte le pareti della Casa Circondariale, dando un tocco di luce a vari ambienti, e che anche noi ammiriamo ogni volta che andiamo. L’ attività del nostro Movimento è diversificata, in quanto è rivolta a chi
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vuole approfondire le proprie conoscenze. Pertanto c’è il corso di lingua inglese, Storia della Calabria, Miti e leggende, Botanica, con particolare attenzione alla difesa dell’ambiente, rilettura di passi della Divina Commedia o altri brani letterari. C’è anche il cineforum e momenti di piccola convivialità in occasione del Natale e della Pasqua. Naturalmente le nostre non sono lezioni scolastiche, ma partiamo da argomenti di rilevanza etica e sociale, che spesso ci vengono richiesti, per instaurare un dialogo e uno scambio di idee che sfociano in un bisogno di aprirsi e raccontare qualcosa di sé, della propria famiglia, del proprio ambiente, senza tuttavia parlare dei motivi che li hanno condotti in carcere. Indubbiamente dalle loro parole traspare la sofferenza per una tale condizione, ma la cosa che maggiormente ci gratifica è che siamo visti come fratelli con i quali si parla senza la paura di essere giudicati e, come ha detto uno di loro, diamo l’opportunità di respirare “un’ora di aria pura”. Durante il viaggio verso Roma ogni gruppo ha parlato della propria esperienza, offrendo a ciascuno la possibilità di condividere riflessioni, espe-
Movimento rienze e proposte. La recita della liturgia delle ore e del S. Rosario, animata dai frati, ci ha preparati spiritualmente all’udienza, che si è svolta in una piazza S. Pietro particolarmente assolata. Appena rientrato dal faticoso viaggio in Africa, il Papa è stato accolto gioiosamente dai pellegrini e dalla banda della Polizia penitenziaria “Opera” di Milano. “Tessitori di giustizia e messaggeri di pace”: con queste parole papa Francesco ha sintetizzato efficacemente quello che è il compito e la missione di chi ogni giorno si trova, in contesti difficili materialmente e psicologicamente, a vivere fianco a fianco con fratelli sfortunati dai quali talvolta può essere visto come un nemico. “Ma se si instaura un rapporto basato sul rispetto della dignità della persona, il “nemico” può diventare un amico”. Numerose sono state le testimonianze da parte sia di vari Direttori di Case Circondariali, come da parte di semplici guardie e volontari. Tutti hanno evidenziato come siano necessarie delle riforme, per esempio per i bambini che sono costretti a stare in carcere con la loro mamma, quando si potrebbero individuare dei luoghi alternativi, o per quanto riguarda i minorenni dai 14 anni in su, le cui intelligenze sono spesso sprecate, se non impegnate in attività e veicolate
verso sani principi e valori. Il carcere non deve essere inteso come una “discarica sociale”, dove va messo ciò che non si vuole vedere, ma bisogna ricordare che occorre tendere al recupero sociale, ricordare che anche lì c’è Cristo e trasmettere la speranza che si può cambiare, diventare una persona nuova. Come sempre illuminanti le parole di papa Francesco, che ha rivolto un ringraziamento alle persone che lavorano nelle carceri, esortandoli ad agire con “retta compassione”, diventando non vigilanti, ma custodi di persone, ponti tra il carcere e la società civile. Un altro ringraziamento è stato rivolto ai cappellani, ai religiosi e ai volontari, che sono portatori del Vangelo e tra le mura del carcere offrono consolazione e vicinanza fraterna. Riferendosi all’episodio di Zaccheo, ha ricordato le parole di Gesù che, a quelli che mormoravano perché era andato nella casa di un peccatore, risponde che il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto. Infine ha esortato i detenuti a non disperare, ad affrontare le prove con coraggio e a ricordare che Dio li ama e sono nel Suo cuore. Dio è più grande del nostro cuore, non si stanca di attendere per amare. L’augurio finale è stato da parte di tutti che questi fratelli sfortunati possano un giorno riappropriarsi della loro vita.
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Documenti
Politica e ispirazione cristiana, ancora un ruolo?
di Renzo Seren
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avanti allo spettacolo di una politica dallo sguardo miope e dalle idee più simili a cattivi pensieri, è legittimo credere di essere giunti ad una svolta oltre la quale scompare quel mondo di buon senso, prudente e civile, che era l’ambiente ideale di una progressiva crescita economica e, soprattutto, umana. Pur facendo salvi i molti passi in avanti fin qui fatti, ora osserviamo tristemente che ogni discorso di res publica e nuovo umanesimo si spegne nel clangore di una ignoranza salita al potere. Ignoranza e irresponsabilità dei governanti sono due dati sempre presenti nelle vicende umane; oggi si sono fusi in un unico deflagrante elemento che ha messo in crisi la democrazia e innestato i prodromi di una gigantesca catastrofe. Come può sentirsi un cristiano di fronte alla confusione sociale, al disordine economico, all’ipocrisia, alle pagliacciate, alla violenza dilagante, alla informazione scorretta, ai furbetti del quartiere ed a quelli della nazione? Forse la prima reazione è quella di ritirarsi in un isolamento religioso consolatorio, ma sono certo che non troveremmo la pace. Gesù non si è risparmiato per far capire a tutti l’importanza dell’amore e della libertà per una vita che valga la pena di essere vissuta. Il cristiano non può tradire se stesso rimanendo in silenzio quando l’amore è inteso come passione per il proprio interesse personale e la libertà è interpretata come assenza di regole civili ed etiche. Si può dire che i cristiani non sono del mondo, ma è innegabile che la nostra esistenza si svolge in questo mondo, in un tempo e in circostanze che sono la base irrinunciabile della condizione umana. Tacere quando si contraddice il Vangelo è qualcosa che non ci verrà perdonato da Dio e neppure dai nostri nipoti. “La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente.” scrive Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est. “Il compito immediato di operare per un giusto ordine della società è invece proprio dei fedeli laici. Come cittadini dello Stato, essi sono chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica...la carità Una politica miope e un isolamento religioso consolatorio
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Documenti deve animare l’intera esistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività politica, vissuta come carità sociale.” Se si vuole essere sinceri, è bene che questo si sia compiuto. La persona al La secolarizzazione ha modificato centro delle decisioni è un essere pen- i rapporti tra religione e vita civile sante che percorre un cammino durante il quale cresce liberamente e ama liberamente. Il cristiano in politica è libero di arricchire la sua fede con esperienze che attraversano ogni schieramento di appartenenza civile; resta il suo compito di prendere una posizione netta davanti a iniziative e proposte che contraddicono la Parola di Dio. In una tal situazione è ben difficile pensare che si possa ricostituire uno schieramento che raccolga tutti i cristiani sullo stile del Partito Popolare o della Democrazia Cristiana di antica memoria.1 Ciò non di meno l’appello del 18 gennaio 1919 di Luigi Sturzo2 dall’albergo Santa Chiara di Roma può ancora risuonare proprio nel senso di un richiamo trasversale a tutti quelli che credono nei grandi ideali di giustizia e libertà. Allora, l’appello di Sturzo dava inizio alla partecipazione attiva dei cattolici in politica. Oggi, l’appello suona come un richiamo ai cattolici affinché agiscano, a qualsiasi partito o movimento appartengano, per qualcosa e non contro qualcuno. I valori che un cristiano può e deve apportare alla politica sono quelli che riconducono al senso della vita ed alle relazioni fondamentali per costruire questo senso. Se non si riesce a dare un significato alla propria ed alla altrui vita è inevitabile che prevalgano istinti di egoismo in una dimensione che cancella ogni rapporto con il passato ed il futuro. Un indefinibile presente nel quale si gioca la carta del benessere qui ed ora in contrapposizione ad una crescita che coinvolga le generazioni lungo il cammino della Storia, ri-
I partiti storici legati a spiccate ideologie non ci sono più. Gli elettori non si definiscono più socialisti, comunisti, liberali, democristiani, progressisti, conservatori; gli elettori si definiscono salviniani, renziani, berlusconiani, bersaniani e compagnia recitante; ci si riferisce a fazioni capeggiate da capopopolo che promettono di andare oltre i confini della realtà. Per questa ragione è impossibile pensare alla ricostituzione di un partito dei cristiani, per quanto laico e allargato ai settori moderati della società. 2 A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperre ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. 1
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Documenti conoscendo ciò che dobbiamo ai nostri padri e non rubando il futuro ai nostri figli. Il senso derivante dall’ispirazione cristiana conduce ad una politica che pone i rapporti umani al centro di ogni decisione, riportando l’economia al suo ruolo di mezzo e non di fine e la cultura in generale al suo compito di elevazione dello spirito e non di soddisfazione degli istinti in caduta libera. Il senso è la vita, non la sopravvivenza; la felicità, non il benessere; la gioia, non il piacere. Benedetto da Norcia seppe dare, con l’efficacia della fede che si incarna nelle vicende umane, una risposta risolutiva in un periodo nel quale il disordine, la violenza, le invasioni barbariche, potevano dissolvere la nostra civiltà europea. Lo fece con l’efficacia di una formula ora et labora e con la paziente ricostruzione dei rapporti umani. Nel suo libro Il filo infinito, Paolo Rumiz3 così descrive la vita dei benedettini: “Pare che nel Medioevo questa scansione della vita comunitaria fosse qualcosa di assolutamente nuovo e impressionasse molto il mondo esterno - contadini, chierici, feudatari. Una vita civilizzata, segnata dall’igiene, dalla cortesia e dalla dolcezza dei rapporti interpersonali doveva essere quasi inconcepibile in un’epoca contraddistinta dalla rudezza, se non dalla violenza. Ed è forse difficilmente comprensibile anche oggi, in un mondo divorato dalla fretta e segnato dalla durezza delle relazioni tra individui. L’ordine, la reverenza, la puntualità, il silenzio, l’ospitalità, la ritualità dei gesti, per secoli devono essere esistiti solo in quei presidi di buon vivere che sono le abbazie.” Possiamo pensare che siano solo norme comportamentali fini a se stesse? Penso proprio di no. Se le relazioni sono i mattoni della costruzione politica, l’ordine, la reverenza, la puntualità, il silenzio, l’ospitalità, la ritualità dei gesti sono una ineludibile forma di rispetto della comunità. Con la politica cristiana i rapporti umani al centro
La Lettera di San Paolo ai filippesi rafforza la convinzione che si debbano testimoniare anche nella politica, nuove relazioni che partano da una testimonianza ancor prima di ogni carisma o missione. Nella vita si presentano situazioni eccezionali nelle quali dobbiamo cogliere l’occasione per manifestare il bene che ci vogliamo. Non interessa il dono ricevuto quanto la persona che dona; non è il denaro ad interessare, ma la relazione libera e gratuita. Ne deriva la sconfessione della tendenza a denigrare e lo stimolo ad elogiare. Ne deriva, inoltre, uno stile di relazioni che sovrappongono la sincerità ad ogni San Paolo indica la testimonianza come base per ogni politica
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Paolo Rumiz “Il filo infinito” ed. Feltrinelli 2019 - pag. 79.
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Documenti forma di ipocrisia. Quale legge giusta potrebbe mai derivare da una maggioranza che non accetta il progresso degli altri! Quale legge giusta può derivare da chi accusa gli altri e non considera mai la opportunità di un riesame continuo dei propri comportamenti! Come partecipare in prima persona alla vita pubblica? “Mi si domanderà se sono principe o legislatore per scrivere di politica. Rispondo di no, ed è per questo che scrivo di politica, Se fossi principe o legislatore, non perderei tempo a dire quel che bisogna fare; lo farei, o tacerei.4 Il primo atto da compiere è quello di non dare risonanza a quei politici che comunicano in continuazione ciò che vorrebbero fare, ciò che bisognerebbe fare, in un clima di perenne campagna elettorale. Sarebbe bene impedire ai politici di utilizzare i network e obbligarli a usare i mezzi di comunicazione più diffusi soltanto per dire ciò che hanno già fatto, non per raccontare il libro dei sogni. Riesaminando le relazioni della politica alla luce della dimensione caritativa, prevale una visione di gratuità in contrapposizione all’interesse personale, di lealtà in contrapposizione al trasformismo, di chiarezza in contrapposizione alle intese per tutte le stagioni, di studio in contrapposizione all’improvvisazione, di verità in contrapposizione all’inganno. I servi inutili devono scendere in campo per difendere la dignità di cittadini in ascolto dei segni dei tempi, per schierarsi decisamente e senza timore di essere divisivo. Si deve prendere posizione sapendo che la politica non si fa a destra o a sinistra, ma la si fa in alto (come insegnava don Primo Mazzolari).
Nel mezzo della tempesta politica che ha visto sparire o quasi le forze moderate dentro e fuori il Parlamento, prende corpo il Manifesto – che ha raccolto quasi 500 firme – per una nuova aggregazione rivolta a «credenti e non credenti» e che punta a offrire agli elettori la rappresentanza di quel «pensiero forte» che fa riferimento «ai principi della Costituzione, del Pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell’uomo». (Per leggere il testo integrale del Manifesto www.politicainsieme.com) Nell’ultimo periodo un fenomeno nuovo nato da alcuni giovani ci fa riflettere: quello delle sardine. Oggi molte cose sono in evoluzione, stiamo attenti!
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Jean-Jacques Rousseau “Il contratto sociale”.
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Società
Il lavoro dei giovani e degli immigrati
sintesi a cura di Elena De Filippi
Il 15 maggio il gruppo di Verbania ha organizzato un incontro sul tema del lavoro dei giovani e degli immigrati invitando come relatore don Walter Magnoni responsabile della Pastorale sociale di Milano.
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ul Lavoro don Magnoni presenta due ipotesi: una prima ipotesi catastrofica, cioè 47% dei lavori attuali non si faranno più poiché la macchina ha sostituito l’uomo. Una seconda ipotesi ciclica, cioè ad un periodo di scarsità di lavoro in declino, è sempre succeduto un periodo migliore di ripresa. Personalmente – afferma il relatore - non seguo nessuna delle due ipotesi, poiché la mia è la visione realistica propria di un cristiano che osserva e interpreta con fiducia l’andamento della economia e dell’attività umana. Viviamo una fase di transizione. Perché il futuro sia sostenibile, senza precarietà e in modo dignitoso è necessario creare o individuare un lavoro “sinergico“, cioè mettersi insieme a lavorare unendo e integrando le proprie forze, la propria professionalità anche la propria inventiva e genialità. Come si inseriscono i giovani nel lavoro? Oggi i giovani non cercano più un lavoro fisso nella stessa azienda o nello stesso posto o ruolo. C’è il problema di conoscere il mercato e di 38
conseguenza i lavori e i prodotti richiesti per soddisfare le esigenze dei consumatori, che sono mutevoli e condizionate da tanti fattori. In particolare c’è anche una forte richiesta di abilità per i lavori manuali di qualità; parallelamente esiste una sensibile migrazione di giovani che lasciano l’Italia per andare a lavorare all’estero utilizzando anche gli studi effettuati o i master di specializzazione acquisiti. In Italia esiste un 22% di giovani cosiddetti “neet” (dall’anglosassone neither in employment nor in education and training) che non fanno nulla, non lavorano né cercano un lavoro, non studiano per acquisire conoscenze o professionalità, né fanno esperienze in tal direzione né con questo scopo. Sono giovani depressi e chiusi che non cercano rapporti né relazioni. Esistono però in maggioranza giovani che reagiscono e non si arrendono e si impegnano per acquisire l’obiettivo del lavoro. Un dato limitativo è dato dalla età media dei
Società giovani in Italia che è più alta di quella media in Europa e denota quindi una maggiore difficoltà ed un ritardo nell’acquisizione di un lavoro stabile e non precario. Il lavoro degli immigrati in Italia. Il fenomeno dell’immigrazione in Italia va considerato nel contesto e nell’ambito della storia europea e mondiale. Sempre ci sono state le migrazioni perché l’uomo è sempre stato sollecitato dal bisogno o da condizioni di guerre o di violenze. Esiste però, in particolare in Italia, una non corrispondenza tra la realtà del fenomeno e la percezione dei dati da chi lo ha subito o tuttora ci convive. Il migrante è un uomo che va considerato positivamente perché ha delle energie, si muove per migliorare la sua situazione economica e sociale e quella della sua famiglia. Va dove ci sono, o crede che ci siano possibilità
di vita migliori del contesto dove risiede, spedisce a casa parte dei soldi che guadagna e aiuta così con le sue rimesse la famiglia o il villaggio che ha investito su di lui pagandogli le spese di viaggio e fornendogli i mezzi per acquisire un lavoro. Inoltre le rimesse degli emigranti aiutano l’integrazione perché anche favoriscono i ricongiungimenti familiari. I migranti spesso fuggono da situazioni di guerra o da conflitti politici o religiosi; sono persone, non sono merce da sfruttare solo per il lavoro (vedi in proposito enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI). Purtroppo esiste a livello mondiale un atteggiamento egoistico, una mancanza di solidarietà; ogni Stato, potremmo dire quasi ogni persona, tende a difendere il proprio spazio economico e di potere senza cederlo né condividerlo.
Incontro dei Responsabili cittadini del Piemonte a Verbania il 9 ottobre. In questa occasione è stata eletta la nuova Consigliera regionale Adriana Stramignoni a cui vanno i nostri auguri di buon lavoro. Un caloroso ringraziamento è stato rivolto a Renzo Seren che per sei anni ha rappresentato il Piemonte nel Consiglio nazionale 39
Società In Italia rileviamo oggi queste problematiche: 1. La questione demografica cioè il fenomeno dell’invecchiamento per cui il numero dei giovani è in proporzione sempre più basso rispetto alle persone anziane, inoltre il cambio generazionale penalizza i giovani per il numero sempre più scarso dei figli nelle famiglie. 2. La povertà culturale, siamo in balia dell‘emotività si parla per slogan anche la digitalizzazione favorisce l’emozione. Soffriamo per mancanza di pensiero perché questo ci impegna e costa fatica. 3. La debolezza della politica: la nostra classe politica non sa deliberare progetti di ampio respiro e su tempi medio lunghi, ma si muove invece a vista, non sa operare per il bene comune ma solo per i propri interessi o per cercare il consenso elettorale. Cosa fare? Recuperare il senso della memoria che è l’esperienza di tutto
quello che abbiamo vissuto e confina con l’inconscio. L’uomo rimuove la propria storia per non soffrire per non avere problemi per non assumere impegni. La nostra storia, invece, il nostro pensiero è la nostra sfida per costruire il futuro Anche la spiritualità (vedi Enciclica Laudato si’) è una sfida che non solo propone una sana relazione con il creato, un cambiamento di stili di vita nel consumo responsabile, nelle nostre abitudini e nella creazione e gestione dei nostri rapporti sociali; ma è una sfida che esprime e libera nel lavoro una energia che ci aiuta anche a rinnovare il nostro modo di creare il lavoro. In una società complessa come quella odierna, pervasa da contrasti e rancori ed egoismi, dove si rischia di perdere l’orientamento per una vita e dei rapporti umani, questa sfida dello spirito ci aiuta a rispondere alle domande essenziali che ci sollecitano il senso profondo del nostro vivere.
LA FIORITURA DEL CONVEGNO RESPONSABILI
Ecco i semi di senapa che crescono e si moltiplicano come speriamo avvenga per i gruppi di Rinascita Cristiana (Maria Grazia Ravegnani) 40
Società
Le cure palliative
non sono un “palliativo”
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el linguaggio corrente il termine “palliativo” viene usato quasi come sinonimo di illusorio, se non inutile: “questo è solo un palliativo, non serve a niente”, abbiamo certamente detto e sentito dire tante volte. Eppure perfino la scarna definizione di un dizionario dovrebbe farci riflettere: “rimedio che mitiga il male senza guarirlo”. Ma è inutile mitigare il male? Madre Teresa di Calcutta pensava di no e anche molto prima di lei gli Ospedali degli incurabili cercavano in qualche modo di alleviare le sofferenze di chi la speranza di sconfiggere la malattia non poteva più averla. Nella società contemporanea, spesso malata di efficientismo, curiamo sempre di più e ci prendiamo cura sempre meno e il senso profondo della dedizione e del rispetto nei confronti del malato terminale rischia di perdersi in uno sterile dibattito ideologico sulla eutanasia, troppo spesso disinformato e poco attento alla sensibilità di chi, il malato e i suoi familiari, si confronta con la realtà di una vita che si spegne. Una maggiore conoscenza delle cure palliative potrebbe aiutare a centrare invece l’attenzione proprio sulle persone, sui loro bisogni e sulla possibilità di aiutare chi vive un percorso doloroso e difficile. Nella seconda metà del secolo scorso, in Inghilterra, Cicely Saunders, un’infermiera, in seguito laureatasi in medicina, ha teorizzato per la prima volta in modo sistemati-
di Giovanna Hribal co il senso della medicina palliativa e fondato i primi hospice, dediti proprio alla assistenza dei malati terminali e dei loro familiari, nella convinzione che in ogni momento di vita la persona possa e debba essere sostenuta e accompagnata. Gli hospice si sono in seguito diffusi in tutta Europa, e in Italia affiancano spesso gli ospedali offrendo quello che l’ospedale non è più in grado di fornire. In un hospice infatti il malato è accolto da una equipe formata da medici, operatori sanitari e volontari che sanno di non poterlo guarire ma si mettono a disposizione sua e delle persone che lo accompagnano per rendere la vita residua, qualunque essa sia, il più possibile dignitosa e meno dolorosa. Il “pallio”, il mantello che San Martino (protettore delle cure palliative) condivide con chi ne è privo, è l’immagine dell’accoglienza, della protezione che un hospice si impegna a fornire, sia all’interno della struttura che, quando le circostanze lo permettono, con l’assistenza domiciliare. Le cure palliative includono, evidentemente, terapie del dolore, ma non si limitano a queste; se alleviare il dolore fisico è infatti indispensabile non è però sufficiente. L’hospice sarà l’ultima casa del malato ed è importante che venga vissuto come tale. Per questo, nella propria camera, ciascuno può portare le foto, gli oggetti che ha più
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Società cari, per questo un fisioterapista si impegna per permettere a chi è ancora in grado di farlo di muoversi autonomamente, per questo un volontario si ferma accanto al letto per ascoltare chi ha bisogno di raccontare la sua pena e la sua paura. A volte, la consapevolezza dell’irreversibilità del male sembra quasi inaridire la capacità di sintonia e di condivisione ma se rileggiamo la parabola del samaritano (Luca 10, 30-37) ci
rendiamo conto che è a noi che Cristo affida tutti i sofferenti. Se è Lui ad aver compassione dell’uomo aggredito dai briganti, siamo noi a cui dice “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più te lo rifonderò al mio ritorno”. Spendere parte del proprio tempo, mettere in gioco la propria visione della vita accanto ai malati terminali, essere l’albergatore a cui il Samaritano consegna il ferito è quello che gli operatori di un hospice cercano di fare.
PER APPROFONDIRE Il 25 settembre 2019 la Corte Costituzionale si è espressa sull’articolo 580 del Codice Penale sull’istigazione e l’aiuto al suicidio. La sentenza, destinata a riaprire il dibattito sul fine vita, va considerata come una sorta di voce supplente del parlamento, che non è ancora riuscito a regolare la materia a causa degli scontri ideologici tra partiti. La Corte Costituzionale ha così introdotto nell’articolo 580 del Codice Penale una scriminante che giudica “non punibile” la condotta di chi agevola l’esecuzione del proposito di togliersi la vita quando ricorrono quattro circostanze rigorose e stringenti: “un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. La norma, che è auto applicabile, avrà però bisogno che il Servizio Sanitario nazionale accerti le quattro condizioni citate, rispetti la normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda e senta il Comitato etico territorialmente competente. Infine la Corte ha chiesto al Parlamento di intervenire rapidamente. Un interessante e dettagliato articolo si trova in Civiltà Cattolica 4065 del 16 novembre 2019 pp. 243-252 a cura di P. Francesco Occhetta. Nel frattempo anche la Conferenza Episcopale Italiana ha fatto sentire la sua voce esprimendo le sue preoccupazioni e sottolineando come “alla chiesa sta a cuore la dignità della persona e l’impegno a continuare e a rafforzare l’attenzione e la presenza nei confronti dei malati terminali e dei loro familiari”. Se il Parlamento sceglie di promuovere il principio di autodeterminazione, deve anche garantire le cure necessarie perché si possa prendere una decisione serena con l’aiuto concreto, con l’assistenza domiciliare, con le cure palliative e con un assegno familiare congruo per le spese da sostenere. L’argomento così come proposto con competenza dall’articolo di Civiltà Cattolica potrebbe essere un’occasione interessante di revisione di vita per i nostri gruppi.
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Jorge Mario Bergoglio La logica dell’amore BUR, Euro 10,00 Cari amici, invio queste mie considerazioni maturate dopo la lettura del libro di papa Bergoglio e la bella prefazione di padre Antonia Spadaro. Mariella Bagnato Vigilante Il titolo del libro di Papa Bergoglio ha destato la mia curiosità e mi sono chiesta: come si fa a spiegare una teoria logica non fondata su basi razionali ma solo sul sentimento? Padre Antonio Spadaro nella sua bella prefazione sostiene infatti che la parola “logica” che compare spesso nei discorsi di Papa Francesco, non ricorre all’astrazione ma alla concretezza della realtà: è la disposizione interiore, la tensione esistenziale. Questo mi ha disorientata, perché sono abituata al rigore della logica matematica. Poi però ho ragionato ricordando il “teorema della indecidibilità” dimostrato, nel 1931, dal grande matematico austriaco Kurt Godel, amico di A. Einstein. Godel sostiene che: «dato un
qualsiasi sistema formale (assiomi e regole di procedure) come l’aritmetica e la geometria euclidea, esiste sempre una proposizione vera che fa parte dello stesso sistema ma non è dimostrabile con gli assiomi che costituiscono il sistema stesso» (sono un esempio le geometrie non euclidee, fondate sul 5° postulato di Euclide). In altri termini la matematica, secondo Godel, non sarebbe più un sistema chiuso, completo, auto esistente, come fino ad allora si pensava, ma aperto, perché la sua incompletezza avrebbe favorito ulteriori relazioni logiche con l’ammissione di nuovi enti. Ne consegue una revisione critica della teoria logica che conduce alla considerazione che “una teoria logica è vera solo se aperta e incompleta”. Ricapitolando: una teoria logica inizia servendosi di principi primitivi indimostrabili ma evidenti (assiomi e postulati) e perciò considerati assolutamente veri. Anche la logica di Papa Francesco, fondata sulla realtà quotidiana, è fatta di eventi, a volte indimostrabili da cui scaturiscono tutte le situazioni dell’esistenza. Questa indimostrabilità del perché esistono questi eventi assolutamente veri, mi conduce alla considerazione che esiste un principio primitivo
Recensioni
Proponiamo due lunghe recensioni di due volumi che possono aiutare la riflessione dell’anno sia da un punto di vista spirituale sia come strumenti per un approfondimento della cultura contemporanea.
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indimostrabile ma vero, innato nella mente dell’uomo, non solo per la matematica ma per tutte le discipline del pensiero, anche quelle religiose. Questo principio indimostrabile ma vero è sicuramente il principio di tutte le cose: “Dio”. L’uomo di scienza sostiene che l’Universo nella sua totalità e il nostro mondo in particolare, si sono creati per caso, ma niente avviene senza una precisa volontà, neanche il caso (anche Einstein lo ammetteva: «Dio non gioca a dadi nell’universo») e questa volontà è, per un cristiano, la volontà di Dio, il principio di tutte le cose, che può essere definito “un atto d’amore”. Il mondo quindi, quello in cui viviamo, è frutto dell’amore di Dio, è una creatura come noi che in esso viviamo con tutte le altre creature animali e vegetali. Questo mondo che ci è stato donato con amore lo abbiamo riempito di cose, di oggetti inventati dalla nostra mente razionale, dotata anche della libertà di scegliere e di agire. Tutto quello che c’è (e che ci sarà) sul nostro pianeta Terra è sempre esistito nella mente di Dio e fa parte del nostro cammino esistenziale, pieno di difficoltà e di errori umani. La scelta di libertà avvenuta dopo la creazione è un atto dovuto perché è scaturita da una scelta di vita che, anche se irta di pericoli, vale la pena di essere vissuta. Dio comunque, nella sua infinita misericordia, ci ha donato un bene inestimabile, la “coscienza”, una
essenza divina dell’anima che, se sappiamo ascoltarla, ci avverte degli errori e ci guida a rimediare. Agire in piena libertà di scelta, per un cristiano è quindi agire secondo coscienza senza dimenticare che il fine da raggiungere è quello che ci ha indicato Gesù, il nostro unico modello da seguire. Ogni uomo nella sua esistenza ha una “Croce” da portare, un “Calvario” da percorrere. Il Cristiano sa che questo percorso può diventare meno pesante se lungo la via c’è qualcuno che con lui lo condivide e lo aiuta a trasportare la sua Croce. Ciò può avvenire in diversi modi. La condizione è necessaria e sufficiente: chi soffre si rinfranca se è aiutato; chi aiuta si rinfranca nell’aiutare chi soffre. Ciò vuol dire che ogni uomo sofferente può sentirsi meglio e migliore se aiuta chi soffre indipendentemente dal peso della sua Croce. Chiara Giaccardi, Mauro Magatti La scommessa cattolica Il Mulino, Euro 15,00 La scommessa cattolica del titolo si colloca nella relazione fra modernità avanzata e fede cristiana, resa problematica dalla rottura dell’alleanza fra cristianesimo e modernità che fino alla seconda
una “salvezza” terrena sempre più individualizzata. In questo contesto ultrasecolarizzato la Chiesa vive un difficile passaggio storico cui è tentata di rispondere o con la nostalgia di un passato che non c’è più, o con l’irrigidimento della dottrina o ancora con la speranza di poter ricevere sostegno dalla politica. In ogni caso rischiando di sentirsi e di essere percepita sempre più estranea a questo mondo e al destino dei suoi contemporanei. La risposta a questa difficile sfida sta all’opposto, secondo i due sociologi, nel riconciliarsi con la modernità, inserendosi con la sapienza del vangelo nelle sue contraddizioni e mancanze: il senso di onnipotenza nega ma non cancella la precarietà e la fragilità dell’uomo; l’autosufficienza del l’Io non estingue la sottile angoscia del sentirsi “soli insieme”; l’offerta illimitata di beni e opportunità lascia insoddisfatti perché tradisce la promessa della felicità desiderata. Nella parabola evangelica del padre misericordioso si può trovare la giusta prospettiva da cui guardare l’uomo contemporaneo. “Che cosa rappresenta infatti il “figliol prodigo” se non l’uomo moderno che, diventato pienamente consapevole di se stesso, si rende autonomo dal padre e si prende la responsabilità di vivere autodeterminandosi?” “Ciascuno di noi è quel figlio che ha voluto prendere nelle proprie mani la propria vita” e che “buttato nel mondo, dopo la prima euforia, si
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metà del ‘900, pur se in modo contradditorio, è rimasta viva e vitale costituendo l’architrave culturale e morale dell’Occidente. Su questa strada negli ultimi decenni il nuovo capitalismo ha costruito un sistema sociale tecnocratico sempre più sganciato dalle premesse cristiane e ha tolto spazio all’esperienza religiosa, relegandola nei limiti del privato. I due autori, attraverso un’ampia sintesi del percorso che nel corso di un millennio ha visto intrecciarsi cristianesimo e pensiero razionale, mostrano come la questione centrale sia l’evoluzione dell’idea di libertà che il cristianesimo stesso ha immesso nella cultura occidentale con il suo richiamo alla coscienza e alla responsabilità personale, evoluzione che è approdata oggi al soggettivismo individualistico imperante. Nel libro si racconta come la crescente consapevolezza di sé maturata a partire dal Medio Evo abbia consentito all’uomo di ottenere notevoli successi sul piano istituzionale, economico e culturale. Sradicato però dalla sua matrice cristiana, l’esercizio della libertà ha portato al passaggio dal concetto di persona, costitutivamente in relazione, a quello di individuo autosufficiente e non bisognoso degli altri, né dell’Altro. Proteso all’autoaffermazione, l’uomo moderno ha orientato il desiderio di Dio e la tensione al bene verso la realizzazione di sé e dei suoi desideri materiali, per raggiungere
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ritrova sempre più sperduto, in balia di forze che non controlla”. Il cristianesimo ha molto da dire all’uomo contemporaneo, sostengono i due autori, e la Chiesa potrà assolvere a questo compito se si lascerà interpellare dalle trasformazioni culturali di questo tempo, evitando che la fede cristiana perda la sua identità, svaporando in una religiosità intima, generica e indistinta. É vero che la Chiesa ha il problema di contrastare la profonda secolarizzazione che ha condannato la religione all’irrilevanza pubblica, ma il modo non può che passare dal riconoscimento della libertà moderna come passaggio fondamentale del disegno della creazione verso una fede adulta. Se Dio è Padre e ci ha creato a sua immagine e somiglianza, e perciò liberi, “la prima preoccupazione della Chiesa deve essere la libertà, non il controllo”. Questa è la scommessa della fede oggi. “Se perde questa consapevolezza il cristianesimo perde se stesso. E la sua capacità di parlare al mondo”. Si tratta allora per la Chiesa, per le Chiese, di riempire la “trascendenza vuota” della società postcristiana con l’immagine di un Dio che non è un padre padrone che castra il desiderio, ma un Padre che allaccia coi suoi figli una relazione basata sulla libertà, il perdono e la misericordia. Si tratta di aiutare l’uomo a incanalare il suo bisogno di “un di più di vita” non nell’accumulo, nel controllo, nell’eccesso, ma
nell’”eccedenza” della buona notizia del vangelo, nell’apertura liberante verso una vita che si espande grazie agli altri, con gli altri, e in relazione con l’Altro, che paradossalmente perde se stessa per ritrovarsi più ricca e più piena. L’ultima sezione del libro delinea per la Chiesa le modalità diverse con cui poter sopravvivere come istituzione e con cui parlare ai suoi contemporanei. Dovrà mostrarsi capace di rinnovarsi rimanendo se stessa, saper cogliere nelle difficoltà attuali un’ opportunità di rigenerazione, riconoscendo che i modi e le prassi adottate negli ultimi decenni, al di là della buona volontà di tanti, non hanno funzionato. La Chiesa ha bisogno oggi di parlare di più di fede intesa come affidamento e non come adesione a un corpus dottrinale, di aprirsi alla concretezza della realtà che, in quanto viva, è sempre in continua trasformazione, di esprimere una visione più dinamica e aperta della vita nella sua irriducibile complessità. Con questa apertura alla concretezza e alla realtà “ascoltata e amata”, nella tensione fra continuità e cambiamento, potrà sollecitare nella società dello strapotere economico e tecnologico una riflessione critica sulla modernità e portare il suo contributo a una nuova antropologia, all’altezza delle domande più profonde e autentiche degli uomini e delle donne di oggi. Maria Grazia Fergnani
COSTRUIRE UN PONTE TRA IL MONDO DELLA BIBBIA E IL NOSTRO MONDO SEMINARIO BIBLICO –TEOLOGICO Roma 7-9 febbraio Scopo del Seminario è fornire elementi di base per un approccio corretto alla Sacra Scrittura tanto più necessario in tempi in cui molti nostri gruppi, privi di assistente, debbono contare su una preparazione personale soprattutto nei riguardi dei gruppi nuovi e delle persone più giovani. La meditazione in RC ha lo scopo di educare ad un ascolto intelligente e amoroso della Parola di Dio e la revisione di vita ha bisogno di un approfondimento teologico sulla chiesa di oggi.
Venerdi 7 ore 15,30 Accoglienza ore 16,00 Inizio dei lavori: Le ragioni di questo seminario nel percorso di aggiornamento di RC ore 17,00 P. Jean Louis Ska, Pontificio Istituto biblico - La Bibbia il grande codice: l’opera, il narratore, il lettore Riflessione in comune ore 18,30 P. Jean Louis Ska - Imparare a leggere: Le mediazioni necessarie per una lettura critica della Bibbia ore 19,30 Vespri
Sabato 8 ore 8,30
Lodi
ore 9,00 P. Jean Louis Ska - Generi e convenzioni letterarie nell’Antico e nel Nuovo Testamento ore 10,30 P. Miguel Yanez, Pontificia Università Gregoriana - Il Sinodo dell’Amazzonia: quale chiesa per il futuro? Il valore della sinodalità L’ecologia integrale nella vita di fede e nella pastorale Ore 15,30 Prof. Marinella Perroni, Pontificia Università di S. Anselmo La chiesa un cantiere a cielo aperto Riflessione in comune Al termine del Seminario alle ore 18,00 del sabato fino alla Celebrazione Eucaristica di domenica ore 10,00 Incontro delle regioni del Centro-Sud Il luogo del Seminario è Casa don Orione – Via della Camilluccia, 120 – Roma Camera singola € 180 Camera doppia € 150 Iscrizione € 30 Pasti extra € 18 47
Domenica della Parola di Dio Con il Motu Proprio Aperuit illis, emanato il 30 settembre, Papa Francesco stabilisce che la terza del tempo ordinario è un momento opportuno per riflettere sulla Parola poiché in questo periodo dell’anno siamo invitati a rafforzare i legami con gli ebrei e a pregare per l’unità dei cristiani. “La Bibbia – scrive il Papa – non può essere solo patrimonio di alcuni … è il libro del popolo del Signore che nel suo ascolto passa dalla dispersione e dalla divisione all’unità. La Parola di Dio unisce i credenti e li rende un solo popolo”. RINASCITA CRISTIANA CHE SEMPRE HA MESSO AL CENTRO DELLA SUA RIFLESSIONE LA PAROLA DI DIO È FELICE DI QUESTA INIZIATIVA.
Rinascere Periodico bimestrale di informazione e di collegamento del Movimento Rinascita Cristiana Via della Traspontina, 15 - 00193 Roma - Tel. 06.6865358 - Fax 06.6861433 - segreteria@rinascitacristiana.org www.rinascitacristiana.org - c/c postale n. 62009485 intestato a Movimento Rinascita Cristiana Direttore Responsabile: Francesca Tittoni Comitato di Redazione: Francesca Carreras, Maria Grazia Fergnani, Giovanna Hribal, Alberto Mambelli, Roberta Masella, Gege Moffa, Elvira Orzalesi, P. Licio Prati, Renzo Seren. Stampa: La Moderna srl - Via Enrico Fermi, 13/17 - 00012 Guidonia (Roma) – tel. 0774.354314 Associato all’Unione Autorizzazione del Tribunale di Roma N° 00573/98 del 14/12/98 Stampa Periodica Italiana Finito di stampare nel mese di Novembre 2019
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