2007-2017 10 ANNI DI CARNEVALE Fiabe di MAURO NERI Illustrazione di FULBER
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Gellindo Ghiandedoro e la gara di “Cucina Spauracchia�
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Gellindo Ghiandedoro e la gara di Cucina Spauracchia – Ah, come fa i dolci Casoletta… non la batte nessuno! – esclamò un giorno di metà febbraio Candeloro, addentando un pasticcino alla crema di nocciole nella Cioccolateria della cuoca più brava del Villaggio. – Anche Bellondina, però, non è da meno! – farfugliò Gellindo Ghiandedoro con la bocca piena di bigné alla crema di cioccolata bianca. – Sapessi come sono buoni i suoi panini al formaggio e salame! – Per non parlare delle insalatone miste che prepara Tisana la Dolce – aggiunse Lingualunga, sorseggiando un buon tè ai fiori di bosco. – Perché non organizziamo una gara di cucina per premiare la cuoca più brava? – propose allora Gellindo pulendosi le labbra con la coda. – Sei la bestiola più furba che abbia mai conosciuto! – esclamò Candeloro con un sorriso furbetto. – E perché, poi? Perché ho proposto una gara di cucina? – No, non per quello… Il fatto è che con la gara di cucina… EH! EH! EH!… potremo assaggiare i piatti più prelibati… e per giunta GRATIS! Si iscrissero in cinque, alla gara di “Cucina Spauracchia”: Casoletta, Bellondina, Chiomadoro, Tisana la Dolce e Pasticcia. I loro piatti sarebbero stati giudicati da una giuria composta… c’è bisognodi dirlo?… da Gellindo, Candeloro e Lingualunga. Lavorarono per una giornata intera, le cinque concorrenti, ognuna chiusa nella propria cucina. Poi la sera tutti gli Spaventapasseri del Villaggio si diedero appuntamento alla Scuola di Abbecedario per la scelta della “Regina della Cucina Spauracchia”.
Cominciò Casoletta, che venne accolta da un fragoroso applauso quando mostrò alla giuria una stupenda polentina dolce con tocchetti di cioccolato al fondente, guarnita con fiocchi di panna montata. I tre giurati assaggiarono e riassaggiarono a lungo… Mmmmmhhh! Deliziosa!… parlottarono a lungo, mangiarono ancora e quindi votarono. Fu poi la volta di Tisana la Dolce, che propose un’insalata di radicchietto dolce d’orto con funghi sott’olio, pinoli e mirtilli. I tre giurati discussero na lungo, assaggiarono più e più volte il piatto, poi si convinsero e segnarono sulla scheda ognuno il proprio voto. Venne quindi avanti Chiomadoro con una torta salata di formaggio e fettine di mortadella arrotolate… Profumata, saporita… buonissima! I giurati impiegarono un bel po’ negli assaggi e poi scrissero i voti. Bellondina si presentò con tre panini belli e tondi, ripieni di mele a fettine sottili e saporitissimo prosciutto crudo tagliato a dadetti: una leccornia incredibile… si scioglieva in bocca… una sinfonia di gusti… e i giurati votarono anche quel piatto. Pasticcia, per ultima, si fece avanti con gli occhi rossi di pianto. – Ho sbagliato tutto, amici! – piagnucolò la poveretta, che aveva in mano un piatto con delle cose arricciate, brutte e ridicole. – Volevo preparare dei biscotti, ma mi sono messa a parlare con Lauretta e chiacchiera qui, chiacchiera là, la pasta non è venuta come volevo io! Allora, presa dalla rabbia, ho buttato tutto nell’olio bollente e… ed è venuto fuori quest’obbrobrio. Ho coperto il disastro con un po’ di zucchero a velo, ma forse è meglio se vado a buttare tutto nelle immondizie…
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE La giuria, bontà sua, decise di assaggiare comunque anche il dolce di Pasticcia. Gellindo, Lingualunga e Candeloro si tapparono il naso, presero ognuno un pezzetto di quella cosa schifosa che si rompeva in
mano al solo toccarla, la misero in bocca, cominciarono a masticarla e… E un sorriso di meraviglia si aprì sui loro volti… – Ma è buonissimo! È dolce e profumato… Assaggiate anche voi… è croccante e si scioglie sulla lingua assieme allo zucchero a velo… Insomma: Pasticcia vinse la gara di “Cucina Spauracchia” con un dolce senza nome, un dolce strano che nessuno aveva mai visto prima. – CHIACCHIERE! – disse Bellondina, – perché non le chiamiamo Chiacchiere, visto che tutto è nato dalle chiacchiere di Pasticcia e di Lauretta? Sono nate così le “CHIACCHIERE”, il dolce di Carnevale che da noi ha anche un altro nome: sono i dolci Cròstoli della nonna, delizia di grandi e piccini!
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Gellindo Ghiandedoro e uno strano Carnevale
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Gellindo Ghiandedoro e uno strano Carnevale – Meno CINQUE! – urlò Gellindo Ghiandedoro con tutto il fiato che aveva in corpo.. …e gli spaventapulcini balzarono fuori dai cespugli battendo le mani … – Meno QUATTRO! …e Bellondina cominciò a saltellare per l’emozione… – Meno TRE! …e Lingualunga e Chiomadoro si prepararono a danzare in coppia… – Meno DUE! …e la civetta Brigida volò fin sul ramo
più alto della quercia in cui abitava Gellindo Ghiandedoro… – Meno UNO! …e tutti gli spaventapasseri si prepararono a urlare in coro… – ZERO… Ma come, direte voi, l’orologio del tempo è andato all’indietro? Siamo tornati all’ultimo dell’anno, al conto alla rovescia in attesa dell’anno nuovo? Nooo! Non era la festa di San Silvestro, quella…
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE Allora era il compleanno di qualcuno… una festa a sorpresa, era proprio festa a sorpresa, quella, vero? Acqua, acqua… nessuna festa a sorpresa, nessun compleanno! Era la fine del letargo? Nooo, troppo presto! La festa della Befana? Ma va là, quella è già passata… E allora me lo vuoi dire tu, a che cosa serviva quel conto alla rovescia? Per dire a tutti che era arrivato… – ZERO… CARNEVALE! ANCHE
QUEST’ANNO È ARRIVATO IL CARNEVALE! – sbraitò Gellindo, gettando in aria una manciata di coriandoli… E fu un tripudio di grida e di canti, di stelle filanti colorate e di trombette spernacchiose, di mascherine e di cappellini saltati fuori da chissà dove… Era una vecchia tradizione della Valle di Risparmiolandia, quella di attendere l’arrivo del Carnevale nella notte fra il 31 di gennaio e il primo di febbraio, tutti assieme in cerchio e nel cuore del Bosco delle Venti Querce. Ognuno portava qualcosa per la festa: Casolettadue bricchi di cioccolata calda Casoletta e Tisana la Dolce del buon tè bollente, Paciocco un vassoio di paste alla crema, mentre Bellondina e Chiomadoro avevano preparato cròstoli e “chiacchiere” per tutti. Toccava sempre a Gellindo fare il conto alla rovescia e poi… poi festa grande per tutti, prima di andar a dormire di corsa nel cuore della notte! – Abbecedario – urlò lo spaventapulcini Lampurio per farsi sentire in mezzo a tutto quel baccano, – che ne dici se domani facciamo vacanza? – Non sia mai detto che i miei alunni saltino la scuola il primo giorno di febbraio! – rispose il maestro sorridendo soddisfatto. – E perché? – chiese Occhialetta, la spauracchietta con la testa sempre fra le nuvole – Perché domani mattina, cari miei, cominceremo a costruire i vostri vestiti di Carnevale! – sussurrò Abbecedario, come se nessun altro dovesse ascoltare quell’importante segreto! – Anzi, sapete che vi dico? Visto che è tardi, prendete le vostre cose e correte subito a casa, mettetevi a letto e… buona notte! Il primo a svegliarsi dopo la gran festa di
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quella notte fu proprio Abbecedario, che si vestì in fretta e furia, afferrò il borsellino dei soldi della scuola e corse dal vecchio Caramella alla Famiglia Cooperativa. Lo spaventapasseri Caramella, che di solito era indaffarato a mettere in ordine i salami i formaggi sul bancone, a contar cavolfiori o a pesar carote, se ne stava invece seduto su un bidone di aringhe affumicate con il suo grembiule bianco e il cappellino azzurro in testa, perso in un mare di tristi pensieri, quando… DLIN… DLIN!! … il campanello della porta del negozio gli fece fare un balzo per lo spavento. – Buon giorno, Abbecedario – piagnucolò Caramella con due lacrimoni sull’orlo degli occhi. – Ahimè, ti stavo aspettando
come tutti gli anni il primo di febbraio… Sei venuto per i costumi di Carnevale, vero? – Come no! – esclamò allegro Abbecedario, tirando fuori di tasca una lunga lista di cose da comprare. – Allora guarda: come sempre ho bisogno di trenta rotoli di carta crespa colorata; cento metri di nastrini di tutti i colori; venticinque metri di stoffe variopinte… poi voglio coriandoli, stelle filanti, palline colorate con le loro cerbottane, trombette di tutti i tipi… e, ancora, colla, forbici di plastica, nastro adesivo, fogli di carta bianca, carta velina, carta colorata trasparente… – Ferma! Ferma! Abbecedario, aspetta… – ebbe la forza di interromperlo Caramella. – Perché devo fermarmi? Ho ancora bisogno di cartoncino ruvido, cartoncino morbido, cartoncino liscio… – Abbecedario mi dispiace, ma io tutte queste cose non le ho! – esclamò allora l’anziano gestore della Famiglia Cooperativa. – …cartoncino da disegnare, cartoncino da ritagliare… carton… COSAAAA?! Come sarebbe a dire, che non le hai?! Ma se vengo tutti gli anni a comprare sempre le stesse cose! – Guarda anche tu: di articoli per il Carnevale qui non ce n’è nemmeno uno! Abbecedario si girò a guardare ed effettivamente là, dove ogni anno Caramella esponeva tutto quello che serviva per costruirsi le maschere di Carnevale, c’erano solo manici di scopa e pile di scatole di detersivo. – Cos’è successo? – È successo che questa mattina, quando ho aperto il negozio, mi sono accorto che… che…insomma, Abbecedario, è la pri-
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Gellindo Ghiandedoro e il Natale... dimenticato!
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2007-2017: BUON NATALE 10 VOLTE!
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Gellindo Ghiandedoro e uno strano Carnevale ma volta che mi capita, ma mi sono dimenticato di fare la scorta dei soliti articoli del Carnevale, va bene? DLIN!… DLIN!! La campanella della porta suonò un’altra volta, salvando Caramella da una sfuriata di Abbecedario, e fecero il loro ingresso Gellindo, Bellondina, Casoletta e Lingualunga. – Salve, ragazzi! – esclamò lo scoiattolo. – Ehilà, che musi lunghi vedo. È successo qualcosa di grave? – …qualcosa di gravissimo, vorrai dire! – sospirò Caramella abbacchiato come una pecora tosata da poco. – E cioè? – fece Bellondina, inginocchiandosi accanto ad Abbecedario, seduto triste e sconsolato anche lui su un secondo bidone di aringhe affumicate. – Lui… Caramella… si è dimenticato… – E dillo, forza! – lo incoraggiò Caramella. – Mi sono dimenticato di acquistare quel che serve per il Carnevale del Villaggio… Oh, l’ho detta, finalmente! Lo faccio tutti gli anni all’inizio di gennaio, ma quest’anno me ne sono proprio scordato! Ormai è troppo tardi per rimediare – aggiunse con voce spezzata il vecchio col grembiule bianco, – e così nessuno si fiderà più di Caramella, tutti mi prenderanno in giro, nessuno vorrà più metter piede qua dentro, Abbecedario andrà a fare la spesa giù, alla Grande Città, e io sarò costretto a chiudere la Famiglia Cooperativa… E solo perché ho avuto un piccolo vuoto di memoria! Naturalmente Abbecedario si rifiutò di andare in città a far la spesa. “Non voglio avere sulla coscienza il dolore del mio amico Caramella!” disse il maestro, bofonchiando qualcosa contro la sfortuna e avviandosi
per tornare a scuola. E nessuno degli spaventapasseri del Villaggio osò prendere in giro il povero Caramella. – Però dove andremo a prendere i coriandoli, le stelle filanti e le trombette spernacchiose, quelle che si arricciano e si srotolano quando soffi? – chiese Tisana la Dolce ai suoi amici. – E con che cosa li faremo, i costumi di Carnevale dei nostri spaventapulcini? – insistette Casoletta, che pensava ai pianti dei piccoli in attesa di far festa e gran baldoria vestiti da fate e Zorro, cow-boy e pompieri. – Quelli dell’anno scorso li abbiamo buttati via… – Questo ci insegna che non necessariamente quel che al momento non ci ser-
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE ve dev’essere gettato nelle immondizie – intervenne Gellindo. – Comunque io ho un’idea almeno per i coriandoli e le stelle filanti… – E cosa pensi di fare? – domandò Lingualunga. – Sapete che cosa diceva bisnonno Ghiandedoro, quando i suoi nipoti gli chiedevano un consiglio o un aiuto? “RAGAZZI MIEI, CI PENSO IO!!” – e se ne andò su al Bosco delle Venti Querce, accompagnato da Bellondina e da Palosghembo. “Come mi piacerebbe travestirmi a Carnevale” era il titolo del compito di disegno che Abbecedario aveva dato ai suoi spaventapulcini quel mattino. Voleva infatti restare un po’ da solo, seduto alla scrivania e in compagnia dei suoi tristi pensieri e far lavorare i piccoli a qualcosa di divertente. – Ragazzi – sussurrò Lampurio all’in-
dirizzo di Frigerio, Occhialetta, Frulletto e degli altri spaventapulcini della classe, – che ne dite di fare uno bello scherzo al maestro? – Ma sei matto? – esclamò il piccolo Frigerio. – E se poi Abbecedario si arrabbia? – Per prima cosa non sai nemmeno che scherzo ho in testa; secondo, da questa notte non siamo forse in Carnevale? E… tutti sanno che a Carnevale ogni scherzo vale! – E cosa vorresti fare – s’informò Occhialetta. – Io avrei voluto disegnare la maschera di Zorro – disse allora Lampurio, – ma poi m’è venuta la voglia di disegnare… Lingualunga! Sì, a me piacerebbe a Carnevale travestirmi da Lingualunga! – A me sta simpatico il vecchio Empedocle – disse allora Frigerio. – E a me Tisana la Dolce – disse Occhialetta… – A me Candeloro… – aggiunse Frulletto… Avvenne, così, che gli spaventapulcini si dimenticarono di disegnare fatine e cowboy, tartarughe e Uomini ragno, Zorro e pompieri e ognuno si scelse come maschera di carnevale uno spaventapasseri del Villaggio. Lavorarono d’impegno e nel massimo silenzio per quasi due ore e quando Abbecedario raccolse i fogli dei disegni, si trovò sotto agli occhi la soluzione al suo problema. – CASOLETTAAAA! – strillò come un matto, uscendo di corsa da scuola. – Chiomadoro, Quantobasta… VENITEEE! Ho trovato, ho risolto… anzi, sono stati miei piccoli alunni a darmi l’idea giusta… Guardate questi disegni!
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Gellindo Ghiandedoro e il Natale... dimenticato!
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE Gellindo, Bellondina e Palosghembo, aiutati da Brigida la civetta e dalla talpa Melesenda, erano impegnati a procurarsi coriandoli e stelle filanti. Per meglio dire: a fabbricarseli con le loro mani! Muniti di forbici, tagliarono a pezzettini piccoli e tondi tutti i giornali, i giornaletti e la pubblicità colorata che Posticcio consegnava tutti i giorni al Villaggio degli Spaventapasseri. Agli ordini di Melesenda, poi, le talpe raccolsero dai boschi attorno tutte le minuscole pigne di larice sopravvissute all’inverno: Bellondina e Brigida, munite di pennelli e vernici colorate, dipinsero le pignotte di tutti i colori e poi le allinearono ad asciugare nei prati del Bosco delle Venti Querce. Alla Palude dei Vampiri Striscianti chiesero in prestito alcune cannelle d’acqua: tagliate e ripulite all’interno, le trasformarono in perfette cerbottane, con cui ci si poteva divertire a lanciar palline di carta colorata! Le foglie lunghe e strette delle stesse canne di palude furono arrotolate con pazienza per farne delle perfette stelle filanti; ci si mise c’accordo con le ranocchie dalla lunga lingua, per farne delle simpatiche trombette spernacchiose… In meno di due settimane, lavorando dieci ore al giorno, cinque grandi casse di materiale “carnevalesco” si ammucchiarono nella Famiglia Cooperativa, per la gioia di Caramella, che si sentiva ogni giorno meno in colpa per la sua dimenticanza, e per quella degli spaventapulcini, che non vedevano l’ora di dare il via alle battaglie dei coriandoli. E venne finalmente il giorno tanto atteso
del Martedì Grasso, l’ultimo di Carnevale! Dovete sapere che, grazie al piano di Abbecedario, ogni spaventapulcino era stato “gemellato” con uno spaventapasseri: sarebbe toccato a quest’ultimo metter mano al suo guardaroba, per aiutare il “figlioccio” a vestirsi in modo del tutto identico all’originale. Frigerio si vestì da Empedocle con il bastone in mano e un gran cappello da cowboy in testa… Lampurio fu abbinato a Lingualunga e indossò un bel cappotto nero e affusolato e un cappello di paglia sforacchiato... Occhialetta divenne Tisana la Dolce, con un bel grembiule rosa chiaro a grandi fiori rosa scuro… Frulletto si travestì da Candeloro, col basco rosso in testa e un fazzolettone dello stesso colore al collo… E così per tutti gli altri spaventapulcini: nelle varie casette del Villaggio stavano
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Gellindo Ghiandedoro e uno strano Carnevale prendendo vita un minuscolo Quantobasta con il camice bianco, un Dindondolo in miniatura con una campanella in mano, un piccolo Abbecedario con gli occhialetti e la bombetta in testa… e poi RossoGialloVerde con il fischietto in bocca e la divisa azzurra del vigile urbano, Còntolino con il gilé senza maniche e la penna nel taschino, un mini-Paciocco con due cuscini sotto la giacca per sembrar più grasso, una tenera Chiomadoro con la parrucca bionda in testa… Quando la sfilata partì dalla Scuola del Villaggio, due ali di pubblico accolsero con un forte applauso le simpatiche mascherine, che procedevano in fila per due, il pic-
colo dando la mano al suo “grande”. Arrivati in piazza, poi, vennero aperte le cinque casse colme di coriandoli e stelle filanti. Gli spaventapulcini ci si gettarono sopra urlando e ridendo, dando il via a una vera e propria “battaglia di carnevale” con trombette ranocchiose e cerbottane paludose… – EHI, GUARDATE CHI STA ARRIVANDO!!! – urlò a un certo punto Palosghembo. Tutti si girarono a guardare nella stessa direzione e dalla via principale del Villaggio degli Spaventapasseri venne avanti… Bellondina, in un stupendo vestito da fata azzurro e celeste, che però non riusciva a
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE nascondere un’enorme coda tutta impomatata! – Ehi! – urlò allora Lampurio-Lingualunga, – ma quella non è la vera Bellondina… ha una coda da scoiattolo! È una coda da… Gellindo! Una risata generale, così forte da farsi venire il mal di pancia, accolse Gellindo Ghiandedoro che s’era travestito da… Bellondina, con tanto di cappello a cono in testa e bacchetta magica in mano… – Ma come… – esclamò la vera Bellondina arrossendo di vergogna, – tu non mi avevi detto nulla… io non ne sapevo niente… Ma quel vestito da dove viene? – Tutto merito di Casoletta – esclamò Gellindo inchinandosi fin quasi a terra davanti alla sua amica, – delle sue forbici e della sua macchina da cucire… Posso avere l’onore di un ballo? Chissà invece che fine avrà fatto, il povero Caramella, vero?
Ah no, eccolo lì in un angolo… ma cosa sta facendo? Caramella s’era procurato un foglio di carta due metri per uno e con un grosso pennarello rosso ci stava scrivendo queste parole:
Ricordarsi di comprare il materiale del prossimo Carnevale! – È vero, il prossimo anno non dimenticarti di comprare coriandoli e stelle filanti, – urlò Occhialetta per sovrastare tutto quel baccano intorno, – ma che non ti venga in mente di comprar costumi di Carnevale, perché io, il prossimo anno, ho già deciso che voglio travestirmi da… Civetta Brigida! – …e io da Palosghembo – strillò Frigerio. – Io da Pagliafresca… – disse Frulletto. – E io da PASSION DI FIABA! – gridò Lampurio, gettando in aria un pugno di coriandoli.
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Gellindo Ghiandedoro e il Natale... dimenticato!
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Nuvola Tristina e il Carnevale in bianco e nero (Campitello di Fassa)
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Nuvola Tristina e il Carnevale in bianco e nero Abbecedario gliel’aveva detto, a Gellindo, prima di partire. «Non potete andare in Val di Fassa senza passare da Campitello, il paese del Carnevale, il paese dell’allegria e dei colori!» Vi lascio quindi immaginare la meraviglia e lo spavento che provarono Gellindo, Robaccio e Passero Pistacchio, quando giunsero al paesello ladino e si videro venire incontro… Eh no, non posso ancora dirvelo! Per saperlo, cominciate a leggere l’avventura strabiliante di Nuvola Tristina e il Carnevale in bianco e nero! La strada che conduceva a Campitello di Fassa s’inerpicava con grandi curve su per la valle… – Giuro che il prossimo anno, se mi proponi un’altra vacanza in giro per il Trentino, prima mi procuro un camioncino! Un camper! Un pullmann! – ansimò Ratto Robaccio sudando sui pedali. – Ma se questa automobilina di plastica color rosso ciliegia è la cosa più divertente della gita! – rispose Gellindo Ghiande¬doro. – No, guarda: le ali, mi faccio crescere, un bel paio di ali proprio come Passero Pistacchio – aggiunse per tutta risposta la pantegana sudata e senza più fiato. – Guardate, amici: siamo quasi arrivati! – cinguettò felice Pistacchio, che svolazzava in alto sui prati. – Campitello è proprio dietro quella curva lassù… Quando però lo scoiattolo risparmioso e il topolone di discarica arrivarono nella piazzetta del paese, una brutta sorpresa era lì ad aspettarli: una sorpresa incredibile, inverosimile, mirabolante e anche un po’ terribile! Avete presenti le vecchie foto dell’album dei nostri bisnonni? Quelle foto con i bordi frastagliati e tutte in bianco e nero che si scattavano un tempo usando macchine fotografiche grandi come dei tosaerba? Bene: Campitello era proprio così! Così come?, chiederete voi. Così come ve lo sto raccontando io: in bianco e nero!
– Hai mai visto una cosa del genere? – domandò Gellindo guardandosi attorno stranito e spaventato. – In tutta la mia vita di discarica, non ho mai visto niente di così terrificante! – esclamò Robaccio tirando su col naso. – Ma guarda tu: il cielo è grigio, l’erba degli orti è grigia, i fiori sono bianchi, neri e grigi… Anche il legno delle case è grigio scuro come il piombo! Lo scoiattolo non ebbe nemmeno il tempo di aggiungere che pure le cassette delle lettere, gli affreschi alle pareti delle case e i nanetti di gesso nei giardini erano tutti bianchi e neri, che dal fondo della piazza venne avanti un strano tipo vestito in modo ancor più strano. Era un uomo che indossava un paio di pantaloni e una camicia pieni di nastrini di tutte le tonalità del grigio; portava in testa uno strano cappello a punta con minuscoli specchietti bianchi e grigi e aveva il viso coperto da una maschera, grigia anch’essa, che finiva in un nasone grosso e lungo così, sulla cima del quale dondolava una piccolissima campanella “muta”. – Buon giorno, signora maschera – disse lo scoiattolo facendosi avanti. – Intanto ci presentiamo: io sono Gellindo Ghian¬de¬¬doro, questo è il mio amico Ratto Robaccio e lassù sta volando Passero Pistacchio. Mi scusi, ma lei è di Campitello, vero? – Purtroppo sì – mormorò la maschera
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE sedendosi sull’orlo della fontana. Stringeva in mano un lungo bastone e aveva ai piedi un paio di scarpe nere e lucide con la fibbia davanti. – Mi chiamo Lacchè e sono l’unico abitante rimasto di Campitel¬lo… ahimè! – L’unico? E gli altri dove sono andati? – Era stato Robaccio a parlare. – Sono riusciti a fuggire lontani prima che Nuvola Tristina rubasse i colori di ogni cosa e coprisse tutto il nostro paese con il sapore monotono e insipido della noia e della malinconia! Nuvola Tristina – continuò la maschera scrollando il capo, – s’è presa Campitello per farne il suo regno. Io sono l’unico che ha cercato di resisterle, di fermarla prima che si impossessasse di ogni cosa, ma non ce l’ho fatta e sono diventato bianco e grigio pure io, alla mercé del mio nuovo padrone. – E dov’è, adesso, questa Nuvola Tristina? – s’informò Passero Pistacchio appollaiato sul bordo d’un poggiolo lì accanto. – Se ne sta sempre chiusa in una grotta qui sopra al paese e da lì esce solo la notte per mangiare i colori qui attorno… Sì, perché quel mostro si ciba di colori! Mangia il verde dei prati e il marrone dei tronchi, l’azzurro dell’acqua nei torrenti e il giallo, il rosso e il celeste dei fiori di campo! Fa scorpacciate incredibili con l’oro del fieno, lasciandosi alle spalle un mondo intristito e in bianco e nero! – Puoi accompagnarci a questa grotta? – domandò Gellindo scendendo dall’automobilina di plastica. – Che vorresti fare? – chiesero in coro e preoccupati sia Lacchè sia Ratto Robaccio. – Forse so come fermare l’ingordigia di quel mostro! Accompagnami alla grotta e staremo a vedere…
Gellindo, Robaccio e Pistacchio rimasero letteralmente senza parole e senza fiato, quando videro in fondo alla grotta Nuvola Tristina che dormiva della grossa, cercando di digerire tra un ronfo e l’altro tutti i colori divorati la notte prima. Se si aspettavano un ammasso grigio senza forma e senza senso, rimasero delusi, perché quel mostro era invece un vero arcobaleno di mille e mille tonalità diverse: il giallo si mescolava all’arancione per tingersi di violetto e lillà, mentre il verde pisello si arricciava in tanti sbuffi colorati con l’azzurro cielo e il rosso color di fragola… – Ma è bellissima! – si lasciò scappar detto Pistacchio. – Sembra la tavolozza di un pittore! – esclamò la pantegana. – Prendete questi fazzoletti – disse invece Gellindo, – e legateveli sugli occhi. – E a cosa ci servono? – Era stato Robaccio a parlare. – Io sono convinto che Nuvola Tristina rubi i colori e quindi l’allegria di tutte le persone che la guardano negli occhi. Perciò annodate i fazzoletti attorno alla testa e fate tutto quello che vi dico. NUVOLA TRISTINA, SVÉGLIATI! Disturbato mentre dormiva, il mostro colorato d’arcobaleno aprì gli occhiacci grandi come due finestre, spalancò la bocca enorme come un garage per sbadigliare e poi parlò con voce cavernosa e roca: – Si può sapere chi ha osato svegliare Nuvola Tristina? E voi cosa volete? – chiese a quel punto il mostro, rivolto ai tre nuovi venuti che si coprivano gli occhi con dei fazzoletti. – Robaccio – sussurrò allora Gellindo, – spara una delle tue solite barzellette, forza!
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– Una… che cosa? – Ma sì dai: una delle tue freddure… proviamo con quella, forza! – Ehm, se lo dici tu… Allora: ecco sì… Cara Nuvola Tristina, sai qual è il colmo per un dottore? – No, non lo so… – Essere... paziente! – Ah, carina questa! – mugolò la Nuvola cominciando a tremare piano piano. – E invece sai qual è il colmo per un toro? Starci stretto, a… Torino, perché è una città troppo piccola! – Ah Ah… simpatica anche questa – ballonzolò la nuvola variopinta. – E allora saprai dirmi senz’altro qual è il colmo per un idraulico! Nuvola Tristina ci pensò su e…
– No, non lo so! – Guardare questa nuvola dai duemila colori e… non capirci un tubo! – Ah! Ah! Ah! – si mise sghignazzare la nuvola e nessuno seppe più fermarla! – Uh, che ridere… mi fa mal di pancia, a forza di ridere… Ih! Ih! Ih! – E il colmo per una pantegana col mal di denti, sai qual è? – No no… dimmelo tu, dai… Ah! Ah! Ah! – Perdere un dente e non avere il “topolino” che le porta un soldo! – AAAAHHH! BASTA… NON CE LA FACCIO PIÙ… BASTA FARMI RIDERE! – e… SWIMMMM… Nuvola Tristina sgusciò fuori dalla grotta e corse per il cielo sopra Campitello ridendo a crepapelle! Accadde allora che, a forza di ridere e
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE poi di continuare a ridere, la sacca colorata che conteneva i duemila colori della Nuvola si crepò, si ruppe, e una pioggia variopinta di gocciole rosse e azzurre, verdi e celesti, lillà e marroncine cadde per ore e ore sul paesello in bianco e nero, restituendo a ogni cosa il suo colore originale. Quando Nuvola Tristina ebbe restituito tutti i colori rubati, s’alzò una brezza leggera che la portò lontana, al di là dei monti, lasciando quella parte di cielo pulita e azzurra come si conviene a una bella giornata di sole estivo. Fu così che gli abitanti di Campitello tornarono alle loro case, ritrovarono i loro colori, ma soprattutto l’allegria e una nuova voglia di vivere. Lacchè – che finalmente era tornato a esibire i cento e cento colori dei suoi nastrini e degli specchietti – spiegò ai com-
paesani che il merito del buonumore ritrovato era di quella piccola banda di “turisti” che aveva scoperto il modo di far ridere quel mostro malinconico. – E allora un bell’Evviva a Gellindo Ghiandedoro! – urlò il sindaco di Campitello. URRRAAAHH! – Un Evviva per Passero Pistacchio! – strillò il vice sindaco. URRRAAAHH! – Un terzo Evviva per il simpatico Ratto Robaccio e per le sue freddure! – esclamò Lacchè saltando sull’orlo della fontana. URRRAAAHH! URRRAAAHH! URRRAAAHH!
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I ladri dei colori di Carnevale (India, cittĂ di BangiupĂ l)
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I ladri dei colori del Carnevale Per fortuna capitava raramente, eppure quella notte frescolina di marzo Bangiupàl proprio non ce la faceva a prender sonno. Appollaiato nel folto della chioma del suo albero preferito, lo scoiattolino aveva cercato in tutti i modi di addormentarsi: aveva pensato alle cose più belle successe nella giornata finita da poco... aveva contato mentalmente tutte le nocciole della sua riserva nascosta... aveva sognato le cose più belle che gli sarebbero accadute il giorno dopo... e adesso, nel cuore di quella notte insonne, eccolo lì, con gli occhi sbarrati che scrutavano nel buio del quartiere della città vecchia di Delhi. Fu il rumore di alcuni passi furtivi a distrarre il nostro piccolo amico indiano: Bangiupàl balzò in piedi e sbucò col capino da dietro a una delle grandi foglie dell’albero per controllare chi fosse. Ci volle un po’ per abituarsi alla luce argentea della luna in cielo, ma alla fine la vide: un’ombra nera, sbucata da un vicolo sulla destra, stava camminando nella notte rasente i muri della piazzetta, al centro della quale s’alzava l’albero dello scoiattolo. Era un uomo vestito di scuro, che portava in testa uno straccio marrone come turbante e a tracolla aveva una grossa borsa di vimini vuota. «Strano che qualcuno se ne vada in giro a quest’ora di notte e da solo!» pensò Bangiupàl. «An che se non c’è nessuno in giro, sembra che non abbia nessuna intenzione di farsi vedere». Lo sconosciuto, giunto all’altezza dell’albero si fermò, appoggiò la cesta al tronco, si accoccolò a terra e rimase in silenzio e in attesa. Passarono meno di cinque minuti ed ecco una seconda ombra arrivare dal vicolo opposto: anche quell’uomo aveva uno
straccio marrone arrotolato intorno alla fronte e un enorme borsone di vimini appeso alla spalla. Vide il primo accoccolato, fece un cenno col capo, s’avvicinò all’albero, gettò il cesto sopra quello dell’altro e anche il nuovo venuto si accucciò accanto all’amico. Bangiupàl aveva paura d’esser scoperto e se ne stava fermo immobile sul suo ramo, con le unghiette delle zampe aggrappate alla corteccia. Il cuoricino di scoiattolo si mise a sussultare spaventato quando i due misteriosi figuri cominciarono a parlottare tra di loro sottovoce. – L’appuntamento è per questa notte, vero? – disse il primo venuto. – Come no – rispose il secondo: – questa è la notte della vigilia del Carnevale, è la notte ideale per la nostra impresa! – Però mi avevano detto che saremmo stati in molti... – Abbi pazienza: gli altri componenti della banda dei Da-aku1 sono poco lontani, vedrai. Bangiupàl era solo uno scoiattolo, è vero, e come tale sapeva ben poco sulla vita degli uomini che vivevano attorno al suo grande albero. Però quella parola, “Da-aku”, l’aveva sentita spesso: «Vieni qui, piccolo da-aku!» urlavano i mercanti che erano stati derubati da qualche bambino affamato. «Dove corri, da-aku! Non scappare, lasciati prendere... ti faccio rincorrere dalle guardie!» Da-aku voleva dire “ladro”, insomma: brigante, mariuolo, ladruncolo, malfattore... delinquente! Quei due, quelle due ombre scure accoccolate ai piedi del “suo” albero, facevano parte della terribile banda dei Da-aku, i famosi ladri che tiranneggiavano da anni la
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città vecchia di Delhi! – Vedi? Stanno arrivano gli altri! – mormorò la prima ombra alzandosi in piedi. Lo scoiattolo guardò nella direzione indicata da quel lestofante e vide due... cinque... dieci... oh, mamma mia, quante ombre scure stavano arrivando da ogni viottolo! In meno di mezzo minuto la piazza fu tutta brulicare d’ombre, di stracci marroni avvolti attorno alle fronti e di grosse borse vuote di vimini intrecciato. Nessuno parlava: si capivano a gesti e solo quelli che parevano i capi sussurravano pochi ordini per distribuire gli incarichi. – Voi cinque andate ai quartieri orientali... – Sei vengano con me: visiteremo le botteghe dei quartieri occidentali! – I più coraggiosi mi seguano: andremo nella parte meridionale della città vecchia, e non dimenticatevi le borse, mi raccomando! Divisi in gruppi, i ladri della banda dei Da-aku ben presto se ne andarono nella notte e di lì a una decina di minuti la piazza ripiombò nel silenzio profondo di una not-
te illuminata da una grossa luna d’argento. Bangiupàl aveva seguito col cuore in gola quel che avveniva sotto ai suoi occhi e, quando anche l’ultimo ladro ebbe girato nel viottolo di sinistra sparendo alla vista, lo scoiattolo ebbe un sussulto: «E io che faccio? – si chiese. – Resto qui e faccio finta di niente, oppure mi metto sulle tracce di quei briganti e vado a vedere quel che hanno intenzione di fare?» Il nostro piccolo amico dalla coda vaporosa non era granché coraggioso, è vero, però in compenso era un gran curiosone, come del resto succede a tutti gli scoiattolini. Saltò allora giù dall’albero e squittendo di paura si mise a correre verso il vicolo sulla sua sinistra: dopo la prima svolta vide in fondo alla viuzza sette ombre scure che erano dirette ai quartieri poveri sulle rive del grande fiume Yamuna. Accelerò l’andatura, li raggiunse e non li mollò più. Fino all’alba di quella notte paurosa e misteriosa! La mattina dopo ci fu gran ressa davanti alle botteghe che vendevano vernici e colori d’ogni tipo. Il Carnevale indiano, infatti, prevede che grandi e piccini si lancino l’un contro l’altro non coriandoli, non stelle filanti, non palline colorate, bensì schizzi di tutti i colori, tanto che a sera uomini, donne, bambini e anziani si ritrovano dipinti di rosa, di blu, di celeste, di giallo, d’oro e d’argento... – Vorrei un sacchettino di rosso, un altro di arancio e anche un po’ di blu... – Per me, invece, un bicchierino di vernice viola, qualche cucchiaino di vernice azzurra e mezza oncia di verde smeraldo... – Hai per caso del lillà vivace e chiaro? – Signor mercante, io voglio del color
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I ladri dei colori del Carnevale fragola e un po’ di quel verde intenso che l’anno scorso era così bello... Vi lascio immaginare la sorpresa degli abitanti della città vecchia di Delhi quando, alle loro richieste, si sentirono rispondere: – Mi spiace, ma oggi non abbiamo colori! – Stamattina abbiamo aperto la bottega e di colori non ce n’erano più! Spariti! Svaniti nel nulla! – Lasciate perdere il Carnevale, per quest’anno: qualcuno ha pensato bene di rubarci tutte le vernici e tutti i colori! – Ho controllato e in tutta Delhi non c’è un negozio di colori che abbia anche una sola mezza oncia di un qualsiasi tipo di tinta! Ma ve lo immaginate, voi, un Carnevale senza coriandoli? senza stelle filanti e senza trombette di carta? Be’: per gli Indiani di Delhi, un Carnevale senza colori da tirarsi addosso era press’a poco come... come una torta senza zucchero! Una cosa insipida e insulsa! – E adesso che siamo senza colori, come facciamo? – cominciarono a lamentarsi gli uomini. – Noi vogliamo divertirci con il rosso, il verde e il blu! – strillarono i bambini scoppiando a piangere. – È tutto l’anno che aspettiamo questo giorno, e non è giusto far sparire i colori proprio a Carnevale! – urlarono arrabbiate le donne. – Abbiamo risparmiato soldino su soldino, e ora che potremmo divertirci, non possiamo comprare nemmeno un’oncia del colore preferito? – borbottarono i nonni. – Colori? Avete bisogno di colori? – urlò a quel punto un tipaccio dagli occhi infidi, che aveva uno straccetto marrone attor-
no al capo e che portava appesa alla spalla una cesta di vimini colma di barattoli e di sacchetti colorati. – Eccomi qui con tutti i colori che desiderate, miei cari signori! La voce si sparse in un baleno per tutta la vecchia Delhi: «Venite, correte... Abbiamo trovato chi ha colori da vendere! Che fortuna, seguitemi! Io so dov’è questo misterioso venditore di tinte!... Correte, venite con me...». – Mi puoi dare dieci once di colori misti? – domandò una signora al losco figuro. – Come no: dieci once con dieci colori diversi fanno... diecimila rupie2! – Cosaaa? – strepitò la signora furente. – Ma siamo matti? Diecimila rupie per dieci once di colori è un furto! – Sarà anche un furto – rispose il manigoldo, – ma è l’unica possibilità che vi resta per festeggiare degnamente il Carnevale... Dieci once con dieci colori diversi a... quindicimila rupie! L’incredulità si sparse tra la gente: ma come, se mezzo minuto fa il costo era di diecimila rupie, perché ora è improvvisamente aumentato a quindicimila? – E se qualcuno di voi ancora si lamenta – disse il furfante, – il prezzo sale immediatamente a ventimila, va bene? Poveri abitanti di Delhi: dovettero dar fondo a tutti i loro risparmi per acquistare mezza oncia di colore a testa a un costo esorbitante. Ma gli affari del malfattore erano cominciati da poco, che dall’alto di un albero al centro della piazza centrale della città vecchia si udì una vocina di scoiattolo che chiamava tutti a raccolta. – Venite qui, gente! Non lasciatevi imbrogliare da quel Da-aku! Da quel ladro! Bangiupàl urlava come un ossesso per attirare l’attenzione di grandi e piccini.
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE – E come fai a dire che io sono un ladro? – sghignazzò l’unico venditore di colori dei dintorni, quello che aveva un turbante marrone in testa. Lo scoiattolo balzò giù dall’albero e andò ad appollaiarsi sul tetto di una bancarella. – Io ho visto te e i tuoi colleghi ladri, questa notte, mentre rubavate i colori da tutte le botteghe della città! Adesso tu sei qui a venderci i colori rubati stanotte e i tuoi complici saranno nelle altre piazze della vecchia Delhi a far la stessa cosa. Siete tutti dei ladri! – E hai delle prove di quel che dici? – Non mi servono le prove – rispose Bangiupàl, – e quei colori potete anche tenerveli! Non ci servono più! Il ladro impallidì e fece due passi indietro. – Come sarebbe a dire che non vi servono più i colori... e il vostro Carnevale? – Per il nostro Carnevale ci arrangeremo, non preoccuparti, ma intanto tu corri ad avvisare i suoi compari: gli abitanti della vecchia città di Delhi, oggi, non compreranno nemmeno un’oncia di colore! Stanotte avete faticato per niente e ci penseranno le guardie a recuperare la refurtiva e a mettervi in prigione! Il ladro, allora, vedendosi scoperto si girò e scappò via di corsa, trascinando per terra il borsone pieno di colori. E le guardie presenti in piazza si misero subito al suo inseguimento. – E noi adesso che facciamo? – domandò un bambino rivolto a Bangiupàl. – Con che cosa festeggeremo il Carnevale, quest’anno, visto che di colori non ce ne sono più? Lo scoiattolo sorrise e da dietro la coda tirò fuori una boccetta di... profumo! – Quest’anno, cari miei, niente colori, ma solo profumi! – esclamò Bangiupàl. –
La vecchia città di Delhi si sfiderà fino a stasera in una grande, epica e profumatissima battaglia combattuta con i profumi più buoni che ci siano in circolazione! E così fu, cari miei: l’anno scorso niente vernici, ma solo spruzzate di profumi... chi alla violetta, chi alla rosa, chi al limone, chi all’aloe, chi all’incenso, chi all’arancia e chi al coriandolo... Tutti si divertirono un sacco, tutti ad eccezione della banda dei Da-aku: vennero arrestati, processati e condannati a pagare una multa salatissima, che ancor oggi viene usata per acquistare profumi e vernici per tutti i bambini della città! Per almeno dieci anni quello della vecchia Delhi sarà il Carnevale più variopinto e più profumato dell’India intera!
1) Da-aku, in lingua hindi, significa “brigante”, “malandrino”. 2) La rupia è la moneta dell’India. Al cambio attuale, 1 euro equivale a 65 rupie.
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Gellindo Ghiandedoro e le stelline di Carnevale www.risparmiolandia.it
Gellindo Ghiandedoro e le stelline di Carnevale Non c’è niente di più bello, per Gellindo Ghiandedoro, che radunare attorno a sé gli spaventapulcini del Villaggio per raccontar loro le fiabe che conosce. – Ma dove le trovi, le fiabe che racconti? – gli chiese una sera la piccola Occhialetta. – Di certo non le compro al supermercato, cari miei – rispose Gellindo sorridendo allegro, – e non le trovo nemmeno nella cassetta della posta... Ma voi lo sapete dove nascono, le fiabe? Gli spauracchietti Lampurio, Frulletto, Frigerio e Occhialetta ma anche i simpatici topolini Rattina Glassé, Liquirizio e Pancrazio spalancarono gli occhi per la sorpresa e... – No che non lo sappiamo... ce lo racconti tu? – balbettarono in coro. – D’accordo: chiudete gli occhi e state a sentire! - sussurrò Gellindo con un sorriso. Molti, molti e molti anni fa il mondo era triste, grigio e cupo. Era un mondo in bianco e nero, cari miei! Bianco, grigino, grigetto, grigiastro, grigio scuretto, grigio topo, grigio nero... nero! Nessuno rideva, in quel mondo triste, nessuno correva allegro per i prati in fiore, nessuno disegnava bellissimi quadri pieni di colori sgargianti, nessuno cantava canzoni allegre e quelle poche, pochissime volte in cui la felicità scoppiava all’improvviso per un non so che... ci si limitava a tirar su il naso, a smettere di lamentarsi per alcuni secondi, a ricacciar le lacrime e si restava seri seri, senza proferir parola finché l’angoscia e la tristezza riprendeva possesso di ogni cosa e tutto ricadeva nella monotonia bianco-grigia di sempre. Anche re Luccicone Nono, il signore di quel mondo senz’allegria, chiuso nella sua reggia si dibatteva sconsolato in una tristezza senza fine... – E pensare... sigh! sigh!... che mio bisnonno mi diceva sempre che suo bisnonno si ricordava di quanto il bisnonno del suo bisnonno fosse stato un tipo...
sigh! sigh!...
allegro! E di come fosse un re che amava i colori, un re che sapeva un sacco di barzellette, un re canterino e danzerino... E a quei tempi, ma ci sarà da crederci?, i prati erano verdi! – Verdi? E cosa significa... “verdi”? – esclamò quel giorno la regina Melanconica. – Verde doveva essere un colore bellissimo, mia dolce regina – cercò di spiegarsi re Luccicone Nono, – così come stupendi dovevano essere i colori rosso... come i papaveri!... azzurro come il cielo!... giallo come i limoni!... arancione come le arance e i mandarini! – Ma le arance e i mandarini sono grigi! – esclamò il principino Tirasuilnaso. – Oggi sono grigi, caro mio – mormorò il re trattenendo a stento l’ennesima lacrimuccia, – mentre un tempo molto, molto, molto lontano brillavano d’un colore che aveva in sé il rosso del fuoco e il giallo del sole mescolati assieme! Il principino Tirasuilnaso tirò su il naso, si asciugò le lacrime che stavano stabilmente sulle sue guance e s’avvicinò al tavolo della sala reale sul quale c’era
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE una zuppiera colma di frutta bianca, grigia e nera. Afferrò un’arancia e... – A me piacerebbe vedere che effetto fa il rosso del fuoco mentre si mescola al giallo del sole! Perche a noi non è concesso di vedere i colori? – strillò il principe battendo i piedi per terra e scoppiando in lacrime. – O, fosse solo quello – cercò di consolarlo la regina Melanconica. – E che dobbiamo dire della musica? La mia nonna già non si ricordava più le belle canzoni che la sua nonna le cantava ogni sera prima di andare a dormire... “ninne nanne” le chiamava... Io ho nostalgia di quelle ninne nanne, ho nostalgia della musica dolce che ti fa addormentare, oppure di quella allegra che a Carnevale che ti obbliga a ballare, oppure delle serenate che ti fanno battere il cuore... Re Luccicone Nono, tu non mi hai mai cantato una serenata d’amore! – esclamò la povera regina Melanconica con voce rotta per la disperazione – Se solo sapessi come si fa, tesoro mio adorato – piagnucolò sua maestà, – se sapessi come si fa a inventare una canzone, a cantare una serenata... – E le fiabe? – buttò lì la principessa Tristizia, che fino a quel momento era rimasta in silenzio. – Che mi dite delle fiabe? – Che cosa sono, poi, queste fiabe? – chiese Tirasuilnaso improvvisamente interessato a qualcosa. – La nonna me lo diceva sempre – prese a ricordare la principessa. – “Com’erano belli, un tempo, i racconti dei nonni, storie d’amore e di magia,
favole di animali intelligenti e furbi o di bambini capricciosi e di fatine provvidenziali”... Queste erano le fiabe: storie magiche che purtroppo sono scomparse per sempre! – Io non ne sarei così sicuro! – buttò lì Barbogio, il vecchio ministro della Casa reale. – Non sei sicuro di che cosa? – domandò Tirasuilnaso. – Che le fiabe siano scomparse per sempre – rispose il saggio ministro con i lunghi capelli bianchi che arrivavano al pavimento e con la barba candida che si fermava alla cintola. – E non sono nemmeno sicuro che, assieme alle favole, siano irrimediabilmente spariti anche i colori, le canzoni, le storielle allegre, le danze di Carnevale e la felicità! – Secondo te dove sono andate a finire, tutte queste belle cose? – domandò speranzosa la regina Melanconica. – Che giorno è, oggi? – chiese il ministro guardandosi intorno con un sorrisetto buono. – Aspetta che penso... oggi è il 4 di marzo... e, se ci fosse ancora, oggi sarebbe anche l’ultimo giorno di Carnevale! – esclamò Re Luccicone Nono. – Bene bene bene... – mormorò il vecchio ministro avvicinandosi ad un leggio sul quale era aperto un grosso libro antico. Lo sfogliò a lungo e alla fine si fermò a leggere con attenzione: – Formula magica per far tornare... Attorno a lui s’era fatto un silenzio profondo come un burrone senza fondo. – ...per far tornare la felicità! Attendete con pazienza che arrivi l’ultimo giorno di
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Gellindo Ghiandedoro e le stelline di Carnevale Carnevale e quando sarà tramontato il sole del Martedì Grasso staccate dal cielo tutte le stelle che vorrete e chiudetele una ad una in tanti vasi di cristallo... Ogni stella vi regalerà un canto, vi donerà un colore oppure vi racconterà una fiaba e tornerete ad essere felici! Il primo a riscuotersi fu re Luccicone Nono. – Svelti, forza, oggi è l’ultimo giorno di Carnevale! Chiamate le guardie e fate portar qui tutti i vasi di cristallo del mio regno. Toccherà a voi – proseguì il sovrano rivolgendosi ai due giovani principi, – toccherà a Tristizia e a Tirasuilnaso procurarsi le scale più alte che riusciranno a trovare e a salire fino in cima al cielo per raccogliere così tutte le
stelle che raggiungeranno. Su, mettetevi al lavoro, la notte sta per arrivare! Lavorarono dal tramonto all’alba, i due principini, su e giù per scale altissime: staccarono dal firmamento tutte le stelle che raggiunsero con le mani, scendendo poi a deporle ognuna in un vaso di cristallo che all’istante il ministro Barbogio chiudeva con un coperchio. E per ogni minuscola stella che venne chiusa sotto il cristallo, accadde un piccolo miracolo: l’erba grigia tornò ad essere verde, il cielo azzurrò d’incanto e la roccia dell’alba si tinse d’uno straordinario color rosa... i petali dei fiori divennero rossi, viola o gialli, mentre tanti altri colori vivacissimi andarono a depositarsi su mascherine e costumi di Carnevale, su stelle filanti e coriandoli multicolori... Altre piccole stelle, invece, non appena trovarono riparo protettivo sotto al cristallo distribuirono nell’aria note musicali dolcissime che corsero a intrecciar melodie bellissime, che tutti si misero a canterellare o a fischiettare ballando allegri per le strade e sulle piazze. Altre stelline ancora cominciarono a parlare sottovoce e i bambini accorsero con gli occhi pieni di stupore e di felicità... “Volete ascoltare una bella fiaba?...” chiesero sorridendo le stelle sotto vetro... “Bene, allora state a sentire... Molti, molti e molti anni fa il mondo era triste, grigio e cupo... Era un mondo in bianco e nero, cari miei! Bianco, grigino, grigetto, grigiastro, grigio scuretto, grigio topo, grigio nero... nero!”
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE Gellindo Ghiandedoro smise di raccontare e guardò uno a uno i suoi piccoli amici spaventapulcini. Nei loro occhietti lesse un’enorme felicità e un’allegria incontenibile. La prima a trovar le parole fu la simpatica Rattina Glassè che sospirò con occhi dolci: – Che bella storia! Ma allora Re Luccicone Nono, la sua regina Melanconica, i due principini Tirasuilnaso e Tristizia... insomma, tutti in quel regno vissero per sempre felici e contenti? – Felici, contenti e pieni di tante belle fiabe! – E fino a quando andò avanti, questa cosa? – domandò Occhialetta Gellindo sorrise e... – Ma tu sei felice? – Certo! – E conosci tante belle canzoni? – O mamma mia, tantissime...
– Il cielo sopra di te di che colore è? – Che domanda: è di un bell’azzurro tramonto! – E a Carnevale ti piace vestirti in mille modi e divertirti con stelle filanti e coriandoli di tutti i colori? – Ma certo... è così che si fa a Carnevale! – E hai appena ascoltato una bella fiaba, vero? – Come no! Gellindo si alzò, prese per mano i suoi spaventapulcini e s’incamminò per riaccompagnarli a casa: – Se tutto ciò accade ancora oggi, miei piccoli amici, significa che da qualche parte del nostro mondo ci sono ancora tante belle stelline di Carnevale che luccicano e sprizzano gioia al riparo di tanti vasi di cristallo... E speriamo che ci rimangano ancora per molto, molto e molto tempo, vero?
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Le avventure di Samantha nello spazio
Un Carnevale “planetario� www.risparmiolandia.it
Un Carnevale “planetario” Per festeggiare la libertà ritrovata e per farsi esaudire l’ultimo dei tre desideri dello scettro di ferro della regina Mùrgot, Samantha chiama a raccolta tutti i suoi amici incontrati per l’universo a una favolosa festa di Carnevale... alla quale si presenta anche re Cristallione! – Vieni, vieni avanti, Samantha! Il perfido Cristallione era ancora seduto sul Trono di cristallo e aveva ai suoi piedi, ipnotizzati dalla punta della testa a quella delle zampe, il povero Gellindo Ghiandedoro e Brigida, la saggia civetta. – Allora, hai portato con te lo scettro della regina Mùrgot? – Certo, maestà – rispose la bimba, mostrando il bastone di ferro che teneva dietro la schiena. – Ecco qua il tuo scettro! – Ma… ma… ma quello non è d’oro! Quello è lo scettro di ferro e chi lo possiede… –…può esaudire tre desideri! – esclamò tutta contenta Samantha. – Dammelo! Consegnami immediatamente quel che è mio! – si mise a strillare Cristallione, che intuì ciò che stava per succedergli E infatti: “Dei tre desideri pesante bastone, fa’ scomparire re Cristallione!” Accadde tutto in meno di un secondo. Click! La luce azzurra si spende e il buio scese improvviso nel Salone del Trono di cristallo, un vento fortissimo scese dall’alto facendo tremare colonne e pareti e… ri-Click!... quando la luce tornò, più forte e più calda di prima, Cristallione non c’era più! Era veramente sparito dalla faccia di quel pianeta!! Svanito
chissà dove nell’Universo!!! Gellindo e Brigida si svegliarono dal loro magico sonno e corsero subito ad abbracciare la bambina, che raccontò loro tutto quello che le era capitato nella Città Fatata mentre loro erano imbambolati. – Ma allora hai ancora un desiderio da esprimere! – esultò Brigida, che in matematica aveva opinioni ben precise. – Certo, ma sono indecisa – rispose Samantha. – Non so se chiedere allo scettro di riportarci subito sulla Terra, al Bosco delle Venti Querce, oppure… oppure qualcos’altro.
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE Samantha se ne accorse subito: Gellindo Ghiandedoro, che aveva inventato, progettato, costruito e guidato fin lì l’astronave di pregiata betulla Risparmiolandia Prima, nell’udire le parole della bimba era andato a sedersi in un angolo con un musetto serio serio. La bambina gli si sedette accanto e… – Ma che cos’hai, Gellindo? Ho detto qualcosa che non andava? – No no, cioè, insomma… Ecco… il fatto è che tu non ti fidi più di me! – E perché mai? – Perché vorresti tornare sulla Terra con una magìa e non a bordo della mia astronave di legno! Pensi che non ce la faccia, a fare il viaggio di ritorno? – Ma no, cosa dici! È solo che… che…
be’ hai ragione! Siamo arrivati fin qui a bordo della tua Risparmiolandia Prima e con la Risparmiolandia Prima da qui ce ne andremo! Gli occhi di Gellindo tornarono a brillare felici: finalmente qualcuno credeva nel suo genio di inventore! – Allora quale sarà il terzo desiderio? – domandò impaziente Brigida. – Potresti chiedere un sacco d’oro, oppure
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Un Carnevale “planetario” un magnifico vestito per le feste, uno scatolone pieno zeppo di giocattoli, oppure… – No! – la interruppe decisa Samantha. – Ho deciso: ora che Cristallione, quel cattivo, è sparito chissà dove, tutti gli abitanti dei pianeti dell’Universo hanno diritto e bisogno di fare un po’ di festa. Ecco, allora, il mio terzo desiderio: “Scettro nero dei desideri, voglio qui tutti gli abitanti dell’Universo, per divertirci assieme con una gran festa di… Carnevale!” Come d’incanto, dai pianeti più vicini e da quelli più lontani giunsero tutti gli amici che Samantha, Gellindo e Brigida avevano incontrato durante il loro lungo viaggio in giro per l’universo. Arrivarono per prime Pallarosetta decima e le sue ancelle, mascherate da fatine cicciottole e tutte rosate. Le buone pallarosiane fecero il loro ingresso alla grande festa rotolando allegre: abbracciarono Samantha e i suoi due amici e ruzzolarono subito in un angolo ad attendere gli altri ospiti. Fecero irruzione i Martini, gli abitanti di Marte Park, che si presentarono vestiti tutti da pagliacci del circo. C’era il Martino-guida, il Martino-mago e moltissimi loro amici, che festeggiarono i nostri eroi con giochi di prestigio, con difficilissime acrobazie e con scherzi di ogni tipo. Ed ecco Valentina la Trota. Mascherata da pirata, arrivò cantando una canzonaccia da lupi di mare: “Quindici pesci…
quindici pesci… nella padella del re!” Giunse la regina Mùrgot, direttamente dalla Città Fatata: per nulla al mondo avrebbe rinunciato la festa di Carnevale organizzata da Samantha grazie allo scettro di ferro dei tre desideri. E anche la regina s’era messa in maschera: si era vestita da Arlecchina! Arrivarono anche tante stelle comete con le code dorate che s’intrecciavano come tante stelle filanti… Samantha non era mai stata così felice e si guardava attorno con una gran voglia di piangere per la felicità. – Fermi, fermi tutti! Voglio partecipare anch’io al vostro bellissimo e allegro carnevale! Re Cristallione?! Ma che ci faceva, lì,
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2007-2017: 10 ANNI DI CARNEVALE il cattivo Cristallione? Non era sparito nel nulla dell’universo con il secondo desiderio di Samantha? – Fermi, ho detto! A me gli occhi… Adesso vi potinizz… itopiniz… ipponitiz… insomma, vi addormenterò tutti all’istante: alzate il braccio destro… Subito! Alzate anche il sinistro… Bene! Ora la gamba destra… e pure quella sinistra!… Ah! Ah! Ah! Ma… ma quello non era Cristallione! Era… Gellindo Ghiandedoro mascherato da terribile re malvagio! – A Carnevale ogni scherzo vale!!! La festa scoppiò in un tripudio di coriandoli, stelle filanti, risate e canti, e andò avanti per molte ore, finché la regina Mùrgot chiamò Samantha in un angolo.
– Adesso – le disse la regina, – lo scettro di ferro non ti serve più. Sei stata molto brava nello scegliere i tre desideri. Con il primo hai chiesto di raggiungere i tuoi amici prigionieri per ridare loro la libertà, con il secondo hai liberato l’universo dal suo più feroce nemico e con il terzo hai restituito a tutti noi la gioia di divertirci assieme. Per te, invece, non hai chiesto nulla e perciò voglio regalarti questo anello d’oro. Non esaudirà alcun desiderio, ma ti aiuterà a ricordare, quando sarai tornata sulla Terra, i tanti amici incontrati nello spazio. Ciao, Samantha… ciao, Brigida… ciao, Gellindo… sei proprio un vero mattacchione, scoiattolino… Ciaooo!
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10 anni di avventure con
Gellindo Ghiandedoro
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