L ’economia raccontata ai bambini - 5 - Gellindo Ghiandedoro e il cattivo consigliere

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L ’economia raccontata ai bambini

Gellindo Ghiandedoro e il catttivo consigliere

2 - Un incontro che non ci voleva I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Candeloro Aveva due occhi furbi e cattivelli, Candeloro, e portava ben schiacciato in testa un basco messo di traverso che era dello stesso colore rosso del fazzolettone annodato attorno al collo. Era uno spaventapasseri maleducato e scontroso, sempre in lite con qualcuno e pronto a rubacchiare quel che gli capitava a portata di mano. Viveva sul limitare del villaggio, piantato in un orto che in verità era un pezzo di terra arida e incolta: nessuno sapeva da dove venisse, che lavoro facesse e perché fosse sempre così astioso e rabbioso con tutti. – Ehilà, Gellindo – sibilò feroce Candeloro, quando lo scoiattolo passò accanto all’orto senza verdura. – Ciao, Candeloro – rispose l’altro senza fermarsi. – Che fretta, hai, questa mattina! Stai tornando a casa con le pive nel sacco, vero? – Pive? Quali pive? – Le pive dei centocinque euro di brioches e di cappuccini che hai gettato al vento in latteria, stamattina. Sono quelle, le pive che adesso stai riportando nella tua tana, vero? – Senti Candeloro – esclamò Gellindo fermandosi un attimo, – oggi non è giornata, va bene? Non ho tempo e nemmeno la voglia di starmene qui ad ascoltare le tue sciocchezze… Ma lo sai che sei uno spaventapasseri “spione”? Cosa ti interessa, se questa mattina ho invitato alcuni amici a far colazione con me? – A me non interessa nulla, te lo assicuro – disse Candeloro, parlando con un

tono insinuante e da falso amico, – però adesso che sei senza soldi e hai pure un debito da pagare, io saprei come risolvere il tuo problema! – So benissimo io, cosa devo fare – rispose sicuro Gellindo, che salutò e se ne andò. Ma fece solo dieci passi, poi si fermò all’improvviso, rimase alcuni istanti fermo immobile sulla strada, si girò, ritornò all’orto di Candeloro e… – Risolvere come? – Risolvere il problema di essere rimasto al verde, mio caro Gellindo, quando in realtà tu potresti averne una montagna, di soldi! Sai quanti sono… MILLE euro? Il cuoricino di Gellindo si fermò di botto, nell’ascoltare quella parola magica: “Mille”. Mille euro tutti suoi? Da spendere e spandere a destra e a sinistra senza paura di restar senza, per soddisfare tutti i desideri che poteva avere uno scoiattolino con la coda impomatata? – E… e cosa dovrei fare, per avere tutti quei soldi? – sussurrò Gellindo, guardandosi attorno come se ci fosse qualcuno nascosto a spiarli. – Da quanti anni vivi, nella tua quercia? – chiese Candeloro. – Da dieci, circa… – E visto che la tua quercia ti regala una ghianda preziosa d’oro una sola volta all’anno, nel tuo magazzino “Quattro” dovrebbero esserci altre nove ghiande d’oro, visto che una l’hai già venduta. Non è così? – In realtà di ghiande d’oro ne ho quindici – confidò Gellindo, continuando a parlare sottovoce. – Dieci sono mie,



ma altre cinque le ho ereditate dallo scoiattolo che viveva prima di me in quella quercia. Quindici meno una: ho ancora quattordici ghiande preziose! – Cosa aspetti, allora, a venderle? A venderle tutte in un colpo solo? – esclamò Candeloro stropicciandosi le mani. – Se per una ghianda ti hanno dato cento euro, per quattordici te ne daranno quasi MILLECINQUECENTO, no? MILLE euro li tieni tu e tutti gli altri li consegni a me, come compenso per il consiglio che ti ho dato. Ti va l’affare? MILLE… MILLE… MILLE… Il cervellino di Gellindo cominciò a ronzare per la fatica: c’erano molti pensieri, infatti, a cui star dietro, molti sogni e progetti, molte cose da comprare, da regalare, da tenersi in casa… “La mia vita cambierà come dalla notte al giorno!” si disse lo scoiattolo, che con un cenno d’intesa salutò Candeloro e corse a casa col cuore che batteva a MILLE. Proprio come i soldi in arrivo! Spese Provate a immaginare il nostro scoiattolino chiuso nella sua tana, intento a contare una montagna di banconote al chiarore della luna piena, che faceva capolino da una fessura nel tronco dell’enorme quercia.. Quella mattina s’era dimenticato di impomatarsi la coda: poco male, visto che l’attendeva una giornata di lavoro intenso. Gellindo non se l’era sentita di scomodare anche quella volta l’aquila Cassandra, per farsi portare in volo alla grande città in valle, e quindi c’era an-

dato da solo: dopo tre viaggi di andata e ritorno per consegnare al gioielliere tutte le ghiande d’oro, solo verso sera si ritrovò a casa, con la bellezza di centoquaranta bigliettoni da dieci euro l’uno in mano! Certo: il magazzino “Quattro”, adesso, era vuoto come un bicchiere di latte bevuto in tre lunghi sorsi, ma finalmente lo scoiattolo poteva permettersi tutto ciò che voleva. – Quattrocento euro sono per Candeloro, e su questi non faccio progetti. Con tutti gli altri mille, invece… compro cinque magliette ognuna d’un colore diverso; compro una scaletta nuova per scendere e salire dal tronco di questa quercia; compro sei tendine rosse per le finestre; compro un tappeto bello caldo, soffice e colorato; compro un cappellino per ripararmi dal sole; compro una bicicletta per andare e tornare dal villaggio; compro tre chili di caramelle e cinque sacchetti di patatine; compro una televisione anche se non ci sono programmi per scoiattoli; compro un telefono, anche se non c’è nessuno al quale telefonare; compro un camion di noccioline, anche se non so dove metterle… Insomma: nel giro di cinque giorni cinque, la tana e i dintorni di Gellindo si trasformarono in un supermercato! C’erano pacchi e pacchetti dappertutto:



mazzi di fiori in plastica senza profumo e cornici per quadri inesistenti; una vasca da bagno senz’acqua; quattro poltrone quando ne bastava una soltanto; un acquario senza pesci… e, poi: asciugamani, magliette e sciarpe nuove, sette paia di occhiali da sole (“Perché ci vuole un paio di occhiali per ogni giorno della settimana” gli aveva consigliato Candeloro!), un paio di sci senza saper sciare e senza neve nelle vicinanze… La sera del quinto giorno Gellindo si ritrovò seduto, stanco e frastornato, in mezzo a tutto quel lusso di cose inutili, con una sola banconota da dieci euro in mano. Qualcuno bussò alla porta, ma Gellindo non si mosse. Bussarono più forte e… – Chi è che mi disturba a quest’ora? – Scusa Gellindo, sono Pagliafresca. Aprimi, perché voglio farti vedere come mi sta bene la tua pipa finta nuova! È da una settimana che non ti vediamo più al villaggio, e stavano cominciando a preoccuparci… Gellindo sbuffò, si tirò in piedi, aprì la porta ma la lasciò socchiusa. – Posso entrare? – Mmmm, forse è meglio di no – mormorò Gellindo guardando alle spalle tutta la mercanzia gettata alla rinfusa. – C’è un po’ di disordine e stavo appunto mettendo a posto… – Dai, su: fammi entrare, ché ti do una mano! – esclamò Pagliafresca, spingendo il battente ed entrando nella tana. La meraviglia fu un colpo allo stomaco che gli tolse il fiato! Il povero spaventapasseri, che stringeva in bocca una stupenda pipa finta in legno di ciliegio,

non s’aspettava quello spettacolo: una montagna di cianfrusaglie che arrivava fin quasi al soffitto! – E questa roba, che cos’è? Hai vinto alla lotteria? – No – rispose noncurante Gellindo, – ho solo fatto un po’ di spese, qui e là… – Ma devi aver sborsato una fortuna… – Be’, no: solo… solo mille… mille euro! – MILLE… EURO? Ma sei matto? Dove hai preso, tutti quei soldi? Nessuno di noi ha mai visto come son fatti, mille euro… Gellindo, in fin dei conti, era una pasta di scoiattolo: troppo buono per tener nascosto un segreto, ma anche troppo onesto per non capire e ammettere che, forse, aveva esagerato nelle spese! E raccontò ogni cosa a Pagliafresca: le ghiande d’oro e il consiglio di Candeloro, i tre viaggi in città avanti e indietro per vendere le quattordici ghiande al gioielliere, i quattrocento euro consegnati allo spaventapasseri malandrino… – Mi stai dicendo che Candeloro, di tutti i tuoi euro, se n’è tenuto addirittura quattrocento? Ma stai scherzando, spero! Gellindo sentì le lacrime che gli riempivano gli occhi e non seppe trattenerle: scoppiò a piangere, soffiandosi il naso con un fazzoletto lucido di seta dorata con una grande “G” rossa ricamata al centro, che aveva comprato in un negozio carissimo! – E quanti soldi ti sono rimasti? – Dieci… dieci euro – singhiozzò il poverino. – Tu aspetta qui e non fare nulla! Io torno subito! (continua - 2)



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